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lunedì 13 ottobre 2025

Cosa impedisce a Trump di accendere la “motosega” come Milei?

Il vero “nemico” dietro le quinte non è la Cina, non è la Russia, non è nemmeno Israele... è l'Europa. Ogni mossa di Trump è stata combattuta con unghie e denti proprio dall'UE, ogni voce discordante s'è levata dall'UE. Alla fine della fiera, per quanto una crisi possa essere ingegnerizzata o meno, c'è bisogno di collaterale fisico per dimostrare di poter resistere a essa. L'UE non ce l'ha, per giunta nemmeno quello energetico. Trump ha rispedito al mittente la strategia europea di prosciugare di capitale gli USA: ha tagliato fuori l'UE da qualunque fonte di approvvigionamento energetico a basso costo, costringendola ad andare all-in sulla narrativa fraudolenta riguardo la Russia. Ha fatto saltare gli accordi di ricostruzione dell'Ucraina precedentemente ad appannaggio di UE e UK e ha stretto accordi con gli stati del Golfo tagliando fuori, ancora una volta, UE e UK. Trump ha altresì capito che gli accordi di pace senza sviluppo commerciale sono inutili: ecco perché la pace tra azeri e armeni prevede un corridoio per i trasporti tra i Paesi fino al Mar Caspio; ecco perché la pace con la Russia e la Cina prevede la costruzione di un corridoio di trasporti da San Pietroburgo fino a Chabahar sull'Oceano indiano; ecco perché il piano di sviluppo immobiliare a Gaza. Il vero interesse dell'amministrazione Trump è spaccare in due l'Europa: dividere gli stati del Sud da quelli del Nord. Separare il grano dalla pula: creare un cuneo tra Francia, Germania, Inghilterra e tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Ecco perché spagnoli e portoghesi stanno raggiungendo accordi per spostare la produzione di alcune imprese negli Stati Uniti; perché l'Italia continua a guadagnare fiducia nel mercato obbligazionario; perché la Grecia si vede arrivare sul suo territorio armamenti americani spostati dalla Germania. Il recente “gioco” del riconoscimento dello stato di Palestina è un test di lealtà dell'UE: essa sta pericolosamente perdendo il controllo sul Mediterraneo e qualunque accesso rimanente a una parvenza di collaterale decente.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-impedisce-a-trump-di-accendere)

Negli ultimi mesi molti libertari hanno criticato le politiche economiche di Donald Trump, sostenendo che non sta attuando drastici tagli alla spesa pubblica come ha fatto Javier Milei in Argentina.

Tuttavia questo confronto ignora le principali differenze strutturali e contestuali tra i due Paesi e i loro governi. Di seguito una spiegazione dettagliata del perché la situazione negli Stati Uniti è diversa da quella in Argentina e del perché le critiche alla strategia di Trump sono infondate.


1. Il bilancio ostruito: l'eredità di Biden

È difficile capire perché i libertari europei non riescano a comprendere un concetto così basilare come quello di “anno fiscale”. L'anno fiscale statunitense inizia il 1° ottobre e l'amministrazione Biden ne ha approfittato per aumentare la spesa.

Quando Trump ha assunto la carica nel gennaio 2025, il 97% del bilancio federale per tale anno era già stato impegnato o speso. Ciò era dovuto all'approvazione da parte dell'amministrazione Biden di diverse “Risoluzioni di continuità per l'intero anno” che bloccavano la maggior parte dei fondi e delle spese per l'anno fiscale 2025. Pertanto Trump non aveva margine per effettuare tagli immediati e drastici, poiché la maggior parte del bilancio era intoccabile fino al successivo ciclo fiscale.

Nonostante ciò nel 2025 sono state effettuate riduzioni della spesa discrezionale pari a $541 miliardi e il deficit accumulato tra aprile e maggio 2025 è stato inferiore del 97% rispetto allo stesso periodo del 2024.


2. Spesa non discrezionale e discrezionale

La spesa non discrezionale (che include programmi come la previdenza sociale e Medicare) era già stata aumentata dall'amministrazione Biden e tale aumento è entrato in vigore tra febbraio e dicembre 2024. L'anno fiscale statunitense inizia a ottobre e Biden ha implementato la maggior parte di questi aumenti attraverso risoluzioni continue e l'estensione dei programmi esistenti, consolidando e, in molti casi, aumentando la spesa federale in settori chiave.

Tali risoluzioni prevedevano oltre $100 miliardi in fondi per programmi federali di assistenza in caso di calamità, $29 miliardi per il Fondo di soccorso in caso di calamità della FEMA e $10 miliardi in assistenza economica per i produttori agricoli.

Alla fine del 2024 Biden ha approvato un aumento di $54 miliardi (8%) nei principali programmi di spesa obbligatoria come la previdenza sociale, Medicare e Medicaid, nonché l'estensione dell'Obamacare, tutti applicabili al 2025.

Il bilancio dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) è cresciuto di $21 miliardi (700%) e l'amministrazione Trump è riuscita a stanziare solo $14 miliardi discrezionali.

È fondamentale ricordare che Biden ha fatto tutto questo senza una nuova legge di bilancio, semplicemente mantenendo ed estendendo gli stanziamenti esistenti.

Il bilancio proposto da Biden per il 2025 prevedeva ulteriori aumenti, ma questi sono stati bloccati perché non hanno ricevuto l'approvazione del Congresso.

Trump ha bisogno dell'approvazione del Congresso per annullare questi aumenti e ridurre la spesa. Questo è ciò che prevede la “Big Beautiful Bill”. D'altro canto sono state impegnate anche spese discrezionali, soprattutto per la difesa, limitando ulteriormente il margine di manovra immediato del nuovo governo.

La Big Beautiful Bill prevede la prima riduzione della spesa non discrezionale negli ultimi sessant'anni ($1.600 miliardi) e $2.400 miliardi per quella non discrezionale.


3. Risultati fiscali iniziali

Nonostante queste restrizioni, l'amministrazione Trump ha ottenuto alcuni progressi: ad aprile è stato registrato il secondo surplus fiscale più grande della storia e, sebbene a maggio sia ricomparso un deficit, il deficit tra marzo e maggio è stato contenuto rispetto al 2024. Ciò indica che erano già state adottate misure per migliorare la situazione fiscale, principalmente attraverso maggiori entrate derivanti da accordi commerciali e dalla crescita del settore privato.


4. La “Big Beautiful Bill” e la riduzione del deficit

È sorprendente che alcuni libertari e Austriaci critichino la Big Beautiful Bill, aderendo alla narrazione keynesiana secondo cui non ci saranno miglioramenti nelle entrate, nella crescita, nell'occupazione, o negli investimenti derivanti dalla deregolamentazione, dagli accordi commerciali e dai tagli fiscali.

Mi sorprende che alcuni libertari neghino la Curva di Laffer e l'impulso dato dalla deregolamentazione. La Big Beautiful Bill incorpora $7.000 miliardi in investimenti dai negoziati commerciali, che attrarranno anche $4.000 miliardi di entrate fiscali nel corso della legislatura e un effetto di stimolo sull'economia che si traduce in un aumento delle entrate fiscali nello scenario di base da $1.200 miliardi.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni critici, la “Big Beautiful Bill” non aumenterà il deficit, ma lo ridurrà significativamente.

Tra il 2026 e il 2027 si prevede una riduzione di $1.600 miliardi nella spesa non discrezionale e $2.400 miliardi in quella discrezionale. Inoltre si prevede un aumento delle entrate fiscali grazie alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e ai nuovi accordi commerciali, cose che rafforzeranno la crescita economica e l'occupazione.

Noi liberali, libertari e Austriaci dovremmo essere meno critici nei confronti del più grande sforzo di riduzione dello stato, liberalizzazione, deregolamentazione, tagli alla spesa e riduzione delle tasse dal 1990, ma soprattutto, alcuni non dovrebbero accettare la narrazione che nega l'effetto positivo sulle entrate e sulla crescita da parte della deregolamentazione, dei tagli alle tasse e dei negoziati commerciali.


5. Confronto con Milei: somiglianze e differenze

Milei è stato in grado di attuare tagli immediati perché ha ereditato un bilancio aperto e un'inflazione estremamente elevata, cose che gli hanno permesso di ridurre la spesa pubblica in termini reali senza doverla aggiustare all'inflazione. Il bilancio dell'Argentina non include le disposizioni introdotte dall'amministrazione Biden, quindi Milei è stato in grado di attuare una riduzione del 30% della spesa pubblica immediatamente e con indiscutibile successo, soprattutto eliminando sussidi, opere pubbliche e trasferimenti sociali non automatici.

Al contrario Trump ha ereditato un bilancio già impegnato e un'inflazione molto più bassa (meno del 2,5%), limitando l'impatto del mancato aggiustamento della spesa all'inflazione.

Confrontando le due amministrazioni, si nota uno sforzo molto simile. Trump ha ridotto la spesa pubblica del 5% nel primo trimestre, con risparmi superiori a $540 miliardi. Entro la fine del suo mandato, Trump avrà attuato una riduzione della spesa pubblica equivalente a quella di Milei.

Entrambi i leader hanno promosso politiche di riduzione delle tasse, deregolamentazione e incentivo degli investimenti e dell'occupazione. Tuttavia gli strumenti e il margine di manovra di Trump sono stati condizionati dalla struttura istituzionale statunitense e dalle decisioni della precedente amministrazione.


6. Conclusione

Le politiche di Trump e Milei condividono l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica, promuovere la crescita e migliorare l'occupazione, ma le circostanze di partenza sono radicalmente diverse. Criticare Trump per non aver acceso immediatamente la “motosega” ignora i vincoli di bilancio e legali che deve affrontare negli Stati Uniti. Ciò che conta è riconoscere che, entro i suoi limiti, Trump sta attuando tagli storici e politiche pro-crescita che avranno un impatto positivo sull'economia statunitense nel medio termine.

Il mio messaggio a coloro che attaccano l'amministrazione Trump perché non è abbastanza liberale è il seguente:

• Indicate un'unica amministrazione statunitense che abbia implementato con successo un approccio analogo alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e alla riduzione della spesa, approvando al contempo una significativa riduzione della spesa non discrezionale sia al Congresso che al Senato.

• È curioso accettare le stime keynesiane sull'impatto fiscale. È sorprendente negare l'impatto positivo della riduzione delle importazioni, dell'aumento delle esportazioni e di maggiori introiti derivanti dagli accordi commerciali. Negare la spinta economica e fiscale derivante dalla deregolamentazione e dai tagli fiscali è imperdonabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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