martedì 20 maggio 2025

Il modello keynesiano cinese sta crollando, gli serve un accordo commerciale al più presto

I nodi della propaganda stanno vendendo al pettine ormai. La verità si vende da sola, non ha bisogno di essere puntellata sistematicamente; le menzogne, invece, quelle sì... quelle hanno bisogno di essere continuamente sostenute e coperte con menzogne più grandi e che richiedono più costi. Si può ovviamente tirare la corda quanto si vuole, giocarsi una carta ancora più alta, alla fine, però, se si sta bluffando e si stiracchia il bluff fino a una cosa enorme alla fine salta tutto. È accaduto con la “pandemia”, con la guerra in Europa orientale e sta accadendo di nuovo con la narrativa su Trump. Anche in quest'ultimo caso abbiamo assistito a una escalation di storie inventate sulla stampa dove, fallendo la prima, ne sono state tirate fuori di più inverosimili e grottesche successivamente. Ultima in ordine cronologico: gli USA sono dipendenti dalla Cina e i dazi avrebbero affossato DI PIÙ l'economia americana, costringendola a fare passi indietro e negoziare. In diversi tweet e negli ultimi due articoli a firma mia sul blog vi dimostravo come le cose non stavano così, ma adesso arriva anche la retromarcia da parte della stampa generalista. Ciononostante, per chi sa cosa osservare in linea con la metodologia della Scuola Austriaca, il pattern era già chiaro da un po' ed è arrivata la conferma quando le autorità monetarie cinesi hanno svalutato nuovamente lo yuan per raddoppiare gli sforzi in quella che è una scommessa perdente. In Cina mentire sull'economia è considerato un imperativo per la sicurezza nazionale. I dazi imposti dall'amministrazione Trump non sono l'inizio dei problemi del Paese, bensì la proverbiale ciliegina sulla torta di un processo di declino in corso da anni. Le spedizioni cinesi sono in stand-by e gli ordini sono congelati. La Cina sta attraversando una crisi deflazionistica dal 2023. L'aumento delle esportazioni durante la pandemia è stato compensato dai lockdown draconiani del PCC. Si è trattato, in sostanza, di un suicidio fiscale da parte del governo cinese e da allora il Paese è in difficoltà. Il mercato immobiliare è imploso, in parte a causa della sovracostruzione attraverso programmi infrastrutturali sovvenzionati dallo stato inondando il mercato di case ed edifici mal costruiti, poi lasciati a marcire. Le insolvenze aziendali sono dilaganti e hanno lasciato gli investitori senza un soldo. C'era un certo ottimismo sul fatto che le misure del governo cinese per porre fine alla crisi avessero funzionato per rinvigorire il mercato, ma il 31 marzo Vanke, collegata al governo cinese, ha fatto registrare una perdita annuale record di ¥49,5 miliardi per il 2024. Il principale organo decisionale cinese, guidato da Xi Jinping, ha affermato che le autorità avrebbero implementato piani specifici per supportare le aziende e gli individui colpiti dalla guerra commerciale. In altre parole, la PBOC continuerà a fare più o meno la stessa cosa fatta finora aspettandosi, però, un risultato diverso, sperando di tenere in vita un falso senso di stabilità. I tentativi della Cina di nascondere il decadimento al mondo esterno stanno diventando sempre meno efficaci.

____________________________________________________________________________________


di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-modello-keynesiano-cinese-sta)

Nell'ultimo decennio l'economia cinese ha ampliato il suo modello neo-keynesiano centralizzato, il quale non può sopravvivere senza un accordo commerciale. Il settore manifatturiero cinese ha seguito una strategia di stallo continuo che non può sussistere senza l'enorme surplus commerciale con gli Stati Uniti.

La  sovraccapacità del settore manifatturiero cinese non è un'eccezione, è la regola. La Cina produce il 30% dei beni manifatturieri mondiali, ma ne consuma meno del 18%, secondo CKGSB. Inoltre il tasso di utilizzo della capacità industriale cinese è sceso al 74,1% nel primo trimestre del 2025.

Il modello keynesiano di pianificazione centralizzata cinese mira a massimizzare l'occupazione e a mantenere una forte crescita economica, nonostante i vincoli finanziari e l'eccessivo indebitamento; pertanto è necessario vendere la produzione in eccesso per evitare un enorme problema di capitale circolante. Persino il governo cinese ha riconosciuto il problema in modo indiretto, evidenziando che la concorrenza di tipo “involutivo” è un obiettivo fondamentale per la politica economica del 2025 e che si stanno adottando misure per ridurre gli investimenti non necessari e controllare la crescita in alcuni settori. Tuttavia la sovraccapacità produttiva in Cina non è un caso; è stata creata per disegno politico, con le autorità locali e nazionali che cercano di aumentare il PIL a qualsiasi costo.

Il modello mira a mantenere la piena occupazione e la crescita economica anche con rendimenti economici inferiori al costo del capitale, e funziona quasi del tutto se la capacità produttiva in eccesso può essere venduta a livello globale, ricevendo valuta di riserva e mantenendo bassi i costi trasferendo il costo del capitale circolante ai consumatori globali e mantenendo basse le spese di produzione con controlli monetari e tassi di cambio fissi. Tuttavia la combinazione di debito crescente, valuta in costante indebolimento e crescente numero di fallimenti e problemi di capitale circolante sta conducendo questo modello al collasso, anche in assenza di una recessione ufficiale.

La Cina ha imparato che non può sopportare una guerra commerciale e non può sostituire i consumatori statunitensi, il mercato più ricco e più grande del mondo, con consumatori europei o latinoamericani. Di conseguenza ha bisogno di un accordo commerciale rapido prima che la catena di fallimenti che affligge l'economia cinese dal 2021 si trasformi in una vera e propria crisi finanziaria.

Ad aprile la Cina è entrata ufficialmente in deflazione per il terzo mese consecutivo. Secondo Allianz, si prevede che le insolvenze aziendali aumenteranno del 7% nel 2025 e del 10% nel 2026, nonostante il governo cinese stia implementando ulteriori misure di stimolo fiscale.

Le piccole e medie imprese, in particolare quelle esportatrici, stanno affrontando un crescente numero di fallimenti a causa del calo del flusso di cassa e dell'eliminazione delle esenzioni tariffarie statunitensi. La perdita di posti di lavoro è in aumento nelle regioni dipendenti dalle esportazioni e il tasso di disoccupazione urbano dovrebbe attestarsi in media al 5,7% nel 2025, al di sopra dell'obiettivo ufficiale, secondo la CNBC.

L'indice PMI manifatturiero ufficiale dell'NBS è sceso bruscamente a 49,0 il mese scorso, il calo più netto da dicembre 2023, riflettendo una discesa della produzione, dei nuovi ordini e dell'occupazione, in particolare gli ordini esteri in calo al livello più basso degli ultimi undici mesi.

Il crollo del settore immobiliare, che un tempo rappresentava fino al 30% del PIL, ha indebolito le banche, ridotto i risparmi delle famiglie e portato a un effetto ricchezza negativo, deprimendo ulteriormente i consumi e la domanda di credito.

I punti di forza economici della Cina sono ben noti, ma le debolezze sono troppo importanti per essere ignorate. La situazione ci ricorda che la pianificazione centrale non funziona mai. Tutte le debolezze della Cina derivano da anni di politiche governative volte a stimolare la crescita economica costruendo beni nella speranza che prima o poi si sarebbero venduti. Inoltre l'aumento dei fallimenti, il crollo del mercato immobiliare e il crescente debito delle amministrazioni locali mettono a dura prova il sistema finanziario, proprio mentre i prestiti in sofferenza della Belt and Road Initiative (BRI) aumentano vertiginosamente. Diversi Paesi nella BRI sono inadempienti o hanno richiesto salvataggi da parte del FMI, tra cui Sri Lanka, Zambia, Ghana e Pakistan, mentre essa ha generato $385 miliardi di debiti non registrati.

Le linee di politica keynesiane portano sempre a un debito elevato e alla stagnazione. Tuttavia se combinate con un sistema di pianificazione centrale, un sistema finanziario chiuso e controlli sui capitali, esse creano un pericoloso mix di sovraccapacità produttiva, povertà e stagnazione economica. La Cina può iniziare ad affrontare il suo enorme problema di capitale circolante solo attraverso un accordo commerciale rapido e di successo con gli Stati Uniti. La Cina trarrà enormi benefici se aprirà la sua economia, eliminerà i controlli sui capitali e permetterà al settore privato di respirare. Un'implosione del problema della sovraccapacità produttiva nascosta ai media generalisti, compensata da una pianificazione centrale ancor più accentuata e da stimoli su stimoli, non farà altro che indebolire ulteriormente la Cina nel lungo periodo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


lunedì 19 maggio 2025

Il gorgo della giustizia strumentalizzata

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


di Ramesh Thakur

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-gorgo-della-giustizia-strumentalizzata)

Come in una brutta barzelletta del tipo “Quando un pollo entra in un pub”, quando i querelanti entrano in un'aula di tribunale e incontrano giudici favorevoli alle ingiunzioni, il risultato è un gorgo di giustizia strumentalizzata. Nel discutere dell'attuale scompiglio giurisdizionale tra l'esecutivo e la magistratura statunitense, trovo impossibile ignorare il totale fallimento dei tribunali nel proteggere i diritti, la dignità e la libertà delle persone sotto l'attacco totale dello stato amministrativo durante gli anni della “pandemia”.

Negli ultimi anni è diventato tristemente evidente che la minaccia più grave alla teoria e alla pratica della democrazia non è l'ascesa del populismo, con aspiranti fascisti e neonazisti come tribuni seducenti, ma élite tecnocratiche che nutrono un disprezzo a malapena celato per le convinzioni politiche e il comportamento elettorale dei “deplorevoli”. Inoltre, mentre le barriere di resistenza all'avanzata populista crollano una a una sotto l'assalto degli elettori infuriati, l'ultima frontiera della resistenza delle élite sono i tribunali. Il clero giurisprudenziale – avvocati, professori di diritto e giudici – fa parte dell'élite al potere e rappresenta l'ultima linea di difesa per salvaguardare le vittorie già ottenute dai sostenitori della giustizia sociale nella loro lunga marcia per conquistare le istituzioni.


Fallibilità dei giudici

A differenza di ogni altra professione, la magistratura è infallibile? Chiaramente no, altrimenti non sarebbe stata complice della più grande violazione delle libertà delle persone durante gli anni della “pandemia”. Ogni Paese con uno stato di diritto credibile, di tanto in tanto, ribalta condanne ingiuste del passato. Tra gli esempi australiani più noti ci sono quelli di Lindy Chamberlain e del cardinale George Pell.

Di conseguenza i giudici sono individualmente infallibili e liberi da qualsiasi influenza di pregiudizi, convinzioni ed esperienze di vita personali? Anche in questo caso, chiaramente no. Se lo fossero, in ogni singolo verdetto emesso da un collegio di giudici, essi sarebbero unanimi e potremmo risparmiare tempo e denaro eliminando i vari gradi di appello. Dall'Australia si consideri ancora una volta il caso del cardinale Pell. Condannato da una giuria, la condanna è stata confermata con 2 voti a 1 dalla Corte d'appello statale, ma ribaltata all'unanimità dall'Alta corte d'Australia (la nostra Corte suprema). Stesse leggi, stesse prove, sentenze diverse.

Ogni giudice è un esempio di integrità e competenza giudiziaria? No. Alcuni sono corrotti o colpevoli di altri atti illeciti. Molti altri, sospetto, sono incompetenti piuttosto che disonesti o corrotti. I meccanismi per riconoscere l'incompetenza sono meno e meno invocati rispetto a quelli per individuare e punire la corruzione e gli illeciti. Eppure, anche su questi ultimi non si può sempre fare affidamento.

La notte del 14 marzo, in India, la residenza ufficiale di un giudice dell'Alta corte di Delhi, il giudice Yashwant Varma, è andata a fuoco. Vigili del fuoco e agenti di polizia, accorsi per domare l'incendio, hanno scoperto sacchi di iuta pieni di denaro bruciato. Il Commissario di polizia ha contattato il Presidente della Corte suprema di Delhi, il 15, per informarlo degli sviluppi, il quale a sua volta ha trasmesso le informazioni alla Corte suprema dell'India. Il Presidente di quest'ultima ha istituito un collegio di tre giudici per indagare sulla questione e la sua relazione, pubblicata online (con alcune modifiche) nell'interesse della trasparenza, dato l'intenso interesse pubblico, ha dimostrato che c'erano i presupposti per un'indagine completa e adeguata. Nel frattempo il giudice Varma è stato trasferito a un'altra Corte suprema (nonostante la protesta dell'ordine degli avvocati di quella Corte) in attesa di ulteriori indagini e provvedimenti.

L'accenno di corruzione sarebbe molto probabilmente passato inosservato se non fosse stato per il fortuito incendio scoppiato nell'abitazione del giudice. Questo di per sé è un atto di accusa all'inadeguatezza dei meccanismi di controllo per i giudici.

Un'ultima domanda preliminare: a differenza di tutti gli altri rami del governo, la magistratura e i giudici devono essere immuni dallo scrutinio degli stessi tribunali ed essere, quindi, rimessi al loro posto? Suppongo che una distribuzione così perfetta di autodisciplina tra i rami del governo sia possibile ma, essendo un vecchio cinico, perdonate il mio scetticismo. Non tutti i giudici hanno la consapevolezza di sé e la forza di carattere necessarie per resistere alla tentazione di abusare dei propri poteri e della propria autorità. Al contrario, i giudici hanno un interesse collettivo ad ampliare la portata della propria autorità su tutti gli altri settori e, di conseguenza, a proteggersi dalle pressioni altrui.

Un quesito successivo è: come si può conciliare il lento e deliberato processo decisionale giudiziario con la necessità di un'azione talvolta urgente da parte dell'esecutivo? La magistratura è abituata alla propria sequenza e al proprio ritmo di azione, pertanto, per i giudici, l'assoluzione definitiva del cardinale Pell da parte dell'Alta corte d'Australia è stata un trionfo delle istituzioni e del processo giudiziario. Per i comuni mortali il processo è stato una punizione in sé e la pena di 405 giorni trascorsi dietro le sbarre è stata un grave errore giudiziario.

In altre parole, dalla data dell'atto d'accusa nel giugno 2017, passando per due processi con giuria, un primo appello fallito, l'ultimo appello con esito positivo, il rilascio dal carcere nell'aprile 2020 e la morte nel gennaio 2023, ancora incapace di purificare completamente la macchia di pedofilia, più della metà del tempo che gli è rimasta da vivere sulla Terra il cardinale Pell l'ha passata tra processi e una punizione dolosa da parte di una schiera di attivisti anticattolici assetati di sangue. La nazione esigeva un capro espiatorio per gli abusi sessuali sui minori da parte del clero cattolico. Scrivo questo non solo da non cristiano, ma da ateo.


La strumentalizzazione della giustizia e la presa ideologica dei giuristi

Negli Stati Uniti, nei primi due mesi di Trump, sono state presentate più di 125 cause legali per contestare le sue linee di politica, principalmente contro i tentativi di ridimensionare dipartimenti e agenzie governative. Di recente, in un solo giorno, i giudici distrettuali hanno ordinato la sospensione degli ordini esecutivi di Trump nei confronti dello smantellamento della USAID, il ripristino dei finanziamenti DEI da parte del Dipartimento dell'Istruzione, la sospensione dei voli di espulsione di presunti membri di gang venezuelane e la sospensione del divieto di ingresso nell'esercito per i membri transgender. Trump ha forse sbagliato o esagerato nell'affermare che “questi giudici vogliono assumere i poteri della Presidenza”, che quest'ultima a volte deve “agire rapidamente e con decisione” e che gli Stati Uniti “sono in guai seri” se la Corte Suprema si rifiuta di “risolvere questa situazione tossica e senza precedenti” con urgenza?

Un articolo pubblicato sul Journal of Legal Studies nel gennaio 2018 osservava che, sulla base delle donazioni ai partiti, nel 2012 una minoranza del 35% degli avvocati americani e appena il 15% degli oltre 10.000 professori di diritto erano conservatori. I tre autori dello studio hanno osservato che all'epoca i conservatori controllavano tutti e tre i rami del governo federale e oltre due terzi dei governatorati e delle assemblee legislative statali, mentre gli elettori che si identificavano come conservatori superavano numericamente i progressisti con un rapporto di 35 a 24.

La patologia dell'uniformità ideologica e del disallineamento con l'opinione pubblica è peggiorata considerevolmente da allora. Derek Muller, professore di diritto alla Notre Dame University, dal 2017 all'inizio del 2023 ha esaminato le donazioni politiche dei professori di diritto per partito politico (queste informazioni sono di dominio pubblico negli Stati Uniti). Con sorpresa di nessuno, la loro inclinazione era preponderante verso i Democratici. Dei 3.284 donatori della facoltà di giurisprudenza in quel periodo di oltre cinque anni, il 95,9% ha donato denaro solo ai Democratici, il 2,7% ai Repubblicani e l'1,5% a entrambi i partiti. Scomponendo le donazioni in dollari, il 92,3% è andato ai Democratici e il 7,7% ai Repubblicani. Delle oltre 100 istituzioni esaminate da Muller, ognuna aveva più Democratici registrati che Repubblicani nella facoltà di giurisprudenza, per lo più con ampi margini.

Qualcuno crede seriamente che questo non porti a una discrepanza ideologica tra il clero giurisprudenziale nelle aule di tribunale e tra i giudici e il popolo americano?

Il giudice distrettuale James Boasberg ha ordinato la sospensione dell'espulsione di oltre 250 venezuelani illegali con legami con la gang Tren de Aragua, un'organizzazione terroristica straniera designata come tale a livello federale. Il giudice Boasberg fa parte della bolla di Washington. Questa città ha votato per la candidata democratica Kamala Harris contro Trump con un margine schiacciante del 93,6% contro il 5,5% (con lo 0,9% di voti per posta). Ai voli già in corso è stato intimato di rientrare. L'ordinanza del giudice non ha avuto luogo perché, secondo il governo, gli aerei si trovavano già nello spazio aereo internazionale e quindi la direttiva di non “trasferirli” dagli Stati Uniti era diventata vana.

Un consigliere senior di Trump, Stephen Miller, ha affermato che un tribunale distrettuale “non ha la capacità di limitare in alcun modo l'autorità del Presidente ai sensi dell'Alien Enemies Act”. A prescindere dalle opinioni degli esperti di diritto, la maggior parte degli elettori probabilmente si schiererà con l'amministrazione, sostenendo che l'entità dell'immigrazione attraverso il confine meridionale durante gli anni di Biden ha raggiunto la soglia di “invasione o incursione predatoria” ai sensi della legge, giustificandone l'arresto e la rimozione come “nemici stranieri”. Trump ha definito Boasberg un giudice di Obama “agitatore e provocatore” e che “dovrebbe essere messo sotto accusa!!!”.

I critici hanno messo in guardia contro un “attacco all'intero ordine costituzionale americano”. In una rara replica pubblica, il Presidente della Corte suprema, John Roberts (che è rimasto in silenzio quando un appello dei Democratici ha chiesto l'impeachment dei giudici), ha affermato: “Per oltre due secoli è stato stabilito che l'impeachment non è una risposta appropriata al disaccordo” sulle decisioni giudiziarie. Al contrario “il normale processo di revisione d'appello” fornisce il rimedio appropriato. Il 26 marzo la Corte d'appello degli Stati Uniti per il circuito di Washington ha confermato la sospensione temporanea delle espulsioni con una decisione a maggioranza di 2 a 1.

Roberts ignora una causa fondamentale dell'imminente crisi costituzionale: l'assenza di meccanismi che garantiscano che la magistratura rimanga al suo posto, pur esortando l'esecutivo a farlo. La separazione dei poteri impone limiti all'indipendenza di tutti e tre i rami. La magistratura non può essere l'unico arbitro della propria portata e dei propri limiti, così come di quelli del Congresso e del Presidente. Chi, allora, può identificare questi limiti? Le ingiunzioni nazionali incoraggiano gli attivisti a presentare un ricorso in una giurisdizione e con un giudice che probabilmente si mostrerà comprensivo. Inoltre “tendono a costringere i giudici a prendere decisioni affrettate, ad alto rischio e con scarse informazioni”, ha osservato il giudice Neil Gorsuch in una sentenza della Corte suprema del 2020.

L'assunto secondo cui nessun giudice agisce mai in modo ideologicamente partigiano è palesemente falso. Gli eventi nel mondo reale si muovono molto più velocemente del ritmo glaciale dei procedimenti giudiziari. Ciò significa che anche la Corte suprema deve agire più rapidamente e con decisione per frenare i giudici fuori controllo. Un'interpretazione alternativa all'allarmistica “crisi costituzionale” è quindi che le azioni di Trump possano contribuire a ripristinare l'integrità costituzionale e la responsabilità democratica, sottraendo potere e risorse allo Stato amministrativo e restituendoli al Congresso e all'esecutivo.

Le ingiunzioni nazionali da parte dei tribunali distrettuali sono rare quando Trump non è coinvolto. Secondo un articolo dell'Harvard Law Review dello scorso anno, ce ne sono state in totale 127 dal 1963 all'inizio del 2020. Più della metà (64) erano contro la prima amministrazione Trump. Nel periodo che comprende le presidenze di Bush senior e Obama, più i primi tre anni di Biden, ce ne sono state 32. Solo a febbraio di quest'anno ce ne sono state 15 contro Trump, secondo un documento depositato dal Dipartimento di giustizia presso la Corte suprema.

Il giudice Boasberg aveva precedentemente rilasciato una carta “esci gratis di progione” all'avvocato dell'FBI Kevin Clinesmith, il quale aveva modificato un'email per ottenere un mandato di cattura dal tribunale del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) e sorvegliare il consigliere della campagna elettorale di Trump, Carter Page. Questo fu il preludio alla bufala sulla collusione con la Russia che ha gravemente danneggiato la prima amministrazione Trump. Boasberg ha condannato Clinesmith alla libertà vigilata anziché al carcere. Ha inoltre inflitto condanne controverse ai manifestanti del 6 gennaio 2020 e ha ordinato a Mike Pence di testimoniare davanti alla giuria che indagava sul ruolo di Trump in quelle rivolte.

Data la composizione del Senato, qualsiasi tentativo di mettere sotto accusa il giudice Boasberg non è fattibile come proposta politica. Questo è diverso dal valutare la legalità dell'azione. L'impeachment può essere abusato quando viene usato come arma o come barriera contro gli abusi giudiziari. Una singola decisione errata può essere gestita tramite il normale processo di revisione d'appello. Una serie di sentenze che dia adito al timore di parzialità può costituire un reato passibile di impeachment. Inoltre la crisi si è intensificata fino a questo punto a causa della timidezza istituzionale e della codardia della Corte suprema.

Roberts aveva precedentemente espresso preoccupazione per la “legittimità istituzionale” della magistratura federale. Una conseguenza prevedibile del suo implicito rimprovero a Trump è stata quella di incoraggiare giudici attivisti e ONG a ritardare e ostacolare il presidente nell'attuazione del suo programma politico approvato dagli elettori. Contrariamente a quanto afferma, il processo d'appello non ha funzionato in modo efficiente. La Corte suprema deve intervenire rapidamente per frenare l'eccesso di potere giudiziario dei giudici distrettuali e adottare sistemi ordinati di decisione in materia di urgenza.

Il senatore dello Utah, Mike Lee (R-UT), ha proposto una legge che impone a un collegio di tre giudici provenienti da diversi distretti – due giudici distrettuali e un giudice della Corte d'appello – di pronunciarsi sulle contestazioni ai provvedimenti presidenziali, con la possibilità di presentare ricorso direttamente alla Corte suprema. Questa potrebbe non essere la formula migliore, ma sembra un miglioramento rispetto all'attuale sistema imperfetto.


La patologia non è limitata agli Stati Uniti

Nel febbraio 2020 l'Alta corte australiana ha stabilito, con una controversa sentenza a maggioranza di 4 a 3 nel caso Love contro Commonwealth, che un aborigeno australiano che non sia effettivamente cittadino australiano non può essere considerato uno “straniero” ai sensi della Costituzione. A differenza dei non aborigeni residenti che non sono cittadini, gli aborigeni australiani non possono essere espulsi nemmeno se condannati per un reato. A quanto pare mantengono un legame mistico e inalienabile con la terra e il Paese.

Possiamo comprendere come e perché questa strana interpretazione della Costituzione sia potuta nascere analizzando una controversia che coinvolge una facoltà di giurisprudenza australiana. Nelle ultime due settimane l'Australian ha pubblicato una serie di articoli sull'indottrinamento razziale e di genere da parte dei corsi di giurisprudenza della Macquarie University, pena la bocciatura per errori di valutazione.

Alcuni di questi articoli sono stati scritti da studenti di quella facoltà che hanno scelto l'anonimato per evitare ritorsioni. Molte delle descrizioni per il dottorato di ricerca in giurisprudenza sono incoerenti e grammaticalmente discutibili. Spesso i moduli non hanno nulla a che fare con la materia principale del corso a cui si sono iscritti. Alcuni dei giudici di domani saranno laureati in queste scuole. Ci si può aspettare che applichino il diritto senza indottrinamenti e pregiudizi radicati?

Per chiudere il cerchio, uno studente anonimo ha scritto che gli studenti sono tenuti a:

scrivere un saggio che rifletta su come una o più di queste teorie critiche degli studi giuridici siano rilevanti per il nostro argomento di dottorato. E mi è stato chiarito che ci si aspettava che includesse qualcosa di simile anche la propria tesi, indipendentemente dall'argomento.

James Allan della Queensland University, uno dei pochissimi professori di diritto conservatori in Australia, sottolinea che quando il Primo ministro Boris Johnson prorogò il Parlamento del Regno Unito per far approvare la Brexit, “tutti i giudici della Corte suprema del Regno Unito, favorevoli al Remain, hanno ribaltato tre secoli di precedenti e hanno dichiarato” incostituzionale la sua azione, nonostante il Paese non abbia una costituzione scritta. Malgrado questo precedente da parte della madre della democrazia parlamentare, la Corte suprema canadese ha confermato il potere del Primo ministro Justin Trudeau di prorogare il Parlamento, esercitato affinché il suo governo potesse evitare una mozione di sfiducia prima che il suo partito avesse il tempo di scegliere un nuovo leader sotto il quale affrontare le elezioni successive.

Il fatto che Mark Carney, che non si è mai nemmeno candidato, né tantomeno vinto un'elezione, possa essere insediato come Primo ministro è di per sé una triste accusa dello stato in cui versa la democrazia canadese. Il cambio di leadership ha completamente trasformato le dinamiche elettorali. Non si tratta forse di un'interferenza giudiziaria nelle elezioni canadesi?

Mentre molte democrazie occidentali raggiungono un punto di svolta sull'immigrazione di massa, i tribunali sono diventati il ​​luogo in cui le democrazie vanno a morire. Il Primo ministro britannico, Keir Starmer, forse il più convinto sostenitore dello stato di diritto tra i leader mondiali e lui stesso avvocato per i diritti umani, il 13 marzo si è lamentato di “una sorta di industria di controllori e bloccatori che usa i soldi pubblici per impedire al governo di rispettare le priorità dei contribuenti”.


Il disprezzo dell'élite per il popolo

È difficile non concludere che i giudici riflettano sempre più un disprezzo dell'élite per il popolo, che si estende alle scelte politiche fatte dai cittadini. Perché Trump fa inorridire così tanto il resto del mondo democratico occidentale? Beh, stiamo iniziando a capirlo. Dice quello che pensa, fa quello che dice e vuole realizzare ciò che ha promesso di fare. L'approccio britannico ed europeo all'esercizio del potere non potrebbe essere più diverso. I principali partiti trattano i cittadini come dei perfetti imbecilli, fanno campagna elettorale in versi per promettere agli elettori tutto ciò che vogliono, poi, una volta al potere, governano in prosa per fare tutto ciò che “noi, l'élite” vogliamo. Le elezioni diventano un esercizio futile.

La prova regina di questa strategia di trattare gli elettori come idioti (tenendoli all'oscuro e nutrendoli di letame) è il Primo ministro Starmer con la sua vittoria schiacciante nel Regno Unito. La prova successiva è il Cancelliere Friedrich Merz in Germania. La prova successiva ancora è il Primo ministro Anthony Albanese in Australia. Come in Germania e nel Regno Unito, la prova più lampante della realtà dell'Unipartito in Australia è come il Primo ministro, Scott Morrison, dopo aver vinto un'elezione opponendosi alla follia del cambiamento climatico, abbia abbracciato la follia di una scadenza per l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica al vertice ambientalista di Glasgow nell'ottobre 2021 e che violava le pari opportunità per tutti gli elettori. E il leader dell'opposizione, Peter Dutton, si rifiuta di abbandonare questa strada nonostante il resto del mondo abbia voltato pagina, soprattutto da quando Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dalla truffa dell'energia verde.

In Australia e nel Regno Unito gli elettori hanno ottenuto un aumento di tassazione e spesa pubblica, uno stato in espansione, immigrazione di massa e fanatismo ambientalista, a prescindere dal partito scelto alle elezioni e le loro promesse elettorali. I partiti di centro-destra nel nuovo Bundestag tedesco hanno ottenuto il 49% dei voti, contro il 28% dei Verdi e della SPD. Eppure sono proprio questi ultimi a essere tenuti da conto da Merz, utilizzando un emendamento costituzionale approvato dal Bundestag uscente, pieno di parlamentari che hanno già esaurito la carica. E tutto in nome della salvaguardia della democrazia! Chissà cosa ne pensa il vicepresidente Vance al riguardo... Nella vicina Romania la tutela della democrazia significa escludere il candidato principale dalle elezioni presidenziali, avvalorando ancora una volta le critiche di Vance alla corruzione della democrazia in tutta Europa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


venerdì 16 maggio 2025

La grande riorganizzazione degli USA (Parte #1)

 


di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli)

Il motivo principale per cui ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, è stato quello di mettere in evidenza due punti sostanzialmente. Il primo: nessuna autorità è amica del contribuente o del cittadino medio, possono essere alleati temporanei o “cospiratori”, ma questo è un matrimonio che è destinato a finire non appena il “nemico” (che più di tanto non lo è) viene ridimensionato e condotto al tavolo delle trattative. Si tratta pur sempre di bande mafiose che sopravvivono grazie all'estorsione di risorse. Il secondo: distinguere tra l'eurodollaro e il sistema dell'eurodollaro. Il primo esisterà sempre dato che si tratta di liquidità che serve a saldare le transazioni internazionali e la domanda di dollari, soprattutto in questo frangente, è più viva che mai. Il secondo, invece, è quello a cui si stanno indirizzando le attenzione di questa amministrazione e prima di lei della FED. Infatti l'entrata in scena del SOFR non ha fatto altro che cambiare il modo in cui il dollaro viene prezzato al margine all'estero, dato che gli USA non sono mai stati in grado di controllarlo direttamente in passato.

Non essendo in grado di controllare la “stampante” dell'eurodollaro, l'offerta è andata fuori controllo ed è stato quello che ha condotto in ultima analisi alla demonetizzazione dell'oro e alla crisi del 2008. In sintesi, quando c'era bisogno di socializzare le perdite derivanti dall'azzardo morale nel sistema dell'eurodollaro, gli Stati Uniti venivano tirati per la proverbiale giacchetta affinché intervenissero. Il colonialismo franco-inglese non è mai terminato, in verità, ed è stato riciclato fino ai giorni nostri tramite il sistema finanziario: la capacità di controllare il prezzo offshore del dollaro. Non è un caso che il LIBOR era impostato da 18 banche nella City di Londra, 17 delle quali europee e una sola americana. In passato, quindi, se si vedeva un'inversione nella curva dei futures dell'eurodollaro ciò avrebbe innalzato spauracchi di recessione e condotto la FED a intervenire sui mercati per fornire liquidità reale in modo da coprire quella fittizia. Questo sistema era stato trasformato per andare a beneficio del dollaro offshore e di chi era in grado di prezzarlo al margine, facendo sanguinare il capitale americano (industriale, energetico, manifatturiero) oltreoceano.

Tenete sempre una cosa a mente, però, questo testo non viene scritto per assolvere gli USA. Non c'è dubbio che anch'essi abbiano i loro scheletri nell'armadio sin da Bretton Woods, stiamo pur sempre parlando di bande mafiose vorrei ricordarvi. Ciononostante bisogna anche ponderare il fatto che gli USA non sono mai stati veramente in controllo della politica interna, della politica estera e della politica monetaria sin dai tempi di Woodrow Wilson. Per tutto il XVIII e XIX secolo gli Stati Uniti hanno costruito un gigantesco stock di capitale e ai tempi delle guerre mondiali erano già la destinazione preferita dal resto del mondo per quanto riguardava gli investimenti esteri. Non era affatto nel miglior interesse della nazione scialacquare questa fortuna, sia in termini umani che non, per ricostruire il resto del mondo che bruciava e cercare di “diffondere la democrazia”. L'impero risultante dalla Pax Americana non era nel miglior interesse della nazione, soprattutto in un contesto in cui per mantenere questa enorme macchina di guerra avrebbe significato lasciare che il prezzo del dollaro all'estero venisse impostato dalla City di Londra. Quando si riflette su questi punti si comprende che tutte le strade conducono a Londra e alla Banca d'Inghilterra.

L'amministrazione Trump, e i NY Boys dietro di essa, hanno detto basta. Il loro compito, adesso, è quello di invertire la tendenza e cercare di riparare a decenni di malgoverno e, soprattutto, all'erosione del bacino americano della ricchezza reale. Gli USA sono una fonte non indifferente di capitale umano e di risorse, il solo stato dell'Alaska vale più di tutta l'UE messa insieme in termini di ricchezza del sottosuolo. Ed ecco perché tutti vogliono continuare a fare affari con lo zio Sam, malgrado i dazi: non possono permettersi di vendere l'output a un prezzo inferiore rispetto a quello ideato originalmente per il mercato americano, soprattutto la Cina. La guerra commerciale è solo una costola di una guerra più grande a livello finanziario, da come avrete capito. Infatti serve a distinguere tra “amici” e “nemici” degli USA; i primi otterranno linee di swap tramite la FED in caso di stress finanziario, i secondi no.

La cosiddetta cricca di Davos è costituita da tenenti, le persone che fanno parte del WEF sono facenti funzione di figure che rimangono nell'ombra. Quindi la strategia primaria è quella di farli venire a galla e vedere fin dove si spingono le loro trame, soprattutto sul proprio territorio. Poi si passa a togliere loro le fonti di finanziamento e di influenza. Solo dopo ci si sposta a livello internazionale. Ora, se si distilla tutto il rumore, il minimo comun denominatore è solo uno: smantellare il sistema dell'eurodollaro. Per essere più precisi, bloccare tutte le scappatoie all'euro e all'accesso al collaterale (finanziario, energetico, industriale). In questo contesto Tether serve a bypassare l'intermediazione non collateralizzata della City di Londra per soddisfare la domanda di dollari nel mondo (collateralizzata grazie ai titoli sovrani americani comprati da Tether) e prezzare al margine il sistema dell'eurodollaro secondo il volere di Washington, non altrui. La tokenizzazione degli hard asset e la possibilità di diffondere capillarmente nel resto del mondo una valuta coperta da oro e Bitcoin è quanto di più vicino ci possa essere a una garanzia che il dollaro resterà la divisa preferita nel commercio mondiale. Ed è solo l'inizio, viste le implementazioni con IA che possono essere applicate al denaro catapulteranno anni in avanti gli USA rispetto a una Unione Europea che ancora deve lanciare l'euro digitale che, oltre a dimostrarsi un fallimento, è già obsoleto alla luce di tutte queste innovazioni in ambito stablecoin e Bitcoin.

I titoli del Tesoro americani rappresenteranno il collaterale di qualità alla base di questo ecosistema. E, a proposito, le aste dei bond statunitensi continuano a far registrare numeri incoraggianti come dimostrato dall'ultima riguardante i decennali, mentre, dall'altra parte dell'Atlantico, i Bund prendono una sonora sberla. Ancora una volta possiamo accogliere con una vibrante pernacchia i titoli dei giornali secondo cui i titoli tedeschi sarebbero presto diventati la nuova frontiera degli asset di riserva. Non solo, ma sarà molto probabilmente la BCE a guardare in alto per vedere fin dove schizzeranno i rendimenti dei titoli sovrani europei. Lo stesso discorso vale per la Cina, dove si chiacchiera tanto di come possa usare lo yuan per sostituire il dollaro nel commercio internazionale e di come possa vendere il biglietto verde per arginare/contrastare la potenza dello zio Sam. Notizia per voi: un calo del dollaro significa ri-dollarizzazione. Negli ultimi 20 anni solo la Cina ha creato $60.000 miliardi in nuovi prestiti. Attualmente gli NPL (es. prestiti non performanti) sono il 5% di tale cifra. Ha $2.500 miliardi in debiti esteri ($1.100 miliardi solo in dollari) e riserve monetarie estere per $3.000 miliardi (2.000 miliardi in dollari). Se volesse ripagare il suo debito estero, rimarrebbe solo con $1.000 miliardi in riserve estere e un monte di NPL ancora in crescita. Senza contare la necessità di pagare per le importazioni (nessuno vuole yuan per davvero). Alla luce di tutto ciò, che fine farebbe il peg dello yuan col dollaro? Chi è, quindi, che verrebbe realmente travolto da una vendita di dollari e asset denominati in dollari? Ah, e l'economia cinese è in crisi già adesso.

Contro l'amministrazione Trump, quindi, è stata lanciata una gigantesca campagna di caos, confusione e corruzione. Molto probabilmente si evolverà di nuovo in violenza per le strade con BLM 2.0, tra Dem, infiltrati e cricca di Davos oltreoceano il mantra rimane quello di lanciare contro il proprio “nemico” tutti ciò che si è in possesso. O per essere più precisi, per avere un vantaggio negoziale decente al tavolo delle trattative alla fine della guerra commerciale/finanziaria. Quanti asset sono stati bruciati ultimamente per cercare di tirare giù Hegseth? Quando Politico, Axios, o il Wall Street Journal parlano di “fonti interne alla Casa Bianca” che vorrebbero Hegseth, ad esempio, messo alla porta, non esiste niente del genere. È confusione; Trump sa benissimo che l'attuale gabinetto rimarrà in carica come minimo per un altro anno. È caos quanto accaduto circa un mese fa dopo il “Liberation Day” nei mercati obbligazionari e azionari americani quando la cricca di Davos, tramite il proxy di Inghilterra ed Europa, ha venduto asset americani per sostenere i mercati monetari e obbligazionari europei.

Questi spasmi sono tutti la conseguenza dello smantellamento del sistema dell'eurodollaro e il SOFR ha resistito finora a degli attacchi inauditi contro di esso riuscendone indenne. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, descrivo gli avvenimenti del settembre 2019 quando il SOFR esplose al 10-11% intraday a causa di una corsa agli sportelli dei mercati pronti contro termine americani e una forte domanda di denaro. Diverse banche finirono sotto pressione e la FED fu costretta a intervenire affinché creasse liquidità temporanea e puntellasse i mercati. Il problema di allora era che il SOFR era ancora in “fase beta”, tanto per usare un termine preso in prestito dall'informatica, e molto illiquido, di conseguenza molto sensibile a sbalzi improvvisi. Avanti veloce fino al 2023, durante il crollo di Silvergate, Silicon Valley Bank e Signature, la sua maturazione l'avrebbe portato ad assorbire il colpo permettendo al contempo a Powell di continuare a rialzare i tassi. Se ci pensate, qualcosa di inaudito per un banchiere centrale, ovvero rialzare i tassi durante una crisi bancaria. Avanti veloce fino al mese scorso quando, la seconda settimana di aprile, il SOFR mostra movimenti al rialzo nelle singole ore ordini di grandezza superiori rispetto ai movimenti giornalieri. Detto in termini semplici, era sotto attacco. Gli spike che vedete nel grafico del CME non dovrebbero accadere nemmeno nelle sessioni giornaliere “normali”.

Tutte le chiacchiere secondo cui la Cina stava scaricando i bond americani, i fondi pensione che scoppiavano in Giappone, o il “basis trade” erano una distrazione. Era invece un attacco al SOFR usando i titoli di stato americani a lungo termine per creare un avvallamento nella curva dei rendimenti nel medio termine e far gridare “recessione!” ai titoli dei giornali. L'obiettivo della cricca di Davos è sempre stato uno sin da quando il SOFR è entrato in gioco: delegittimarlo come meccanismo di prezzo del dollaro a livello internazionale. In passato era il LIBOR, un tasso non collateralizzato, dove i vari player si passavano tra loro le stesse passività per creare dal nulla liquidità temporanea e uno stock praticamente infinito di eurodollari con cui sommergere i loro problemi; ciò, a sua volta, avrebbe avuto ricadute sugli USA e sulla FED che sarebbe stata costretta a monetizzare questo mondo e quell'altro. Oggi devono attaccare il SOFR perché si tratta invece di un tasso collateralizzato a livello interno, basato sui mercati monetari interni agli Stati Uniti: niente più azzardo morale a spese del bacino della ricchezza reale statunitense, se si vuole accedere ai mercati pronti contro termine americani bisogna avere garanzie collaterali solide (solo titoli di stato USA). Oggi, quindi, sono necessari ingenti capitali per cercare di sovvertire un tale assetto e se tali attacchi vanno a vuoto chi li svolge perde molto rispetto al passato. Non possono essere reiterati ad libitum.

Il punto qui rimane solo uno: il sistema SOFR non si è rotto e la FED non è dovuta intervenire. Per quanto la stampa cerchi di fuorviare i lettori parlando di PIL in calo negli Stati Uniti, esso non misura né la crescita né la creazione di ricchezza reale, e il suo recente calo non è segno di debolezza bensì di forza: sono i tagli alla spesa pubblicano che lo stanno facendo scendere ed essi rafforzano l'economia. Dal punto di vista strategico è così che vengono portati allo scoperto i “nemici” ed è possibile individuarli. Trump ha davvero ricevuto tutte le telefonate che ha detto di aver ricevuto nel momento in cui ha approvato i dazi reciproci per tutti? Probabilmente no, probabilmente nessuno “ha chiamato”. Si tratta di avere la comunicazione strategica giusta per evidenziare i “nemici”. E ovviamente continuare a mettere pressione su di essi, perché la mancanza di accesso a finanziamenti facili come accadeva in passato significa altresì una ri-ponderazione del rischio su tutto lo spettro economico/finanziario mondiale.

Questo il motivo, in sostanza, per cui l'oro sale e continuerà a salire. Il metallo giallo è la forma definitiva di garanzia collaterale e c'è una corsa per accaparrarlo. Anche qui la City di Londra sta subendo altri duri colpi, perché l'oro adesso viene acquistato a New York e venduto a Londra. La LBMA è sotto corsa agli sportelli. In passato l'intermediazione dell'oro sintetico a Londra permetteva di tenere un tetto sul prezzo dell'oro fisico e veicolare l'idea che tutto fosse sotto controllo, che le crisi fossero sotto il controllo delle banche centrali. All'apertura di New York venivano scaricati i contratti e ricomprati alla chiusura, per poi continuare il gioco con apertura/chiusura in Europa. La presenza del LIBOR permetteva anche queste deformazioni. La credibilità/affidabilità degli Stati Uniti passa anche da un mercato dell'oro in ascesa in grado di stabilizzare e ripagare l'enorme debito pubblico della nazione. Ecco perché quel tetto adesso è stato smantellato e gli USA, rispetto ai loro avversari, sono la nazione con le riserve d'oro più grandi. Una volta rotto il gioco del LIBOR, a cascata tutte le distorsioni dei mercati sono venute al pettine.


BACKGROUND STORICO

Ma facciamo un passo indietro. Quando si tratta di analisi macroeconomica, ci sono sempre innumerevoli pezzi in movimento e possiamo immaginarli come punti su una scacchiera. Per capire cosa sta succedendo nel mondo dobbiamo vedere quei punti per quello che sono nel miglior modo possibile e poi dobbiamo collegarli tra loro in un modo che abbia senso. Se ci riusciamo, scopriremo che raccontano una storia. Come qualsiasi altra storia, però, può essere vera o falsa. Per determinarlo, dobbiamo continuare a valutare i pezzi in movimento e capire se nuovi dati e sviluppi supportano o invalidano la nostra storia.

Dopo tre anni trascorsi a seguire questa storia e a valutare i pezzi in movimento, credo che la mia versione sia accurata, oltre al fatto che i nuovi sviluppi sembrano supportarla. Questa storia rappresenta la natura dell'attuale lotta di potere: non è una lotta fisica, ma finanziaria. È ormai chiaro che le potenze europee del vecchio mondo hanno influenzato la politica e l'economia americana da molti anni. La realtà è molto più sfumata, ma mi piace usare il termine “cricca di Davos” per descrivere queste potenze europee. Stiamo parlando di quelle potenze che stanno alla base di istituzioni globaliste come l'Unione Europea, la Banca centrale europea, le Nazioni unite, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca dei regolamenti internazionali, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Forum economico mondiale (WEF) e entità simili. Queste istituzioni sono allineate nella visione del mondo e promuovono un programma simile: una governance globale centralizzata rispetto alla sovranità nazionale, e soprattutto rispetto alla governance localizzata.

Il WEF ha sviluppato un quadro politico per quantificare questo programma: “capitalismo degli stakeholder”. Klaus Schwab ha confezionato questo quadro come “Il Grande Reset” e lo ha pubblicizzato al mondo nel giugno 2020, nel mezzo dell'isteria per la crisi sanitaria. È chiaro che anche alcune grandi istituzioni americane si sono allineate a questo programma globalista ormai da anni e alcune lo fanno ancora. Bank of America, ad esempio, parla dell'implementazione del capitalismo degli stakeholder ogni anno nella sua lettera annuale agli azionisti. Tuttavia, è altrettanto evidente che altre importanti istituzioni americane hanno rotto i ranghi rispetto al programma globalista. Infatti si è verificata una frattura ai vertici della struttura di potere.


LA CONTRORIVOLUZIONE AMERICANA

Coloro che sono al centro del sistema finanziario americano sono ora in modalità autoconservazione: stanno portando avanti un piano per salvare il sistema finanziario basato sul dollaro, fondamentale per la loro ricchezza, il loro potere e la loro influenza. Questa dinamica ha iniziato a manifestarsi platealmente nell'ottobre 2022. La Federal Reserve aveva già rialzato il suo tasso di riferimento di 300 punti base dall'inizio di quell'anno e la cricca di Davos non ne era entusiasta. La campagna di rialzo dei tassi della FED spinse le Nazioni Unite a pubblicare un annuncio quello stesso ottobre, supportato da una relazione accademica intitolata Trade and Development Report 2022. La relazione delle Nazioni Unite chiedeva a tutte le banche centrali di interrompere immediatamente i rialzi dei tassi. Gli autori affermarono che sarebbe stato irresponsabile rialzarli ulteriormente, insinuando che ciò sarebbe stato paragonabile a un attacco ai Paesi in via di sviluppo.

Questa relazione era chiaramente rivolta alla FED: era un messaggio proveniente dal quartier generale globalista e proclamava che la FED aveva superato i limiti. All'epoca mi aspettavo che Jerome Powell facesse marcia indietro, dopotutto la FED aveva coordinato apertamente la politica monetaria con la BCE e altre banche centrali per anni dopo la crisi finanziaria del 2008. Sembrava proprio che fossero tutti dalla stessa parte. La settimana successiva Powell rialzò il tasso di riferimento della FED di altri 75 punti base e avrebbe continuato a farlo nei mesi successivi (+150 punti base). Inutile dire che attirò la mia attenzione: Powell non solo stava sfidando gli ordini di marcia globalisti, ma si stava muovendo contro di essi in modo aggressivo e senza scuse. Powell iniziò a parlare della necessità di una riforma fiscale all'interno del governo statunitense. In una riunione del Federal Open Market Committee, affermò esplicitamente di non ritenere che fosse compito della FED monetizzare il debito pubblico.

Nel frattempo, nel settembre 2023, l'allora Segretario al Tesoro, Janet Yellen, annunciò quello che definì un “piano di riacquisto di titoli del Tesoro”: il Dipartimento del Tesoro americano avrebbe acquistato regolarmente titoli di stato statunitensi per tutto il 2024. Si trattava ovviamente di un'operazione volta ad avviare quello che in gergo finanziario viene chiamato “controllo della curva dei rendimenti”. Si tratta di un'operazione in cui un'entità – in genere una banca centrale – acquista titoli di stato di determinate scadenze per impedire che i tassi d'interesse superino un certo livello. Il piano della Yellen assomigliava a una nuova “Operazione Twist”.

Quest'ultima era ciò che la FED aveva già implementato nel 2011. Fu allora che Ben Bernanke acquistò titoli del Tesoro a lungo termine e contemporaneamente vendette titoli a breve termine in grandi quantità. Ciò contribuì a spingere i tassi d'interesse a lungo termine più in basso di quanto sarebbero stati altrimenti. La Yellen si propose di applicare la stessa strategia l'anno scorso, ma c'era una sfumatura: il Dipartimento del Tesoro non può creare denaro dal nulla come la FED. L'unica cosa che può fare è emettere nuovi titoli di stato per finanziare la propria spesa. Ciononostante ha bisogno di investitori disposti ad acquistarli. Questo è il motivo per cui i programmi di controllo della curva dei rendimenti sono sempre gestiti da una banca centrale. Non funziona molto bene se non si possono stampare ingenti quantità di denaro per acquistare i titoli che si desidera comprare.

Perché la Yellen stava cercando di controllare la curva dei rendimenti? Non era Powell che avrebbe dovuto gestire questa operazione? La risposta è diventata chiara col tempo: la Yellen e Powell erano in squadre diverse.

La Yellen è una fedele sostenitrice della fazione globalista. Ha assecondato l'agenda globalista quando ha presieduto la FED dal 2014 al 2018 e ha fatto lo stesso dal suo incarico di Segretario al Tesoro durante l'amministrazione Biden. Powell, invece, lavora per la fazione americana, ovvero i NY Boys, che hanno rotto i ranghi con i globalisti. Powell, infatti, ha supervisionato il ciclo di rialzo dei tassi più aggressivo della storia, nonostante la struttura di potere globalista gli urlasse di fermarsi. E, come vedremo, ha avuto un ruolo fondamentale nel liberare la politica monetaria statunitense dalle influenze globaliste.

Per quanto io e altri abbiamo considerato la FED inetta e incapace, aveva messo in atto un piano da diversi anni: un tasso chiamato Secured Overnight Financing Rate (SOFR).


RIPRISTINARE LA SOVRANITÀ FINANZIARIA STATUNITENSE

Il SOFR è ora il tasso d'interesse di riferimento per prestiti e derivati ​​denominati in dollari. Si basa esclusivamente sulle transazioni del mercato pronti contro termine del Tesoro statunitense. Il SOFR è stato creato nel 2018 e implementato gradualmente nel corso degli anni successivi. Ha poi sostituito il London Interbank Offered Rate nel gennaio 2022 ed è ora il tasso d'interesse di riferimento esclusivo negli Stati Uniti. Le istituzioni finanziarie utilizzano i tassi d'interesse di riferimento per determinare il prezzo dei prestiti. Prima del 2022, per i prestiti denominati in dollari si usava il LIBOR; ora si usa il SOFR. Ricordate, la Federal Reserve non può “impostare i tassi d'interesse”, tutto ciò che può fare è modificare il tasso Fed Fund (si tratta del tasso al quale le banche si prestano denaro overnight). Con il SOFR, il tasso Fed Fund ha un impatto diretto: stabilisce un limite minimo al di sotto del quale è improbabile che il SOFR scenda.

Invece il tasso Fed Fund non ha avuto un impatto diretto sul LIBOR; ha avuto solo un'influenza indiretta. Questo perché il LIBOR era calcolato sulla base di stime giornaliere fornite da un consorzio di 16 banche: 11 banche con sede in Europa, 3 banche americane, 1 banca giapponese e 1 banca canadese. Per questo motivo il tasso Fed Fund non poteva stabilire un limite minimo con il LIBOR, perché quel consorzio poteva sempre presentare stime inferiori per abbassare i tassi. Ed è esattamente quello che facevano. Nel 2012, quando è scoppiato lo “scandalo LIBOR”, abbiamo appreso che alcune banche del consorzio avevano presentato stime di tassi artificialmente basse per manipolare il LIBOR al ribasso.

Quando il LIBOR era il tasso di riferimento per i prestiti denominati in dollari, l'economia statunitense era vincolata ai programmi stabiliti dalle fazioni al potere che controllavano l'Unione Europea: quelle 11 banche del consorzio in Europa potevano manipolare i tassi d'interesse tramite il LIBOR, se ciò fosse stato favorevole ai loro programmi. Di conseguenza la differenza tra SOFR e LIBOR è fondamentale.

Il SOFR si basa esclusivamente sulle transazioni nel mercato dei pronti contro termine. Si tratta di transazioni reali che sono accadute. Al contrario il LIBOR, che si basava su stime presentate da un consorzio di banche, non faceva affidamento su transazioni effettive. Ciò significa che il SOFR consente al mercato di avere un impatto diretto sui tassi d'interesse a lungo termine. Questo è fondamentale per determinare il prezzo del credito con ragionevole accuratezza. Con il SOFR ora in vigore, le banche europee non hanno alcuna influenza sui tassi d'interesse denominati in dollari. Non è esagerato affermare che il SOFR ha liberato la politica monetaria statunitense dall'influenza globalista.

Questo ha aperto la strada a quella che chiamo la Grande Riorganizzazione americana.


NORMALIZZAZIONE, MERCATI E TASSI

Non è un caso che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, abbia iniziato a rialzare i tassi nel 2022, dopo quattro anni dal suo mandato. Powell ha dovuto aspettare finché il SOFR non avesse sostituito il LIBOR come indice di riferimento statunitense, altrimenti gli interessi finanziari legati all'UE avrebbero potuto vanificare i suoi sforzi manipolando il LIBOR al ribasso. In altre parole il SOFR ha permesso a Powell di rompere i ranghi con il cartello globale delle banche centrali. Ovviamente i media finanziari non ne hanno parlato in questo modo e molti analisti finanziari non si rendono ancora conto di cosa stia succedendo.

Quello a cui stiamo assistendo è un tentativo di “normalizzare” il sistema finanziario statunitense e la politica dei tassi d'interesse è una parte importante di questa normalizzazione.

La FED ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base a settembre 2024 e secondo i media finanziari siamo tornati in piena corsa per tagli sempre più aggressivi. Infatti hanno affermato che la FED ha “cambiato rotta”. Non è affatto così. Powell ha dichiarato pubblicamente di volere che il tasso Fed Fund torni a essere “neutrale”. In altre parole, vuole che tali tassi siano determinati dal mercato, come consentito dal SOFR. È stato schietto e diretto a tal proposito fin da quando ha iniziato a rialzare i tassi dal 2022. Anche allora i media continuavano a dire che avrebbe “cambiato rotta”, ma non lo ha mai fatto. Se prendiamo Powell in parola, intende normalizzare i tassi d'interesse e ciò imporrebbe una massiccia riorganizzazione dell'economia americana.

Il fatto è che ogni aspetto dell'economia è stato “finanziarizzato” negli ultimi 50 anni: la società americana è stata rimodellata per favorire gli asset finanziari rispetto alla produzione di beni e servizi. Sebbene questo abbia rappresentato un grande vantaggio per Wall Street e il mercato azionario, ha anche svuotato la classe media americana e la piccola imprenditoria. Gli Stati Uniti sono risultati effettivamente in recessione per gran parte del decennio precedente, questo perché la politica monetaria allentata e la ZIRP svalutano tutto. Quando sono stati portati i tassi a zero e stampato migliaia di miliardi di dollari dal nulla, è stata incoraggiata la finanziarizzazione, la speculazione e gli sprechi.

Quello di cui sto parlando è una trasfigurazione della società americana: milioni di piccole attività commerciali nelle vie principali di tutta l'America sono state spazzate via. È così che sono spuntate fuori ville in periferia e auto di lusso che nessuno sa come riparare quando qualcosa va storto; è così che sono spuntati fuori centri commerciali e grandi magazzini ovunque e vie principali deserte; è così che sono spuntate fuori legioni di laureati in sociologia e studi sulla diversità e poche persone che sanno davvero come funziona qualcosa. Ma non dimentichiamocelo: c'è un tempo per ogni cosa e una stagione per ogni attività sotto il cielo.

Il SOFR che sostituisce il LIBOR e la rottura della FED con l'agenda globalista segnalano che è in corso una controrivoluzione americana e le briciole di pane iniziano ad allinearsi...


AFFRONTARE LO STATO PROFONDO

Questo significa, in sostanza, che l'era del denaro facile e dei tassi d'interesse artificialmente bassi sono alle nostre spalle. Ciò che è stato sostenuto da questi due meccanismi finirà con essi. E adesso ci spostiamo sul Congresso e sulla politica fiscale. Per decenni il Congresso degli Stati Uniti ha operato partendo dal presupposto di poter spendere denaro senza conseguenze. I tassi d'interesse a zero, favoriti da politiche monetarie ultra lassiste, hanno permesso deficit progressivamente crescenti senza ripercussioni immediate. Eravamo arrivati al punto in cui il Congresso sarebbe stato destinato ad aggiungere oltre $2.000 miliardi al debito nazionale ogni anno e questa era solo la punta dell'iceberg. Il livello di debito del governo degli Stati Uniti era diventato insostenibile. La spesa per interessi aveva superato i $1.100 miliardi nell'ultimo anno fiscale, rendendo il pagamento degli interessi la seconda voce nel bilancio federale. Per illustrare quanto fosse estrema questa situazione, diamo un'occhiata alle spese federali principali per l'anno fiscale 2024:

Previdenza sociale: $1.500 miliardi

Pagamento degli interessi: $1.100 miliardi

Medicare: $869 miliardi

Difesa: $826 miliardi

Il fatto che Elon Musk e Vivek Ramaswamy si siano uniti per formare il Dipartimento per l'Efficienza del Governo (DOGE) suggerisce che potenti figure abbiano capito la necessità di tagliare drasticamente la spesa federale ora, in modo da evitare una crisi del debito sovrano. Anche perché nei prossimi 4 anni arriveranno a scadenza circa $17.000 miliardi di debiti negli USA. Il team DOGE si è impegnato a pareggiare il bilancio tagliando quasi $2.000 miliardi in spesa federale. Ciò sta comportando l'eliminazione di ingenti somme di denaro dallo Stato sociale e una drastica riduzione del personale nel governo federale. Inutile dire che non mancano le resistenze. Inoltre il team DOGE sta intervenendo anche contro la regolamentazione, eliminando decine di norme e ingessando lo Stato amministrativo statunitense che opera come un governo ombra.

Questa è la lotta che sta impervesando e imperverserà per i prossimi anni: DOGE contro lo Stato profondo.

Il direttore dell'Office of Management and Budget, Russell Vought, ha articolato quello che ritengo un piano molto ben ponderato nella sua intervista con Tucker Carlson poco prima del Giorno del Ringraziamento. Mi è chiaro che comprendono il funzionamento interno del sistema e ciò che stanno affrontando: se non si ferma la spesa incontrollata del governo federale, ci sarà una crisi del debito sovrano entro i prossimi quattro anni. E poiché il dollaro e i titoli del Tesoro USA sono fondamentali per l'intero sistema finanziario globale, una crisi del genere porterebbe a qualcosa di ben peggiore di quanto visto nel 2008.

Inutile dire che la cricca di Davos consideri un tale evento come un'opportunità. I globalisti hanno già gettato le basi per il loro “Grande Reset” durante l'isteria del Covid, una crisi finanziaria globale di proporzioni epiche offrirebbe loro una finestra di caos attraverso la quale inaugurare il resto del loro programma.

La buona notizia per chi non vuole vivere sotto una grottesca forma di neofeudalesimo e tecnocomunismo è che l'America può ancora essere salvata.


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


👉 Qui il link alla Seconda Parte: 



giovedì 15 maggio 2025

Una nuova era: il sistema monetario coperto da ₿itcoin

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


da Tephra Digital

(Versione audio della traduzione diposnibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/una-nuova-era-il-sistema-monetario)

Dal crollo di Bretton Woods nel 1971, il dollaro ha funzionato come valuta puramente fiat. L'accordo sul petrodollaro del 1974 l'ha legato indirettamente al petrolio, rafforzandone la domanda globale. Oggi, con il crescente scetticismo nei confronti delle valute fiat e il crescente interesse per asset decentralizzati come Bitcoin, gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione un nuovo sistema monetario coperto da Bitcoin, un asset digitale, scarso e decentralizzato. Bitcoin offre di fatto un approccio più moderno, automatizzato e basato su software alle attività del sistema bancario centrale.

Questo articolo esplora la fattibilità di un sistema monetario basato su Bitcoin nel contesto di importanti sviluppi finanziari storici, nonché il percorso strategico per la sua implementazione.

La relazione si concluderà con una strategia applicabile, utile per i policymaker, le istituzioni finanziarie e gli investitori.

Luglio 1944 – Accordo di Bretton Woods: la Conferenza di Bretton Woods stabilì che il dollaro sarebbe diventato la principale valuta di riserva mondiale, coperto dall'oro. Con questo sistema esso era agganciato al metallo giallo a un tasso fisso di $35 l'oncia, mentre le altre principali valute erano agganciate al dollaro. Questo accordo creò un quadro monetario globale stabile, ancorato alla convertibilità del dollaro statunitense in oro, e gettò le basi per la crescita economica del secondo dopoguerra.

Agosto 1971 – Nixon chiude la finestra dell'oro (il “Nixon Shock”): il presidente Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro. Ciò segnò la transizione del dollaro da valuta coperta dall'oro a una valuta fiat, il cui valore era determinato da un decreto governativo anziché da un bene fisso e indipendente.

Ottobre 1973 – La crisi petrolifera e lo shock dei prezzi: in risposta al sostegno degli Stati Uniti e dell'Occidente a Israele, l'OPEC (guidato dall'Arabia Saudita) impose un embargo petrolifero agli Stati Uniti e a diverse nazioni occidentali. L'embargo portò a una grave carenza di petrolio, facendo quadruplicare i prezzi da circa $3 al barile a $12 al barile all'inizio del 1974. Questo improvviso aumento dei costi energetici innescò un'inflazione diffusa, una crisi economica e una crisi globale che portò alla stagflazione (inflazione elevata e disoccupazione elevata) nelle varie economie occidentali.

Giugno 1974 – Accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita sul petrodollaro: Stati Uniti e Arabia Saudita raggiunsero un accordo che gettò le basi per il sistema del petrodollaro, che in seguito si espanse fino a includere altri Paesi OPEC. L'istituzione del petrodollaro consolidò lo status del dollaro come principale valuta di riserva mondiale, poiché la domanda globale di dollari aumentò parallelamente alle transazioni petrolifere. Questo accordo sostenne anche la crescita della produzione petrolifera mondiale e ridusse la leva strategica dell'OPEC, fornendo al contempo agli Stati Uniti una fonte affidabile di investimenti esteri e di domanda di debito pubblico statunitense.

Ottobre 2008 – Pubblicazione del whitepaper di Bitcoin: sulla scia della crisi finanziaria globale e dei principali fallimenti bancari, un inventore anonimo noto come Satoshi Nakamoto pubblicò “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. Il documento descriveva una rete di transazioni che non richiedeva alcun tipo di intermediario tra istituzioni finanziarie terze o governative.

Marzo 2009 – La Federal Reserve lancia il quantitative easing (QE): in risposta alla crisi finanziaria del 2008, la Federal Reserve implementò il suo primo ciclo di quantitative easing (QE), acquistando titoli del Tesoro statunitensi e titoli garantiti da ipoteca per iniettare liquidità nel sistema finanziario. Questa politica monetaria senza precedenti ampliò il bilancio della FED e segnò l'inizio di un prolungato periodo di svalutazione del dollaro, alimentando un'inflazione sostenuta dei prezzi degli asset finanziari.

Dicembre 2012 – Il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti supera il 100%: per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti superò il 100%, segnalando un passaggio a una posizione di bilancio fortemente indebitata. Questo traguardo evidenziò la crescente dipendenza dalla spesa pubblica finanziata dal debito e sollevò preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine.

Aprile 2020 – La FED lancia un quantitative easing aggressivo durante la pandemia: per contrastare le ricadute economiche della pandemia, la Federal Reserve avviò un nuovo ciclo di QE aggressivo, espandendo ulteriormente il proprio bilancio con l'acquisto di titoli del Tesoro e titoli garantiti da ipoteca su scala maggiore. Questo aumento dell'offerta di moneta svalutò significativamente il dollaro e determinò un'impennata dei prezzi degli asset, aggravando ulteriormente la disuguaglianza di ricchezza.

Febbraio 2022 – Gli Stati Uniti congelano le riserve monetarie russe e trasformano il dollaro in un'arma: in risposta all'invasione russa dell'Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno imposto severe sanzioni finanziarie, congelando le riserve monetarie russe detenute presso le banche occidentali. Questa azione ha segnato una svolta nella diplomazia finanziaria globale, poiché ha trasformato il dollaro in un'arma e ha sollevato preoccupazioni tra le altre nazioni sui rischi legati al possesso di riserve denominate in dollari.

Marzo 2022 – Abbandono del dollaro nel commercio globale di petrolio: in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, diverse nazioni produttrici di petrolio hanno iniziato a stipulare accordi bilaterali con i loro partner commerciali per saldare le transazioni petrolifere in valute diverse dal dollaro. Ciò ha segnalato una potenziale erosione del sistema del petrodollaro, poiché i Paesi cercavano alternative per ridurre la dipendenza dal dollaro nel commercio globale.

Giugno 2023 – Sospensione del tetto del debito pubblico statunitense: il Congresso ha eliminato il tetto del debito pubblico, rimuovendo il limite legale all'indebitamento del governo federale. Questa decisione ha di fatto consentito un indebitamento illimitato, sollevando preoccupazioni circa una politica fiscale incontrollata e la potenziale accelerazione della crescita del debito pubblico statunitense, esercitando ulteriore pressione sulla stabilità del dollaro.

Gennaio 2024 – Approvato l'ETF su Bitcoin: la SEC ha approvato il primo ETF spot su Bitcoin, aprendo la strada a un più ampio spettro di investimenti, sia al dettaglio che istituzionali. Questo traguardo ha legittimato Bitcoin e l'ETF ha facilitato l'accesso agli investitori, generando un aumento della domanda e significativi afflussi di capitali.

Luglio 2024 – Trump definisce Bitcoin “il nuovo petrolio”: in una conversazione privata trapelata poi ai media (ma non ripresa in quelli generalisti), l'ex-presidente Donald Trump ha descritto Bitcoin come “il nuovo petrolio”, segnalando un potenziale cambiamento nella linea di politica statunitense nei confronti degli asset digitali. La dichiarazione suggeriva un riconoscimento del ruolo di Bitcoin come asset strategico nel sistema finanziario globale.

5 novembre 2024 – Donald Trump vince le elezioni presidenziali statunitensi: con una vittoria elettorale decisiva e schiacciante, Donald Trump viene rieletto Presidente degli Stati Uniti, con i Repubblicani che prendono il controllo sia della Camera che del Senato. L'esito delle elezioni segna una svolta per la politica statunitense in materia di asset digitali e la fine di un'ostilità normativa senza freni. L'amministrazione Trump si impegna a garantire chiarezza normativa, politiche fiscali favorevoli, l'istituzione di una Riserva Strategica di Bitcoin e un quadro normativo che supporti l'adozione diffusa di asset digitali da parte di individui, istituzioni, aziende, fondi pensione e governi.

8 novembre 2024 – Prima transazione di petrolio greggio in Medio Oriente con Tether Trade Finance: Tether, la più grande società di stablecoin al mondo, ha utilizzato la sua piattaforma di trade finance per completare il primo finanziamento di una transazione di petrolio greggio in Medio Oriente, saldato in USDT. Questa operazione rivoluzionaria sembra annunciare un importante cambiamento nella finanza commerciale globale, evidenziando l'adozione delle stablecoin come meccanismo di saldo alternativo per le principali transazioni su materie prime al di fuori del sistema bancario tradizionale.


Il futuro e le ragioni per un sistema monetario statunitense basato su Bitcoin

Con il sistema del petrodollaro, gli Stati Uniti hanno di fatto permesso al prezzo del petrolio di aumentare (in dollari), il che ha innalzato la produzione globale di petrolio e mitigato la minaccia strategica rappresentata dall'OPEC. Creando un'ampia classe di asset denominata in dollari (petrolio), gli Stati Uniti hanno anche istituito un meccanismo per sostenere il predominio del dollaro all'estero e finanziare i crescenti deficit interni. I proventi petroliferi in eccesso dei Paesi OPEC sono stati riciclati nei titoli del Tesoro statunitensi, rafforzando la domanda di dollari e conferendo agli Stati Uniti un enorme potere economico a livello globale.

A livello nazionale, questo sistema ha consentito ai politici di ricorrere a indebitamenti e spese ingenti, portando il debito statunitense dal 36% del PIL nel 1971 a circa il 125% di oggi, una traiettoria che ora rappresenta una seria sfida per gli Stati Uniti in quanto superpotenza finanziaria, nonché per la sua sicurezza energetica e nazionale.

Anche con un valore di mercato di circa $2.000 miliardi e con un volume medio giornaliero di scambi di oltre $20 miliardi, Bitcoin non è ancora abbastanza grande da sostituire il petrodollaro come spina dorsale del sistema monetario statunitense. Tuttavia un aumento significativo del prezzo di Bitcoin potrebbe innescare un nuovo paradigma.

Prezzi più elevati di Bitcoin determinerebbero probabilmente una crescita sostanziale nell'emissione di stablecoin coperte dal dollaro (a causa del maggiore valore di mercato totale di questa classe di asset e man mano che gli effetti di rete di Bitcoin e delle transazioni di asset digitali prendono piede).

A sua volta l'emissione di stablecoin stimolerebbe direttamente la domanda di buoni del Tesoro statunitensi, spostando di fatto il sostegno dei deficit degli Stati Uniti dal petrolio a Bitcoin.

Ciò consentirebbe agli Stati Uniti di mantenere il loro predominio monetario, indebolendo al contempo il potere strategico dei Paesi BRICS, che si sono rivolti all'oro nel tentativo di sfidare e aggirare il sistema del dollaro.

Diversi sviluppi recenti indicano che i lavori preparatori per questa transizione potrebbero essere già in corso.

Il quadro che segue è una panoramica preliminare dei possibili passi verso un sistema monetario basato su Bitcoin.

L'integrazione di Bitcoin nel sistema finanziario statunitense divisa in 21 fasi:


Calcolo della proprietà di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti

Se vogliamo prendere in considerazione la transizione verso un sistema monetario basato su Bitcoin, la massa monetaria M2 fornisce la misura più completa della liquidità in dollari nell'economia. M2 include non solo contanti e depositi nei conti correnti (definiti collettivamente come M1), ma anche conti di risparmio, fondi del mercato monetario e altri asset quasi monetari.

Questa misura più ampia cattura l'intera portata delle attività denominate in dollari che circolano e accumulano valore all'interno dell'economia statunitense.

Presupposti chiave:

• Attuale massa monetaria M2 degli Stati Uniti: $22.000 miliardi;

• Offerta di moneta M2 prevista negli Stati Uniti nel 2045: $79.000 miliardi (applicando il CAGR del 6,7% dal 2000 al 2024);

• Obiettivo previsto per il prezzo di Bitcoin nel 2045: $13 milioni (secondo il modello Bitcoin24 di Michael Saylor)

• Investimento di capitale oggi: finanziato attraverso la monetizzazione parziale delle riserve ufficiali di oro degli Stati Uniti (8.133 tonnellate con un valore di mercato attuale di $764 miliardi, per semplificazione si presume un prezzo costante dell'oro);

• Offerta di Bitcoin completamente diluita: 21 milioni;

Aggiustamento dell'offerta teorica rispetto a quella effettiva: si stima che dai 3 ai 4 milioni di Bitcoin potrebbero essere persi o irrecuperabili, portando l'offerta effettiva a circa 17-18 milioni. Tuttavia, per semplicità e per mantenere una stima conservativa, si utilizza l'offerta massima di 21 milioni.

Di seguito è riportata una tabella che mostra la quantità di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti per diversi livelli di supporto entro il 2045:

Nota: l'analisi ha solo scopo illustrativo; i dati di mercato sono aggiornati al 26/02/2025 e provengono da fonti accessibili al pubblico.


Analisi dello scenario in cui c'è una copertura in Bitcoin

Panoramiche degli scenari:

1) 25% di copertura

• Questo livello di copertura da parte degli Stati Uniti potrebbe fungere da riserva parziale, simile al ruolo che svolgeva l'oro all'inizio del XX secolo.

2) 50% di copertura

• Un livello di copertura al 50% implica una dipendenza molto più marcata nei confronti di Bitcoin all'interno del sistema monetario statunitense. Aumentare l'allocazione di Bitcoin non solo accelera la sua adozione globale e ne rafforza la credibilità come asset di riserva, ma fornisce anche una copertura significativa contro l'aumento del debito statunitense. Con proiezioni che suggeriscono che il debito nazionale potrebbe raggiungere circa $115.000 miliardi entro il 2045 (in base a estrapolazioni), un livello di copertura al 50% potrebbe potenzialmente compensare fino al 34% di tale onere.

3) 100% di copertura

• La copertura completa rappresenterebbe uno standard Bitcoin, in cui l'intera massa monetaria M2 degli Stati Uniti sarebbe coperta da Bitcoin.

• Una copertura completa in Bitcoin funge da scudo contro la svalutazione della valuta fiat e gli errori di politica delle banche centrali, rende il dollaro un asset puramente monetario e riduce il debito netto rispetto al PIL a meno del 100%, riducendolo di quasi il 70% in termini assoluti.

Un sistema basato su Bitcoin sfrutterebbe le sue caratteristiche superiori, un asset più duro e scarso dell'oro, posizionando gli Stati Uniti come pionieri nell'adozione di un asset di riserva sovranazionale, indipendente e digitale. Il concetto di transizione verso un nuovo sistema monetario statunitense coperto da Bitcoin come garanzia è ambizioso e trasformativo. Rappresenta un profondo cambiamento dall'attuale modello basato su valuta fiat e finanziato dal debito verso un asset digitale, decentralizzato e scarso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.