Bibliografia

martedì 4 novembre 2025

Il principio di precauzione europeo sta suicidando il continente

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La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto ptobabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Mohamed Moutii

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-principio-di-precauzione-europeo)

Qualche secolo fa l'Europa era il cuore pulsante dell'innovazione mondiale. Dall'adozione della ragione da parte dell'Illuminismo al potere trasformativo della Rivoluzione industriale, è stata un centro di pensatori, inventori e imprenditori audaci che hanno sfidato i propri limiti.

Oggi quello spirito è svanito. L'Europa non è più all'avanguardia nell'innovazione tecnologica, non per mancanza di talenti o di esplorazione scientifica, ma a causa di un problema più profondo: un contesto normativo eccessivamente restrittivo. Mentre gli Stati Uniti progrediscono rapidamente nell'intelligenza artificiale, nelle biotecnologie e nello spazio, e la Cina investe massicciamente nella tecnologia avanzata, l'Europa rimane invischiata nella burocrazia, nell'avversione al rischio e in una rigida applicazione del principio di precauzione, che privilegia il controllo sulla creatività e la cautela sul progresso.


La crisi dell'innovazione in Europa

Negli ultimi due decenni l'Europa ha cambiato il suo carattere, passando da culla di rivoluzioni industriali e scoperte scientifiche a superpotenza normativa mondiale. Il cosiddetto Effetto Bruxelles – la capacità dell'Europa di plasmare gli standard globali attraverso il suo potere normativo – ha conferito all'UE influenza, ma in patria ha soffocato proprio l'innovazione che un tempo promuoveva.

Al centro di questo approccio c'è il principio di precauzione, ovvero l'idea che le nuove tecnologie debbano essere dimostrate completamente sicure prima dell'uso. Sebbene tal principio possa essere mosso da buone intenzioni, spesso blocca il progresso. L'innovazione viene vista come una minaccia e gli imprenditori si trovano ad affrontare l'onere quasi impossibile di dimostrare un rischio zero. Invece di gestire il rischio, le autorità di regolamentazione europee ne chiedono la totale eliminazione, bloccando la sperimentazione prima ancora che inizi.

A differenza degli Stati Uniti, dove prevale una cultura di innovazione senza autorizzazioni, gli innovatori sono generalmente liberi di sperimentare, a meno che non causino danni evidenti. Questa differenza di mentalità spiega perché gli Stati Uniti sono leader nell'intelligenza artificiale, nelle biotecnologie, nell'informatica quantistica e nella tecnologia spaziale, mentre l'Europa sta perdendo terreno (nella migliore delle ipotesi).

Prendiamo ad esempio l'AI Act dell'UE del 2024. Pur elogiato per i suoi obiettivi etici, il provvedimento impone rigide classificazioni dei rischi e costi di conformità elevati che solo le grandi aziende possono gestire. Le startup, prive di team legali e di capitali, vengono lasciate indietro. Di conseguenza l'Europa registra un calo delle startup incentrate sull'intelligenza artificiale, una riduzione dell'innovazione e un esodo di talenti verso Stati Uniti e Cina, dove un terzo degli esperti nelle università americane proviene proprio dall'Europa. E quando si tratta di guidare lo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale, il divario è ancora più ampio. Nel 2022 il 54% dei creatori di importanti modelli di intelligenza artificiale era americano, mentre la Germania, il Paese con le migliori performance in Europa, ne aveva solo il 3%.

Questo non si limita all'intelligenza artificiale. Nel campo delle biotecnologie il processo di approvazione europeo per gli organismi geneticamente modificati è tra i più lenti e restrittivi al mondo. Le tecnologie energetiche sperimentali sono impantanate nella burocrazia. Alle startup in settori ad alto rischio e alto rendimento viene regolarmente negato il capitale, non solo per la cautela degli investitori, ma perché un sistema finanziario iper-regolamentato è condizionato a evitare qualsiasi situazione di incertezza. Le rigide leggi sul lavoro aggiungono ulteriori attriti: le assunzioni sono poco flessibili, i licenziamenti costosi e l'adattamento diventa difficile.


L'esodo dell'innovazione dall'Europa

L'impatto cumulativo dell'eccesso di regolamentazione europea è sempre più difficile da ignorare: talenti, capitali e innovazione stanno costantemente defluendo dal continente. L'Europa è diventata un luogo in cui le idee nascono, ma raramente vengono sviluppate su larga scala. Quasi un terzo delle startup europee che raggiungono la maturazione alla fine si trasferisce all'estero, il più delle volte negli Stati Uniti, alla ricerca di ecosistemi più favorevoli e di un più facile accesso al capitale.

I numeri sottolineano l'entità del problema. Gli Stati Uniti dominano il panorama globale, ospitando oltre il 55% di tutte le startup giunte a maturazione e il 75% della loro valutazione totale. Al contrario l'UE ne ospita meno del 10% e solo il 3% del valore globale. Una delle ragioni principali è la disparità nel capitale di rischio: gli investimenti in venture capital europei sono scesi da $100 miliardi nel 2021 a soli $45 miliardi nel 2023, mentre le startup statunitensi hanno raccolto $170 miliardi. In percentuale del PIL, il capitale di rischio statunitense ha raggiunto lo 0,21% nel 2023, cinque volte superiore allo 0,04% dell'UE.

Nel deep tech il divario è impressionante. Sette delle prime dieci aziende di calcolo quantistico sono americane e nessuna ha sede in Europa. Nell'intelligenza artificiale oltre l'80% degli investimenti globali è destinato ad aziende negli Stati Uniti e in Cina, mentre l'Europa ne riceve solo il 7%. Questo divario di investimenti è aggravato dalla minore spesa in ricerca e sviluppo. L'Europa investe solo il 2,2% del suo PIL in ricerca e sviluppo, rispetto al 3,4% degli Stati Uniti e al 5% della Corea del Sud.

I segnali d'allarme sono belli chiari.

Dal 2015 la crescita della produttività in Europa è stata in media solo dello 0,7% annuo, meno della metà del tasso statunitense e appena un nono di quello cinese. Nel 1995 la produttività di Stati Uniti e UE era pressoché pari; oggi l'Europa è in ritardo di quasi il 20%, un divario che minaccia la sua competitività e la sua crescita economica a lungo termine.

L'Europa sta esaurendo il suo tempo. Con una popolazione che invecchia e una forza lavoro in calo, non può permettersi di adagiarsi sugli allori del passato. Senza una coraggiosa riforma strutturale, il continente rischia di trasformarsi in un museo di glorie passate anziché in una fabbrica di innovazioni future.

Ma il declino non è destino. L'Europa può ancora riconquistare il suo vantaggio innovativo, se è disposta ad abbandonare l'iper-regolamentazione e ad abbracciare una nuova era di libertà economica e dinamismo di mercato. Ciò significa accettare rischi e incertezza, dare libero sfogo all'innovazione senza autorizzazioni, ampliare l'accesso al capitale di rischio e riformare le rigide leggi sul lavoro e sulla bancarotta che soffocano l'ambizione imprenditoriale.

Gli Stati Uniti sono leader perché premiano le idee audaci e tollerano gli insuccessi. La cultura europea, al contrario, penalizza il rischio e allontana i talenti. La soluzione non è un controllo più rigido, ma una maggiore libertà.

Come spiegò il celebre Milton Friedman:

Le grandi conquiste della civiltà non sono venute dagli enti governativi, ma da individui che perseguivano i propri interessi. Ovunque le folle siano sfuggite alla povertà estrema, è stato grazie al capitalismo e, in larga parte, al libero scambio. La storia dimostra chiaramente che non esiste modo migliore per ottimizzare la sorte delle persone comuni dell'energia produttiva sprigionata dal sistema della libera impresa.

Finché l'Europa non imparerà ad avere fiducia nei suoi innovatori e imprenditori, rimarrà ai margini della corsa all'innovazione globale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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