Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-declino-economico-della-cina-e)
Pochi sono così schietti e storicamente accurati come il gestore di hedge fund, Kyle Bass, nell'identificare le rotture strutturali dell'economia mondiale. In una recente intervista Bass ha dipinto un quadro fosco, ma eloquente, della situazione economica della Cina:
Stiamo assistendo ai più grandi squilibri macroeconomici che il mondo abbia mai visto e tutti questi squilibri stanno raggiungendo il culmine in Cina.
Sebbene la Cina sia stata a lungo considerata la prossima grande superpotenza economica, la sua recente traiettoria rivela una storia ben diversa, segnata da passi falsi politici, da un marciume finanziario sistemico e da un motore di crescita in rapida erosione.
Anche Bass non ha usato mezzi termini:
L'economia cinese sta precipitando senza freni.
Il deflatore del PIL cinese, la misura più ampia dei prezzi di beni e servizi, continua a scendere mentre l'attività economica va via via scemando.
Per gli investitori di tutto il mondo questa non è solo una preoccupazione regionale; è un evento macroeconomico sismico che avrà ripercussioni sui mercati dei capitali. Le implicazioni sono significative per gli investitori statunitensi, perché quando le economie globali vacillano, soprattutto in una grande e interconnessa come quella cinese, i capitali non solo svaniscono ma si spostano. Questo movimento avrà un impatto significativo sugli asset statunitensi, poiché i flussi si trasferiranno nuovamente in dollari e titoli del Tesoro americani. Questo riposizionamento globale dei capitali non è solo un sintomo di volatilità; riflette una profonda rivalutazione del rischio di fronte al deterioramento della fiducia nel sistema finanziario cinese.
La storia della Cina
Dobbiamo esaminare cosa sta succedendo in Cina per capire perché è importante. Bass ha sottolineato che il nocciolo della questione risiede nel settore immobiliare, il quale rappresenta circa il 30% del PIL cinese. Questa enorme quota dell'attività economica è sottoposta a forti pressioni, con costruttori immobiliari inadempienti, volumi di vendita in calo e prezzi delle case in calo nelle principali città. Tuttavia questo non dovrebbe sorprendere, poiché, dopo la crisi finanziaria, abbiamo scritto più volte della massiccia costruzione di “città fantasma” che erano responsabili della crescita della Cina all'epoca. Tuttavia l'effetto “frusta” di quella massiccia costruzione era inevitabile.
«Si trovano seduti su 60-70 milioni di case vuote. È uno schema Ponzi che sta finalmente crollando.»
~ Kyle Bass
Questa particolare bolla immobiliare, di dimensioni senza precedenti, sta scoppiando. Ciò crea pressioni deflazionistiche e mina il valore delle garanzie a supporto di ampie porzioni del sistema bancario ombra cinese.
Ad aggravare le cose c'è il rifiuto del Partito Comunista Cinese di attuare riforme che porterebbero maggiore trasparenza, disciplina del capitale e correzioni basate sul mercato. Invece di consentire ai mercati di stabilizzarsi, Pechino sta optando per il controllo attraverso restrizioni sui capitali, interventi statali e una maggiore sorveglianza dell'attività finanziaria.
«La Cina sta attraversando una crisi bancaria al rallentatore e il capitale sta facendo tutto il possibile per uscirne.»
~ Kyle Bass
Questa fuga di capitali è inevitabile e, come già detto, avrà un impatto significativo sull'economia e sui mercati finanziari degli Stati Uniti.
Capitale in cerca di un porto sicuro
Questo esodo di capitali nazionali ed esteri rimodellerà il panorama macroeconomico globale. Di recente abbiamo discusso di come la narrazione della “morte del dollaro” fosse ampiamente esagerata. Sebbene l'articolo approfondisca ulteriormente, ci sono cinque ragioni principali per cui il dollaro rimarrà la valuta di riserva mondiale:
- Mancanza di una valuta alternativa valida;
- Forza dell'economia statunitense;
- Effetti di rete e inerzia finanziaria globale;
- Portata limitata degli sforzi di de-dollarizzazione;
- Resilienza di fronte ai cambiamenti politici.
Ma la cosa più importante è che il dollaro domina la composizione delle transazioni monetarie mondiali.
Il crollo economico della Cina non fa che intensificare la dipendenza del mondo dal dollaro per gli scambi commerciali e per l'accumulo di riserve di asset a sostegno di tali scambi.
In tempi di crisi gli investitori non cercano rendimento, cercano sicurezza. Nonostante gli Stati Uniti continuino a gestire squilibri fiscali e a mantenere elevati livelli di debito, il dollaro e i titoli del Tesoro americani rimangono i principali beni rifugio al mondo. Non esiste un'alternativa con la stessa profondità, liquidità e sicurezza percepita.
Il dollaro è destinato a salire
Con la fuga dei capitali dalla Cina e da altri mercati più rischiosi, il dollaro si rafforza. Non si tratta solo di un concetto teorico; è un andamento osservabile in ogni grande crisi degli ultimi decenni. La crisi finanziaria globale, la crisi del debito dell'Eurozona, la pandemia di COVID-19 e il conflitto tra Russia e Ucraina hanno tutti innescato un forte rialzo del dollaro, in quanto gli investitori cercavano la stabilità percepita del sistema finanziario statunitense.
Il meccanismo è semplice. Quando i capitali globali confluiscono nei dollari, spesso lo fanno direttamente nei titoli del Tesoro statunitensi. Questi ultimi rimangono il mercato del debito sovrano più profondo e liquido al mondo. Come discusso nell'articolo citato in precedenza, le banche centrali del resto del mondo stanno tagliando i tassi a uno dei ritmi più rapidi mai registrati:
La BCE ha tagliato i tassi in modo aggressivo, otto volte nell'ultimo ciclo, mentre la Federal Reserve è rimasta pressoché ferma. Il risultato è una divergenza che si sta sviluppando tra i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi e, ad esempio, quelli dei Bund tedeschi.
È fondamentale capire perché questo sia così importante per gli investitori.
- I rendimenti più elevati attraggono afflussi di capitali;
- I titoli del Tesoro americani restano il deposito preferito di riserve estere;
- I differenziali di rendimento determinano l'apprezzamento del dollaro.
In altre parole, all'aumentare della domanda dei titoli del Tesoro, i prezzi delle obbligazioni salgono e i rendimenti diminuiscono. Anche quando gli Stati Uniti registrano deficit record ed emettono ingenti quantità di nuovo debito per finanziare la spesa pubblica, la domanda estera può compensare la pressione al ribasso che questa offerta potrebbe altrimenti esercitare sui prezzi.
In un contesto globale stabile, ci si aspetterebbe che l'aumento delle emissioni di titoli del Tesoro spingesse i rendimenti al rialzo. Ma in un mondo in cui la seconda economia più grande è in declino e la fiducia nel suo sistema finanziario sta svanendo, i titoli del Tesoro americani trovano acquirenti non perché offrono rendimenti elevati, ma perché forniscono un ritorno garantito sul capitale. Questa distinzione è fondamentale. Gli investitori non allocano il capitale per la crescita, ma lo riallocano per la conservazione. Questo cambiamento comportamentale ha enormi implicazioni per i mercati.
L'impatto deflazionistico della Cina sugli Stati Uniti
Ha anche conseguenze per l'economia statunitense. Gli Stati Uniti hanno beneficiato enormemente dell'ascesa della Cina negli ultimi 20 anni. Durante tal periodo, gli Stati Uniti, attraverso le loro aziende, hanno potuto “esportare inflazione” e “importare deflazione” grazie alla manodopera a basso costo, alla crescente classe media cinese e alla vorace domanda di materie prime e beni cinesi. Dai macchinari industriali ai marchi di consumo di fascia alta, la Cina è stata un affidabile acquirente marginale per le esportazioni statunitensi e un partner produttivo per le catene di approvvigionamento statunitensi. Con l'indebolimento di questo motore, gli utili delle multinazionali statunitensi saranno sempre più sotto pressione.
Una Cina strutturalmente indebolita si traduce in un calo del commercio globale, una minore domanda di beni e servizi statunitensi e un rallentamento dei flussi di investimento da parte delle multinazionali. L'effetto domino sarà una minore crescita del PIL nominale negli Stati Uniti, anche se i consumi interni rimarranno resilienti. Di conseguenza i mercati inizieranno a scontare un tasso di crescita terminale inferiore per l'economia statunitense, in particolare nei settori esposti alla domanda internazionale.
Inoltre la discesa della Cina in deflazione potrebbe esportare pressioni disinflazionistiche a livello globale. Questo rischio probabilmente aumenterà le probabilità che la FED possa commettere un “errore transitorio”.
Questo legame tra economia e inflazione è evidente dall'Indice Composito Economico, che comprende quasi 100 dati hard e soft. Dopo il picco dell'attività economica post-pandemia, la crescita economica continua a scemare. Dato che l'inflazione è funzione esclusivamente della domanda e dell'offerta economica, non sorprende che continui a rallentare.
Considerando che gli Stati Uniti importano deflazione dalla Cina, il rischio di un impatto disinflazionistico più marcato da parte della Cina sugli Stati Uniti diventerà evidente nei dati economici. Come ha osservato lo stesso Bass:
Non si tratta solo di una recessione ciclica. Si tratta di un passaggio permanente verso una crescita reale pari a zero o negativa.
Questa valutazione ha profonde conseguenze per la Cina e per il modo in cui i decisori politici e gli investitori concepiscono la crescita globale nel prossimo decennio.
Conclusione
In questo contesto i tradizionali driver delle performance di mercato, della crescita degli utili, dell'aumento della produttività e degli investimenti di capitale passeranno in secondo piano rispetto alla stabilità macroeconomica e alla gestione del rischio. Gli investitori dovrebbero spostare la loro analisi da “Dove posso far crescere il mio capitale?” a “Dove posso proteggerlo?”.
Per ora la risposta è il mercato dei titoli del Tesoro statunitensi. Nonostante i deficit fiscali e l'impasse politica, il capitale preferisce gli Stati Uniti a qualsiasi altra alternativa. Questo dovrebbe dirci qualcosa.
Come abbiamo già scritto molte volte:
Al capitale non interessa l'ideologia: interessa la fiducia, la liquidità e lo stato di diritto.
Quando la fiducia in una potenza economica importante come la Cina svanisce, i flussi di capitali che ne derivano non camminano, ma corrono.
Gli investitori farebbero bene a prestare attenzione. Il cambiamento in atto non è temporaneo, riflette un profondo riassetto della leadership economica globale e della tolleranza al rischio. Sebbene gli Stati Uniti si trovino ad affrontare numerose sfide strutturali, per ora restano la camicia più pulita in un mucchio di panni sporchi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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