Bibliografia

giovedì 27 novembre 2025

Perché Bitcoin ha valore?

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “La rivoluzione di Satoshi”: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK 

La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Preston Art

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-bitcoin-ha-valore?)

L'ascesa delle crittovalute ha generato una serie di opinioni contrastanti sull'argomento. Mentre alcuni hanno una visione positiva, altri le vedono come un'innovazione pericolosa e instabile. Le opinioni di questi scettici sono in gran parte influenzate da idee sbagliate. Non riescono ad apprezzare la loro vera natura, in particolare di Bitcoin, e il cambiamento positivo che apporterà.

Thomas Jeegers, esperto di crittovalute, ha affrontato questi preconcetti attraverso un'analisi approfondita dei fondamentali di Bitcoin, la crittovaluta più popolare e di valore. Autore di Understanding Crypto Fundamentals, ha conseguito due master in economia, un MBA presso l'INSEAD e diverse certificazioni finanziarie avanzate, tra cui Chartered Financial Analyst (CFA), Financial Risk Manager (FRM) e certificazioni in tecnologie blockchain.


Bitcoin: una valuta decentralizzata 

Alla luce dell'incredibile crescita di Bitcoin, Jeegers ha suggerito di fare un passo indietro e di considerare il motivo per cui ha valore. Oltre a fungere da investimento, Bitcoin ha un grande valore come moneta. Possiede molte caratteristiche positive che lo distinguono dalle valute fiat. Ad esempio, Bitcoin consente “transazioni peer-to-peer”, in cui il valore si muove “digitalmente senza richiedere una terza parte di fiducia”, come una banca o uno stato. Questa decentralizzazione libera Bitcoin da vari interessi politici e dalla censura.

La natura decentralizzata di Bitcoin gli consente di fungere da “asset ESG” che può essere utilizzato per apportare benefici positivi all'ambiente, alla società e alle strutture di governance. Ad esempio, Jeegers ha citato l'uso di Bitcoin nell'Afghanistan occupato dai talebani per indebolire i tentativi del governo di sopprimere l'istruzione per le ragazze. Nel finanziare iniziative a sostegno dell'istruzione femminile, gli attivisti non possono effettuare transazioni utilizzando valute tradizionali, poiché esse sono tracciate e censurate. Bitcoin consente agli attivisti di finanziare programmi positivi senza le restrizioni dei talebani. Bitcoin libera “le mani dello stato dalla sua presa sul denaro”, incentivando transazioni volontarie libere da coercizioni centrali.


Scarsità dura e stabile

Jeegers ha identificato Bitcoin sia come una rete che come un asset. Come rete Bitcoin è “disponibile a tutti senza barriere all'ingresso”. È una “infrastruttura di pagamento pubblica” che consente a chiunque nel mondo di effettuare transazioni di valore, indipendentemente da ricchezza o status. Come asset monetario “senza una banca centrale a supporto”, offre una scarsità unica e assoluta. Le valute fiat, come il dollaro e l'euro, possiedono solo una scarsità artificiale, poiché una potenza centrale mantiene la loro relativa scarsità. Quest'ultima può essere ridotta da una potenza centrale che ne aumenta l'offerta. Bitcoin, invece, ha una scarsità naturale poiché nessuna potenza può manipolarne l'offerta. Come l'oro, fare mining di bitcoin richiede molto tempo ed energia da parte degli imprenditori privati, pertanto esso ha un'offerta più stabile e prevedibile rispetto a qualsiasi valuta fiat, la cui offerta può variare a seconda del capriccio delle banche centrali o dei governi.

Per valutare Bitcoin, Jeegers ha proposto il modello Stock-to-Flow (S2F), il quale valuta la scarsità di una commodity. Dividendo la quantità totale attuale di una commodity per la quantità introdotta ogni anno, il modello S2F calcola il numero di anni necessari affinché l'offerta raddoppi, supponendo che il tasso di creazione rimanga costante. L'oro ha un tasso S2F di circa 60 anni, il che implica un elevato livello di scarsità. Nel corso della storia l'oro è sempre stato di gran lunga l'asset con il più alto livello di scarsità (secondo il modello S2F). Jeegers ha dimostrato che il rapporto S2F di Bitcoin negli ultimi 12 mesi è quasi identico a quello del metallo giallo, a “59,93”. Inoltre il flusso in entrata di nuovi bitcoin è stato dimezzato dal cosiddetto halving, portando a oggi il rapporto S2F a “120,86”. Questo rende Bitcoin due volte più scarso dell'oro. Per la prima volta nella storia dell'umanità, l'oro non è più la merce più rara esistente al mondo.


Efficienza energetica 

Bitcoin è noto per essere “ad alto consumo energetico”, poiché richiede molta energia per il mining. Sebbene questo possa a prima vista preoccupare molti scettici, la realtà del consumo energetico di Bitcoin dovrebbe essere analizzata più nel dettaglio. Infatti l'energia utilizzata per il mining di Bitcoin è eccezionalmente economica, ovvero energia che non può essere utilizzata per altri scopi, energia inutilizzata che altrimenti andrebbe persa. Solo un'energia così economica ha senso per il mining di Bitcoin, perché un miner farebbe meglio a trovare un uso alternativo per quell'energia (vendendola a un prezzo più alto), se fosse possibile. Pertanto per il mining di Bitcoin viene utilizzata solo energia altrimenti inutilizzabile. Tale energia si trova, ad esempio, nelle rinnovabili (es. centrali idroelettriche o eoliche) di notte, quando non c'è domanda sulla rete elettrica, ma l'impianto continua a produrre elettricità. Di notte queste centrali continuano a produrre elettricità, il che significa che i proprietari devono pagare per smaltire tale energia. Facendo mining quando non c'è domanda sulla rete elettrica, esse diventano redditizie 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L'esistenza del mining di Bitcoin offre quindi un'opportunità unica per monetizzare l'energia inutilizzata. Questa opportunità rappresenta un forte incentivo per la produzione di più centrali elettriche rinnovabili e, di conseguenza, per il miglioramento del mix elettrico utilizzato in tutto il mondo. Spiega perché la stragrande maggioranza dell'energia utilizzata per il mining di Bitcoin proviene da fonti rinnovabili (molto più che in qualsiasi altro grande Paese al mondo) e perché questa tendenza continua a migliorare. In conclusione, non solo Bitcoin NON spreca energia, ma è in realtà la migliore tecnologia disponibile oggi per incentivare lo sviluppo e l'utilizzo di infrastrutture rinnovabili. Chiunque abbia a cuore l'ambiente dovrebbe quindi essere un convinto sostenitore del mining di Bitcoin.


I trend storici indicano il futuro successo di Bitcoin?

Attraverso una curva a S, Jeegers ha dimostrato che tutte le innovazioni, come il cellulare o Internet, impiegano all'incirca lo stesso tempo per passare dallo 0% al 10% di adozione rispetto a quelle che impiegano dal 10% al 90%. Bitcoin ha impiegato 13 anni, dal suo lancio nel 2009 al 2022, per raggiungere il 10% di adozione, pertanto questo modello suggerisce che Bitcoin raggiungerà il 90% di adozione entro il 2035!

Perché Bitcoin dovrebbe crescere tanto quanto altre innovazioni di successo, come i social media o Uber? Jeegers ha sostenuto che la Legge di Metcalfe aiuta a spiegare la crescita di queste piattaforme di successo, così come la futura crescita di Bitcoin. Questa Legge afferma che una rete, come un servizio telefonico, aumenta di valore man mano che più utenti si iscrivono. Il primo telefono in assoluto non aveva alcun valore perché non c'erano altri telefoni da chiamare. Con l'avvento di nuovi telefoni il servizio telefonico è cresciuto di valore perché c'erano più persone da chiamare. Lo stesso concetto si applica a Bitcoin: ha poco valore come valuta se poche persone lo accettano, tuttavia l'utilità di cui godono gli utenti esistenti e nuovi cresce esponenzialmente man mano che più persone lo accettano. Con l'aumentare del valore della rete Bitcoin, aumenta anche l'incentivo per i non utenti ad aderire.


Metodi di valutazione

Oltre alla presentazione di Jeegers, Hubertus Hofkirchner di Bitcredit ha ricavato una stima del valore di Bitcoin come mezzo di scambio dal rapporto base-to-credit riportato da Mises durante il periodo del gold standard, pari a uno a dieci.

Nel 2021 gli attivi delle banche centrali del mondo ammontavano a $44.000 miliardi. Applicando il rapporto di Mises a quel totale, Hofkirchner ha calcolato un fabbisogno totale di base monetaria di $4.400 miliardi, ovvero il 10% del valore precedente. Ipotizzando che Bitcoin possa diventare il mezzo di scambio globale a tale rapporto, Hofkirchner calcola che Bitcoin debba essere valutato approssimativamente a $210.000 per unità, più di tre volte il prezzo al momento della stesura di questo articolo, ma ben al di sotto di alcune delle valutazioni più esorbitanti nella comunità. Ciò si traduce in una probabilità del 33% che Bitcoin raggiunga questa impresa.

Hofkirchner ha poi confrontato questo dato con il valore delle riserve auree delle banche centrali, pari al 17% del valore totale di $17.500 miliardi a maggio 2024, che si tradurrebbe in un prezzo di Bitcoin di circa $150.000 per unità. Ciò implica una probabilità del 50% che Bitcoin diventi la futura moneta globale. Le riserve auree private potrebbero aumentare questa cifra, ma potrebbero essere detenute solo a causa di dubbi sulla stabilità del sistema monetario fiat e quindi non essere più rilevanti in un sistema Bitcoin. Tutte queste valutazioni riflettono la probabilità prevista che quest'ultimo diventi un mezzo di scambio globale.


Cosa succederà adesso?

Le caratteristiche positive e uniche di Bitcoin hanno indubbiamente accresciuto il suo potenziale come mezzo di scambio. Aziende come Coinbase e Crypto.com, che consentono agli utenti di pagare in crittovalute, stanno aprendo la strada al futuro di Bitcoin. Mentre le politiche governative continuano a indebolire il valore e la stabilità delle valute fiat, Bitcoin crescerà come una copertura contro queste inefficienze monetarie.

La crescita di Bitcoin come moneta porterà a un mercato più libero e stabile, ponendo l'economia nelle mani di produttori e consumatori piuttosto che in quelle dello stato. Non sorprende che governi e sistemi bancari centrali inizialmente temessero le crittovalute, poiché le privano del loro potere di manipolazione. Di fronte all'incapacità di fermare la crescita di Bitcoin, gli stati di tutto il mondo lo stanno progressivamente abbracciando (ad esempio, negli Stati Uniti) per trarre beneficio da questa innovazione trasformativa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 26 novembre 2025

Il mandato di Milei: l'Argentina punta di nuovo sull'austerità

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La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di John Phelan

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mandato-di-milei-largentina-punta)

Domenica 26 ottobre il partito del presidente argentino Javier Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto una grande vittoria alle elezioni di medio termine del Paese. Nella Camera dei Deputati ha ottenuto il 50,4% dei seggi disponibili con una maggioranza del 40,7%; nella Camera alta, il Senato, ha ottenuto tredici dei 27 seggi disponibili, con un guadagno netto di sei.

Molti dubitavano di un simile risultato un mese fa quando, secondo Polymarket, le probabilità del partito di vincere la maggior parte dei seggi erano scese al minimo del 52,5%, dall'89,5% del 19 agosto. L'Argentina era, allora, nella morsa di una delle sue perenni crisi economiche, con il pèso in calo e i rendimenti obbligazionari in aumento. Il tentativo di Milei di raddrizzare l'economia del Paese riportando in equilibrio il bilancio con profondi tagli alla spesa – che, come ha osservato Noah Smith a luglio, avevano eliminato il deficit di bilancio e ridotto l'inflazione da un tasso mensile del 25% al ​​2,4% – era in bilico.

La causa dell'ultima crisi economica argentina si è verificata il 7 settembre, quando, con la sorella di Milei coinvolta in uno scandalo di corruzione, La Libertad Avanza ha subito una pesante sconfitta elettorale per mano del partito di centro-sinistra Fuerza Patria. “I mercati sono andati nel panico”, ha riportato The Economist, “preoccupati che questo segnalasse la fine del sostegno popolare alle sue riforme e il potenziale ritorno dei perònisti spendaccioni. È iniziata una forte svendita di pesòs, mentre gli investitori hanno abbandonato i titoli di stato argentini”.

Sebbene l'Argentina non sia l'unica a risentire delle difficoltà fiscali derivanti dall'aumento dei rendimenti obbligazionari, oggigiorno sono pochi i Paesi che si preoccupano seriamente dei propri tassi di cambio, ma l'Argentina è diversa.


La necessità e il pericolo dei prestiti in valuta estera

La causa ultima della crisi argentina è la sua lunga storia di cattiva gestione fiscale e monetaria. Il Paese è stato inadempiente sul suo debito sovrano nove volte, tre delle quali negli ultimi due decenni, e ha subito ripetuti periodi di elevata inflazione. Di conseguenza nessuno presterà pesòs al suo governo a un tasso di interesse accessibile, perché potrebbe non essere rimborsato affatto (hard default), o essere rimborsato in una valuta che vale molto meno di quella del momento del prestito (soft default).

Quindi per prendere in prestito i pesòs necessari a finanziare le sue operazioni, il governo argentino prende prima in prestito dollari che poi converte in pesòs. Ma un governo che prende in prestito dollari deve essere in grado di rimborsarli, quindi, come fa un governo che prende in prestito in una valuta che non emette a ottenerla? Ha due modi.

La tassazione è il primo. Il governo argentino potrebbe imporre tasse alla sua popolazione pagabili in dollari, ma ciò non farebbe altro che trasferire il problema di reperire quei dollari dal governo ai contribuenti. Per farlo questi ultimi dovrebbero vendere agli Stati Uniti (o a chiunque altro sia disposto a effettuare transazioni con loro in dollari) più di quanto acquista da essi. In breve, l'Argentina dovrebbe registrare un surplus delle partite correnti, cosa che ha fatto solo raramente negli ultimi anni.

Il secondo è il prestito. In questo caso il governo argentino sta di fatto acquistando dollari con pesòs ed è per questo che il tasso di cambio – il prezzo in pèso del dollaro – è importante. Ad aprile 1.000 pèsos equivalevano a 93 centesimi; il 21 settembre equivalevano a soli 68. Il governo di Milei aveva bisogno di più pèsos per acquistare la stessa quantità di dollari e questo, come ha osservato The Economist, ha sollevato il familiare spettro della stampa di moneta e dell'inflazione, con la conseguente fuga dai pèsos e dal debito denominato in essi, come i titoli di stato argentini, oltre al deprezzamento della valuta e l'aumento dei rendimenti obbligazionari.


La follia dei tassi di cambio fissi

Per proteggersi da una situazione del genere, il governo argentino ha cercato di fissare il tasso di cambio, ma questo approccio ha dei limiti.

Se il pèso aumenta rispetto al dollaro, la banca centrale argentina, essendo colei che li emette, può stamparli in quantità illimitata, utilizzandoli per acquistare dollari, facendo così scendere il prezzo relativo dei pèsos e aumentare quello dei dollari.

La situazione è molto diversa quando il pèso è in calo rispetto al dollaro. In tal caso la banca centrale argentina deve abbassare il prezzo del dollaro rispetto al pèso vendendo dollari in cambio di pèsos, facendo così aumentare il prezzo relativo di questi ultimi. Ma la banca centrale argentina ha accesso solo a una certa quantità di dollari, quindi ci sono limiti a quanto può perseguire questa linea di politica. Questa è la grande asimmetria al centro di tassi di cambio fissi come quello argentino; come scoprirono gli inglesi nel 1992, è facile indebolire una valuta relativamente forte, ma non rafforzarne una relativamente debole.

Nel periodo precedente alle elezioni, l'Argentina ha prosciugato le sue riserve in dollari nel tentativo di difendere il cambio fisso del pèso. Quando ha esaurito le munizioni, è intervenuto il presidente Trump. Per quanto utile, affidarsi a lui non è una strategia macroeconomica a lungo termine.


Le prospettive per l'Argentina

Milei mira a tenere sotto controllo l'indebitamento dell'Argentina, in modo che sia meno vulnerabile alle oscillazioni del tasso di cambio. L'elettorato argentino gli ha espresso la sua fiducia. A differenza degli elettori di altri Paesi, potrebbero aver avvertito un livello di sofferenza economica tale da indurli a riconoscere la necessità della medicina di Milei.

Con questo mandato c'è ancora molto da fare. “Il problema principale è che l'Argentina ha uno stato sociale ipertrofico, date le dimensioni e il livello di sviluppo della sua economia, e un sistema fiscale e di trasferimenti sociali altamente distorto che lo finanzia”, ​​ha dichiarato l'economista politico Jean-Paul Faguet a Newsweek a settembre. “Riesce a rimanere stabile solo nei periodi di prosperità; una cattiva situazione economica a livello internazionale, o specifici shock internazionali, la sbilanciano e la mandano in crisi”. Le ultime elezioni sono state uno shock positivo, con il pèso e i prezzi delle obbligazioni in aumento e i rendimenti in calo. Finché persistono i problemi strutturali dell'Argentina, però, l'economia – e il Paese – rimarranno vulnerabili. Il suo stato sociale, come quello francese ad esempio, deve essere proporzionato alla capacità dell'economia di sostenerlo e questo comporterà ulteriori tagli. Milei, in lizza per la rielezione nel 2027, ce la può fare ma ha ancora molto lavoro da fare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 25 novembre 2025

L'ipocrisia della Lagarde: autonomia della BCE & autonomia della FED

Le banche cenatali sono un asset in rapido deprezzamento. Lo SWIFT è un asset in rapido deprezzamento. Tutto della società analogica che conosciamo si sposterà su digitale. Tether sarà “l'incubatore”, mentre Bitcoin sarà il collaterale così come oro e argento. E ovviamente anche i titoli del Tesoro americani, dato che USDT è stato il veicolo che nel corso dell'ultimo anno soprattutto ne ha messi a bilancio a frotte. In questo modo il dollaro e i titoli di stato americani, oltre a essere collateralizzati, possono raggiungere gli angoli più remoti del mondo. Il wallet di Tether è la nuova versione, decentralizzata, di sistema bancario centrale. Il compito di Powell era drenare liquidità dal sistema dollaro; il suo compito, inoltre, era quello di supervisionare l'implementazione del SOFR, che toglie l'impostazione del costo dei dollari lontano dalla City di Londra e lo riporta nelle mani statunitensi (mercati monetari + mercati pronti contro termine). In questo modo il mercato interbancario americano può impostare il “prezzo” dei dollari e il prezzo dei prestiti. La FED esiste ancora perché imposta i termini delle aste per i titoli a breve scadenza. Questo sistema andrà avanti ancora un po' perché è necessario spiegare PERCHE' la FED è il problema, visto che la maggior parte delle persone non ha la minima idea di cosa sia, men che meno ha idea di cosa sia il denaro. Il compito di Trump, Bessent e Powell è quello di portare all'attenzione pubblica questa “creatura” e dare una motivazione CONCRETA del motivo per cui le sue operazioni debbano essere smantellate. Quindi c'è bisogno di distruggere (retorica caotica di Trump) e allo stesso tempo costruire (retorica ordinata di Powell), in modo da non innervosire i mercati dei capitali dato che la prima cosa che venderebbero sarebbe il back-end della curva dei titoli di stato americani.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lipocrisia-della-lagarde-autonomia)

La Presidente della BCE, Christine Lagarde, ha avvertito la Federal Reserve di non perdere la propria indipendenza a favore della politica. Una manovra trasparente, considerando che la BCE si è da tempo fusa con Bruxelles, diventando un'entità politica.

In un'intervista alla stazione radio francese Classique, la Lagarde ha messo in guardia dal fatto che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta tentando di prendere il controllo della Federal Reserve:

Se la politica monetaria degli Stati Uniti non fosse più indipendente e dipendesse invece dai dettami di questa o quella persona, allora credo che l'effetto sull'equilibrio dell'economia americana potrebbe essere molto preoccupante, a causa delle conseguenze che ciò avrebbe in tutto il mondo.

Infatti Trump (questa o quella persona) sta esercitando una pressione enorme sulla FED: il suo tentativo di sfruttare lo scandalo interno che circonda la governatrice Lisa Cook per rimuoverla tramite ordine esecutivo e sostituirla con un alleato.

La Cook è accusata di aver fornito false informazioni nelle transazioni relative ai mutui, dichiarando un condominio di Atlanta come sua residenza principale mentre in precedenza rivendicava la sua casa nel Michigan, sollevando lo spettro di una frode ipotecaria.


Poliziotto buono, poliziotto cattivo

Indipendentemente dall'esito, questo segna l'ultimo picco nella battaglia tra Trump e il presidente della FED, Jerome Powell, che Trump accusa di sabotaggio riguardo i tassi d'interesse. Powell ha contrastato l'impennata dell'inflazione causata dalle iniezioni di liquidità durante i lockdown con rapidi aumenti dei tassi e da allora li ha mantenuti ben al di sopra di quelli delle altre banche centrali. Trump, al contrario, chiede drastici tagli degli stessi per liberare il mercato immobiliare congelato e alleggerire gli oneri statali.

Non è ancora chiaro in che misura questa disputa pubblica tra Trump e Powell segua un copione politico. Seguendo la dinamica del “poliziotto buono, poliziotto cattivo”, entrambi sono riusciti ad attrarre investimenti negli Stati Uniti attraverso politiche commerciali e tassi elevati, svalutando contemporaneamente il dollaro rispetto alle altre valute fiat. Missione compiuta, per ora: la bilancia commerciale fortemente negativa si sta lentamente invertendo, le entrate dei dazi stanno aumentando e l'industria statunitense sta recuperando terreno.


Ritorno al denaro privato

Al di là della controversia sulla FED, negli Stati Uniti si sta verificando una piccola rivoluzione monetaria: il ritorno parziale a un sistema monetario basato su banche private. Con il GENIUS Act e l'ascesa delle stablecoin in dollari, l'amministrazione Trump ha definito il quadro giuridico per la creazione di monete private.

Le banche private potranno emettere le proprie stablecoin, ciascuna coperta da garanzie come titoli del Tesoro americani, oro, o Bitcoin. Gli Stati Uniti si stanno muovendo verso un sistema monetario più stabile e competitivo, che riduce il rischio della leva finanziaria e rafforza il settore bancario rispetto alla controparte europea.

La Lagarde non ha tutti i torti quando afferma che il potere della FED potrebbe essere limitato in futuro, ma a differenza del sistema statalista dell'Eurozona, il settore bancario statunitense acquisirà un'influenza significativa a spese della FED.


La Lagarde ha senso dell'umorismo

È quasi tragicomico che il presidente della BCE metta in guardia contro una perdita di autonomia della FED. Dalla crisi del debito sovrano di quindici anni fa, la BCE è stata completamente fusa con Bruxelles. L'autonomia nella politica monetaria dell'Eurozona è inesistente.

Durante la crisi del debito, la BCE è intervenuta massicciamente: i tassi di interesse nominali sono scesi da oltre il 4% nel 2008 a un minimo di -0,5%, rimanendo in territorio negativo per anni; gli acquisti di obbligazioni e le operazioni di rifinanziamento a lungo termine sono aumentati vertiginosamente fino a circa €3.000 miliardi, una liquidità che ha parzialmente sostituito il credito privato. Questo è uno dei motivi per cui l'economia dell'Eurozona ha fatto affidamento sulla domanda pubblica finanziata dal credito per rimanere a galla.

Grazie ai suoi strumenti anti-frammentazione, la BCE ha fornito copertura alle obbligazioni della periferia dell'UE indipendentemente dalla disciplina fiscale.


Crisi mai risolta

I risultati di questa manipolazione del mercato sono evidenti: l'Eurozona ha continuato ad aumentare i deficit nazionali. L'effetto disciplinare delle penalizzazioni sui tassi di interesse è svanito: la BCE è diventata una macchina per stampare moneta, con il controllo politico che ha soppiantato la disciplina di mercato.

L'operazione di salvataggio ha raggiunto l'apice con il leggendario “whatever it takes” di Mario Draghi, il quale segnalava che la BCE avrebbe garantito la solvibilità di quegli stati membri fortemente indebitati.

Da allora la BCE ha svolto il ruolo di “puntellatore”, prestatore di ultima istanza per tutti i Paesi dell'Eurozona, molti dei quali hanno abbandonato la responsabilità fiscale. La decisione di Draghi ha privato il mercato obbligazionario della sua integrità, minando il suo ruolo di meccanismo di controllo.


Assurdità “fatte in casa dalla BCE”

Bruxelles ha trasformato la BCE in una pompa di denaro per la sua campagna ideologica contro il libero mercato e la sovranità nazionale. Dal finanziamento di assurdi progetti climatici alla costruzione di un'economia di guerra europea, la BCE monetizza il debito crescente, con il contributo della Commissione europea: il prossimo bilancio di Bruxelles ammonta a circa €2.000 miliardi, gran parte dei quali finanziati tramite l'emissione di eurobond, contando sull'intervento della BCE in caso di esitazione del mercato.

La BCE è tutt'altro che indipendente. Poche banche centrali si sono sottomesse alla politica in modo così completo. L'eredità della Bundesbank tedesca, conservatrice e focalizzata sulla stabilità, è ormai svanita.


Cortine fumogene e manipolazione mediatica

La politicizzazione monetaria europea ha permesso all'ecologismo socialista di Bruxelles di radicarsi nonostante le ricadute economiche. Tassi di interesse manipolati e garanzie statali hanno prodotto la più grande economia zombi del mondo, fatta eccezione per il settore immobiliare cinese. Le risorse scarse vengono dirottate verso progetti improduttivi, congelando l'Eurozona nella stagnazione.

Gli avvertimenti della Lagarde nei confronti della FED sono solo distrazioni. L'Europa si trova ad affrontare crescenti pressioni sul debito sovrano, con la Francia sull'orlo della crisi. Gli strumenti della BCE devono essere pronti, poiché nessuno sa quando il mercato tirerà fuori il cartellino rosso.

Mentre gli Stati Uniti proseguono la riforma monetaria, deregolamentano l'economia e riducono le tasse, l'Europa rimane in una paralisi normativa. La BCE perpetua la spirale del debito socialista con iniezioni di liquidità sempre nuove. Stiamo assistendo a un crollo al rallentatore, mentre i politici europei non riescono a sfuggire alla trappola ideologica che si sono creati da soli.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 24 novembre 2025

La Spagna brucia

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La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Nicolàs Sànchez

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-spagna-brucia)

Alcune leggi spengono gli incendi; altre li accendono. In Spagna, un Paese che ha padroneggiato l'arte di legiferare contro la realtà, abbiamo un numero sempre maggiore di leggi del secondo tipo. Ogni volta che la proprietà privata viene violata e la responsabilità individuale viene sostituita dall'imposizione statale, i problemi si moltiplicano. Lo stato tende a coprire una legge cattiva con una legge ben peggiore, come cercare di spegnere un incendio con la benzina.

Per decenni la Legge boschiva del 1957 ha imposto rigidi limiti alla gestione privata dei boschi.

Possedere un bosco non significava decidere come utilizzarlo: le attività erano rigidamente regolamentate e gli usi erano soggetti a supervisione amministrativa. La legge intendeva mantenere il territorio come “bosco” in modo permanente, escludendo qualsiasi utilizzo alternativo.

Il risultato fu una proprietà svuotata di contenuto, i cui proprietari sopportavano gli oneri ma godevano di pochi benefici legittimi.

Gran parte degli incendi boschivi in Spagna sono di origine dolosa. La legge del 1957 non impediva automaticamente che i terreni bruciati venissero riclassificati o destinati ad altri usi. Molto dipendeva dalla discrezionalità della pianificazione urbanistica e dalle successive decisioni amministrative. Nella pratica questo apriva la porta al sospetto di incendi intenzionali, poiché una volta bruciati, i terreni potevano perdere il loro valore boschivo e acquisire interesse urbano o agricolo. Ogni estate, mentre le fiamme si diffondevano sulle colline, si sentivano voci che dietro di esse si nascondessero interessi urbani. Il caso più tristemente noto fu Terra Mítica, dove un incendio precedette la riclassificazione del terreno per la costruzione del parco a tema.

Non c'era bisogno di prove concrete affinché l'idea attecchisse nell'opinione pubblica: il fuoco poteva essere il primo passo verso un'attività imprenditoriale. Il guaio è che, sia per l'opinione pubblica che per i legislatori, la soluzione non è mai stata affrontare la radice del problema o dare ai proprietari terrieri la libertà di gestire i propri boschi senza doverli bruciare. Invece di eliminare gli incentivi perversi e lasciare che ogni proprietario si prendesse cura e traesse profitto dalla propria terra, i legislatori hanno scelto la strada che conoscono meglio: l'ennesimo ostacolo legale.

La Legge boschiva del 2003 fu introdotta come la grande modernizzazione del sistema giuridico riguardo i boschi. In realtà non risolse il problema alla radice, poiché le restrizioni al libero uso della proprietà furono mantenute e persino ampliate. I proprietari terrieri non potevano ancora gestire i loro appezzamenti senza l'autorizzazione amministrativa. Il grande cambiamento fu la “regola dei trent'anni”: se un bosco brucia, non può essere riclassificato o destinato a un uso diverso per tre decenni. La logica era che se non ci fosse stato alcun profitto dopo un incendio, l'incentivo a provocarne uno sarebbe venuto meno. Tuttavia questa misura non fece altro che spostarli, gli incentivi. Nessuno avrebbe più appiccato un incendio per far riclassificare un terreno (cosa che, in realtà, non è mai stata chiaramente dimostrata), ma aprì una nuova possibilità: il sabotaggio. Immaginate un appezzamento di terreno in fase di riclassificazione. Se un concorrente avesse voluto bloccarlo, sarebbe bastato dargli fuoco. Se le fiamme si fossero sviluppate prima che le pratiche burocratiche fossero state completate, il progetto sarebbe rimasto bloccato per trent'anni.

Gli incentivi distorti a provocare incendi sono solo una parte del problema. L'altra importante conseguenza delle leggi boschive spagnole non risiede nel motivo per cui gli incendi divampano, ma nel motivo per cui si diffondono con tale violenza: decenni di restrizioni legali hanno trasformato le foreste in enormi depositi di combustibile. Ciò che rende questi incendi delle catastrofi nazionali non è solo il fatto che a volte siano dolosi, ma anche il fatto che una volta iniziati – naturali o intenzionali – divampano incontrollati in boschi abbandonati deliberatamente.

Un incendio non nasce solo da una scintilla; ha bisogno di combustibile. Biomassa secca, rami caduti e sterpaglia infiammabile sono i veri motori del disastro. Questo accumulo non è casuale, ma il risultato di un quadro giuridico che per decenni ha incoraggiato l'abbandono. La legge del 2003, lungi dal risolvere il problema, ha mantenuto restrizioni alla gestione del territorio e addirittura le ha ampliate. Ha limitato gli usi consentiti (articolo 36) e ha imposto che ogni azione fosse sottoposta a piani tecnici e autorizzazioni (articolo 37). Allo stesso tempo, ha imposto ai proprietari l'obbligo di prevenire gli incendi e mantenere i propri terreni in buone condizioni (articolo 48), rendendo reato tagliare, sradicare o persino raccogliere legna da ardere senza autorizzazione (articolo 67, sezioni c e j).

Si tratta di un cumulo di contraddizioni: ai proprietari viene detto di prevenire gli incendi, ma vengono privati ​​degli incentivi per farlo, mentre si trovano ad affrontare costi, burocrazia e potenziali multe. Un bene che genera spese ma non entrate è un bene destinato all'abbandono. Per secoli tale pulizia non è mai dipesa da burocrati o sussidi, ma da pratiche spontanee che sono andate a beneficio sia della gente del posto che dei proprietari. I pastori portavano le loro mandrie, i boscaioli raccoglievano rami e i vicini raccoglievano combustibile per le loro case. Tutto ciò riduceva la biomassa pur garantendone un uso legittimo. Oggi queste pratiche vengono punite o sepolte sotto infinite autorizzazioni.

Anche tralasciando gli incentivi perversi che la legge crea per provocare incendi e l'abbandono che incoraggia, rimane un problema più grande: cosa succede dopo che il bosco è già bruciato? Una volta che l'incendio si è propagato, la legge del 2003 aggiunge un ulteriore ostacolo: imponendo la regola dei trent'anni, qualsiasi terreno bruciato veniva bloccato e ogni incentivo a ripristinare ciò che era stato distrutto veniva meno. La legge non faceva distinzione tra incendio naturale, incidente, o doloso: tutti erano ugualmente condannati. Quale proprietario avrebbe investito nel recupero di un bosco che, per legge, doveva rimanere sterile per trent'anni? Invece di incoraggiare la rigenerazione, la legge produceva l'effetto opposto: spingeva ad abbandonarlo il bosco e ne perpetuava così la devastazione.

Paradossalmente, in nome della tutela dell'ambiente, coloro che avevano il maggiore interesse a conservare il territorio sono stati espulsi.

Il risultato è un bosco che di fatto non appartiene a nessuno: né ai proprietari, che non possono gestirlo; né agli utilizzatori tradizionali, che non ne traggono più beneficio; né allo stato, che non ha i mezzi per prendersene cura. Questo è il vero problema.

Così ogni estate il rituale si ripete: elicotteri che volano sopra le nostre teste, drammatiche riprese televisive, fiamme inarrestabili, vigili del fuoco esausti e politici in posa tra le ceneri. La scena si ripete anno dopo anno, sempre con le stesse promesse di riforme e nuove commissioni di studio.

Nel frattempo il sottobosco continua a crescere, secco e pronto, in attesa della prossima scintilla. Gli incendi non aspettano e la legge non li fermerà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 21 novembre 2025

La rivoluzione di Satoshi e la possibilità concreta di dire di “No”

 


di Francesco Simoncelli

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-rivoluzione-di-satoshi-e-la-possibilita)

Quando ho contattato l'autrice del libro, La rivoluzione di Satoshi, e abbiamo iniziato una corrispondenza per email, è stato come fare il bagno in una vasca gelata: d'improvviso molte sfaccettature dell'ecosistema Bitcoin hanno preso una diversa forma. Ero interessato alla traduzione del libro proprio perché molte nuove consapevolezze erano esplose in me man mano che proseguivo nella lettura. Inutile dire che la volontà di condividere qualcosa con altri deriva sostanzialmente da ciò: la comprensione e l'inquadramento di un determinato fenomeno sotto un nuovo punto di vista, avvalorato e arricchito di una nuova dimensione di conoscenza. Infatti Bitcoin appare diverso a chiunque lo osservi, potremmo definirlo una moderna parabola dei ciechi e dell'elefante.

Agli economisti sembra una moneta di qualità inferiore, poiché non ha una risposta elastica dal lato dell'offerta. Agli occhi degli enti regolatori si tratta di un tentativo subdolo di riciclare denaro ed evadere le tasse. Per il grande pubblico sembra un'orribile creatura costituita da speculatori finanziari e tecno-chiacchieroni, e per questo motivo la maggior parte delle persone lo ignora.

Con La rivoluzione di Satoshi di Wendy McElroy le cose cambiano radicalmente. “Questo è stato uno dei miei progetti intellettuali più difficili e importanti che abbia completato”, mi ha detto l'autrice. È un libro calmo e serio, accessibile ai principianti curiosi e a coloro che non sono ancora convinti che Bitcoin sia una soluzione rapida a ogni problema sociale. Come direbbe qualcuno, tanto per aggiungere un po' di ironia al fenomeno, Bitcoin è “tutto ciò che non capite del denaro, combinato con tutto ciò che non capite dei computer”. Alcune spiegazioni tecniche sono inevitabili, ma il lettore non è soggetto a una valanga di tecnicismi incomprensibili, né a grida di protesta semplicistiche inserite solo per attirare l'attenzione, vendere una copia in più e non lasciare niente di costruttivo al lettore.

L'autrice lo ritiene apertamente un vantaggio per il mondo e questa confessione “partigiana” non dovrebbe sminuire le sue numerose argomentazioni. L'approccio di prendere in considerazione solo gli incentivi personali e scartare di conseguenza le idee è, nell migliore delle ipotesi, miope e, nella peggiore, stupido: “La critica di una presa di parte a priori è un errore di valutazione. Sostengo Bitcoin perché ci credo dopo anni di studio, pertanto le mie tesi reggono, o cadono, in base ai loro meriti”.

E di meriti ce ne sono in abbondanza. La McElroy non esagera, come molti bitcoiner sono soliti fare, ma contestualizza la sua argomentazione fin da subito: “Nonostante le speranze di molti irriducibili sostenitori del Bitcoin, esso non porrà fine alla guerra, non ripristinerà la famiglia tradizionale, né risanerà il mercato immobiliare. Non migliorerà la nutrizione, non ispirerà un ritorno all'arte rinascimentale, né farà rivivere l'architettura del XIX secolo. Bitcoin non risolve tutto; risolve alcuni problemi e ne distrugge persino altri”.

Ciò che molti credono di Bitcoin è vero: è per i criminali, ma è anche per chi combatte per la libertà, per coloro che sono tagliati fuori dal sistema monetario mondiale, per coloro che sono tenuti finanziariamente ostracizzati dalle leggi o dalle usanze dei loro Paesi, per i dissidenti russi o nigeriani che cercano di ricevere e spendere fondi, per le donne afghane sotto il regime patriarcale, per i rifugiati che cercano di attraversare un confine con i loro beni (finanziari) intatti, per gli occidentali che cercano di sfuggire alle peggiori conseguenze dell'inflazione, per i dispensari di marijuana negli Stati Uniti la cui attività è legale negli stati in cui operano ma illegale a livello federale (e quindi incapaci di utilizzare il sistema bancario che è sotto un pesante controllo centralizzato). In realtà tutti questi usi sono la stessa cosa: molte parti dello stesso elefante. La natura del denaro è quella di poter essere utilizzato tra nemici che altrimenti non potrebbero fidarsi, o costringersi a vicenda, a comportarsi bene (gli amici possono usare credito e favori, invece). È uno strumento al portatore che non richiede identificazione, un conto bancario, o il permesso di un sovrano.

“Bitcoin”, scrive l'autrice in modo efficace e conciso, “è capacità di dire di no”: un modo monetario per sottrarsi, per evitare ostacoli. Non c'è da stupirsi che piaccia anche ai criminali. Questo non è un libro ideologico che sostiene aprioristicamente Bitcoin o riflette sul “crollo” del dollaro; libri del genere esistono già, mentre invece la McElroy di creare qualcosa di più grande: non indaga se le cose che Bitcoin rompe valgano la pena di essere rotte, ma “se dovremmo preferire un mondo con Bitcoin a un mondo senza Bitcoin”. Lo fa con prudenza e scrupolosità, usando lo strumento filosofico del velo dell'ignoranza di John Rawls.

Supponendo che non sappiate chi siate, in quale Paese siate nati e quali siano le vostre competenze, i vostri interessi e le vostre opportunità (ovvero, se cercaste di privare i lettori dei loro privilegi monetari e finanziari), sosterreste ancora l'esistenza di Bitcoin?

Nell'ambito di questo velo, La rivoluzione di Satoshi, cerca di presentare argomentazioni il più possibile ineccepibili a favore di Bitcoin. Un tale esercizio oltre a essere ammirevole è anche prezioso. Non vedere un problema nella censura e nell'oppressione finanziaria equivale a credere che solo le Persone Cattive™ abbiano problemi con le autorità (benevolenti). In realtà “anche i buoni vengono spesso censurati”.

La rivoluzione di Satoshi vi invita a guardare più lontano nel tempo e più in generale in tutto il mondo: “Se poteste immaginare di trovarvi nella posizione di aver bisogno di una forma di denaro resistente alla censura, o di dover insegnare a qualcun altro come usarlo, sarebbe saggio studiare Bitcoin”. Questa è la realtà per circa quattro miliardi di persone che vivono sotto il tacco di governanti autoritari che limitano, catturano, opprimono, o puniscono in altro modo i dissidenti per aver fatto, o detto, cose sbagliate. Bitcoin, come qualsiasi altra rivoluzione nella storia, non dissipa le leggi ingiuste, né fa sparire i governanti malvagi, ma niente può farlo; queste “ingiustizie” vivranno finché vivrà l'essere umano. L'uso di Bitcoin rende la spesa e il trasferimento di denaro molto più difficili da censurare per tali governanti.

Si tratta di un miglioramento evidente, un vantaggio per l'umanità. Bitcoin è denaro della libertà, una via di fuga dal pesante stivale di un tiranno. Dietro il velo, abbiamo alte probabilità di essere una di quelle persone. Questo libro alimenta le aspettative e di conseguenza stimola la creatività. La sola speranza di avere per le mani uno strumento di difesa efficace per qualsiasi situazione tirannica o di censura è di per sé uno strumento che permetterà a una pletora crescente di individui di organizzarsi diversamente. La sola esistenza, concreta, di questa possibilità è quanto basta per proiettare le persone nel futuro e, dapprima, far immaginare loro alternative, poi realizzarle. Ecco perché Bitcoin è speranza.

Gli economisti, tuttavia, ridurrebbero il tutto al seguente quadro di riferimento: ampliare il set decisionale e le opportunità disponibili non fa altro che avvantaggiare gli utenti (indipendenza da alternative irrilevanti). Più opzioni ci sono, meglio è. Date le diverse preferenze e circostanze individuali, la situazione mondiale con Bitcoin rappresenta un miglioramento per alcuni ed è quindi piuttosto banale concludere che per queste persone sia meglio avere accesso a Bitcoin piuttosto che non avercelo.

Un mondo con Bitcoin ha i suoi costi, però: ci sono casi di riciclaggio di denaro, ransomware e mancato pagamento delle tasse se qualcosa come Bitcoin non fosse mai stato inventato (beh, scoperto...). L'autrice ammette che tali fenomeni, nella misura in cui sono resi possibili da Bitcoin, sono negativi, ma che non rappresentano “una seria minaccia al beneficio netto complessivo di Bitcoin per il mondo”. In un certo senso, La rivoluzione di Satoshi, fa anche eco a Money and the Rule of Law di Pete Boettke: “Per quanto riguarda le istituzioni monetarie, Bitcoin porta lo stato di diritto nel mondo del denaro ed è un'alternativa attraente, perché apre alla possibilità di creare un consenso con cui dire ‘No’ soprattutto per i miliardi di persone che soffrono sotto pessimi governanti e con le tecnologie analogiche sono intrappolati in un loop terrificante da cui non ci sarebbe uscita”.

Inoltre la McElroy è piuttosto fiduciosa riguardo alle implicazioni di questa istituzione monetaria: “Bitcoin è un'istituzione monetaria che punta alla prevedibilità e alla disintermediazione sistematiche. Esiste non per perseguire la stabilità dei prezzi, o la piena occupazione, ma per eliminare del tutto la necessità di creatori di denaro centrali, mediatori e gestori”.

Abbiamo bisogno di libri seri su Bitcoin e sull'ecosistema che lo circonda, soprattutto dal punto di vista intellettuale, e La rivoluzione di Satoshi è proprio uno di questi.


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giovedì 20 novembre 2025

Confermato l'Accordo di Mar-a-Lago: Miran porta la ristrutturazione di Trump alla FED

Ci sono due forze concorrenti oggi sul panorama economico: disinflazionistiche (es. IA che spazza via lavori da colletti bianchi inutili, tagli alla spesa pubblica, ecc.) e inflazionistiche (es. metalli preziosi per espandere la base di capitale disponibile). Ma, in questo contesto, non bisogna dimenticarsi dei venti di recessione che spireranno, soprattutto dall'Europa. Qual è la mossa anticiclica che metterà in campo l'amministrazione Trump? Ricordate, lo scopo dei NY Boys è quello di costringere alle trattative e alla sottomissione le altre parti in gioco, soprattutto quelle che fanno riferimento alla cricca di Davos. Prosciugare di liquidità i vari strati di gestione che sono sotto il controllo di quest'ultima è il modo più efficiente per farle spendere i PROPRI di capitali e quindi arrivare al risultato desiderato. La cricca di Davos, tramite gli stimoli Buld Back Better e la ZIRP degli anni passati, ne ha accumulata tanta di liquidità (soprattutto tramite il mercato degli eurodollari). Blackrock, uno degli strati inferiori al di sotto di essa, ha fatto faville nel mercato residenziale americano annientando così la capacità della classe media di emergere. Ha praticamente giocato al rialzo insieme a Blackstone per far aumentare artificialmente il prezzo delle case e gli unici che potevano permettersi uno stipendio decente con cui accendere un mutuo erano proprio i colletti bianchi (soprattutto quelli nella macchina burocratica). Immaginate ora gran parte di questi che vengono licenziati, i mutui non pagati e un crollo dei prezzi delle case, che all'occhio profano potrebbe sembrare una tragedia, mentre invece sono un'opportunità affinché la classe produttiva d'America possa permettersi di nuovo una casa a prezzi accessibili e accendere un mutuo trentennale (puntellato dall'IPO di Fannie/Freddie). E nel frattempo player come Blackrock/Blasckstone ne escono con un haircut, come minimo del 60%, e la necessità di coprire i loro bilanci con... (rullo di tamburi)... asset tangibili: oro, argento e Bitcoin. Questo è il modo in cui si batte la cricca di Davos al suo stesso gioco.

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di Lau Vegys

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/confermato-laccordo-di-mar-a-lago)

[Nota: questo pezzo è stato scritto prima che Trump licenziasse il governatore della FED, Lisa Cook, rafforzando ulteriormente i suoi nominati nel consiglio di amministrazione.]

La nomina di Stephen Miran alla Federal Reserve non è solo l'ennesima mossa che ricade nell'alveo “il personale rispecchia la linea di politica” (slogan degli anni di Reagan): è l'inserimento dell'architetto della riorganizzazione targata Trump all'interno dell'istituzione stessa che contribuirà a realizzare la riforma economica più ambiziosa degli Stati Uniti da generazioni.

Senza entrare troppo nei dettagli, Miran, la mente dietro quello che è stato soprannominato “Accordo di Mar-a-Lago” ha delineato un piano completo per trasformare lo status di riserva del dollaro da un semplice peso a una merce di scambio, in modo da trasformare l'enorme debito americano da un imbarazzo a una leva finanziaria e riorientare l'intera struttura economica globale a favore di Washington.

E naturalmente ciò che rende tutto questo particolarmente rilevante in questo momento, in particolare per chiunque abbia un'esposizione all'oro, è la tempistica.

Il metallo giallo ha seguito una marcia inarrestabile verso l'alto per tutto il 2025, raggiungendo diversi massimi storici e superando i $4000 l'oncia. Ora, con la nomina di Miran alla FED, stiamo capendo esattamente perché gli investitori più attenti hanno accumulato silenziosamente il metallo giallo per tutto l'anno.

Ma chiunque pensi che la nomina di Miran serva semplicemente a dare a Trump l'ennesimo voto accomodante a favore dei tagli dei tassi perde di vista il quadro più ampio. L'oro non sta salendo solo a causa dei previsti tagli dei tassi; sta salendo perché gli investitori informati hanno riconosciuto ciò che la strategia di Trump avrebbe alla fine richiesto: l'indebolimento sistematico del dominio del dollaro e una potenziale rivalutazione dell'oro.

Il risultato è che la nomina di Miran è solo l'ultima conferma che questo piano sta passando dalla teoria alla pratica. E una volta capito cosa questo implica sia per il dollaro che per l'oro, è più facile capire perché $4000 per l'oro potrebbero essere solo l'inizio.


La posizione di Miran alla FED cambia le carte in tavola

Non vorrei sembrare un disco rotto, ma non mi stancherò mai di ripeterlo.

Non si tratta solo di assicurarsi un altro voto accomodante per i tagli dei tassi – Trump avrebbe potuto scegliere qualsiasi yes-man per questo. Si tratta di insediare l'architetto del reset monetario americano direttamente all'interno della Federal Reserve.

La FED non stabilisce dazi, non negozia accordi commerciali, né firma patti di difesa, ma controlla la leva più importante della strategia di Trump: il costo e il flusso del denaro.

Dal suo incarico di governatore della FED, Miran avrà diritto di voto permanente nel Federal Open Market Committee (FOMC), il che gli consentirà di esercitare un'influenza diretta sui tassi di interesse, sulla massa monetaria e, soprattutto, sulle operazioni di bilancio della FED. Ma, cosa ancora più importante, sarà in grado di coordinare la politica monetaria con la strategia da lui ideata.

Riflettiamo su cosa questo significhi in termini pratici e dal punto di vista di Trump. La strategia prevede una svalutazione coordinata del dollaro, ma ciò richiede la partecipazione della FED. Non è possibile orchestrare un aggiustamento monetario in stile Accordi del Plaza (ne parleremo più avanti) se la banca centrale si oppone a ogni passo. Con Miran alla FED, Trump si ritrova con qualcuno che comprende sia la teoria macroeconomica alla base della svalutazione del dollaro, sia i meccanismi pratici di come attuarla attraverso la politica monetaria.

Nota: il dollaro si è già indebolito di oltre il 10% negli ultimi sei mesi. Per mettere le cose in prospettiva, l'ultima volta che il dollaro è sceso così tanto all'inizio dell'anno è stato nel 1973, subito dopo che gli Stati Uniti avevano finalizzato la loro separazione dall'oro e l'avvento della moneta fiat.

La nomina di Miran segnala anche qualcosa di ancora più significativo: la presa di controllo istituzionale della politica monetaria. Alla scadenza del mandato di Jerome Powell, a maggio 2026, i presidenti della FED vengono solitamente scelti tra i governatori in carica. Insediando Miran, Trump ha posizionato il suo architetto monetario strategico a capo dell'intero sistema della Federal Reserve.

In breve, Trump sta facendo in modo che la FED stessa diventi lo strumento principale per attuare la sua riorganizzazione. E c'è una ragione ben precisa per questo fatto.


La strategia di Trump ha bisogno della FED dalla sua parte 

Ho menzionato prima gli Accordi del Plaza perché è il precedente storico più vicino a quello che chiamiamo Accordo di Mar-a-Lago.

Probabilmente ne avrete sentito parlare.

Il 22 settembre 1985 i ministri delle finanze delle maggiori economie mondiali si riunirono al Plaza Hotel di New York per coordinare una svalutazione del dollaro, innaturalmente forte.

Al di fuori degli Stati Uniti nessuno voleva un dollaro più debole: avrebbe reso le esportazioni più costose per gli acquirenti americani, ma, proprio come oggi, Washington esercitò pressioni con dazi, sovrapprezzi sulle importazioni, quote e accuse di “commercio sleale”.

E indovinate un po'? Funzionò. La Germania Ovest e il Giappone, le potenze economiche dell'epoca, cedettero.

Ma ecco cosa fece funzionare gli Accordi del Plaza: la Federal Reserve era pienamente a bordo. L'allora Presidente della FED, Paul Volcker, si coordinò a stretto contatto con il Segretario al Tesoro, James Baker, per garantire che la politica monetaria sostenesse la strategia di svalutazione del dollaro. Tagliò i tassi di interesse da circa il 12% al 6% tra la fine del 1984 e la fine del 1986, creando le condizioni per la discesa del dollaro. Senza quella cooperazione gli Accordi del Plaza sarebbero probabilmente rimasti solo l'ennesimo pezzo di carta.

Ecco perché la nomina di Miran è cruciale. Trump ha imparato dal copione di Reagan: per attuare una svalutazione monetaria coordinata, è meglio assicurarsi che la banca centrale remi nella stessa direzione. Insediando il suo uomo all'interno della FED, Trump garantisce che la politica monetaria si allinei alla sua strategia economica più ampia, anziché indebolirla.

E che fine fece l'oro in seguito agli Accordi del Plaza?

Salì vertiginosamente. Date un'occhiata al grafico qui sotto.

Dopo gli Accordi del Plaza del 1985, il prezzo dell'oro balzò da circa $320 l'oncia a oltre $370 tra settembre 1985 e marzo 1986... in soli sei mesi.

Considerando i prezzi odierni, sarebbe come vedere l'oro balzare a circa $5.000 l'oncia.

Ma ecco il punto: se la riorganizzazione di Trump si svolgerà nel modo in cui credo, non sarà solo una ripetizione degli Accordi del Plaza, ma sarà più verticale.

Nell'attuale economia globalizzata e sovraindebitata, gli effetti a catena potrebbero essere enormi. Non mi sorprenderebbe vedere l'oro salire a $6.000 o $8.000 l'oncia, mentre i mercati si affrettano ad adattarsi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 19 novembre 2025

Il piano dell'UE per soffocare la privacy online è terrificante

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “La rivoluzione di Satoshi”: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK 

La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto ptobabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Nick Corbishley

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-piano-dellue-per-soffocare-la)

I lettori abituali ormai conoscono il Digital Services Act (DSA) dell'UE di cui abbiamo parlato in diverse occasioni dal luglio 2023. Per chi non lo sapesse, una breve introduzione: il DSA impone alle piattaforme online di grandi dimensioni (VLOP) e ai motori di ricerca online di grandi dimensioni (VLOSE) l'obbligo legale di intervenire tempestivamente contro i contenuti illegali ospitati sulle loro piattaforme, rimuovendoli, bloccandoli, o fornendo determinate informazioni alle autorità competenti.

I VLOP e i VLOSE sono inoltre tenuti ad adottare misure contro rischi che vanno oltre i contenuti illegali, tra cui vaghe minacce al “dibattito civile”, ai “processi elettorali” e alla “salute pubblica”. Spetta alla Commissione o alle autorità nazionali definire cosa potrebbero comportare tali minacce. È qui che ha iniziato a prendere forma il regime di censura di massa dell'UE.

L'obiettivo principale del DSA è combattere, ovvero sopprimere, la disinformazione online, non solo in Europa ma potenzialmente in tutto il mondo. Si inserisce in una tendenza più ampia dei governi occidentali e delle istituzioni delle Nazioni Unite che spingono per censurare le informazioni su Internet, perdendo gradualmente il controllo sui principali filoni narrativi.

Le piattaforme che violano la legge rischiano multe salate, fino al 6% del loro fatturato annuo globale. Pertanto è lecito supporre che pecchino di prudenza, cancellando contenuti che potrebbero essere considerati dannosi, anche quando sono del tutto legali. Inizia così la china scivolosa della censura sistemica online.

Come ha avvertito il giudice tedesco in pensione, Manfred Kölsch, in un editoriale sul Berliner Zeitung, il DSA non solo rappresenta una minaccia esistenziale alla libertà di parola in Europa, ma viola anche molte delle leggi dell'UE sulla libertà di espressione e di informazione:

Uno sguardo attento dietro la facciata dello stato di diritto rivela che il DSA mina consapevolmente il diritto alla libertà di espressione e di informazione garantito dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, dall'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dall'articolo 5 della Legge fondamentale (la Costituzione scritta della Germania, approvata dagli alleati nel 1949, quando fu istituito il primo governo del dopoguerra nella Germania occidentale).
Il testo dell'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea recita quanto segue:

Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni e idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
Come avevamo anticipato nel 2023, è probabile che le ripercussioni del DSA si estendano ben oltre i confini dell'UE e potrebbero persino avere portata globale, proprio come il suo predecessore, il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Tali preoccupazioni sono state ribadite da un rapporto pubblicato a gennaio dalla Commissione Giustizia della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, che ha definito il DSA una “minaccia di censura estera”:

[Il rapporto] include informazioni non pubbliche su come la Commissione europea e le autorità nazionali attuano le norme, tra cui informazioni riservate provenienti da workshop dell'UE, e-mail tra l'esecutivo dell'UE e le aziende, richieste di rimozione di contenuti in Francia, Germania e Polonia, e resoconti di riunioni della Commissione con le aziende nel settore tecnologico.

“Sulla carta il DSA è pessimo; nella pratica è anche peggio”, si legge nel rapporto.

“I censori europei” nella Commissione e nei Paesi dell'UE “prendono di mira i dibattiti politici che non sono né dannosi né illegali, tentando di soffocarli su temi come l'immigrazione e l'ambiente”. La loro censura è “in gran parte unilaterale” nei confronti dei conservatori.

Queste affermazioni sono supportate dalle recenti dichiarazioni del fondatore di Telegram, Pavel Durov, secondo cui all'inizio di quest'anno i funzionari dell'intelligence francese lo avrebbero contattato con la richiesta di censurare contenuti filo-conservatori in vista delle elezioni rumene del maggio 2025, una richiesta che lui afferma di aver rifiutato. Come scrive Le Monde, Durov non ha fornito alcuna prova a sostegno di queste affermazioni. Tuttavia, visti gli sforzi compiuti dall'UE per intromettersi nelle elezioni rumene, non si tratta certo di ipotesi inverosimili.

È interessante notare che le controversie diplomatiche sulla formulazione del DSA sono solo una delle numerose questioni che ostacolano l'accordo commerciale tra UE e Stati Uniti. Secondo il Financial Times, l'UE sta cercando di impedire agli Stati Uniti di prendere di mira le norme digitali dell'Unione, mentre le due parti si scontrano sui dettagli finali di una dichiarazione posticipata:

I funzionari dell'UE hanno affermato che i disaccordi sul linguaggio relativo alle “barriere non tariffarie” – che gli Stati Uniti hanno precedentemente affermato includere le norme digitali – sono tra le ragioni del ritardo nella dichiarazione congiunta.

Inizialmente era previsto pochi giorni dopo l'annuncio di un accordo commerciale da parte della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, avvenuto il 27 luglio in Scozia. Due funzionari dell'UE hanno affermato che gli Stati Uniti volevano lasciare la porta aperta a possibili concessioni sul Digital Services Act dell'Unione, che obbliga le Big Tech a controllare le proprie piattaforme in modo più aggressivo. La Commissione ha affermato che allentare quelle regole rappresenta una linea rossa.


Chat Control

Nel frattempo Bruxelles sta spingendo con forza su un altro fronte: il cosiddetto Regolamento per la prevenzione e la lotta contro gli abusi sessuali sui minori. Denominata legge “Chat control”, la proposta mira a frenare la diffusione di materiale pedopornografico (CSAM) online. Sebbene si tratti di un obiettivo lodevole, il modo in cui l'UE lo sta perseguendo non solo minaccia i diritti fondamentali e le tutele di tutti, ma rischia anche di trasformare Internet in un ambiente ancora più centralizzato e sorvegliato.

Nella sua forma attuale la legge sul controllo delle chat impone di fatto la scansione delle comunicazioni private, comprese quelle attualmente protette dalla crittografia end-to-end. Se entrerà in vigore, le piattaforme di messaggistica, tra cui WhatsApp, Signal e Telegram, saranno tenute a scansionare ogni messaggio, foto e video inviato dagli utenti, anche se crittografati, a partire da ottobre.

Come scrive il Brussels Signal, il meccanismo al centro della proposta si chiama scansione lato client e la presidenza semestrale a rotazione della Danimarca nel Consiglio dell'UE è determinata a portarla avanti: infatti la ripresentazione della legislazione sul controllo delle chat, proposta per la prima volta nel 2022, è stato il primissimo passo formale della presidenza dopo la sua assunzione delle funzioni a luglio:

Attraverso la scansione lato client, il contenuto viene analizzato sul dispositivo dell'utente prima della crittografia. Per il lettore meno esperto di tecnologia, questo significa aprire una backdoor permanente che aggira le garanzie di privacy di una comunicazione sicura. Sarebbe come far leggere le lettere dallo stato prima di sigillare la busta, e sottoporrebbe i messaggi privati ​​di ogni cittadino dell'UE a un controllo automatizzato. I lettori della Germania dell'Est potrebbero trovare familiari questi strumenti stasiani; la maggior parte non vorrebbe che tornassero di moda, né in Germania né altrove.

Purtroppo, invece di leggere le opinioni dei presenti e studiare versioni alternative e più blande della legislazione, (la prima ministra danese Mette) Frederiksen ha scelto di puntare ancora di più su questo grave errore politico e storico. Ben 19 Stati membri dell'UE ora sostengono la proposta. La Germania rimane per il momento non impegnata, ma probabilmente avrà un ruolo fondamentale. Infatti se Berlino si unisse al campo del “sì”, un voto a maggioranza qualificata – che richiede 15 Stati membri e che rappresentino il 65% della popolazione dell'UE – potrebbe portare all'approvazione della legge entro metà ottobre. La presidenza danese sta guidando questo processo attraverso i gruppi di lavoro del Consiglio, con l'obiettivo di definire le posizioni entro il 12 settembre 2025. L'unico passaggio che mancherebbe sarebbe il voto finale di ottobre.

Gli svantaggi del Chat Control dell'UE sono evidenti, osserva l'articolo di Brussels Signal, e dovrebbero essere sufficienti a indurre le nazioni europee a respingerlo, cosa che ovviamente non accadrà:

Una volta implementato, il sistema potrebbe estendersi oltre i contenuti pedopornografici (CSAM), praticamente a qualsiasi altro contenuto, come il dissenso politico – una preoccupazione sicuramente ragionevole, visto che in Gran Bretagna Starmer si sta impegnando a fondo per vietare le VPN, che al principale candidato presidenziale francese è stato impedito di candidarsi alle prossime elezioni, o che in Germania quasi 10.000 persone vengono incriminate ogni anno per aver condiviso online meme e barzellette “politicamente scorrette”. Infatti, mentre gli eurocrati cercano di spiare le vostre conversazioni online, Bruxelles sta anche spingendo per una moderazione aggressiva dei contenuti ai sensi del Digital Services Act.

Gli svantaggi sono quindi evidenti e dovrebbero di per sé spiegare perché questa legislazione dovrebbe essere respinta con fermezza dalle nazioni europee. E i vantaggi? Sono molto meno chiari. Un anno fa l'Europol ha osservato in un rapporto che i criminali più sofisticati utilizzano spesso piattaforme segrete e non regolamentate, rendendo la scansione di massa inefficace contro gli obiettivi designati e gravando i cittadini comuni con tutto il peso di un Leviatano repressivo. Piattaforme incentrate sulla riservatezza come Signal hanno minacciato di uscire dal mercato dell'UE piuttosto che adeguarsi. Dovrebbero farlo, ma ciò danneggerebbe l'economia digitale europea e spingerebbe gli utenti verso alternative meno sicure.

L'esperienza del Regno Unito con le norme di verifica dell'età previste dall'Online Safety Act offre un assaggio di quanto caos possa essere generato dalle misure repressive governative sull'accesso e la libertà di parola online. Uno degli impatti più significativi finora è stata la proliferazione di soluzioni alternative, tra cui VPN e altri modi ingegnosi per aggirare i sistemi di verifica dell'età.

Come sta lentamente imparando il governo di Keir Starmer, cercare di limitare l'accesso delle persone a Internet è un gioco del tipo “colpisci la talpa” – e il governo inglese è destinato a perdere. Nel frattempo l'Online Safety Act ha scatenato una nuova ondata di disobbedienza civile di massa, in particolare tra i giovani utenti esperti di tecnologia.


“Una lezione magistrale di conseguenze indesiderate”

Come sottolinea il Centre for European Policy Analysis, le conseguenze indesiderate stanno rapidamente aumentando:

Inviando i minori a navigare attraverso le VPN, la legge del Regno Unito potrebbe averli inavvertitamente esposti a spazi online più rischiosi e meno regolamentati. Molti servizi VPN gratuiti non sono affatto scudi per la privacy, ma strumenti di raccolta dati che vendono le informazioni degli utenti a operatori sconosciuti all'estero. Nel tentativo di bloccare i contenuti dannosi, i governi potrebbero spingere i minori verso angoli più oscuri e meno regolamentati di Internet.
Le restrizioni hanno messo ulteriormente a dura prova il rapporto “speciale” del Regno Unito con gli Stati Uniti, determinati a proteggere gli interessi finanziari delle proprie aziende, aprendo al contempo un vaso di Pandora di complicazioni legali.

Anche la BBC ha riferito che le piattaforme stanno intensificando la censura dei contenuti a seguito dell'Online Safety Act, in particolare su questioni delicate come la guerra in Medio Oriente e la guerra in Ucraina.

Newsweek ha descritto l'Online Safety Act come “un esempio lampante di conseguenze indesiderate e di regolamentazione simbolica”:

Quando il primo ministro britannico Keir Starmer ha di recente dichiarato al presidente Donald Trump: “Abbiamo avuto libertà di parola per molto tempo, quindi, ehm, ne siamo molto orgogliosi”, ci si è chiesti: di cosa è esattamente orgoglioso?

Si riferisce alle 30 persone al giorno che il suo governo arresta per aver pubblicato contenuti “offensivi” online? O forse è orgoglioso del fatto che il suo governo abbia minacciato gli americani di accuse penali per il mancato rispetto dell'Online Safety Act?

E mentre l'Online Safety Act è stato istituito con il pretesto di proteggere i minori online, il governo inglese è anche inspiegabilmente coinvolto in un effetto Streisand, avendo annunciato di aver avviato un'indagine su quattro aziende che gestiscono 34 siti web pornografici. In sostanza, denunciando l'accaduto, l'autorità di regolamentazione ha indicato ai minori dove possono accedere a contenuti pornografici senza dover utilizzare la verifica dell'età [...].

Gli inglesi stanno reagendo con una petizione per abrogare la legge, la quale ha già raccolto oltre 450.000 firme. I legislatori americani farebbero bene a prestare attenzione ed evitare di commettere gli stessi errori. Possiamo proteggere i nostri figli senza sacrificare i principi fondamentali di un Internet libero e aperto.


Cavallo di Troia

Dall'entrata in vigore delle norme di verifica dell'età dell'Online Safety Act, “tutti gli utenti Internet del Regno Unito hanno accesso solo a una versione del web a prova di bambino, a meno che non siano disposti a sottoporsi a procedure di verifica dell'età invasive”, afferma Rebecca Vincent del gruppo per i diritti digitali Big Brother Watch. Oppure a ricorrere a soluzioni alternative.

Questo è un punto chiave: come abbiamo avvertito fin da novembre dello scorso anno, la verifica dell'età online è il cavallo di Troia per l'adozione di massa dei sistemi di identità digitale, che sono diventati silenziosamente una realtà legale nel marzo 2024.

Con l'entrata in vigore dell'Online Safety Act, tutti dovranno sottoporsi a un controllo online dei documenti per accedere ai social media e ad altri importanti servizi inter-utente, che il disegno di legge definisce servizi di Categoria 1. Anche le tecnologie di riconoscimento facciale vengono utilizzate, nonostante i loro innumerevoli difetti. Una volta che ci iscriveremo a questi processi di verifica, il nostro accesso ai contenuti sarà sempre più controllato avverte il giornalista Tim Hinchliffe, citando la spiegazione dello stesso Online Safety Act fornita dal governo britannico:

Gli utenti adulti di tali servizi [di Categoria 1] potranno verificare la propria identità e accedere a strumenti che consentiranno loro di ridurre la probabilità di visualizzare contenuti di utenti non verificati e di impedire a questi ultimi di interagire con i propri contenuti. Ciò contribuirà a impedire ai troll anonimi di contattarli.

La legislazione UE sul controllo delle chat presenta pericoli simili. Il sito web Fight Chat Control evidenzia sei potenziali rischi, intenzionali o meno:

• Sorveglianza di massa: “Ogni messaggio privato, foto e file viene scansionato automaticamente: non c'è bisogno di sospettare nulla, nessuna eccezione (a parte i politici dell'UE che pretendono la propria privacy), anche le comunicazioni criptate”.

• Violazione della crittografia: “Indebolire o violare la crittografia end-to-end espone le comunicazioni di tutti, compresi i dati sensibili finanziari, medici e privati, a hacker, criminali e attori ostili”.

• Diritti fondamentali: “Lede i diritti fondamentali alla privacy e alla protezione dei dati, garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti dell’UE, diritti considerati fondamentali per i valori democratici europei”.

• Falsi positivi: “Gli scanner automatici identificano sistematicamente contenuti innocenti, come foto di vacanze o barzellette private, come illegali, esponendo le persone comuni al rischio di false accuse e indagini dannose”.

• Protezione inefficace dell'infanzia: “Gli esperti e le organizzazioni per la protezione dell'infanzia, tra cui le Nazioni Unite, avvertono che la sorveglianza di massa non riesce a prevenire gli abusi e, di fatto, rende i bambini meno sicuri, indebolendo la sicurezza di tutti e distogliendo risorse da misure di protezione comprovate”.

Precedente globale: “Crea un pericoloso precedente globale che consente ai governi autoritari, citando le politiche dell'UE, di implementare una sorveglianza invasiva in patria, minando la privacy e la libertà di espressione in tutto il mondo”.

C'è poi un altro punto chiave, sollevato da Meredith Whitaker, amministratore delegato dell'app di messaggistica crittografata Signal, durante le discussioni sull'Online Safety Act del Regno Unito un paio di anni fa. La Whitaker aveva avvertito che l'implementazione dell'Online Safety Act da parte del Regno Unito sarebbe stata vista come un precedente dai regimi più repressivi, i quali avrebbero raddoppiato le proprie attività di sorveglianza e censura su Internet. Stando alle parole del Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, la tendenza è “senza precedenti” e “un cambiamento di paradigma”.

Questo spiega anche perché l'attuale direzione di marcia è così pericolosa: si sta verificando a livello mondiale.

Sebbene la protezione dei minori sia un comodo pretesto per rimodellare Internet, la vera motivazione alla base di normative come l'Online Safety Act e il Chat Control dell'UE è, beh, il controllo, non solo per i minori, ma per tutti. Come scrive Juliet Samuel sul Times di Londra, i funzionari del Regno Unito hanno persino ammesso in un recente caso presso l'Alta Corte “che [l'Online Safety Act] ‘non mira principalmente a [...] la protezione dei minori’, ma riguarda la regolamentazione di ‘servizi che hanno un'influenza significativa sul dibattito pubblico’, un'espressione che tradisce la filosofia politica alla base della legge stessa”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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