(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli)
Il motivo principale per cui ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, è stato quello di mettere in evidenza due punti sostanzialmente. Il primo: nessuna autorità è amica del contribuente o del cittadino medio, possono essere alleati temporanei o “cospiratori”, ma questo è un matrimonio che è destinato a finire non appena il “nemico” (che più di tanto non lo è) viene ridimensionato e condotto al tavolo delle trattative. Si tratta pur sempre di bande mafiose che sopravvivono grazie all'estorsione di risorse. Il secondo: distinguere tra l'eurodollaro e il sistema dell'eurodollaro. Il primo esisterà sempre dato che si tratta di liquidità che serve a saldare le transazioni internazionali e la domanda di dollari, soprattutto in questo frangente, è più viva che mai. Il secondo, invece, è quello a cui si stanno indirizzando le attenzione di questa amministrazione e prima di lei della FED. Infatti l'entrata in scena del SOFR non ha fatto altro che cambiare il modo in cui il dollaro viene prezzato al margine all'estero, dato che gli USA non sono mai stati in grado di controllarlo direttamente in passato.
Non essendo in grado di controllare la “stampante” dell'eurodollaro, l'offerta è andata fuori controllo ed è stato quello che ha condotto in ultima analisi alla demonetizzazione dell'oro e alla crisi del 2008. In sintesi, quando c'era bisogno di socializzare le perdite derivanti dall'azzardo morale nel sistema dell'eurodollaro, gli Stati Uniti venivano tirati per la proverbiale giacchetta affinché intervenissero. Il colonialismo franco-inglese non è mai terminato, in verità, ed è stato riciclato fino ai giorni nostri tramite il sistema finanziario: la capacità di controllare il prezzo offshore del dollaro. Non è un caso che il LIBOR era impostato da 18 banche nella City di Londra, 17 delle quali europee e una sola americana. In passato, quindi, se si vedeva un'inversione nella curva dei futures dell'eurodollaro ciò avrebbe innalzato spauracchi di recessione e condotto la FED a intervenire sui mercati per fornire liquidità reale in modo da coprire quella fittizia. Questo sistema era stato trasformato per andare a beneficio del dollaro offshore e di chi era in grado di prezzarlo al margine, facendo sanguinare il capitale americano (industriale, energetico, manifatturiero) oltreoceano.
Tenete sempre una cosa a mente, però, questo testo non viene scritto per assolvere gli USA. Non c'è dubbio che anch'essi abbiano i loro scheletri nell'armadio sin da Bretton Woods, stiamo pur sempre parlando di bande mafiose vorrei ricordarvi. Ciononostante bisogna anche ponderare il fatto che gli USA non sono mai stati veramente in controllo della politica interna, della politica estera e della politica monetaria sin dai tempi di Woodrow Wilson. Per tutto il XVIII e XIX secolo gli Stati Uniti hanno costruito un gigantesco stock di capitale e ai tempi delle guerre mondiali erano già la destinazione preferita dal resto del mondo per quanto riguardava gli investimenti esteri. Non era affatto nel miglior interesse della nazione scialacquare questa fortuna, sia in termini umani che non, per ricostruire il resto del mondo che bruciava e cercare di “diffondere la democrazia”. L'impero risultante dalla Pax Americana non era nel miglior interesse della nazione, soprattutto in un contesto in cui per mantenere questa enorme macchina di guerra avrebbe significato lasciare che il prezzo del dollaro all'estero venisse impostato dalla City di Londra. Quando si riflette su questi punti si comprende che tutte le strade conducono a Londra e alla Banca d'Inghilterra.
L'amministrazione Trump, e i NY Boys dietro di essa, hanno detto basta. Il loro compito, adesso, è quello di invertire la tendenza e cercare di riparare a decenni di malgoverno e, soprattutto, all'erosione del bacino americano della ricchezza reale. Gli USA sono una fonte non indifferente di capitale umano e di risorse, il solo stato dell'Alaska vale più di tutta l'UE messa insieme in termini di ricchezza del sottosuolo. Ed ecco perché tutti vogliono continuare a fare affari con lo zio Sam, malgrado i dazi: non possono permettersi di vendere l'output a un prezzo inferiore rispetto a quello ideato originalmente per il mercato americano, soprattutto la Cina. La guerra commerciale è solo una costola di una guerra più grande a livello finanziario, da come avrete capito. Infatti serve a distinguere tra “amici” e “nemici” degli USA; i primi otterranno linee di swap tramite la FED in caso di stress finanziario, i secondi no.
La cosiddetta cricca di Davos è costituita da tenenti, le persone che fanno parte del WEF sono facenti funzione di figure che rimangono nell'ombra. Quindi la strategia primaria è quella di farli venire a galla e vedere fin dove si spingono le loro trame, soprattutto sul proprio territorio. Poi si passa a togliere loro le fonti di finanziamento e di influenza. Solo dopo ci si sposta a livello internazionale. Ora, se si distilla tutto il rumore, il minimo comun denominatore è solo uno: smantellare il sistema dell'eurodollaro. Per essere più precisi, bloccare tutte le scappatoie all'euro e all'accesso al collaterale (finanziario, energetico, industriale). In questo contesto Tether serve a bypassare l'intermediazione non collateralizzata della City di Londra per soddisfare la domanda di dollari nel mondo (collateralizzata grazie ai titoli sovrani americani comprati da Tether) e prezzare al margine il sistema dell'eurodollaro secondo il volere di Washington, non altrui. La tokenizzazione degli hard asset e la possibilità di diffondere capillarmente nel resto del mondo una valuta coperta da oro e Bitcoin è quanto di più vicino ci possa essere a una garanzia che il dollaro resterà la divisa preferita nel commercio mondiale. Ed è solo l'inizio, viste le implementazioni con IA che possono essere applicate al denaro catapulteranno anni in avanti gli USA rispetto a una Unione Europea che ancora deve lanciare l'euro digitale che, oltre a dimostrarsi un fallimento, è già obsoleto alla luce di tutte queste innovazioni in ambito stablecoin e Bitcoin.
I titoli del Tesoro americani rappresenteranno il collaterale di qualità alla base di questo ecosistema. E, a proposito, le aste dei bond statunitensi continuano a far registrare numeri incoraggianti come dimostrato dall'ultima riguardante i decennali, mentre, dall'altra parte dell'Atlantico, i Bund prendono una sonora sberla. Ancora una volta possiamo accogliere con una vibrante pernacchia i titoli dei giornali secondo cui i titoli tedeschi sarebbero presto diventati la nuova frontiera degli asset di riserva. Non solo, ma sarà molto probabilmente la BCE a guardare in alto per vedere fin dove schizzeranno i rendimenti dei titoli sovrani europei. Lo stesso discorso vale per la Cina, dove si chiacchiera tanto di come possa usare lo yuan per sostituire il dollaro nel commercio internazionale e di come possa vendere il biglietto verde per arginare/contrastare la potenza dello zio Sam. Notizia per voi: un calo del dollaro significa ri-dollarizzazione. Negli ultimi 20 anni solo la Cina ha creato $60.000 miliardi in nuovi prestiti. Attualmente gli NPL (es. prestiti non performanti) sono il 5% di tale cifra. Ha $2.500 miliardi in debiti esteri ($1.100 miliardi solo in dollari) e riserve monetarie estere per $3.000 miliardi (2.000 miliardi in dollari). Se volesse ripagare il suo debito estero, rimarrebbe solo con $1.000 miliardi in riserve estere e un monte di NPL ancora in crescita. Senza contare la necessità di pagare per le importazioni (nessuno vuole yuan per davvero). Alla luce di tutto ciò, che fine farebbe il peg dello yuan col dollaro? Chi è, quindi, che verrebbe realmente travolto da una vendita di dollari e asset denominati in dollari? Ah, e l'economia cinese è in crisi già adesso.
Contro l'amministrazione Trump, quindi, è stata lanciata una gigantesca campagna di caos, confusione e corruzione. Molto probabilmente si evolverà di nuovo in violenza per le strade con BLM 2.0, tra Dem, infiltrati e cricca di Davos oltreoceano il mantra rimane quello di lanciare contro il proprio “nemico” tutti ciò che si è in possesso. O per essere più precisi, per avere un vantaggio negoziale decente al tavolo delle trattative alla fine della guerra commerciale/finanziaria. Quanti asset sono stati bruciati ultimamente per cercare di tirare giù Hegseth? Quando Politico, Axios, o il Wall Street Journal parlano di “fonti interne alla Casa Bianca” che vorrebbero Hegseth, ad esempio, messo alla porta, non esiste niente del genere. È confusione; Trump sa benissimo che l'attuale gabinetto rimarrà in carica come minimo per un altro anno. È caos quanto accaduto circa un mese fa dopo il “Liberation Day” nei mercati obbligazionari e azionari americani quando la cricca di Davos, tramite il proxy di Inghilterra ed Europa, ha venduto asset americani per sostenere i mercati monetari e obbligazionari europei.
Questi spasmi sono tutti la conseguenza dello smantellamento del sistema dell'eurodollaro e il SOFR ha resistito finora a degli attacchi inauditi contro di esso riuscendone indenne. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, descrivo gli avvenimenti del settembre 2019 quando il SOFR esplose al 10-11% intraday a causa di una corsa agli sportelli dei mercati pronti contro termine americani e una forte domanda di denaro. Diverse banche finirono sotto pressione e la FED fu costretta a intervenire affinché creasse liquidità temporanea e puntellasse i mercati. Il problema di allora era che il SOFR era ancora in “fase beta”, tanto per usare un termine preso in prestito dall'informatica, e molto illiquido, di conseguenza molto sensibile a sbalzi improvvisi. Avanti veloce fino al 2023, durante il crollo di Silvergate, Silicon Valley Bank e Signature, la sua maturazione l'avrebbe portato ad assorbire il colpo permettendo al contempo a Powell di continuare a rialzare i tassi. Se ci pensate, qualcosa di inaudito per un banchiere centrale, ovvero rialzare i tassi durante una crisi bancaria. Avanti veloce fino al mese scorso quando, la seconda settimana di aprile, il SOFR mostra movimenti al rialzo nelle singole ore ordini di grandezza superiori rispetto ai movimenti giornalieri. Detto in termini semplici, era sotto attacco. Gli spike che vedete nel grafico del CME non dovrebbero accadere nemmeno nelle sessioni giornaliere “normali”.
Tutte le chiacchiere secondo cui la Cina stava scaricando i bond americani, i fondi pensione che scoppiavano in Giappone, o il “basis trade” erano una distrazione. Era invece un attacco al SOFR usando i titoli di stato americani a lungo termine per creare un avvallamento nella curva dei rendimenti nel medio termine e far gridare “recessione!” ai titoli dei giornali. L'obiettivo della cricca di Davos è sempre stato uno sin da quando il SOFR è entrato in gioco: delegittimarlo come meccanismo di prezzo del dollaro a livello internazionale. In passato era il LIBOR, un tasso non collateralizzato, dove i vari player si passavano tra loro le stesse passività per creare dal nulla liquidità temporanea e uno stock praticamente infinito di eurodollari con cui sommergere i loro problemi; ciò, a sua volta, avrebbe avuto ricadute sugli USA e sulla FED che sarebbe stata costretta a monetizzare questo mondo e quell'altro. Oggi devono attaccare il SOFR perché si tratta invece di un tasso collateralizzato a livello interno, basato sui mercati monetari interni agli Stati Uniti: niente più azzardo morale a spese del bacino della ricchezza reale statunitense, se si vuole accedere ai mercati pronti contro termine americani bisogna avere garanzie collaterali solide (solo titoli di stato USA). Oggi, quindi, sono necessari ingenti capitali per cercare di sovvertire un tale assetto e se tali attacchi vanno a vuoto chi li svolge perde molto rispetto al passato. Non possono essere reiterati ad libitum.
Il punto qui rimane solo uno: il sistema SOFR non si è rotto e la FED non è dovuta intervenire. Per quanto la stampa cerchi di fuorviare i lettori parlando di PIL in calo negli Stati Uniti, esso non misura né la crescita né la creazione di ricchezza reale, e il suo recente calo non è segno di debolezza bensì di forza: sono i tagli alla spesa pubblicano che lo stanno facendo scendere ed essi rafforzano l'economia. Dal punto di vista strategico è così che vengono portati allo scoperto i “nemici” ed è possibile individuarli. Trump ha davvero ricevuto tutte le telefonate che ha detto di aver ricevuto nel momento in cui ha approvato i dazi reciproci per tutti? Probabilmente no, probabilmente nessuno “ha chiamato”. Si tratta di avere la comunicazione strategica giusta per evidenziare i “nemici”. E ovviamente continuare a mettere pressione su di essi, perché la mancanza di accesso a finanziamenti facili come accadeva in passato significa altresì una ri-ponderazione del rischio su tutto lo spettro economico/finanziario mondiale.
Questo il motivo, in sostanza, per cui l'oro sale e continuerà a salire. Il metallo giallo è la forma definitiva di garanzia collaterale e c'è una corsa per accaparrarlo. Anche qui la City di Londra sta subendo altri duri colpi, perché l'oro adesso viene acquistato a New York e venduto a Londra. La LBMA è sotto corsa agli sportelli. In passato l'intermediazione dell'oro sintetico a Londra permetteva di tenere un tetto sul prezzo dell'oro fisico e veicolare l'idea che tutto fosse sotto controllo, che le crisi fossero sotto il controllo delle banche centrali. All'apertura di New York venivano scaricati i contratti e ricomprati alla chiusura, per poi continuare il gioco con apertura/chiusura in Europa. La presenza del LIBOR permetteva anche queste deformazioni. La credibilità/affidabilità degli Stati Uniti passa anche da un mercato dell'oro in ascesa in grado di stabilizzare e ripagare l'enorme debito pubblico della nazione. Ecco perché quel tetto adesso è stato smantellato e gli USA, rispetto ai loro avversari, sono la nazione con le riserve d'oro più grandi. Una volta rotto il gioco del LIBOR, a cascata tutte le distorsioni dei mercati sono venute al pettine.
Happy to tell Fox News about my proposal for a gold-backed Treasury bond as America enters its new Golden Age. Let’s restore monetary integrity to our currency as we increase productive output. Trump's economy is 'ready, willing and able': Judy Sheltonhttps://t.co/4e6gBVKby4
— Judy Shelton (@judyshel) May 8, 2025
BACKGROUND STORICO
Ma facciamo un passo indietro. Quando si tratta di analisi macroeconomica, ci sono sempre innumerevoli pezzi in movimento e possiamo immaginarli come punti su una scacchiera. Per capire cosa sta succedendo nel mondo dobbiamo vedere quei punti per quello che sono nel miglior modo possibile e poi dobbiamo collegarli tra loro in un modo che abbia senso. Se ci riusciamo, scopriremo che raccontano una storia. Come qualsiasi altra storia, però, può essere vera o falsa. Per determinarlo, dobbiamo continuare a valutare i pezzi in movimento e capire se nuovi dati e sviluppi supportano o invalidano la nostra storia.
Dopo tre anni trascorsi a seguire questa storia e a valutare i pezzi in movimento, credo che la mia versione sia accurata, oltre al fatto che i nuovi sviluppi sembrano supportarla. Questa storia rappresenta la natura dell'attuale lotta di potere: non è una lotta fisica, ma finanziaria. È ormai chiaro che le potenze europee del vecchio mondo hanno influenzato la politica e l'economia americana da molti anni. La realtà è molto più sfumata, ma mi piace usare il termine “cricca di Davos” per descrivere queste potenze europee. Stiamo parlando di quelle potenze che stanno alla base di istituzioni globaliste come l'Unione Europea, la Banca centrale europea, le Nazioni unite, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca dei regolamenti internazionali, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Forum economico mondiale (WEF) e entità simili. Queste istituzioni sono allineate nella visione del mondo e promuovono un programma simile: una governance globale centralizzata rispetto alla sovranità nazionale, e soprattutto rispetto alla governance localizzata.
Il WEF ha sviluppato un quadro politico per quantificare questo programma: “capitalismo degli stakeholder”. Klaus Schwab ha confezionato questo quadro come “Il Grande Reset” e lo ha pubblicizzato al mondo nel giugno 2020, nel mezzo dell'isteria per la crisi sanitaria. È chiaro che anche alcune grandi istituzioni americane si sono allineate a questo programma globalista ormai da anni e alcune lo fanno ancora. Bank of America, ad esempio, parla dell'implementazione del capitalismo degli stakeholder ogni anno nella sua lettera annuale agli azionisti. Tuttavia, è altrettanto evidente che altre importanti istituzioni americane hanno rotto i ranghi rispetto al programma globalista. Infatti si è verificata una frattura ai vertici della struttura di potere.
LA CONTRORIVOLUZIONE AMERICANA
Coloro che sono al centro del sistema finanziario americano sono ora in modalità autoconservazione: stanno portando avanti un piano per salvare il sistema finanziario basato sul dollaro, fondamentale per la loro ricchezza, il loro potere e la loro influenza. Questa dinamica ha iniziato a manifestarsi platealmente nell'ottobre 2022. La Federal Reserve aveva già rialzato il suo tasso di riferimento di 300 punti base dall'inizio di quell'anno e la cricca di Davos non ne era entusiasta. La campagna di rialzo dei tassi della FED spinse le Nazioni Unite a pubblicare un annuncio quello stesso ottobre, supportato da una relazione accademica intitolata Trade and Development Report 2022. La relazione delle Nazioni Unite chiedeva a tutte le banche centrali di interrompere immediatamente i rialzi dei tassi. Gli autori affermarono che sarebbe stato irresponsabile rialzarli ulteriormente, insinuando che ciò sarebbe stato paragonabile a un attacco ai Paesi in via di sviluppo.
Questa relazione era chiaramente rivolta alla FED: era un messaggio proveniente dal quartier generale globalista e proclamava che la FED aveva superato i limiti. All'epoca mi aspettavo che Jerome Powell facesse marcia indietro, dopotutto la FED aveva coordinato apertamente la politica monetaria con la BCE e altre banche centrali per anni dopo la crisi finanziaria del 2008. Sembrava proprio che fossero tutti dalla stessa parte. La settimana successiva Powell rialzò il tasso di riferimento della FED di altri 75 punti base e avrebbe continuato a farlo nei mesi successivi (+150 punti base). Inutile dire che attirò la mia attenzione: Powell non solo stava sfidando gli ordini di marcia globalisti, ma si stava muovendo contro di essi in modo aggressivo e senza scuse. Powell iniziò a parlare della necessità di una riforma fiscale all'interno del governo statunitense. In una riunione del Federal Open Market Committee, affermò esplicitamente di non ritenere che fosse compito della FED monetizzare il debito pubblico.
Nel frattempo, nel settembre 2023, l'allora Segretario al Tesoro, Janet Yellen, annunciò quello che definì un “piano di riacquisto di titoli del Tesoro”: il Dipartimento del Tesoro americano avrebbe acquistato regolarmente titoli di stato statunitensi per tutto il 2024. Si trattava ovviamente di un'operazione volta ad avviare quello che in gergo finanziario viene chiamato “controllo della curva dei rendimenti”. Si tratta di un'operazione in cui un'entità – in genere una banca centrale – acquista titoli di stato di determinate scadenze per impedire che i tassi d'interesse superino un certo livello. Il piano della Yellen assomigliava a una nuova “Operazione Twist”.
Quest'ultima era ciò che la FED aveva già implementato nel 2011. Fu allora che Ben Bernanke acquistò titoli del Tesoro a lungo termine e contemporaneamente vendette titoli a breve termine in grandi quantità. Ciò contribuì a spingere i tassi d'interesse a lungo termine più in basso di quanto sarebbero stati altrimenti. La Yellen si propose di applicare la stessa strategia l'anno scorso, ma c'era una sfumatura: il Dipartimento del Tesoro non può creare denaro dal nulla come la FED. L'unica cosa che può fare è emettere nuovi titoli di stato per finanziare la propria spesa. Ciononostante ha bisogno di investitori disposti ad acquistarli. Questo è il motivo per cui i programmi di controllo della curva dei rendimenti sono sempre gestiti da una banca centrale. Non funziona molto bene se non si possono stampare ingenti quantità di denaro per acquistare i titoli che si desidera comprare.
Perché la Yellen stava cercando di controllare la curva dei rendimenti? Non era Powell che avrebbe dovuto gestire questa operazione? La risposta è diventata chiara col tempo: la Yellen e Powell erano in squadre diverse.
La Yellen è una fedele sostenitrice della fazione globalista. Ha assecondato l'agenda globalista quando ha presieduto la FED dal 2014 al 2018 e ha fatto lo stesso dal suo incarico di Segretario al Tesoro durante l'amministrazione Biden. Powell, invece, lavora per la fazione americana, ovvero i NY Boys, che hanno rotto i ranghi con i globalisti. Powell, infatti, ha supervisionato il ciclo di rialzo dei tassi più aggressivo della storia, nonostante la struttura di potere globalista gli urlasse di fermarsi. E, come vedremo, ha avuto un ruolo fondamentale nel liberare la politica monetaria statunitense dalle influenze globaliste.
Per quanto io e altri abbiamo considerato la FED inetta e incapace, aveva messo in atto un piano da diversi anni: un tasso chiamato Secured Overnight Financing Rate (SOFR).
RIPRISTINARE LA SOVRANITÀ FINANZIARIA STATUNITENSE
Il SOFR è ora il tasso d'interesse di riferimento per prestiti e derivati denominati in dollari. Si basa esclusivamente sulle transazioni del mercato pronti contro termine del Tesoro statunitense. Il SOFR è stato creato nel 2018 e implementato gradualmente nel corso degli anni successivi. Ha poi sostituito il London Interbank Offered Rate nel gennaio 2022 ed è ora il tasso d'interesse di riferimento esclusivo negli Stati Uniti. Le istituzioni finanziarie utilizzano i tassi d'interesse di riferimento per determinare il prezzo dei prestiti. Prima del 2022, per i prestiti denominati in dollari si usava il LIBOR; ora si usa il SOFR. Ricordate, la Federal Reserve non può “impostare i tassi d'interesse”, tutto ciò che può fare è modificare il tasso Fed Fund (si tratta del tasso al quale le banche si prestano denaro overnight). Con il SOFR, il tasso Fed Fund ha un impatto diretto: stabilisce un limite minimo al di sotto del quale è improbabile che il SOFR scenda.
Invece il tasso Fed Fund non ha avuto un impatto diretto sul LIBOR; ha avuto solo un'influenza indiretta. Questo perché il LIBOR era calcolato sulla base di stime giornaliere fornite da un consorzio di 16 banche: 11 banche con sede in Europa, 3 banche americane, 1 banca giapponese e 1 banca canadese. Per questo motivo il tasso Fed Fund non poteva stabilire un limite minimo con il LIBOR, perché quel consorzio poteva sempre presentare stime inferiori per abbassare i tassi. Ed è esattamente quello che facevano. Nel 2012, quando è scoppiato lo “scandalo LIBOR”, abbiamo appreso che alcune banche del consorzio avevano presentato stime di tassi artificialmente basse per manipolare il LIBOR al ribasso.
Quando il LIBOR era il tasso di riferimento per i prestiti denominati in dollari, l'economia statunitense era vincolata ai programmi stabiliti dalle fazioni al potere che controllavano l'Unione Europea: quelle 11 banche del consorzio in Europa potevano manipolare i tassi d'interesse tramite il LIBOR, se ciò fosse stato favorevole ai loro programmi. Di conseguenza la differenza tra SOFR e LIBOR è fondamentale.
Il SOFR si basa esclusivamente sulle transazioni nel mercato dei pronti contro termine. Si tratta di transazioni reali che sono accadute. Al contrario il LIBOR, che si basava su stime presentate da un consorzio di banche, non faceva affidamento su transazioni effettive. Ciò significa che il SOFR consente al mercato di avere un impatto diretto sui tassi d'interesse a lungo termine. Questo è fondamentale per determinare il prezzo del credito con ragionevole accuratezza. Con il SOFR ora in vigore, le banche europee non hanno alcuna influenza sui tassi d'interesse denominati in dollari. Non è esagerato affermare che il SOFR ha liberato la politica monetaria statunitense dall'influenza globalista.
Questo ha aperto la strada a quella che chiamo la Grande Riorganizzazione americana.
NORMALIZZAZIONE, MERCATI E TASSI
Non è un caso che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, abbia iniziato a rialzare i tassi nel 2022, dopo quattro anni dal suo mandato. Powell ha dovuto aspettare finché il SOFR non avesse sostituito il LIBOR come indice di riferimento statunitense, altrimenti gli interessi finanziari legati all'UE avrebbero potuto vanificare i suoi sforzi manipolando il LIBOR al ribasso. In altre parole il SOFR ha permesso a Powell di rompere i ranghi con il cartello globale delle banche centrali. Ovviamente i media finanziari non ne hanno parlato in questo modo e molti analisti finanziari non si rendono ancora conto di cosa stia succedendo.
Quello a cui stiamo assistendo è un tentativo di “normalizzare” il sistema finanziario statunitense e la politica dei tassi d'interesse è una parte importante di questa normalizzazione.
La FED ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base a settembre 2024 e secondo i media finanziari siamo tornati in piena corsa per tagli sempre più aggressivi. Infatti hanno affermato che la FED ha “cambiato rotta”. Non è affatto così. Powell ha dichiarato pubblicamente di volere che il tasso Fed Fund torni a essere “neutrale”. In altre parole, vuole che tali tassi siano determinati dal mercato, come consentito dal SOFR. È stato schietto e diretto a tal proposito fin da quando ha iniziato a rialzare i tassi dal 2022. Anche allora i media continuavano a dire che avrebbe “cambiato rotta”, ma non lo ha mai fatto. Se prendiamo Powell in parola, intende normalizzare i tassi d'interesse e ciò imporrebbe una massiccia riorganizzazione dell'economia americana.
Il fatto è che ogni aspetto dell'economia è stato “finanziarizzato” negli ultimi 50 anni: la società americana è stata rimodellata per favorire gli asset finanziari rispetto alla produzione di beni e servizi. Sebbene questo abbia rappresentato un grande vantaggio per Wall Street e il mercato azionario, ha anche svuotato la classe media americana e la piccola imprenditoria. Gli Stati Uniti sono risultati effettivamente in recessione per gran parte del decennio precedente, questo perché la politica monetaria allentata e la ZIRP svalutano tutto. Quando sono stati portati i tassi a zero e stampato migliaia di miliardi di dollari dal nulla, è stata incoraggiata la finanziarizzazione, la speculazione e gli sprechi.
Quello di cui sto parlando è una trasfigurazione della società americana: milioni di piccole attività commerciali nelle vie principali di tutta l'America sono state spazzate via. È così che sono spuntate fuori ville in periferia e auto di lusso che nessuno sa come riparare quando qualcosa va storto; è così che sono spuntati fuori centri commerciali e grandi magazzini ovunque e vie principali deserte; è così che sono spuntate fuori legioni di laureati in sociologia e studi sulla diversità e poche persone che sanno davvero come funziona qualcosa. Ma non dimentichiamocelo: c'è un tempo per ogni cosa e una stagione per ogni attività sotto il cielo.
Il SOFR che sostituisce il LIBOR e la rottura della FED con l'agenda globalista segnalano che è in corso una controrivoluzione americana e le briciole di pane iniziano ad allinearsi...
AFFRONTARE LO STATO PROFONDO
Questo significa, in sostanza, che l'era del denaro facile e dei tassi d'interesse artificialmente bassi sono alle nostre spalle. Ciò che è stato sostenuto da questi due meccanismi finirà con essi. E adesso ci spostiamo sul Congresso e sulla politica fiscale. Per decenni il Congresso degli Stati Uniti ha operato partendo dal presupposto di poter spendere denaro senza conseguenze. I tassi d'interesse a zero, favoriti da politiche monetarie ultra lassiste, hanno permesso deficit progressivamente crescenti senza ripercussioni immediate. Eravamo arrivati al punto in cui il Congresso sarebbe stato destinato ad aggiungere oltre $2.000 miliardi al debito nazionale ogni anno e questa era solo la punta dell'iceberg. Il livello di debito del governo degli Stati Uniti era diventato insostenibile. La spesa per interessi aveva superato i $1.100 miliardi nell'ultimo anno fiscale, rendendo il pagamento degli interessi la seconda voce nel bilancio federale. Per illustrare quanto fosse estrema questa situazione, diamo un'occhiata alle spese federali principali per l'anno fiscale 2024:
• Previdenza sociale: $1.500 miliardi
• Pagamento degli interessi: $1.100 miliardi
• Medicare: $869 miliardi
• Difesa: $826 miliardi
Il fatto che Elon Musk e Vivek Ramaswamy si siano uniti per formare il Dipartimento per l'Efficienza del Governo (DOGE) suggerisce che potenti figure abbiano capito la necessità di tagliare drasticamente la spesa federale ora, in modo da evitare una crisi del debito sovrano. Anche perché nei prossimi 4 anni arriveranno a scadenza circa $17.000 miliardi di debiti negli USA. Il team DOGE si è impegnato a pareggiare il bilancio tagliando quasi $2.000 miliardi in spesa federale. Ciò sta comportando l'eliminazione di ingenti somme di denaro dallo Stato sociale e una drastica riduzione del personale nel governo federale. Inutile dire che non mancano le resistenze. Inoltre il team DOGE sta intervenendo anche contro la regolamentazione, eliminando decine di norme e ingessando lo Stato amministrativo statunitense che opera come un governo ombra.
Questa è la lotta che sta impervesando e imperverserà per i prossimi anni: DOGE contro lo Stato profondo.
Il direttore dell'Office of Management and Budget, Russell Vought, ha articolato quello che ritengo un piano molto ben ponderato nella sua intervista con Tucker Carlson poco prima del Giorno del Ringraziamento. Mi è chiaro che comprendono il funzionamento interno del sistema e ciò che stanno affrontando: se non si ferma la spesa incontrollata del governo federale, ci sarà una crisi del debito sovrano entro i prossimi quattro anni. E poiché il dollaro e i titoli del Tesoro USA sono fondamentali per l'intero sistema finanziario globale, una crisi del genere porterebbe a qualcosa di ben peggiore di quanto visto nel 2008.
Inutile dire che la cricca di Davos consideri un tale evento come un'opportunità. I globalisti hanno già gettato le basi per il loro “Grande Reset” durante l'isteria del Covid, una crisi finanziaria globale di proporzioni epiche offrirebbe loro una finestra di caos attraverso la quale inaugurare il resto del loro programma.
La buona notizia per chi non vuole vivere sotto una grottesca forma di neofeudalesimo e tecnocomunismo è che l'America può ancora essere salvata.
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