venerdì 27 gennaio 2023

La tesi umanitaria e ambientalista a favore di Bitcoin

 

 

di Alex Gladstein

Bitcoin può ridurre la corruzione degli aiuti esteri, porre fine alla loro dipendenza e favorire l'energia rinnovabile per i mercati emergenti?

Bitcoin viene generalmente associato agli investimenti e all'innovazione strettamente finanziaria, ma cosa succede se alcuni dei suoi maggiori impatti nel tempo finiranno per influenzare gli spazi umanitari e ambientali?

Questo saggio esplorerà alcune delle principali diatribe nella sfera degli aiuti internazionali, sottolineando che i benefattori dovrebbero considerare i pagamenti in Bitcoin e il mining come strumenti per ridurre la corruzione, diminuire la dipendenza dagli aiuti esteri e permettere all'energia rinnovabile di superare gli ostacoli alla sua adozione in tutto il mondo.

Nel suo saggio del 2010, Alms Dealers, Philip Gourevitch racconta la storia degli aiuti esteri. Tale industria, ha scritto, è nata nel 1968 dalla compassione occidentale innescata dagli spot in TV che mostravano bambini affamati nella provincia separatista del Biafra in Nigeria. L'impulso ad aiutare i meno fortunati nel mondo si è trasformato in una vasta industria di aiuti esteri da $200 miliardi.

I 22 governi più ricchi forniscono circa il 60% di quella somma, con ONG private, aziende e fondazioni che finanziano il resto. Circa un terzo degli aiuti esteri è classificato come assistenza allo sviluppo, un terzo come aiuto umanitario e un terzo come sostegno militare o alla sicurezza. In totale, negli ultimi sei decenni, più di $4.000 miliardi in aiuti esteri sono stati inviati dai Paesi ricchi a quelli più poveri.

Questa è una somma sbalorditiva e, in superficie, una dimostrazione di altruismo apparentemente impressionante. Personaggi pubblici come Jeffrey Sachs e Peter Singer sostengono che l'aiuto estero è un imperativo morale, ma non tutti sono d'accordo sull'impatto complessivo. Come si chiede Gourevitch: “La moderna industria umanitaria aiuta invece a creare il tipo di miseria che dovrebbe riparare?”

Alla fine egli attribuisce all'umanitarismo il merito di aver fatto del bene, ma ci sono tre notevoli difetti che gli impediscono di realizzare pienamente la sua missione.

In primo luogo, gli aiuti esteri sono generalmente diretti e distribuiti dai governi locali. A quel punto questi regimi, spesso autocratici, sottraggono una parte dei fondi o dei beni ai loro compari o truppe, o sviluppano reti di clientelismo. Quando l'aiuto estero non viene completamente rubato, le tasse possono essere ridotte in ogni punto lungo il percorso verso il destinatario previsto. Percentuali significative di aiuti esteri vengono estratte da intermediari mentre si dirigono da Washington o Bruxelles agli agricoltori o ai rifugiati dall'altra parte del mondo.

Nella sua critica Gourevitch ha scritto che c'è una “decadenza più profonda nell'umanitarismo la quale non ha fatto altro che alimentare le guerre: dal quindici percento del valore degli aiuti esteri (nella Liberia di Charles Taylor) all'ottanta percento (sul territorio di alcuni somali signori della guerra), per non parlare poi dell'infrastruttura logistica per la pulizia etnica (in Bosnia)”.

In secondo luogo, gli aiuti esteri sono spesso strutturati in modo da creare dipendenza. Dalle scarpe lanciate da un elicottero solo per rovinare la domanda di produzione locale, a intere nazioni le cui industrie alimentari e di beni di base sono state distrutte, gli aiuti esteri hanno ostacolato l'indipendenza economica e politica già nota a governi e cittadini in luoghi come Stati Uniti, Francia o Giappone.

Gourevitch ha descritto le “ignobili economie che gli aiuti esteri alimentano e creano: la concorrenza per i contratti, anche per progetti che tutti sanno essere sconsiderati, i modi in cui sconvolgono i mercati locali di beni e servizi, rafforzando i produttori di guerra e creando nuovi crisi per le loro vittime”.

Un terzo problema correlato è che gli aiuti esteri non sono sufficientemente sfruttati per aiutare le comunità e le nazioni in via di sviluppo a diventare indipendenti dal punto di vista energetico, perché raramente esiste un chiaro percorso verso la sostenibilità economica per le aziende agricole a energia rinnovabile, i cui punti di raccolta sono spesso lontani dai centri abitati e privi di rete infrastruttura.

Bitcoin potrebbe aiutare gli umanitari a superare queste tre sfide?

Da un lato, sembra ovvio come questa nuova valuta digitale possa aiutare a connettere i benefattori ai destinatari, in modo peer-to-peer, e che non può essere fermato e potrebbe ridurre significativamente la corruzione degli "intermediari".

Dall'altro, e in un modo che deve ancora essere ampiamente discusso, sembra possibile che il mining di Bitcoin, al contrario di altre forme di aiuto, possa aiutare a emancipare comunità e nazioni dalla dipendenza da potenze straniere ed espandere la propria l'elettrificazione.


I. TAGLIARE FUORI GLI INTERMEDIARI

La stragrande maggioranza degli aiuti esteri proviene da governi e individui occidentali e viene inviata ai governi, o tramite essi, dei mercati emergenti. Molti di questi governi sono corrotti o autoritari e decidono come distribuire gli aiuti esteri. Esistono altri sforzi umanitari peer-to-peer come GiveDirectly, ma in generale, l'opportunità di riforma – e per benefattori e filantropi inviare aiuti direttamente alle comunità e alle persone bisognose – è enorme.

Quando gli aiuti esteri vengono dati oggi, passano attraverso una serie di intermediari. Secondo gli studiosi “la storia degli aiuti esteri è stata indissolubilmente legata alla corruzione”. I rapporti suggeriscono un “tasso di perdita” del 15% per gli aiuti diretti alle nazioni più povere e che “una grande frazione del denaro degli aiuti non raggiunge mai un Paese in via di sviluppo”. Uno studio recente ha rilevato che “ben un sesto degli aiuti esteri destinati ai Paesi più poveri del mondo è confluito in conti bancari in paradisi fiscali di proprietà delle élite”. Nel 2012 l'allora Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha affermato che “la corruzione ha impedito al 30% di tutta l'assistenza allo sviluppo di raggiungere la sua destinazione finale”. Ad esempio, in uno studio di Oxfam, i ricercatori hanno potuto verificare solo che il 7% dei $28 milioni in aiuti statunitensi destinati al Ghana è arrivato a destinazione tra il 2013 e il 2015.

Nel suo libro, Dead Aid, l'economista zambiana Dambisa Moyo ha sostenuto che l'assistenza straniera può ostacolare la crescita e, in alcuni casi, fa di più per riempire le tasche dei burocrati che per migliorare in modo sostenibile la vita del cittadino medio. Gli aiuti esteri possono anche innescare un ciclo di feedback negativo di ulteriori sprechi, poiché quando i governi beneficiari sono “troppo deboli o troppo privi di scrupoli per gestire le risorse degli aiuti, i benefattori devono dedicare una quantità straordinariamente elevata di risorse alla supervisione e ai controlli”. Anche quando gli operatori umanitari sono onesti, sono spesso ostacolati, incapaci di denunciare la corruzione per paura di essere espulsi dal Paese in cui lavorano. Ciò si traduce in una “mancanza storica di apertura tra le agenzie umanitarie sui problemi di corruzione”. Molti governi, dal Myanmar al Venezuela, hanno agito da blocco, usando il controllo delle frontiere e dei sistemi finanziari per impedire che gli aiuti esteri affluissero ai loro cittadini per paura che potessero rafforzare i gruppi di opposizione.

Ma l'umanitarismo potrebbe essere espresso in modo più diretto.

Come esempio personale, qualcuno ha contattato il sottoscritto qualche mese fa, all'inizio della rivoluzione in Myanmar. Voleva fornire aiuto al movimento democratico, ma il sistema bancario era praticamente chiuso e non c'era un modo semplice per trasferire dollari. Dopo aver fatto alcune ricerche, ci è stato presentato un operatore umanitario diventato attivista, che era anche un utilizzatore di Bitcoin. Poteva facilmente accettare una donazione, custodirla in BTC e poi venderla nei mercati peer-to-peer quando aveva bisogno di spendere la valuta kyat locale. Gli è stato mandato un indirizzo tramite Signal e la donazione è arrivata in pochi minuti. Nessuna barriera, nessun intermediario e nessuna possibilità di corruzione lungo il percorso. È solo un piccolo esempio, ma è un assaggio di ciò che potrebbe riservare il futuro.

Il punto di svolta rappresentato da Bitcoin come sistema di pagamento umanitario di successo è la liquidità locale (in modo che i destinatari possano facilmente incassare denaro fiat quando necessario), o le economie circolari. La prima si è espansa notevolmente in tutto il mondo negli ultimi anni e le seconde sono già in costruzione.

Oggi se si vuole sostenere un progetto umanitario in qualsiasi Paese del mondo, dall'Iraq al Senegal, basta che il destinatario abbia uno smartphone. In questo modo possono ricevere bitcoin direttamente su un'app Android gratuita e open source come Melis wallet e poi, se necessario, scambiarli nel tempo in denaro fiat attraverso mercati peer-to-peer come Paxful, LocalBitcoins, o canali Telegram.

Aiuti, donazioni e rimesse possono ora essere inviati a persone in El Salvador, ad esempio, con l'aiuto di Strike. La piattaforma basata, sviluppata da Jack Mallers, Rockstar Dev e altri, è diventata, tre settimane dopo il lancio, l'app finanziaria numero uno in assoluto nel Paese. Questa crescita è stata alimentata dall'economia circolare e dalla comunità di "Bitcoin Beach", che ora sta dando i natali ad altre comunità, non solo in El Salvador ma anche nei Paesi vicini come il Guatemala.

In definitiva, uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo internazionale è stato il fatto che ci sono tanti intermediari tra il donatore e il destinatario. Spesso sono governi cleptocratici o corporazioni sfruttatrici e monopolistiche. Con Bitcoin c'è un nuovo modello per eliminare questo pasticcio e connettere benefattori e beneficiari in modo peer-to-peer.


II. LA SOCIETÀ SFRUTTATRICE

Nel loro libro, Why Nations Fail, gli economisti Daron Acemoglu e James Robinson scompongono il mondo in due tipi di società: inclusiva e sfruttatrice.

Le società inclusive, come la Corea del Sud o gli Stati Uniti, “sono quelle che consentono e incoraggiano la partecipazione delle persone in attività economiche che sfruttano al meglio i loro talenti e abilità e che consentono loro di fare le scelte che desiderano”.

Ciò è in contrasto con le società sfruttatrici, le quali dipendono da istituzioni politiche assolutiste per la loro sopravvivenza.

“Istituzioni politiche inclusive tenderebbero a sradicare le istituzioni economiche che espropriano le risorse di molti, erigono barriere all'ingresso e sopprimono il funzionamento dei mercati in modo che solo pochi ne traggano vantaggio”, ma nelle società sfruttatrici coloro che detengono il potere sono in grado di contrastare queste forze e “arricchirsi e aumentare il proprio potere a spese della società”.

In termini generali, gli aiuti esteri fluiscono dalle società inclusive a quelle sfruttatrici. Acemoglu e Robinson hanno raccontato la tragica storia del Congo, il quale ha sofferto per secoli sotto istituzioni altamente sfruttatrici. Dal regno del Kongo al regno genocida di re Leopoldo, e dal colonialismo belga della fase successiva alla dittatura di Mobutu e alle guerre minerarie di oggi, le élite e le potenze straniere hanno saccheggiato le risorse naturali del Paese, sottratto incredibili profitti, distrutto l'ambiente e decimato la popolazione.

Mobutu, ad esempio, possedeva un palazzo con un aeroporto abbastanza grande da far atterrare un jet Concorde (che affittò per volare avanti e indietro da Parigi) e acquistò castelli in tutta Europa e possedeva persino ampi tratti di Bruxelles. Nel frattempo i cittadini congolesi sotto il suo regno soffrivano per l'iperinflazione, la povertà assoluta, la violenza dilagante e una quasi totale mancanza di elettricità.

“La moderna RDC”, hanno scritto Robinson e Acemoglu, “rimane povera perché i suoi cittadini non hanno ancora quelle istituzioni economiche che creano gli incentivi di base che rendono prospera una società. Il potere politico continua ad essere strettamente concentrato nelle mani di un'élite che ha pochi incentivi ad aiutare il popolo”.

Gli aiuti esteri non cambiano una tale situazione e, a volte, aiutano a sostenere gli oppressori che in primo luogo tengono sotto scacco la loro gente.

E se un nuovo tipo di aiuto umanitario potesse spezzare questo modello di dipendenza invece di aiutarlo e favorirlo?


III. UN TRAMITE PER L'INDIPENDENZA

Miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo affrontano il problema dell'energia. Affinché le loro economie crescano, devono espandere la loro infrastruttura elettrica, un'impresa complessa e ad alta intensità di capitale. Ma quando costruiscono centrali elettriche, con aiuti o investimenti esteri, per cercare di catturare energia rinnovabile in luoghi remoti, tale energia spesso non ha nessun posto dove andare.

In molti Paesi dell'Africa, ad esempio, ci sono vaste risorse solari, eoliche e idroelettriche. Queste forze potrebbero guidare l'attività economica, ma le comunità e i governi locali di solito non hanno i fondi per investire nelle infrastrutture e quindi avviare il processo.

I benefattori e gli investitori stranieri non sono disposti a sostenere progetti che non hanno un percorso verso la sostenibilità o i profitti. Senza forti linee di trasmissione per fornire energia dai punti di raccolta ai centri abitati, i costruttori di centrali elettriche potrebbero aspettare anni prima di poter vedere un qualche ritorno senza sovvenzioni estere.

Qui è dove Bitcoin potrebbe rappresentare un punto di svolta per gli incentivi. Le nuove centrali elettriche, non importa quanto remote, possono generare entrate immediate, anche senza linee di trasmissione, indirizzando la loro energia alla rete Bitcoin e trasformando la luce del sole, l'acqua o il vento in denaro.

Man mano che le autorità locali o i clienti si collegano gradualmente alla centrale elettrica e sono disposti a pagare di più per l'energia di quanto i miner possono permettersi, il carico di Bitcoin si riduce e le comunità possono crescere. In questo modo il mining di Bitcoin stimola l'attività economica e permette l'avvio di reti rinnovabili; gli aiuti internazionali potrebbero fornire la scintilla.

Per scoprire come, l'autore ha parlato con il miner Seb Gouspillou.


IV. IL MINING DI BITCOIN IN CONGO

Nel 2014 l'Unione Europea ha contribuito a finanziare una centrale idroelettrica da 15 megawatt (MW) su un piccolo affluente del fiume Congo nella RDC. La struttura è immersa in quella che è, dopo l'Amazzonia, la seconda foresta pluviale tropicale più grande del mondo. È di proprietà e gestita dal Virunga National Park, che mira a preservare migliaia di specie animali e vegetali tra cui il gorilla di montagna in via di estinzione, oltre a sostenere i cinque milioni di persone che vivono vicino ai confini del parco.

Il sogno di alimentare parchi come questo con l'energia idroelettrica è complicato. Come ha scritto il New York Times in un articolo del 2017, le centrali a Virunga “possono salvare un parco e aiutare un Paese”.

Ma, com'è tipico, a causa della difficoltà di costruzione della rete, la direzione del parco non è stata in grado di utilizzare subito tutta l'energia. Nel 2020 ha deciso d'iniziare a minare Bitcoin con l'energia in eccesso.

Generare subito entrate da una centrale elettrica remota in montagna, nelle giungle o nei deserti, è quasi impossibile, perché l'energia potrebbe non essere collegata immediatamente ai clienti. Ma con Bitcoin la struttura può ancora trarre profitto anche senza linee di distribuzione o domanda locale. Gouspillou ha affermato che le centrali idroelettriche e gli altri progetti della sua azienda, come i parchi solari in Sudafrica, sono buoni esempi di questo meccanismo nel mondo reale.

Con l'aumentare della domanda locale, le sue macchine del mining si spegneranno e questo è un fenomeno legato al mercato dell'energia: i miner di Bitcoin hanno bisogno di prezzi compresi tra 2 centesimi e 5 centesimi per kilowatt (kW) affinché possano lavorare in modo redditizio, ma ogni altro utente pagherà di più, da 5 a 6 centesimi/kW per gli utenti industriali e da 10 a 15 centesimi/kW per gli utenti residenziali nei Paesi sviluppati, fino all'incredibile gamma di 20-40 centesimi/kW in Africa. Data la concorrenza per l'energia che i miner di Bitcoin vogliono acquistare, essi spegneranno le loro macchine, forse per riaccenderle in seguito e in risposta ai carichi di rete. Questa relazione è poco compresa da molti, portando a un presupposto popolare, ma errato, secondo cui Bitcoin "spreca" energia che invece potrebbe essere utilizzata per altri progetti.

L'azienda di Gouspillou ha costruito e gestisce l'impianto minerario di Virunga e ha formato il personale locale. La mining farm si connette tramite Internet via satellite ai pool minerari e la società deposita la quota di entrate in bitcoin direttamente nel suo conto online.

Questa è una nuova ancora di salvezza economica per il parco, che secondo Gouspillou riceve solo circa $100.000 all'anno dal governo congolese, ma ha un budget operativo mensile di circa $1.000.000.

C'è un altro progetto idroelettrico in lavorazione a Virunga, una diga da 30 MW su un altro fiume vicino, e che sarà finanziato dall'UE. Questa volta il parco sta già pianificando di utilizzare parte di quell'energia per il mining di Bitcoin. Alla fine queste dighe potrebbero sostenere i milioni di persone che vivono intorno al territorio del parco e costituire un “tentativo ambizioso non solo per proteggere Virunga – il parco nazionale più antico dell'Africa – da minacce tra cui ribelli armati, deforestazione e cercatori di petrolio, ma per far ripartire l'economia locale e contribuire a stabilizzare una delle peggiori zone di conflitto del mondo”.

Centinaia di milioni di persone oggi vivono ancora senza accesso alle reti elettriche e la maggior parte si trova in sub-Africa sahariana. Nel 2019 solo l'8,7% della popolazione congolese aveva accesso all'energia elettrica. I numeri sono simili o peggiori in Sud Sudan, Somalia, Libera, Sierra Leone, Ciad, Niger, Malawi e Repubblica Centrafricana, con solo pochi governi nel continente africano in grado di fornire elettricità a più del 50% della loro popolazione. In Paesi come il Congo, l'elettrificazione si sta espandendo più lentamente della crescita della popolazione.

Tradizionalmente i cittadini senza elettricità abbattono gli alberi per ricavarne carbone e cucinare, rilasciando quantità significative di monossido di carbonio nell'atmosfera. La combustione di biocarburanti per cucinare e riscaldarsi è anche una delle principali cause d'inquinamento dell'aria in tutto il mondo, causando 1,6 milioni di morti all'anno, la metà dei quali sono bambini sotto i cinque anni. Ma se il mining di Bitcoin può essere un ponte per sovvenzionare e incoraggiare più energia idroelettrica, allora gli umanitari devono puntare su di esso in modo da fermare la deforestazione, proteggere l'ambiente e responsabilizzare le persone. Secondo l'International Food Policy Research Institute, il Congo “ha il potenziale per diventare il granaio dell'intero continente africano”.

La ricerca delle Nazioni Unite afferma che fornire elettricità a chi ne è sprovvisto richiede “un aumento dei finanziamenti privati e incentivi politici e fiscali adeguati, in modo da stimolare uno sviluppo più rapido delle nuove tecnologie”.

Bitcoin potrebbe benissimo essere un meccanismo per aiutare ad allineare gli incentivi e stimolare più elettricità e agricoltura per una parte del mondo che è sottosviluppata e dipendente dalle importazioni.

Esistono diversi modelli di come gli aiuti esteri potrebbero funzionare in questo scenario. In un modello "meno maturo", un'azienda come BigBlock di Gouspillou potrebbe essere pagata per gestire tutto e consegnare una quota di profitto a un partner locale. In un modello "più maturo", potrebbero essere incaricati di gestire solo l'installazione e la formazione e poi lasciare tutto il resto alle autorità locali.

In questo modo l'aiuto umanitario potrebbe contribuire a rafforzare le comunità locali e a farle ripartire in modo che possano avere il controllo sul proprio destino, rendendole più produttive e sovrane. Esistono già molti di questi progetti per fornire elettricità a piccole comunità lontane dai centri abitati in tutta l'Africa, ha affermato Gouspillou, e il mining di Bitcoin può renderli molto più redditizi ed efficaci. E se la Gates Foundation o l'UE, ad esempio, annunciassero $100 milioni all'anno per finanziare il mining di Bitcoin in Africa? Con l'innovazione in corso nella connettività Internet via satellite, la monetizzazione delle fonti energetiche nelle regioni remote diventerebbe più economica nel tempo.

Gouspillou ha affermato che la rete nella sua nativa Francia dipende ancora al 70% dal nucleare, un retaggio della visione di Charles de Gaulle per l'indipendenza energetica. Ma niente di tutta questa energia viene utilizzato per il mining di Bitcoin, qualcosa che Gouspillou ha definito un grosso errore. Ha stimato che se solo il 2% della produzione del sistema nucleare fosse diretto al mining di Bitcoin, tale cifra potrebbe essere sufficiente a superare le recenti difficoltà finanziarie della compagnia elettrica statale e a farla tornare in attivo. Durante l'estate, e di notte, c'è meno domanda sulla rete, ma oggi quell'energia non viene utilizzata. Gouspillou ha affermato che sarebbero i momenti perfetti per deviarla nel mining di Bitcoin, ma le autorità sono all'oscuro di come funziona il tutto e le opportunità sprecate sono enormi.

A tal fine Bitcoin potrebbe svolgere un ruolo significativo nell'aiutare a incentivare l'energia nucleare. Dozzine di Paesi dei mercati emergenti stanno esplorando l'energia nucleare come modo per raggiungere l'indipendenza energetica, ma secondo la World Nuclear Association la dimensione dei loro sistemi di rete è un grosso problema, poiché “molte centrali nucleari sono più grandi delle centrali a combustibili fossili che integrano o vogliono sostituire”. Ma ancora una volta, con Bitcoin, qualsiasi energia in eccesso può essere indirizzata al mining fino a quando le comunità intorno all'impianto non si mettono al passo. L'idea di utilizzare Bitcoin per sfruttare l'energia ridotta vale anche per i Paesi sviluppati, ovviamente. La Germania, ad esempio, ha notoriamente creato più energia eolica di quanta ne possa utilizzare.

Un disprezzo per Bitcoin è cronico nell'intero spazio dello sviluppo internazionale, che fino a questo punto non ha realizzato o ne ha ignorato il potenziale per ridurre la corruzione e stimolare l'attività economica. Troppi umanitari sono caduti vittima del miraggio delle narrative "blockchain sì, Bitcoin no", le quali hanno mandato in fumo centinaia di milioni di dollari.

La storia francese si evolve poi in una visione molto più deprimente in tutto il mondo in via di sviluppo, dove molte nazioni hanno abbondanti risorse eoliche, solari, idroelettriche e persino di uranio, ma mancano dell'infrastruttura di rete e della domanda per trarne vantaggio. Gouspillou considera il mining di Bitcoin, alimentato da umanitari o investitori, come il modo per mettere tutto a posto.

Oggi solo il 4% della popolazione mondiale ha l'esorbitante privilegio di creare la valuta di riserva mondiale. Ma in un potenziale futuro in cui Bitcoin è quella valuta di riserva, il mining dalle fonti rinnovabili potrebbe permettere a qualsiasi nazione di diventare la protagonista della futura base monetaria del mondo. Inoltre ciò potrebbe fornire un enorme incentivo affinché si porti avanti l'espansione e l'innovazione dei sistemi a energia rinnovabile. “È esattamente questo”, ha detto Gouspillou, “il sogno”.


V. EVITARE LE INSIDIE

Se le organizzazioni umanitarie, le fondazioni e gli uffici esteri potessero supportare le operazioni di mining di Bitcoin nei siti di energia rinnovabile, ciò potrebbe essere un fattore scatenante per un'attività economica locale sostenibile.

Pensate a come in Norvegia il Sovereign Wealth Fund, sostenuto dall'estrazione di petrolio, abbia finanziato una delle migliori qualità della vita al mondo. Il Sudan e l'Etiopia, con enormi risorse eoliche e solari che alimentano il mining di Bitcoin e una rete elettrica in crescita, potrebbero essere la Norvegia del futuro?

Un risultato roseo, ovviamente, è tutt'altro che garantito. Rimangono i grandi ostacoli delle autorità locali corrotte e delle società straniere sfruttatrici.

Un modo per neutralizzare questa minaccia è che i benefattori internazionali considerino i progetti di mining di Bitcoin come opportunità economiche, stabilendo che parte dei profitti vadano alla microfinanza o al capitale di rischio in modo da finanziare imprese locali. Se le principali fondazioni e i governi possono far rispettare queste condizioni nei loro accordi per la creazione d'infrastrutture rinnovabili, potrebbero avere un impatto duraturo.

Anche dal punto di vista del profitto esiste la possibilità che i miner di Bitcoin stranieri possano operare in modo sostenibile. Possono essere pagati per avviare operazioni e formare il personale locale, lasciando parte o tutti i profitti nelle mani della regione. La popolazione potrebbe quindi assorbire la ricchezza dalle energie rinnovabili, invece di vederla scivolare via in terre straniere, come spesso accade. In questo modo investire nei pagamenti e nel mining di Bitcoin potrebbe essere una narrativa più sostenibile in materia di ambiente, società e governance aziendale (ESG).

Una grande sfida per Bitcoin è come evitare il destino dell'oro, che come valuta di riserva storica è stata saccheggiata dalle potenze coloniali in luoghi come il Congo. Successivamente gli Stati Uniti hanno custodito l'oro all'interno dei propri confini attraverso l'Executive Order 6102 e infine, dopo l'accordo di Bretton Woods, hanno centralizzato gran parte dell'oro detenuto da altri governi. Ciò ha aiutato il presidente Nixon nel 1971 a tagliare fuori l'oro dal sistema monetario e neutralizzare i suoi effetti restrittivi sulla spesa di guerra. Quindi cosa impedisce che questo tipo di esito non accada aanche a Bitcoin se viene estratto nei Paesi in via di sviluppo?

Satoshi Nakamoto scelse il 5 aprile come compleanno, giorno in cui l'ordine esecutivo 6102 entrò in vigore nel 1933. Ha progettato Bitcoin appositamente per resistere a questo tipo di sequestro. Grazie alle sue proprietà e agli incentivi che crea, sarà difficile per uno stato controllare tutte le strutture di mining del mondo e, a livello nazionale, impossibile impedire ai cittadini di usarlo.

Dopotutto Bitcoin è "invisibile", può essere spostato da un capo all'altro della Terra in pochi minuti, è programmabile, facilmente divisibile e il suo potere di spesa può essere facilmente custodito in una varietà di modi e formati rendendolo altamente resistente alla confisca.

L'oro e le altre materie prime non hanno nessuna di queste qualità e a volte hanno contribuito a portare a società sfruttatrici. Forse gli attributi permissionless e trustless di Bitcoin possono aiutare il mondo a spostarsi verso una direzione più inclusiva.

Un ultimo ostacolo è rappresentato dal fatto che un'enorme industria mondiale degli aiuti esteri ora corre a sostenere società che non possono reggersi da sole. Questo punto può sembrare cinico, ma le grandi fondazioni e le agenzie governative vorranno davvero ridurre la burocrazia, la corruzione e la dipendenza attraverso Bitcoin se ne trarranno vantaggio?

Per tutte le centinaia di miliardi di dollari investiti ogni anno nello sviluppo internazionale per migliorare la vita dei più vulnerabili, rimangono ancora grandi ostacoli da superare.

Questo saggio ha esaminato come la corruzione degli intermediari e la dipendenza forzata affliggano l'industria umanitaria e come la mancanza d'infrastrutture impedisca ai mercati emergenti di capitalizzare su risorse energetiche rinnovabili. Per chiunque sia interessato a superare questi ostacoli, Bitcoin merita un approfondimento come strumento umanitario e di miglioramento ambientale.

Che si tratti di un mezzo peer-to-peer e resistente alla corruzione per trasferire fondi all'estero, una scintilla per l'indipendenza economica o un sussidio per l'elettrificazione rinnovabile nei Paesi in via di sviluppo, l'impatto futuro di Bitcoin al di fuori delle aree tradizionali della finanza e degli investimenti è solo all'inizio.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Nessun commento:

Posta un commento