giovedì 3 luglio 2025

Il 93% di tutti i bitcoin è già stato minato: ecco cosa significa...

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


da Cointelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-93-di-tutti-i-bitcoin-e-gia-stato)

A maggio 2025 erano stati minati circa 19,6 milioni di bitcoin, pari a circa il 93,3% dell'offerta totale. Restano quindi circa 1,4 milioni di BTC ancora da minare e le coin rimanenti saranno minate molto lentamente.

La ragione di questa distribuzione irregolare è il programma di emissione esponenziale di Bitcoin, regolato da un evento chiamato “halving”. Quando Bitcoin è stato lanciato nel 2009, la ricompensa per ogni blocco era di 50 BTC. Ogni 210.000 blocchi, ovvero circa ogni quattro anni, tale ricompensa viene dimezzata.

Poiché le ricompense iniziali erano così elevate, entro la fine del 2020 era stato minato oltre l'87% dell'offerta totale. Ogni successivo dimezzamento riduce drasticamente il ritmo di nuove emissioni, il che significa che ci vorrà più di un secolo per minare il restante 6,7%.

Secondo le stime attuali il 99% di tutti i bitcoin sarà stato minato entro il 2035, ma la frazione finale, ovvero gli ultimi satoshi, non sarà minata prima del 2140 circa, a causa della natura della riduzione geometrica delle ricompense.

Questa scarsità progettata, unita a un limite immutabile all'offerta, è ciò che porta Bitcoin a paragonarsi a materie prime come l'oro. Ma Bitcoin è ancora più prevedibile: l'offerta di oro cresce di circa l'1,7% annuo, mentre il tasso di emissione di Bitcoin è in palese calo.

Lo sapevate? La curva di offerta di Bitcoin non è terminale nel senso tradizionale del termine. Segue una traiettoria asintotica – una sorta di paradosso economico di Zenone – in cui le ricompense diminuiscono indefinitamente ma non raggiungono mai veramente lo zero. Il mining continuerà fino al 2140 circa, data entro la quale sarà stato emesso oltre il 99,999% dei 21 milioni di BTC totali.


Oltre il limite dell'offerta: come le coin perse rendono Bitcoin più raro di quanto pensate

Sebbene oltre il 93% della riserva totale di Bitcoin sia stata minata, ciò non significa che sia tutta disponibile. Una parte significativa è definitivamente fuori circolazione, persa a causa di password dimenticate, wallet smarriti, hard disk distrutti o utenti pionieri che non hanno più toccato le loro coin.

Stime di aziende come Chainalysis e Glassnode suggeriscono che tra i 3 e i 3,8 milioni di BTC – circa il 14-18% dell'offerta totale – siano probabilmente andati perduti per sempre. Tra questi, anche indirizzi dormienti di alto profilo come quello che si ritiene appartenga a Satoshi Nakamoto, che da solo detiene oltre 1,1 milioni di BTC.

Ciò significa che l'offerta circolante di bitcoin potrebbe essere più vicina a 16-17 milioni, non a 21 milioni. E poiché Bitcoin è progettato per essere irrecuperabile, qualsiasi coin persa rimane persa, riducendone permanentemente l'offerta nel tempo.

Ora confrontatelo con l'oro. Circa l'85% dell'oro totale disponibile a livello mondiale è stato estratto – circa 216.265 tonnellate, secondo il World Gold Council – ma quasi tutto rimane in circolazione o conservato in caveau, gioielli, ETF e banche centrali. L'oro può essere rifuso e riutilizzato; Bitcoin non può essere ripristinato una volta perso l'accesso.

Questa distinzione conferisce a Bitcoin una sorta di scarsità crescente, un'offerta che non solo smette di crescere nel tempo, ma si riduce silenziosamente.

Man mano che maturerà, Bitcoin entrerà in una fase monetaria simile a quella dell'oro: bassa emissione, alta concentrazione dei detentori e crescente sensibilità alla domanda. Ma Bitcoin si spinge oltre: il suo limite di offerta è rigido, il suo tasso di perdita è permanente e la sua distribuzione è pubblicamente verificabile.

Ciò può portare a diversi risultati:

• Aumento della volatilità dei prezzi poiché l'offerta disponibile diventa più limitata e sensibile alla domanda del mercato;

• Maggiore concentrazione del valore a lungo termine nelle mani di coloro che rimangono attivi e sicuri nella gestione delle proprie risorse chiave;

• Un premio sulla liquidità, in cui i BTC spendibili vengono scambiati a un valore effettivo più alto rispetto all'offerta dormiente.

In casi estremi ciò potrebbe produrre una biforcazione tra “BTC circolanti” e “BTC irraggiungibili”, con i primi che acquisirebbero maggiore importanza economica, in particolare in periodi di liquidità di scambio limitata o di stress macroeconomico.


Cosa succede quando tutti i bitcoin verranno minati?

C'è un'ipotesi diffusa secondo cui, con la riduzione delle ricompense per blocco di Bitcoin, la sicurezza della rete finirà per risentirne. Ma in pratica, l'economia del mining è molto più adattabile e resiliente.

Gli incentivi al mining di Bitcoin sono regolati da un ciclo di feedback autocorrettivo: se diventa non redditizio, i miner abbandonano la rete, il che a sua volta innesca un aggiustamento della difficoltà. Ogni 2.016 blocchi (circa ogni due settimane), la rete ricalibra la difficoltà utilizzando un parametro noto come nBit. L'obiettivo è mantenere i tempi di blocco stabili intorno ai 10 minuti, indipendentemente dal numero di miner in competizione.

Quindi se il prezzo di Bitcoin scende, o la ricompensa diventa troppo bassa rispetto ai costi operativi, i miner inefficienti escono di scena. Questo fa sì che la difficolta diminuisca, riducendo i costi per chi rimane. Il risultato è un sistema che si riequilibra continuamente, allineando la partecipazione alla rete agli incentivi disponibili.

Questo meccanismo è già stato testato su larga scala. Dopo che la Cina ha vietato il mining a metà del 2021, l'hashrate globale di Bitcoin è diminuito di oltre il 50% nel giro di poche settimane. Ciononostante la rete ha continuato a funzionare senza interruzioni e, nel giro di pochi mesi, l'hashrate si è completamente ripreso, con la ripresa delle operazioni dei miner in giurisdizioni con costi energetici inferiori e normative più favorevoli.

Fondamentalmente l'idea che ricompense inferiori possano minacciare la sicurezza della rete trascura il fatto che il mining sia legato ai margini di profitto, non alle quantità nominali di BTC. Finché il prezzo di mercato sosterrà il costo dell'hashpower – anche a 0,78125 BTC per blocco (dopo l'halving del 2028) o inferiore – i miner continueranno a proteggere la rete.

In altre parole, non è la ricompensa assoluta che conta, ma se il mining rimane redditizio rispetto ai costi. E, grazie alla regolazione integrata della difficoltà di Bitcoin, di solito lo è.

Anche tra un secolo, quando la ricompensa per blocco si avvicinerà allo zero, la rete sarà ancora protetta da combinazioni tra commissioni, incentivi di base ed efficienza infrastrutturale esistente in quel momento. Ma questa è una preoccupazione lontana. Nel frattempo il sistema attuale –  l'hashrate si aggiusta, la difficoltà si ribilancia, i miner si adattano – rimane uno degli elementi più solidi della progettazione di Bitcoin.

Lo sapevate? Il 20 aprile 2024, in seguito al lancio del protocollo Runes, i miner di Bitcoin hanno guadagnato oltre $80 milioni in commissioni di transazione in un solo giorno, superando i $26 milioni guadagnati con le ricompense per blocco. Questa è stata la prima volta nella storia di Bitcoin che le sole commissioni di transazione hanno superato il sussidio per blocco nelle entrate giornaliere dei miner.


Il futuro del mining di Bitcoin: il consumo energetico

È un'idea sbagliata quella secondo cui l'aumento del prezzo di Bitcoin comporti un consumo energetico infinito. In realtà il mining è vincolato dalla redditività, non solo dal prezzo.

Con la riduzione delle ricompense per blocco, i miner sono spinti verso margini più ridotti e questo significa inseguire l'energia più economica e pulita disponibile. Sin dal divieto al mining imposto dalla Cina nel 2021, l'hashrate è migrato verso regioni come il Nord America e l'Europa settentrionale, dove gli operatori attingono all'energia idroelettrica, eolica e alla rete sottoutilizzata.

Secondo il Cambridge Centre for Alternative Finance, tra il 52% e il 59% del mining di Bitcoin avviene ormai tramite fonti rinnovabili o a basse emissioni.

Le normative stanno rafforzando questa tendenza: diverse giurisdizioni offrono incentivi per il mining basato su fonti pulite o penalizzano le attività basate sui combustibili fossili.

Inoltre l'idea che prezzi più alti del BTC significhino sempre un maggiore consumo di energia non tiene conto del modo in cui Bitcoin si autoregola: più miner aumentano la difficoltà, il che comprime i margini limitando l'espansione dell'energia.

L'attività di mining basata sulle energie rinnovabili porta con sé le sue sfide, ma il futuro distopico di un hashpower alimentato solo da combustibili fossili è sempre più improbabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Nessun commento:

Posta un commento