Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lattacco-con-i-droni-ordito-dallo)
Lo Stato profondo sta cercando, ancora una volta, di mettere i bastoni tra le ruote a Trump.
Ci riferiamo all'attacco assolutamente sconsiderato al deterrente nucleare strategico russo, presumibilmente da parte dell'esercito ucraino. Sì, proprio quello, così debole e incompetente da aver finora perso un quinto del suo territorio, nonostante oltre 150.000 soldati morti secondo il colonnello Douglas Macgregor e oltre $200 miliardi in aiuti militari ed economici statunitensi ed europei.
Il recente attacco coi droni, secondo lo stesso Zelensky, è stato pianificato in quasi 20 mesi. Quindi è stato sicuramente concepito, preparato e preposizionato con il supporto delle operazioni segrete statunitensi e poi lanciato e guidato dai servizi segreti statunitensi.
Detto in senso inverso, sembra che forze che sicuramente non erano le malconce forze armate ucraine abbiano attaccato il cuore del deterrente nucleare russo. Ed è probabile anche che Trump non ne sia stato informato in anticipo!
Dopotutto quando Trump ha affermato che “Putin è impazzito” qualche giorno fa, non sapeva nemmeno – per sua stessa ammissione pubblica – che uno sciame di droni ucraini avrebbe attaccato l'elicottero di Putin. E ancora una volta, dati gli ingenti livelli di protezione che lo circondano, non c'è la minima possibilità che l'esercito ucraino sia riuscito a sfiorare il demonizzato dittatore russo senza il supporto dell'intelligence statunitense.
Pertanto siamo fortemente propensi a credere che lo Stato profondo stia ancora una volta sabotando Donald Trump, tenendolo all'oscuro di operazioni cruciali che incidono pesantemente sul rischio di un'escalation e di una guerra contro la Russia.
Inoltre crediamo che Trump stia cercando di fungere da onesto pacificatore sul fronte ucraino e non crediamo nemmeno per un attimo che sarebbe stato talmente tanto sconsiderato, consapevolmente, da mettere a repentaglio quanto fatto finora autorizzando attacchi contro quattro o cinque aeroporti strategici russi.
È quindi necessario comprendere che quanto viene riportato, ovvero la distruzione o il grave danneggiamento di un certo numero di bombardieri strategici intercontinentali pesanti della Russia, in almeno quattro diverse basi russe a migliaia di chilometri dai confini dell'Ucraina e tra loro, costituisce una escalation della guerra per procura contro la Russia, che si sta avvicinando al baratro di uno scontro nucleare.
Questi attacchi ai bombardieri strategici russi tramite sciami di droni nominalmente “ucraini” – circa 120 dispositivi in totale – rappresentano oltre il 20-25% del ramo bombardieri della triade di deterrenza nucleare russa. Ciononostante questi ultimi non hanno avuto quasi alcun ruolo negli attacchi russi all'Ucraina, perché nel teatro di guerra vero e proprio la Russia utilizza principalmente bombardieri a medio raggio per lanciare attacchi missilistici da crociera e, se necessario, potrebbe utilizzare anche rampe di lancio terrestri.
Quindi l'attacco dei droni di domenica non ha avuto alcuna somiglianza con un colpo da KO di rilevanza militare. Si è invece tradotto in un'escalation di un ordine di grandezza verso uno scontro nucleare, progettata per prolungare e intensificare la guerra per procura di Washington contro la Russia e creare nuovi ed enormi ostacoli sul cammino verso un accordo di pace.
In particolare questi attacchi sconsiderati erano irrilevanti alla luce del rapido deterioramento della posizione ucraina sul fronte di battaglia lungo la linea di contatto nell'Ucraina orientale. Infatti solo durante l'ultima settimana di maggio le forze russe hanno conquistato altri 18 insediamenti e villaggi e oltre 200 chilometri quadrati di territorio, il che significa che l'esercito ucraino non è più in grado di mantenere le proprie linee difensive e che la fine è vicina.
Allo stesso tempo questo attacco con droni ha messo in discussione il fondamentale equilibrio strategico nucleare tra le due superpotenze nucleari mondiali. In altre parole l'attacco ha infranto le regole della deterrenza strategica e ciò che resta degli accordi New Start sul controllo degli armamenti del 2010, che nominalmente rimarranno in vigore fino a febbraio 2026.
Sebbene il programma New Start sia stato sospeso dalla Russia in risposta alle sanzioni statunitensi e al sequestro da parte della NATO di $300 miliardi in asset russi nel sistema bancario globale, i limiti e i protocolli di attuazione sono stati ampiamente rispettati da entrambe le parti. Tra questi, il mantenimento del limite di 700 vettori nucleari strategici schierati.
Inoltre il regime di ispezione di New Start aveva garantito una sostanziale trasparenza in merito all'ubicazione e ai dettagli operativi di ciascun veicolo di consegna terrestre, marittimo e aereo dichiarato al di sotto del limite di 700 veicoli schierati. Pertanto utilizzare ora queste informazioni di conformità basate su New Start per attaccare e distruggere unilateralmente sistemi d'arma precedentemente dichiarati costituiva una palese violazione dell'intero regime di rafforzamento della fiducia nel controllo degli armamenti, evolutosi nel corso dei decenni a partire dagli anni '70 e dall'epoca sovietica.
Nel caso della Russia, essa aveva scelto di elencare e far ispezionare 300-400 missili balistici intercontinentali terrestri, 200-300 missili balistici navali e 50-60 bombardieri pesanti. Tra questi ultimi c'erano 40-50 bombardieri Tu-95MS e 15 Tu-160, del tipo distrutto nell'attacco coi droni e di cui gli Stati Uniti hanno una conoscenza approfondita. Questo perché i protocolli di ispezione e applicazione relativi a questi vettori divulgati includevano scambi di dati semestrali, notifiche di cambiamenti di stato (ad esempio, attivazione/disattivazione dei silos) e fino a 18 ispezioni annuali.
Nel caso della Russia, i suoi bombardieri pesanti, sottoposti a questo regime di ispezione completa, erano generalmente visibili su aeroporti aperti, come mostra la foto illustrativa qui sotto.
Quindi, per ripeterci: l'attacco indiscriminato contro le posizioni note e i bombardieri strategici regolarmente ispezionati nel deterrente nucleare russo, come quelli qui raffigurati, è stato una violazione dell'intero regime di controllo degli armamenti.
Altrettanto importante, è dannatamente ovvio che Washington fosse in piena combutta con l'esercito ucraino. I circa 120 droni utilizzati per attaccare i bombardieri russi nelle località disperse mostrate nella mappa sopra sono stati introdotti clandestinamente in Russia in container coperti. Sono stati poi trasportati segretamente nei pressi degli aeroporti russi e preparati per i successivi lanci simultanei.
Ancora una volta, le probabilità che nessuno nell'esercito americano o ai piani alti dello Stato profondo a Washington sia stato coinvolto in questa vasta e audace operazione sono tra scarse, nulle e terribilmente impossibili.
Alla fine, dopo essere state pre-posizionate vicino agli aeroporti bersaglio, le casse sono state aperte, rivelando i droni d'attacco al loro interno. Abbiamo rinunciato da tempo a indossare i nostri cappelli di carta stagnola, ma siamo dannatamente certi che il lancio simultaneo di 120 di questi piccoli velivoli nello stesso momento attraverso migliaia di chilometri di territorio russo sia stato il risultato di un intricato complotto orchestrato da Washington.
Nessun cowboy ucraino avrebbe potuto realizzare tutto questo con le proprie forze.
Nello stesso preciso istante, quindi, i bombardieri russi pesanti, distribuiti sul continente eurasiatico, hanno subito il destino descritto di seguito. E sebbene questa impresa abbia fatto sì che i falchi di Washington e della NATO e i neoconservatori esultassero per la presunta genialità del piano, questa non è nemmeno la metà della storia.
Il vero scopo dell'attacco era distruggere ogni residuo di fiducia tra Donald e Putin, lasciando a quest'ultimo altra scelta se non quella di reagire a tono. Ma un'ulteriore escalation nella zona della MAD (mutua distruzione assicurata), la quale ha mantenuto la pace per 60 anni durante la Guerra fredda, è sicuramente la cosa più pericolosa accaduta dall'ottobre 1962, quando la crisi missilistica cubana portò il mondo sull'orlo dell'annientamento.
Quindi l'ora è davvero tarda. Lo Stato militare e il complesso militare-industriale vogliono ristabilire di nuovo il loro dominio su Donald. Questa volta con implicazioni praticamente esistenziali.
Quindi, si faccia coraggio, Presidente, e tagli i finanziamenti a Zelensky e ai suoi burattinai nello Stato profondo: chiuda il rubinetto di tutti gli aiuti, di tutte le consegne di armi, di tutta l'intelligence e di ogni altro supporto operativo, chieda un cessate il fuoco e inviti sia Zelensky che Putin a Camp David.
Poi li tenga lì finché non accetteranno di smantellare l'opera di Lenin, Stalin e Krusciov. Dopotutto furono proprio questi ultimi i veri e sanguinari artefici degli attuali confini e di uno stato ucraino che non era mai esistito prima del 1922.
Non dovrebbe volerci molto per spartire la mappa e permettere alla Crimea e alle quattro province del Donbass e del sud di tornare alla Madre Russia. E le uniche “garanzie” necessarie sarebbero un impegno russo a non permettere alle province spartite di attaccare ciò che resta dell'Ucraina, e che gli Stati Uniti garantiscano che lo stato ucraino, o ciò che ne rimane, non aderirà alla NATO né attaccherà le province perdute.
Infatti è proprio questo che Putin ha sempre desiderato. E per gli Stati Uniti significherebbe non solo chiudere un altro capitolo orribilmente stupido delle Guerre eterne, ma anche l'opportunità di intraprendere un nuovo percorso verso la pace e il disarmo globali, che potrebbe effettivamente offrire a Donald una reale possibilità di ottenere il Premio Nobel.
Inutile dire che un vertice a Camp David darebbe anche a Donald la possibilità di riprendersi la sua presidenza, che è stata chiaramente usurpata quando i due principali guerrafondai ucraini del Senato, Graham e Blumenthal, si sono presentati a Kiev la scorsa settimana alla vigilia di questa folle escalation.
I falchi ucraini guidati dallo spregevole Lindsay Graham, infatti, sono ormai così fuori di testa che hanno presentato al Senato nuove sanzioni ultraterrene contro la Russia, le quali imporrebbero dazi del 500% ai Paesi che acquistano energia, uranio e altre materie prime russe – misure mirate principalmente a India e Cina. Riuscite a dire: “Siamo alla Terza Guerra Mondiale!”
Infatti rimettere i tre tirapiedi dell'ultimo disastro ucraino nell'angolo degli idioti, dove dovrebbero stare, sarebbe già di per sé un progresso. Evidentemente Graham e Blumenthal sapevano cosa sarebbe successo, ma non Donald, almeno secondo una fuga di notizie fatta a Tanya Noury di NewsNation da un alto funzionario dell'amministrazione: come nel caso dell'attacco all'elicottero di Putin, nemmeno Trump era stato informato dell'attacco con i droni.
Bene, ora Donald sa sicuramente che sono alle sue calcagna, quindi è meglio che si dia da fare a prendere nomi, a spaccare tutto e a fare pulizia, altrimenti la sua seconda amministrazione sarà finita prima ancora di iniziare. E questo per non parlare di tutti noi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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