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martedì 5 marzo 2024

Il modello boom/bust di Milton Friedman: la corda di chitarra

 

 

di Frank Shostak

Alcuni economisti sono del parere che sia possibile migliorare la nostra comprensione della realtà attraverso una metafora. A questo proposito il leader della scuola di pensiero monetarista, Milton Friedman, era del parere che la metafora della corda di chitarra avrebbe potuto aiutare a svelare il segreto dei cicli economici.

Secondo questa metafora, più forte è la tensione verso il basso, più forte sarà la risalita della corda. Friedman concluse quindi che un forte crollo è seguito da un forte boom.

Per Friedman ciò che contava era avere un modello in grado di replicare le fluttuazioni dei dati; non gli interessava se il modello fosse corrisposto al mondo reale.

L'obiettivo finale di una scienza positiva è lo sviluppo di una teoria o di un'ipotesi che produca previsioni valide e significative su fenomeni non ancora osservati. [...] La domanda rilevante da porsi riguardo ai presupposti di una teoria non è se siano realistici, poiché non lo sono mai, ma se costituiscano un’approssimazione sufficientemente buona per lo scopo in questione. E a questa domanda si può rispondere solo verificando se la teoria funziona, cioè se fornisce previsioni sufficientemente accurate.

Friedman sosteneva che, analogamente a quanto accade con la corda di una chitarra, più l’economia viene colpita, più forte dovrebbe rimbalzare. Nel suo modello una forte contrazione della produzione è seguita da una grande espansione; una lieve contrazione, da una lieve espansione.

Seguendo tale modello, Friedman concluse che non c'è alcuna connessione tra l’entità di un’espansione economica e l’entità della successiva contrazione economica.

Vari studi sembravano aver confermato il modello di Friedman. Il 4 novembre 2019 Bloomberg fece riferimento a uno studio di Tara Sinclair che utilizzava tecniche matematiche avanzate che sembravano confermare l’ipotesi di Friedman: negli Stati Uniti le recessioni profonde sono seguite da forti riprese, ma non il contrario. Secondo Bloomberg altri ricercatori avevano ottenuto risultati simili per altri Paesi. Secondo questo modo di pensare le opinioni di Ludwig von Mises e Murray Rothbard, dove la dimensione di un bust è correlata alla dimensione del boom precedente, sono false.

È tuttavia discutibile che vari metodi statistici e matematici possano dimostrare o confutare una struttura di pensiero. Questi metodi sono un altro modo di descrivere gli eventi, ma non di spiegarli. Non ci dicono quali sono le cause delle oscillazioni nei dati, bensì descrivono solo le loro fluttuazioni.


Cicli boom/bust e la banca centrale

Riteniamo che il quadro analitico di Friedman manchi della definizione di cicli boom/bust.

Secondo Ayn ​​Rand:

Una definizione è un'affermazione che identifica la natura delle unità sussunte in un concetto. Si dice spesso che le definizioni stabiliscano il significato delle parole. Questo è vero, ma non esatto. Una parola è semplicemente un simbolo visivo-uditivo utilizzato per rappresentare un concetto; una parola non ha altro significato se non quello del concetto che simboleggia, e il significato di un concetto consiste nelle sue unità. Non sono le parole, ma i concetti che l’uomo definisce – specificandone i referenti. Lo scopo di una definizione è quello di distinguere un concetto da tutti gli altri concetti e quindi di mantenere le sue unità differenziate da tutti gli altri.

Lo scopo di una definizione è quindi quello di distinguere un dato gruppo di cose da altre. Dato che una definizione fornisce l'essenza di un particolare concetto, ovviamente non possono essere arbitrarie. In ogni momento è determinata dai fatti della realtà, nel contesto della propria conoscenza.

Per accertare la definizione dei cicli di espansione e contrazione è necessario identificarne l’essenza: la forza trainante alla loro base. È utile tornare indietro nel tempo, quando è iniziato il fenomeno del ciclo boom/bust. Secondo Murray Rothbard:

Prima della rivoluzione industriale, avvenuta intorno alla fine del XVIII secolo, non si verificavano periodi di boom e depressione regolarmente ricorrenti. Si verificava un'improvvisa crisi economica ogni volta che qualche re muoveva guerra o confiscava le proprietà dei suoi sudditi; ma non vi era traccia di fenomeni peculiarmente moderni di oscillazioni generali e abbastanza regolari nelle fortune economiche, di espansioni e contrazioni.

Sembra che il ciclo boom/bust sia in qualche modo legato al mondo moderno. Ma qual è il nesso? Riteniamo che la fonte dei ricorrenti cicli di espansione e contrazione si riveli essere il presunto “protettore” dell’economia: la banca centrale.

Le sue linee di politica, volte a correggere le conseguenze indesiderate che derivano dai suoi precedenti tentativi di stabilizzare l’economia, sono fattori chiave dietro i ricorrenti cicli di espansione e contrazione.

I funzionari nelle banche centrali si considerano l’entità responsabile e autorizzata a portare l’economia sul percorso di una crescita economica stabile e di prezzi stabili (decidono quale dovrebbe essere il “giusto” percorso di crescita stabile). Di conseguenza qualsiasi deviazione da tal percorso determina le risposte di suddetti funzionari in termini di orientamento più restrittivo o più accomodante.

Queste risposte agli effetti delle linee di politica precedenti sui dati economici danno origine alle fluttuazioni del tasso di crescita dell’offerta di denaro e, di conseguenza, ai cicli ricorrenti di boom/bust.

Si osservi che la politica monetaria allentata della banca centrale, che si traduce in un’espansione dell’offerta di denaro, mette in moto uno scambio di nulla per qualcosa, il che equivale a una deviazione del risparmio reale da attività che creano ricchezza ad attività che la sprecano. Nel processo questa deviazione indebolisce chi crea ricchezza reale e questo a sua volta indebolisce la loro capacità di far crescere il bacino complessivo dei risparmi reali.

L’emergere di attività sulla scia di una politica monetaria allentata è ciò che incarna un “boom” economico. Tuttavia una volta che la banca centrale restringe la propria politica monetaria, ciò rallenta la deviazione del risparmio reale verso chi spreca ricchezza reale. Le attività nate sulla scia della precedente politica monetaria allentata ricevono meno sostegno; finiscono nei guai e ne emerge una crisi economica.

Da ciò possiamo dedurre che l’essenza dei cicli boom/bust è la politica monetaria della banca centrale.


La forza del boom determina la forza della crisi

Si osservi che durante una crisi economica si verifica la liquidazione di varie attività emerse durante il boom precedente. Quante più attività di questo tipo sono nate durante il boom economico, tanto maggiore sarà la necessità di ripulirle – di conseguenza tanto maggiore sarà la recessione economica.

Si noti ancora una volta che gli aumenti dell’offerta di denaro sono il risultato della politica monetaria accomodanti della banca centrale. Questi aumenti danno luogo a diverse attività che non riescono a reggersi “con le proprie gambe”. Le chiamiamo bolle.

Pertanto un atteggiamento monetario allentato da parte della banca centrale e un conseguente aumento dello slancio dell’offerta di denaro portano all’emergere di attività in bolla, mentre un atteggiamento più restrittivo le fanno scoppiare. 

Si noti che senza accertare l'essenza dell'oggetto d'indagine si potrebbero elaborare tutti i tipi di modelli di questo mondo “convalidati” mediante metodi statistici e matematici. Si osservi ancora una volta che senza accertare l’essenza dei cicli di espansione e contrazione, qualsiasi cosiddetta convalida, ovvero la “tortura dei dati”, sarà di natura opinabile.

Per Friedman tutto va bene finché il modello riesce a fare previsioni accurate. Dato che egli non stabilì l’essenza dei cicli di espansione e contrazione, è discutibile che il suo quadro analitico possa accertarne le cause. Di conseguenza la sua conclusione, secondo cui le forti recessioni precedono i forti boom e non il contrario, è a dir poco carente.


Conclusioni

Vari studi che utilizzano tecniche matematiche avanzate hanno presumibilmente confermato l'ipotesi di Milton Friedman secondo cui forti recessioni aprono la strada a forti boom. Tuttavia questi ultimi non precedono le prime. Secondo questo modo di pensare, opinioni come quelle presentate da Ludwig von Mises e Murray Rothbard, dove la dimensione di un bust è correlata alla dimensione del boom precedente, sono false. Dato che Friedman non definì l’essenza dei cicli di boom/bust, è opinabile se il suo quadro analitico possa spiegare le cause dei cicli di boom/bust. Di conseguenza la conclusione di Friedman secondo cui le forti recessioni precedono i forti boom, e non il contrario, è discutibile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 5 settembre 2023

Sono i monopoli a causare inflazione?

È un fatto alquanto curioso: quando si propone a un qualsiasi lettore un approccio di libero mercato a qualsiasi aspetto della società, ecco che spuntano domande e cavilli su ogni singolo e minuzioso aspetto; questa indagine viene subito sospesa nel momento in cui si sottolineano le inefficienza e gli sprechi dell'apparati burocratico-statale. L'unica cosa che rimane è una alzata di spalle. La stessa metodologia l'ho vista riproposta di recente quando ho pubblicato una traduzione antecedente a quella di oggi ma sullo stesso argomento: accuse di presunta disfunzionalità del libero mercato, ma nessuna proposta attuabile e praticabile di cambiamento dello status quo. Perché lo status quo è irriformabile. Perché? Perché è la natura dello stato esserlo. Di conseguenza la strategia migliore è la sostituzione, non la conquista o la riforma. Ma pensiamo un momento a come sarebbe in un libero mercato se, ad esempio, un'azienda fraudolenta volesse truffare e danneggiare i clienti. Innanzitutto dovremmo come minimo presumere che in un tal ambiente esistano i media, dopo tutto non sono un prodotto dello stato e nel corso della storia c’è stata una domanda persistente di informazioni. Possiamo anche supporre che almeno una parte dei media s'interessi alla storia di un’azienda che vende beni dannosi, soprattutto se una cosa del genere non è mai accaduta prima. Infatti in un ambiente del genere un’azienda che opera in modo disonesto e dannoso sarebbe una cosa completamente nuova e una storia del genere attirerebbe una notevole quantità di attenzione pubblica, portando grandi quantità di spettatori a quei media che la coprono. Questo di per sé fungerebbe da meccanismo di regolamentazione, poiché la cattiva pubblicità abbasserebbe l’opinione dei consumatori nei confronti di un’azienda che agisce con standard inadeguati, riducendone i profitti. Inoltre se il produttore agisse in modo disonesto per salvarsi dalla bancarotta, il calo della domanda dovuto solo alla cattiva pubblicità metterebbe l’ultimo chiodo nella bara per quella specifica entità commerciale. Bisogna ricordare che quello qui presentato è solo un esempio di meccanismo di controllo, ce ne potrebbero essere benissimo anche altri, ma quello dei media è ottimale perché va a sottolineare la catena di incentivi che si formano per disincentivare il cattivo comportamento: i media si fionderanno come avvoltoi sulla disonestà perché ciò attirerà attenzioni e quindi fondi verso quelle compagnie d'informazione che copriranno la storia. Oliare un simile meccanismo sarebbe economicamente improponibile; invece è più economico oliare gli ingranaggi della burocrazia e aggirare le regolamentazioni.

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di Frank Shostak

Il tasso di crescita annuale dell’indice dei prezzi al consumo è passato dal 5,4% nel giugno 2021 al 9,1% nel giugno 2022. Alcuni economisti hanno attribuito questo aumento ai monopoli. Secondo Business Insider, gli economisti della Federal Reserve Bank di Boston hanno  affermato che i monopoli giocano un ruolo importante nel mantenere alti i prezzi di beni e servizi.

La maggior parte degli economisti ritiene che i monopoli rendano i mercati meno efficienti influenzando i prezzi e la quantità dei prodotti. Le efficienze emergono perché i monopoli si discostano dallo stato ideale del mercato rappresentato dal sistema della “concorrenza perfetta”.


Il sistema della “concorrenza perfetta”

Nel mondo della concorrenza perfetta, un mercato ha le seguenti caratteristiche:

• Ci sono molti acquirenti e venditori;

• I beni sono omogenei;

• Acquirenti e venditori sono perfettamente informati;

• Non ci sono barriere all'entrata.

Nel mondo della concorrenza perfetta, acquirenti e venditori non hanno alcun controllo sul prezzo del prodotto.

Le ipotesi lasciano fuori dai calcoli gli imprenditori perché non c’è incertezza. Se le cose stanno così, chi introduce i nuovi prodotti e come? Secondo i sostenitori della concorrenza perfetta, qualsiasi situazione reale in un mercato che si discosta da questo modello è considerata non ottimale per i consumatori, rendendo gli imprenditori parte di quella che chiamano “concorrenza imperfetta”.

Ad esempio, se si ritiene che una particolare azienda domini in un mercato, allora lo stato dovrebbe intervenire per replicare la concorrenza perfetta. La realtà invece è che la concorrenza emerge non a causa di molti partecipanti, ma come risultato di un'ampia varietà di prodotti.


Concorrenza tra i prodotti, non tra le imprese

Maggiore è la varietà, maggiore è la concorrenza, creando maggiori vantaggi per il consumatore. Una volta che un imprenditore introduce un prodotto — il risultato dei propri sforzi — acquisisce il 100% del mercato appena costituito.

Secondo la logica dell'economia moderna, questa situazione indebolisce il benessere dei consumatori perché l'imprenditore ha, nella migliore delle ipotesi, un monopolio temporaneo. Naturalmente se la concorrenza perfetta fosse applicata rigorosamente, non emergerebbero mai nuovi prodotti, il che indebolirebbe per davvero il benessere dei consumatori.

Una volta che un imprenditore introduce con successo un prodotto e realizza un profitto, attira la concorrenza. Acquistando il nuovo prodotto, i consumatori danno origine alla concorrenza; i produttori di prodotti più vecchi devono proporre nuove idee e nuovi beni per attirare l'attenzione dei consumatori.

L’idea che un produttore che domina un mercato possa sfruttare la sua posizione alzando il prezzo al di sopra del livello realmente competitivo è sbagliata: tutte le imprese cercano di ottenere profitti, ma i profitti non sono possibili a meno che gli imprenditori non offrano ai consumatori prezzi adeguati.

Gli imprenditori cercano di garantire un prezzo in cui la quantità prodotta possa essere venduta con profitto. Nell'impostare questo prezzo, il produttore-imprenditore dovrà tener conto di quanto denaro i consumatori probabilmente spenderanno e i prezzi di altri prodotti competitivi, oltre a tener in considerazione i propri costi di produzione. Quei produttori che ignorano questi fatti finiranno per subire perdite.

Detto questo, come possono impostare tutto ciò i funzionari statali se il prezzo di un prodotto applicato da un produttore dominante è superiore al cosiddetto livello di prezzo competitivo? Come possono sapere quale dovrebbe essere il prezzo competitivo?

I tentativi dello stato d'imporre prezzi più bassi potrebbero spazzare via gli incentivi a produrre qualcosa, pertanto è altamente improbabile che l’intervento statale possa migliorare le cose per i consumatori, soprattutto nel lungo periodo.

Contrariamente al modello della concorrenza perfetta, l’ambiente competitivo è rafforzato non da un gran numero di partecipanti al mercato ma piuttosto da una gran varietà di prodotti in competizione. Le politiche statali che tentano d'imporre il modello della concorrenza perfetta non fanno altro che distruggere la differenziazione dei prodotti e la concorrenza.


I prodotti sono eterogenei

L'idea che solo prodotti omogenei alimentino la concorrenza è insostenibile. Se così fosse, perché gli acquirenti preferirebbero un venditore a un altro? Applicare l’omogeneità del prodotto al fine di emulare il modello della concorrenza perfetta non porta ad alcuna concorrenza.

Poiché la differenziazione del prodotto aiuta a definire un mercato libero, significa che ogni fornitore di un prodotto ne ha il controllo al 100%. In altre parole, è un monopolista; l’economista Joan Robinson si riferiva a questo aspetto come a un “monopolio spaziale”.

La differenziazione del prodotto esiste perché gli imprenditori hanno idee e talenti diversi. Ciò si manifesta nel modo in cui i prodotti vengono realizzati, confezionati, venduti e offerti ai consumatori. Ad esempio, un hamburger venduto in un bel ristorante è un prodotto diverso da un hamburger venduto in un fast-food. Se il proprietario di un ristorante acquisisce il dominio nella vendita di hamburger, dovrebbe essere frenato per questo? Dovrebbe allora modificare il suo modo di operare e trasformare il suo ristorante in un negozio da asporto per rispettare il modello della concorrenza perfetta?

Ciò che è successo è che alcuni consumatori hanno espresso una preferenza maggiore per cenare al ristorante piuttosto che acquistare dal negozio da asporto. Supponiamo ora che i consumatori abbiano completamente abbandonato i negozi da asporto e acquistino hamburger solo dai ristoranti: ciò significa che lo stato deve intervenire?

I concetti di monopoli dannosi non sono rilevanti in un ambiente di libero mercato. È probabile che emerga un monopolista dannoso quando è lo stato a limitare la produzione contingentando il numero di imprese in un particolare mercato. Tali restrizioni limitano la varietà di beni e servizi offerti ai consumatori.


Aumento dell’offerta di denaro e inflazione dei prezzi

Il prezzo di un bene è la quantità di denaro pagata per unità. Per una data quantità di beni, se lo stock di denaro rimane invariato, anche la quantità di denaro spesa per unità di bene rimarrà invariata, a parità di tutte le altre condizioni.

Tuttavia supponiamo che vi siano aumenti dei prezzi dei beni da parte dei presunti monopolisti. Se lo stock di denaro rimane invariato, non si verificherà alcun aumento generale dei prezzi di beni e servizi.

Se si spende più denaro per i prodotti dei monopolisti, ovviamente meno denaro verrà lasciato per altri beni. Tutto ciò che avremo sarà una situazione in cui i prezzi dei beni prodotti dai monopolisti aumenteranno, mentre i prezzi di altri beni e servizi diminuiranno: il prezzo medio rimarrà invariato.

Pertanto gli aumenti dell’offerta di denaro sostengono gli aumenti sottostanti dei prezzi e non i monopoli. Senza la manipolazione dell’offerta di denaro, a parità di tutte le altre condizioni, non può verificarsi alcun aumento generale dei prezzi, nonostante i monopoli.


Conclusione

L’idea che lo stato debba regolamentare i cosiddetti monopoli per promuovere la concorrenza e prevenire l’accelerazione dell’inflazione dei prezzi è un errore. Ciò che causa l’inflazione dei prezzi è la politica monetaria della banca centrale. Inoltre monopoli dannosi non possono emergere senza che lo stato rilasci licenze o altre restrizioni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 8 novembre 2022

È il capitalismo che crea instabilità o è colpa del sistema bancario centrale?

 

 

di Frank Shostak

L'instabilità nei mercati finanziari ha riportato in auge le idee dell'economista della scuola post-keynesiana, Hyman Minsky. Egli affermava che l'economia capitalista è intrinsecamente instabile, culminante in una grave crisi economica, poiché l'accumulo di debito è il meccanismo chiave che spinge l'economia verso una crisi.

Durante i periodi "buoni", secondo Minsky, le imprese in aree redditizie dell'economia sono ben ricompensate per aver aumentato il loro livello d'indebitamento. Più si accendono prestiti, più si guadagna. L'aumento del profitto attira altri imprenditori a unirsi alla festa e li incoraggia ad aumentare il loro livello di debito.

Poiché l'economia va bene e la salute finanziaria dei mutuatari mostra un miglioramento visibile, ciò rende i prestatori più desiderosi di prestare. Nel corso del tempo, tuttavia, il ritmo di accumulo del debito inizia a crescere molto più rapidamente della capacità del mutuatario di rimborsarli. In questa fase si mettono in moto le basi per un crollo economico.

Minsky distingue tra tre tipi di mutuatari. Il primo tipo: quei mutuatari che possono soddisfare tutti i pagamenti del debito mediante i flussi di cassa; il secondo tipo: i mutuatari speculativi che possono soddisfare solo il pagamento degli interessi, ma devono costantemente rinnovare il proprio debito per poterlo rimborsare.

Il terzo gruppo: mutuatari Ponzi che non possono rimborsare né gli interessi né il prestito originale. Questi mutuatari fanno affidamento sull'apprezzamento del valore dei loro asset per rifinanziare il debito.

Questo quadro comprende ciò che Minsky definiva l'ipotesi d'instabilità finanziaria (IIF). Secondo tale tesi, la struttura finanziaria di un'economia capitalista diventa sempre più fragile durante il periodo di prosperità: più lunga è la prosperità, più fragile diventa il sistema. Secondo Minsky: “In un lungo periodo di tempi buoni, le economie capitaliste tendono a passare da una struttura finanziaria dominata da unità sostenibili a una struttura in cui vi è un grande peso per le unità impegnate nella finanza speculativa e Ponzi”.

Un altro aspetto dell'IIF è che durante i periodi favorevoli, le banche e altri intermediari, per mezzo d'innovazioni sofisticate, cercano d'indurre gli investitori ad acquistare il debito. Minsky li etichettò come "mercanti di debiti". La caccia al profitto fa sì che gli investitori nei mercati finanziari mettano i loro soldi in vari investimenti con poca sostanza.

Tuttavia, una volta che le condizioni economiche cambiano, inizia una crisi. I prestatori riducono la loro offerta di fondi e i mutuatari sono spinti al fallimento, perché non possono rinnovare i prestiti per pagare i debiti: emerge una crisi finanziaria.

Secondo Minsky, col passare del tempo sia i mutuatari che i creditori tendono a diventare sconsiderati, portando a una crisi finanziaria. Ma le cose stanno davvero così?


L'espansione del credito porta all'instabilità?

I risparmi prestati sono la chiave per l'espansione economica, poiché finanziano la produzione di strumenti e macchinari, che quindi consentono l'espansione dei beni finali. Questo aumento, a sua volta, consente un ulteriore aumento del risparmio che può quindi supportare la costruzione di una struttura produttiva più sofisticata.

L'introduzione del denaro non cambia la situazione. Attraverso il denaro gli individui possono incanalare il risparmio, consentendo l'allargamento del processo di creazione della ricchezza. Ogni volta che un individuo presta denaro, il mutuatario può assicurarsi beni di consumo finali che lo sosterranno mentre è impegnato nella produzione di vari beni e servizi.

L'espansione del credito sulla scia dell'aumento del risparmio fa bene all'economia. Tale credito, interamente coperto dal risparmio, è l'agente della crescita economica. Si noti che l'espansione del credito completamente coperto non si traduce in tendenze naturali, come suggerito da Minsky, dove i bei tempi sono una sorta di precursore dei brutti tempi. Contrariamente a Minsky, l'accumulo di capitale rende l'economia più robusta e meno vulnerabile.


Credito scoperto e instabilità economica

I problemi emergono quando i risparmi non coprono i prestiti. Il mutuatario che detiene il denaro vuoto, per così dire, lo scambia con beni di consumo, prelevando dal bacino dei risparmi senza che siano intervenuti risparmi aggiuntivi, a parità di condizioni. I produttori di ricchezza che hanno contribuito al bacino di beni di consumo finali scopriranno che il denaro in loro possesso porterà a un numero minore di beni finali.

La ragione di ciò è che i mutuatari hanno consumato parte di quei beni finali. C'è una deviazione di ricchezza (beni di consumo finali) dalle attività che creano ricchezza a chi detiene il denaro scoperto.

Man mano che il ritmo del credito scoperto si espande rispetto all'offerta di risparmi, meno di questi ultimi sono disponibili per chi crea ricchezza reale. Di conseguenza, con meno risparmi si può generare meno ricchezza reale. Nel caso estremo, se tutti si limitassero a consumare senza contribuire al bacino dei risparmi, alla fine non rimarrebbe più nulla da consumare.


Economia di libero mercato ed espansione del credito scoperto

In un'economia di libero mercato, intermediari come le banche avranno difficoltà a espandere il credito scoperto, poiché è probabile che incontreranno difficoltà a onorare i propri assegni a causa dei prestiti non coperto da risparmi. La minaccia del fallimento tende a dissuadere le banche dal perseguire l'espansione del credito scoperto.

Quindi non vi è alcuna tendenza intrinseca nell'economia capitalista a generare credito scoperto che poi destabilizzerà l'economia. Nell'ambiente economico di oggi, ciò che consente alle banche d'impegnarsi nell'espansione sconsiderata del credito è l'esistenza del sistema bancario centrale.

Utilizzando politiche di espansione monetaria, la banca centrale consente alle banche commerciali di espandere il credito scoperto, pertanto se la banca A è a corto di $50, può vendere alcuni dei suoi asset alla banca centrale in cambio contanti, impedendo così che la banca A finisca sotto pressione. La banca A può anche assicurarsi i $ 50 prendendoli in prestito dalla banca centrale. Da dove prende i soldi la banca centrale? Li crea "dal nulla".

Il sistema bancario moderno può essere visto come un'unica grande banca monopolistica guidata e coordinata dal sistema bancario centrale. Le banche commerciali in questo quadro possono essere considerate come le succursali della banca centrale. Per mezzo d'iniezioni monetarie, la banca centrale si assicura che il sistema bancario commerciale sia "sufficientemente liquido" in modo che le singole banche non vadano in bancarotta.

Sebbene il quadro di Minsky descriva l'attuale volatilità dei mercati finanziari, non fornisce una spiegazione soddisfacente basata su fenomeni precedentemente stabiliti e identificati. Quindi Minsky descrive, ma non spiega: attribuisce arbitrariamente la colpa dell'instabilità all'economia capitalistica senza verificare tale affermazione.

Contrariamente a Minsky, possiamo concludere che non c'è niente di sbagliato nel capitalismo. Per evitare la minaccia dei cicli boom/bust, deve smettere la creazione di denaro "dal nulla".

Per Minsky e i post-keynesiani, però, le cose non stanno così. Al contrario, ritengono che qualsiasi tentativo di tornare a una vera e propria economia di libero mercato e laissez-faire sia una ricetta per il disastro economico.

Questa risposta non sorprende, dal momento che Minsky accettò senza riserve che il capitalismo è instabile senza mai mettere in dubbio la sua premessa. Per Minsky l'unico modo per riparare l'instabilità del capitalismo è attraverso dosi maggiori d'interferenza statale nell'economia.

Contrariamente ai post-keynesiani e a Minsky, l'esistenza del sistema bancario centrale rende instabile l'attuale quadro capitalistico. Inoltre non è l'espansione del credito in quanto tale che porta all'instabilità, ma l'espansione del credito "dal nulla".


Conclusione

È attraverso il credito scoperto che i risparmi vengono dirottati dalle attività produttive alle attività non produttive, il che quindi indebolisce il processo di espansione della ricchezza reale. L'instabilità che Minsky identificò non ha nulla a che fare con il capitalismo, ma piuttosto con il sistema bancario centrale che impedisce il funzionamento efficiente del capitalismo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


martedì 2 agosto 2022

Gli shock tecnologici sono responsabili del ciclo economico? No

 

 

di Frank Shostak

Nei loro scritti Finn Kydland e Edward C. Prescott, i premi Nobel per l'economia nel 2004, avevano ipotizzato che una delle principali cause dei cicli boom/bust fossero gli shock tecnologici. Per valutare l'importanza di questa affermazione, che hanno etichettato come la teoria dei cicli economici reali, utilizzarono il modello di crescita di Solow (da Robert Solow, premio Nobel nel 1987), che a sua volta si basò sulla funzione di produzione di Cobb-Douglas:

Y = A*K(1–a)*Na

dove Y è la produzione reale, A è un fattore tecnologico, K è lo stock di capitale e N è il numero di lavoratori occupati. La a è un parametro. Gli economisti mainstream ipotizzano che nel mondo reale ci siano relazioni tra varie variabili economiche ed esse potrebbero essere rappresentate tramite costanti etichettate come parametri.

Ad esempio, la relazione tra spesa per consumi personali e reddito al netto delle imposte può essere ipotizzata come:

Consumo personale = α*reddito al netto delle tasse, con α come parametro.

Pertanto se α è 0,8, ciò implicherebbe che per un reddito al netto delle tasse di $100, il consumo personale è di $80.

Il parametro α viene accertato con l'ausilio di un metodo statistico chiamato analisi di regressione ed esso prevede anche la verifica se il numero ottenuto è una stima valida del parametro reale nel mondo reale.

Invece d'impiegare metodi statistici convenzionali per la stima del parametro α, Kydland-Prescott hanno introdotto un metodo etichettato come calibrazione. Che cos'è? Il loro framework utilizza vari studi, opinioni di esperti e analisi dei dati per formare un'opinione sulla grandezza numerica di un parametro. Ad esempio, utilizzando i dati storici di salari e reddito, hanno stabilito che il parametro a nella funzione di produzione di Cobb-Douglas è intorno a 0,64.

Incorporando le loro informazioni con quelle sul prodotto interno lordo reale, lo stock di capitale e il numero di lavoratori occupati, hanno ottenuto i valori numerici per il fattore tecnologico A. Una volta ottenuto, può essere impiegato per valutare l'effetto che ha sulle fluttuazioni dei vari dati economici chiave. Nella loro ricerca Kydland-Prescott hanno dimostrato che uno shock indotto dalla tecnologia può spiegare il 70% delle fluttuazioni nei dati degli Stati Uniti del dopoguerra.

L'introduzione della calibrazione avrebbe dovuto fornire una risposta alla critica di Robert Lucas (premio Nobel nel 1995) che metteva in dubbio la dipendenza dell'analisi economica da modelli a parametri fissi per valutare le implicazioni delle politiche di governo sull'economia. Secondo la critica di Lucas, non si possono utilizzare modelli a parametri fissi per valutare l'effetto di un cambiamento nella politica di governo. Un tale cambiamento altera i parametri nel mondo reale, quindi un modello a parametri fissi, che utilizza stime dei parametri invariate, produrrà risultati fuorvianti (un cambiamento nella politica del governo altera il comportamento dei partecipanti a un'economia; i modelli a parametri fissi lo ignorano). Su questo Lucas è d'accordo con Ludwig von Mises: "Non ci sono, nel campo dell'economia, relazioni costanti e di conseguenza nessuna misurazione è possibile".

Il metodo di calibrazione, tuttavia, presuppone ancora l'esistenza di parametri accertabili attraverso dati storici e perizie.


È probabile che shock tecnologici alterino la condotta umana

Qual è il meccanismo che converte lo shock tecnologico in cicli boom/bust nel quadro di Kydland-Prescott? Uno shock tecnologico positivo significa che con una data offerta di capitale e lavoro, l'economia può generare più produzione. 

Una maggiore produttività porta a salari più alti e questo a sua volta aumenta la disponibilità dei lavoratori a lavorare di più e a ridurre il tempo libero. Il maggiore ritorno sul capitale dà luogo a maggiori investimenti di capitale e tutto questo porta al boom e alla prosperità.

Una recessione è causata da uno shock tecnologico negativo, il quale riduce il rendimento del lavoro e del capitale. Ciò a sua volta fa sì che i lavoratori lavorino meno ore e diminuiscano gli investimenti di capitale, di conseguenza ciò porta a una diminuzione della produzione, cioè a un bust.

Nonostante il metodo di calibrazione, Kydland-Prescott utilizzano ancora un modello a parametri fissi per stabilire l'importanza dello shock tecnologico nei cicli economici. Anche in questo caso, il metodo di calibrazione consiste nello stabilire parametri non mediante metodi statistici convenzionali, ma esaminando i dati storici e l'opinione di esperti.

Suggerire che uno shock tecnologico non alteri il parametro a significa suggerire che abbiamo a che fare con macchine e non esseri umani. Ciò implica che la conclusione di Kydland-Prescott, secondo cui uno shock indotto dalla tecnologia può spiegare il 70% delle fluttuazioni nei dati statunitensi, è opinabile (anche se si dovesse accettare che il parametro a, ottenuto mediante la calibrazione, sia stabile nel tempo, ciò non affronta la critica di Lucas secondo cui il cambiamento nelle politiche di governo e altri shock, come lo shock tecnologico, influenzeranno la condotta umana e quindi il parametro a). Infatti la critica di Luca sottintende esattamente ciò che aveva suggerito Mises, ovvero che nel campo dell'economia non esistono relazioni costanti e di conseguenza non è possibile fare misurazioni.

Inoltre si potrebbe mettere in discussione la struttura del modello Kydland-Prescott, i quali hanno selezionato l'equazione di Cobb-Douglas perché Robert Solow, un altro premio Nobel, l'ha usata nella sua ricerca. È logico che se fosse stata impiegata un'altra struttura modello, le conclusioni relative allo shock tecnologico e al ciclo boom/bust sarebbero state diverse.


Il boom non riguarda la prosperità economica

Contrariamente a quando sostengono Kydland-Prescott, un boom non riguarda la prosperità economica e la creazione di ricchezza reale, ma il meccanismo che dà origine ad attività che indeboliscono il processo di creazione della ricchezza reale. L'aumento di queste attività è etichettato come un boom, ma esse emergono quando le risorse vengono dirottate da quelle attività che creano ricchezza a quelle che la sprecano, indebolendo il processo in generale.

Se, per qualche ragione, la deviazione delle risorse viene arrestata, le varie attività improduttive finiscono sotto pressione; vale a dire, emerge un bust. Secondo Mises:

Il boom è uno sperpero a causa degli investimenti errati dei fattori di produzione scarsi [...] le sue presunte benedizioni sono pagate con l'impoverimento. La depressione, invece, è la via del ritorno a uno stato di cose in cui tutti i fattori di produzione sono impiegati per la migliore soddisfazione possibile dei bisogni più urgenti dei consumatori.

Pertanto la chiave qui è identificare il meccanismo che devia le risorse dai creatori di ricchezza reale a quelli che la sprecano.


Le politiche del sistema bancario centrale sono alla base dei cicli di boom/bust

Le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali sono il meccanismo che mette in moto la persistente deviazione delle risorse dalle attività produttive a quelle non produttive. Ogni volta che la banca centrale allenta la sua posizione, non genera prosperità economica, comunemente etichettata come boom, ma piuttosto l'impoverimento dei produttori di ricchezza reale. Ogni volta che la banca centrale inasprisce la sua posizione, la deviazione delle risorse reali verso attività non produttive viene ridotta, facendo scoppiare le bolle o provocando quello che viene chiamato un bust.

Il cuore dei cicli economici è il processo di deviazione delle risorse dalle attività produttive a quelle non produttive attraverso le politiche monetarie accomodanti della banca centrale. Inoltre le politiche della banca centrale rendono inevitabili i cicli boom/bust.


I cambiamenti tecnologici non hanno nulla a che fare con i cicli economici

Il cambiamento tecnologico può essere importante per il processo di creazione della ricchezza reale. Una tecnologia migliore può rafforzare tale processo e, al contrario, uno shock tecnologico negativo può indebolirlo. 

Niente di tutto ciò ha nulla a che fare con i cicli economici, essi riguardano il processo di deviazione delle risorse reali dalle attività produttive ad attività non produttive, un processo messo in moto da politiche monetarie accomodanti. Quello che Kydland-Prescott hanno introdotto non è un nuovo modo d'intendere i cicli economici, ma piuttosto un metodo diverso di adattamento: per mezzo della calibrazione, è ora possibile validare vari modelli immaginari. Se una particolare forma funzionale non si adatta sufficientemente ai dati, la funzione può essere modificata fino a quando non viene stabilito il corretto adattamento.


Conclusione

I cambiamenti tecnologici sono importanti nello sviluppo della creazione di ricchezza reale, ma non hanno nulla a che fare con i cicli boom/bust. I vari modelli matematici che avrebbero stabilito che la tecnologia è il fattore chiave nei cicli economici, non affrontano le cause reali (le politiche della banca centrale) ma descrivono piuttosto le fluttuazioni dei dati.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


mercoledì 27 luglio 2022

Cos'è la stagflazione e cosa la causa?

 

 

di Frank Shostak

La stagflazione è un fenomeno associato a una situazione di generale rafforzamento della dinamica dei prezzi mentre al contempo il ritmo dell'attività economica cala. Un famoso episodio di stagflazione si è verificato durante il periodo 1974-75, quando la produzione industriale su base annua scese di quasi il 13% nel marzo 1975 mentre il tasso di crescita annuale dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) balzò a circa il 12%. Allo stesso modo, nel 1979 venne osservato un forte calo dell'attività economica e un'inflazione galoppante dei prezzi; nel dicembre dello stesso anno il tasso di crescita annuale della produzione industriale era vicino allo zero mentre il tasso di crescita annuale dell'IPC chiudeva oltre il 13%.

Secondo il pensiero popolare dell'epoca, la banca centrale influenza il ritmo dell'espansione economica attraverso le politiche monetarie. Questa influenza, tuttavia, ha un prezzo: l'inflazione dei prezzi. Molti economisti ritengono che se l'obiettivo è raggiungere un tasso di crescita economica più rapido e un tasso di disoccupazione più basso, i cittadini dovrebbero essere pronti a sperimentare tassi d'inflazione più elevati.

La convinzione era che ci fosse un compromesso tra inflazione e disoccupazione: più basso è il tasso di disoccupazione, maggiore è il tasso d'inflazione; divecersa maggiore è il tasso di disoccupazione, minore sarà il tasso d'inflazione. La stagflazione degli anni '70, quindi, fu una grande sorpresa per la maggior parte dei commentatori economici.

Alla fine degli anni '60 Edmund Phelps e Milton Friedman (PF) contestarono l'opinione popolare secondo cui può esserci un compromesso sostenibile tra inflazione e disoccupazione. Infatti, nel tempo, secondo i due economisti, le politiche flessibili delle banche centrali hanno creato le basi per una crescita economica inferiore e un tasso d'inflazione più elevato; cioè la stagflazione.


La spiegazione Phelps-Friedman della stagflazione

Partendo da una situazione di uguaglianza tra il tasso d'inflazione attuale e quello atteso, la banca centrale decide di stimolare il tasso di crescita economica aumentando il ritmo di crescita dell'offerta di denaro. Di conseguenza una maggiore offerta di denaro entra nell'economia e ogni individuo ha ora più denaro a sua disposizione. A causa di questo aumento, ogni individuo crede di essere diventato più ricco e ciò fa aumentare la domanda di beni e servizi, cosa che a sua volta mette in moto un aumento della produzione degli stessi.

Ciò aumenta la domanda di lavoratori da parte dei produttori e, di conseguenza, la disoccupazione scende al di sotto del tasso di equilibrio, che sia Phelps che Friedman etichettarono come tasso naturale. Una volta che il tasso di disoccupazione scende al di sotto del tasso di equilibrio, ciò esercita una pressione al rialzo sull'inflazione dei prezzi. Secondo Phelps-Friedman gli individui si rendono conto che c'è stato un generale allentamento dell'offerta di denaro, quindi sviluppano aspettative d'inflazione più elevate e si rendono conto che il loro precedente aumento del potere d'acquisto ora invece sta diminuendo.

Ciò indebolisce la domanda di beni e servizi che, a sua volta, indebolisce la domanda complessiva e quindi rallenta la produzione di beni e servizi, spingendo verso l'alto la disoccupazione. Si noti che ora siamo tornati al punto in cui eravamo prima della decisione della banca centrale di allentare la propria politica monetaria, ma ora però con un tasso d'inflazione molto più elevato.

Di conseguenza abbiamo un calo della produzione di beni e servizi e un aumento della disoccupazione, insieme a un aumento dell'inflazione dei prezzi: stagflazione. Da ciò Phelps-Friedman conclusero che fintanto che l'aumento del tasso di crescita dell'offerta di denaro è inaspettato, la banca centrale può progettare un aumento del tasso di crescita economica.

Tuttavia, una volta che le persone vengono a conoscenza dell'aumento dell'offerta di denaro e valutano le implicazioni di tale aumento, adeguano la loro condotta di conseguenza. Non sorprende che la temporanea spinta all'economia derivante dall'aumento dell'offerta di denaro alla fine scompaia. Per superare questo ostacolo e rafforzare il tasso di crescita economica, la banca centrale dovrebbe sorprendere gli individui con un ritmo molto più elevato di pompaggio monetario.

Tuttavia, dopo un certo lasso di tempo, le persone vengono a conoscenza di questo aumento e adeguano di conseguenza la loro condotta. Di conseguenza l'effetto del più alto ritmo di crescita dell'offerta di denaro svanirà di nuovo e un tasso d'inflazione molto più alto è tutto ciò che resterà. Da ciò Phelps-Friedman conclusero che politiche monetarie accomodanti possono generare crescita economica solo temporaneamente e, nel tempo, si tradurranno in un'inflazione dei prezzi più elevata. Pertanto, secondo Phelps-Friedman, non esiste un compromesso a lungo termine tra inflazione e disoccupazione.


L'aumento dell'offerta di denaro indebolisce sempre la crescita

In un'economia di libero mercato, un produttore scambia il suo prodotto con denaro e poi scambia quest'ultimo con altri prodotti. In alternativa, possiamo dire che lo scambio di qualcosa con qualcosa avviene per mezzo del denaro. Inoltre, affinché lo scambio tra produttori avvenga, essi devono aver prodotto beni e servizi utili.

Tuttavia le cose sono diverse una volta che il denaro viene creato "dal nulla" mediante le politiche del sistema bancario centrale e la riserva frazionaria. Una volta che il denaro "dal nulla" viene emesso, mette in moto uno scambio di nulla per qualcosa, il che equivale a una deviazione di ricchezza da chi la crea a chi la spreca.

L'aumento dell'offerta di denaro nel mondo moderno implica aumenti del denaro fiat e questo non è preceduto da una produzione di beni o servizi. Una volta che il denaro proveniente "dal nulla" viene scambiato con i prodotti di chi invece crea ricchezza reale, equivale a uno scambio di nulla per qualcosa.

Chi entra inizialmente in possesso di suddetto denaro, ottiene beni e servizi finali senza contribuire direttamente o indirettamente al bacino della ricchezza reale. Pertanto chi entra inizialmente in possesso del denaro creato ex novo consuma beni e servizi senza contribuire alla produzione di nuovi. Nel processo chi crea ricchezza reale viene lasciato con meno risorse a sua disposizione, il che a sua volta indebolisce la sua capacità di far crescere l'economia.

Si noti che uno scambio di nulla per qualcosa crea una deviazione di ricchezza reale e avverrà indipendentemente dal fatto che l'aumento dell'offerta di denaro sia previsto o imprevisto. Ciò significa che, sebbene si possa prevedere un'espansione monetaria, essa indebolirà comunque la crescita economica.


Allora quali sono le cause della stagflazione?

L'aumento dell'offerta di denaro mette in moto uno scambio del nulla per qualcosa e che, a sua volta, devia la ricchezza reale da chi la crea a chi la spreca. Ciò indebolisce il processo di creazione di ricchezza reale e di riflesso indebolisce la crescita economica.

Si noti che il prezzo di un bene è la quantità di denaro pagata per esso. Quando nuovo denaro entra nell'economia, significa che viene pagato più denaro per suddetto bene, il che ne aumenta il prezzo. Una volta che il bene è percepito come pienamente valorizzato, il denaro si espande ad altri mercati. Quindi il denaro si sposta da un mercato all'altro e, nel tempo, un aumento dell'offerta di denaro si manifesta attraverso l'aumento dei prezzi di beni e servizi.

Ciò crea una situazione in cui l'aumento dell'offerta di denaro compromette il processo di creazione della ricchezza reale, danneggiando la crescita economica. Allo stesso tempo abbiamo più denaro per merce, il che significa che i prezzi dei beni sono più alti rispetto a prima che si verificasse l'aumento dell'offerta di denaro. Quindi l'aumento dei prezzi delle merci, insieme a una crescita economica più debole, dà forma a quella che definiamo stagflazione.

La stagflazione è il risultato finale del pompaggio monetario, pertanto ogni volta che la banca centrale adotta una posizione monetaria accomodante, apre le porte anche alla stagflazione in futuro. Per Phelps-Friedman e la maggior parte degli economisti, il criterio per accettare una teoria è una correlazione statistica di supporto. È a causa della stagflazione visibile negli anni '70 che la teoria a riguardo di Phelps-Friedman ha ottenuto un ampio sostegno.

Il fatto che nel tempo un rafforzamento della crescita monetaria possa non manifestarsi sempre attraverso una stagflazione visibile, non confuta quanto concludiamo sulle conseguenze degli aumenti del pompaggio monetario in relazione alla crescita economica e sui prezzi. Una teoria che si basa solo sulle correlazioni osservate è semplicemente un esercizio di adattamento di una tesi alla realtà. Ciò che conta per un'economia non è la manifestazione della stagflazione, ma piuttosto l'aumento dell'offerta di denaro "dal nulla".

La gravità della stagflazione dipende dalle condizioni del bacino della ricchezza reale. Se è in calo, è probabile che ne consegua un calo visibile dell'attività economica. Inoltre, a causa del pompaggio monetario passato e del conseguente aumento dell'inflazione dei prezzi, vediamo una stagflazione visibile. Al contrario se il bacino della ricchezza reale è ancora in crescita, è probabile che l'attività economica non subisca variazioni negative. Data la dinamica crescente dei prezzi, vi sarà una correlazione positiva tra l'attività economica e l'inflazione dei prezzi.

Concludiamo che se non osserviamo i sintomi della stagflazione dopo che la banca centrale ha immesso nuovo denaro nell'economia, ciò significa che il bacino della ricchezza reale è ancora in crescita. Al contrario, se emerge la stagflazione, molto probabilmente il bacino della ricchezza reale sta diminuendo.


Conclusioni

L'aumento dell'offerta di denaro mette in moto uno scambio di nulla per qualcosa, trasferendo risorse da chi crea ricchezza reale a chi la spreca. Di conseguenza ciò indebolisce sia il processo di creazione di ricchezza reale che il ritmo dell'attività economica. Quando nuovo denaro entra nei mercati delle merci, significa che c'è più denaro per merce, il che ne fa aumentare i prezzi. Pertanto si osserva un aumento dei prezzi delle merci insieme a un indebolimento della crescita economica. Ecco cos'è la stagflazione.

Il pompaggio monetario nel tempo si traduce sempre in stagflazione, sebbene spesso non sia immediatamente visibile. Man mano che il bacino della ricchezza reale viene messo sotto pressione, il fenomeno della stagflazione prende sempre più corpo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 28 ottobre 2021

Quello che non hanno capito i premi Nobel 2021 per l'economia

 

 

di Frank Shostak

Il Premio Nobel per l'economia di quest'anno è stato assegnato a David Card dell'Università della California, Berkeley, Joshua Angrist del Massachusetts Institute of Technology e Guido Imbens della Stanford University. I premiati, secondo la Commissione, hanno dato un contributo importante su come accertare causa ed effetto in base ai dati osservativi.

Ad esempio, in che modo l'imposizione di un salario minimo influisce sull'occupazione? Nel rispondere a questo tipo di domande, gli economisti si affidano ai dati osservativi, ma con essi sorge un problema di identificazione fondamentale: la causa sottostante di qualsiasi correlazione rimane poco chiara.

Se osserviamo che salario minimo e disoccupazione sono correlati, è perché un salario minimo causa disoccupazione? O perché la disoccupazione e la minore crescita salariale alla base della distribuzione salariale portano all'introduzione di un salario minimo? O per una miriade di altri fattori che incidono sia sulla disoccupazione sia sulla decisione di introdurre un salario minimo? Una preoccupazione chiave con l'approccio dell'equazione strutturale è che per stabilire una relazione causale, la struttura proposta deve essere specificata correttamente.[1]

Secondo la maggior parte dei commentatori, l'aumento del salario minimo danneggerà il mercato del lavoro aumentando la disoccupazione. In uno studio condotto negli anni '90, gli economisti David Card e Alan Krueger hanno esaminato un aumento del salario minimo nel New Jersey confrontando i ristoranti fast-food lì e in una parte adiacente della Pennsylvania.[2] Non hanno riscontrato alcun impatto sull'occupazione.

Modificando gli studi randomizzati controllati (RCT) i nostri premi Nobel in particolare, Ingrist e Imbens, avrebbero presumibilmente risolto il problema di come accertare la causalità dai dati. Ai fini di questo articolo, non discuteremo i dettagli utilizzati per accertare causa ed effetto dai dati.


I dati storici possono dirci come funziona l'economia?

Si noti che i cosiddetti dati utilizzati dagli analisti sono una visualizzazione di informazioni storiche.

Secondo Ludwig von Mises in Human Action (pp. 41-49):

La storia non può insegnarci alcuna regola, principio o legge generale. Non c'è modo di astrarre a posteriori da un'esperienza storica teorie o teoremi riguardanti la condotta e le politiche umane.

Inoltre in The Ultimate Foundation of Economic Science (p. 74) Mises ha sostenuto che:

Quello che possiamo “osservare” sono sempre e solo fenomeni complessi. Ciò che la storia economica, l'osservazione o l'esperienza possono dirci sono fatti come questi: in un determinato periodo del passato il minatore John nelle miniere di carbone della compagnia X nel villaggio di Y guadagnava p dollari per una giornata lavorativa di n ore. Non c'è modo che tutto ciò possa condurre dall'assemblaggio di dati e formare una teoria riguardante i fattori che determinano l'altezza dei saggi salariali.

Nelle scienze naturali, mentre uno scienziato può isolare vari fatti, non conosce le leggi che governano questi fatti.

Non può fare altro che ipotizzare la “vera legge” che regola il comportamento delle varie particelle individuate. Non può mai essere certo, tuttavia, riguardo alle "vere" leggi della natura. Su questo Murray N. Rothbard ha scritto:

Le leggi possono essere solo ipotizzate. La loro validità può essere determinata solo deducendone logicamente le conseguenze, le quali possono essere verificate appellandosi ai fatti di laboratorio. Anche se le leggi spiegano i fatti, e le loro deduzioni sono coerenti con essi, le leggi della fisica non possono mai essere stabilite in modo assoluto. Infatti qualche altra legge può rivelarsi più elegante o capace di spiegare una più ampia gamma di fatti. In fisica, quindi, le spiegazioni postulate devono essere ipotizzate in modo tale che esse o le loro conseguenze possano essere verificate empiricamente. Anche così le leggi sono solo provvisorie, non assolute.[3]

In economia, invece, non abbiamo bisogno di ipotizzare, perché in economia possiamo accertare l'essenza e il significato della condotta delle persone.

Ad esempio, si può osservare che le persone sono impegnate in una varietà di attività. Possono svolgere lavori manuali, guidare automobili, camminare per strada o cenare in ristoranti. L'essenza di queste attività è che sono tutte finalizzate ad uno scopo.

Inoltre possiamo stabilire il significato di queste attività, pertanto il lavoro manuale può essere un mezzo per alcune persone per guadagnare denaro, cosa che a sua volta consente loro di raggiungere vari obiettivi come l'acquisto di cibo o vestiti.

Cenare in un ristorante può essere un mezzo per instaurare rapporti d'affari, guidare un'auto può essere un mezzo per raggiungere una determinata destinazione, ecc. Le persone operano in un quadro di mezzi e fini; usano vari mezzi per assicurarsi i fini. Possiamo anche stabilire da quanto sopra che le azioni delle persone sono consapevoli e propositive.

La conoscenza che l'azione umana è cosciente e propositiva è certa e non provvisoria. Chiunque tenti di obiettare a ciò, infatti, si contraddice, poiché sta compiendo un atto intenzionale e cosciente nel sostenere che le azioni umane non sono consce e propositive. Sono valide anche varie conclusioni derivate da questa conoscenza dell'azione cosciente ed intenzionale.

La teoria secondo cui l'azione umana è consapevole ed intenzionale si regge da sola, indipendentemente da ciò che mostrano i cosiddetti dati.

Inutile dire che la teoria consolidata non richiede alcuna verifica statistica. A differenza delle scienze naturali, in economia non si ipotizza. Conosciamo l'essenza delle cose, cioè che l'azione umana è cosciente ed intenzionale, quindi in economia non dobbiamo impostare un'ipotesi e poi testarla.

Dato che l'economia riguarda azioni umane consapevoli ed intenzionali, possiamo stabilire che la causalità proviene dagli esseri umani e non da fattori esterni. Ad esempio, gli individui non rispondono meccanicamente alle variazioni del reddito personale. Ogni individuo lo fa in accordo con i suoi obiettivi.


Il salario minimo e la disoccupazione

Dato che l'obiettivo finale di ogni individuo è il sostentamento ed il benessere della propria vita, è improbabile che un imprenditore paghi un lavoratore più del valore del prodotto che genera. Se un lavoratore genera all'ora un valore di $10 verso l'azienda, l'imprenditore non pagherà più di questo importo.

Se il salario minimo è fissato a $15 all'ora mentre il lavoratore può generare solo un valore di $10 all'ora, sarebbe illegale per l'azienda pagarlo meno del salario minimo di $15 all'ora. In uno scenario del genere, l'azienda sarebbe costretta a licenziare il lavoratore, dal momento che impiegarlo per $15 all'ora ne intaccherebbe la redditività.

Uno studio che impiega metodi quantitativi avanzati e conclude che l'aumento dei salari minimi è innocuo per il mercato del lavoro è a dir poco discutibile. Tale studio implica che gli individui non cercano di migliorare la propria vita e il proprio benessere.

Si noti che non sono necessari studi quantitativi per accertare che l'aumento del salario minimo si tradurrà in un aumento della disoccupazione. Tutto ciò che è richiesto è una discussione logica che la maggior parte degli esseri umani potrebbe seguire.


Conclusioni

Contrariamente al modo di pensare popolare, non valutiamo una teoria rispetto al fatto che corrisponda ai dati in quanto tali, ma al contrario valutiamo i dati attraverso una teoria.

Lo scopo di una teoria è fornire l'essenza dell'oggetto di indagine. È come una mappa stradale che fornisce informazioni su una particolare posizione ignorando vari fattori non essenziali: indica al lettore come raggiungere il punto B dal punto A. La mappa, tuttavia, non fornisce vari dettagli, come gli alberi e le case circostanti.

Non è necessaria una verifica statistica per stabilire l'effetto dell'aumento del salario minimo sulla disoccupazione. Una semplice analisi logica mostra che un aumento del salario minimo indebolisce il mercato del lavoro.

Dato che l'economia riguarda azioni umane consapevoli ed intenzionali, possiamo stabilire che la causalità proviene dagli esseri umani e non da fattori esterni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Answering Causal Questions Using Observational Data (Committee for the Prize in Economics Sciences in Memory of Alfred Nobel, 2021).

[2] David Card and Alan Krueger, “Minimum Wages and Employment,” American Economic Review 84 (1994): 772–93.

[3] Murray N. Rothbard, “Towards a Reconstruction of Utility and Welfare Economics,” in On Freedom and Free Enterprise: The Economics of Free Enterprise, ed. May Sennholz (Princeton, N.J.: D. Van Nostrand, 1956), p. 3.

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giovedì 3 giugno 2021

Correlazione ≠ Causa

 

 

di Frank Shostak

Spesso si osserva che due serie di dati, che non dovrebbero avere alcuna relazione, sembrano avere una correlazione visiva molto elevata. Ad esempio, si può scoprire una forte correlazione tra l'intensità dell'abbaiare di un cane ed i movimenti dei prezzi delle azioni. Si è quindi tentati di approfittare di questa scoperta per fare soldi in borsa.

In realtà sia l'abbaiare del cane che i movimenti degli indici di borsa non hanno nulla a che fare tra loro. Ciò che può far emergere l'apparente correlazione è che entrambi mostrano una tendenza al rialzo a lungo termine. Inoltre le fluttuazioni di questi dati non sembrano convergere verso un trend, ma sembrano solo muoversi verso l'alto. Questi tipi di dati vengono etichettati dagli statistici come non stazionari.

Al contrario, i dati che convergono verso un valore fisso vengono etichettati come stazionari. I dati stazionari implicano una struttura invariata, qualcosa di stabile e quindi si può dargli un senso, mentre i dati non stazionari sono associati a fluttuazioni irregolari, il che ovviamente rende molto difficile darvi un senso. Quindi se qualcosa va alla deriva senza meta, non è possibile dire molto sul suo corso futuro. Se si cerca di dare un senso ai dati irregolari, ovviamente non si andrà molto lontano; tuttavia ciò crea un grave problema per gli economisti e gli analisti finanziari che si ritrovano a dover elaborare dati non stazionari. Di conseguenza incorporare questi tipi di dati nelle analisi economiche porta a risultati fuorvianti.

Ad esempio, un economista vuole stabilire l'importanza dei cambiamenti nella produzione sul consumo delle persone. La procedura comune a tal fine consiste nell'applicazione di metodi statistici sui dati di consumo e di produzione al fine di stabilirne l'interrelazione.

Attraverso una tecnica statistica, detta anche analisi di regressione, si stabilisce come consumo e produzione siano quantitativamente connessi tra loro.

Supponiamo che un economista abbia scoperto che la relazione tra consumo e produzione possa essere riassunta dalla seguente espressione matematica: Consumo = 10 + 0,5 * Produzione

Armato di questa scoperta, l'economista può ora dirci la direzione del consumo se c'è un cambiamento nella produzione. Quindi, se la produzione è 100, il consumo sarà 60 (perché 10 + 0,5 * 100 = 60). Gli economisti etichettano i numeri 10 e 0,5 come parametri.

Si osservi che le informazioni riguardanti la dimensione di questi parametri (cioè se sono 10 e 0,5 o altro) si ottengono mediante la tecnica della regressione. I numeri 10 e 0,5, che sono stati generati con il metodo di regressione, sono le stime del mondo reale.

Si ritiene che in media queste stime siano molto vicine ai parametri reali. Si ritiene inoltre che qualsiasi conclusione derivata dall'equazione relativa al rapporto tra consumo e produzione sia un riflesso della realtà, purché le prestazioni del modello in termini di capacità di previsione siano buone.

Il premio Nobel Clive Granger contesta questo approccio.[1] Sostiene che non si possono trarre conclusioni significative dall'equazione di cui sopra se i dati impiegati per stabilire questa equazione non sono stazionari. Infatti secondo Granger i dati che gli economisti stavano impiegando nella ricerca passata erano probabilmente di natura non stazionaria.

I parametri che si ottengono da tali dati possono essere fuorvianti e quindi è probabile che il risultato dell'analisi sia privo di significato. Allora come si supera il problema?

Se si dovesse stabilire un fattore comune che influenza sia il consumo che la produzione, si dice che queste due serie temporali sono collegate o co-integrate. Granger e altri hanno dimostrato mediante metodi matematici e statistici che l'introduzione di un fattore comune rende stazionaria l'interrelazione tra serie temporali non stazionarie.

Pertanto il consumo e la produzione possono essere osservati separatamente come serie temporali non stazionarie. Se si tentasse di stabilire relazioni economiche tra di loro, si otterrebbero risultati fuorvianti; tuttavia se si dovesse stabilire che sia il consumo che la produzione hanno un fattore comune, si potrebbe dedurre che nel tempo sia il consumo che la produzione devono muoversi insieme.

Questo fattore comune o di co-integrazione potrebbe essere che il benessere delle persone richiede consumo e produzione, oltre al fatto che senza produzione non può esserci consumo e senza consumo non è possibile produzione.

Un altro esempio è un bene identico che viene scambiato in luoghi diversi. Le fluttuazioni giornaliere dei prezzi possono sembrare casuali in varie località e quindi molto probabilmente non corrisponderanno tra loro; tuttavia l'esistenza dell'arbitraggio e la legge della domanda/offerta garantiranno che nel tempo i prezzi in varie località si avvicineranno l'uno all'altro.

Invece di cercare di scoprire qual è il fattore di co-integrazione, Granger e altri hanno prodotto una struttura meccanizzata che consente agli economisti di stabilire se i dati sono conformi alla co-integrazione, cioè se la relazione tra i dati ha senso per così dire. Una volta stabilito che i dati sono co-integrati, possono quindi essere utilizzati con una determinata procedura matematica per stabilire i parametri corretti.[2]

Vari risultati statistici prodotti mediante il modello di Granger sono pertanto considerati validi in quanto applicati su dati co-integrati.

Il metodo di Granger solleva seri dubbi sulle conclusioni del passato in merito alle interrelazioni economiche, che sono state raggiunte per mezzo delle vecchie tecniche. Fornisce anche una critica all'uso delle correlazioni senza cercare di darvi un senso.

La struttura di Granger sembra fornire agli economisti un potente strumento che aiuta a ridurre al minimo l'uso di correlazioni prive di significato. Ad esempio, il modello di Granger indicherà che i movimenti nel mercato azionario e l'intensità dell'abbaiare del cane non possono essere co-integrati e quindi l'uso di queste relazioni per fare soldi in borsa potrebbe rivelarsi un esercizio molto costoso.

Pertanto sembra che la struttura di Granger sia un ottimo strumento per promuovere la nostra comprensione dell'universo economico... ma lo è davvero?


Ci sono costanti in economia?

Il problema principale che Granger non ha affrontato non è se le vecchie tecniche stiano generando stime valide dei parametri, ma se tali parametri esistono in primo luogo.

Nelle scienze naturali l'impiego della matematica consente agli scienziati di formulare la natura essenziale degli oggetti. Di conseguenza entro determinate condizioni, si otterrà ripetutamente la stessa risposta. Lo stesso approccio non è valido in economia, perché essa ha a che fare con gli esseri umani e non con gli oggetti. Secondo Mises:

L'esperienza con cui devono confrontarsi le scienze dell'agire umano è sempre un'esperienza di fenomeni complessi. Non è possibile eseguire esperimenti di laboratorio riguardo all'azione umana.[3]

Le persone hanno la libertà di scelta, di cambiare idea e perseguire azioni contrarie a quanto osservato in passato. A causa della natura unica degli esseri umani, le analisi in economia possono essere solo qualitative. Non ci sono parametri nell'universo umano. Infatti Mises ha scritto:

Non ci sono, nel campo dell'economia, relazioni costanti e di conseguenza non è possibile alcuna misurazione.[4]

Il punto di vista mainstream secondo cui l'attività economica umana può essere catturata da formule matematiche espresse attraverso parametri fissi, implica che gli esseri umani operano come macchine. Ad esempio, contrariamente al modo di pensare matematico, le spese individuali per i beni non sono "causate" dal reddito in quanto tale. Nel proprio contesto ogni individuo decide quanto di un dato reddito sarà utilizzato per il consumo e quanto per il risparmio.

Sebbene sia vero che le persone rispondono ai cambiamenti dei loro redditi, la risposta non è automatica e non può essere catturata da una formula matematica. Ad esempio, un aumento del reddito di un individuo non implica automaticamente che aumenterà la sua spesa per consumi. Ogni individuo valuta l'aumento del reddito rispetto agli obiettivi che vuole raggiungere, pertanto potrebbe decidere che è più vantaggioso per lui aumentare i suoi risparmi piuttosto che aumentare i consumi.

Nella migliore delle ipotesi le formulazioni matematiche possono essere viste come una tecnica per fornire un'istantanea in un dato momento di vari dati economici. In questo senso possono essere considerate come una forma particolare di presentazione dei dati storici, ciononostante non può dirci nulla sulle cause trainanti l'attività economica umana. Inoltre l'impiego di relazioni storiche consolidate per valutare l'impatto dei cambiamenti nelle politiche statali produrrà risultati fuorvianti nonostante il modello di Granger.

Dopotutto, supporre che un cambiamento nella politica statale lascerà intatta la struttura delle equazioni significherebbe che gli individui nell'economia hanno cessato di essere vivi e sono stati, di fatto, congelati.

A questo proposito Mises ha scritto:

In quanto metodo di analisi economica, l'econometria è un gioco infantile con le cifre che non contribuisce in alcun modo alla delucidazione dei problemi della realtà economica.[5]

Suggeriamo che la causalità non può essere accertata per mezzo di metodi matematici, ma per mezzo della comprensione. Questo a sua volta può essere fatto una volta che la struttura del nostro pensiero è basata su un assioma non confutabile: gli esseri umani usano i mezzi per raggiungere i fini. Con l'aiuto di questo approccio, si stabilirà che la causalità proviene dagli esseri umani stessi e non da fattori esterni.

Non ci sono standard costanti per misurare le menti, i valori e le idee degli esseri umani. La valutazione è il mezzo con cui un individuo propositivo e cosciente valuta i fatti dati della realtà. Un individuo stabilisce quali sono i fatti, quindi valuta quali di questi fatti accertati siano i più adatti a raggiungere i suoi vari fini.

Gli obiettivi o i fini individuali stabiliscono lo standard per valutare i fatti della realtà. Ad esempio, se l'obiettivo di un individuo è quello di migliorare la sua salute, allora stabilirà quali beni andranno a beneficio della sua salute e quali no. Tra di essi alcuni saranno più efficaci di altri, tuttavia non è possibile quantificarne l'efficacia. Tutto ciò che si potrebbe fare è classificare questi prodotti in base all'efficacia percepita.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Granger, C.W.J. & Newbold, P. (1974) "Spurious Regressions in Econometrics", Journal of Econometrics, Vol. 2, pp 111-20.

[2] Granger, C.W.J. & Weiss, A. A. 1983, "Time series analysis of error-correction models," in S.Karlin, T. Amemiya & L.A. Goodman, Studies in Econometrics, Time series and Multivariate Statistics, in Honor of T.W. Anderson, Academic Press, San Diego, pp 255-278.

[3] Ludwig von Mises, Human Action (1963), p 31.

[4] Human Action, p 55.

[5] Ludwig von Mises, The Ultimate Foundation of Economic Science (1962), p 63.

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martedì 2 marzo 2021

Modelli economici & mondo reale

 

 

di Frank Shostak

Le pubblicazioni ufficiali riguardo i vari indicatori economici come PIL, IPC e disoccupazione ricevono un'ampia copertura dai media. Con voce misurata e autorevole, vari economisti e altri esperti intervistati discutono le loro opinioni sulla salute dell'economia. Un aumento di un indicatore come il PIL è interpretato come una buona notizia, mentre un calo è visto come indicativo di problemi futuri.

Quali sono gli strumenti che gli economisti e gli esperti finanziari utilizzano nelle loro valutazioni dell'economia? Qual è la base del loro quadro di pensiero?


Far parlare i dati

Per far "parlare" i dati, gli economisti utilizzano una serie di metodi statistici che variano da modelli altamente complessi ad una semplice visualizzazione di dati storici. Si ritiene generalmente che mediante correlazioni statistiche si possano organizzare i dati storici in un utile corpus di informazioni, che a sua volta può servire da base per le valutazioni dello stato dell'economia. Si ritiene che attraverso l'applicazione di metodi statistici su dati storici si possano estrarre i fatti della realtà riguardanti lo stato dell'economia.

Sfortunatamente le cose non sono così semplici come sembrano. Ad esempio, è stato osservato che il calo del tasso di disoccupazione è associato ad un aumento generale dei prezzi di beni e servizi. Dobbiamo quindi concludere che il calo del tasso di disoccupazione sia uno dei principali fattori scatenanti l'inflazione dei prezzi? Per confondere ulteriormente la questione è stato anche osservato che l'inflazione dei prezzi è ben correlata con le variazioni dell'offerta di moneta. Inoltre è stato stabilito che le variazioni dei salari mostrano un'elevata correlazione con l'inflazione dei prezzi.

Allora cosa dobbiamo farci con tutto questo? Qui ci troviamo di fronte non una, ma tre "teorie" sull'inflazione. Come dobbiamo decidere qual è la teoria giusta? Secondo il modo di pensare canonico, reso popolare da Milton Friedman, non possiamo conoscere i fatti della realtà. Secondo questo modo di pensare il criterio per la selezione di una teoria dovrebbe essere il suo potere predittivo. Secondo Friedman infatti:

L'obiettivo finale di una scienza positiva è lo sviluppo di una teoria o ipotesi che produca previsioni valide e significative (cioè non truistiche) su fenomeni non ancora osservati.[1]


È tutto incerto?

Finché il modello (teoria) "funziona", è considerato un quadro valido per la valutazione di un'economia. Una volta che il modello (teoria) si rompe, si cerca un nuovo modello (teoria).

Ad esempio, un economista ritiene che le spese dei consumatori per beni e servizi siano determinate dal reddito disponibile. Una volta convalidata mediante metodi statistici, questa visione viene utilizzata come strumento per valutare l'orientamento futuro della spesa dei consumatori. Se il modello non riesce a produrre previsioni accurate, viene modificato aggiungendo altre variabili esplicative.

La natura provvisoria delle teorie implica che la nostra conoscenza del mondo reale sia sfuggente. Dal momento che non è possibile stabilire "come funzionano veramente le cose", allora non importa veramente quali siano i presupposti di fondo di un modello. Infatti tutto va bene, purché il modello possa fornire buone previsioni. Secondo Milton Friedman:

La domanda rilevante da porsi sulle ipotesi di una teoria non è se esse siano descrittivamente realistiche, poiché non lo sono mai, ma se sono un'approssimazione sufficientemente buona per lo scopo in esame. E a questa domanda si può rispondere solo vedendo se la teoria funziona, il che significa se fornisce previsioni sufficientemente accurate.[2]

Ancora una volta, secondo questo modo di pensare "va bene tutto", ciò che conta è avere un modello che generi previsioni accurate.


Due tipi di economisti

L'idea che la nostra conoscenza sia provvisoria e che non possiamo mai essere certi di nulla ha dato origine a due gruppi di economisti. In un campo ci sono i cosiddetti teorici, o "economisti nella torre d'avorio", che generano vari modelli immaginari e li usano per formarsi un'opinione sul mondo dell'economia. Di regola, per sembrare credibili, questi modelli sono abbelliti di matematica sofisticata.

Nell'altro campo abbiamo i cosiddetti economisti "pratici", che traggono le loro opinioni esclusivamente dai dati. Mentre gli economisti nella torre d'avorio sono convinti che la chiave del segreto dell'universo economico sia attraverso modelli astratti, gli economisti "pratici" sostengono che se uno "tortura" i dati abbastanza a lungo, alla fine confesseranno e uscirà fuori la verità.

La teoria economica, tuttavia, deve avere un solo scopo: spiegare l'essenza dell'attività economica. Tuttavia i metodi statistici non sono di alcun aiuto in questo senso. Tutto ciò che i vari metodi statistici possono fare è semplicemente confrontare i movimenti di varie informazioni storiche; questi metodi non sono in grado di identificare le forze trainanti dell'attività economica. Allo stesso modo, i modelli basati sull'immaginazione degli economisti non sono di grande aiuto, poiché queste teorie non sono accertate dal mondo reale.

Contrariamente al pensiero canonico, l'economia non riguarda il PIL, l'IPC o altri indicatori economici in quanto tali, ma le attività umane che cercano di promuovere la vita e il benessere. Si può osservare che le persone sono impegnate in una varietà di attività: lavori manuali, guidare auto, camminare per strada, cenare nei ristoranti, ecc. La caratteristica distintiva di queste attività è che tutte hanno uno scopo.

Pertanto il lavoro manuale può essere un mezzo per guadagnare denaro per alcune persone, il che a sua volta consente loro di raggiungere vari obiettivi come l'acquisto di cibo o vestiti. Mangiare in un ristorante potrebbe essere un mezzo per stabilire rapporti d'affari; guidare un'auto potrebbe essere un mezzo per raggiungere un luogo particolare. Le persone operano in un quadro di fini e mezzi: usano vari mezzi per arrivare a fini preposti.

L'azione intenzionale implica che le persone valutino i vari mezzi a loro disposizione rispetto ai loro fini. In qualsiasi momento le persone hanno un'abbondanza di fini che vorrebbero raggiungere, ciò che limita il loro raggiungimento è la scarsità di mezzi. Quindi, una volta che i mezzi diventano disponibili, è possibile soddisfare un numero maggiore di fini o obiettivi (ovvero, il tenore di vita delle persone aumenterà).


La consapevolezza che l'azione umana è utile aiuta a dare un senso ai dati

Per intraprendere l'identificazione dei dati, è necessario ridurli alla loro forza motrice ultima: l'azione umana intenzionale. Ad esempio, durante una recessione economica, si osserva un calo generale della domanda di beni e servizi. Dobbiamo quindi concludere che il calo della domanda è la causa di una recessione economica?

Il fatto che l'essere umano persegua azioni mirate implica che le cause nel mondo dell'economia provengano da esseri umani e non da fattori esterni. Ad esempio, contrariamente al pensiero canonico, la spesa per beni non è causata dal reddito reale in quanto tale. Nel suo contesto unico, ogni individuo decide quanto di un dato reddito sarà utilizzato per il consumo e quanto per l'investimento. Sebbene sia vero che le persone risponderanno ai cambiamenti dei loro redditi, la risposta non è affatto automatica: ogni individuo valuta l'aumento del reddito rispetto al particolare insieme di obiettivi che vuole raggiungere. Potrebbe decidere che è più vantaggioso per lui/lei aumentare i suoi investimenti in asset finanziari piuttosto che aumentare i consumi.

Essere consapevoli che le persone perseguono azioni mirate non è una conoscenza provvisoria, è una tesi sempre valida. Chiunque tenti di suggerire il contrario cade in contraddizione, poiché coloro che sostengono che l'azione umana non è intenzionale in realtà stanno effettuando un'azione intenzionale.

La pura analisi statistica senza stabilire il significato di una particolare attività economica non può dirci l'essenza di ciò che accade nel mondo degli esseri umani. Tutto ciò che l'analisi statistica dei dati può fare è descrivere cose che non può spiegare, perché le persone stanno facendo quello che stanno facendo.

Senza la consapevolezza che le azioni umane hanno uno scopo, non è possibile dare un senso ai dati storici. Su questo Rothbard ha scritto:

Un esempio che a Mises piaceva usare nella sua classe per dimostrare la differenza tra due modi fondamentali di affrontare il comportamento umano era descrivere la Grand Central Station durante le ore di punta. Il comportamentista "oggettivo" o "veramente scientifico" osserva gli eventi empirici: persone che corrono avanti e indietro senza meta in certi momenti prevedibili della giornata. E questo è tutto quello che saprebbe. Ma il vero studente dell'azione umana partirà dal fatto che tutto il comportamento umano è intenzionale, e vedrebbe che lo scopo è quello di andare da casa al treno per andare al lavoro la mattina, il contrario di notte, ecc. È ovvio quale dei due scoprirà e saprà di più sul comportamento umano, e quindi chi è il vero "scienziato".[3]


La capacità predittiva è un criterio valido per accettare un modello?

La visione canonica che imposta la capacità predittiva come criterio per accettare un modello è foriera di diversi problemi. Ad esempio, una teoria impiegata per costruire un razzo stabilisce alcune condizioni che devono prevalere affinché il suo lancio sia un successo. Una delle condizioni è il bel tempo. Giudicheremmo quindi la qualità di una teoria della propulsione sulla base del fatto che sia in grado di prevedere con precisione la data del lancio del razzo?

La previsione che il lancio sarà un successo in una determinata data futura si realizzerà solo se tutte le condizioni previste si dimostreranno valide. Non è possibile sapere in anticipo se sarà così. Ad esempio, il giorno previsto per il lancio potrebbe piovere. Tutto ciò che la teoria della propulsione può dirci è che se si verificheranno tutte le condizioni necessarie, il lancio del razzo avrà successo. La qualità della teoria, tuttavia, non è viziata dall'incapacità di fare una previsione accurata sulla data del lancio.

La stessa logica si applica anche in economia. Possiamo affermare con sicurezza che, a parità di condizioni, un aumento della domanda di pane ne aumenterà il prezzo. Questa conclusione è vera e non provvisoria. Il prezzo del pane aumenterà domani o in futuro? Questo non può essere stabilito dalla teoria della domanda e dell'offerta. Dobbiamo quindi considerare inutile questa teoria perché non può prevedere il prezzo futuro del pane? Secondo Mises:

L'economia può prevedere gli effetti attesi se si ricorre a determinate politiche economiche. Può rispondere alla domanda se una determinata politica sia in grado di raggiungere i fini perseguiti e, in caso di risposta negativa, quali saranno i suoi reali effetti. Ma, ovviamente, questa previsione può essere solo "qualitativa".[4]

Il fatto che le persone perseguano consapevolmente azioni mirate ci fornisce una conoscenza definita, che è sempre valida per quanto riguarda gli esseri umani. Questa conoscenza pone le basi per un quadro coerente che consente valutazioni significative dello stato di un'economia. Al contrario, è probabile che quell'analisi che si basa esclusivamente su correlazioni statistiche sia fonte di problemi. La cosiddetta analisi statistica pura può dirci molto poco sull'essenza dell'attività economica.


Presupposti fantasiosi

Allo stesso modo dobbiamo rifiutare commenti che sono basati su modelli "puramente" teorici, i quali traggono il loro fondamento dall'immaginazione degli economisti che sono staccati dai fatti della realtà. Un modello, che non è derivato dalla realtà, non può spiegare il mondo reale.

Ad esempio, per spiegare la crisi economica in Giappone, il famoso economista Paul Krugman ha utilizzato un modello che presume che le persone siano identiche e vivano per sempre e che la produzione sia totalmente conosciuta.[5] Pur ammettendo che queste ipotesi non sono realistiche, Krugman ha comunque sostenuto che in qualche modo il suo modello poteva essere utile per offrire soluzioni alla crisi economica in Giappone.


Conclusione

Per essere applicabile, una teoria economica deve emanare dall'essenza di ciò che guida la condotta umana. Il fattore chiave qui è l'azione mirata e la consapevolezza che le persone perseguono azioni mirate consente all'analista di dare un senso ai dati economici.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Milton Friedman, Essays in Positive Economics, Chicago: University of Chicago Press, 1953.

[2] Milton Friedman, ibid.

[3] Murray N. Rothbard, prefazione a Theory and History di Ludwig von Mises.

[4] Ludwig von Mises, The Ultimate Foundation of Economic Science, p 67.

[5] Paul Krugman, "Japan’s Trap", maggio 1998 su nytimes.com.

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