lunedì 9 giugno 2025

Il problema col globalismo forzato

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-problema-col-globalismo-forzato)

Per anni ho continuato a usare il termine globalismo con approvazione, perché la cooperazione internazionale è una cosa positiva. Viaggiare è meraviglioso, così come lo è la libertà di commerciare e migrare. Come ha fatto la pratica della libertà, che si estende oltre i confini giuridici nazionali, a essere così detestata e denigrata?

Dietro c'è una storia complessa che parla di intrecci tra stati, industria, finanza, strutture governative sovranazionali e del controllo di un gruppo di persone sopra i sistemi.

L'esperienza del Covid ha rivelato tutto. La risposta è stata globale: quasi tutte le nazioni hanno adottato misure di lockdown allo stesso modo, più o meno nello stesso periodo, applicando gli stessi protocolli e adottando le stesse misure (più o meno).

L'Organizzazione mondiale della sanità sembrava dettare legge, con le agenzie sanitarie pubbliche nazionali che si sono disinteressate di ogni questione. Il virus stesso sembrava essere emerso dall'interno di una struttura di ricerca multilaterale sui patogeni e sulle possibili contromisure farmaceutiche.

Inoltre le banche centrali di tutto il mondo hanno collaborato per finanziare la risposta politica, stampando moneta come mai prima per fermare il collasso economico dovuto alle chiusure forzate. Nazioni come Svezia e Nicaragua, che hanno seguito la propria strada, sono state demonizzate dai media di tutto il mondo esattamente allo stesso modo.

I legislatori nazionali non hanno avuto alcun ruolo nei lockdown iniziali; sono stati esclusi dal processo decisionale. Ciò significa che anche i cittadini che li avevano eletti sono stati privati ​​del loro diritto di voto. Nessuno ha votato per la distanza di sicurezza, la chiusura delle attività commerciali e gli obblighi di vaccinazione. Sono stati imposti da editti amministrativi e i sistemi giudiziari non li hanno fermati.

La democrazia come idea, così come lo stato di diritto, sono morti in quei mesi e anni, rimettendosi sempre alle istituzioni globali e ai sistemi finanziari che hanno assunto di fatto il controllo del pianeta. È stata la più sorprendente dimostrazione di potere universale nella storia.

Visti i risultati, non sorprende affatto vedere la reazione negativa, che si è concentrata sulla riaffermazione dei diritti delle nazioni e dei loro cittadini.

Molti difensori della libertà (di destra e di sinistra) sono spesso a disagio con l'ethos di questa reazione e si chiedono se e in quale misura esista un valido precedente storico per rivendicare la sovranità in nome della libertà.

Sono qui per affermare che un tale precedente esiste, un episodio storico quasi completamente dimenticato.

È noto che l'accordo di Bretton Woods del 1944 includeva parti che riguardavano il saldo monetario internazionale (il gold exchange standard) e il sistema bancario (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale). Molti conoscono anche l'Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (1948).

Quello che non è noto è che il GATT era una posizione di ripiego. La bozza originale di Bretton Woods includeva un'Organizzazione internazionale per il commercio (OIC) che avrebbe dovuto essere autorizzata a gestire tutti i flussi commerciali globali. Fu redatto nel 1944 e codificato nella Carta dell'Avana del 1948. All'epoca i principali governi e le grandi aziende si impegnarono a ratificare questo accordo come trattato.

L'Organizzazione internazionale per il commercio avrebbe dovuto governare il mondo, con gli oligarchi che ne avrebbero preso il controllo in nome della globalizzazione.

Fu messo da parte... perché? Non a causa dell'opposizione di protezionisti e mercantilisti. I principali oppositori dell'Organizzazione internazionale per il commercio erano infatti liberisti e libertari. La campagna per smantellare il trattato fu guidata dall'economista franco-americano Philip Cortney e dal suo libro di grande successo intitolato The Economic Munich (1949).

“La Carta dell'Organizzazione internazionale per il commercio è un monumento alle illusioni”, scrisse, “un sogno burocratico che ignora la dura realtà delle economie nazionali. Promette il libero scambio ma impone vincoli, costringendo le nazioni a regole che non possono piegarsi alle tempeste dell'inflazione o della scarsità”.

Lui e altri nella sua orbita potevano individuare in quella Carta non la mano della libertà, bensì la pianificazione centralizzata, il corporativismo, l'inflazionismo, la pianificazione fiscale, la politica industriale e il commercio controllato – in breve, quello che oggi viene chiamato globalismo. Era fermamente contrario, proprio perché credeva che avrebbe fatto arretrare la legittima causa del libero scambio e avrebbe sommerso la sovranità nazionale sotto una palude burocratica.

Le obiezioni che aveva erano molte, ma tra queste c'erano quelle incentrate su questioni di saldo monetario. Le nazioni sarebbero state vincolate a un sistema tariffario senza alcuna flessibilità per adeguare i valori delle valute in base ai flussi commerciali. Credeva che l'Organizzazione internazionale per il commercio comportasse un rischio reale, che le nazioni non avessero la capacità di adattarsi alle variazioni dei tassi di cambio o ad altre specificità di tempo e luogo. Sebbene la Carta sembrasse promuovere il libero scambio, Cortney credeva che alla fine lo avrebbe indebolito.

Riteneva inoltre che se le nazioni avessero aperto le loro economie alla concorrenza internazionale da ogni angolo del mondo, ciò avrebbe dovuto essere fatto in modo coerente con la governance democratica e i plebisciti nazionali. Un governo globale dal pugno di ferro che imponesse un tale regime avrebbe contraddetto l'intera storia delle posizioni contrarie al mercantilismo e probabilmente sarebbe stato sfruttato dalle grandi aziende e dalla finanza per manipolare il sistema a proprio vantaggio.

Ciò che colpisce di questa argomentazione è che proveniva da un punto di vista liberale/libertario che favoriva i metodi tradizionali per ottenere il libero scambio, opponendosi a quelli che oggi verrebbero definiti mezzi globalisti per ottenerlo.

Infatti Ludwig von Mises disse di quel libro: “La sua brillante critica espone spietatamente le fallacie delle dottrine e delle politiche economiche ufficiali contemporanee. Le tesi principali nel suo saggio sono inconfutabili. Sopravviverà a quest'epoca di futilità politica e sarà letto e riletto come un classico della libertà economica, al pari delle opere di Cobden e Bastiat”.

Fu Cortney, insieme ai suoi compatrioti ideologici nel mondo degli affari e della scrittura editoriale, a silurare la Carta dell'Avana e a gettare l'Organizzazione internazionale per il commercio nel dimenticatoio della storia.

Per essere chiari, il rifiuto nei confronti di tale organizzazione non fu il risultato dell'attivismo di reazionari, socialisti, protezionisti o persino nazionalisti economici. Fu respinta da convinti sostenitori del liberalismo economico, del libero scambio e degli interessi commerciali dominati dalle piccole e medie imprese che temevano di essere inghiottite dal pantano globalista.

Queste persone diffidavano della burocrazia in generale e della burocrazia globale in particolare. Quella era una generazione di principi, e all'epoca erano ben consapevoli di come qualcosa potesse sembrare fantastico a parole ma essere orribile nella realtà. Non si fidavano della banda al potere in quei giorni affinché elaborasse un accordo commerciale sostenibile per il mondo.

Il rifiuto dell'Organizzazione internazionale per il commercio è il motivo per cui siamo arrivati ​​all'Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio. Era generale, nel senso che non era una legge consolidata; era un accordo, il che significava che nessuna nazione sarebbe stata costretta a violare i propri interessi; riguardava i dazi, ma non tentava una grande strategia per livellare tutte le valutazioni monetarie; era informale e non formale, decentralizzato e non centralizzato.

Il GATT prevalse fino al 1995, quando l'Organizzazione mondiale del commercio fu imposta sotto un'enorme pressione da parte dei media e delle grandi aziende. Fu una rinascita della vecchia Organizzazione internazionale per il commercio. A quel punto i sostenitori del libero mercato avevano perso la loro sofisticatezza e si erano schierati a favore della nuova agenzia globale. Quasi a confermare la previsione di Cortney, l'Organizzazione mondiale del commercio è ormai diventata obsoleta, capro espiatorio per la stagnazione economica, la deindustrializzazione, gli squilibri monetari e i conti esteri instabili, coperti da riserve estere di asset denominati in dollari.

Ora ci troviamo di fronte a una reazione violenta, sotto forma di politiche mercantiliste grossolane che si stanno abbattendo con furia. L'America è stata la destinazione di enormi quantità di prodotti provenienti dalla Cina, ora bloccate da dazi elevati. Con straordinaria ironia, il New York Times avverte che un dirottamento delle merci dagli Stati Uniti all'Europa potrebbe “portare a uno scenario rischioso per i Paesi europei: il dumping di prodotti artificialmente a basso costo che potrebbe minare le industrie locali”.

Immaginate un po'!

L'equilibrio tra sovranità nazionale e libertà stessa è delicato. Generazioni di intellettuali lo sapevano e si sono guardati bene dal rovesciare l'una per sostenere l'altra. Separare definitivamente le strutture di governo dal controllo dei cittadini, anche solo attraverso un plebiscito periodico, rischia il disastro persino su temi come il commercio, per non parlare della ricerca sulle malattie infettive e sui virus.

Così è arrivata la rivolta, esattamente come aveva previsto Philip Cortney.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Nessun commento:

Posta un commento