venerdì 29 aprile 2016

Bombe ad orologeria finanziarie nascoste in piena vista





di David Stockman


L'orso è in arrivo, e imperverserà nei canyon di Wall Street col sangue grondante da denti e artigli. Ancora una volta i nostri pianificatori monetari centrali — per la terza volta in questo secolo — verranno colti di sorpresa. Questo perché hanno speso due decenni a deformare, distorcere e a distruggere ciò che un tempo erano mercati finanziari liberi. E come al solito sono all'oscuro delle bombe ad orologeria finanziarie che nel frattempo hanno piazzato.

La sostanza del settore bancario centrale keynesiano è quella di falsificare i prezzi degli asset finanziari. In sostanza, questo significa agganciare i tassi d'interesse al di sotto dei livelli di compensazione di mercato, in base alla teoria che ne deriveranno più prestiti e spesa.

Negli ultimi anni a questo canale della trasmissione della politica monetaria è stata aggiunto il canale FX, che opera per mezzo del deprezzamento della moneta e dello stimolo delle esportazioni; e il canale dell'effetto ricchezza, il quale cerca di far levitare la ricchezza di carta del 10% delle famiglie più ricche, in modo che esse si sentano incoraggiate a spendere di più in empori del lusso, BMW e vacanze di lusso.

Inutile dire che la svalutazione della moneta potrebbe funzionare per una piccola economia esportatrice come la Nuova Zelanda. Ma su scala globale è solo una ricetta per una "race to debase". In ultima analisi non porta altro che inflazione delle materie prime e dei beni importati, e riallocazione di reddito e ricchezza dalle industrie nazionali e dalle famiglie agli esportatori e ai loro azionisti. Il Giappone ne è la prova.

Per quanto riguarda il canale FX, la scorsa settimana su Bloomberg anche il grande capo di Blackrock, Peter Fisher, ha capito come stanno le cose:

"Ma cerchiamo d'essere chiari, tassi negativi per il tasso FX rappresenteranno una svalutazione competitiva", ha affermato. "Il Fondo Monetario Internazionale è stato istituito per impedire una cosa del genere, quello che abbiamo fatto negli anni '20 e '30 è stato un disastro."

Si tratta di una misura d'eutanasia indotta nella politica americana da 20 anni di dominio della banca centrale, cosa che ha addirittura reso credibile il canale dell'effetto ricchezza. Rappresenta un massiccio trasferimento fiscale verso il 10% delle famiglie statunitensi più ricche che possiedono l'85% degli asset finanziari.

Inoltre questo odioso Robin Hood al contrario è costituito da 12 burocrati non eletti che siedono nel FOMC. Dalle loro sedie svolgono esperimenti monetari sulla popolazione americana senza responsabilità alcuna.

Che questi saccheggi stiano promuovendo una ridistribuzione terribilmente ingiusta della ricchezza dalla gente comune ad una piccola élite di giocatori d'azzardo, robo-trader e cavalcatori di bolle, è confermato anche dal successo di Bernie Sanders e Donald Trump. Oltre ad alimentare la xenofobia e il pregiudizio razziale, Trump si sta dirigendo verso la nomina del GOP perché, ironia della sorte, si è auto-finanziato e può gridare ad alta voce che non è la marionetta di nessuno.

Oltre all'ingiustizia, vi è anche stupidità. Nell'illegittima teoria dell'effetto ricchezza, c'è la presunzione spuria che il gioco d'azzardo a Wall Street possa essere ben guidato dalla banca centrale. Così facendo, i nostri pianificatori monetari centrali credono di poter scatenare un circolo virtuoso di aumenti di spese, redditi e produzione.

Alla fine, secondo questi azzeccagarbugli, la produzione, il reddito e i profitti raggiungono i prezzi aumentati degli asset finanziari. Di conseguenza non vi sono bolle; e, invece, la ricchezza della società continua a salire sempre e comunque.

Non esattamente. Le banche centrali hanno stimolato il crollo delle bolle speculative finanziarie. Ogni volta.

La FED e gli altri professionisti della politica dell'effetto ricchezza, non hanno affatto ben guidato i mercati finanziari. Li hanno trasformati in casinò e alla fine sono diventati restii a limitarli per paura di un attacco loro isterico. Bernanke l'ha scoperto nella primavera del 2013, e la Yellen per tre volte ora — ad ottobre 2014, ad agosto 2015 e a gennaio-febbraio 2016.

Ma a differenza degli ultimi due cicli economici, dove i nostri pianificatori monetari centrali sono riusciti a far risalire il tasso del mercato monetario fino al 6% e al 5%, nel 2000 e nel 2007 rispettivamente, questa volta la combriccola di keynesiani ha fatto durare lo zero bound fino alla fine del ciclo naturale di ripresa del capitalismo.

Di conseguenza i casinò sono pieni di bombe ad orologeria finanziarie come mai prima d'ora. Peggio ancora, i banchieri centrali sono così confusi che stanno tutti convergendo verso quelle pseudo-soluzioni che infiammeranno queste bombe ad orologeria.

Cioè, tassi d'interesse negativi. Questa farsa riflette una disperazione irrazionale tra i banchieri centrali ed i loro compagni di viaggio, e presto scatenerà una tempesta di fuoco tra rivolte politiche, tesaurizzazione della valuta e panico tra i giocatori d'azzardo all'interno del casinò.

Oltre a ciò, stanno schiacciando i margini d'interesse netti delle banche, mettendo in pericolo la solvibilità del sistema bancario stesso che le banche centrali sostengono d'aver salvato e sistemato.

Parleremo di alcune di queste bombe ad orologeria nella sezione sottostante, ma prima bisogna sottolineare che lo scoppio della terza bolla di questo secolo è imminente. Questo perché sia l'economia globale sia quella nazionale si stanno raffreddando rapidamente, il che significa che la recessione è dietro l'angolo.

In base al grafico qui sotto, raffigurante i 16 milioni di datori di lavoro della nazione che inviano i sostituti d'imposta all'IRS in base alle ore effettive di lavoro utilizzate — e tralasciando i lavori fantasma incorporati nelle fantasie del BLS, come gli aggiustamenti nascita/morte e gli aggiustamenti stagionali — il mio collega Lee Adler riferisce che le riscossioni aggiustate all'inflazione sono diminuite del 7-8% rispetto all'anno precedente secondo la media mobile più recente.




Come Lee ha fatto notare su Wall Street Examiner:

Il tasso di variazione della riscossione dei sostituti d'imposta s'è avvicinato ad un livello che non solo segnala recessione, ma indica una depressione economica. Il 18 febbraio 2016, il tasso di variazione era -5.6% in termini nominali rispetto al corrispondente periodo di un anno fa. Stiamo parlando di un calo rispetto al -3.7% di una settimana prima, al +0.6% di un mese prima, al +5.8% di tre mesi fa e al +8.7% del febbraio 2015 [...]. Aggiustato al tasso di crescita nominale delle remunerazioni ai dipendenti, il tasso annuo reale di variazione è ora circa -7.5/-8% anno su anno.

Quindi ci sarà una carneficina nel casino quando diventerà evidente che la recessione ha di nuovo fatto visita a questa terra fiera, ma che la FED è del tutto a corto di polvere da sparo asciutta. Non c'è possibilità al mondo che la NIRP funzionerà.

Anche Peter Fisher ha ammesso che la NIRP rappresenta la fine della strada per i banchieri centrali keynesiani:

Fisher ritiene che la crescente propensione dei banchieri centrali per tassi di riferimento negativi, nasce dal desiderio d'evitare d'ammettere che hanno sparato tutte le loro munizioni monetarie.

Imboccando questo vicolo cieco, questi fanatici hanno creato un'immenso danno sociale. Infatti i nostri pianificatori monetari centrali sono diventati così auto-illusi e assetati di potere, che ora dispensano sciocchezze con assoluta nonchalance. In un discorso alla Columbia University l'attuale operatore dietro la stampante della FED, Simon Potter della NYFED, ha riproposto suddette sciocchezze:

La FED soleva usare una scarsità di riserve bancarie per impostare la politica monetaria, ma ha dovuto adottare nuovi strumenti per aumentare i tassi, avendo un bilancio da $4,500 miliardi.

"Abbiamo raggiunto un ottimo controllo sul tasso dei fondi federali, e lo abbiamo fatto evitando effetti indesiderati per il sistema finanziario o per la stabilità finanziaria", ha detto Potter.

Quest'uomo sta scherzando? Non esiste un mercato dei fondi federali degno di questo nome. Il gigantesco programma d'acquisto di obbligazioni della FED e le monumentali riserve in eccesso da esso risultanti, hanno distrutto il mercato dei fondi federali molto tempo fa.

Beh, ecco i "nuovi strumenti" della FED. Quello che producono non è un prezzo finanziario o un tasso d'interesse; ciò che producono è un tasso contraffatto.

Vale a dire, la FED ha alzato il tetto sulle sue operazioni reverse repo da $300 miliardi a $2,000 miliardi e ha fissato il rendimento a 25 punti base. Oltre a ciò ha aumentato il bacino dei repo con le banche estere a $250 miliardi, per cui paga circa 33 punti base. Infine, il tasso d'interesse che paga alle banche associate con le riserve in eccesso (IOER) ammontanti a circa $2,500 miliardi, è stato portato a 50 punti base.

La combinazione di queste tre cose rappresenta la madre di tutte le Offerte d'Acquisto. E non dimentichiamoci del fatto che il Tesoro degli Stati Uniti sta inondando il mercato con i suoi bond. Come potrebbe essere altrimenti dato che i tassi del mercato monetario, compresi i fondi federali, sono nel range dei 25-50 punti base?

E allora? La FED sta funzionando come una gigantesca idrovora monetaria per nessuno scopo razionale di sorta, e si basa su una frode finanziaria.

Sul primo punto, non vi è una singola attività imprenditoriale razionale in America che vorrebbe finanziare il suo capitale d'esercizio con un'offerta overnight. Ecco perché anche i tassi fluttuanti del mercato revolving hanno termini di un anno o più, e garanzie contrattuali se gli accordi non sono rispettati.

Gli unici beneficiari del denaro overnight a 38 bps sono i giocatori d'azzardo di Wall Street, e sarebbero altrettanto grati per un ancoraggio a 12 bps, o 100 bps, o anche 250 bps. L'unica cosa che hanno veramente a cuore è la certezza circa il costo di carrying sui loro gettoni da gioco — qualcosa che l'ancoraggio della FED fornisce immancabilmente. Dal punto di vista di Main Street, tuttavia, l'ancoraggio dei fondi federali è una farsa inutile.

Quindi, sì, gli sciocchi keynesiani nell'Eccles Building stanno creando ciò che equivale ad un'offerta da $6,000 miliardi in modo da agganciare con grande precisione un tasso del mercato monetario che non ha assolutamente peso per Main Street. Questo perché le famiglie e le imprese degli Stati Uniti hanno già raggiunto la condizione di Picco del Debito. Di conseguenza il vecchio canale della trasmissione della politica monetaria è rotto. I pianificatori monetari centrali, di conseguenza, stanno portando al fiume un asino che non vuole bere, deformando e destabilizzando ulteriormente un sistema finanziario che è già sul punto d'implodere.

Ma ciò che rende il mondo così pericoloso, è che il FOMC è completamente perso in un marchingegno alla Rube Goldberg ed è capace di qualsiasi mossa disperata. Dopo tutto vi basta ricordare da dove proviene questa Gigantesca Offerta d'Acquisto da $6,000 miliardi.

I $2,000 miliardi di reverse repo rappresentano sostanzialmente una FED che sta dando in pegno una parte del suo enorme bilancio da $4,500 miliardi tra titoli di stato e titoli garantiti da ipoteca. E, sì, queste garanzie sono state precedentemente acquistate con credito fiat, il quale era stato depositato nei conti bancari dei dealer di Wall Street che avevano venduto questi titoli sulla scrivania delle Operazioni di Mercato Aperto della FED.

Il sistema bancario nel suo complesso non aveva un bisogno immediato delle nuove riserve iniettate attraverso il QE, così le hanno accumulate presso la FED di New York, le quali sono passate da appena $40 miliardi nell'agosto 2008 agli attuali $2,500 miliardi. Accatastate come sono in torreggianti cumuli digitali al 33 di Liberty Street, la seconda componente dei "nuovi strumenti" della FED mantiene sequestrate queste quantità precedentemente inconcepibili di riserve in eccesso presso la NYFED. Cioè, il sistema bancario viene corrotto dai 50 bps di pagamenti IOER per farle rimanere lì.

Non ci dovrebbe essere alcuna confusione qui. La FED sta sovvenzionando gratuitamente le sue banche associate per la somma di $13 miliardi all'anno, in modo da impedire che questi fondi finiscano nel mercato monetario e annullino il suo obiettivo inutile sui fondi federali.

E lo stesso vale per i 33 bps guadagnati dalle banche estere che hanno depositato $250 miliardi di liquidità in eccesso nel bacino repo estero della FED di New York. Sicuramente Deutsche Bank, Barclays, BNP Paribas e altri dinosauri del socialismo europeo, sono grati per un rendimento migliore sul loro denaro rispetto al rendimento negativo offerto dalla banca centrale a Francoforte.

E questa è solo la metà della storia. Tutte le tangenti pagate attraverso questi tre diversi canali al fine di raggiungere un obiettivo completamente inutile nel mercato dei fondi federali, riduce i "profitti" annuali dei federali.

La FED guadagna circa $120 miliardi l'anno dal suo bilancio da $4,500 miliardi accumulato con credito fittizio piuttosto che con proventi dal duro lavoro, dalla produzione e da valore economico reale. Consuma $5-6 miliardi per i suoi 22,000 membri dello staff e per il suo esercito di consulenti, molti dei quali altrimenti farebbero finta d'insegnare "economia" in college e università. Ora spende circa $15 miliardi per pagare l'IOER e gli interessi sui suoi reverse repo e sui depositi bancari esteri, con "profitti" netti di circa $100 miliardi.

Questi profitti vengono poi ridati al Tesoro degli Stati Uniti come una grande tangente per mantenere buoni i politici ad entrambe le estremità di Pennsylvania Avenue. Peggio ancora, i profitti ricevuti dalla FED sono considerati un controbilanciamento per gli interessi sul debito pubblico da $19,000 miliardi, consentendo in tal modo ai politici di credere che esista un pasto gratis fiscale.

Purtroppo tutto questo rimescolamento monetario fraudolento ha una terribile conseguenza nei casinò finanziari qui e all'estero. Spinge i tassi d'interesse a livelli sub-economici ed innesca una caccia massiccia a rendimenti decenti tra i money manager di tutto il mondo e i giocatori d'azzardo.

Oggi Bloomberg ha pubblicato uno studio in cui racconta le conseguenze funeste che questa caccia a rendimenti decenti ha avuto sulle industrie energetiche e minerarie del mondo. Vale a dire, ha consentito alle aziende in settori industriali altamente ciclici, rischiosi e volatili di prendere in prestito somme di denaro finora inimmaginabili, e di gettarle in investimenti improduttivi e capacità in eccesso.

Una possibile spiegazione è il livello d'esposizione che hanno le banche e gli investitori rispetto al settore. Le 5,000 più grandi società quotate in borsa (monitorate da Bloomberg) nei settori dell'energia, del ferro, dell'acciaio, dei metalli e delle miniere, hanno debiti per $3,600 miliardi secondo i loro rapporti finanziari più recenti, o il doppio di quelli che avevano alla fine del 2008.

Cinque anni fa le aziende monitorate da Bloomberg avevano più utile operativo che debito. Ora avrebbero bisogno di più di otto anni delle loro attuali entrate, senza contare interessi, imposte e ammortamenti, per cancellare i loro obblighi netti.

Gli investitori obbligazionari affamati di rendimenti hanno aspirato un sacco di questo debito e ora detengono circa $2,100 miliardi di obbligazioni. Saranno i primi a sentire il dolore economico considerando che Standard & Poor's ha già declassato quei titoli del 47% rispetto al suddetto ammontare, e che solo negli ultimi 12 mesi ha sentenziato 400 rating negativi nei settori dell'energia e delle materie di base. Tale scala e profondità ricorda il modo in cui le banche furono abbattute dalle società di rating durante la crisi finanziaria del 2008.

Non è chiaro dove si trovi l'altra porzione dei $3,600 miliardi di passività, ma probabilmente la maggior parte è dovuta alle banche. Se i rimanenti $1,500 miliardi sono davvero sui bilanci delle istituzioni finanziarie, ciò rappresenterebbe circa l'1.5% dell'attivo totale di tutte le banche del mondo. Ciò non sembra molto significativo, o preoccupante. Ma per mettere le cose nel giusto contesto, alla fine del 2007 i mutui subprime degli Stati Uniti rappresentavano meno dell'1% dell'attivo delle banche quotate.

Per fortuna il debito delle società nel settore delle materie prime non è stato riconfezionato in altri titoli strani, com'è accaduto invece coi mutui immobiliari americani, diffondendo in tal modo l'esposizione. Ma la sua vastità, e il fatto che una grande porzione sia in possesso delle banche, suggerisce l'esistenza di un enorme rischio globale.

La morale della favola è presto detta. La grande ondata di materie prime e deflazione industriale che ora sta spazzando via l'economia mondiale, è figlia della baldoria del debito alimentata dalle banche centrali negli ultimi due decenni. Eppure ora fanno finta che questo vento contrario per la crescita abbia avuto origine da una forza esogena che dev'essere affrontata con una maggiore intrusione monetaria.

Ecco come si arriva al reato della NIRP. Le banche centrali keynesiane non possono immaginare un problema per il quale più debito non sia la soluzione. Ma non è la mancanza di "domanda aggregata" che sta facendo diventare inattive una quota crescente di industrie nella perforazione petrolifera; né la presunta mancanza di "domanda aggregata" ha fatto scendere le vendite delle macchine minerarie di Caterpillar, o ha fatto precipitare il Baltic Dry Index ai minimi da 30 anni a questa parte.

Sono i profitti in calo e un disperato bisogno di conservare il flusso di cassa, i motivi per cui produzione, salari e profitti nel settore delle materie prime e dell'energia si stanno sfracellando. Le spese in conto capitale del colosso minerario BHP rappresentano un proxy per quella che sta diventando una depressione globale delle spese in conto capitale nell'economia industriale del mondo.

Vale a dire, al culmine del boom del credito globale di pochi anni fa, il bilancio sociale di BHP era di circa $23 miliardi. Quest'anno, invece, si prevedono solo $7 miliardi e solo $5 miliardi nel 2017.

Inutile dire che non ci vuole molta fantasia per immaginare come un taglio del 78% nelle spese per investimenti di un gigante come BHP, fornitore di macchinari pesanti e infrastrutture come linee ferroviarie e impianti portuali, si riverserà a cascata lungo la catena industriale. E dal momento che i dirigenti che gestivano queste operazioni vengono licenziati a destra e a sinistra, è abbastanza certa anche un'altra cosa.

Cioè, non ci sono acquirenti per debito incrementale, con o senza NIRP, delle industrie minerarie ed energetiche globali. Sono stati commessi danni epici, e l'eccesso di capacità e malinvestment ci accompagneranno negli anni a venire. Centinaia di miliardi di debiti che hanno finanziato questa massiccia e scriteriata baldoria d'investimenti, saranno ristrutturati o cancellati del tutto, come già sta emergendo nelle patch scisto negli Stati Uniti.

Questi tipi di bombe ad orologeria finanziarie sono in agguato ovunque nell'economia globale — anche se i banchieri centrali non le vedono.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


giovedì 28 aprile 2016

Siamo vicini ad un punto di svolta critico nella guerra tra valute

Se come dice Rickards le guerre tra valute sono come guerre reali, allora è lecito aspettarsi anche accordi sottobanco tra le forze in battaglia. Infatti, come ci ricorda lo stesso autore in un pezzo riguardante il meeting del G-20 del 26 febbraio scorso, è possibile che alcune nazioni abbiano sottoscritto un accordo segreto a Shanghai sulla falsariga degli Accordi del Plaza del 1985. All'epoca questi accordi vennero sottoscritti da USA, Francia, Germania Ovest, Giappone e Inghilterra, e, attraverso l'intervento nei mercati valutari, c'era la precisa di svalutare il dollaro USA in relazione allo yen e al marco. L'accordo segreto di Shanghai, invece, sottoscritto da USA, FMI, Giappone, Cina ed Europa, avrebbe lo scopo di svalutare lo yuan cinese. Dato che la Cina è la seconda economia mondiale e dato che, nonostante la PBOC si stia dando fare con la stampante monetaria senza risultati concreti, non è possibile svalutare ulteriormente lo yuan a meno di rischi crescenti. Non solo, ma visto che la sua economia è piena zeppa di bolle, un suo crollo potrebbe avere gravi ripercussioni per l'economia mondiale. La soluzione, secondo l'accordo segreto di Shanghai, sarebbe quella di far rafforzare le valute degli altri partner commerciali, in particolare yen ed euro, e indebolire lo yuan senza passare per l'ennesima svalutazione plateale. Non a caso è quello che è accaduto nonostante la BCE abbia aumentato il QE (salvo poi aggiungere che si sarebbe fermata qui) e la BOJ sia atterrata in territorio negativo. Quindi lo yuan è stato svalutato senza che la PBOC muovesse un dito, e grazie alla stretta connessione col dollaro, anche quest'ultimo ha ricevuto uno slancio svalutativo. Cosa accadde dopo gli Accordi del Plaza? Il dollaro scese di circa il 30% e il prezzo dell'oro salì più del 50%. Ad oggi, il prezzo dell'oro è salito del 20% sin dall'inizio dell'anno, mentre il dollaro è entrato in un trend ribassista. Tenetevi strette le vostre once d'oro.
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di James Rickards


Le guerre tra valute sono vere e proprie guerre. Possono durare più a lungo di quanto ci si possa aspettare, e sancire vittorie e perdite inattese. Nelle guerre vere non si combatte sempre. Ci sono periodi di quiete, seguiti da grandi battaglie, seguite da nuovi periodi tranquilli mentre gli eserciti si riposano e si riorganizzano.

Sembra che il recente periodo tranquillo sia finito e che la guerra tra valute stia entrando in una nuova battaglia importante. Il dollaro americano è passato da un minimo nell'agosto 2011 ad un massimo di 10 anni a metà del 2015. Questa salita del dollaro è stata alimentata dalla politica monetaria restrittiva della FED, iniziata a maggio 2013 con il "taper" di Bernanke e continuata a dicembre 2015 con il "liftoff" della Yellen.

Ma il dollaro forte ha infine raggiunto l'economia degli Stati Uniti, in netto rallentamento. Dopo lo "yen debole" del 2013 e "l'euro debole" del 2015, sembra sia arrivato di nuovo il momento di un dollaro debole. Le guerre tra valute sono tornate sulle coste statunitensi dopo l'atteggiamento remissivo della FED nelle sue dichiarazioni del 16 marzo scorso. Janet Yellen ha rafforzato suddetto atteggiamento nel suo discorso all'Economic Club di New York.

Ci sono svolte improvvise, dove un trend a lungo termine inverte la rotta. I "vincitori" di oggi (le valute forti) diventano improvvisamente i "perdenti" (le valute deboli) di domani, contrariamente alla maggior parte delle aspettative e delle previsioni di Wall Street.

Queste inversioni di tendenza non sono insolite nei mercati valutari; bisogna aspettarsele. Le valute importanti presentano caratteristiche più affidabili rispetto ai mercati mobiliari. Azioni e obbligazioni, infatti, possono andare a zero (in caso d'insolvenza o di fallimento) o all'infinito (quando una startup nel campo tecnologico diventa il prossimo Facebook o Uber). Ma tali estremi sono molto insoliti nelle valute, sebbene ci siano eccezioni come l'iperinflazione in Zimbabwe o in Venezuela.

I tassi di cambio incrociati tra le valute principali possono anche manifestare trend forti (su o giù), ma alla fine s'invertiranno. Negli ultimi cinque anni l'euro è stato tradato ad un massimo di $1.48 (29 aprile 2011) e ad un minimo di $1.05 (15 Marzo 2015). Questo è un intervallo ampio, ma tale rimane.

Ultimamente l'euro è stato tradato fino ad un massimo di $1.13, ma nessun analista si aspetta seriamente che l'euro arrivi a $2.00 o a $0.50 nel prossimo futuro. Il punto è che le valute vengono tradate in un intervallo, il che significa che mostrano punti di svolta critici ai limiti estremi del suddetto intervallo.

In un mondo senza un ancoraggio ad una valuta, che sia l'oro, il dollaro o i diritti speciali di prelievo (DSP), i tassi di cambio incrociati sono altamente volatili. Su base giornaliera, le valute sono difficili da prevedere o tradare. Ciononostante esistono le dinamiche di lungo periodo che sono utili per fare previsioni.

Si possono fare grandi profitti quando s'intuisce la giusta direzione e si fornisce al trade abbastanza tempo per andare a proprio favore.

Ci stiamo avvicinando ad uno di quei punti di svolta, nel caso specifico per il dollaro degli Stati Uniti.

Al fine di prevedere tali punti di svolta, io uso il mio metodo IMPACT. Questo metodo comporta l'utilizzo di una teoria della complessità per individuare le "proprietà emergenti". Una proprietà emergente è un evento sistemico che sembra provenire dal nulla e non può essere dedotto dalla conoscenza completa degli elementi nel sistema.

Altri definiscono le proprietà emergenti "cigni neri". Io preferisco il termine "proprietà emergente" perché è più scientifico, mentre "cigno nero" è rozzo e poco professionale.

In questo momento l'indicazione d'allarme più consistente è arrivata da quello che definisco "Yellen's Conundrum". Janet Yellen e la Federal Reserve vogliono una maggiore inflazione; l'hanno detto tante volte. Il loro obiettivo d'inflazione è del 2%, prendendo come riferimento il deflatore della spesa personale al consumo (PCE) su base annua. Janet Yellen e la Federal Reserve vogliono anche tassi d'interesse più elevati.

Lo scorso dicembre la FED ha disposto un percorso d'aumento dei tassi da 300 punti base in tre anni, che in media è un aumento di 25 punti base ogni riunione del FOMC. Malgrado ciò si concedono alcune deviazioni in base ai "dati in entrata" e alla performance economica reale. Ma l'aumento dei tassi d'interesse rende il dollaro più forte, situazione che è deflazionistica.

Quando la propria politica è dichiaratamente inflazionistica, come si può perseguire un percorso che invece è deflazionistico? Non è possibile. Le politiche contraddittorie della FED non hanno senso. O l'una o l'altra.

Capire il percorso della FED e come debba invertire la rotta, è la chiave per fare profitti fuori misura.

Il grafico qui sotto mostra da solo il vicolo cieco in cui è finita la FED:




Viene raffigurato l'indice del dollaro negli ultimi 10 anni. Il dollaro ha sperimentato un rally nel 2008-09 (in base ad un "fear trade" durante il panico) e poi è crollato nel 2009-2011 (sotto il QE1, QE2 e "Operation Twist"). Nell'agosto 2011 il dollaro ha raggiunto un minimo storico e, non a caso, il prezzo in dollari dell'oro ha raggiunto un massimo.

Il dollaro ha sperimentato un rally alla fine del 2011, dopo la fine del QE2 e il Twist, ma poi è sceso di nuovo con l'avvento del QE3 a settembre 2012.

Il punto di svolta è stato il restringimento della FED iniziato a maggio 2013, con il "taper" di Ben Bernanke. La FED non l'ha iniziato sin da subito, ma la semplice menzione è stata sufficiente per far impennare il dollaro. Inoltre ha anche innescato un crollo nei mercati emergenti, poiché si sono interrotti i flussi di hot money nei carry trade in quei luoghi e sono stati re-indirizzati nei buoni del Tesoro USA.

Questo enorme rally del dollaro è continuato fino all'attuazione effettiva del tapering (dicembre 2013), la rimozione della forward guidance (marzo 2015) e il "liftoff" della FED riguardo i tassi d'interesse (dicembre 2015).

L'intero ciclo rappresenta un aumento del 33% nel valore dell'indice del dollaro in 52 mesi. Ascese del 33% non sono insolite nelle azioni, ma sono altamente inusuali per quanto riguarda le valute. In un mondo in cui i tassi di cambio sono fluttuanti, i principali partner commerciali sono tenuti a mantenere una certa stabilità nei loro tassi di cambio incrociati.

Le condizioni del commercio, sulla base di fattori produttivi, risorse naturali, demografia, tecnologia, ecc., cambiano nel corso del tempo, ma non così velocemente.

Questa salita del dollaro è meglio definirla come uno shock basato sul desiderio della FED di "normalizzare" i tassi d'interesse e porre fine alla politica del tasso zero (ZIRP).

Ma la normalizzazione dei tassi d'interesse ha un costo elevato: disinflazione confinante con la deflazione. Il dollaro forte fa male agli utili delle società statunitensi e ai prezzi delle azioni in due modi: facendo diminuire le esportazioni e danneggiando gli utili all'estero che devono essere convertiti in dollari.

Questa tendenza deflazionistica derivante da un dollaro forte, spinge la FED più lontano dal suo obiettivo di un'inflazione al 2%. Questa dinamica può essere vista nel grafico qui sotto, il quale utilizza lo stesso intervallo di tempo del grafico precedente:




La linea orizzontale rossa mostra l'obiettivo d'inflazione della FED. La linea blu misura la core PCE, l'indicatore d'inflazione preferito dalla FED. Dopo otto anni non ha mai raggiunto il suo obiettivo. Negli ultimi quattro anni, dal minimo del dollaro nel 2011, l'indice dell'inflazione si è mosso lontano dall'obiettivo della FED.

La FED non capisce che questa combinazione tra tassi più elevati, dollaro più forte e più deflazione, è dovuta ai suoi modelli obsoleti. Secondo la FED, una crescita continua dell'occupazione crea carenze di manodopera che permettono ai lavoratori di chiedere una maggiorazione dei salari reali. Questi salari esercitano poi pressioni inflazionistiche sull'economia, anche se con un certo ritardo. In questa prospettiva la ZIRP della FED, 2008-2015, produrrà inflazione da un momento all'altro.

Ma non vi è alcuna evidenza a sostegno dei modelli della FED (es. "NAIRU", "curva di Phillips", "FRB/US"). I lavori stanno ritornando, ma le pressioni sui salari e l'inflazione non sono affatto in vista. Ciò che è visibile sono tassi più elevati, un dollaro più forte e una continua pressione deflazionistica.

Il dollaro è leggermente diminuito di valore tra fine febbraio e inizio marzo, quando è risultato chiaro che la FED non avrebbe rialzato i tassi d'interesse a marzo, come invece ci si aspettava dopo le dichiarazioni del FOMC a dicembre 2015. Ma il declino s'è invertito subito a fine marzo, quando la FED ha iniziato a segnalare che sarebbe tornata sul sentiero del rialzo dei tassi a giugno, o forse già ad aprile. Ora Janet Yellen sembra aver fatto marcia indietro per quanto riguarda aprile, e per il momento il dollaro è calato.

Ma cosa succederà quando la FED perderà la fiducia nei suoi modelli e cercherà d'innescare l''inflazione alla vecchia maniera, ovvero, con più accomodamento e un dollaro svalutato?

Cosa ci suggerisce il mio sistema IMPACT sul prossimo punto di svolta in questa guerra senza fine tra valute?

La risposta breve: le probabilità di un punto di svolta stanno crescendo, ma ancora non sono abbastanza consistenti per innescarlo. Ritengo che la FED possa alzare i tassi a giugno (forse, ma improbabile ad aprile) e continui a fare dichiarazioni a sostegno di una linea dura circa futuri rialzi dei tassi. Ciò metterà pressione al rialzo sul dollaro, compensando parzialmente gli sviluppi recenti.

Ma prima o poi, la debolezza dei mercati azionari e dell'economia degli Stati Uniti diventerà evidente anche per la FED. A quel punto, probabilmente alla fine del 2016, ci sarà un importante punto di svolta nelle guerre tra valute.

Ritengo che la FED invertirà la rotta, scegliendo un sentiero accomodante (es. forward guidance, tagli dei tassi, "elicottero monetario", QE, o addirittura tassi d'interesse negativi) e abbattendo il valore del dollaro. Alla discesa del dollaro, la FED otterrà alla fine l'inflazione che vuole ma potrebbe essere troppo tardi.

Questi punti di svolta richiedono che gli investitori siano agili a trarre enormi profitti. Il trade ideale in questo ambiente sarebbe un'opzione put a breve scadenza su una società globale statunitense con esposizione a perdite sui mercati FX e ad un rallentamento ciclico.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 27 aprile 2016

Alla fine c'è un lato positivo in tutta questa storia: il settore bancario centrale verrà ripudiato





di David Stockman


Da alcuni anni il piccolo gruppo di accademici keynesiani e burocrati che hanno preso il potere finanziario attraverso la stampante monetaria della FED, hanno giustificato la follia della ZIRP senza fine e del massiccio QE dicendo che c'è troppa poca inflazione. I burocrati del FMI hanno addirittura inventato il termine "lowflation" per definire il presunto flagello di una moneta che conserva la maggior parte del suo valore.

Tutta questa mania nei confronti dell'inflazione al consumo è un concetto intrinsecamente assurdo, perché non c'è uno straccio di prova che il 2% d'inflazione al consumo sia un'opzione migliore per l'aumento del tenore di vita della società. E la storia economica e la logica economica puntano esattamente nella direzione opposta.

Tra il 1870 e il 1913 negli Stati Uniti, per esempio, il reddito nazionale reale è cresciuto del 3.5% l'anno — l'aumento più alto per un periodo di 43 anni di storia. Eppure il tasso medio dell'inflazione durante quel lungo periodo di prosperità capitalistica, è stato inferiore allo 0.0%. Questa era una vera e propria "lowflation", ed è stata una benedizione per il lavoratore medio, non un flagello.

Ma questa settimana il BLS s'è lasciato sfuggire un urlo! Il core IPC, nei 12 mesi terminati a gennaio, è aumentato del 2.21% ed è in realtà è un po' superiore alla media annua dell'1.98% sin dal 2000.

Perdonate per aver riportato il rumore spurio del BLS al centesimo di punto percentuale, ma voglio sottolineare una verità fondamentale. Vale a dire, non c'è e non c'è mai stato alcun problema riguardante l'inflazione!

Il mantra dell'inflazione al 2% è solo una cortina fumogena per giustificare la massiccia intrusione nei mercati finanziari da parte di pianificatori monetari centrali ossessionati dal potere. Continuano a far disastri solo per aumentare il loro dominio sul sistema finanziario — sebbene 15 anni fa la teoria dell'inflazione al 2% fosse sconosciuta ai più, tranne che ad una ristretta cerchia di scribacchini accademici neo-keynesiani guidati da Ben Bernanke.

In realtà questa teoria è stata spiegata in un libro oscuro chiamato "Inflation Targeting" pubblicato nel novembre 1998 da Bernanke e da altri due tipi assetati di potere: Frederic Mishkin, che in seguito è stato nominato alla FED ed è diventato un sostenitore dei salvataggi di Wall Street del 2008; e Adam Posen, un accademico che ha spacciato le stesse assurdità presso la Banca d'Inghilterra e ha sempre sollecitato la BOJ affinché stampasse sempre più soldi.

Fate una ricerca. Il libro è al #2,503,823 posto nella classifica delle vendite di Amazon!

Eppure il target dell'inflazione è ormai accettato come un vangelo dalla stampa finanziaria, e non è difficile capire il perché. Wall Street lo ama perché giustifica le massicce iniezioni di liquidità, denaro gratis per i carry trade ed effetti ricchezza basati sulla manipolazione del mercato azionario da parte della banca centrale. Così, i giornalisti pigri non fanno altro che ripetere il mantra e lo fanno senza esaminarlo a fondo, come in questo pezzo su MarketWatch:

Sebbene troppa inflazione sia considerata pericolosa per l'economia, i funzionari della FED pensano che un tasso d'inflazione del 2% sia la cosa migliore per l'economia affinché possa crescere [...]. Negli ultimi quattro anni l'inflazione ha fatto registrare un andamento inferiore a quello del target. Una bassa inflazione è un segnale di debolezza della domanda nell'economia e solleva timori circa la deflazione, la quale può danneggiare l'economia, in particolare una con oneri di debito elevati come quella degli Stati Uniti.

Vediamo un po'. Durante lo scorso anno la spesa al consumo negli Stati Uniti per l'assistenza sanitaria è aumentata del 5%, le spese per ristoranti e bar sono aumentate del 9%, mentre la spesa per la benzina e altri prodotti energetici è scesa del 22%. Questo è il funzionamento del mercato — milioni di famiglie che riallocano la loro spesa in risposta alle variazioni dei prezzi relativi. Non ha niente a che fare con un'astrazione macroeconomica chiamata "debolezza della domanda".

In realtà, l'anno scorso la componente "cure mediche" registrata dall'IPC è aumentata del 3.3%, le abitazioni sono aumentate del 3.2%, mentre i prezzi della benzina sono diminuiti del 7.3%. Il tutto s'aggiungeva ad una variazione annua dell'1.34% dell'indice IPC, secondo i coefficienti arbitrari del BLS; era una situazione che non aveva niente a che fare con il ritmo delle spese al consumo, o qualsiasi altro proxy si voglia utilizzare per tenere traccia della "domanda aggregata". E soprattutto non era causa di un eccesso in una metrica stupida e primitiva che i keynesiani chiamano "output gap".

Quindi il giornalista di MarketWatch che ha presentato questo pezzo, un certo Greg Robb, stava scrivendo scemenze senza nemmeno saperlo. Senza questa paccottiglia pseudo-accademica, le ridicole deliberazioni mensili della FED sul tasso dei fondi federali sarebbero viste per la farsa che effettivamente sono.

Questa pretesa cronica di "messa a punto" del mercato monetario al centesimo di punto percentuale (ad esempio, 0.38% contro lo 0.12%), serve alla FED per consegnare la giusta quantità di "accomodamento" nella macroeconomia e raggiungere i suoi obiettivi d'inflazione e di disoccupazione. Eppure anche una lieve attenzione alle componenti interne dei vari indici dell'inflazione al consumo, mette in chiaro che la "lowflation" citata da MarketWatch significa discutere sul sesso degli angeli.

Vale a dire, si tratta di un esercizio inutile che non ha nulla a che fare con il miglioramento del mondo reale; è solo un rituale per giustificare l'esistenza e il potere del politburo monetario.

Il grafico qui sotto fornisce l'andamento delle quattro versioni dell'inflazione al consumo sin dal 2000. Le due versioni basate sull'IPC incarnano quello che viene chiamato un deflatore fisso, perché in teoria il peso dei vari componenti rimane invariato per lunghi periodi di tempo. È un tentativo per misurare nel tempo la variazione di prezzo di un paniere di beni e servizi, come farebbe un singolo consumatore o una famiglia.

Al contrario, i due indici della spesa al consumo personale (PCE) sono un tipo di deflatore a catena, il che significa che il peso delle componenti è costantemente regolato in base alla variazione della spesa aggregata al consumo. Così se c'è un passaggio dalle carni bovine al pollo, poiché le prime diventano troppo costose, i deflatori della PCE daranno più peso al pollo e meno alle carni bovine; e se le cose andassero davvero male, tanto che ognuno sarebbe costretto a mangiare solo carne in scatola e non bistecca o pollo, la PCE sarebbe spacciata.

Cioè, il peso di pollo e carni bovine scenderebbe a zero e la carne in scatola prenderebbe il loro posto. Inutile dire che una famiglia costretta a consumare il 100% di carne in scatola, in quanto il prezzo di pollo e carni bovine sarebbe fuori dalla sua portata, non rimarrebbe impressionata se venisse a sapere dell'assenza d'inflazione nella catena di ponderazione durante il periodo di riferimento!

Infatti gli indici della PCE sono un dispositivo accademico per sgonfiare nel tempo la spesa nominale dell'economia aggregata. In questo senso la riponderazione continua ha senso perché la spesa cambia nel corso del tempo.

In breve, i deflatori della PCE servono per la misurazione e la modellazione economica, e l'IPC per l'approssimazione della variazione del costo della vita delle famiglie medie. Ed è per questo che la previdenza sociale e gli aggiustamenti al costo della vita sono basati sull'IPC.

Quindi, ecco il punto. In un'economia globale massicciamente integrata come quella di oggi, gli impulsi dei costi e dei prezzi sono costantemente trasmessi attraverso mercati relativamente aperti per beni e servizi, e attraverso i flussi di capitali e di denaro che finanziano l'attività reale. In questa economia globale aperta, 25 punti base nel tasso del mercato monetario di New York, o anche 250 punti base, hanno ben poco a che fare con il tasso di variazione di due misure concettualmente differenti del livello generale dei prezzi, soprattutto quando misurate al centesimo di punto percentuale.

Il prezzo di mobili e scarpe da ginnastica ha a che fare con la quantità di lavoro in Cina, e non ha praticamente nulla a che fare con gli aggiustamenti mensili nei quadranti del mercato monetario manipolati dall'Eccles Building. Allo stesso modo, il prezzo dei servizi finanziari ha più a che fare con il costo marginale del lavoro in outsourcing a Bangalore, o con la riduzione dei costi di transazione dovuti agli smartphone, e non ha nulla a che fare con le dichiarazioni del FOMC.

Negli anni '50, quando l'economia degli Stati Uniti dominava il mondo, poteva anche esserci un blando legame tra il tasso di riferimento della FED e il tasso d'inflazione al consumo negli Stati Uniti. Questo perché il tasso di riferimento poteva stimolare famiglie e imprese ad accendere ulteirori prestiti e a spendere di più, il tutto in un'epoca antecedente il Picco del Debito. In queste condizioni, la spesa poteva temporaneamente sorpassare la produzione e la capacità, consentendo in tal modo un'accelerazione del livello generale dei prezzi a causa di un "eccesso di domanda".

Quei giorni sono ormai lontani. Gli Stati Uniti sono mescolati ad un'economia globale e il settore privato è incagliato in una condizione di Picco del Debito. I tassi del mercato monetario ancorati e manipolati dalla FED, non hanno praticamente nulla a che fare con la variazione a breve e medio termine degli indici dei prezzi al consumo.

Di conseguenza non vi è alcuna ragione al mondo per cui la FED debba prendere di mira il tasso d'inflazione, per non parlare delle variazioni dei decimali intorno al 2.00%. Semmai dovrebbe chiedere che il Congresso revochi il cosiddetto mandato della stabilità dei prezzi, poiché non ha più strumenti in grado di fare la differenza. Una volta raggiunto il Picco del Debito, la banca centrale è a tutti gli effetti fuori dai giochi.

Ma questa soluzione onesta non fornisce alcuna giustificazione per preferire la PCE all'IPC, o un'inflazione al netto dei beni alimentari e dell'energia quando è conveniente e l'indice dei prezzi pieno quando non lo è. Come ad esempio ora.

Durante l'ultimo anno, il tasso annuo dell'inflazione è stato dell'1.15% in base al deflatore della PCE, dell'1.34% in base all'IPC, dell'1.36% in base al deflatore della PCE meno cibo ed energia, e del 2.21% in base all'IPC meno cibo ed energia. Fino a quando l'inflazione globale delle materie prime ha imperversato, la FED ha sempre preferito le versioni senza beni alimentari ed energetici, il che significa che in questo momento stiamo parlando di circa 40 punti base di variazione intorno ad una media dell'1.80% d'inflazione tra le relative misure.

Chiamatela pure una doppia farsa, perché la FED non può assolutamente guidare l'economia degli Stati Uniti verso l'1.80% d'inflazione; né ha alcun motivo per schierarsi con l'indice a catena rispetto all'IPC. Infatti ero un membro del Congresso quando venne approvato l'Humphrey-Hawkins Act e io votai orgogliosamente no, e sono assolutamente certo che i politici che lo sostennero stavano pensando a prezzi stabili dal punto di vista della famiglia media, senza preoccuparsi del PIL o di qualsiasi altra misura artificiale.

Non solo, ma anche qualcuno con un cervello funzionante a giorni alterni riesce a capire che gli indici d'inflazione all'1.15% e all'1.34%, come riportati dalla PCE e dall'IPC, si trovano in questo range solo temporaneamente. Questo è dovuto al grande calo una tantum dei prezzi del petrolio e di altre materie prime, e all'effetto a cascata su beni e servizi lungo la catena di produzione.

E questa grande onda di deflazione globale, ironia della sorte, è dovuta agli eccessi monetari passati della FED e del suo convoglio globale di banche centrali, la cui massiccia emissione di credito fiat ha causato in tutta l'economia globale un boom insostenibile nella domanda d'energia, nelle commodity e negli investimenti di capacità. Non ha assolutamente nulla a che fare con i miseri aumenti del tasso dei fondi federali di quest'anno, o di una loro mancanza negli ultimi 84 mesi.

Alla fine l'obiettivo d'inflazione al 2% è un palese inganno per giustificare ciò che equivale ad un colpo di stato economico da parte di una banda non eletta di pianificatori monetari centrali. Negli ultimi 15 anni il tasso di variazione dei prezzi al consumo è stato dell'1.70% in base al deflatore della PCE meno cibo ed energia; dell'1.83% in base alla PCE; dell'1.98% in base all'IPC meno cibo ed energia; e del 2.15% in base all'IPC.

Queste piccole differenze sono banali. Allo stesso modo, è altrettanto banale la differenza tra la variazione media annua tra uno di quest'indici e la magia del 2.00%. E, soprattutto, praticamente nessuna variazione di questi tassi tendenziali dei prezzi al consumo è da attribuire alla micro-gestione della FED e alla repressione dei tassi d'interesse nel mercato monetario sin dal dicembre 2000.

L'obiettivo d'inflazione è stata una gigantesca copertura per una presa di potere monumentale. Ma, come vedremo nel prossimo paragrafo, gli accademici che hanno afferrato il potere non avevano idea di quello che stavano facendo nei mercati finanziari, ormai saturi di bombe finanziarie ad orologeria.

Quando nei mesi e anni a venire questi dispositivi esplosivi finanziari esploderanno, i banchieri centrali si troveranno ad affrontare una resa dei conti. L'immenso danno sociale derivante dall'implosione delle bolle sarà affibbiato a loro.




In un'economia globale da $80,000 miliardi e in un'epoca di Picco del Debito, la repressione dei tassi d'interesse e il massiccio QE sono andati quasi interamente a vantaggio dei mercati finanziari, non dell'economia reale. Il loro impatto primario è stato quello di falsificare i prezzi finanziari degli asset, i premi di rischio, le curve dei rendimenti, gli spread di credito, lo sconto del tempo e i rapporti rischio/rendimento in tutto il complesso di trading degli strumenti finanziari.

Hanno inoltre stimolato il gioco d'azzardo nell'allocazione del capitale a causa della massiccia intrusione della banca centrale nei mercati dei tassi d'interesse e nei mercati obbligazionari, poiché la ZIRP, la NIRP e il QE distruggono una determinazione onesta dei prezzi e gli ingredienti chiave dell'auto-regolamentazione dei mercati finanziari, ovvero, la disciplina e la stabilità finanziaria. Vale a dire, la politica della banca centrale rende troppo economica l'assicurazione contro i ribassi e rende troppo costoso shortare i mercati. Il trading bidirezionale lascia il posto ad uno slancio unidirezionale che alla fine gonfia bolle finanziarie, le quali, prima o poi, crollano in un mucchio di perdite e sprechi.

Inutile dire che non ci sono prove che il nostro politburo monetario passi il suo tempo a studiare gli effetti funesti che hanno le sue politiche. Vale a dire, il grado in cui esse fanno sì che gli spread di rischio s'appiattiscano, che il costo delle opzioni put diventi più economico, che emergano disallineamenti di volatilità, che si diffondano prodotti di finanza strutturata rischiosi, che il costo di finanziamento dei pronti contro termine diventi più economico, che i vincoli obbligazionari s'indeboliscano (es. COV lite indenture), ecc.

Detto in modo diverso, la quota preponderante delle emissioni della FED non lascia mai i canyon di Wall Street. Gli impatti di cui sopra e gli innumerevoli altri sono ciò di cui sono costituite queste intrusioni. Ma zia Janet trascorre il suo tempo a scarabocchiare la sua lavagna e a pensare al mercato del lavoro.

È irrilevante! ZIRP e QE non c'arrivano mai lì. Hanno deformano, distorto, degradato e distrutto i mercati finanziari, trasformandoli in casinò fedeli al capitalismo clientelare a alla corruzione.

E questo ci porta al reato nascente della NIRP. Quello che sta succedendo nella zona Euro, in Svizzera, in Svezia e in Giappone, è una cripto-NIRP o l'imposizione di tassi negativi sulle riserve in eccesso delle banche commerciali depositate presso le rispettive banche centrali. Ma questa manovra sta comprimendo solo i margini d'interesse bancari e sta causando una fuga dai titoli del settore bancario.

Allo stesso modo, questa cripto-NIRP ha spinto circa $7,000 miliardi di debito sovrano mondiale in territorio negativo. I rendimenti dei titoli di stato tedeschi fino al decennale sono ora negativi, perché gli speculatori stanno facendo front-running alla BCE e alle altre banche centrali.

Cioè, stanno puntando sull'apprezzamento del prezzo. I manager obbligazionari di tutto il mondo, ottenebrati come molti di loro lo sono, non sono diventati improvvisamente masochisti ed ansiosi d'assaggiare quel gustoso rendimento negativo!

In breve, i banchieri centrali del mondo stanno incitando i lemming a gettarsi dalla rupe. Questo esperimento incredibilmente pericoloso sta facendo finire l'economia reale sotto il peso schiacciante di debiti impagabili e giganteschi eccessi di capacità produttiva, infrastrutture e scorte di lavoro. Siamo di fronte alla madre di tutte le bolle obbligazionarie.

Alla fine i banchieri centrali otterranno quello che vogliono: NIRP tra quelle persone che cercano di risparmiare qualcosa. A dire il vero, là fuori ci sono economisti ingenui responsabili d'aver detto che non esiste alcuna differenza apprezzabile tra +30 punti base e -30 punti base su un conto di deposito.

C'è eccome, invece. Il segno negativo rappresenterà il grande punto di svolta. Il segno negativo rappresenterà le luci al neon lampeggianti che annunciano che lo stato sta confiscando il risparmio e la ricchezza del popolo.

Così, quando faranno sbarcare la NIRP tra la gente comune, le banche centrali firmeranno il loro certificato di morte. Quel giorno potrebbe non essere così lontano.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 26 aprile 2016

Il fallimento dei tassi negativi e la salvezza grazie alla blockchain





di Frank Hollenbeck


Ora è solo una questione di tempo prima che la banca centrale degli Stati Uniti segua le orme delle banche centrali in Giappone, Unione Europea, Danimarca, Svezia e Svizzera, ed implementi tassi negativi sui depositi di riserva.

L'obiettivo è quello di costringere le banche commerciali a prestare le loro riserve in eccesso. Il presupposto è che tale prestiti stimoleranno la domanda aggregata e risolleveranno le sorti delle varie economie. Usando la stessa logica usata nel 2008, la soluzione ad un problema di debito sarebbe quella d'aggiungere più debito. Eppure c'è un vecchio adagio: si può portare un asino al torrente, ma non si può costringerlo a bere! Con l'economia mondiale che affonda nella recessione, poche banche hanno clienti meritevoli di credito e molte banche stanno avendo difficoltà a riscuotere i vecchi prestiti.

I prestiti non performanti in Italia sono passati da circa il 5% nel 2010 a oltre il 15% di oggi. Il bust dell'olio di scisto ha lasciato nei libri contabili di molte banche degli Stati Uniti oltre mille miliardi di dollari di prestiti altamente rischiosi. I tassi d'interesse molto bassi in Giappone e nell'Unione Europea hanno fatto poco per stimolare la domanda in un ambiente economico pieno d'investimenti improduttivi ed impedimenti statali crescenti.

Le politiche delle banche centrali hanno spinto i rendimenti dei titoli di stato in territorio negativo. Quasi $7,000 miliardi di titoli di stato sono attualmente tradati a tassi negativi.

Ma la teoria economica presuppone che i tassi negativi siano una cosa impossibile. Dopo tutto, perché dovreste comprare un buono del Tesoro per $1,005 se dopo un anno otterreste in cambio $1,000, quando invece potete riempire il vostro materasso con $1,005 e ritrovarvi la stessa somma dopo un anno? Alcuni direbbero che l'immagazzinamento del denaro è costoso e rischioso, ma ciò vale anche per la maggior parte degli asset.

La ragione è in realtà abbastanza semplice e mostra quanto sia diventata distorsiva la politica monetaria in tutto il mondo: ha senso comprare un buono del Tesoro per $1,005 se avete intenzione di venderlo a più di $1,005 prima che giunga a maturazione. Nel mondo di oggi, la banca centrale è spesso il compratore ultimo dei buoni del Tesoro e ci perde soldi. È solo un altro tipo di monetizzazione del debito.

(Ed è, tra l'altro, qualcosa che i tedeschi volevano evitare quando è stata creata la BCE.)



Dobbiamo semplicemente stampare più soldi!

Il vero problema è il modo in cui viene insegnata la politica monetaria in quasi tutti i programmi universitari del mondo. Prendete un qualsiasi libro di testo di macroeconomia e vi spiegherà come la domanda e l'offerta di liquidità vadano a determinare i tassi d'interesse. L'economia viene trattata come una macchina e i tassi d'interesse sono considerati il pedale dell'acceleratore. Quando la realtà non corrisponde al modello, l'economista di oggi, invece di mettere in discussione il modello e la teoria, presuppone che più della stessa cosa farà combaciare la realtà col modello.

Il problema nasce da un equivoco fondamentale sul ruolo dei tassi d'interesse. Nel 1912 Mises disse quanto segue circa la nostra attuale visione sul denaro:

[Questo punto di vista riguardo il denaro] considera l'interesse come una semplice compensazione per la rinuncia temporanea al denaro — un punto di vista di una ingenuità insuperabile. I critici scientifici erano perfettamente giustificati quando lo trattavano con disprezzo; non val neanche la pena di menzionarlo. Ma è impossibile astenersi dal sottolineare che queste opinioni sulla natura dell'interesse occupano un posto importante nel giudizio popolare, e vengono continuamente propugnate e consigliate come base per le misure di politica bancaria.

Infatti i tassi d'interesse riflettono il rapporto tra il valore assegnato al consumo presente rispetto a quello assegnato al consumo futuro. Cioè, il denaro non è solo l'ennesima merce che può risolvere i nostri problemi se ci limitiamo a crearne di più. Il denaro svolge una funzione chiave nel coordinare la produzione e la domanda nel tempo.

Più s'interferisce con i tassi d'interesse, più si creerà un disallineamento tra domanda e offerta nel tempo, e tanto più sarà doloroso l'aggiustamento per riallineare la produzione con la domanda e far tornare l'economia lungo una crescita economica sostenibile. I tassi negativi garantiranno solamente un maggior disallineamento tra produzione e domanda.

Come accaduto in Giappone, le economie occidentali che perseguiranno una politica di tassi bassi o negativi possono aspettarsi decenni di bassa crescita, a meno che non decidano d'abbandonare queste politiche monetarie "non ortodosse". Le recessioni non sono un problema di domanda insufficiente. Sono un problema d'offerta disallineata dalla domanda.



La guerra al contante

Nel frattempo, uno degli obiettivi di alcuni dei partecipanti a Davos è quello di spingere il mondo verso una società senza contanti, poiché un aumento dei saldi di cassa limiterebbe l'efficacia dei tassi negativi. Sanno che se eliminano i contanti, le banche centrali avranno un maggior controllo sulla massa monetaria e sulla capacità di condurre l'economia verso i loro obiettivi macroeconomici.

Finché esisterà il denaro contante, la gente deterrà liquidità in tempi d'incertezza. Si tratta di una saggia alternativa quando tutte le altre opzioni sembrano improduttive o irrazionali — e mantenere i contanti in una banca in un periodo di tassi negativi è, ceteris paribus, irrazionale. Le banche centrali, non a caso, vorrebbero quindi togliere la possibilità di detenere liquidità al di fuori del sistema bancario. Peggio, le persone che detengono denaro al di fuori del sistema potrebbero risparmiarlo piuttosto che spenderlo. Dal punto di vista keynesiano, questa è un'eventualità che dev'essere fermata.

Questa è solo l'ultima frontiera della politica monetaria di cui siamo stati testimoni sin dalla crisi finanziaria del 2008. La miglior politica monetaria, tuttavia, è nessuna politica monetaria, e le banche centrali dovrebbero prendersi una lunga vacanza in modo che l'economia mondiale possa finalmente guarire.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/



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di Max Rangeley


Nell'ultimo secolo molti paesi hanno fatto esperimenti con l'imposizione dei prezzi e la pianificazione centrale. In questo momento il governo del Venezuela sta fissando i prezzi di molti prodotti. Questo ha portato a diffuse carenze di beni che noi, in quanto abitanti fortunati di economie semi-libere, diamo per scontato.

L'imposizione dei prezzi ha fallito in tutti i settori dell'economia in cui s'è provato ad implementarla. Ma mentre alcuni economisti seri suggerirebbero che abbiamo una squadra di burocrati che fissa il prezzo della gomma, del frumento, o del caffè, c'è una sfera dell'economia che ancora è pianificata centralmente – il nostro sistema monetario. Ciò fallirà proprio come la pianificazione centrale è sempre fallita. Ora stiamo entrando in una nuova fase pericolosa del fissaggio dei prezzi da parte delle banche centrali. Non essendo riuscite a stimolare le economie con anni di tassi d'interesse a zero, ora stanno discutendo la prospettiva di tassi d'interesse negativi (e alcune l'hanno addirittura introdotta), la reductio ad absurdum dell'economia monetaria moderna.

L'economista Friedrich von Hayek ha ricevuto il premio Nobel per l'economia nel 1974 per aver dimostrato come la manipolazione dei tassi d'interesse e dei tassi monetari, provoca distorsioni economiche e genera il ciclo di boom/bust. Negli anni '70 scrisse anche diversi articoli su come l'emissione di denaro privato si sarebbe dimostrata l'unica soluzione a lungo termine. Se la gente potesse scegliere quale tipo di denaro utilizzare, sarebbe altamente improbabile che punterebbe su quello che viene abitualmente svalutato dallo stato o utilizzato per un'espansione artificiale del credito.

Oggi la tecnologia alla base di Bitcoin, conosciuta come blockchain, sta finalmente ricevendo l'attenzione che merita. La blockchain è un libro mastro pubblico che permette alle persone di fare scambi tra di loro e, allo svilupparsi di tale tecnologia, concedere prestiti, senza l'interferenza di burocrati e banchieri centrali. La rete Bitcoin è uno sviluppo embrionale di qualcosa di molto grande e rivoluzionario – che potrebbe eliminare del tutto la necessità delle banche centrali.

Tuttavia, c'è una battaglia incombente. Le banche centrali stanno già parlando di sostituire il denaro contante con le loro valute digitali, cercando di trovare un compromesso basato sulla tecnologia della blockchain. Ciò significa che la politica dei tassi d'interesse negativi potrebbe essere attuata senza una via di scampo per i risparmiatori.

All'interno del campo economico, la battaglia filosofica fondamentale del secolo scorso è stata quella tra pianificazione centrale e libera impresa. La tecnologia della blockchain apre un nuovo fronte. Da un lato consentirà a valute emesse privatamente di competere tra di loro affinché le persone possano commerciare liberamente e scegliere i loro mezzi monetari. Dall'altro lato consentirà alle banche centrali e agli stati d'avere il controllo completo sul denaro che verrà emesso.

La teoria di Hayek descriveva anche come la manipolazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali sarebbe inevitabilmente finita. Mentre l'economia si satura di credito artificialmente a buon mercato, lo stimolo della banca centrale non funziona più. L'economia raggiunge un punto critico – un Katastrofenhausse – dove i mercati del credito scoppiano, sfilacciando le cuciture dell'economia.

Con la bolla del debito globale che ora ha sorpassato i $200,000 miliardi, il nostro sistema monetario pianificato centralmente farà una fine molto più brusca di quanto si possa prevedere. Con la tecnologia della blockchain abbiamo i mezzi per sostituirlo con qualcosa basato sulla libertà e sulla libera impresa, piuttosto che con la filosofia fallita della pianificazione centrale e del fissaggio dei prezzi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 25 aprile 2016

Il declino del principio di legalità





di F. A. Hayek


La saggezza politica, acquisita attraverso l'amara esperienza delle varie generazioni, spesso sbiadisce lungo il graduale cambiamento del significato delle parole che esprimono le sue massime. Sebbene l'apparenza delle frasi rimanga la stessa, vengono lentamente spogliate del loro significato originale fino a quando risultano vuote e banali. Infine, un ideale per il quale le persone hanno combattuto con passione in passato, cade nel dimenticatoio perché manca di un appellativo generalmente inteso. Se la storia dei concetti politici è in generale d'interesse solo per lo specialista, in tali situazioni spesso non c'è altro modo di scoprire ciò che sta accadendo se non tornare alla fonte, al fine di recuperare il significato originario del fonema che usiamo ancora. Al giorno d'oggi questo è certamente vero per il concetto di Principio di Legalità, il quale era l'ideale fondamentale della libertà degli inglesi, ma che ora sembra aver perso sia il suo significato sia il suo fascino.

Ci sono pochi dubbi circa la fonte da cui gli inglesi del tardo periodo Tudor e all'inizio di quello Stuart, hanno estrapolato l'ideale politico per cui i loro figli avrebbero combattuto nel XVII secolo; è stata la riscoperta della filosofia politica dell'antica Grecia e dell'antica Roma che, come sostenne Thomas Hobbes, ha ispirato il nuovo entusiasmo per la libertà. Ma se ci chiediamo quali fossero quelle caratteristiche nell'insegnamento degli antichi che scatenassero quel loro grande appeal, la risposta degli accademici moderni non è troppo chiara. Non dobbiamo prendere sul serio l'affermazione di moda secondo cui la libertà personale non esisteva nell'Atene antica: tutto ciò che può essere stato vero per la democrazia degenere contro la quale reagì Platone, non era certamente vero per quegli ateniesi i cui generali, in un periodo di estremo pericolo durante la spedizione in Sicilia, dichiararono di combattere per un paese in cui avevano "discrezionalità illimitata per vivere a loro piacimento". Ma da dov'è emersa questa libertà nel "più libero tra i paesi liberi", come lo definì Nicia, tanto da illuminare sia i Greci stessi sia gli elisabettiani?

La risposta risiede in parte in una parola greca che gli elisabettiani hanno preso in prestito dai Greci, ma che sin da allora è caduta in disuso; la sua storia, sia nell'antica Grecia sia successivamente, ci offre una curiosa lezione. Il termine Isonomia appare nel 1598 nell'opera di John Florio, World of Wordes, ed è una parola italiana che significa "leggi uguali per tutte le persone"; due anni dopo viene tradotta in inglese, "isonomy", da Philemon Holland nella sua traduzione di Livio in cui viene descritta una situazione in cui le leggi sono uguali per tutti e i magistrati hanno la loro dose di responsabilità di fronte ad esse. Poi è stata utilizzata con una certa frequenza durante il XVII secolo, e "uguaglianza di fronte alla legge", "stato di diritto" e "principio di legalità", sembrano essere solamente interpretazioni successive del concetto descritto dal termine greco.



Leggi uguali per tutti

La storia della parola in greco antico è di per sé istruttiva. Era un termine molto antico che aveva preceduto quello di Demokratia, come nome per un ideale politico. Per Erodoto era "il più bello di tutti i nomi" per un ordine politico. La necessità di leggi uguali per tutti, concetto intrinseco a tale termine, rappresentava una rivolta contro la tirannia. Dopo che venne raggiunta la democrazia, il termine continuò ad essere utilizzato come giustificazione e poi come travestimento del carattere vero della democrazia: il governo democratico avrebbe presto proceduto a distruggere quella stessa uguaglianza davanti alla legge da cui aveva derivato la sua giustificazione. I Greci avevano pienamente compreso che i due concetti, anche se correlati, non avevano lo stesso significato. Tucidide parla senza esitazione di un "un'oligarchia isonomica"; e poi scopriamo che isonomia è stato un termine usato anche da Platone in contrasto con la democrazia, piuttosto che in suo favore.

Alla luce di questo sviluppo i passaggi celebri di Politica di Aristotele, in cui egli discute i diversi tipi di democrazia, anche se non utilizza più il termine isonomia, sono in sostanza una difesa di questo vecchio ideale. I lettori probabilmente ricorderanno come egli sottolinea che "è più corretto che sia la legge a disciplinare piuttosto che uno qualunque dei cittadini", che le persone in possesso di potere supremo "dovrebbero essere nominate solo come custodi e servitori della legge", e in particolare come condanna il tipo di governo sotto il quale "governano le persone e non la legge". Tale governo, secondo lui, non può essere considerato come uno stato libero: "Poiché quando il governo non è nelle leggi, allora non c'è stato libero, poiché la legge dovrebbe essere suprema su tutte le cose"; egli sostiene anche che "qualsiasi struttura di questo genere che concentra tutto il potere nei voti delle persone non può chiamarsi democrazia, poiché i suoi decreti non possono essere definiti generali nella loro estensione". Insieme con l'altrettanto famoso passo in Retorica, in cui sostiene che "è importante che le leggi definiscano quanti più punti possibili in modo da lasciarne il meno possibile alle decisioni dei giudici", abbiamo una dottrina piuttosto coerente di governo della legge.

Quanto tutto questo significasse per gli Ateniesi, lo dimostra un racconto di Demostene su una legge introdotta da un ateniese in base alla quale "non era lecito proporre una legge che colpisse un individuo, a meno che la stessa non valesse per tutti gli Ateniesi", perché egli era del parere che "ogni cittadino ha una quota uguale di diritti civili, cosicché tutti dovrebbero avere una quota uguale nelle leggi". Anche se, come Aristotele, Demostene non utilizza più il termine isonomia, l'affermazione è poco più di una parafrasi del vecchio concetto.



La riscoperta nel XVII secolo

Una controversia tra Hobbes e Harrington, sull'origine della formula "governo delle leggi e non degli uomini", indica com'erano vivi questi punti di vista degli antichi filosofi nella mente dei pensatori politici del XVII secolo. Hobbes l'aveva descritto come "l'ennesimo errore della politica di Aristotele, poiché in una repubblica ben ordinata non dovrebbero governare gli uomini bensì le leggi". Harrington replicò che "una società civile basata sul fondamento del diritto o dell'interesse comune" deve "seguire Aristotele e Livio [...] l'impero delle leggi, non degli uomini".

A quanto pare per gli inglesi del XVII secolo gli autori latini, in particolare Livio, Cicerone e Tacito, divennero fonti sempre più importanti di filosofia politica. Ma anche se non consultarono la traduzione olandese di Livio, dove avrebbero trovato la parola, era ancora l'ideale greco dell'isonomia a cui facevano riferimento in tutti i loro punti cruciali. Omnes legum servi sumus ut liberi esse possumus di Cicerone [siamo tutti servi delle leggi in modo da poter essere liberi] (ripetuto più tardi, quasi parola per parola, da Voltaire, Montesquieu e Kant) è l'espressione più concisa dell'ideale di libertà sotto la legge. Durante il periodo classico del Diritto Romano si ricomprese come non ci fosse alcun conflitto tra la libertà e la legge; soprattutto come le sue generalità, certezze e restrizioni ponessero limiti all'autorità, condizione essenziale per la libertà. Questa condizione durò fino a quando la legge inflessibile (strictum ius) venne progressivamente abbandonata nell'interesse di una nuova politica sociale. L'egregio studioso del Diritto Romano, F. Pringsheim, ha descritto questo processo sin dalle sue origini sotto l'imperatore Costantino:

L'impero assoluto proclamò, insieme al principio di equità, che l'autorità della volontà imperiale fosse avulsa dalla barriera del diritto. Giustiniano con i suoi dotti professori portò questo processo alla sua conclusione.



Lotta per la libertà economica

Quando si tratta di mostrare ciò che gli inglesi dei secoli XVII e XVIII hanno prodotto con la tradizione classica che avevano riscoperto, dobbiamo per forza di cose snocciolare qualche citazione. Ma molte delle espressioni più significative ed istruttive della dottrina alla base, così come s'è sviluppata, purtroppo sono meno note di quello che in realtà avrebbero meritato. Né oggi viene ricordato che la lotta decisiva fra il Re e il Parlamento, che ha comportato l'identificazione e l'elaborazione del Principio di Legalità, è stata combattuta principalmente sul tipo di questioni economiche che ancora oggi sono al centro delle varie polemiche. Per gli storici del XIX secolo le misure di Giacomo I e Carlo I, le quali generarono un conflitto, sembravano abusi antiquati senza attualità. Oggi alcune di queste controversie hanno qualcosa di straordinariamente familiare. (Nel 1628 Carlo I evitò di nazionalizzare il carbone solo quando gli venne fatto notare che ciò avrebbe potuto provocare una ribellione!)

Fu la richiesta di leggi uguali per tutti i cittadini che permise al Parlamento d'opporsi agli sforzi del re per regolare la vita economica. Gli uomini sembravano aver capito, meglio di quanto non accada oggi, che il controllo della produzione significa sempre creazione di privilegi: dare il permesso a Pietro di fare ciò che Paolo non è autorizzato a fare. La prima grande affermazione rappresentate il Principio di Legalità, ovvero, leggi certe e uguali per tutti e limitazione delle discrezionalità amministrative, è contenuta nella Petizione dei Reclami del 1610; nacque a seguito delle nuove norme per la costruzione a Londra e il divieto di produzione di amido di frumento. In quella occasione la Camera dei Comuni si pronunciò così:

Tra i molti altri punti di felicità e di libertà che i sottoposti di Vostra Maestà hanno goduto, il più caro e prezioso è il seguente: essere guidati e governati dalla certezza del principio di legalità, il quale dà sia al capo sia alle membra ciò che appartiene loro di diritto, senza lasciare spazio ad una forma di governo incerta ed arbitraria. [...] Da questa radice è sbocciato il diritto incontestabile del popolo di questo regno: non essere soggetto a subire alcuna punizione che si estenda alle loro vite, terre, corpi, o beni, diversa da quella che viene ordinata dal diritto comune di questa terra o dagli statuti redatti in Parlamento.

L'ulteriore sviluppo di quella che i giuristi socialisti contemporanei hanno sprezzantemente respinto come dottrina Whig del Principio di Legalità, è stato strettamente connesso alla lotta contro il monopolio statale e in particolare alla discussione riguardante lo Statuto dei Monopoli del 1624. È stato proprio a questo proposito che quella grande fonte di dottrina Whig, Sir Edward Coke, sviluppò la sua interpretazione della Magna Carta e che lo portò a dichiarare (nel suo Institutes):

Se ad un qualsiasi uomo venisse fatta una concessione, occuparsi di carte o trattare per fare affari, tale concessione sarebbe contro la libertà e la libertà del soggetto [...] e di conseguenza contro questa grande Carta.

Abbiamo già riportato le posizioni caratteristiche espresse da Hobbes e Harrington. Qui non ci interessa rintracciare quei passi concernenti lo sviluppo della dottrina e passeremo sopra anche all'esposizione classica di John Locke, fatta eccezione per una delle sue affermazioni raramente citate. Il suo obiettivo è quello che gli scrittori contemporanei hanno definito "addomesticamento del potere":

Le leggi sono state fatte [...] per limitare il potere e moderare il dominio di ogni parte e membro della società.

La forma in cui la dottrina è diventata proprietà comune degli inglesi, è stata determinata più dagli storici che hanno presentato le conquiste della rivoluzione alle generazioni successive che dagli scritti dei teorici politici. Quindi se vogliamo sapere cos'ha significato la tradizione in questione per l'inglese di fine XVIII e inizio XIX secolo, non possiamo far altro che rivolgerci a History of England di David Hume per ottenere un'interpretazione riguardo il progresso politico dal "governo della volontà" al "governo del diritto". C'è un passaggio in particolare, che fa riferimento alla soppressione della Star Chamber nel 1641, il quale mostra quello che egli riteneva il significato principale degli sviluppi costituzionali del XVII secolo:

Nessun governo, a quel tempo o in qualsiasi altro tempo, è sopravvissuto senza una certa autorità arbitraria; e credo sia chiaro il perché la società umana non potrà mai arrivare ad uno stato di perfezione senza adottare massime generali e rigide della legge e dell' equità. Ma il Parlamento pensò giustamente che il re, dato il suo potere discrezionale, fosse un magistrato troppo eminente per essere attendibile, il quale avrebbe potuto facilmente portare alla distruzione della libertà. E nel caso in cui si riscontrassero alcuni inconvenienti quando si aderisce strettamente alla legge, i vantaggi li controbilancerebbero, tanto da rendere l'inglese per sempre grato alla memoria dei suoi antenati che stabilirono questo nobile principio.

In seguito questa dottrina Whig ha trovato la sua espressione classica in molti passaggi familiari di Edmund Burke. Ma se vogliamo una dichiarazione più precisa del suo contenuto, dobbiamo rivolgerci ad alcuni dei suoi contemporanei meno conosciuti. Una dichiarazione caratteristica è stata attribuita a Sir Philip Francis ed è la seguente:

Il governo d'Inghilterra è un governo della legge. Tradiamo noi stessi se siamo in contrasto con lo spirito delle nostre leggi; inoltre sovvertiamo l'intero sistema della giurisprudenza inglese ogni volta che affidiamo ad un potere discrezionale la vita, la libertà, o la fortuna degli individui, sulla presunzione che non sarà abusato.

Che io sappia, la massima considerazione della logica dietro a tutta questa dottrina la ritroviamo nel capitolo "Of the Administration of Justice" del libro Principles of Moral and Political Philosophy di Archdeacon Paley:

La prima massima di uno stato libero è che le leggi siano fatte da un gruppo di uomini e gestite da un altro; in altre parole, che il carattere legislativo e quello giudiziale siano tenuti separati. Quando questi uffici sono uniti nella stessa persona o commissione, vengono approvate leggi particolari per casi particolari, spesso scaturite da motivi parziali e indirizzate a fini privati; mentre se sono tenuti separati, le leggi generali saranno approvate da un gruppo di uomini senza che possano prevedere su chi andranno ad incidere; e, quando approvate, verranno applicate da altri [...].

Il Parlamento non sa su quali individui ricadranno i suoi atti; non ha tesi o parti che lo costituiscano; nessun progetto privato da servire; di conseguenza le sue risoluzioni saranno suggerite dalla considerazione degli effetti e dalle tendenze universali, le quali producono sempre regolamenti imparziali e comunemente vantaggiosi.

Qui, a mio avviso, abbiamo quasi tutti gli elementi che insieme producono la dottrina complessa che il XIX secolo ha definito Principio di Legalità. Il punto principale è che, dati i suoi poteri coercitivi, la discrezionalità delle autorità dovrebbe essere strettamente vincolata da leggi stabilite in anticipo in modo che l'individuo possa prevedere con certezza come verranno utilizzati questi poteri in casi particolari; e che le leggi stesse siano veramente generali e non creino privilegi per una classe o una persona, ovvero, che vengano approvate in considerazione dei loro effetti di lungo periodo e quindi nell'ignoranza più assoluta su quali saranno i singoli individui che ne beneficeranno o ne verranno danneggiati. Che la legge debba essere uno strumento utilizzato dagli individui per i loro fini e non uno strumento utilizzato dai legislatori sulla gente, rappresenta il senso ultimo del Principio di Legalità.

Dal momento che questo Principio di Legalità è una sorta di governo, un governo di ciò che dovrebbe essere la legge, non potrà mai essere un governo di diritto positivo. Il legislatore non potrà mai limitare efficacemente i suoi poteri. Il governo è piuttosto un principio meta-legale che può operare solo attraverso la sua azione sull'opinione pubblica. Finché godrà di fiducia, conserverà la sua legislazione entro i limiti del Principio di Legalità. Una volta che non sarà più accettato o comprensibile all'opinione pubblica, ben presto la legge stessa sarà in conflitto con il Principio di Legalità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


venerdì 22 aprile 2016

Il pendio scivoloso e la grande scogliera





di Francesco Simoncelli


Nell'effettivo è passato un anno da quando la BCE ha lanciato il proprio quantitative easing attraverso il quale sta cercando di rivitalizzare un'economia europea da coma irreversibile. La strategia è quella di scatenare un effetto ricchezza a cascata utilizzando il mandato ufficioso di tutte le banche centrali mondiali: salvaguardare la salute finanziaria dello stato e delle grandi banche commerciali. Si presume che attraverso di loro sarà possibile veicolare all'economia più ampia quegli input necessari per innescare una ripresa economica. Finora non è accaduto niente di tutto ciò. Addirittura non esistono abbastanza bond sovrani che la BCE possa comprare in modo da soddisfare la sua promessa d'acquisto mensile ammontante ora a €80 miliardi.

Di conseguenza il QE è stato ampliato anche ad altri settori. Infatti sono stati inclusi nel QE anche i cosiddetti investment grade bond. Come anticipato in questo articolo, bisognava trovare un modo per dare legittimità al Piano Juncker ed ecco la BCE pronta a monetizzare qualsiasi asset si muova o no nei casinò. I pianificatori monetari centrali stanno cercando in tutti i modi di attizzare il fuoco della domanda aggregata affinché faccia bruciare di nuovo il fuoco della ripresa economica. Finora non abbiamo visto niente di tutto ciò. Perché? Perché se l'incentivo alla base degli investimenti non è genuino, allora la sua sostenibilità sarà messa in pericolo una volta che suddetto incentivo svanirà. Il miglior esempio che si possa presentare a tal proposito, è quello dell'industria dei beni capitali e di come viene distorta dall'iniezione del denaro fiat.



L'IMPORTANZA DELLA TEORIA AUSTRIACA DEL CAPITALE

La produzione industriale è una rete di processi le cui singole componenti sono costituite da due input fondamentali: risorse di capitale umano e risorse naturali. Ogni stadio della produzione superiore necessita di quelli precedenti, oltre che ai due input fondamentali. Se dovessi semplificare drasticamente questi concetti, in nostro aiuto arriva la teoria del capitale Austriaca che ci permette di comprenderli appieno. Infatti non c'è esempio migliore del naufrago su un'isola deserta che si ritrova d'improvviso sprovvisto di tutte quelle comodità che in precedenza godeva nella società civile. Una volta compresa la sua situazione deve economizzare l'ambiente circostante e determinare quale possa essere il costo d'opportunità di ogni singola risorsa naturale presente sull'isola. Ovvero, deve decidere quale sarà la migliore allocazione di ogni risorsa naturale a sua disposizione.

Inutile dire che la sua sopravvivenza si baserà inizialmente sulla mera sussistenza, andando a consumare beni di consumo come pesce, frutta, ecc. Non avendo a disposizione una struttura industriale ben definita alle sue spalle, non può godere di beni specifici che potrebbero garantirgli un tenore di vita superiore. Quindi deve accontentarsi, almeno inizialmente, di consumare le risorse naturali. Infatti dovrà dapprima costruirsi un flusso costante di beni di consumo (reddito) prima di poter pensare di investirne parte per elevare il suo tenore di vita.

Questo significa che dovrà raccogliere giornalmente un certo numero di frutta per poter garantire la propria sopravvivenza, utilizzando il lavoro del suo corpo per consumare i beni di consumo. Ma, come abbiamo detto in precedenza, esiste un costo d'opportunità quando si economizzano le risorse naturali, e questo vuol dire che i beni di consumo possono essere utilizzati come beni intermedi (nella produzione di qualcos'altro) piuttosto che consumati semplicemente. Infatti, piuttosto che consumare tutta la frutta che riesce a raccogliere, può rinunciare a parte di essa e metterla da parte nel corso de tempo. In questo modo dividerà in due il suo reddito: parte verrà consumato e parte verrà investito nel futuro. Una volta che avrà a disposizione abbastanza risparmi, potrà smettere di raccogliere frutta e dedicare i suoi sforzi per creare un oggetto che gli permetta di diversificare la sua dieta. Ovvero, aggiungerà uno stadio di produzione alla sua attività industriale. Nel caso specifico, deciderà di costruire una rete per catturare pesci.

Grazie ai risparmi messi da parte potrà sostenere la sua vita nel periodo in cui dovrà dedicare la maggior parte del suo tempo a costruire la suddetta rete. Unendo il lavoro e le risorse naturali che lo circondano, riesce a trasformare un bene di consumo in un bene capitale. Ma quest'aggiunta di uno stadio di produzione porta con sé un altro fattore: la manutenzione dei beni di capitale. Quindi vediamo ora di rendere un po' più complesso il nostro esempio per cercare di capire l'importanza della teoria Austriaca del capitale e come essa spieghi l'attuale stagnazione economica.

Diciamo che il nostro naufrago, arrivato a questo punto, utilizzi 5 ore per raccogliere frutta; 5 ore per pescare; 5 ore per fare manutenzione; 5 ore per preparare il cibo; e infine 4 ore le utilizzi in disutilità del lavoro. Seguendo questo modello di produzione egli riesce a gestire in modo sostenibile le varie attività in cui è impegnato e garantire a sé stesso un flusso costante di reddito. Non solo, ma in futuro potrà aggiungere un ulteriore stadio di produzione quando avrà sufficienti risparmi da parte, riuscendo a creare una vanga con cui seminare piante ad esempio. Si noti che questo processo graduale è in funzione del livello dei risparmi posseduti dal naufrago, questo significa che più ne avrà più riuscirà ad accorciare i tempi tra la creazione di uno stadio di produzione e l'altro. Il punto fondamentale di questo processo è che i vari stadi della produzione non possono essere saltati, poiché la distribuzione delle ore di lavoro e di manutenzione verrebbero stravolte.

Supponiamo che un giorno la marea porti a riva le vettovaglie di una nave naufragata al largo. D'improvviso il nostro naufrago potrà godere di una manna inattesa. Perché lavorare e spaccarsi la schiena quando avrà a disposizione cibo in abbondanza grazie a questo colpo di fortuna? Ridurrà, quindi, le ore dedicate a raccogliere frutta, pescare e fare manutenzione. Per tutte queste attività vi dedicherà solo 2 ore e ridistribuirà le restanti alla preparazione del cibo e alla disutilità del lavoro. L'improvvisa manna non è nata da uno stadio di produzione sostenibile, ma da un evento una tantum che spinge il produttore a consumare i risparmi e i beni di capitale fintanto che il flusso distorsivo della produzione continuerà a fare il suo effetto. Inoltre, più sarà intenso il flusso distorsivo, maggiore sarà il tempo dedicato alla disutilità del lavoro e minore sarà quello dedicato alla manutenzione dei beni di capitale esistenti.

Terminato il flusso distorsivo, il naufrago si ritroverà a corto di risparmi alimentari con cui sostenere la sua vita e con degli oggetti marci che non potrà più utilizzare come prima. Di conseguenza dovrà tornare a quello stadio di produzione originale che gli garantiva un reddito costante  e col tempo gli avrebbe permesso di guadagnare risparmi sufficienti da aggiungere ulteriori stadi produttivi al suo processo "industriale".

Nella realtà, ovviamente, le cose sono molto più complesse, ma questo semplice esempio serve a far capire ai lettori come funziona il processo produttivo a livello industriale e come un flusso distorsivo esterno possa deviare risorse da attività sostenibili ad attività insostenibili. Nello specifico, come il denaro scoperto distorca la produzione industriale e in particolar modo quella legata ai beni di capitale. Infatti i progetti più a lungo termine sono quelli che più risentono di un cambiamento nei tassi d'interessi e di conseguenza quelle industrie in tal campo recepiscono questo messaggio come una "luce verde" nei confronti del loro investimenti. Queste imprese che s'impegnano in progetti la cui realizzazione è distante molti anni dal presente, rendono più circolare la produzione industriale perché attraverso i loro investimenti fanno in modo che il denaro preso in prestito si concentri fondamentalmente in quegli stadi di produzione superiori. Ad esempio, quello delle materie prime.

È così che, ad esempio, è nata la bolla dell'olio di scisto che al giorno d'oggi sta inondando il mondo con un'offerta di petrolio nettamente superiore alla domanda. Le industrie di beni di capitale, a seguito del boom del credito facile alimentato dalle banche centrali, hanno approfittato del calo degli interessi per accedere a nuove linee di credito con cui finanziare le proprie attività. Queste industrie, ovviamente, necessitavano di un grande influsso di materie prime per dare pieno sfogo alle loro catene di montaggio. È così che, ad esempio, la Caterpillar e la Komatsu hanno sfoggiato utili da favola nel post-crisi; e, indirettamente, questo ha significato un boom delle miniere di ferro, carbone e bauxite in Australia per sostenere la domanda di suddette imprese. Questo è un circolo vizioso che alimenta sé stesso fino a quando l'effetto del credito creato ex-novo non raggiunge i beni di consumo. Il canale di trasmissione in quest'ultimo caso sono sostanzialmente gli stipendi dei lavoratori che queste industrie assumono progressivamente.

In sostanza, la storia Austriaca di base è che durante il boom artificiale, la forza lavoro ed altre risorse vengono incanalate in progetti d'investimento non compatibili con il livello generale del risparmio reale. Prima o poi, la realtà alza la sua brutta testa ed i progetti insostenibili devono essere abbandonati prima del completamento. Gli imprenditori realizzano di essersi orribilmente sbagliati durante il boom, ognuno si sente più povero e riduce drasticamente i consumi, e molti lavoratori vengono licenziati affinché la struttura produttiva possa essere modificata alla luce della rivelazione. Questo significa che l'ago della bilancia, una volta che la banca centrale smette d'inondare l'ambiente economico con denaro scoperto, sono esattamente quelle imprese che hanno beneficiato di più dell'espansione monetaria artificiale: le industrie nel settore dei beni di capitale.

La recessione nasce proprio da loro e dura il tempo necessario a riallocare in modo sostenibile le risorse scarse presenti nell'ambiente economico verso quelle realtà che le useranno nel mondo più efficiente e soddisfacente (per i consumatori) possibile. La Grande Deflazione cui stiamo assistendo oggi è l'effetto di una volontà di far continuare quanto più a lungo possibile la fase di boom del ciclo economico ripartito nel 2009. Non è una caso, ad esempio, se le grandi banche commerciali si stiano impegnando a tenere (in qualche modo) solvibili le imprese nel settore petrolifero e zia Janet continua a rimandare il rialzo dei tassi d'interessi iniziato lo scorso dicembre. Ma nel frattempo l'eccesso d'offerta dei prodotti sfornati e i profitti in calo, le stanno lentamente uccidendo e quando accadrà esse rappresenteranno l'epicentro da cui si propagherà la recessione economica. Da quel momento in poi la riallocazione delle risorse economiche scarse, trasformerà la Grande Deflazione in Grande Inflazione.



NEGATIVITÀ EUROPEA

Le banche centrali stanno facendo di tutto affinché tutto ciò non accada. Continuano a calciare il barattolo sperando di far continuare l'ambiente economico lungo l'ottovolante del ciclo boom/bust in base al presupposto che saranno in grado di gestire qualsiasi situazione. Ma la situazione in cui siamo finiti è un mistero per tutti. Niente di quello che è accaduto dopo il 2008 s'era mai visto nel mondo economico occidentale (tranne in Israele nel 1985). Non è un caso se Draghi, nella sua ultima dichiarazione concernente la politica monetaria della BCE, abbia incorporato nel programma europeo di quantitative easing gli "investment grade asset", rappresentativi del mondo della grande impresa.

La politica monetaria allentata ha reso più ridondanti gli stadi più alti della produzione industriale, andando a gonfiare bolle come quelle nell'olio di scisto e nel settore automobilistico. Infatti il settore bancario commerciale, incapace di trasmettere la politica monetaria della banca centrale all'economia più ampia poiché in condizione di picco del debito, ha "investito" nel mercato ad alto rendimento per proteggere i propri margini di profitto messi in pericolo dalla ZIRP. Questo comportamento ha fornito carburante incendiario a compagnie la cui sostenibilità degli investimenti è stata distorta da questa gigantesca offerta d'acquisto alimentata dalla politica monetaria allentata delle banche centrali. Di conseguenza sono stati sfornati prodotti per cui non c'era domanda reale e ora i nodi sono arrivati al pettine: profitti in calo e capacità in eccesso.

Sebbene questa ridondanza abbia sequestrato lavoro e capitali fornendo all'economia più ampia impulsi di una pseudo-ripresa, Main Street continua a voler percorrere un percorso di deleveraging, rallentato purtroppo dal salvataggio artificiale di entità che sarebbero dovute fallire. Infatti la persistente condizione di picco del debito sta facendo fallire visibilmente i tentativi dei banchieri centrali di reflazionare l'economia di Main Street. Ma attenzione, perché i profitti in calo e la capacità in eccesso stanno portando verso il fallimento quelle società che hanno goduto della manna monetaria delle banche centrali. A meno di salvataggi centrali (come sta facendo Draghi, ad esempio, comprando bond IG), la liberazione di lavoro e capitale da riallocare in modo sostenibile nell'ambiente economico causerà una dolorosa inflazione dei prezzi.

Sin dall'annuncio dello zio Mario d'includere nel suo QE i bond IG, visto il cortocircuito normativo a livello di quelli statali (es. tetto ai deficit), gli investitori sono stati letteralmente contagiati dalla pazzia dei pianificatori monetari centrali e stanno affondando mani e piedi nelle bombe ad orologeria finanziarie per fare front-running alla BCE e godere di lauti carry trade. Dato che la prospettiva dei tassi negativi aleggia da un bel po', gli investitori si stanno accapigliando per entrare in possesso di tutto quel pattume obbligazionario societario e poi rivenderlo alla BCE.

È questo il piano per la ripresa economica? Caricare di ulteriore polvere da sparo le bische clandestine? Diffondere nell'ambiente economico ulteriori investimenti improduttivi in cambio di spasmi di pseudo-ripresa nel breve termine? Parafrasando il buon vecchio Clint Eastwood: "Go ahead ECB, make my day!"



SULL'ORLO DELLA SCOGLIERA

Ironia della sorta saranno esattamente quegli aiuti centrali che rappresenteranno il tallone d'Achille delle banche commerciali. Infatti sin dall'inizio della scoperta delle lande inesplorate della nuova politica monetaria in cui i tassi del mercato monetario sono stati praticamente ridotti a zero, le banche hanno goduto di una manna monetaria artificiale attraverso la quale puntellare i loro bilanci. Queste risorse monetarie, che sono state utilizzate per mostrare ai mercati come i bilanci disastrati delle grandi banche commerciali potessero reggere ad uno shock dei mercati e proseguire la loro normale attività. In realtà queste torreggianti riserve monetarie sono state parcheggiate presso le banche centrali e hanno funto da gigantesca offerta d'acquisto per determinati asset. Principalmente i bond sovrani dei vari governi. Poi si è passati ai mercati azionari.

In questo modo le banche centrali hanno salvato indirettamente tutte quelle entità che ritenevano pericolose per un crollo sistemico dei mercati finanziari globali. Non è un caso, ad esempio, che la FED abbia salvato AIG e Fannie/Freddie attraverso l'acquisto di titoli garantiti da ipoteca. Non è un caso che la BCE abbia iniziato a monetizzare dapprima solamente i titoli di stato europei e poi abbia proseguito estendendo il suo programma di QE ai bond IG e agli ABS.

Queste mosse non sono altro che il frutto malato della nuova politica monetaria atta a sovvenzionare all'infinito carcasse economiche che non fanno altro che sprecare le risorse economiche che sequestrano dall'ambiente economico. Farle restare in vita significa non solo far proseguire la stagnazione secolare in cui stanno finendo le varie nazioni del mondo, ma anche acuire esponenzialmente il dolore economico da sopportare una volta che ci ritroveremo di fronte ad un'inevitabile correzione dei mercati. I bilanci gonfi di pattume obbligazionario/azionario delle varie banche commerciali, faranno aumentare le loro sofferenze a causa dei fallimenti aziendali di cui abbiamo parlato nelle sezioni precedenti.

Non serve altro che il buon senso per notare come l'escalation di misure interventiste non stia facendo affatto bene alle varie economie che, loro malgrado, si ritrovano protagoniste di scenari al limite del folle. Nello specifico, i tassi negativi sono quanto di più folle potessero immaginare la banda di keynesiani che popolano le varie banche centrali. Innanzitutto non considerano una cosa fondamentale: il canale della trasmissione della politica monetaria all'economia più ampia è rotto, soprattutto perché famiglie e piccole/medie imprese hanno raggiunto una condizione di picco del debito. Questo vuol dire che la reflazione delle varie bolle non può passare da loro quando scoppieranno. Fin dal post-Grande Recessione sono stati presi in ostaggi i bilanci di grandi aziende e famiglie benestanti, le quali hanno potuto accedere a nuovi prestiti grazie soprattutto al loro "retaggio" e alla loro disponibilità di liquidità come garanzia.

Ma cosa hanno fatto? Hanno gozzovigliato nelle bische clandestine, incoraggiando pratiche sempre più audaci di ingegneria finanziaria e annullando de facto una ponderazione onesta del rischio e un onesto price discovery. Riacquisti d'azioni proprie, acquisizioni & fusioni, ecc. hanno rappresentato la nuova El Dorado per suddetti soggetti, facendo salire le valutazioni degli asset e delle capitalizzazioni di mercato attraverso illusioni alimentate dal convoglio delle stampanti monetarie. È così che s'è cercato di creare valore aggiunto; è così che s'è cercato di trasmettere la politica monetaria all'economia più ampia, attraverso un presunto effetto ricchezza a cascata; è così che, ad esempio, i settori del lusso hanno fatto registrare una crescente domanda.

A che prezzo? La nascita di bolle più esplosive e più pervasive rispetto alle due d'inizio secolo. Ora ci ritroviamo in un ambiente in cui la maggior parte degli attori di mercato non ha idea di chi possieda cosa e come gli effetti a catena possono facilmente trasferirsi da un soggetto inadempiente ad un altro. I tassi negativi in Europa, ad esempio, stanno portando al limite estremo la politica dei tassi d'interesse a zero. I margini di profitto delle banche vengono erosi se non investono propriamente i loro capitale, quindi vanno a caccia di affari sempre più rischiosi basandosi sull'accomodamento monetario persistente delle banche centrali.





Di conseguenza la vera minaccia all'attuale sistema economico e finanziario non sono altro che le banche centrali stesse.

La loro smania di controllo le ha portate verso un pendio scivoloso il quale culmina con una scogliera. Non riusciranno a smettere di "ficcanasare" nell'economia più ampia, poiché hanno messo in gioco tutto affinché potessero salvaguardare le entità protette dal cartello che loro rappresentano. E così facendo si sono lanciate in un'avventura di cui non ignoravano l'esito. All'aumentare delle loro misure, aumenterà il bacino di elementi che potranno far saltare in aria l'attuale sistema. Non è un caso, ad esempio, se in Italia c'è molta apprensione per quando riguarda la costituzione di un fondo salva-banche. Aspettatevi, per l'ennesima volta, la partecipazione della CDP in questa ennesima buffonata. Sembra ormai che per qualsiasi cosa debba essere finanziata in Italia a livello di "investimento pubblico", ci sia sempre la garanzia finale rappresentata dai risparmi di coloro tanto ingenui d'aver lasciato i loro averi in mano alle Poste Italiane. Questi ultimi sono gli stessi che inveiscono contro quelli che "hanno i soldi in conti off-shore", senza notare come la mandria di buoi stia lentamente venendo trasferita in un'unica recinzione.

L'interconnessione tra tutti questi elementi nel mondo della finanza, rende l'attuale sistema di una esplosività mai vista prima d'ora. In questo contesto la FED sta cercando, a sua volta, di rallentare il corso degli eventi, lasciando salire di 25 bps il tasso pagato per le riserve in eccesso detenute presso il 33 di Liberty Street. Questo non solo è un sovvenzionamento per quelle grandi banche domiciliate sul suolo statunitense, ma anche per quelle estere.




Ma questo significa meno soldi che entrano per il Tesoro a fine anno. Questo significa un deficit in ascesa nel futuro prossimo per lo zio Sam. Questo significa maggiori risorse sequestrate dallo stato a discapito del settore privato. Aggiungeteci una possibile trasmissione dei tassi negativi ai depositanti e i due grafici qui sotto rappresenteranno la falla che farà colare a picco il mito della presunta ripresa.





L'economia più ampia sta dicendo forte e chiaro che l'attuale percorso impostato dallo stato e dalle banche centrali è insostenibile. È una questione di tempo e del giusto catalizzatore prima che l'intero castello di carte crolli vorticosamente.



CONCLUSIONE

La continua intrusione da parte delle autorità pianificatrici centrali nel tessuto economico, ha creato una catena di errori economici che ne hanno distorto la produzione. La teoria Austriaca del capitale spiega nel dettaglio come questa distorsione arrechi enormi danni nel lungo periodo. Il processo è messo in moto non appena avviene la prima, leggera intrusione. Da lì in poi si scende lungo un pendio scivoloso da cui non esiste ritorno. Esiste solo una scogliera dalla quale si finirà inevitabilmente nel vuoto. Maggiore saranno le intrusioni, maggiore sarà la velocità di caduta.

I pianificatori monetari centrali hanno spacciato la favoletta secondo cui avrebbero bandito il ciclo economico. Attraverso i vari trucchi finanziari stanno riuscendo a tenere in piedi un castello di carte barcollante. La domanda che pochi si pongono: a che prezzo? Dopo aver fatto fuori famiglie e piccole/medie imprese, la saturazione dei bilanci delle grandi imprese ha rappresentano l'ancora di salvataggio della pianificazione monetaria centrale. Le ha permesso di reflazionare vecchie bolle e di gonfiarne di nuove. Inoltre, pur di inglobare quanti più attori di mercato possibili, ha elargito prestiti quasi gratis all'economia più ampia.




Non esiste più un mark to market onesto. Esiste solo un market maker (es. le banche centrali) che sta tirando fuori dal cilindro qualsiasi espediente per portare verso vette più assurde i mercati finanziari e verso vette più dispotiche la società. È così che finisce un boom insostenibile. È così che finisce un'organizzazione sociale basata sul furto.