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giovedì 7 agosto 2025

Solo Bitcoin e oro possono impedire agli stati di distruggere la loro valuta

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/solo-bitcoin-e-oro-possono-impedire)

Permettetemi di ricordarvi alcune scomode verità.

La spesa pubblica è fuori controllo nei Paesi sviluppati. Inoltre, nessun governo interventista vuole tagliare la spesa o pareggiare il bilancio. La spesa pubblica conferisce potere ai politici e ridurla significa perdere il controllo sull'economia.

I governi interventisti non si preoccupano di debiti, deficit o inflazione. Quest'ultima è una linea di politica deliberata e i governi interventisti cercano di nazionalizzare l'economia imponendo il controllo totale sui settori produttivi attraverso l'emissione di valute costantemente svalutate.

La spesa pubblica equivale a stampare denaro. I politici sono felici di promettere più cose gratis spendendo all'infinito, perché sanno che non saranno loro a pagarle e che ciò renderà cittadini e imprese più dipendenti e sottomessi al potere politico. Nessuno stato può davvero ridurre il debito senza tagliare la spesa.

L'inflazione è la prova della perdita di solvibilità di chi emette denaro. Si tratta di un default lento e di fatto. L'inflazione funge da linea di politica che giustifica e perpetua squilibri importanti, spostando l'onere finanziario sui salari reali e sui risparmiatori.

L'errore di pareggiare il bilancio attraverso tasse più elevate porta alla stagnazione economica e a un aumento del debito. L'aumento delle tasse non è uno strumento per ridurre il debito, ma per giustificare un elevato indebitamento. Le entrate fiscali sono cicliche, mentre la spesa pubblica è consolidata e annua.

Nessun governo interventista agirà volontariamente per ridurre il debito e la spesa pubblica, perché può sempre aumentare le tasse e dare la colpa ad altri per i propri problemi. Inoltre le banche centrali hanno smesso di svolgere il ruolo di contenere gli eccessi fiscali, diventando fattori scatenanti di crescenti squilibri fiscali.

Le banche centrali svolgono un ruolo cruciale nel mondo fiat a causa dell'interconnessione tra politica monetaria e fiscale. Il sistema è destinato a collassare gradualmente se le banche centrali non bloccheranno la crescita degli squilibri fiscali dei relativi governi.

Tuttavia l'indipendenza delle banche centrali diminuisce ogni giorno e le loro linee di politica tendono a nascondere l'eccesso di spesa pubblica e di debito. Nel frattempo gli stati ignorano di aver superato i tre limiti del debito pubblico: economico, fiscale e inflazionistico. Un debito pubblico maggiore significa una crescita inferiore, più tasse generano entrate più basse e una maggiore spesa pubblica perpetua l'inflazione.

Ora che le banche centrali non rappresentano più il limite essenziale agli eccessi dello stato, restano solo due alternative: oro e Bitcoin.

L'oro ha già superato l'euro diventando il secondo asset più importante dopo il dollaro per le banche centrali globali. Tra pochi mesi diventerà l'asset più importante. Le banche centrali globali hanno perso fiducia nel debito sovrano dei Paesi sviluppati come asset di riserva, di conseguenza i rendimenti obbligazionari a lungo termine dei Paesi sviluppati supereranno le aspettative sul tasso d'inflazione.

Bitcoin, dall'altra parte, ha dimostrato a investitori e cittadini che una valuta decentralizzata può gradualmente trasformarsi in un asset di riserva a bassa volatilità, un mezzo di pagamento generalizzato e un'unità di misura. Poiché i cittadini di tutto il mondo vedono Bitcoin come un'alternativa sempre più valida alla moneta fiat, sempre più persone lo utilizzano per accumulare valore e proteggersi dall'inflazione.

Gli investitori non si fidano delle economie sviluppate per quanto riguarda il mantenimento della loro solvibilità. Oro e Bitcoin stanno ora svolgendo il ruolo che le banche centrali hanno abbandonato: ricordare agli stati che non possono spendere e stampare moneta per sempre. Bitcoin sarà anche un adolescente e più volatile, ma il messaggio potente al mondo è chiaro: gli anni della spesa pubblica incontrollata e della stampa di moneta sono finiti.

Ovviamente agli stati questo non piace e le banche centrali che hanno smesso di essere indipendenti come invece dovrebbero, come la BCE, stanno cercando di eliminare il rischio che le valute indipendenti eliminino il monopolio del denaro emettendo una CBDC imposta per legge. È interessante notare che l'amministrazione statunitense stia facendo il contrario, vietando le CBDC e abbracciando le crittovalute come la prossima rivoluzione monetaria.

La BCE, presa dal panico ormai, ha ammesso l'enorme perdita di utilizzo dell'euro nelle transazioni mondiali nel momento in cui ha annunciato di voler emettere uno strumento di sorveglianza camuffato da moneta: l'euro digitale. L'amministrazione statunitense vuole consolidare lo status di riserva del dollaro attraendo investimenti globali in crittovalute.

Bitcoin e oro stanno ora svolgendo il ruolo essenziale che le banche centrali indipendenti dovrebbero far rispettare. Esse sono inutilmente accomodanti e continuano a mascherare gli squilibri statali. Oro e Bitcoin sono componenti essenziali della risposta alle tentazioni inflazionistiche degli stati. Le uniche cose che ci salveranno dagli eccessi statali, infatti, sono la decentralizzazione e la moneta indipendente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 24 giugno 2025

Soffrite di disforia finanziaria?

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/soffrite-di-disforia-finanziaria)

Cinque anni fa avevamo tutti un'idea più consolidata della nostra situazione finanziaria. Che fossimo ricchi, poveri o in una posizione intermedia, i segnali erano relativamente chiari, così come la nostra posizione nell'ordine gerarchico socioculturale. Che stessimo avanzando, rimanendo fermi o rimanendo indietro, lo sapevamo.

La crudele inflazione degli ultimi quattro anni, unitamente a drammatici sconvolgimenti della vita sociale, ha ribaltato tutto questo in modi che solo ora stiamo comprendendo. Si dice da tempo che l'inflazione è una tassa invisibile. È corretto nel senso che riconosciamo che qualcosa sta accadendo, ma non siamo del tutto certi di cosa.

Era ancora più strano perché nei 40 anni precedenti avevamo avuto un'idea precisa di quanto costassero le cose, di cosa fosse un buon affare o un cattivo affare, e se qualcosa fosse costoso o meno. Controllavamo i nostri conti in banca e sapevamo intuitivamente se stavamo andando bene o se ci stavamo avvicinando a un punto critico.

Un esempio veloce: il mio burro preferito costava $4, ma ora ne costa $7, il che mi sembrava esagerato finché non ho cercato online e ho trovato prodotti simili da $30 a $50, venduti come articoli di lusso. Immediatamente la mia irritazione si è trasformata in gratitudine e ho fatto scorta. Questo vale per tantissime cose oggi. La nostra capacità di distinguere il valore è quasi completamente rotta.

Quando l'inflazione è iniziata, ci è stato detto che era transitoria, cosa che abbiamo accolto con piacere. Molti presumevano che saremmo presto tornati ai prezzi del 2019 che conoscevamo così bene. Era il periodo di aggiustamento. Non ha aiutato il fatto che per quasi quattro anni la maggior parte delle notizie finanziarie riportasse che l'inflazione si stava “raffreddando” e che comunque migliorava di mese in mese.

Alla fine, però, il tenore di vita è peggiorato in modo terribile. Tutto è diventato molto più costoso, il che significa che il potere pratico dei nostri guadagni di acquistare la vita che desideriamo è enormemente diminuito. Cerchiamo di quantificarlo. Potrebbe essere del 25%, potrebbe essere molto più alto. Tutti possiamo pensare a beni che abbiamo acquistato in passato e che sono aumentati del 100 o del 200%.

Probabilmente state pensando dal punto di vista delle finanze personali. Alcuni la chiamano disforia finanziaria, perché alterniamo la convinzione che andrà tutto bene al risveglio nel cuore della notte con la paura di fallire. Detto in modo semplice non sapete con certezza cosa vi aspetta.

Ciò che state provando come individui o famiglie è esattamente ciò che le aziende di tutte le dimensioni devono affrontare oggi. Guardano ai loro bilanci e devono strizzare gli occhi per credere a ciò che vedono. Tutti i costi sono in aumento e non solo per manodopera e materiali: anche assicurazioni, affitti, tasse, assistenza sanitaria e utenze sono drasticamente aumentati. Anche se i ricavi sembrano buoni, non è del tutto chiaro che lo siano.

Finalmente, dopo quattro anni di confusione, le persone stanno iniziando a vedere la realtà. La disforia sta gradualmente diventando una nuova frugalità, o meglio, una sorta di riorganizzazione delle priorità di spesa dettata dal panico. Ridurre le spese, mangiare a casa, fare da sé e abituarsi a vivere spendendo meno. Nessuno di noi è sicuro che sarà sufficiente per arrivare a fine mese, ma finalmente ci si sta rendendo conto che i tempi sono cambiati radicalmente.

Il Wall Street Journal ha fatto centro con un articolo su come le giovani donne stiano rinunciando a manicure e pedicure, oltre a spese esorbitanti per le tinte dei capelli. Avendo solo prove aneddotiche, il giornalista ha analizzato attentamente le ricerche su Google su come fare tutte queste cose a casa e ha cercato prove di traffico di tutorial su siti di video. Le ha trovate sicuramente.

Questa tesi coincide molto con ciò che vedo anch'io.

Il punto sul cucinare a casa è importante. Mangiare fuori è pericoloso per le finanze personali, soprattutto di questi tempi. Per molto tempo, molte persone si sono abituate a frequentare i bar del quartiere e a ordinare quello che volevano. Il modo in cui paghiamo oggigiorno alimenta l'illusione che tutto vada bene più a lungo del dovuto.

Ordiniamo, mangiamo, beviamo, ci coccoliamo e ci divertiamo. Poi arriva il conto e buttiamo giù un pezzo di plastica. Siamo un po' allarmati dal costo, ma deglutiamo a fatica e andiamo avanti a pagare. Dopotutto, il danno è già fatto. Non si può smettere di mangiare e bere, quindi paghiamo. L'abitudine continua finché non ci guardiamo indietro e vediamo la percentuale del nostro reddito disponibile destinata a questa singola attività.

Ci sono voluti anni, ma gli americani hanno finalmente riconosciuto che questa pratica deve cessare o essere ridimensionata. Ecco perché così tanti ristoranti sono in difficoltà oggi. Come per miracolo, sono sopravvissuti alle chiusure e alle restrizioni del periodo 2020-2023. Appena usciti da quel caos, hanno riaperto pronti a ripartire. I clienti sono tornati.

Poi l'inflazione ha iniziato a colpire non solo i consumatori, ma anche le aziende. Abbiamo vissuto tempi folli, alternando il pensiero di essere ricchi, poveri, ricchi, a metà strada, e ormai nessuno lo sa più con certezza.

La contabilità è un padrone crudele.

È un muro duro e impenetrabile che blocca i sogni più alti e la determinazione più ispirata a superare ogni ostacolo. Alla fine, i ricavi devono superare le spese di ogni tipo, altrimenti l'azienda muore.

La contabilità è la verifica finale dei sogni dei despoti. È la realtà che nessuno può negare. Anche negandola, fa sì che le istituzioni la rispettino comunque. La contabilità è il motivo per cui il socialismo non ha mai funzionato. Collettivizzare la proprietà del capitale, ha impedito alle risorse più produttive della società di segnalare prezzi realistici e quindi determinare profitti e perdite.

Il risultato è un enorme spreco e un'irrazionalità economica. Il risultato dei sistemi socialisti è sempre il collasso.

Ignorare la contabilità è un rischio, eppure questo è sempre stato il sogno degli stati ed è per questo che hanno creato le banche centrali. Queste consentono ai governi e ai sistemi finanziari di stampare moneta senza dover affrontare il severo controllo della contabilità. Il costo di questa strada si manifesta in altri modi, tra cui inflazione, distorsioni industriali e conti esteri instabili.

Per chiunque abbia studiato economia, gli eventi odierni non sono una sorpresa; ciononostante non sono meno tragici. A parte i super-ricchi, la maggior parte delle persone negli Stati Uniti oggi sta affrontando un periodo economico estremamente difficile rispetto a soli cinque anni fa. Quel duro colpo al potere d'acquisto è stato più devastante del previsto.

La salvezza dell'attuale contesto economico è che l'inflazione si è attenuata. Gli ultimi dati mostrano qualcosa di notevole: un calo effettivo dei prezzi in alcuni settori e un tasso annuo complessivo e reale dell'1,4%, ancora troppo alto ma un sollievo molto gradito.

Purtroppo questo avviene contemporaneamente alla consapevolezza che probabilmente siamo già in recessione. Le guerre commerciali sono le principali responsabili, ma la verità è che le condizioni di recessione sono antecedenti. Il Brownstone Institute ha commissionato uno studio empirico lo scorso anno che documentava una recessione sin dal 2022. Nessuno ha mai contestato le conclusioni, eppure la stampa finanziaria ha continuato a comportarsi come se tutto andasse bene.

Non tutto va bene, e questo è diventato più che evidente ora. Le tasse sono aumentate a causa dell'inflazione e scrivo proprio mentre milioni di privati ​​e aziende faticano a completare i propri progetti prima della scadenza. Un problema urgente per molti in questo momento è chiedersi esattamente cosa stiamo ottenendo in cambio di ciò che stiamo pagando.

Sono tre mesi che sentiamo parlare di sprechi, frodi e abusi incalcolabili nel bilancio federale. A questo si aggiungono i gravi problemi di un debito insostenibile, della spesa obbligatoria per i sussidi e di un sistema sanitario che non piace a nessuno. L'intero sistema reclama a gran voce una riforma.

Eppure, in attesa di questa riforma, ci si aspetta ancora che sborsiamo, anche se la realtà finanziaria sta rendendo tutti nuovamente consapevoli di quanto la nostra situazione sia peggiore oggi rispetto al passato. Nonostante tutti i gadget e i servizi digitali che possiamo utilizzare, abbiamo un reddito disponibile reale inferiore rispetto a cinque anni fa.

Questa è la ragione della disforia finanziaria dei nostri tempi. Nonostante tutta l'euforia per i cambiamenti politici a Washington e il gran parlare di un'Età dell'oro, non c'è molto tempo per attuare una riforma radicale in un modo che sia all'altezza delle aspettative. La contabilità è e sarà sempre il padrone nascosto di tutti noi, un padrone che non può essere spazzato via dalla retorica politica o dagli attivisti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 3 giugno 2025

Il ritorno dei rendimenti reali negativi nell’area Euro

Ho già documentato su queste pagine come l'Europa sia stata la prima a sparare il primo colpo nella guerra commerciale attualmente in atto, e precedentemente è stata la prima a sparare il primo colpo nella guerra finanziaria contro gli Stati Uniti come avete letto nel mio ultimo libro “Il Grande Default”. Tenendo a mente queste premesse, si può meglio interpretare l'ultimo capitolo in materia dazi che ha visto protagonisti l'UE e gli USA. La chiave di lettura è solo una: lo scopo dell'UE, e la “cricca di Davos” dietro di essa, è quello di fare la cresta alle banche americane e affibbiare a queste ultime il costo della ristrutturazione del debito insostenibile europeo. Tutto il resto sono ragionamenti a valle di questo. Alla luce di ciò, non sorprende che i negoziatori dell'Unione Europea non siano interessati a rimuovere le barriere commerciali, preferendo mantenerle a tutti i costi, anche se ciò comporta l'indebolimento dell'economia di molti stati membri. Sono più preoccupati di trovare un capro espiatorio per la stagnazione dell'UE nell'amministrazione Trump piuttosto che promuovere un accordo che avvantaggi le aziende europee. Ora è facile capire perché la BCE stia abbassando i tassi d'interesse (indipendentemente dall'obiettivo del 2%): gli stati dell'area Euro fanno affidamento sulla stampa di denaro, sull'inflazione, e la BCE sta agendo di conseguenza. Aumentare le tasse e tagliare la spesa è politicamente impopolare. È molto più facile emettere nuovo debito, che poi viene monetizzato dalla BCE. Inoltre le “situazioni di emergenza” sono esattamente ciò che è nell'interesse dei politici: in questo modo possono espandere i loro poteri facendo cose che non sarebbero possibili in tempi normali. Adesso l'emergenza per eccellenza è la guerra. Chi detiene il potere ha un forte incentivo a esagerare o inventare minacce di guerra, perché la paura spinge la popolazione a soccombere ai dettami della burocrazia. L'incentivo è naturalmente maggiore se si è sull'orlo del fallimento e se è politicamente indesiderabile risanare le finanze pubbliche in modo onesto. Quanto detto finora dovrebbe fornire una spiegazione ragionevole di ciò che sta accadendo attualmente in Europa: si alimenta la minaccia della guerra, si chiede maggiore spesa militare, si prepara l'opinione pubblica alla guerra contro la Russia. Mentre le forze politiche in Europa – a Londra, Berlino e Parigi – rimangono incrollabilmente fedeli all'idea di un Nuovo Ordine Mondiale, i “globalisti” hanno subito una grave battuta d'arresto negli Stati Uniti. Ciò che rimane loro sono i contribuenti europei. I paesi dell'UE proseguiranno con i loro piani di riarmo finanziati dal debito, indipendentemente da un accordo di pace in Ucraina; la conseguente espansione dell'offerta di moneta sarà accompagnata da una spesa che aggiungerà poco o nulla alla produttività, infatti tali spese sono per lo più inutili e portano a una crescente corruzione e cattiva gestione. Ciò porterà a una significativa pressione al rialzo sui prezzi dei beni e quindi i dati ufficiali sull'inflazione torneranno a salire. L'aumento dell'inefficienza eroderà ulteriormente la competitività internazionale dell'Europa, soprattutto perché capitali e persone di talento emigreranno negli Stati Uniti. L'amministrazione Trump si sta assicurando che l'UE venga tagliata fuori da qualsiasi fonte di capitale fisico rimanente a livello internazionale. La BCE, non potendo far altro che ricorrere alla repressione finanziaria, prosciugherà gradualmente i risparmiatori europei fino all'arrivo di una crisi del debito sovrano.

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di Thorsten Polleit

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ritorno-dei-rendimenti-reali-negativi)

Sebbene i rendimenti reali negativi pare non siano più un problema per molti investitori, stanno tornando a essere un tema urgente, soprattutto per chi di noi è concentrato sulla costituzione e la conservazione dei risparmi. La causa principale di questo problema è l'inflazione.

Prima di continuare a discutere dell'inflazione futura e dell'emergere di rendimenti reali negativi, chiariamo innanzitutto cosa significa realmente il termine “inflazione”. Esso, infatti, è spesso utilizzato in modo poco chiaro e le persone ne danno interpretazioni diverse.

Nel linguaggio comune inflazione fa riferimento all'aumento dei prezzi dei beni di consumo: quando gli articoli acquistati nei negozi diventano più costosi mese dopo mese, anno dopo anno. In altre parole, si ottiene di meno in cambio dei propri soldi.

Tuttavia, per comprendere veramente il fenomeno, è importante distinguere tra il sintomo e la causa.

Dal punto di vista economico, la causa dell'inflazione è l'aumento dell'offerta di moneta: questo è ciò che chiamiamo “inflazione monetaria”. Il sintomo di questa causa è l'aumento dei prezzi dei beni, noto anche come “inflazione dei prezzi dei beni”.

Per dirla in parole povere, l'inflazione dei prezzi dei beni è sempre e comunque un fenomeno monetario, come affermò giustamente l'economista americano Milton Friedman.

Tuttavia, se vogliamo essere davvero precisi, dovremmo dire che l'inflazione dei prezzi dei beni è il risultato di un aumento dell'offerta di moneta rispetto alla relativa domanda.

L'inflazione è un problema economico, soprattutto per risparmiatori e investitori, e può essere decisamente distruttiva. Questo vale non solo quando l'inflazione raggiunge livelli così elevati che il denaro perde letteralmente valore, ma anche quando è relativamente bassa ma comunque superiore ai tassi d'interesse nominali.

Ecco un esempio: supponiamo che abbiate un rendimento del 2% sul vostro deposito bancario, ma l'inflazione è del 3%. In questo caso il vostro tasso d'interesse reale – quello aggiustato all'inflazione – diventa -1% (ovvero, il tasso d'interesse nominale del 2% meno il 3% di inflazione). Ciò significa che il potere d'acquisto del vostro deposito bancario diminuisce dell'1% all'anno. E non dimenticate le imposte sulle plusvalenze, le quali vengono applicate ai rendimenti nominali e aggravano ulteriormente le vostre perdite.

Ora, potreste chiedervi: “”Chi è responsabile dell'inflazione come fenomeno monetario”?

La risposta: le banche centrali. Hanno il monopolio sulla creazione del denaro e, su questa base, le banche commerciali sono autorizzate a piramidare le loro riserve.

E ora capite perché è assurdo quando la gente afferma che le banche centrali (o i loro organi di governo) “combattono l'inflazione”.

In realtà, le banche centrali non combattono mai l'inflazione: la creano. A volte creano più inflazione, a volte meno, ma non la combattono mai.

Se prendiamo in considerazione l'area Euro, si potrebbe sostenere che la massa monetaria è cresciuta solo del 4% a febbraio 2025 rispetto all'anno precedente.

Non sembra un numero eccessivamente alto e i prestiti bancari – attraverso i quali viene creato nuovo denaro – sono cresciuti solo del 2% circa. Quindi, com'è possibile che l'inflazione sia in aumento, soprattutto senza una significativa ripresa economica in vista?

Questa argomentazione ha un certo fondamento. Tuttavia, guardando al futuro, ci sono solide ragioni per aspettarsi un massiccio aumento del debito pubblico nei Paesi dell'area Euro. Questo debito non sarà utilizzato solo per acquistare nuove attrezzature militari, ma anche per sostenere uno “Stato sociale” sempre più insostenibile e strutture politiche in crisi.

Per raggiungere questo obiettivo, gli stati dell'area Euro, soprattutto quelli più grandi, emetteranno ingenti quantità di nuovi titoli di stato. Questi ultimi saranno acquistati dalla Banca Centrale Europea. Allo stesso tempo, la BCE abbasserà i tassi d'interesse e conterrà i rendimenti obbligazionari a livelli artificialmente bassi.

Il denaro appena creato verrà speso per trasferimenti sociali, appalti governativi e altre attività politiche.

È noto che i politici tendono a spendere soldi per progetti che non comportano alcun aumento di produttività o ne comportano pochi. Di conseguenza l'aumento della massa monetaria, combinato con la spesa pubblica, farà inevitabilmente aumentare i prezzi dei beni, causando un aumento dell'inflazione.

Proviamo a mettere le cose in prospettiva con qualche numero.

Se i disavanzi pubblici nell'area Euro si attestassero intorno al 5% del PIL e la BCE acquistasse nuove obbligazioni, l'offerta di moneta potrebbe aumentare di circa €800 miliardi. Ciò rappresenterebbe un ritmo di crescita annuo di M3 di circa il 5%. Inoltre l'offerta di moneta aumenterebbe a seguito dell'indebitamento bancario del settore privato.

Nel complesso questo potrebbe spingere l'inflazione nell'area Euro a circa il 4% o più. Se la BCE mantenesse i tassi d'interesse a lungo termine intorno al 3%, il tasso d'interesse reale scenderebbe a -1% (3% del tasso di interesse nominale meno il 4% di inflazione). Ciò significa che gli stati europei ridurrebbero il loro debito reale a spese dei creditori, ovvero risparmiatori e investitori.

Per le obbligazioni a breve termine e i depositi bancari, che solitamente offrono tassi d'interesse più bassi, l'espropriazione attraverso tassi d'interesse reali negativi sarebbe ancora più grave.

In sintesi, questa situazione equivale a quella che viene definita “repressione finanziaria”.

Ma potreste pensare: “Non abbiamo già sperimentato di recente tassi d'interesse negativi”?

Esatto. Dalla fine del 2018 alla fine del 2020, ad esempio, il rendimento nominale del titolo di stato tedesco a 10 anni è stato negativo.

All'epoca l'inflazione rimase relativamente contenuta fino a metà del 2021, quindi non fu l'aumento dell'inflazione a causare il calo del tasso d'interesse reale, bensì il calo dei tassi d'interesse nominali. Successivamente l'inflazione aumentò vertiginosamente, in gran parte a causa dell'aumento del 25% di M3 e l'aumento dell'inflazione spinse ulteriormente i tassi d'interesse reali in territorio negativo.

Guardando al futuro, la situazione sarà probabilmente diversa. L'inflazione sarà la forza trainante dei tassi d'interesse reali negativi.

Nel contesto attuale la BCE avrà difficoltà a riportare i tassi d'interesse nominali allo zero o al di sotto dello zero. I rendimenti obbligazionari in tutto il mondo sono aumentati significativamente e le obbligazioni denominate in euro devono offrire tassi d'interesse sufficientemente interessanti per mantenere vivo l'interesse degli investitori.

Pertanto è probabile che la BCE manipoli il tasso d'interesse nel mercato dei capitali affinché risulti basso ma positivo, garantendo al contempo un'inflazione più elevata. Ciò spingerebbe i tassi d'interesse nominali al di sotto del tasso d'inflazione, facendo sì che i tassi d'interesse reali diventino negativi, con i debitori che ne trarrebbero beneficio a scapito di risparmiatori e obbligazionisti.

La repressione finanziaria derivante dall'aumento dell'inflazione avrà conseguenze economiche e sociali di vasta portata.

I tassi d'interesse reali negativi continueranno a trasformare le economie dell'area Euro in sistemi sempre più di comando e controllo, in cui gli stati dettano legge su produzione, consumi e ogni aspetto della vita economica. Ciò erode le libertà residue di cittadini e imprenditori, rendendo il sistema statale sempre più onnipotente.

I segnali di questo cambiamento sono già visibili. Si pensi, ad esempio, alla palese decisione dell'Unione Europea di sequestrare i risparmi dei cittadini per finanziare spese dettate dalla politica.

L'area Euro sta scivolando in una situazione estremamente precaria: gli stati non riescono più a finanziare la loro insaziabile fame di denaro con le sole entrate fiscali. Di conseguenza i politici faranno sempre più affidamento sul finanziamento tramite debito.

Gli investitori privati ​​acquistano titoli di stato europei perché sanno che la BCE non permetterà ai Paesi dell'area Euro di dichiarare default. La BCE continuerà a sostenerli con denaro di nuova emissione quando necessario. Per mantenere il debito accessibile agli stati in difficoltà finanziarie, la BCE abbasserà artificialmente i tassi d'interesse.

Ciò ci porta alla situazione attuale: la BCE sta espandendo l'offerta di moneta acquistando debito pubblico, l'inflazione sta aumentando e i rendimenti nominali delle obbligazioni rimangono artificialmente bassi, con tassi d'interesse reali negativi per risparmiatori e investitori.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 14 maggio 2025

Sofferenza economica? Le preoccupazioni sull'economia statunitense potrebbero essere esagerate

Bilanci saturi, crisi demografica e bolla immobiliare scoppiata, questi sono solo gli aspetti macroscopici che rendono la Cina il contrario di quello che vuole far credere la stampa occidentale. Per quanto la Cina possa vendere localmente, non potrà mai svuotare tutti i suoi inventari allo stesso prezzo a cui avrebbe venduto agli USA. Se si aggiunge a ciò la marea di errori economici da correggere, il dissesto economico è una conseguenza. Senza considerare che la Cina ha contratto molti più prestiti rispetto agli USA e ha una leva interna 3 volte superiore rispetto a quella negli USA (e se i ricavi crollano non potranno più puntellare tutti i debiti accesi). Ma uno può dire: “Eh ma tanto sono tutti debiti interni”. Bene, ma inflazionarli significa accartocciare lo yuan e al di fuori della Cina c'è zero domanda per questa valuta. Quindi, come l'Europa, dopo aver fatto la voce grossa, si appresta ad avvicinarsi al tavolo delle trattative con la coda tra le gambe. Per quanto i pennivendoli occidentali volessero vendere la favola secondo cui Cina o Europa si sarebbero trovate in un punto negoziale favorevole o superiore rispetto agli USA, la realtà è che hanno commesso errori monetari e fiscali ben peggiori rispetto agli Stati Uniti. Il dietrofront della Cina sulla questione dazi è relativamente “semplice” da spiegare. I prestiti in Asia non vengono concessi come in Occidente, ovvero non vengono concessi analizzando il flusso di cassa futuro dell'azienda. Vengono concessi, invece, a fronte di una garanzia collaterale solida. Questo significa che affinché si potessero ottenere finanziamenti per espandere la propria attività, la pratica comune era quella di dare come collaterale i blocchi di appartamenti. E questo a sua volta spiega come mai sono sorte città fantasma in Cina e come ciò abbia gonfiato la bolla immobiliare. Il castello di carte cinese si regge su un'equity gonfiata che, sostanzialmente, tiene in piedi tutte le varie attività commerciali. Se non sono più in grado di vendere ai prezzi statunitensi, i loro inventari verranno svuotati a prezzi inferiori (soprattutto con uno yuan in svalutazione) e questo significa flussi di cassa insufficienti per ripagare i prestiti. Per quanto la stampa ci voglia far credere che “forse” la Cina è disposta a negoziare, l'unica cosa che sta aspettando è una scusa per salvare (almeno) la faccia.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/sofferenza-economica-le-preoccupazioni)

Una correzione dei mercati azionari tende a generare un'immediata reazione negativa da parte dei cittadini, i quali citano i dazi e gli scambi commerciali come cause della volatilità. Tuttavia, se i mercati fossero stati preoccupati per l'economia statunitense, i titoli di stato tedeschi e giapponesi non sarebbero calati. Inoltre 493 titoli nell'indice S&P 500 risultano invariati nel primo trimestre, nonostante abbiano raggiunto i massimi storici nel 2024 e siano stati oggetto di tutte le notizie negative nel 2025.

L'indice Bloomberg US Large Cap, escludendo i “magnifici sette”, è piatto da inizio anno. Sembra che stiamo vivendo una normale correzione dopo la massiccia corsa al rialzo degli ultimi cinque anni, dovuta alle aspettative di un'inflazione persistente e di un minor numero di tagli dei tassi. Ecco perché i titoli di stato tedeschi e giapponesi, storicamente i beneficiari di uno scenario di avversione al rischio, sono deboli.

Le stime di consenso sulla probabilità di recessione sono salite al 30%, lo stesso livello raggiunto nell'ottobre 2024 e significativamente al di sotto della probabilità del 65% prevista nell'aprile 2023. Inoltre la probabilità di recessione negli Stati Uniti, secondo Bloomberg, è attualmente la stessa dell'area Euro. Deloitte e Coutts prevedono una continua crescita del PIL nel 2025 e la Federal Reserve afferma che l'economia statunitense dovrebbe crescere di circa l'1,8% quest'anno. Molti investitori potrebbero essere preoccupati dalle notizie e credere che queste stime saranno riviste al ribasso. Tuttavia, se guardiamo agli indicatori principali, la stragrande maggioranza punta a un'espansione.

Il Chicago Fed National Activity Index (CFNAI), che misura l'attività economica e le pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti, è salito a +0,18 a febbraio 2025, in rialzo rispetto al -0,08 di gennaio, il che indica che l'attività economica è superiore al suo trend storico. Inoltre l'S&P Global US Composite PMI, che misura l'attività nel settore manifatturiero e dei servizi, ha segnalato un'espansione ed è salito a 53,5 a marzo 2025, in rialzo rispetto al 51,6 di febbraio, la crescita più forte da dicembre 2024. Non tutto è positivo, perché il Conference Board Consumer Confidence Index ha subito un forte calo a marzo 2025, scendendo a 92,9, il livello più basso in oltre quattro anni, ma ben lontano dai livelli osservati nelle precedenti gravi recessioni, 87,1 durante la pandemia e 26,9 nella crisi del 2008.

La creazione di posti di lavoro rimane solida e si prevede che a marzo le buste paga non agricole negli Stati Uniti aumenteranno di 133.000 unità, con Bloomberg Economics che alza la stima a 200.000. Inoltre il 2025 dovrebbe segnare un anno di crescita dei salari reali.

Quali sono le principali preoccupazioni degli investitori, quindi? Riduzione della spesa pubblica e i dazi. Ridurre la spesa pubblica è essenziale per abbassare l'inflazione e il deficit. Nel 2024 la spesa pubblica è aumentata del 10%, una cifra del tutto anomala che ha portato il deficit federale a quasi $2.000 miliardi, lasciando l'economia statunitense con la peggiore crescita del PIL al netto dell'accumulo di debito sin dagli anni '30. Questo percorso insostenibile di spesa e indebitamento stava portando l'America a una crisi del debito e a un'inflazione galoppante. Quest'ultima è stata causata da un'elevata spesa pubblica che a sua volta ha portato a una crescita smisurata dell'offerta di moneta e alla distruzione del potere d'acquisto del dollaro. Il MIT ha concluso che la spesa federale è stata responsabile del picco di inflazione del 2022 e che i successivi aumenti di spesa pubblica e offerta di moneta hanno perpetuato le pressioni inflazionistiche e creato un problema di debito insostenibile, con spese per interessi che hanno raggiunto quasi i $1.000 miliardi. Con questa tendenza, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti passerebbe dall'allarmante 122,3% attuale al 156% entro il 2055, secondo il Congressional Budget Office. Pertanto tagliare la spesa pubblica è essenziale per ridurre l'inflazione ed evitare una crisi. Un rallentamento della crescita del PIL derivante da una riduzione della spesa pubblica non è negativo, bensì un segnale di rafforzamento dell'economia produttiva.

I dazi, poi, sono un problema globale.

La maggior parte degli investitori sembra beatamente ignara delle enormi barriere commerciali imposte dall'Unione Europea o dalla Cina negli ultimi anni. Gli operatori di mercato sembravano perfettamente soddisfatti dell'aumento dei dazi e delle barriere commerciali contro gli Stati Uniti da parte di altre nazioni. Nell'indice delle barriere commerciali, infatti, India, Russia, Sudafrica, Brasile e Cina figurano tra le peggiori nazioni. Inoltre l'Unione Europea e la Cina impongono dazi più elevati contro gli Stati Uniti rispetto al contrario, secondo ING e Bank of America. Senza contare che i mercati hanno raggiunto i massimi storici con Biden che ha mantenuto e aumentato alcuni dei dazi in vigore al suo insediamento.

I dazi non causano inflazione, poiché non generano un aumento della quantità di valuta o della velocità di circolazione della stessa. I dazi sono uno strumento per livellare il campo di gioco e affrontare l'eccessivo deficit commerciale degli Stati Uniti, che non è causato da mercati aperti e competitivi, ma da tutte le barriere contro gli esportatori statunitensi in altre nazioni. Molti Paesi sembrano avere una visione del libero scambio che significa poter vendere quanto vogliono negli Stati Uniti, imponendo al contempo barriere commerciali sempre più severe contro gli esportatori statunitensi, tra cui dazi, limitazioni legali e oneri normativi e fiscali. Il deficit commerciale degli Stati Uniti è triplicato, passando da $43 miliardi a marzo 2020 a $131 miliardi a gennaio 2025.

I mercati potrebbero essere spaventati da dazi, tagli alla spesa e preoccupazioni inflazionistiche, perché potrebbero tradursi in una minore offerta di moneta e in un minor numero di tagli dei tassi. Tuttavia i dazi sono uno strumento di negoziazione volto a migliorare la bilancia commerciale. Eliminare le barriere e negoziare condizioni migliori è positivo per tutti i mercati. Inoltre la storia dei negoziati commerciali e l'uso dei dazi hanno dimostrato di avere un impatto molto minore sull'economia degli Stati Uniti di quanto inizialmente temuto. Anche il periodo 2016-2019 lo dimostra. Senza contare che l'economia statunitense è più dinamica e potente di quanto molti credano. I tagli alla spesa dal lato dell'offerta e la riduzione del debito, le riduzioni fiscali e il riequilibrio degli scambi commerciali non sono negativi per l'economia. Sono tutti strumenti essenziali per recuperare salari reali, solidità finanziaria e un settore produttivo fiorente.

Dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 4 aprile 2025

Il piano diabolico dell'UE andrà avanti a tutti i costi

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-piano-diabolico-dellue-andra-avanti)

Oggi vorrei aggiungere una parola al vocabolario e far fare un passo avanti a tutti coloro che cercano di comprendere le politiche pubbliche. Il cinismo mette in discussione le motivazioni degli altri; la mia nuova parola, “cinicetticismo”, l'unione di cinismo e scetticismo, è un modo per evitare di essere danneggiati da esse. Nella vita pubblica le persone affermano di migliorare il mondo. “Fai questo”, dicono alcuni; “fai quello”, dicono altri. Il cinicetticismo ci dice cosa sta realmente accadendo: qualunque cosa propongano non funzionerà e le persone che lo suggeriscono sono delle frodi. Un buon esempio è l'inflazione: quante promesse sono state fatte in merito al fatto di voler migliorare il benessere pubblico? Eppure apprendiamo che, in Italia, i salari reali sono in discesa e la povertà è aumentata.

La BCE ha promesso di rilanciare l'economia abbassando i tassi, ma li ha tenuti troppo bassi per troppo tempo. La crescita del PIL ha rallentato e ora non può rialzarli per “combattere” l'inflazione; c'è troppo debito. Tassi più alti farebbero crollare l'economia europea. L'UE, infatti, è il più fulgido esempio adesso delle conseguenze della linea di politica “Inflate or die”. L'unica scelta per la BCE è quella di stampare in modo da abbassare il valore reale del debito.

Cosa fare al riguardo? Il cinicetticismo può proteggervi, infatti se lo si sviluppa diviene particolarmente prezioso per valutare le politiche pubbliche e i loro effetti sulla vostra ricchezza. Come diceva Ronald Reagan, la frase più pericolosa che potevate sentire era: “Sono un agente dello stato e sono qui per aiutare”. Il cinicetticismo vi dice che qualsiasi cosa l'apparato pubblico stia promuovendo sarà una truffa e un fallimento. La maggior parte delle questioni non ha molta importanza, ma due di esse contano molto: la guerra e il denaro. “Ci dobbiamo riarmare per difenderci ed essere sicuri”, dicono in coro i burocrati dell'UE; “i tassi più bassi ci renderanno più ricchi”.

Il cinicetticismo suggerirebbe di non crederci.


LE BASI APODITTICHE DELL'INFLAZIONE

Ricordiamo cos'è l'inflazione: un fenomeno sempre e comunque monetario, tanto per citare Friedman e non essere accusato di partigianeria. La cinghia di trasmissione tra tutte le informazioni economiche nell'ambiente di mercato è fortemente influenzata da quella merce che fa da minimo comun denominatore tra le varie altre, anche se i beni di consumo, in un frangente di tempo “X”, non dovessero avere grosse fluttuazioni in termini monetari. Per l'articolo di oggi è superfluo sottolineare/spiegare l'imprescindibilità del denaro come cinghia di trasmissione delle informazioni all'interno dell'ambiente economico. Di conseguenza l'interventismo artificiale nella domanda/offerta di denaro causa scossoni che devono essere assorbiti dall'intera struttura economica e, in particolar modo, dagli attori di mercato (soprattutto coloro che ricevono per ultimi gli assestamenti dato che sono i più penalizzati). Questo fenomeno ingloba tutti gli asset: dai beni di consumo a quelli di capitale. Sì, ciò include anche materie prime, case e automobili. Il singolo atto di poter distorcere l'offerta di denaro rappresenta un vantaggio competitivo non indifferente che ha conseguenze impreviste lungo un lasso di tempo imprecisato. Di norma il riverbero dell'interventismo monetario ha un ritardo di 18 mesi prima che si manifesti completamente nell'economia più ampia, ma il suo perdurare si espande molto più a lungo dato che suddetto interventismo può accumulare tante variazioni nel breve periodo, ma nel lungo gli effetti sono proporzionalmente imprevedibili in base alla quantità di tali variazioni. Di conseguenza la reazione del sistema bancario centrale a un determinato fenomeno è SEMPRE in ritardo, dato che esse non controllano alcunché se non l'influenza del breve periodo ed ecco perché nel lungo i prezzi tendono a essere “appiccicosi”. Paradossalmente questa motivazione è stata sventolata dai keynesiani per richiedere maggiore interventismo. E ancora più paradossale dover citare lo stesso Keynes che ci spiegava il motivo di ciò: “Solo una persona su un milione capisce il fenomeno inflazione”.

La manipolazione dell'offerta di denaro è il motivo principale dell'inflazione dei prezzi conseguente, ma ce ne sono anche altri. Ad esempio, l'iper regolamentazione. La creazione di un'impalcatura burocratica che capillarmente vuole normare/regolare l'ambiente economico (perché la sua espansione inevitabile lavora con la Legge di Parkinson) crea una distorsione/deformazione del sistema prezzi a causa dell'arbitrarietà con cui vengono sfornate nuove leggi. L'obsolescenza per decreto di determinati output ricade nel famoso caso della “finestra rotta” di Bastiat, dove la distruzione di capitale viene trattata come trasformazione necessaria affinché la burocrazia possa avere voce in capitolo in questioni più grandi di essa. Come sappiamo già da “The Use of Knowledge in Society”, la conoscenza dispersa all'interno dell'ambiente di mercato richiede un certo grado di alertness che è caratteristico di quegli imprenditori di successo in grado di anticipare quanto più correttamente possibile la domanda dei clienti. Ciò richiede la capacità di saper raccogliere quegli input che davvero “hanno valore”, ma la scarsità di quella capacità di “unire i puntini” (o per meglio dire gli input) è ciò che rende unici solo una manciata di grandi imprenditori. Ciò a sua volta significa un'allocazione delle risorse economiche scarse quanto più in accordo con le esigenze degli attori di mercato, un processo in grado di essere concluso con efficienza tramite, ad esempio, il sistema profitti/perdite. O più in generale dal calcolo economico. La burocrazia è sganciata da questo calcolo, di conseguenza, nel momento in cui emette i suoi editti, si arroga prepotentemente il diritto di “avere ragione” a prescindere. Ciò significa a sua volta misallocation di risorse scarse che vengono deviate artificialmente dagli usi più urgenti percepiti dagli attori di mercato e di conseguenza subiscono un rialzo dei prezzi.

Poi abbiamo un terzo motivo: l'abbassamento della qualità/quantità, o altrimenti detto “shrinkinflation”. Questo segue logicamente i primi due ed è uno stratagemma messo in campo nel momento in cui un'attività cerca disperatamente di sopravvivere. In fin dei conti, le attività economiche sono attività “organiche” essendo un'estensione della creatività e dell'esperienza della persona trasformate in qualcosa di tangibile nel mondo fenomenico tramite l'azione umana. E l'istinto di sopravvivenza è innato in tutti gli esseri organici.

Queste motivazioni sono assolutamente vere perché dedotte logicamente dall'assioma dell'azione umana. Queste sono le cause del fenomeno, da non confondere con gli effetti: disonestà, comfort, logistica, miglioramenti/peggioramenti tecnologici, ecc. Non solo, ma sono il motivo cruciale per cui non c'è stata alcuna ripresa finora.

L'obiettivo più importante dei keynesiani è stato farvi pensare che le conseguenze dell'inflazione fossero le cause. Solo l'aumento dell'offerta di denaro, alimentato dalla crescente spesa pubblica, crea inflazione. Gli stati continueranno a spendere e ad aumentare deficit e debito, le banche centrali continueranno a stampare e daranno la colpa a tutt'altro. Il sordido furto dei risparmi tramite l'inflazione e la progressiva erosione degli stessi man mano che questo processo s'è incancrenito a causa del denaro fiat, è già adesso la rappresentazione di quella realtà fabbricata e riassunta dal motto “non avrai nulla”... e ovviamente “sarai infelice”, dato che ultimamente i sicofanti di regime che imbrattano le pagine dei giornali si chiedono sempre più come mai i giovani sono depressi. La risposta che accomuna tutte le cause: il denaro fiat, il quale crea una società fiat svuotata progressivamente da tutto. L'essenza fiat trascina e consuma tutto quello che s'è creato, è un buco nero per i valori sociali, la scuola, l'educazione, l'alimentazione, il benessere psicologico, l'intrattenimento, ecc.

Se davvero i sicofanti di regime volessero aiutare i giovani e alleviare le cause psicologiche dei loro disagi, dovrebbero iniziare opponendosi all'euro digitale e aumentare la consapevolezza riguardo le alternative decentralizzate.


GIOCHI A SOMMA (SOTTO)ZERO

La linea di politica della BCE, sin dalla sua nascita, è stata quella di “stimolare” l'economia con tassi d'interesse sempre più bassi. Ma dopo la più forte medicina “stimolante” mai somministrata, dal 2012 al 2022, il paziente si è ammalato di più: i tassi di crescita sono scesi e il debito è aumentato. Ma la BCE ha imparato dai suoi errori? No. Sta abbassando di nuovo i suoi tassi, e mentre alimenta prestiti a basso costo alle sue banche affiliate, l'economia reale è bloccata con tassi d'interesse reali più alti. I creditori temono una maggiore inflazione; vogliono tassi d'interesse più alti per proteggersi.

Di recente c'è stato un importante selloff sui mercati obbligazionari europei, per niente menzionato dalla stampa finanziaria generalista. Altrimenti, poi, come riuscirebbero a vendere ai gonzi le nuove obbligazioni SURE con cui finanziare il piano da €800 miliardi della Commissione europea?

Il nostro nuovo credo, il cinicetticismo, ci aiuta a spiegarlo. La politica e gli investimenti sono entrambi giochi a somma zero oggi. Si vince non perdendo, ovvero non diventando una vittima. Come? In politica il modo per evitare di essere delle vittime è votare per politici che ridurranno il peso della spesa pubblica. E negli investimenti, la cosa più importante è evitare la “Grande Perdita” e restare in gioco. Ad esempio, le persone che acquistano titoli di stato a lunga scadenza, contando sul fatto che la BCE le ripaghi in tempo utile con denaro che conserva il suo potere d'acquisto, sono le principali vittime.

Non ci credete? Comprate titoli di stato italiani a 10 anni e teneteli fino alla scadenza. Chi l'ha fatto nel 2020, ad esempio, sulla scia delle campagne pubblicitarie “patriottiche”, è più che sommerso.

Inoltre gli annunci delle ultime settimane, con l'euro digitale e la Savings and Investments Union, hanno praticamente reso chiaro anche alle teste di legno quale sia il piano dell'UE: c'è bisogno della guerra in Europa in modo da dare la colpa ai russi per lo stato pietoso in cui versano i mercati dei capitali, questo servirà da innesco per mandare in bancarotta (di proposito) il continente ed emettere nuovi titoli (es. perpetual bond) con cui ripartire daccapo poi. Affinché questo piano possa andare a buon fine, la classe dirigente europea ha bisogno di accedere a garanzie collaterali, in particolar modo energia (che non hanno), ed ecco perché ultimamente sono salite alla ribalta voci che vorrebbero il Canada unirsi con la UE. Con l'arrivo di Carney il Canada potrebbe trasformarsi in un avamposto della cricca di Davos, infatti già si stanno stilando piani affinché esso tenga quanto più liquido possibile il mercato degli eurodollari. Ma Trump e i NY Boys non sono degli idioti, quindi la retorica a proposito di una annessione statunitense di Canada e Groenlandia è indirizzata principalmente a rompere questa alleanza in formazione.

Per arrivare a queste deduzioni mi basta guardare ai mercati dei capitali e chiedermi non perché si muovano, bensì come si muovano. La forma principale di risparmio in Europa sono i bund tedeschi e i Btp italiani. Negli ultimi 3 anni la Yellen e la Lagarde hanno messo in piedi un processo di yield curve control per contrastare il rialzo dei tassi di Powell, in modo da disinnescare l'esplosione del mercato dei titoli sovrani europei (i rendimenti di questi ultimi rispetto alla controparte statunitense). Questa operazione ha tenuto aperti i rubinetti della liquidità internazionale affinché affluisse in Europa e tenesse in piedi l'illusione che i titoli sovrani europei avessero mercato nonostante le difficoltà delle relative economie (permettendo altresì ai fondi pensione europei di rimanere finanziati). Ora che quei rubinetti sono chiusi, grazie al taglio degli sprechi da parte del DOGE, l'unica cosa che rimane alla classe dirigente europea è la nazionalizzazione “coatta” dei risparmi dei contribuenti in modo da sostenere il mercato obbligazionario, mentre la BCE si occupa dell'euro. Questo a sua volta rende ragionevolmente attraenti i titoli sovrani europei tra gli investitori e permette ai relativi stati di non soffrire per costi di finanziamento esosi; inoltre l'apparenza è che non c'è crisi e che i rendimenti sono positivi al netto dell'inflazione.

I dazi di Trump hanno rotto l'incantesimo. La capacità beggar thy neighbour (rendimenti obbligazionari più bassi rispetto al livello dove dovrebbero trovarsi realmente e valuta più debole di quanto dovrebbe essere) viene smantellata. L'euro, e tutte le macchinazioni che finora l'hanno tenuto a galla, sono sopravvissute grazie all'ingegneria finanziaria, in particolare negli ultimi 15 anni, la quale è stata esclusivamente funzionale a mantenere vivi gli eurodollari e il conseguente spolpamento indiretto del bacino della ricchezza reale degli Stati Uniti. Oltre a questa verità ne sta uscendo fuori un'altra: la Francia è il burattinaio politico nell'UE.

Quando la classe dirigente europea piagnucola, significa che si sta andando nella giusta direzione. Quando questi cretini approvavano le armi di ricatto nei confronti degli USA (es. GDPR, DSA, DMA), la stampa se ne stava buona al suo posto parlando di “digitalizzazione” dell'economia. Anche quei giornalisti “liberali” che adesso fanno gli indignati di fronte ai “dazi americani”, e allo stesso tempo dicono di approvare l'amministrazione Trump, si sono ben guardati dal criticare/approfondire questi aspetti. Balle, quindi: erano dazi nei confronti degli USA e un modo di estorcere ricchezza da chi crea valore aggiunto. Le multe dell'UE, quindi, nei confronti dei “colossi” tecnologici americani, altro non sono che un pizzo mafioso richiesto da una banda di cretini che sta giocando col fuoco.

La stessa “agenda green” è un gigantesco ricatto normativo nei confronti degli USA. Ma questo aspetto sfugge ad analisti e giornalisti “furbi”, i quali non vedono un millimetro oltre il loro naso... o non vogliono vederlo. Il Paese a cui farebbe davvero male l'elettrificazione dei veicoli sarebbero gli USA. Pensateci: se guidate per 1000 km in Europa siete già in un'altra nazione; se lo fate negli USA siete ancora nello stesso stato, forse anche contea. La popolazione europea, i contribuenti europei, sono sempre stati la carne da cannone in questa scalata ostile di Bruxelles e Londra nei confronti degli USA; sono stati la base, il collaterale, attraverso cui piramidare e sottoporre a leva le imbecillità normative partorite sinora.

Se davvero Londra e Bruxelles avessero voluto mettersi al pari degli USA dal punto di vista economico e commerciale, allora avrebbero dovuto deregolamentare, abbattere le tasse, tagliare la spesa pubblica. Insomma l'influenza stessa della classe dirigente europea sarebbe dovuta indietreggiare. Per questa gente, che è colonialista nell'anima, non esiste niente del genere. Quindi la scelta è stata quella di infiltrarsi nelle stanze dei bottoni statunitensi e demolirli dall'interno.

I dazi sono un modo diretto da parte degli USA di dire “No” a questa distopia e alla rapina del valore aggiunto da loro creato. Ciò che rimane alla classe dirigente è piagnucolare e un manipolo di sicofanti sulla carta stampata e sui social che danno sfogo al loro isterismo.


FEBBRE GIALLA

L'oro sta facendo ciò che dovrebbe fare: anticipa l'inflazione e offre protezione a risparmiatori/investitori. Tuttavia, cari lettori, attenzione: anche i “tori” e gli amanti dell'oro possono diventare “irrazionalmente esuberanti”. Arriverà il momento in cui le persone saranno euforiche per l'oro: i tassisti vi racconteranno delle azioni minerarie che hanno appena acquistato; le persone si vanteranno di “quando sono entrati”; vi diranno che l'oro “sta andando sulla luna”. Il prezzo salirà così tanto che sarete in grado di acquistare l'intera lista di azioni Dow Jones per sole 5 once d'oro. Sarà allora che uno dovrebbe essere felice di scaricare il proprio oro e acquistare azioni.

Ma questo (probabilmente) avverrà tra qualche anno. Nel frattempo sia le azioni che l'oro hanno stabilito nuovi record, ciononostante il quadro fondamentale non è cambiato: il rapporto Dow/oro era a 20 tre anni fa; oggi è a 16; le azioni hanno perso il 20% del loro valore reale. Devono perdere un altro 70% (in termini di oro) prima di diventare veri affari. E su questo potete contare sulle banche centrali. La BCE non aveva motivo di tagliare i tassi il mese scorso... se non che sta cercando di causare inflazione, non di eliminarla. Negli ultimi tre anni l'inflazione dei prezzi è stata più di tre volte superiore a quanto la BCE (presumibilmente) volesse. Vale a dire, con un aumento annuo del 2%, i prezzi dovrebbero essere circa il 6% più alti di quanto non fossero nel 2021; invece sono, ufficialmente, più alti del 20%.

Ufficiosamente, i prezzi sono ancora più alti. Il Tempo, ad esempio, ci dice che il costo di alcune materie prime è letteralmente schizzato alle stelle. O basta guardare ai veicoli. La Fiat Panda, l'autovettura più popolare in Italia, costava in media circa €12.000 nel 2021. Con un'inflazione del 2%, il prezzo del modello di quest'anno dovrebbe essere di circa €13.000. Invece no: si parte da circa €16.000, un aumento del 35% e una erosone reale del potere d'acquisto degli stipendi (nonché del tempo).

E per quanto riguarda l'edilizia abitativa? I tassi ipotecari più bassi hanno convinto gli acquirenti di case a sottoscrivere mutui basati su prezzi gonfiati e basse rate mensili. Poi, nel 2008, i prezzi delle case sono crollati, gli istituti di credito sono andati in bancarotta e milioni di famiglie hanno perso le loro case. Le banche centrali abbassarono ulteriormente i tassi e li ancorarono sotto lo zero, in termini reali, per un lasso di tempo di 10 anni. Ciò, ovviamente, ha portato a una maggiore inflazione immobiliare e poi, all'assurda situazione in cui le persone avevano difficoltà sia ad acquistare che a vendere una casa. La parentesi del SuperBonus non ha fatto altro che aggiungere più distorsioni economiche a quelle esistenti. Nonostante tutti gli “stimoli” escogitati non c'è stata alcuna ripresa... anzi il bacino dei risparmi reali ha continuato a contrarsi. È questa la situazione che si viene a creare quando entrano in scena gli affari “lose-lose” (o vicendevolmente svantaggiosi): la Legge dei rendimenti decrescenti entra nella sua fase negativa, ovvero per ogni unità di debito creata ne viene (progressivamente) erosa una di PIL. Ecco perché, come scrivevo sopra, l'UE ha disperatamente bisogno di un default da cui ripartire in seguito. E senza ripresa la classe dirigente europea non ha alcun potere di leva sui suoi pari esteri.

Ma scrutiamo un po' più da vicino il settore immobiliare. Una casa media costava circa €1600 al  nel 1998. Con un'inflazione al 2% quella cifra oggi dovrebbe essere di circa €2500 al . Invece se prendiamo una città campione a caso, ad esempio Roma, siamo ben al di sopra; per non parlare di Milano. E ora la BCE ha iniziato un nuovo ciclo di allentamento e questo ha fatto gridare al miracolo gli analisti immobiliari, i quali affermano che ciò renderà più facile per le persone acquistare una nuova casa. Il risultato reale? Prevedendo una maggiore inflazione i creditori hanno aumentato i tassi dei mutui a lungo termine rendendo le case meno accessibili che mai!

In altre parole l'inflazione reale dei prezzi al consumo è ben oltre il 2% e per riportarla all'obiettivo di riferimento la BCE dovrebbe portare il tasso effettivo dell'inflazione dei prezzi al di sotto del 2% per diversi anni. In che modo farlo visto che una variazione mensile negativa della stessa inflazione dei prezzi scatenerebbe grida isteriche di “deflazione”?


CONCLUSIONE

Il nostro nuovo credo (il cinicetticismo) ci avverte che le cose non sono sempre come vorremmo che fossero e non sono nemmeno sotto il nostro completo controllo. Quando i risparmi e i fondi pensione sono per la maggiore allocati in titoli sovrani, e le pensioni sono il più grande schema Ponzi e la più grande spada di Damocle pendente sul collo dei conti pubblici, un haircut è l'unica cosa che ti risolve questi problemi... oltre ad avere una platea di investitori e risparmiatori che non hanno alternative. Questo significa che verrà ingegnerizzata una nuova crisi del debito sovrano attraverso la spesa folle in difesa e altre follie fiscali, molto probabilmente sulla scia di un'operazione false flag per incolpare la Russia e distrarre chi deve essere fregato; il tutto per resettare il mercato dei titoli sovrani europei. Nella cricca di Davos non ci sono stupidi e si sono preparati per entrambi gli scenari, ovvero quello ostile alla loro visione e quello favorevole. Quest'ultimo avrebbe significato che gli USA sarebbero scesi in guerra contro la Russia e il crollo dei mercati dei capitali sarebbe stato affibbiato al conflitto mondiale; nel primo caso, invece, avrebbe significato grandi stimoli fiscali “per la difesa”, per il “cambiamento climatico”, la messa in discussione della NATO e tutte le provocazioni di questo mondo affinché la Russia li attaccasse.

Secondo quest'ottica un tale reset porterebbe anche la tanto agognata ripresa affinché le persone tornino a badare ai propri affari, contente di quel poco che si ritrovano e lasciano “lavorare” la classe dirigente. Quest'ultima farà di tutto pur di rimanere in carica e non finire nella pattumiera della storia. Perché è questo che significa una sconfitta dell'Europa in Ucraina, per quanto quest'ultima sia già fallita e fatta a pezzi. La Russia, infatti, ha già combattuto contro la NATO e ha vinto. Ecco perché se la può prendere comoda e rimanere ferma nelle sue richieste; ecco perché “benedice” gli Stati Uniti nel momento in cui vogliono sbarcare in Groenlandia. Non dovrebbe essere una mianccia diretta? No. La visione di USA e Russia è quella di un ritorno agli “equilibri” della Guerra fredda ma senza le tensioni geopolitiche e commerciali, rendendo l'artico un punto di snodo per le nuove rotte mercantili. Di conseguenza gli europei possono essere sottoposti a dazi fino alla morte senza grandi contraccolpi oltreoceano, riducendo quel surplus commerciale che gli europei hanno ottenuto in modo fraudolento.

Chi è un lettore stagionato del mio blog sa che una delle critiche più feroci alle linee di politica fiscali e monetarie degli Stati Uniti è arrivata dal sottoscritto. Questo è stato vero fino al 2022, quando il cambio di passo è stato evidente e concreto. Tale inversione di tendenza mi ha spinto a rivedere il libro che poi avrei pubblicato due anni dopo, spiegando cosa stava succedendo. Così è nato “Il Grande Default”. Con il SOFR, infatti, gli USA possono bere il “frullato” del dollaro senza dare peso alle conseguenze come invece accadeva prima. Esiste ancora una narrativa che sottolinea le difficoltà economiche e finanziarie degli USA, ma gli manca la prospettiva più ampia. Chi ha letto il mio libro sa da dove si alzano queste voci e cosa vogliono raggiungere; coloro ignari, invece, fantasticano di un declino del dollaro a favore di un'ascesa dei BRICS e dello yuan.

Favole. Qual è la domanda che non si pongono? La seguente: E tutti gli altri? È vero, lo zio Sam ha un problema di debito pubblico, la Federal Reserve ha un problema di bilancio a causa di titoli comprati in precedenza ora sommersi e il resto del mondo non sta comprando titoli sovrani americani come faceva in passato. Ma... e tutti gli altri? Anch'essi hanno tutti questi problemi e anche di più. Il governo federale ha un debito pubblico di $36.000 miliardi, ma il resto del mondo, tutte le altre nazioni non solo hanno il loro debito pubblico (gigantesco) ma ANCHE debiti denominati in dollari da saldare. E questo è il mercato degli eurodollari; se non capite come funziona questo sistema, allora state guardando il singolo albero piuttosto che l'intera foresta. Il resto del mondo è in debito non solo nella propria divisa, ma anche in dollari, e non esclusivamente nei confronti degli Stati Uniti bensì tra di essi. Non potendo stampare dollari questo li rende molto più suscettibili al default rispetto al Paese che li può stampare.

Inoltre quando emergono difficoltà economiche ci si aggrappa a quella cosa di cui si ha più bisogno, non a quella cosa che si desidera. La reputazione degli USA è leggendaria da questo punto di vista: il luogo dove il capitale è trattato meglio. Non solo, ma le altre banche centrali del mondo, nonché quelle commerciali, hanno riserve in dollari e titoli denominati in dollari. Nel caso in cui ci dovesse essere un evento catastrofico a livello di Dipartimento del Tesoro USA o altro, i bilanci dei player esteri verrebbero fatti letteralmente a pezzi. La FED non possiede alcun titolo denominato in una divisa estera (così come sta facendo Tether), le altre banche centrali invece sì. Anche qualora si tirasse in ballo l'oro come copertura attiva gli USA sarebbero comunque avvantaggiati dall'alto delle loro 8000 tonnellate e dall'afflusso di oro da Londra.

Quindi, prima di lanciarsi in scenari futuri fantasiosi in cui i BRICS diventano magicamente il punto di riferimento del mondo oppure il dollaro e l'economia statunitense vanno in acuta sofferenza, meglio capire come funziona davvero il mondo. Fortunatamente ci sono testi che facilitano il compito.


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mercoledì 29 gennaio 2025

Trump eredita un’economia profondamente danneggiata

C'è un dettaglio che manca a Tucker e che permette di inquadrare correttamente la situazione economica statunitense: l'amministrazione Biden ha lavorato per vandalizzare la nazione. Questo dettaglio, invece, non manca a voi cari lettori che avete comprato e letto il mio ultimo libro, Il Grande Default. Dal punto di vista economico sono state effettuate una miriade di scelte di politica atte a saturare i bilanci della nazione, senza alcun criterio per la sostenibilità futura della stessa. Paradossalmente, è stata la FED a lavorare per arginare ulteriori danni. L'approvazione dell'SOFR, la contrazione della leva nel mercato degli eurodollari, il ciclo di rialzo dei tassi, sono stati tutti espedienti messi in campo per creare argini tra gli USA e il resto del mondo in materia di contagio sistemico. Chi ha fatto una sorta di QE sin dallo scorso aprile è stata la Yellen con l'emissione spropositata di titoli di stato a lungo termine, il cui scopo è stato quello di fornire propellente al mercato (leggi City di Londra) per sopprimere il back-end della curva dei rendimenti americani e di conseguenza impedire un'esplosione al rialzo anche dei rendimenti dei titoli sovrani inglesi ed europei. Ma anche questa manipolazione è terminata, così come il tentativo tardivo degli stessi inglesi di mettere lo zampino nel processo di compensazione del Dipartimento del Tesoro americano. Non si può prescindere, quindi, dal quadro generale per capire perché la FED ha fatto determinate scelte nel corso degli ultimi 4 anni e il potere di chi è realmente a rischio al giorno d'oggi.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/trump-eredita-uneconomia-profondamente)

C'è finalmente un po' di ottimismo nel Paese. Sfortunatamente le buone vibrazioni non sono sufficienti a risolvere i profondi problemi strutturali che ora affliggono l'economia statunitense, dall'inflazione a un mercato del lavoro debole a un settore delle piccole imprese che sta a malapena sopravvivendo, oltre a un consumatore allo stremo e a gravi problemi finanziari nel governo stesso.

Di sicuro l'economia statunitense brilla ancora sulla scena mondiale, ma questo semplicemente perché quasi tutti gli altri sono in condizioni peggiori. I problemi strutturali sono globali, dovuti all'esplosione del debito pubblico, all'eccesso burocratico e alle imposizioni normative degli ultimi cinque anni. Gli Stati Uniti potrebbero essere i meno peggio, ma questa osservazione da sola non fa scomparire i problemi.

In tale contesto, un economista di spicco e brillante in Cina, il dott. Gao Shanwen, ha ammesso in un forum di Washington DC che il tasso di crescita del 5% probabilmente non è reale e che la crescita effettiva in Cina è più vicina al 2%. È stato prontamente disciplinato dal Partito Comunista Cinese al suo ritorno e non gli è più consentito parlare in pubblico.

Questo è diventato un modello mondiale: il silenzio degli economisti che osano contestare numeri palesemente falsi. Negli Stati Uniti, tuttavia, c'è almeno la libertà di parola. Dove sono i problemi e qual è la realtà?

Tanto per cominciare, l'inflazione statunitense è in accelerazione da settembre 2021. Ora è al 3%, ovvero il 50% in più rispetto all'obiettivo ufficiale. Questo dolore continuo segue quattro anni della peggiore inflazione degli ultimi 40 anni e probabilmente molto di più. Secondo alcuni parametri, ciò che abbiamo attraversato equivale o supera il dolore economico degli anni '70. L'unica differenza questa volta è che i contabili del governo sono diventati più bravi a nasconderlo.

Quanto potere d'acquisto del dollaro è stato perso? Secondo le misure ufficiali, il totale di questa ondata inflazionistica è di 22 centesimi, ma i numeri del settore alimentare, automobilistico, immobiliare e dei servizi come assicurazioni e trasporti generano numeri quasi del doppio. Nessuno lo sa per certo e il calcolo di grandi indici dipende dalla metodologia di ponderazione e dal calcolo dei fattori attenuanti. Aggiungete nuove tasse e la cosiddetta shrinkflation e i numeri saranno ben peggiori.

Anche se l'inflazione finisse oggi, i danni degli ultimi quattro anni ci accompagneranno per molti anni a venire. Purtroppo non sta finendo oggi e questo lo sappiamo semplicemente quando uno fa shopping o guarda attentamente le bollette. Tutto continua a salire di prezzo.

Perché? La FED e il Congresso non hanno forse avviato una campagna anti-inflazione a partire da due o tre anni fa? Sì, ma il Congresso ha fatto quello che fa sempre: ha speso più soldi, il che crea più debito, che la FED poi monetizza e quindi crea più soldi. Inizialmente la FED ha lavorato per assorbire l'eccesso con tassi d'interesse più alti, ma l'anno scorso ha fatto marcia indietro con una nuova campagna di quantitative easing.

Il punto più basso nella massa monetaria è stato raggiunto a novembre 2023. Poi si è invertita la tendenza verso un allentamento. Ad oggi ci sono più di $1.000 miliardi in nuovi dollari che sguazzano nel Paese e nel mondo rispetto a 14 mesi fa; unito alla crescente velocità (ritmo di spesa), tutto ciò spinge l'inflazione nella direzione opposta.

In altre parole, i nostri problemi sono una conseguenza diretta della pressione politica esercitata sul Congresso e sulla FED mentre ci avvicinavamo alle elezioni del 2024. Come al solito, il partito al potere ha scelto la stampa di denaro e la spesa come metodo di manipolazione elettorale attraverso la creazione dell'illusione di prosperità. L'amministrazione entrante ora si ritrova con questo guaio per le mani. Per invertire il danno il presidente entrante e il Congresso possono solo sperare di generare un proverbiale effetto ricchezza tramite una forte deregolamentazione e tagli alle tasse in modo da mitigare l'inflazione. Anche nelle migliori condizioni, il problema ci accompagnerà per almeno un altro anno.

Un altro problema riguarda il mercato del lavoro, che è più in crisi di quanto si dica. Sia il rapporto occupazione-popolazione che il tasso di partecipazione al lavoro sono in calo da sei mesi. Questo dopo non essere riusciti a riprendersi completamente dai lockdown di marzo 2020. Ora si attestano ai livelli visti nei primi anni '80, prima che diventasse comune che donne con bambini piccoli e in età scolare fossero nella forza lavoro.

Qualcosa di importante è cambiato. Ci sono senza dubbio molti fattori in gioco, ma tra questi c'è che molte persone hanno visto le loro vite talmente sconvolte da non essersi adattate alla graduale riapertura del 2022 e oltre. Molte persone disabili sono senza lavoro e vivono di sussidi governativi, mentre molti anziani hanno semplicemente gettato la spugna.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

È difficile dire se tali cambiamenti strutturali siano permanenti. Alcuni di essi sembrano essere dovuti alla mancanza di assistenza all'infanzia per le donne in età fertile. C'è anche un cambiamento culturale in atto, con le famiglie con due redditi che tornano a essere famiglie con un solo reddito e istruiscono i figli a casa. Non c'è dubbio che il sistema educativo statunitense sia profondamente stressato e che genitori e insegnanti si stiano tirando indietro a ritmi mai visti prima. Ciò indubbiamente influisce sul mercato del lavoro.

I dati effettivi sulla creazione di posti di lavoro in quattro anni sembrano in un continuo stato di revisione, poiché continuano ad arrivare nuovi dati che sgonfiano e correggono le esagerazioni degli ultimi quattro anni. Anche la natività nella componente demografia solleva interrogativi, poiché quasi tutta la creazione di posti di lavoro non è ad appannaggio dei lavoratori nativi, ma di quelli nati all'estero. Se e in quale misura le espulsioni di lavoratori clandestini influenzeranno tutti questi numeri è una questione aperta.

Indipendentemente da ciò, il mercato del lavoro dei colletti bianchi è diventato estremamente ristretto. Il Wall Street Journal scrive: “Ci sono ancora molti lavori per quelli che lo cercano nei servizi, compresi i settori sanitario e alberghiero. È più arduo trovarlo nei lavori d'ufficio, dove i capi mirano a essere più dinamici e in alcuni casi a sostituire i lavoratori con l'intelligenza artificiale. [...] Ad oggi il mercato del lavoro si è indebolito principalmente a causa di minori assunzioni, non di licenziamenti. Ma una volta che le aziende decidono di ridurre gli stipendi, i tagli di posti di lavoro spesso si trasformano rapidamente in una valanga, il che potrebbe innescare un aumento molto più rapido del tasso di disoccupazione”.

Per quanto riguarda altri dati, come le vendite al dettaglio e gli ordini di fabbrica, sono stati sovrastimati per molti anni solamente perché non è di routine che vengano aggiustati all'inflazione. Una volta eseguito tale calcolo, osserviamo un'attività economica piatta o in calo per tutti gli anni dell'amministrazione Biden. La propaganda potrebbe aver funzionato nel mantenere alto il morale, ma la realtà emergerà nei prossimi mesi, poiché i media generalisti e i raccoglitori di dati nelle agenzie governative saranno più disponibili a rivelare cosa sta realmente accadendo.

Poi c'è il problema delle finanze pubbliche. Il debito federale lordo in percentuale del prodotto interno lordo rimane a livelli mai visti dalla seconda guerra mondiale. Questa è una situazione pericolosa che mette tutto a rischio, spiazza gli investimenti privati ​​e spinge la banca centrale a occuparsi di questo problema con una maggiore stampa di denaro.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

Tutto questo non può durare. Elon Musk ha creato, con la benedizione di Trump, il Department of Government Efficiency (DOGE) per occuparsene, offrendo la possibilità di tagliare $2.000 miliardi dalla spesa federale immediatamente, senza toccare i diritti sociali.

Non c'è alcuna possibilità di un riavvio importante della produttività americana senza affrontare la crisi di bilancio. Il business as usual non può funzionare. E tuttavia tutto ciò che riguarda Washington è progettato per prevenire azioni così drastiche. È molto più facile per chiunque prenda il potere guardare dall'altra parte, persino inventando nuovi modi di spendere denaro, che affrontare la crisi come farebbe qualsiasi famiglia.

Il problema normativo è lampante: l'amministrazione Biden ha aggrovigliato più settori in una pletora di obblighi e imposizioni al punto che molti sono malfunzionanti per progettazione. Questo è qualcosa a cui l'amministrazione Trump può effettivamente porre rimedio, e si spera che gli sforzi di districare i nodi saranno immediati e drastici.

Questi sono tutti problemi gravi che l'amministrazione Trump deve affrontare. Un altro fattore: i media generalisti saranno molto più propensi a chiamare le cose con il loro nome di quanto invece non lo fossero con Biden. Forse è una cosa positiva, ma non promette nulla di buono. Dopo sei mesi l'amministrazione Trump potrebbe ritrovarsi a dover affrontare una recessione retroattiva che potrebbe vanificare molti dei suoi tentativi di consolidare i tagli fiscali.

Si tratta di un problema difficile, ereditato da un'amministrazione nei confronti della quale le aspettative pubbliche non potrebbero che essere più elevate.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 22 gennaio 2025

Un commento breve su una proposta storica del presidente argentino Javier Milei

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jesus Huera De Soto

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/un-commento-breve-su-una-proposta)

Il Presidente della Repubblica Argentina, Javier Milei, ha dichiarato che presenterà una proposta di legge per dichiarare un crimine, per lo stato e la banca centrale, monetizzare il deficit pubblico e creare inflazione. Di conseguenza i capi di stato e di governo, i ministri, i funzionari della banca centrale e i rappresentanti pubblici che, in un modo o nell'altro, decidono, promuovono o partecipano alla creazione di denaro e al finanziamento inflazionistico del deficit pubblico, saranno processati e condannati come criminali.

Inoltre questi atti saranno dichiarati reati imprescrittibili e quindi, anche se — a causa di possibili cambiamenti politici futuri — questa legge dovesse essere abrogata, il suo successivo ripristino significherebbe, ipso facto, l'incriminazione e la condanna delle persone coinvolte in politiche inflazionistiche. In breve, l'intenzione è di scoraggiare, ex ante, l'azione di qualsiasi autorità, funzionario pubblico o politico che potrebbe, in futuro, decidere di ricorrere all'inflazione per finanziare e raggiungere obiettivi politici, economici, sociali o di altro tipo.

La ratio legis di questa nuova legge è chiara: si fonda sul danno grave causato dalle politiche inflazionistiche in generale. Nel caso particolare dell'Argentina, tali linee di politica sono state sul punto di causare una furiosa iperinflazione, che solo gli sforzi del nuovo Presidente, Javier Milei, e i sacrifici sopportati dalla nazione argentina sin dalla caduta dell'ex-governo peronista, sono riusciti a invertire. Suddetto ex-governo e quelli che lo hanno preceduto sono i principali responsabili della grave prostrazione, povertà e crisi economica e sociale che oggi hanno posto l'Argentina, un tempo uno dei Paesi più ricchi del mondo, tra le nazioni relativamente più povere e meno prospere, nonostante il suo enorme potenziale in termini di risorse umane e naturali.

Di seguito daremo un'occhiata al danno causato dalla creazione di denaro e dal finanziamento inflazionistico del deficit pubblico. Questo danno giustifica la criminalizzazione e la dura punizione di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, diventano promotori, collaboratori o principali partecipanti a misure inflazionistiche.

Prenderemo in considerazione gli effetti della monetizzazione del deficit pubblico, dal meno severo al più severo. In primo luogo, essa costituisce un attacco diretto alle fondamenta stesse del sistema democratico. Infatti l'essenza della democrazia si basa sul controllo democratico, con completa trasparenza sia del bilancio di spesa che delle diverse fonti di entrate pubbliche, le quali devono essere note e votate dai cittadini. La monetizzazione della spesa pubblica, ovvero il finanziamento tramite la mera emissione di qualsiasi importo di nuova moneta, è profondamente antidemocratica. Rompe il legame tra spesa pubblica trasparente ed entrate, in modo nascosto e diluito, ponendo il costo della quota di spesa pubblica non finanziata con le tasse sulle spalle di chi usa le unità monetarie.

A poco a poco, e senza accorgersene all'inizio, o conoscerne la causa, queste persone ne sono colpite, poiché i loro saldi monetari subiscono un drastico calo del potere d'acquisto. Questo fenomeno si verifica sia quando il deficit viene monetizzato direttamente, come di fatto accade da anni in Argentina, sia quando, per salvare le apparenze, il deficit viene finanziato con nuovo debito pubblico che la banca centrale acquista immediatamente nel mercato secondario con denaro creato ex novo. La Banca centrale europea, la Federal Reserve e altre banche centrali, con il falso pretesto e “l'ombrello legale” di portare avanti solo la politica monetaria, hanno proceduto in questo modo e hanno acquisito fino a un terzo di tutto il debito pubblico emesso finora dai rispettivi governi.

In secondo luogo, la monetizzazione del deficit pubblico equivale a rimuovere la restrizione essenziale imposta ai politici dal controllo trasparente e democratico del bilancio e della sua attuazione. Infatti se la spesa pubblica può essere finanziata con l'inflazione, praticamente “di nascosto” e in un modo apparentemente indolore (almeno nel breve termine), gli incentivi politici saranno ovviamente e inevitabilmente orientati verso lo spreco: una “abbuffata di spesa pubblica” e un sfacciato e indiscriminato acquisto di voti che distrugge le fondamenta stesse della democrazia, oltre a demoralizzare e corrompere l'elettorato e la cittadinanza.

L'Argentina è un esempio lampante di questo fenomeno perverso. La Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno adottato politiche di monetizzazione del deficit pubblico che hanno dato origine a tal fenomeno (anche se su scala minore). Ad esempio, nel momento in cui la BCE ha avviato le sue politiche “monetarie” ultra-lassiste di “quantitative easing” e di abbassamento del tasso d'interesse a zero, i diversi governi dell'Eurozona hanno immediatamente bloccato le necessarie misure di austerità e le riforme che avevano iniziato a implementare. Nessun governo è disposto a sostenere il costo politico dell'adozione di linee di politica tanto dolorose, quanto necessarie, se il deficit che deriva dall'evitarle non costerà nulla, non avrà alcun impatto su chi è al potere e sarà persino finanziato, direttamente o indirettamente, da denaro creato ex novo dalla banca centrale e a tassi d'interesse praticamente inesistenti.

In terzo luogo, dobbiamo sottolineare che il denaro creato ex novo non raggiunge mai tutti i cittadini in egual modo. Invece viene iniettato, nel migliore dei casi, per pagare i conti della spesa pubblica, e quindi, i prezzi dei primi beni e servizi così finanziati aumentano. I primi destinatari del denaro creato ex novo ne escono vincitori, a spese di tutti gli altri cittadini. Nel peggiore dei casi, che sono peraltro i più comuni, le banche centrali mascherano la loro monetizzazione diretta del deficit pubblico sotto la cappa apparentemente più ortodossa dell'acquisto di titoli sovrani (e persino altri titoli, a reddito fisso e variabile) nei mercati secondari (azionari e obbligazionari). In questo caso la ridistribuzione del reddito a favore dei pochi è addirittura maggiore: può raggiungere l'estremo osceno di arricchire notevolmente coloro che detengono gli asset finanziari corrispondenti, sia perché vendono i titoli nel loro portafoglio alla banca centrale a un prezzo artificialmente esorbitante, sia perché il calo generalizzato dei tassi d'interesse (a zero o addirittura a meno di zero) fa schizzare alle stelle il valore di mercato dei titoli a reddito fisso, di altri asset e dei beni strumentali.

Per non parlare poi dell'enorme impatto negativo che una manipolazione così drastica e grossolana del tasso d'interesse esercita sulla struttura produttiva. Il tasso d'interesse è il prezzo più importante in un libero mercato e, quando viene manipolato in questo modo, cessa di funzionare in modo efficiente come guida per le decisioni imprenditoriali sull'allocazione intertemporale tra la produzione di beni di consumo e beni capitali.

Le banche centrali usano due processi per creare e iniettare denaro nell'economia:

  1. Espansione del credito generata dal sistema bancario a riserva frazionaria sotto la direzione della banca centrale;
  2. “Operazioni di mercato aperto”, o monetizzazione del deficit pubblico.

In entrambi i casi, un tasso d'interesse manipolato e artificialmente basso innesca ondate di investimenti errati e insostenibili che danno origine a cicli economici e crisi di instabilità finanziaria. Il fatto è che la manipolazione e l'abbassamento dei tassi d'interesse danno l'apparenza di redditività a processi di investimento che sono in realtà insostenibili, perché non corrispondono ai desideri reali dei cittadini, come consumatori e risparmiatori.

In quarto luogo, una volta che gli effetti sopra descritti hanno fatto il loro corso, ogni processo inflazionistico alla fine si traduce inevitabilmente nel graduale declino del potere d'acquisto delle unità monetarie utilizzate da tutti gli attori di mercato. Questa diminuzione del potere d'acquisto equivale a una tassa che danneggia tutti, in particolare i più vulnerabili e bisognosi, e quindi l'inflazione diventa invariabilmente una tassa particolarmente odiosa e regressiva.

In conclusione, la monetizzazione del deficit pubblico causa danni molto gravi che in realtà superano di gran lunga, sia quantitativamente che qualitativamente, quelli causati dai falsari, la cui attività è considerata un reato in tutti i codici penali del mondo (in Spagna, ad esempio, è punibile con una pena detentiva da otto a dodici anni negli articoli da 386 a 389 del codice penale spagnolo). Pertanto esiste una piena giustificazione per la proposta storica del presidente Javier Milei di criminalizzare e persino di non porre alcuna prescrizione sulla monetizzazione del deficit pubblico e di punirla con la reclusione e persino con multe pecuniarie più elevate; l'elemento storico è che varrà per tutti i capi di stato e di governo, i ministri delle finanze, i membri del parlamento e i governatori, e i membri dei consigli di amministrazione delle banche centrali che, per atto o omissione, sono responsabili della creazione di denaro. E, ancora una volta, la ragione di ciò è il danno grave, sia a livello individuale che sociale, che tale creazione di denaro causa sempre.

Pertanto ci auguriamo che il Presidente Javier Milei possa far passare questo cambiamento epocale il prima possibile. Soprattutto ci auguriamo che il suo esempio, insieme alla consapevolezza popolare degli effetti perversi e dei gravi danni che derivano dalla monetizzazione del deficit pubblico, si diffonda in tutto il mondo e raggiunga in particolar modo le aree economiche come quella del Nord America e dell'Eurozona; queste nazioni, sebbene non abbiano raggiunto la quasi iperinflazione dell'Argentina, hanno però espropriato i propri cittadini tramite la svalutazione delle unità monetarie. Ad esempio, in pochissimi anni il 20% del potere d'acquisto di tutto il loro denaro è stato espropriato. Ci auguriamo, quindi, che tutto ciò avvenga e che, in un futuro non troppo lontano, sarà anche possibile perseguire penalmente e ritenere personalmente responsabili i governatori delle banche centrali del resto del mondo e i membri dei rispettivi consigli di amministrazione per non aver raggiunto i loro obiettivi e per il danno sociale ed economico che hanno inflitto ai cittadini.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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