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martedì 17 marzo 2015

Pessime idee: svalutare la moneta per stimolare le esportazioni

Di questi tempi la nenia che continua a rincorrersi sulle bocche degli eurocrati è questa: "Non esiste qualcosa come un Grexit." Il progetto dell'euro è nato per durare, poiché, come ha detto anche Draghi, è stato impegnato troppo capitale politico e finanziario per farlo andare avanti. Questo almeno nell'ottica dei burocrati europei che credono di poter comandare secondo la loro arbitrarietà i mercati. Tramite la paura dei greci, stanno facendo pressione su Syriza affinché il prossimo giugno accetti un nuovo compromesso con la Troika, ovvero, si adegui alle vecchie richieste a cui verrà dato un nuovo nome... giusto per non far fare una brutta figura davanti l'elettorato greco al duo Tsipras-Varoufakis. Agli eurocrati piace la stabilità. Piace la prevedibilità. Piace avere il controllo sugli eventi in modo da poter direzionare secondo i loro capricci i destini di milioni di persone. Al momento gli obiettivi degli eurocrati e quelli della maggior parte delle persone coincidono: sfruttare i mezzi politici per trarre vantaggi personali. Ovvero, illudersi che esista qualcosa come un pasto gratis. Ma come tutte le cose nella vita, anche questa illusione ha un prezzo e il relativo cartellino viene ignorato. Si pensa scioccamente che si possa elevare a motto supremo della società "ottenere qualcosa in cambio di niente". E' per questo che la Grecia dovrebbe andare ora in default per i propri debiti, non c'è altro modo affinché possa scrollarsi di dosso tutte le passività finora accumulate. E' un buco nero finanziario. In seguito, per riguadagnare credibilità sui mercati finanziari, dovrebbe inaugurare una vera austerità tagliando drasticamente spesa pubblica e tasse, nonché tutti gli sprechi incentivati dall'espansionismo monetario '99-'06. Non tarderebbero ad emergere una serie di valute tra cui la popolazione potrebbe scegliere, nonché nuovi assetti bancari possibilmente (si spera) avulsi dal controllo di un ente centrale. E chissà, forse potrebbero scegliere anche di ritornare ad uno standard aureo come fece la Germania post-1923. Sono scelte difficili queste qui, ma più si ritarderà più si faranno difficili da prendere.
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di Frank Hollenbeck


La decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di stampare €1.1 bilioni ha riacceso le preoccupazioni per le guerre valutarie. L'euro è sceso di quasi il 20% negli ultimi sei mesi.

Siamo in una guerra valutaria, e ci siamo stati sin dal 2008. Il nostro attuale sistema monetario globale è profondamente sbagliato, nonostante quanto dica il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che è stato creato per promuovere la cooperazione monetaria e la stabilità finanziaria. Tuttavia il FMI è stato stranamente silenzioso ultimamente, cosa che non è passata inosservata per coloro che sono a doppio filo con questa istituzione.

L'attuale regola non scritta sulla politica dei cambi tollera l'interventismo diretto, ma quello indiretto è accettabile solo se il tasso di cambio non è l'obiettivo iniziale della politica. Il concetto è simile a quello utilizzato quando cade una bomba da mille libbre su un terrorista e spazza via anche una scuola materna: "Non è un problema dato che il nostro obiettivo primario era il terrorista."

E' semplicemente irresponsabile guardare solo agli effetti diretti e indiretti, e non alle politiche economiche. Nel corso degli ultimi sei anni il quantitative easing statunitense ha costretto i paesi emergenti ad imporre controlli sui capitali e altre restrizioni valutarie, e ad accendere le stampanti monetarie. L'attuale politica monetaria giapponese, che sta abbattendo il valore dello yen, sta causando grave costernazione ai suoi vicini cinesi e coreani. Di recente la Banca Popolare della Cina ha abbassato i requisiti di riserva e ha in programma di ampliare la banda di trading sulla sua valuta. Definiamo queste cose per quello che sono realmente — ritorsioni ed escalation in quella che è una guerra valutaria mondiale.



Svalutare la Valuta Aiuta Davvero gli Esportatori?

Naturalmente queste azioni sono basate su un altro equivoco popolare promulgato dagli economisti: una moneta svalutata permetterà agli esportatori di ridurre i loro prezzo oltremare, di conquistare quote di mercato, di aumentare i profitti con ramificazioni positive per l'economia nazionale. L'errore in questa logica è che guarda gli effetti diretti e ignora totalmente gli altri effetti diretti e indiretti.

Un semplice esempio chiarisce questo punto. Supponiamo che il tasso di cambio sia un dollaro per un euro. L'esportatore europeo vende il suo prodotto per $100 negli Stati Uniti e poi trasforma i guadagni in €100 per coprire il suo costo di produzione di €80. Ora supponiamo che l'euro si svaluti in modo che ci vogliano €1.5 per ottenere $1. L'esportatore può ora abbassare il suo prezzo a $66.66, dal momento che questo gli permetterà di incassare lo stesso numero di euro come prima del deprezzamento. Ha guadagnato un vantaggio competitivo sugli avversari stranieri, con vantaggi per l'economia nazionale.

Il primo problema con questa storia è che molti esportatori possono coprire nel lungo termine il loro rischio di cambio con nuovi strumenti finanziari, come swap e futures finanziari, e quindi potranno mettere in conto il tasso a cui scambieranno dollari per euro.

Il secondo problema con questa storia è che oggi molti esportatori importano molti dei loro input. Una BMW ha parti provenienti da tutto il mondo. I suoi motori possono provenire dal Regno Unito. I sedili in pelle possono provenire dalla Cina e l'acciaio può venire dal Brasile. Se la svalutazione fa salire i prezzi degli input da €80 a €120, l'esportatore non sarà in grado di abbassare i prezzi in dollari, e, pertanto, non guadagnerà in competitività. Naturalmente non tutti i costi sono costituiti da input importati. Questo, però, mette in evidenza come le svalutazioni aiutano gli esportatori.



I Lavoratori Non Traggono Benefici dalla Svalutazione

Se i costi della nazione, per lo più quelli nel mondo del lavoro, non si aggiustano ai prezzi delle importazioni più elevati a causa della svalutazione, gli esportatori ci guadagneranno, ma questo guadagno sarà il risultato di una riduzione dei redditi reali dei lavoratori nazionali. Se in definitiva questi lavoratori negozieranno un aumento dei salari nominali per riportare i loro salari reali ai livelli precedenti la svalutazione, il guadagno per gli esportatori scomparirà. La svlutazione andrebbe solamente a creare un guadagno temporaneo.

Pochi giornalisti sembrano capire che una politica atta a ridurre il valore di cambio di una valuta equivale, in realtà, ad una politica di trasferimento della ricchezza dai lavoratori — la classe media e i poveri — ai proprietari più ricchi di industrie esportatrici. E' un altro esempio di come la banca centrale agisce come un Robin Hood alla rovescia, prendendo dai non abbienti per dare ai ricchi.

Inoltre ci sono molti altri effetti indiretti che rendono la svalutazione un obiettivo politico molto dannoso. Mises ha spiegato che non può essere utilizzata la contabilità standard della bilancia dei pagamenti quando viene distorta l'unità di conto. Anche se gli esportatori sono più redditizi, non è qualcosa di cui rallegrarsi perché un utile nominale più alto significa un profitto reale basso.

Tra l'altro gli attori economici sono anche danneggiati da una politica beggar-thy-neighbor. I consumatori dovranno sopportare il peso di prezzi più elevati dei prodotti stranieri. Verranno danneggiate anche quelle imprese nazionali che importano i loro input e vendono sul mercato interno.



Manipolare i Prezzi Danneggia l'Economia

Una moneta deprezzata è il prodotto di una banca centrale che stampa moneta più velocemente dei suoi vicini. Questa è una strategia che danneggia tutte le imprese, tra cui gli esportatori stessi. La stampa di denaro altera prezzi assoluti e relativi. Interferisce con i segnali critici che i prezzi inviano nel tempo: quali beni e servizi debbano essere prodotti secondo la società.

L'Europa non ha bisogno di un euro più debole, ma di una riforma strutturale significativa. L'Europa dovrebbe prendere come modello la Lettonia. Nel 2009-2010 il governo lettone ha tagliato la spesa pubblica dal 44% del PIL al 36%. Ha licenziato il 30% dei dipendenti pubblici, ha chiuso la metà delle agenzie statali e ha ridotto del 26% lo stipendio pubblico medio. I ministri del governo lettone hanno visto tagli salariali del 35%. L'economia lettone è inizialmente scesa del 24%, ma è rimbalzata vigorosamente facendo registrare, negli ultimi tre anni, una crescita reale annuale di quasi il 5%. La Lettonia ha fatto tutto ciò senza utilizzare la valuta come arma, in quanto ha conservato la sua vecchia valuta, il lat, in cambio fisso nei confronti dell'euro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/