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mercoledì 1 giugno 2022

Le radici dell'attuale inflazione: non Putin, ma un sistema monetario fallace

 

 

di William L. Anderson & Antony P. Mueller

I politici adorano le loro parole d'ordine e la Casa Bianca di Joe Biden/Partito Democratico le usano più di quanto abbiano fatto Donald Trump e i repubblicani. L'anno scorso il mantra dell'amministrazione Biden era che l'inflazione fosse "transitoria", il che significa che non sarebbe durata a lungo. Da Biden (quando poteva ricordare quali fossero i suoi argomenti di discussione) a Paul Krugman sul New York Times, i fedeli hanno ripetuto la nuova parola d'ordine: "Transitoria".

Poiché la dura realtà ha stabilito che questa inflazione non scomparirà tanto presto invece, abbiamo nuove parole d'ordine dalla casa di Biden e dai suoi alleati politici, addirittura la ridenominazione dell'inflazione stessa. I fedeli non ripetono più diligentemente il termine “transitorio” alla domanda sui prezzi al consumo e alla produzione alle stelle; oggi la sacra scrittura è "l'aumento dei prezzi è colpa di Putin".

Gli americani possono essere certi che l'inflazione sia il risultato di un'alleanza empia tra Vladimir Putin e le compagnie energetiche americane, affermano l'amministrazione Biden e i suoi sostenitori. Come facciamo a saperlo? Dalle più alte autorità della verità, la senatrice Elizabeth Warren e Jerome Powell, presidente della Federal Reserve.

In un recente editoriale per il New York Times, la Warren informa i suoi lettori che tutto ciò che serve per controllare l'inflazione sono alcuni discorsi duri da parte di Biden insieme a un nuovo regime di controllo dei prezzi:

Possiamo anche agire rapidamente per frenare i costi per le famiglie della classe media. A brevissimo termine ciò significa impedire alle aziende di aumentare i prezzi per aumentare i loro profitti. L'aumento dei prezzi è determinato da molti fattori, tra cui il caos nelle supply chain globali e la guerra di Vladimir Putin in Ucraina. Ma quando l'amministratore delegato di Kroger, Rodney McMullen, ha affermato che "un po' di inflazione fa sempre bene nei nostri affari", non sorprende che gli elettori americani non accettino che le aziende trasferiscano i costi per aumentare i propri profitti. Anche il presidente della FED, Jerome Powell, un repubblicano conservatore, ha riconosciuto che le multinazionali aumentano i prezzi semplicemente "perché possono".

Altrove la Warren afferma che la risposta alla riduzione dei prezzi risiede nell'applicazione delle leggi antitrust, facendo eco alla recente affermazione di Joe Biden secondo cui la nostra economia è diventata improvvisamente un covo di monopoli:

Il Congresso dovrebbe approvare leggi per rinvigorire la concorrenza e tre quarti (degli elettori americani) crede fermamente che le compagnie petrolifere e del gas non dovrebbero fare soldi con questa crisi energetica. Rafforzare le autorità di regolamentazione per porre fine alla contraffazione dei prezzi, rompere i monopoli e approvare una tassa sui profitti inaspettati è un buon inizio.

A leggere la Warren si dovrebbe credere che le politiche della Federal Reserve, pompare migliaia di miliardi di dollari direttamente nelle mani dei consumatori per compensare i lockdown e le restrizioni Covid, non abbiano nulla a che fare con ciò che stiamo vedendo ora. Invece si aspetta che crediamo che improvvisamente i capitalisti avidi abbiano iniziato ad aumentare i prezzi perché volevano profitti più alti. Anche se non avevano aumentato i prezzi quando Trump era presidente (anche se Trump stesso era un capitalista avido che non avrebbe esitato ad aumentare i prezzi), hanno deciso di farlo all'improvviso quando un partito ostile ha preso il controllo del governo federale.

È interessante notare che né Biden né la Warren sono disposti a dare la colpa a Powell e persino all'amministrazione Trump, nonostante il fatto che entrambi abbiano svolto un ruolo enorme nel caos inflazionistico che stiamo vivendo attualmente. Hanno scelto, invece, d'incolpare l'impresa privata e chiedere il tipo di controllo dei prezzi che persino Jimmy Carter rifiutò di attuare nonostante i numeri ufficiali dell'inflazione fossero più alti di quelli attuali. Nei tre grafici qui sotto possiamo osservare il colpevole: un enorme picco nell'offerta di denaro sottoscritto dalla FED che si è ingozzata di asset.

Il secondo e il terzo grafico mostrano la crescita del bilancio della FED e si può vedere che, come il picco nella crescita monetaria, il bilancio è esploso durante i lockdown e sta ancora crescendo al punto in cui gli acquisti della FED costituiscono circa il 40% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti. Jeff Deist spiega cosa è successo:

In primo luogo, si considerino le due proposte di legge approvate dal Congresso nel 2020 e nel 2021. Esse hanno pompato più di $5.000 miliardi direttamente nell'economia sotto forma di pagamenti alle famiglie, sussidi di disoccupazione, prestiti sui salari dei datori di lavoro, sussidi in contanti alle compagnie aeree (e innumerevoli altri settori) e una miriade di stanziamenti che non avevano nulla a che fare con il Covid. Questo nuovo denaro è stato iniettato direttamente nelle vene dell'economia quotidiana.

In secondo luogo, le catene di approvvigionamento rimangono degradate perché i politici di tutto il mondo non hanno pensato alle conseguenze dei lockdown. L'economia globale profondamente interconnessa non ha un interruttore SPENTO/ACCESO. Risorse inattive e lavoratori inattivi non prendono vita e producono beni e servizi a comando. Malgrado ciò i nostri politici non hanno idea di cosa sia una struttura di produzione, dei suoi elementi temporali o delle devastazioni degli investimenti impropri creati dalla loro decisione di chiudere le attività.

In terzo luogo, il Covid ha permesso alla FED di giustificare l'ennesimo spasmo di politiche monetarie "straordinarie" a partire da marzo 2020. Ciò ha dato ai banchieri centrali una via d'uscita facile, in un certo senso, perché i veri guai erano già all'orizzonte nel settembre 2019. Il mercato dei pronti contro termine, che le banche commerciali utilizzano per il finanziamento a breve termine delle loro operazioni, si è improvvisamente incrinato e ha fatto salire i tassi. Questi parossismi hanno costretto la FED a iniettare miliardi di dollari nella sua struttura di riacquisto "permanente" e a considerare l'ennesimo giro di QE (acquisto di asset) anche dopo aver promesso di ridurre il suo bilancio, ancora gonfio di detriti della crisi del 2007.

Quando si comprende l'entità dell'intervento economico sia della FED che dei governi a tutti i livelli negli ultimi due anni, la vera domanda da porsi non è perché stiamo avendo inflazione, ma piuttosto perché i prezzi non sono aumentati ulteriormente. Inoltre, da settembre 2008 (come risulta dal secondo e terzo grafico), la FED ha intrapreso un'insostenibile abbuffata di acquisti che ha sostenuto i mercati dei mutui, dei pronti contro termine e dei titoli di Stato a lungo termine (operazione Twist).

Bisogna sottolineare che l'economia non può assorbire i dollari che la FED ha riversato in essa. Inoltre, nonostante quello che ci dicono le cosiddette classi dirigenti, infilare dollari nelle mani di persone che hanno perso il lavoro a causa di lockdown e restrizioni alla produzione e pagare altre persone per non lavorare non rappresenta un sostituto perfetto per produrre prodotti reali, beni e servizi.

Anche se Putin dovesse annullare l'invasione dell'Ucraina e accettare di vendere petrolio e gas naturale russi a forti sconti, gli attuali aumenti dei prezzi al consumo negli Stati Uniti rimarrebbero pressoché invariati. Sebbene l'invasione abbia influito sugli attuali prezzi della benzina e del petrolio (e sui prezzi europei del gas naturale), è stata irrilevante nel quadro generale dell'inflazione.

Biden e le classi dirigenti non ammetteranno mai una tale verità, e possiamo essere certi che Krugman, il New York Times, il Washington Post e altri gruppi giornalistici daranno la colpa a Putin, al cambiamento climatico, ai profitti aziendali e a qualsiasi altra cosa incroci le loro strade. Nel frattempo la FED continuerà le sue pratiche insostenibili e tutti gli altri guarderanno l'inflazione erodere i loro beni personali.

Un sistema monetario che consente la creazione di denaro dal nulla è vulnerabile all'espansione e alla contrazione del credito. I periodi di espansione del credito si verificano in genere nell'arco di molti anni e persino decenni, mentre le fasi di contrazione si manifestano come improvvise implosioni. I decisori della politica monetaria tendono a promuovere il prolungamento dell'espansione del credito perché temono la deflazione.

In questo modo le banche centrali impediscono una moderata deflazione monetaria, poiché ciò accadrebbe come conseguenza naturale dell'aumento della produttività. Una politica monetaria antideflazionistica pone le basi per un'impennata dell'inflazione dei prezzi e accresce il rischio di una brusca contrazione dei mercati finanziari.


Cicli del credito

I cicli finanziari possono estendersi per lunghi periodi di tempo. Negli ultimi decenni c'è stata una massiccia espansione del credito globale, spinta da quanto accaduto dagli anni '80, la crisi finanziaria del 2008, la politica pandemica del 2020 e l'attuale politica delle sanzioni in risposta alla guerra in Ucraina.

Il grafico seguente mostra il debito globale totale, il debito pubblico, il debito delle famiglie e il debito delle imprese non finanziarie in percentuale al prodotto interno lordo globale. Calcolato in termini assoluti, il debito globale totale si sta avvicinando rapidamente ai $300.000 miliardi.

Con la fine del legame del dollaro con l'oro negli anni '70, il sistema monetario internazionale ha perso la bussola. Il debito globale in relazione al prodotto interno lordo mondiale è aumentato dal cento per cento, ben oltre il duecentocinquanta per cento. L'attenuazione di questo ciclo del credito è attesa da tempo, tuttavia le principali banche centrali hanno combattuto per diversi decenni contro qualsiasi segno di contrazione del credito.

In Giappone la battaglia contro il consolidamento del credito è iniziata negli anni '90; negli Stati Uniti la lotta contro una presunta minaccia di deflazione è iniziata intorno all'inizio del millennio. Dopo la crisi del debito europeo nel 2010, anche la Banca centrale europea si è unita all'orgia monetaria. Ovviamente i responsabili delle politiche monetarie ignorano il rischio che, non permettendo che si verifichi una moderata contrazione deflazionistica, producano una crisi monetaria. Questo, a sua volta, pone il duplice rischio di un aumento dell'inflazione dei prezzi insieme a un crollo incontrollato dei mercati del credito.

Le banche centrali stanno conducendo una lotta incessante contro la deflazione. Traumatizzate dalla Grande Depressione, i responsabili delle politiche monetarie soffrono della condizione psicopatologica chiamata “apoplitorismosfobia”, la paura della deflazione. La battaglia delle banche centrali contro la deflazione ha creato così tanta liquidità che la precedente tendenza deflazionistica inizia ora a manifestarsi come un'impennata dell'inflazione dei prezzi che nemmeno le statistiche ufficiali possono più nascondere.

Avendo metabolizzato la lezione monetarista sull'origine della Grande Depressione, i banchieri centrali hanno una profonda paura della deflazione dei prezzi, presumendo che un calo del livello generale dei prezzi provocherebbe una contrazione economica. Tuttavia se le banche centrali avessero lasciato in pace il sistema, la deflazione sarebbe avvenuta gradualmente senza troppe turbolenze. Gli attori economici avrebbero avuto abbastanza spazio e tempo per adattarsi. In quanto tale la deflazione non sarebbe solo innocua, ma anche vantaggiosa. Intrappolate dalla loro ossessione per la "stabilizzazione", le banche centrali non hanno permesso all'economia di muoversi lungo il suo percorso naturale. Invece di consentire le fluttuazioni economiche autocorrettive, la politica monetaria ha fabbricato un'espansione artificiale dopo l'altra.

La teoria monetarista afferma che un'economia in crescita avrebbe bisogno di un'offerta di denaro in espansione. Economisti monetaristi come Milton Friedman hanno sostenuto questa idea. Eppure Murray Rothbard ha dimostrato che non c'è bisogno di espandere l'offerta di denaro per fornire più liquidità anche quando l'economia cresce. Se l'offerta di denaro rimane costante e la produttività aumenta, i prezzi scenderanno di conseguenza; questa sarebbe una deflazione benefica. Perché lamentarsi quando i beni diventano meno costosi per i consumatori e i salari reali aumentano? Il punto cruciale è se la deflazione dei prezzi si verifica a causa di guadagni di produttività nell'economia, o in modo brusco come un forte calo della liquidità dovuto a una crisi dei mercati finanziari.

Quando le banche centrali intervengono ed espandono l'offerta di denaro, come è successo con la "politica dei tassi a zero" (ZIRP) o in alcuni casi con la "politica dei tassi negativi" (NIRP), sorgeranno tensioni tra la tendenza naturale del tasso d'interesse a salire e del tasso di interesse monetario che viene mantenuto basso attraverso gli interventi centrali. A causa di questa discrepanza, ci sarà un'ulteriore fonte di domanda per il denaro. Nel tempo questa eccedenza monetaria promuoverà la fragilità finanziaria e porrà le basi per l'inflazione futura dei prezzi.

La massiccia espansione dell'offerta di denaro da parte della Federal Reserve non ha portato immediatamente all'inflazione dei prezzi perché la velocità del denaro ha subito un forte calo sin dal 2008. La tendenza a una velocità al ribasso ha iniziato a fermarsi nel terzo trimestre del 2020 — ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Dato che l'eccedenza monetaria era persistita, i prezzi hanno iniziato a salire immediatamente e l'inflazione ufficiale dei prezzi al consumo ha accelerato al suo ritmo più alto negli ultimi quattro decenni.


Le variazioni dei prezzi relativi non causano l'inflazione dei prezzi

L'aumento dei singoli prezzi, ad esempio del greggio, si manifesta come variazione del prezzo relativo. Un bene specifico diventa più costoso rispetto ad altri prodotti. Solo se vi è un eccesso monetario come risultato di un'espansione del credito, precedente o in corso, tali aumenti dei singoli prezzi si manifesterebbero nel cosiddetto livello dei prezzi come un aumento dell'inflazione generale dei prezzi.

Quando i responsabili delle politiche monetarie manipolano il tasso d'interesse, creano una discrepanza tra la preferenza temporale umana e il tasso d'interesse monetario. Le politiche di stimolo spingono artificialmente il tasso monetario al di sotto del tasso d'interesse naturale, cosa che emergerebbe spontaneamente in un libero mercato se non ci fosse l'intervento della banca centrale. Gli squilibri si verificano nei mercati finanziari allo stesso modo di quando lo stato interviene nel mercato dei beni. I prezzi relativi, quindi, non riflettono più le preferenze dei consumatori e il costo marginale di produzione. Le conseguenze sono interruzioni economiche nella domanda e nell'offerta.

Il sistema monetario possiede un naturale grado di elasticità. Anche se l'offerta di denaro fosse legata a un'offerta fissa o a un gold standard, ci sarebbero espansioni e contrazioni nella spesa macroeconomica e nel reddito nazionale nominale. Con un'offerta di denaro fissa, queste variazioni dell'attività economica avverrebbero principalmente come fluttuazioni e oscillazioni a breve termine e non come fasi prolungate. L'intera idea di stabilizzazione è in contrasto con la necessità che un sistema in movimento oscilli.

Il denaro dovrebbe avere solide basi in modo da prevenire cicli estremi. Con un gold standard, ad esempio, c'è un'elasticità del denaro, anche se lo stock di oro è costante. A questo proposito, l'attuale sistema monetario è disfunzionale.

L'uso del denaro oscillerà naturalmente, anche con un importo quantitativo fisso della sua base. È sbagliato affermare che solo la cosiddetta moneta fiat creata artificialmente offre flessibilità finanziaria. Il punto decisivo è che con un sistema monetario fisso, il grado di deviazione è limitato, mentre nell'attuale sistema monetario fiat non vi è alcuna restrizione.


Conclusione

Un sistema monetario fiat consente alle banche commerciali di mettere in circolazione più denaro di quello che detengono in contanti. Perseguendo con insistenza una politica antideflazionistica, le banche centrali hanno alimentato una continua espansione del credito, prolungando artificialmente il ciclo di espansione del credito. Ciò significa che una contrazione naturale è stata prevenuta. Insieme a un'impennata dell'inflazione dei prezzi, questa linea di politica ha anche aumentato il rischio di un'implosione incontrollata dei mercati del credito. L'attuale scoppio dell'inflazione dei prezzi non arriva per caso o a causa di shock esterni, le sue basi sono state gettate da tempo. Di conseguenza l'ennesima grave crisi finanziaria si profila nuovamente all'orizzonte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 14 giugno 2021

Sì, caro Krugman, i boom sono insostenibili

 

 

di William L. Anderson

Che Austriaci e keynesiani non condividano molti punti di vista sull'economia (o probabilmente su qualsiasi altra cosa) è ovvio, quindi una differenza di opinioni tra i due difficilmente sorprenderebbe qualcuno. Tuttavia è ancora importante sottolineare le differenze tra i due campi, soprattutto in questo momento in cui i keynesiani vanno alla grande a Washington (quando mai se ne sono andati?), soprattutto nell'amministrazione di Joe Biden, e, naturalmente, sulle pagine editoriali del New York Times.

Forse non c'è differenza più grande tra keynesiani e Austriaci delle loro convinzioni sui boom economici. In breve, i keynesiani credono che tutte le politiche dovrebbero promuovere i boom e anche quando si esauriscono lo stato dovrebbe impiegare tutti i mezzi per farlo andare avanti. Gli Austriaci, dall'altra parte, vedono i boom come momenti in cui massicci investimenti sbagliati si accumulano fino a quando l'intero sistema non può più reggere, portando agli inevitabili bust. In breve, i keynesiani affermano che i boom dovrebbero essere l'obiettivo dei policymaker mentre gli Austriaci li vedono come uno spreco, pericolosi e in definitiva distruttivi.

Come notato prima, i keynesiani detengono sicuramente le redini ufficiali del potere statale e sono anche i beniamini dei media generalisti. Janet Yellen, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, è keynesiana. Il presidente del Federal Reserve System, Jerome Powell, non è un keynesiano per formazione accademica formale, ma certamente ha operato nel suo ufficio nello spirito di Keynes. E lo sceriffo keynesiano più rumoroso, Paul Krugman, esercita molta influenza dal suo trespolo al NYT. Gli Austriaci non si trovano da nessuna parte nelle alte sfere, né ai piani alti delle grandi aziende e certamente non a Wall Street.

Se il dominio politico e accademico fosse l'arbitro della verità, allora i keynesiani avrebbero ragione e gli Austriaci sarebbero dei sovversivi. I keynesiani hanno i numeri e le voci istituzionali più forti e potenti; gli Austriaci non godono di nessuno di questi vantaggi.

Ciononostante un migliaio di keynesiani che parlano con una sola voce hanno ancora torto sui boom, e nessuno si sbaglia più di Krugman. In un recente articolo, "Chi ha paura del grande e brutto boom", Krugman presenta la visione keynesiana dei boom e conclude che la fine di tutte le politiche economiche dovrebbe essere l'inizio e il sostegno del boom.

C'è sicuramente un boom in corso, anche se la stragrande maggioranza dei repubblicani afferma di credere che l'economia stia peggiorando. Tutte le indicazioni dicono che siamo diretti verso l'anno di crescita più rapida sin dal boom del "Morning in America" ​​del 1983-84. Cosa c'è che non va?

Krugman continua scrivendo che i boom non sono perfetti e talvolta possono portare a "colli di bottiglia" economici (come l'attuale impennata dei prezzi del legname), ma queste cose sono poco più che problemi temporanei rispetto al mondo felice della prosperità per tutti, reso possibile da spese folli e permanenti:

Ma questi colli di bottiglia rappresentano un rischio per la ripresa? Significano che i politici devono tirarsi indietro? No. La lezione degli ultimi 15 anni o giù di lì è che le fluttuazioni a breve termine dei prezzi delle materie prime non vi dicono nulla sull'inflazione futura e che i politici che reagiscono in modo eccessivo a queste fluttuazioni, come la Banca centrale europea che ha rialzato i tassi d'interesse nel bel mezzo di una crisi del debito perché era spaventata dai prezzi delle materie prime, alla fini finiscono sempre per pentirsene.

Quindi, non prestate attenzione all'uomo dietro le quinte. I prezzi delle materie prime fluttuano sempre, boom o non boom, quindi se i prezzi del legname salgono e i mercati immobiliari iniziano ad assomigliare alla bolla immobiliare della metà degli anni 2000, queste sono le naturali conseguenze delle politiche monetarie espansive e dall'aumento della spesa pubblica.

Ma cosa succede se i mercati immobiliari ed i mercati azionari crollano come nel 2007 e nel 2008? Nel 2008 Krugman avanzò il problema di una regolamentazione finanziaria ed economica inadeguata e affermò che Ronald Reagan era responsabile della deregolamentazione che creò il caos.[1]

Dal 2008 e dalla presidenza di Barack Obama, le cose sono cambiate drasticamente. Questa volta non ci sono titoli ipotecari subprime inventati dai geni di Wall Street e il governo federale ha essenzialmente nazionalizzato l'industria dei mutui come risposta al tracollo, cosa che ha incontrato l'approvazione di Krugman. Inoltre le politiche monetarie di soppressione dei tassi d'interesse per alimentare quella stella polare keynesiana nota come domanda aggregata, hanno creato la bolla del mercato azionario e hanno accelerato quel "divario di ricchezza" che Krugman sostiene sia IL principale problema economico che deve affrontare questo Paese.[2]

Quando questo boom finirà (come inevitabilmente accadrà), possiamo stare certi che Krugman incolperà per primo il capitalismo di libero mercato e affermerà che parte del problema è la mancanza di regolamentazione, poiché tutti sanno che dall'avvento della presidenza Ronald Reagan non c'è stata alcuna regolamentazione governativa di nessun mercato. Per Krugman e per i keynesiani sarà la prova che non ci si può fidare dei mercati ed un'ulteriore prova che i prezzi di mercato sono poco più di un complotto dei discendenti intellettuali di Milton Friedman.

Una volta avviato il gioco delle colpe, Krugman e altri keynesiani chiederanno allo stato di impegnarsi in varie politiche – e in particolare nel prendere in prestito e spendere – in modo da riportare la domanda aggregata a livelli elevati ed a tenere alti prezzi che accompagnano tale domanda. Questa non è certo una strategia nuova: le politiche del New Deal di Franklin D. Roosevelt si basavano sulla convinzione che il calo dei prezzi fosse la causa principale della depressione e che lo stato doveva far salire i prezzi dei prodotti agricoli, delle materie prime e del lavoro per raddrizzare la nave economica. Così lo stato cercò di cartellizzare l'intera economia non agricola attraverso il National Industrial Recovery Act e di sostenere i prezzi agricoli attraverso l'Agricultural Adjustment Act, entrambi approvati nel 1933. Nel 2008 Martin Feldstein, il principale consigliere economico del presidente Reagan, suonò la stessa melodia sull'edilizia abitativa, dichiarando sul Wall Street Journal che il principale colpevole del crollo del 2008 era stato il calo dei prezzi delle abitazioni:

Un piano di successo per stabilizzare l'economia statunitense e prevenire una profonda recessione globale deve fare di più che riacquistare il debito deteriorato dalle istituzioni finanziarie. Deve affrontare la causa fondamentale della crisi: la spirale discendente dei prezzi delle case che devasta la ricchezza delle famiglie e distrugge il capitale delle istituzioni finanziarie che detengono mutui e titoli garantiti da ipoteca.

Si potrebbero scrivere volumi sugli errori economici contenuti in questo paragrafo, ma i lettori capiscono il punto. In terra keynesiana non ci sono fondamentali economici, nessuna relazione tra fattori di produzione, solo spesa. Spendendo abbastanza denaro, i policymaker possono mantenere occupati i fattori di produzione a tempo indeterminato; quando compaiono le inevitabili fratture, basta infiocchettarle con una spesa ancora maggiore e lasciare che i bei tempi tornino ancora e ancora.

Gli Austriaci, secondo Krugman, sono pessimi quando si tratta di diagnosticare e analizzare i boom/bust:

La teoria della sbornia (la teoria Austriaca del ciclo economico così definita da Krugman) è perversamente seducente, non perché offre una via d'uscita facile, ma perché non lo fa. Trasforma le oscillazioni sui nostri grafici in un gioco di moralità, una storia di arroganza e rovina. E offre agli aderenti il ​​piacere di dispensare consigli dolorosi con la coscienza pulita, sicuri nella convinzione di non essere senza cuore ma semplicemente pratici. Per quanto potenti possano essere queste seduzioni, bisogna resistere, perché la teoria della sbornia è sbagliata. Le recessioni non sono conseguenze necessarie dei boom. Possono e devono essere combattute, non con l'austerità ma con la liberalità, con politiche che incoraggino le persone a spendere di più, non di meno.

Krugman ha scritto questo passaggio più di vent'anni fa, ma sin da allora non ha cambiato idea. Non sorprende che riduca gli investimenti sbagliati a semplici eufemismi morali, che in realtà sono pericolosi perché gli Austriaci, secondo Krugman, spingono le persone a smettere di spendere in un momento in cui è necessario aumentare la spesa. Insomma, i boom vanno bene, sempre bene. I boom portano prosperità, e tutto ciò che scoraggia la prosperità è male, fine della discussione.

Questa analisi giudica erroneamente sia i boom che i bust, che l'attuale clima politico e accademico tende a premiare piuttosto che punire.[3] Se Krugman crede che i boom siano buoni e debbano essere mantenuti perennemente, allora è ragionevole credere che i bust rasentino l'immorale. Quando questo punto di vista è combinato con il crescente radicalismo di sinistra di Krugman, non è difficile capire la sua inesorabile ostilità nei confronti degli Austriaci e dei loro punti di vista. Quando criticò per la prima volta la teoria Austriaca del ciclo economico nel 1998, la sua opinione era che gli Austriaci si sbagliassero ma si fermò lì. Oggi vuole che i lettori credano che gli Austriaci siano persone malvagie che vogliono che gli altri vivano in povertà e muoiano di fame. Non abbiamo più a che fare con disaccordi intellettuali, ma piuttosto una battaglia titanica tra le Forze del Bene e del Male e Krugman è dalla parte del Bene. Non si può discutere con chi difende il libero mercato e i prezzi di mercato perché, nelle sue parole, "la mendacia è il messaggio".

Nonostante il radicalismo di Krugman, dobbiamo ancora affrontare la sua tesi secondo cui i boom non solo sono desiderabili, ma possono essere sostenuti indefinitamente senza che ne derivino danni all'economia. Questo non vuol dire che un boom sostenuto non contenga fluttuazioni; anche Krugman lo ammette, ma crede anche che lo stato possa apportare modifiche al volo anche nei momenti difficili, cosa che richiede l'elezione di progressisti che la pensino allo stesso modo e che credano che lo stato possa far avverare miracoli economici.

Perché, allora, gli Austriaci sostengono che i boom non possono essere sostenuti? Innanzitutto, e più importante, gli Austriaci sottolineano che le condizioni che creano il boom non sono favorevoli. I boom si verificano quando le autorità monetarie (cioè, il Federal Reserve System o qualche altra banca centrale) mantengono i tassi d'interesse al di sotto dei livelli di mercato espandendo l'offerta di moneta, affinché poi venga espanso il prestito e le imprese possano espandersi a loro volta. Ciò aumenta la domanda di beni capitali (e fattori di produzione associati alla loro creazione) e mette nuovo denaro nelle mani dei dipendenti. Questi ultimi spendono i soldi in beni di consumo, creando nuova domanda per tali prodotti.[4]

Con keynesiani come Krugman, questo processo può andare avanti all'infinito. È vero, alcuni degli investimenti di capitale potrebbero non essere sostenibili, ma ciò può essere spiegato dal fatto che ci sono sempre fluttuazioni aziendali nel corso dell'economia:

Ma poniamoci una domanda apparentemente sciocca: perché gli alti e bassi della domanda di investimenti dovrebbero portare ad alti e bassi nell'economia nel suo insieme? Non dite che è ovvio: sebbene i cicli di investimento siano chiaramente associati a recessioni e riprese in tutta l'economia, una teoria dovrebbe spiegare le correlazioni osservate, non solo presumerle. E infatti la chiave della rivoluzione keynesiana nel pensiero economico, una rivoluzione che ha reso la teoria della sbornia in generale e la teoria Austriaca in particolare obsolete quanto gli epicicli, è stata la comprensione da parte di John Maynard Keynes che il quesito cruciale non era perché la domanda di investimento a volte diminuisce, ma perché tali cali fanno crollare l'intera economia.

Ecco il problema: per una semplice questione di aritmetica, la spesa totale nell'economia è necessariamente uguale al reddito totale (ogni vendita è anche un acquisto e viceversa). Quindi, se le persone decidono di spendere meno in beni di investimento, non significa che debbano decidere di spendere di più in beni di consumo, il che implica che un crollo degli investimenti dovrebbe sempre essere accompagnato da un corrispondente boom dei consumi? E se sì, perché dovrebbe esserci un aumento della disoccupazione?

In altre parole, anche se alcuni investimenti di capitale scendono, non c'è motivo per cui l'economia debba seguire l'esempio. Dopotutto, il denaro non è scomparso, quindi se la spesa viene interrotta per alcuni investimenti di capitale infruttuosi, i consumatori possono semplicemente spendere più soldi altrove. La Croce Keynesiana "dimostra" che la spesa aggregata e il PIL sono identità, quindi non importa se il denaro viene speso in beni capitali o beni di consumo poiché i risultati sono gli stessi.

Allora cosa causa la crisi economica? Krugman ha una risposta facile:

Una recessione si verifica quando, per qualsiasi motivo, gran parte del settore privato cerca di aumentare le proprie riserve di liquidità allo stesso tempo.

In altre parole, gli investimenti sbagliati su larga scala non contano davvero; è invece il consumatore in preda al panico che decide di fronte all'incertezza economica che risparmiare denaro potrebbe essere una buona cosa. Infatti, come osserva Robert Murphy, i tassi di risparmio negli Stati Uniti sono quadruplicati sin dalla fine del 2007 alla metà del 2009 (da circa il 2% all'8%) e ciò sembrerebbe validare la causalità di Krugman. Ma non è così.

Per contrastare la tesi di Krugman, torno agli Austriaci ma non a Rothbard. Mi rivolgo invece a Carl Menger, il “fondatore” della scuola Austriaca, il quale inizia il capitolo di apertura del suo Principles of Economics con:

Tutte le cose sono soggette alla legge di causa ed effetto. Questo grande principio non conosce eccezioni e cercheremmo invano nell'ambito dell'esperienza un esempio contrario.

Sebbene queste parole non sembrino confutare nulla, osservate meglio. L'analisi Austriaca è monocausale, cioè c'è una causa e un effetto. La teoria di Krugman (presumo che creda che la sua teoria sia la "scienza") solleva una domanda interessante: perché i consumatori improvvisamente tagliano le loro spese e iniziano a risparmiare? Krugman non risponde mai.

Una ragione ovvia è che i consumatori sono innervositi dalla crisi economica, ma se le affermazioni di Krugman sulla rottura del boom sono corrette, allora i consumatori non avrebbero motivo logico di essere nervosi. Forse Krugman potrebbe affermare che quegli ignobili Austriaci hanno ingannato tutti facendogli credere che i boom alimentati dal credito siano insostenibili, quindi quando qualcuno va in bancarotta o qualche altro indicatore economico punta verso il basso, la gente va nel panico e gli Austriaci li spingono a risparmiare.

Ma perché i consumatori non ricominciano a spendere non appena qualcuno a Washington dà l'equivalente del segnale "luce verde"? Dopotutto, il paradigma keynesiano domina in politica, nei media e nell'istruzione superiore. L'idea che gli Austriaci interpretino il ruolo di Emmanuel Goldstein è un po' inverosimile, dato che non hanno una grande piattaforma mediatica o politica. Il modo in cui gli Austriaci possono spaventare un'intera popolazione facendole sabotare l'economia aumentando i propri risparmi pecca della causalità mengeriana.

Quando osservano l'aumento dei risparmi, gli Austriaci chiedono: perché c'è un improvviso aumento dei risparmi? Infatti, se guardiamo al tasso di risparmio personale degli Stati Uniti negli ultimi sessant'anni, vediamo che ad un certo punto è salito nella maggior parte delle recessioni, ma anche durante le riprese economiche, quindi non c'è modo di trarre inferenza causale che passa dalla crescita dei risparmi personali ad una recessione.

La visione monocausale ci porterebbe altrove. Nel mondo di Krugman, le persone iniziano irrazionalmente a risparmiare, facendo finire l'economia in una spirale discendente, e poi ci vuole lo stato, guidato da brillanti tecnocrati come Krugman, affinché spenda e riporti l'economia in carreggiata. Per gli Austriaci l'idea di persone che improvvisamente si precipitano a risparmiare senza una ragione è insensata. Inoltre, contrariamente a Krugman, risparmiare denaro non è una risposta irrazionale ad un cambiamento percepito nell'economia. Le persone non risparmiano a caso; risparmiano per poter spendere in futuro, sia per un acquisto importante, sia per periodi in cui i loro redditi sono inferiori a quelli attuali. In breve, l'evidenza mostra che le persone cambiano rapidamente le proprie abitudini di risparmio in risposta ad una crisi; non è quindi il risparmio a creare la crisi.

Krugman sostiene che anche gli investimenti sbagliati su larga scala non hanno alcun effetto complessivo:

Perché se il problema è che collettivamente le persone vogliono detenere più denaro di quello in circolazione, perché non aumentare semplicemente l'offerta di denaro? Potreste dirmi che non è così semplice, che durante il boom precedente gli imprenditori hanno intrapreso investimenti sbagliati e le banche hanno accumulato crediti inesigibili. Bene, bene. Eliminate i cattivi investimenti e cancellate i crediti inesigibili. Perché questo dovrebbe richiedere che una capacità produttiva perfettamente buona sia lasciata inattiva?

La teoria della sbornia, quindi, si rivela intellettualmente incoerente; nessuno è riuscito a spiegare perché i cattivi investimenti in passato richiedano la disoccupazione di buoni lavoratori nel presente. Eppure la teoria ha un potente fascino emotivo. Di solito questo appello è più forte per i conservatori, che non sopportano l'idea che un'azione positiva da parte degli stati (per non parlare della stampa di denaro) possa essere una buona idea.

Altrove poi afferma:

La sua storia assomiglia poco a ciò che accade effettivamente in una recessione, quando  ogni  settore, non solo il settore degli investimenti, normalmente si contrae.

Le sue affermazioni mostrano ignoranza in due aree: la teoria del capitale e gli eventi reali del ciclo economico. Rothbard corregge gli errori di Krugman, prima sottolineando che la crisi è caratterizzata da quello che egli definisce un "cluster di errori (imprenditoriali)", e poi osservando che i bust non colpiscono tutti i settori allo stesso modo:

È risaputo che le industrie dei beni strumentali fluttuano più ampiamente di quelle dei beni di consumo. Le industrie dei beni strumentali, in particolare le industrie che forniscono materie prime, costruzioni e attrezzature ad altre industrie, si espandono molto di più durante il boom e sono colpite molto più duramente durante la depressione.

Questo è importante, poiché la crisi non arriva perché le persone smettono di spendere e quindi tutti i settori si riducono di conseguenza. È probabile che i beni strumentali e le industrie correlate abbiano il maggior numero di investimenti sbagliati, quindi è logico che verrebbero colpiti più duramente dalla crisi.

Krugman pone un punto interessante: se il problema è solo il capitale mal investito, perché i lavoratori non possono tornare rapidamente al lavoro in settori meno colpiti? Infatti questo era spesso ciò che accadeva nei precedenti cicli economici. Thomas Woods scrive della recessione del 1920-1921, la quale fu grave e breve:

La situazione economica nel 1920 era triste. In quell'anno la disoccupazione era passata dal 4% a quasi il 12% e il PIL era diminuito del 17%. Non c'è da stupirsi, quindi, che il Segretario al Commercio Herbert Hoover, falsamente caratterizzato come sostenitore dell'economia del laissez-faire, avesse esortato il presidente Harding a prendere in considerazione una serie di interventi per dare una svolta all'economia. Hoover venne ignorato.

Invece di uno "stimolo fiscale", Harding tagliò il budget del governo federale quasi della metà tra il 1920 e il 1922. Il resto dell'approccio di Harding era ugualmente laissez-faire: la pressione fiscale venne ridotta per tutti i gruppi di reddito ed il debito pubblico venne ridotto di un terzo.

L'attività della Federal Reserve, inoltre, era appena percettibile. Come afferma uno storico dell'economia: "Nonostante la gravità della contrazione, la FED non si è mossa per usare i suoi poteri per invertire l'offerta di moneta e combattere la contrazione". Alla fine dell'estate del 1921 erano già visibili i segni di ripresa. L'anno successivo la disoccupazione scese al 6,7% e nel 1923 era solo al 2,4%.

In altre parole, contrariamente a quanto dice Krugman, non c'è stato alcun intervento, nessuna stampa di denaro, nessun programma di lavoro, niente che Krugman sostiene sia vitale per portare la ripresa economica. Inoltre ci si rende conto che quella depressione avvenne all'indomani della prima guerra mondiale, quando il boom della spesa bellica si contrasse rapidamente e ad accompagnare il ritorno di milioni di soldati ci fu l'influenza spagnola che uccise 500.000 americani (quando la popolazione degli Stati Uniti era di 104 milioni, meno di un terzo della popolazione odierna). Tuttavia l'economia si riprese rapidamente quando si passò dalla produzione di beni di guerra trainata dall'inflazione ad una produzione commisurata alle esigenze del dopoguerra.

Gli Austriaci non mettono in discussione i boom, perché non amano la prosperità o perché hanno difetti di carattere; gli Austriaci capiscono che i boom implicano linee d'investimento in aree di produzione che non possono essere sostenute, anche quando lo stato vi immette ancora più soldi. Ciò che Krugman definisce "capacità produttiva perfettamente buona", in realtà è capitale mal investito che è inattivo per una ragione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Non sorprende che Krugman abbia torto anche sulla storia della deregolamentazione, ma come disse Bluto Blutarsky, secndo cui "i tedeschi bombardarono Pearl Harbor", non possiamo interrompere qualcuno quando sta facendo qualcosa.

[2] Krugman crede che possiamo creare sia bolle azionarie che poi alleviarne i risultati attraverso una massiccia tassazione sulla ricchezza e sul reddito, poiché entrambe sono forme di stimolo economico che incoraggiano la spesa e scoraggiano il presunto "accaparramento" da parte dei ricchi.

[3] Robert Murphy entra nei dettagli sugli errori di Krugman in questo articolo, vale la pena di leggerlo.

[4] Il miglior resoconto della teoria Austriaca si trova in America's Great Depression di Murray N. Rothbard, visto che nella prima metà del libro viene spiegata la teoria del ciclo economico. Magari Rothbard fosse vissuto abbastanza a lungo da rispondere alle missive di Krugman.

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giovedì 28 novembre 2019

Stiglitz ancora non ha capito che è il socialismo ad essere un male, non il capitalismo





di William L. Anderson


Da quando ha vinto il Nobel per l'economia nel 2001, Joseph Stiglitz è stato un sostenitore della crescita dello stato. Dopo l'11 settembre, ad esempio, ha invocato a gran voce la creazione di un'agenzia federale per fornire sicurezza ai passeggeri delle compagnie aeree. (Stiglitz ha ricevuto il Nobel per aver "dimostrato" che i mercati liberi sono "inefficienti" e portano sempre a risultati non ottimali a causa delle informazioni asimmetriche. Solo lo stato, al cui vertice ha persone come Stiglitz, possono dirigere la produzione e lo scambio in modo efficiente.)

Più di un decennio fa Stiglitz elogiava il governo socialista di Hugo Chavez in Venezuela, dichiarando:
Il presidente venezuelano Hugo Chavez sembra aver avuto successo nel portare salute e istruzione nei quartieri poveri di Caracas, a coloro che in precedenza vedevano pochi benefici dalla ricchezza petrolifera del Paese.

Affermava inoltre che la politica di Chavez, espropriare la struttura del capitale delle compagnie petrolifere private in Venezuela, avrebbe comportato una distribuzione più "equa" della ricchezza, cosa che ritiene auspicabile ovunque. È interessante notare che, dal quando l'esperimento socialista del Venezuela è andato a ramengo, con tanto di iperinflazione e una delle peggiori crisi finanziarie ed economiche mai viste nell'emisfero occidentale, Stiglitz ha taciuto, almeno quando si tratta di spiegare perché il cosiddetto miracolo economico in Venezuela s'è dimostrato insostenibile.

Sebbene Stigliz non stia più elogiando il socialismo venezuelano, non tace affatto sulla sua convinzione che solo l'espansione del potere statale possa "salvare" l'economia americana dall'auto-distruzione. In un recente articolo su Scientific American dichiara che: "L'economia americana è manipolata". Tuttavia aggiunge nel titolo: "E cosa possiamo fare a riguardo".

Coloro che hanno familiarità con le dichiarazioni pubbliche di Stiglitz, Paul Krugman e altri nella combriccola di coloro che "i mercati sono distruttivi", niente di ciò che Stiglitz scrive è roba nuova. Del resto è normale che scriva su Scientific American, dal momento che dice che il suo è un discorso scientifico, qualcosa che può affermare con un sacco di equazioni matematiche che "dimostrano" che i mercati liberi sono cattivi:
Dal punto di vista di Stiglitz, i mercati sono pieni di errori nell'elaborazione e nella trasmissione di informazioni e lo stato deve essere pronto a correggere questi errori. Nella sua conferenza per l'accettazione del Nobel, Stiglitz ha parlato di aver "confutato" le teorie del libero mercato di Adam Smith, affermando che la "mano invisibile" di Smith o non esisteva o era diventata "paralizzata". Ha sottolineato che i principali dibattiti politici negli ultimi due decenni hanno avuto la tendenza a concentrarsi sull'efficienza dell'economia di mercato e sulla "relazione appropriata tra mercato e stato". Il suo approccio favoriva quest'ultimo.

Inoltre, nella stessa conferenza, ha dichiarato che "è necessaria una concorrenza perfetta se i mercati devono essere efficienti". Per gli economisti Austriaci la sua affermazione solleva la questione sul perché dobbiamo presumere che gli stati posseggano le informazioni necessarie per produrre risultati "efficienti" negli scambi economici, ma Stiglitz non ha mai provato a dimostrarlo. Afferma semplicemente la superiorità dello stato per quanto riguarda le informazioni e basta.

L'ultimo articolo di Stiglitz su Scientific American pone l'enfasi sul fatto che i mercati producano sistematicamente disuguaglianza e che ci troviamo nella situazione in cui solo poche persone privilegiate traggono vantaggio dal sistema capitalista, mentre la stragrande maggioranza scivola nell'abisso economico.

Tutto ciò si traduce in ciò che definisce un "ciclo di feedback" che finisce per spiralizzarsi all'infinito. Dobbiamo credere che la crescita delle disuguaglianze di reddito andrà avanti fino a quando non saremo circondati da un "esercito di disoccupati", o come minimo un esercito di persone che non è in grado di trovare un lavoro che consenta loro di sostentarsi.

Come molti altri che hanno affermato che il capitalismo sta distruggendo la classe media, Stiglitz auspica politiche come quelle applicate durante la Grande Depressione e dopo la Seconda Guerra Mondiale, considerando il periodo tra gli anni '30 e la fine degli anni '50 come una presunta età d'oro della prosperità.

Per invertire questa tendenza di crescente disuguaglianza, e aumento della povertà, Stiglitz chiede un ritorno alle politiche dell'era della Depressione: tasse elevate e l'uso della struttura normativa per ricreare i cartelli finanziari e commerciali costituiti dal New Deal. Infatti, a parte le leggi anti-discriminazione che ora fanno parte del panorama giuridico moderno, Stiglitz ritiene che l'unica speranza per il nostro futuro sia quella di tornare al passato:
[...] abbiamo bisogno di una tassazione più progressiva e di un'educazione pubblica di alta qualità finanziata dal governo federale, inclusa una maggiore accessibilità alle università per tutti, senza bisogno di prestiti rovinosi. Abbiamo bisogno di leggi sulla concorrenza per affrontare i problemi posti dal potere del mercato del XXI secolo e una più forte applicazione delle leggi che abbiamo. Abbiamo bisogno di leggi sul lavoro che tutelino i lavoratori e i loro diritti di sindacalizzazione. Abbiamo bisogno di leggi sulle grandi aziende che frenino gli stipendi esorbitanti conferiti agli amministratori delegati e abbiamo bisogno di regolamenti finanziari più rigorosi che impediscano alle banche di impegnarsi in pratiche di sfruttamento, diventate il loro segno distintivo. Abbiamo bisogno di una migliore applicazione delle leggi anti-discriminazione: è inconcepibile che le donne e le minoranze vengano pagate solo una piccola parte di ciò che ricevono le loro controparti maschili bianche. Abbiamo anche bisogno di leggi sull'ereditarietà che riducano la trasmissione intergenerazionale di vantaggi e svantaggi.


Smontare la logica di Stiglitz

Difficilmente Stiglitz è l'unico economista moderno che vuole che l'economia americana sia ristrutturata per assomigliare a quella del 1939. Paul Krugman molte volte ha chiesto un "New New Deal" e sostiene che la classe media americana non esisteva fino a quando il presidente Franklin D. Roosevelt l'ha creata con le sue politiche.

Nel leggere il latrato di Stiglitz è chiaro che egli considera l'economia sia in modo meccanicistico che deterministico. Il capitale avrà rendimenti crescenti perché, beh, il capitale ha rendimenti crescenti, il che significa che col tempo il capitale aumenterà i redditi dei suoi proprietari e tutti gli altri diventeranno più poveri. Infatti leggendo l'intero articolo, si può concludere che egli crede, come Marx, che un sistema di mercato sia intrinsecamente instabile e che imploderà sempre perché poche persone vedranno aumentare i loro guadagni; l'intero sistema è costruito a spese delle masse, le quali vedranno diminuire i loro redditi.

Infatti se si segue Stiglitz fino alle sue conclusioni, dovremmo supporre che l'economia americana sia una trappola costituita da sfruttamento e miseria per i lavoratori americani:
Al tempo della Guerra Civile, il valore di mercato degli schiavi nel Sud era approssimativamente la metà della ricchezza totale della regione, incluso il valore della terra e il capitale fisico: le fabbriche e le attrezzature. La ricchezza di almeno questa parte degli USA non era basata sull'industria, sull'innovazione e sul commercio, ma piuttosto sullo sfruttamento. Oggi abbiamo sostituito questo sfruttamento aperto con forme più insidiose, le quali si sono intensificate sin dalla rivoluzione Reagan-Thatcher degli anni '80. Questo sfruttamento [...] è in gran parte la causa dell'incremento della disuguaglianza negli Stati Uniti.

Come Krugman, Stiglitz utilizza una serie di statistiche e grafici per "provare" che prima che Ronald Reagan e Margaret Thatcher prendessero il potere, l'economia americana e britannica erano paradisi di "uguaglianza" e prosperità. Per qualche ragione sconosciuta sono emerse dal nulla idee di libero mercato per influenzare i politici affinché creassero un nuovo sistema economico che sciogliesse l'economia ben strutturata post-New Deal e la trasformasse in una landa di povertà e servi.

C'è un problema con l'analisi di Stiglitz: è sbagliata sia teoricamente che empiricamente. Innanzitutto gli anni '70 sono stati un decennio sia di inflazione che di declino economico, sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. Negli Stati Uniti l'economia oscillò tra boom inflazionistici (con inflazione che superava ben il 10%) e bust devastanti, compresa la recessione del 1974-75; in Gran Bretagna la situazione era peggiore, come dimostrato nella trasmissione del 1977 "60 Minutes".

La cosa triste è che Stiglitz sta cercando di affermare che gli americani stavano meglio nel 1980 rispetto ad ora, il che può significare solo che crede che gli americani avevano un tenore di vita migliore 40 anni fa rispetto ad oggi. Tuttavia, come sottolineato da Philip Brewer, è facile confondere qualcosa come l'uguaglianza dei redditi rispetto a standard di vita più elevati. La cosiddetta Età dell'Oro degli anni '50 era un periodo in cui un terzo degli americani viveva in povertà:
Negli anni '50 e '60 un lavoratore poteva sostenere una famiglia con uno standard di vita da classe media con un solo reddito. Potrebbe sorprendervi sapere che una persona che lavora a tempo pieno, anche con un salario minimo, può ancora sostenere una famiglia di quattro persone con quello stesso tenore di vita. Oggi lo chiamiamo "vivere in povertà".

Stiglitz sostiene che nel tempo i proprietari del capitale ricevono crescenti ritorni sullo stesso, i quali hanno l'effetto di aumentare il reddito dei proprietari nel tempo, ma solo a scapito di tutti gli altri. Quindi, a suo avviso, il capitale è il colpevole, e mentre un'economia accumula quantità crescenti di capitale, la disuguaglianza di reddito e la povertà sono il risultato "logico". L'unico modo per invertire questa tendenza, secondo lui, è che lo stato confischi enormi quantità di reddito da capitale e le trasferisca a persone a basso reddito attraverso assistenza sociale o disponibilità di servizi statali.

Se Stiglitz avesse ragione, sarebbe la prima volta nella storia umana che l'accumulo di capitale ottenuto attraverso un sistema di profitti/perdite sarebbe responsabile della riduzione dello standard di vita in un'economia. Inoltre Stiglitz sembra essere ignaro del ruolo economico ricoperto dal capitale: aumentare l'offerta di beni e servizi in un'economia. Guardando solo al reddito che i possessori di capitali guadagnano e non comprendendo il significato economico dell'accumulo di capitale, a Stiglitz rimane solo un'arida analisi marxista in cui i "ricchi" aumentano le loro quote di reddito a scapito di tutti gli altri. Il risultato è un "eccesso" globale di beni che non possono essere venduti, cosa che porta a licenziamenti di massa, disoccupazione e crollo economico. Che gli economisti da Jean Baptiste Say a Ludwig von Mises abbiano smentito le sue tesi non riesce ad impedire a Stiglitz di ripeterle.

Pubblicando il suo articolo su Scientific American e formulando la sua analisi sotto forma di linguaggio scientifico, Stiglitz vuole farci credere che i suoi punti di vista siano sistematici e abbiano l'aura dell'inevitabilità, come se stesse descrivendo i risultati della Legge di Gravità. In realtà Stiglitz ripete semplicemente gli errori di Thomas Malthus, Karl Marx e John Maynard Keynes e presenta una visione rigida, meccanicistica e completamente falsa di come funziona un'economia.

Nel corso della storia abbiamo visto come il socialismo riporti indietro un'economia, che si tratti dell'ex-Unione Sovietica, della Cina di Mao, di Cuba, o del Venezuela. Non è stato in grado di comprendere come il "miracolo socialista" del Venezuela sarebbe andato in pezzi, e ora è incapace di riconoscere la verità sul motivo per cui il deterioramento di un'economia socialista si traduce in ricchezza per pochi e povertà per le masse. In altre parole, non riesce a comprendere perché l'economia socialista sia un macello.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 12 maggio 2017

Lo sporco segreto del socialismo: lo scopo dei socialisti è il socialismo, non la prosperità






di Thomas J. DiLorenzo & William L. Anderson


Dopo il crollo dell'ideologia socialista alla fine degli anni '80, i socialisti non hanno mai rinunciato al loro sogno di controllare gli altri esseri umani, derubarli con le tasse, ed arricchirsi alle loro spalle. Pochissimi degli ideologi socialisti del XX secolo hanno ammesso che avevano torto, o si sono scusati per aver giustificato personaggi del calibro di Stalin, Mao e Castro. Al contrario, essi ed i loro discendenti intellettuali hanno lavorato senza sosta per inventare una realtà parallela – almeno nella mente dei giovani – mentre censuravano tutte le opinioni contrarie. Dobbiamo rivelare gli sporchi segreti del socialismo ai giovani americani, affinché comprendano l'essenza della gigantesca macchina conosciuta come "istruzione superiore." (Ci sono alcune eccezioni, naturalmente, ma la maggior parte di quel mondo è ora dominato dal totalitarismo culturale della sinistra marxista.)

Quali sono gli sporchi segreti del socialismo che devono essere nascosti ai giovani? Esaminiamone alcuni:

  1. Il socialismo è sempre stato un disastro economico, e ogni studioso onesto lo sa. Dopo settant'anni di socialismo, l'economia sovietica era a malapena il 5% dell'economia degli Stati Uniti, nonostante le false affermazioni degli economisti pro-socialisti come Paul Samuelson, il quale nell'edizione del 1988 del suo famoso libro di testo, ha scritto che l'economia sovietica avrebbe superato l'economia degli Stati Uniti entro il 2000.

  2. Non si può aggiustare il socialismo con pianificatori centrali più intelligenti, o piani presumibilmente migliori. Il socialismo non può funzionare perché il calcolo economico è impossibile senza la proprietà privata, prezzi di libero mercato, un meccanismo genuino di feedback profitti/perdite e la libertà economica in generale.

  3. L'obiettivo apparente del socialismo – egualitarismo – è in guerra con la natura umana, perché tutti gli esseri umani sono unici in migliaia di modi diversi. L'unico tipo di "uguaglianza" che il socialismo abbia mai creato è l'uguaglianza di miseria e povertà.

  4. Il socialismo genera molta più disuguaglianza sociale rispetto alla libertà economica. In tutte le società socialiste le élite collegate alla politica vivono una vita di lusso, mentre quasi tutti gli altri navigano nella povertà. Nella democrazia socialista del Venezuela, l'economia è stata rovinata dal socialismo, mentre la figlia del defunto Hugo Chavez, il padre del socialismo venezuelano, possiede circa $4.5 miliardi.

  5. Col socialismo vanno al potere le persone peggiori – le più immorali, corrotte, ciniche, indifferenti e brutali – perché il socialismo costringe le persone ad abbandonare i propri piani e ad abbracciare invece quelli dello stato. Non è un caso se il socialismo è associato a personaggi brutali come Stalin, Hitler, Mussolini e Mao.

  6. Il fascismo era solo una variante del socialismo. La parola "nazismo" era un acronimo per nazionalsocialismo. I socialisti tedeschi si distinguevano dai socialisti russi perché definivano il loro socialismo "nazionale" in contrapposizione a quello "internazionale".

  7. È un mito che il socialismo scandinavo abbia avuto successo. Il capitalismo svedese era stato un grande successo alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX. Gli svedesi hanno cominciato a vivere oltre le proprie capacità di crescita adottando negli anni '50 un socialismo democratico. Di conseguenza non è spuntato un solo nuovo posto di lavoro tra il 1955 ed il 1995.

  8. Il socialismo del XIX secolo significava "proprietà pubblica dei mezzi di produzione", ma ora include l'imposta progressiva sul reddito per sostenere lo stato sociale e lo strangolamento del capitalismo con la regolamentazione e la tassazione. Lo stato sociale ha distrutto l'etica del lavoro di milioni di persone; ha distrutto milioni di famiglie; ha causato negli Stati Uniti un aumento del 400% delle nascite fuori dal matrimonio sin dal 1960; e milioni sono stati trasformati in mendicanti per le briciole dello stato.

  9. I sistemi sanitari gestiti dallo stato sono simili a tutte le altre attività gestite dallo stato, operando con tutta l'efficienza del servizio postale e tutta la compassione dell'agenzia delle entrate. Qualcosa così importante come l'assistenza medica non dovrebbe mai essere messa nelle mani di politici e burocrati.

  10. In tutto il secolo scorso e anche di più i problemi peggiori legati all'inquinamento li ritroviamo nei paesi socialisti, come documentato da libri come Ecocide in the USSR. Dopo il crollo del socialismo il mondo ha appreso che, oltre ad essere casi economici disperati, i paesi socialisti erano anche pozzi neri ecologici.

Queste sono solo alcune delle verità ben documentate circa il socialismo, e raramente, se non mai, vengono citate nei campus universitari. Sono tra i principali motivi per cui i marxisti culturali hanno eretto tanti strumenti di ferrea censura nei campus universitari. Sono il motivo per cui le istituzioni come il Mises institute – e tutti gli studiosi ad esso associati – sono così inorriditi dalla loro presente esistenza, e s'impegnano a fornire ai loro studenti – ed a chiunque altro – una fonte di formazione economica alternativa, una formazione in base a principi economici solidi e reali. Nell'Azione Umana Mises scrisse di come i socialisti del suo tempo erano in guerra con l'economia, perché il buon senso economico minacciava i loro piani totalitari. I socialisti di oggi sperano di non dover mai rispondere a tesi e fatti economici sensati, o altrimenti si limitano a censurarli.

Circa 40 anni fa l'economista Bruce Yandle andò a Washington per lavorare per il Council on Wage and Price Stability, pronto ad applicare le sue conoscenze di economia ed istruire i suoi colleghi di lavoro. Dopo tutto, egli ricorda, sarebbe bastato qualcuno di esperto in economia per esporre la stupidità, la dispendiosità, e addirittura la ridicolaggine di alcuni piani statali.



Lo stato serve gli interessi dello stato

Ad un certo punto Yandle si rese conto che la configurazione del terreno normativo sembrava molto diversa a Washington rispetto a quella di Clemson, South Carolina. I regolatori — ed i rappresentanti delle imprese che regolavano — non cercavano di creare un'atmosfera in cui il governo avrebbe generato un set "ottimale" di politiche normative per diminuire i costi di regolamentazione e per rimuovere qualunque "esternalità".

Ma come scrive Yandle:

[...] Invece di presumere che i regolatori volessero minimizzare i costi, ho cominciato a pensare che non volessero affatto minimizzarli — almeno non i costi di cui ero preoccupato — procedendo a commettere errori madornali e sciocchi. Stavano cercando di minimizzare i loro costi, proprio come fa la maggior parte delle persone di buon senso.

Quanto più esaminava la situazione, tanto più si rendeva conto che tutti i vari attori del sistema agivano nei loro interessi personali — regolatori, politici, e quelli regolati — e la combinazione dei loro interessi creava esiti perversi. Il "quadro" che potrebbero avere coloro al di fuori della situazione è irrilevante, poiché ciò che effettivamente accade è diverso.

Lontano dagli obiettivi dichiarati dai regolatori e da coloro coinvolti nel processo — la promozione di un presunto "interesse pubblico" — il vero scopo dell'apparato normativo è la promozione dell'apparato normativo. Il sistema esiste per conservare e proteggere sé stesso.



I socialisti sono interessati al controllo, non alla prosperità economica

Mentre osservo (e partecipo ad) alcune discussioni su Facebook e altrove riguardo il socialismo, sono giunto ad alcune conclusioni sulla natura degli argomenti e le ragioni per le quali i socialisti rimangono socialisti nonostante il totale fallimento delle economie socialiste nel corso della storia. Forse il meme che ogni tanto ricompare — "Se i socialisti capissero d'economia, non sarebbero socialisti" — potrebbe essere vero, ma ne dubito. Per come la vedo io, lo scopo del socialismo è quello di promuovere ulteriormente il socialismo, non migliorare la sorte di una società e certamente non promuovere la prosperità.

In primo luogo, e più importante, la mente dei socialisti funziona in modo diverso da quella degli economisti che considerano l'economia come un mix di fattori tra cui produzione, prezzi, beni finali, mercati ed imprenditori che guidano l'intero percorso. Quelli di noi che sono economisti, sono affascinati da questo processo perché vediamo l'ingegno umano, il coordinamento degli obiettivi di numerose persone e, quando funziona il sistema, uno standard di vita superiore per la maggior parte delle persone.

I socialisti, però, non vedono quello che vediamo noi. Invece, vedono il caos ed esiti disuguali. Non a vantaggio di tutti, giusto? In alcune situazioni qualcuno può perdere il lavoro, o un modo di fare le cose diventa obsoleto. Alla fine alcune persone non saranno aiutate affatto, almeno non direttamente, e nella mente di qualcuno che ha una visione organica della società, il fatto che alcune azioni imprenditoriali abbiano creato prodotti che soddisfano le esigenze di altri è irrilevante. La società avrebbe dovuto fornire quei beni gratuitamente! Le persone non dovrebbero pagare per quello di cui hanno bisogno!

Siete un chirurgo che se la cava bene dal punto di vista finanziario perché avete compiuto miracoli medici per le persone che avevano bisogno dei vostri servizi? Avete sfruttato le persone malate! Siete come Martha Stewart che è diventata ricca mostrando alla gente come migliorare le feste? Che dire dei poveri? Non hanno case belle!

Quando ho iniziato a scrivere di economia quasi 40 anni fa, ero come Bruce Yandle: credevo che tutto ciò che fosse necessario per convincere i socialisti a smettere di essere socialisti, era un argomento economico ben motivato. Spiegare che gli imprenditori non guadagnano profitti sfruttando i lavoratori, ma piuttosto gli imprenditori migliorano la vita dei lavoratori indirizzando le risorse verso usi ritenuti dal mercato più urgenti. Spiegare come un sistema di prezzi comporti esiti moralmente giusti perché, alla fine, indirizza le risorse verso la soddisfazione delle esigenze dei consumatori. E così via.

Credo ancora in questi argomenti, e nel corso degli anni sono arrivato a capirli anche meglio di quando scrissi il mio primo articolo per la rivista The Freeman nel 1981. (È strano come il libro, L'economia cristiana in una lezione, continui ad essere sempre più rilevante ogni volta che lo leggo.) Tuttavia credo che la fine di tutta questa attività sia — o dovrebbe essere — il miglioramento della vita delle persone in un modo che non sia predatorio e porti alla cooperazione volontaria tra gli attori economici. In altre parole, l'attività economica è un mezzo per un fine, e lo scopo è persone libere che guadagnano ricchezza e migliorano il proprio tenore di vita.

Un socialista non vede le cose in questo modo. Lo scopo del socialismo non è uno standard di vita più elevato, o addirittura migliorare la vita dei poveri, per quanto un socialista parlerà del benessere delle persone povere. No, lo scopo del socialismo è il socialismo, o per meglio dire, l'ideale del socialismo. Una volta che viene implementato il socialismo, come accaduto in Venezuela o nell'ex-URSS o a Cuba, l'ideale sociale è ormai stato raggiunto, non importa quale possa essere il risultato effettivo.

Ma per quanto riguarda i problemi che inevitabilmente si verificano in un'economia socialista? I socialisti non sono scossi dalla crisi economica in Venezuela? La risposta è NO. Ad esempio, The Nation, che per generazioni ha sostenuto vari movimenti comunisti, ritiene che il Venezuela soffra di una carenza di socialismo:

Se il socialismo è inteso come un sistema in cui i lavoratori e le comunità (piuttosto che burocrati, politici ed imprenditori ammanicati) esercitano un controllo democratico efficace sul processo decisionale economico e politico, il Venezuela non è affetto da troppo socialismo, ma da troppo poco socialismo. Chi può negare che il Venezuela sarebbe stato meglio se le centinaia di miliardi di dollari inghiottiti dalla corruzione fossero invece finiti nelle mani delle comunità organizzate?

L'autore crede che il socialismo possa essere separato dallo stato, dando plateale sfoggio di disonestà o ingenuità, o forse entrambe le cose. Dopo tutto, l'autore continua affermando che il sistema di controllo dei prezzi imposto dal governo, ha avuto scarso effetto economico e non è stato dannoso; non solo, ma visto che la maggior parte delle aziende in Venezuela è ufficialmente di proprietà privata, egli afferma che il governo ha poco controllo economico sulle loro operazioni. (Come sappiamo, il governo ha sequestrato le imprese, ha arrestato i proprietari di quei negozi che hanno aumentato i prezzi a fronte del diluvio di cartamoneta, e ha vaneggiato di ridicole cospirazioni atte a rovesciare il governo.)

L'unica cosa che l'autore non dice, è che il governo sta implementando le sue politiche e la sua ideologia socialista. Ciò vorrebbe dire che il socialismo ha fallito e nessun socialista abbraccerà mai l'idea che il socialismo possa fallire.

Forse il miglior esempio è il famoso articolo di Robert Heilbroner del 1989 sul New Yorker, "The Triumph of Capitalism," scritto ancor prima che crollasse il muro di Berlino insieme ai governi comunisti dell'Europa orientale e l'URSS. Un anno dopo scrisse, sempre sul New Yorker, "After Communism." Nel suo primo articolo scrisse:

L'Unione Sovietica, la Cina e l'Europa orientale ci hanno dato la più chiara prova possibile che il capitalismo organizza gli affari materiali del genere umano in modo più soddisfacente rispetto al socialismo: per quanto il mercato possa distribuire le merci in modo iniquo o irresponsabile, lo fa meglio delle code in un'economia pianificata [...]. La grande domanda ora è quanto sarà rapida la trasformazione del socialismo in capitalismo, e non il contrario.

Tuttavia è chiaro, soprattutto dopo il secondo articolo, che Heilbroner non stava sostenendo i mercati liberi, ma considerava il crollo del sistema comunista come una pausa strategica in quella che definiva la Lunga Marcia verso il Socialismo. Per raggiungere tale utopia, scrisse Heilbroner, i socialisti dovevano rivolgersi all'ambientalismo. (Che la maggior parte dei paesi socialisti fosse un disastro anche dal punto di vista ecologico, non sfiorò neanche per un momento la mente di Heilbroner, e nessuno dovrebbe rimanerne sorpreso. Per Heilbroner lo scopo del socialismo non era produrre e distribuire equamente le merci; no, lo scopo del socialismo era il socialismo.)

In altre parole, anche dopo aver visto crollare il sistema socialista che economisti come lui, John Kenneth Galbraith e Paul Samuelson avevano elogiato per una generazione, Heilbroner non riusciva ad ammettere che forse i socialisti dovevano abbandonare il loro credo e promuovere il capitalismo. No, Heilbroner decise che i socialisti necessitassero semplicemente di nuove strategie per trovare il modo di implementare un controllo statale (leggi, sociale) sulle risorse e sui risultati economici. È interessante notare che scrisse queste parole anche dopo aver riconosciuto che Ludwig von Mises e F. A. Hayek avevano ragione nella loro valutazione del "problema del calcolo economico" in un ambiente socialista, ma anche tale ammissione non portò Heilbroner a rifiutare in toto il sistema socialista.

Come il personaggio di Fonzie in Happy Days che non riusciva mai ad ammettere di aver "torto", Heilbroner — e altri come lui — non riusciva ad ammettere che il socialismo in qualsiasi forma si sarebbe arenato, sia che si trattasse di fornire cure mediche, che di stabilire severe politiche ambientali, o creare un vasto stato sociale. Il problema centrale che deve affrontare il socialismo — il calcolo economico — non scompare solo perché un governo non possiede direttamente i fattori di produzione e s'impegna in piani economici quinquennali.

Ciò significa che gli economisti come me, non dovrebbero smettere di scrivere sui fallimenti del socialismo o smettere di spiegare come funziona la proprietà privata ed un sistema di prezzi. In primo luogo, non si finisce mai d'imparare né nella vita in generale né nel campo economico. I socialisti potrebbero non essere in grado di abbandonare la loro fede, ma altri che potrebbero essere interessati ad ascoltare argomentazioni ben motivate, potrebbero non unirsi alla Chiesa del Socialismo.

In secondo luogo, non vi è nulla di sbagliato nel dire la verità e solo perché i socialisti ed i loro seguaci sono contrari alla verità, non significa che dobbiamo rinunciare a dire ciò che sappiamo essere vero. Solo perché i socialisti rifiutano di credere che il socialismo sia un fallimento — anche quando le prove dimostrano il contrario — non significa che siano in possesso di una superiorità morale ed intellettuale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


giovedì 5 dicembre 2013

Friedman aveva ragione su Rothbard per quanto riguarda le banche fallite?

«Nel XX secolo gli stati, invece di sgonfiare o limitare la propria inflazione, uscirono semplicemente del gold standard di fronte a richieste pressanti per il loro oro. Questo, ovviamente, garantì agli occhi della popolazione che la Banca Centrale non poteva fallire, in quanto le sue banconote diventarono denaro standard. In breve, gli stati si rifiutarono di pagare i propri debiti ed assolsero anche il sistema bancario da questo dovere oneroso.
Una delle ragioni per cui la popolazione fu condotta ad ignorare l'oro e favorire le banconote, fu la grande fiducia che tutti avevano nei confronti della Banca Centrale. Quest'ultima, in possesso di quasi tutto l'oro del regno e sostenuta dalla potenza e dal prestigio dello stato, non poteva fallire e andare in bancarotta! Ed è certamente vero che nessuna banca centrale nella storia sia mai andata in bancarotta. Ma perché no? A causa di quella regola non scritta, ma a volte molto chiara: non si può permettere che accada! Se gli stati a volte hanno consentito alle banche private di sospendere i loro pagamenti, immaginate quanto possano essere lesti nel permettere che la Banca Centrale — un loro organo — li sospenda! Nella storia bancaria centrale questo precedente fu stabilito quando l'Inghilterra permise alla Banca d'Inghilterra di sospendere i suoi pagamenti alla fine del XVIII secolo, e prolungò questa sospensione per oltre venti anni.
La Banca Centrale si armò così con la fiducia quasi illimitata delle persone. In quel momento non riuscivano a capire che alla Banca Centrale era stato concesso un potere di falsificazione arbitraria e l'immunità da ogni responsabilità se fosse stata messa in discussione la sua buona fede. Consideravano la Banca Centrale come una grande banca nazionale, interessata a svolgere un servizio pubblico e protetta dal fallimento essendo un braccio dello stato.»


~ Murray N. Rothbard, What Has Government Done to Our Money?
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di William L. Anderson


Si suppone che l'economia sia una scienza che coinvolga la logica, ma pare che gli economisti mainstream di oggi perseguano le loro tesi impiegando fallacie logiche. Di recente mi sono imbattuto in un post sul blog di Paul Krugman, nel quale utilizza un'intervista del 1999 di Milton Friedman per attaccare la teoria Austriaca del ciclo economico.

La fallacia logica si chiama argumentum ad auctoritatem o "appello all'autorità": qualcuno cita una dichiarazione di qualcun'altro considerato un'autorità su un determinato argomento sostenendo in tal modo che un certo punto di vista deve essere vero perché l'ha detto quell'autorità. Nel suo blog Krugman tenta di utilizzare la dichiarazione di Friedman come parte di un ragionamento deduttivo, prendendo quanto segue da un'intervista all'Hoover Institution:

Penso che la teoria Austriaca del ciclo economico abbia danneggiato il mondo. Se si torna indietro agli anni '30, troverete degli Austriaci seduti a Londra, Hayek e Lionel Robbins, intenti a sostenere che bisogna lasciare che il mondo si curi da sé. Basta non fare nulla. Invece la situazione peggiorerà. Troverete Rothbard che dice che sarebbe un grande errore non lasciar fallire l'intero sistema bancario. Penso che sia un errore incoraggiare questo tipo di politica del non fare niente, sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. [Enfasi mia]

Prima di analizzare la dichiarazione di Friedman, lasciatemi dire che Krugman sta cercando di comunicare quanto segue: se Milton Friedman ha contestato la teoria Austriaca del ciclo economico, allora deve essere sbagliata perché Friedman era un sostenitore del libero mercato. Dubito che Krugman sia d'accordo con qualsiasi altra cosa nella dichiarazione e sarebbe stato più che felice nell'affermare che Friedman si sbagliava quasi su tutto. Tuttavia, dato che Friedman ha attaccato gli Austriaci — e Krugman odia gli Austriaci e soprattutto le loro opinioni sul ciclo economico — allora va bene usare Friedman contro di loro.

Le tattiche di Krugman sono di basso livello, accademicamente parlando. Forse sto estremizzando, ma se uno dei più rispettati Nobel per l'economia se ne esce spesso con fallacie logiche, e non è chiamato a risponderne dai suoi colleghi, allora la corrente economia mainstream ha davvero qualche problema.

Dato che Krugman (secondo il quale l'ABCT è intellettualmente fraudolenta) cita Friedman per "dimostrare" che la teoria è in realtà una truffa, forse dobbiamo analizzare con più attenzione la dichiarazione di Friedman per capire se è esatta. La maggior parte della dichiarazione rappresenta un'opinione, ma c'è una frase che può essere esaminata in modo abbastanza obiettivo: "Troverete Rothbard che dice che sarebbe un grande errore non lasciar fallire l'intero sistema bancario." Rothbard ha davvero detto questo?

Mentre Friedman non fornisce la fonte della presunta posizione di Rothbard, sappiamo che durante tutta la sua carriera mosse alcune critiche al vetriolo sulla riserva frazionaria e ci fornì anche le sue prescrizioni di politica riguardo a ciò che secondo lui si sarebbe dovuto fare (in materia bancaria) durante il primo anno della Grande Depressione.

Se si può vuole un'affermazione di Rothbard che combaci con quella di Friedman, molto probabilmente sarebbe la seguente tratta da La Grande Depressione Americana:

Il laissez-faire avrebbe fatto in modo che le banche della nazione chiudessero — come probabilmente sarebbe accaduto senza l'intervento statale. La proprietà delle banche fallite sarebbe stata trasferita ai rispettivi depositanti, i quali avrebbero preso il controllo degli asset investiti e congelati. Ci sarebbe stata un grande (ma rapida) deflazione, con l'offerta di moneta che si sarebbe contratta per combaciare con le riserve auree della nazione. I depositanti sarebbero diventati "risparmiatori forzati" nelle attività bancarie esistenti (prestiti ed investimenti). Questo intervento chirurgico di pulizia avrebbe posto fine, una volta per tutte, alla riserva frazionaria; d'ora in avanti le basi dei prestiti e degli investimenti avrebbero trovato fondamento sul risparmio volontario delle persone piuttosto che sull'espansione artificiale del credito, ed il paese sarebbero tornato ad una base monetaria sana e reale. La minaccia dell'inflazione e della depressione si sarebbe conclusa in modo permanente e sarebbe stata inaugurata una ripresa dall'attuale crisi.

Mentre la citazione qui sopra potrebbe sembrare radicale per uno come Friedman (che in realtà era un sostenitore della moneta cartacea come Krugman), si debbono comprendere le implicazioni più ampie e non solo quelle ideologiche per quanto riguarda il libero mercato. Primo, e più importante, Rothbard ritiene che la riserva frazionaria sia intrinsecamente fraudolenta e, altrettanto importante, la sua natura innesca crisi finanziarie.

In altre parole, Rothbard stava dichiarando che quel tipo di sistema bancario e finanziario che Friedman supportava era il responsabile della Grande Depressione. Rothbard stava semplicemente dicendo che un tale sistema doveva essere eliminato perché era intrinsecamente distruttivo.

Inoltre Rothbard non stava sostenendo la distruzione "dell'intero sistema bancario," ma piuttosto stava sottolineando l'ovvio: il sistema si era auto-distrutto ed aveva trascinato con sé l'intera economia. Rothbard non voleva cancellare qualcosa di sano, ma stava evidenziando che il sistema era ormai defunto.

Per di più Rothbard credeva che se fosse stata abolita la riserva frazionaria, al suo posto sarebbe nato un nuovo e più stabile sistema bancario con riserva al 100% e che il nuovo sistema finanziario avrebbe funzionato meglio di quello vecchio. Tale scenario rappresenterebbe un anatema per persone come Friedman e Krugman, i quali sostengono che l'economia ha bisogno di una valuta "flessibile" che possa essere manipolata dalle autorità statali — sempre per il "bene comune," naturalmente.

E' vero, la ricetta politica di Rothbard è scarna di dettagli (ad esempio il modo con cui i depositanti sarebbero entrati in possesso della loro quota di asset restanti). Ciò che è importante, però, è chiarire come Rothbard non stesse sostenendo la "distruzione" del sistema, ma piuttosto stesse dicendo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto sostituire un sistema fallito (distrutto dall'ingerenza politica) con uno che avrebbe operato senza autorità statali, che si fosse auto-regolato e che non sarebbe stato oggetto di disastrose corse agli sportelli bancari.

Friedman (e Krugman) non avrebbero sottoscritto tutto questo, naturalmente. Krugman (che di recente ha ammesso il vero obiettivo dei Keynesiani: il controllo statale dell'economia) si oppone a qualunque cosa che preveda l'assenza di influenza politica in qualsiasi settore economico. E mentre è vero che Friedman aveva ragione su molti punti che riguardano il libero mercato, era disposto a mettere l'elemento più importante dell'economia moderna — il denaro — nelle mani della stessa entità — lo stato — che riteneva la fonte della maggior parte dei nostri mali economici.

Ricapitolando: un economista che impiega fallacie logiche e che crede nel controllo statale dell'economia, ritiene cosa buona e giusta citare un economista che travisa la posizione Austriaca sul settore bancario e finanziario; e di conseguenza gli Austriaci passano dalla parte del torto. Se non altro, questo scenario la dice lunga sullo stato pietoso dell'economia mainstream moderna.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/