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lunedì 19 maggio 2025

Il gorgo della giustizia strumentalizzata

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Ramesh Thakur

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-gorgo-della-giustizia-strumentalizzata)

Come in una brutta barzelletta del tipo “Quando un pollo entra in un pub”, quando i querelanti entrano in un'aula di tribunale e incontrano giudici favorevoli alle ingiunzioni, il risultato è un gorgo di giustizia strumentalizzata. Nel discutere dell'attuale scompiglio giurisdizionale tra l'esecutivo e la magistratura statunitense, trovo impossibile ignorare il totale fallimento dei tribunali nel proteggere i diritti, la dignità e la libertà delle persone sotto l'attacco totale dello stato amministrativo durante gli anni della “pandemia”.

Negli ultimi anni è diventato tristemente evidente che la minaccia più grave alla teoria e alla pratica della democrazia non è l'ascesa del populismo, con aspiranti fascisti e neonazisti come tribuni seducenti, ma élite tecnocratiche che nutrono un disprezzo a malapena celato per le convinzioni politiche e il comportamento elettorale dei “deplorevoli”. Inoltre, mentre le barriere di resistenza all'avanzata populista crollano una a una sotto l'assalto degli elettori infuriati, l'ultima frontiera della resistenza delle élite sono i tribunali. Il clero giurisprudenziale – avvocati, professori di diritto e giudici – fa parte dell'élite al potere e rappresenta l'ultima linea di difesa per salvaguardare le vittorie già ottenute dai sostenitori della giustizia sociale nella loro lunga marcia per conquistare le istituzioni.


Fallibilità dei giudici

A differenza di ogni altra professione, la magistratura è infallibile? Chiaramente no, altrimenti non sarebbe stata complice della più grande violazione delle libertà delle persone durante gli anni della “pandemia”. Ogni Paese con uno stato di diritto credibile, di tanto in tanto, ribalta condanne ingiuste del passato. Tra gli esempi australiani più noti ci sono quelli di Lindy Chamberlain e del cardinale George Pell.

Di conseguenza i giudici sono individualmente infallibili e liberi da qualsiasi influenza di pregiudizi, convinzioni ed esperienze di vita personali? Anche in questo caso, chiaramente no. Se lo fossero, in ogni singolo verdetto emesso da un collegio di giudici, essi sarebbero unanimi e potremmo risparmiare tempo e denaro eliminando i vari gradi di appello. Dall'Australia si consideri ancora una volta il caso del cardinale Pell. Condannato da una giuria, la condanna è stata confermata con 2 voti a 1 dalla Corte d'appello statale, ma ribaltata all'unanimità dall'Alta corte d'Australia (la nostra Corte suprema). Stesse leggi, stesse prove, sentenze diverse.

Ogni giudice è un esempio di integrità e competenza giudiziaria? No. Alcuni sono corrotti o colpevoli di altri atti illeciti. Molti altri, sospetto, sono incompetenti piuttosto che disonesti o corrotti. I meccanismi per riconoscere l'incompetenza sono meno e meno invocati rispetto a quelli per individuare e punire la corruzione e gli illeciti. Eppure, anche su questi ultimi non si può sempre fare affidamento.

La notte del 14 marzo, in India, la residenza ufficiale di un giudice dell'Alta corte di Delhi, il giudice Yashwant Varma, è andata a fuoco. Vigili del fuoco e agenti di polizia, accorsi per domare l'incendio, hanno scoperto sacchi di iuta pieni di denaro bruciato. Il Commissario di polizia ha contattato il Presidente della Corte suprema di Delhi, il 15, per informarlo degli sviluppi, il quale a sua volta ha trasmesso le informazioni alla Corte suprema dell'India. Il Presidente di quest'ultima ha istituito un collegio di tre giudici per indagare sulla questione e la sua relazione, pubblicata online (con alcune modifiche) nell'interesse della trasparenza, dato l'intenso interesse pubblico, ha dimostrato che c'erano i presupposti per un'indagine completa e adeguata. Nel frattempo il giudice Varma è stato trasferito a un'altra Corte suprema (nonostante la protesta dell'ordine degli avvocati di quella Corte) in attesa di ulteriori indagini e provvedimenti.

L'accenno di corruzione sarebbe molto probabilmente passato inosservato se non fosse stato per il fortuito incendio scoppiato nell'abitazione del giudice. Questo di per sé è un atto di accusa all'inadeguatezza dei meccanismi di controllo per i giudici.

Un'ultima domanda preliminare: a differenza di tutti gli altri rami del governo, la magistratura e i giudici devono essere immuni dallo scrutinio degli stessi tribunali ed essere, quindi, rimessi al loro posto? Suppongo che una distribuzione così perfetta di autodisciplina tra i rami del governo sia possibile ma, essendo un vecchio cinico, perdonate il mio scetticismo. Non tutti i giudici hanno la consapevolezza di sé e la forza di carattere necessarie per resistere alla tentazione di abusare dei propri poteri e della propria autorità. Al contrario, i giudici hanno un interesse collettivo ad ampliare la portata della propria autorità su tutti gli altri settori e, di conseguenza, a proteggersi dalle pressioni altrui.

Un quesito successivo è: come si può conciliare il lento e deliberato processo decisionale giudiziario con la necessità di un'azione talvolta urgente da parte dell'esecutivo? La magistratura è abituata alla propria sequenza e al proprio ritmo di azione, pertanto, per i giudici, l'assoluzione definitiva del cardinale Pell da parte dell'Alta corte d'Australia è stata un trionfo delle istituzioni e del processo giudiziario. Per i comuni mortali il processo è stato una punizione in sé e la pena di 405 giorni trascorsi dietro le sbarre è stata un grave errore giudiziario.

In altre parole, dalla data dell'atto d'accusa nel giugno 2017, passando per due processi con giuria, un primo appello fallito, l'ultimo appello con esito positivo, il rilascio dal carcere nell'aprile 2020 e la morte nel gennaio 2023, ancora incapace di purificare completamente la macchia di pedofilia, più della metà del tempo che gli è rimasta da vivere sulla Terra il cardinale Pell l'ha passata tra processi e una punizione dolosa da parte di una schiera di attivisti anticattolici assetati di sangue. La nazione esigeva un capro espiatorio per gli abusi sessuali sui minori da parte del clero cattolico. Scrivo questo non solo da non cristiano, ma da ateo.


La strumentalizzazione della giustizia e la presa ideologica dei giuristi

Negli Stati Uniti, nei primi due mesi di Trump, sono state presentate più di 125 cause legali per contestare le sue linee di politica, principalmente contro i tentativi di ridimensionare dipartimenti e agenzie governative. Di recente, in un solo giorno, i giudici distrettuali hanno ordinato la sospensione degli ordini esecutivi di Trump nei confronti dello smantellamento della USAID, il ripristino dei finanziamenti DEI da parte del Dipartimento dell'Istruzione, la sospensione dei voli di espulsione di presunti membri di gang venezuelane e la sospensione del divieto di ingresso nell'esercito per i membri transgender. Trump ha forse sbagliato o esagerato nell'affermare che “questi giudici vogliono assumere i poteri della Presidenza”, che quest'ultima a volte deve “agire rapidamente e con decisione” e che gli Stati Uniti “sono in guai seri” se la Corte Suprema si rifiuta di “risolvere questa situazione tossica e senza precedenti” con urgenza?

Un articolo pubblicato sul Journal of Legal Studies nel gennaio 2018 osservava che, sulla base delle donazioni ai partiti, nel 2012 una minoranza del 35% degli avvocati americani e appena il 15% degli oltre 10.000 professori di diritto erano conservatori. I tre autori dello studio hanno osservato che all'epoca i conservatori controllavano tutti e tre i rami del governo federale e oltre due terzi dei governatorati e delle assemblee legislative statali, mentre gli elettori che si identificavano come conservatori superavano numericamente i progressisti con un rapporto di 35 a 24.

La patologia dell'uniformità ideologica e del disallineamento con l'opinione pubblica è peggiorata considerevolmente da allora. Derek Muller, professore di diritto alla Notre Dame University, dal 2017 all'inizio del 2023 ha esaminato le donazioni politiche dei professori di diritto per partito politico (queste informazioni sono di dominio pubblico negli Stati Uniti). Con sorpresa di nessuno, la loro inclinazione era preponderante verso i Democratici. Dei 3.284 donatori della facoltà di giurisprudenza in quel periodo di oltre cinque anni, il 95,9% ha donato denaro solo ai Democratici, il 2,7% ai Repubblicani e l'1,5% a entrambi i partiti. Scomponendo le donazioni in dollari, il 92,3% è andato ai Democratici e il 7,7% ai Repubblicani. Delle oltre 100 istituzioni esaminate da Muller, ognuna aveva più Democratici registrati che Repubblicani nella facoltà di giurisprudenza, per lo più con ampi margini.

Qualcuno crede seriamente che questo non porti a una discrepanza ideologica tra il clero giurisprudenziale nelle aule di tribunale e tra i giudici e il popolo americano?

Il giudice distrettuale James Boasberg ha ordinato la sospensione dell'espulsione di oltre 250 venezuelani illegali con legami con la gang Tren de Aragua, un'organizzazione terroristica straniera designata come tale a livello federale. Il giudice Boasberg fa parte della bolla di Washington. Questa città ha votato per la candidata democratica Kamala Harris contro Trump con un margine schiacciante del 93,6% contro il 5,5% (con lo 0,9% di voti per posta). Ai voli già in corso è stato intimato di rientrare. L'ordinanza del giudice non ha avuto luogo perché, secondo il governo, gli aerei si trovavano già nello spazio aereo internazionale e quindi la direttiva di non “trasferirli” dagli Stati Uniti era diventata vana.

Un consigliere senior di Trump, Stephen Miller, ha affermato che un tribunale distrettuale “non ha la capacità di limitare in alcun modo l'autorità del Presidente ai sensi dell'Alien Enemies Act”. A prescindere dalle opinioni degli esperti di diritto, la maggior parte degli elettori probabilmente si schiererà con l'amministrazione, sostenendo che l'entità dell'immigrazione attraverso il confine meridionale durante gli anni di Biden ha raggiunto la soglia di “invasione o incursione predatoria” ai sensi della legge, giustificandone l'arresto e la rimozione come “nemici stranieri”. Trump ha definito Boasberg un giudice di Obama “agitatore e provocatore” e che “dovrebbe essere messo sotto accusa!!!”.

I critici hanno messo in guardia contro un “attacco all'intero ordine costituzionale americano”. In una rara replica pubblica, il Presidente della Corte suprema, John Roberts (che è rimasto in silenzio quando un appello dei Democratici ha chiesto l'impeachment dei giudici), ha affermato: “Per oltre due secoli è stato stabilito che l'impeachment non è una risposta appropriata al disaccordo” sulle decisioni giudiziarie. Al contrario “il normale processo di revisione d'appello” fornisce il rimedio appropriato. Il 26 marzo la Corte d'appello degli Stati Uniti per il circuito di Washington ha confermato la sospensione temporanea delle espulsioni con una decisione a maggioranza di 2 a 1.

Roberts ignora una causa fondamentale dell'imminente crisi costituzionale: l'assenza di meccanismi che garantiscano che la magistratura rimanga al suo posto, pur esortando l'esecutivo a farlo. La separazione dei poteri impone limiti all'indipendenza di tutti e tre i rami. La magistratura non può essere l'unico arbitro della propria portata e dei propri limiti, così come di quelli del Congresso e del Presidente. Chi, allora, può identificare questi limiti? Le ingiunzioni nazionali incoraggiano gli attivisti a presentare un ricorso in una giurisdizione e con un giudice che probabilmente si mostrerà comprensivo. Inoltre “tendono a costringere i giudici a prendere decisioni affrettate, ad alto rischio e con scarse informazioni”, ha osservato il giudice Neil Gorsuch in una sentenza della Corte suprema del 2020.

L'assunto secondo cui nessun giudice agisce mai in modo ideologicamente partigiano è palesemente falso. Gli eventi nel mondo reale si muovono molto più velocemente del ritmo glaciale dei procedimenti giudiziari. Ciò significa che anche la Corte suprema deve agire più rapidamente e con decisione per frenare i giudici fuori controllo. Un'interpretazione alternativa all'allarmistica “crisi costituzionale” è quindi che le azioni di Trump possano contribuire a ripristinare l'integrità costituzionale e la responsabilità democratica, sottraendo potere e risorse allo Stato amministrativo e restituendoli al Congresso e all'esecutivo.

Le ingiunzioni nazionali da parte dei tribunali distrettuali sono rare quando Trump non è coinvolto. Secondo un articolo dell'Harvard Law Review dello scorso anno, ce ne sono state in totale 127 dal 1963 all'inizio del 2020. Più della metà (64) erano contro la prima amministrazione Trump. Nel periodo che comprende le presidenze di Bush senior e Obama, più i primi tre anni di Biden, ce ne sono state 32. Solo a febbraio di quest'anno ce ne sono state 15 contro Trump, secondo un documento depositato dal Dipartimento di giustizia presso la Corte suprema.

Il giudice Boasberg aveva precedentemente rilasciato una carta “esci gratis di progione” all'avvocato dell'FBI Kevin Clinesmith, il quale aveva modificato un'email per ottenere un mandato di cattura dal tribunale del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) e sorvegliare il consigliere della campagna elettorale di Trump, Carter Page. Questo fu il preludio alla bufala sulla collusione con la Russia che ha gravemente danneggiato la prima amministrazione Trump. Boasberg ha condannato Clinesmith alla libertà vigilata anziché al carcere. Ha inoltre inflitto condanne controverse ai manifestanti del 6 gennaio 2020 e ha ordinato a Mike Pence di testimoniare davanti alla giuria che indagava sul ruolo di Trump in quelle rivolte.

Data la composizione del Senato, qualsiasi tentativo di mettere sotto accusa il giudice Boasberg non è fattibile come proposta politica. Questo è diverso dal valutare la legalità dell'azione. L'impeachment può essere abusato quando viene usato come arma o come barriera contro gli abusi giudiziari. Una singola decisione errata può essere gestita tramite il normale processo di revisione d'appello. Una serie di sentenze che dia adito al timore di parzialità può costituire un reato passibile di impeachment. Inoltre la crisi si è intensificata fino a questo punto a causa della timidezza istituzionale e della codardia della Corte suprema.

Roberts aveva precedentemente espresso preoccupazione per la “legittimità istituzionale” della magistratura federale. Una conseguenza prevedibile del suo implicito rimprovero a Trump è stata quella di incoraggiare giudici attivisti e ONG a ritardare e ostacolare il presidente nell'attuazione del suo programma politico approvato dagli elettori. Contrariamente a quanto afferma, il processo d'appello non ha funzionato in modo efficiente. La Corte suprema deve intervenire rapidamente per frenare l'eccesso di potere giudiziario dei giudici distrettuali e adottare sistemi ordinati di decisione in materia di urgenza.

Il senatore dello Utah, Mike Lee (R-UT), ha proposto una legge che impone a un collegio di tre giudici provenienti da diversi distretti – due giudici distrettuali e un giudice della Corte d'appello – di pronunciarsi sulle contestazioni ai provvedimenti presidenziali, con la possibilità di presentare ricorso direttamente alla Corte suprema. Questa potrebbe non essere la formula migliore, ma sembra un miglioramento rispetto all'attuale sistema imperfetto.


La patologia non è limitata agli Stati Uniti

Nel febbraio 2020 l'Alta corte australiana ha stabilito, con una controversa sentenza a maggioranza di 4 a 3 nel caso Love contro Commonwealth, che un aborigeno australiano che non sia effettivamente cittadino australiano non può essere considerato uno “straniero” ai sensi della Costituzione. A differenza dei non aborigeni residenti che non sono cittadini, gli aborigeni australiani non possono essere espulsi nemmeno se condannati per un reato. A quanto pare mantengono un legame mistico e inalienabile con la terra e il Paese.

Possiamo comprendere come e perché questa strana interpretazione della Costituzione sia potuta nascere analizzando una controversia che coinvolge una facoltà di giurisprudenza australiana. Nelle ultime due settimane l'Australian ha pubblicato una serie di articoli sull'indottrinamento razziale e di genere da parte dei corsi di giurisprudenza della Macquarie University, pena la bocciatura per errori di valutazione.

Alcuni di questi articoli sono stati scritti da studenti di quella facoltà che hanno scelto l'anonimato per evitare ritorsioni. Molte delle descrizioni per il dottorato di ricerca in giurisprudenza sono incoerenti e grammaticalmente discutibili. Spesso i moduli non hanno nulla a che fare con la materia principale del corso a cui si sono iscritti. Alcuni dei giudici di domani saranno laureati in queste scuole. Ci si può aspettare che applichino il diritto senza indottrinamenti e pregiudizi radicati?

Per chiudere il cerchio, uno studente anonimo ha scritto che gli studenti sono tenuti a:

scrivere un saggio che rifletta su come una o più di queste teorie critiche degli studi giuridici siano rilevanti per il nostro argomento di dottorato. E mi è stato chiarito che ci si aspettava che includesse qualcosa di simile anche la propria tesi, indipendentemente dall'argomento.

James Allan della Queensland University, uno dei pochissimi professori di diritto conservatori in Australia, sottolinea che quando il Primo ministro Boris Johnson prorogò il Parlamento del Regno Unito per far approvare la Brexit, “tutti i giudici della Corte suprema del Regno Unito, favorevoli al Remain, hanno ribaltato tre secoli di precedenti e hanno dichiarato” incostituzionale la sua azione, nonostante il Paese non abbia una costituzione scritta. Malgrado questo precedente da parte della madre della democrazia parlamentare, la Corte suprema canadese ha confermato il potere del Primo ministro Justin Trudeau di prorogare il Parlamento, esercitato affinché il suo governo potesse evitare una mozione di sfiducia prima che il suo partito avesse il tempo di scegliere un nuovo leader sotto il quale affrontare le elezioni successive.

Il fatto che Mark Carney, che non si è mai nemmeno candidato, né tantomeno vinto un'elezione, possa essere insediato come Primo ministro è di per sé una triste accusa dello stato in cui versa la democrazia canadese. Il cambio di leadership ha completamente trasformato le dinamiche elettorali. Non si tratta forse di un'interferenza giudiziaria nelle elezioni canadesi?

Mentre molte democrazie occidentali raggiungono un punto di svolta sull'immigrazione di massa, i tribunali sono diventati il ​​luogo in cui le democrazie vanno a morire. Il Primo ministro britannico, Keir Starmer, forse il più convinto sostenitore dello stato di diritto tra i leader mondiali e lui stesso avvocato per i diritti umani, il 13 marzo si è lamentato di “una sorta di industria di controllori e bloccatori che usa i soldi pubblici per impedire al governo di rispettare le priorità dei contribuenti”.


Il disprezzo dell'élite per il popolo

È difficile non concludere che i giudici riflettano sempre più un disprezzo dell'élite per il popolo, che si estende alle scelte politiche fatte dai cittadini. Perché Trump fa inorridire così tanto il resto del mondo democratico occidentale? Beh, stiamo iniziando a capirlo. Dice quello che pensa, fa quello che dice e vuole realizzare ciò che ha promesso di fare. L'approccio britannico ed europeo all'esercizio del potere non potrebbe essere più diverso. I principali partiti trattano i cittadini come dei perfetti imbecilli, fanno campagna elettorale in versi per promettere agli elettori tutto ciò che vogliono, poi, una volta al potere, governano in prosa per fare tutto ciò che “noi, l'élite” vogliamo. Le elezioni diventano un esercizio futile.

La prova regina di questa strategia di trattare gli elettori come idioti (tenendoli all'oscuro e nutrendoli di letame) è il Primo ministro Starmer con la sua vittoria schiacciante nel Regno Unito. La prova successiva è il Cancelliere Friedrich Merz in Germania. La prova successiva ancora è il Primo ministro Anthony Albanese in Australia. Come in Germania e nel Regno Unito, la prova più lampante della realtà dell'Unipartito in Australia è come il Primo ministro, Scott Morrison, dopo aver vinto un'elezione opponendosi alla follia del cambiamento climatico, abbia abbracciato la follia di una scadenza per l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica al vertice ambientalista di Glasgow nell'ottobre 2021 e che violava le pari opportunità per tutti gli elettori. E il leader dell'opposizione, Peter Dutton, si rifiuta di abbandonare questa strada nonostante il resto del mondo abbia voltato pagina, soprattutto da quando Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dalla truffa dell'energia verde.

In Australia e nel Regno Unito gli elettori hanno ottenuto un aumento di tassazione e spesa pubblica, uno stato in espansione, immigrazione di massa e fanatismo ambientalista, a prescindere dal partito scelto alle elezioni e le loro promesse elettorali. I partiti di centro-destra nel nuovo Bundestag tedesco hanno ottenuto il 49% dei voti, contro il 28% dei Verdi e della SPD. Eppure sono proprio questi ultimi a essere tenuti da conto da Merz, utilizzando un emendamento costituzionale approvato dal Bundestag uscente, pieno di parlamentari che hanno già esaurito la carica. E tutto in nome della salvaguardia della democrazia! Chissà cosa ne pensa il vicepresidente Vance al riguardo... Nella vicina Romania la tutela della democrazia significa escludere il candidato principale dalle elezioni presidenziali, avvalorando ancora una volta le critiche di Vance alla corruzione della democrazia in tutta Europa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 20 luglio 2022

In ogni mercato dell'energia le sanzioni hanno fallito e falliranno

Sebbene dovesse bastare la sola logica per capire a livello elementare che un tetto ai prezzi è un'idea a dir poco idiota e che chi la promuove dovrebbe essere additato come il somaro che è, non c'è stata alcuna sommossa intellettuale sulla scia di una tale proposta. La teoria economica è assolutamente chiara a riguardo e Gary North, nel suo libro L'Economia cristiana in una lezione tradotto dal sottoscritto a suo tempo, ha fatto un lavoro magistrale, sopratutto nel Capitolo 17, per spiegarlo in termini accessibili a tutti. Ma guardiamo la faccenda del tetto al prezzo del petrolio più dal lato pratico: esistono due motivi principalmente sul perché questa linea di politica è destinata a fallire. Il primo: capire esattamente come imporre un tetto al prezzo del petrolio, lo scenario assicurativo sembra quello più prevedibile ma finirebbe per punire gli assicuratori piuttosto che la Russia. Il secondo: il presupposto che la Russia stia semplicemente a guardare. Si tratta di un presupposto pericoloso e costoso, come sottolineato anche da JP Morgan, la quale ha stimato che se la Russia decidesse di tagliare le esportazioni in risposta al tetto del prezzo, il petrolio potrebbe salire a $380 al barile. Chiunque pensi che gli eurocrati siano in qualche modo "più furbi" rispetto al mercato perché viviamo nell'era moderna, non ha capito come funzionano le leggi economiche. Se non volete essere tanto sciocchi quanto i burocrati, e soprattutto non cadere preda delle loro ridicole prese di posizione, leggete L'Economia cristiana in una lezione di North per assorbire i fondamentali della materia e sviluppare gli anticorpi contro la virulenza del socialismo.

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di David Stockman

In passato eravamo forti sostenitori di un accumulo dello Strategic Petroleum Reserve (SPR). Questo perché alla fine degli anni '70 l'argomento che la faceva da padrone a Washington, tra i vari tipi d'interventi insidiosi di politica energetica – sussidi ai combustibili fossili, controllo dei prezzi di petrolio e gas e controlli sulla loro allocazione, standard obbligatori di efficienza energetica, obblighi alla rete elettrica di acquistare energia eolica/solare, ecc. – era che un una grave interruzione dell'approvvigionamento dal Golfo Persico avrebbe fatto vacillare l'economia statunitense e avrebbe minacciato seriamente la sicurezza nazionale.

Quindi tutti questi interventi erano essenzialmente mirati all'autarchia energetica, utilizzando prodotti ad alto costo fatti in casa tra cui etanolo dal mais, prodotti petroliferi distillati dal carbone, risparmio energetico e molto altro. Naturalmente tutti questi interventi scavalcavano la ricerca da parte del libero mercato di forniture a minor costo, compreso il petrolio importato, ma questa strada venne chiusa preventivamente in nome della “sicurezza energetica”.

Eravamo profondamente diversi. La nostra tesi era che l'approvvigionamento energetico efficiente e la sicurezza energetica fossero questioni completamente diverse e che quest'ultima non richiedesse il sacrificio della prosperità interna e dell'aumento del tenore di vita in nome invece dell'autarchia energetica (indipendenza).

Invece la strategia giusta era duplice:

• In primo luogo, lasciare che il libero mercato trovasse la soluzione meno costosa per il fabbisogno energetico della nazione, indipendentemente da dove provenissero tali forniture;

• In secondo luogo, trattare la "sicurezza energetica" come tutte le questioni di sicurezza nazionale, ovvero come un investimento fiscale. Ciò significava acquistare petrolio greggio da immagazzinare in vaste caverne di sale, dove sarebbe stato disponibile in caso di una grave interruzione della fornitura di petrolio greggio a livello mondiale.

Come accadde, la nostra argomentazione prevalse. Durante i primi anni dell'amministrazione Reagan smantellammo quasi tutto l'apparato di autarchia energetica di Jimmy Carter, inclusi la maggior parte dei sussidi per l'energia alternativa, i controlli sui prezzi e altre misure stravaganti come gli standard di efficienza energetica per i tostapane.

Allo stesso tempo rinforzammo lo SPR da meno di 200 milioni di barili nel 1980 a 600 milioni di barili entro la fine della presidenza Reagan, e da lì a un picco di circa 725 milioni di barili intorno al 2012.

A dire il vero, in quest'ultima data gli Stati Uniti avevano raggiunto qualcosa di vicino all'autosufficienza energetica su base netta. Ma quello era il lavoro di Mr. Market che perseguiva soluzioni a basso costo, non quello dei burocrati di Washington che sceglievano vincitori e vinti.

Di conseguenza, in un colpo solo in un periodo di 30 anni, la sicurezza energetica della nazione venne immensamente migliorata; la burocrazia, attraverso schemi di autarchia energetica, venne decisamente sconfitta e un'economia energetica in gran parte basata sul mercato fece emergere un prolungato periodo di prosperità.

Tuttavia c'era sempre un argomento residuo contro lo SPR: un giorno politici codardi a Capitol Hill, o alla Casa Bianca, l'avrebbero trasformato in un'arma politica, rilasciando forniture al solo scopo di abbassare i prezzi interni della benzina in vista delle elezioni, anche in assenza di una grave interruzione delle forniture mondiali.

Eravamo a conoscenza di questo rischio, ma il gioco valeva la candela visto che ci avrebbe consentito di smantellare gli schemi di autarchia energetica di Washington.

Eppure non avremmo mai pensato che un giorno la Casa Bianca sarebbe stata occupata da politici vili e mendaci come l'entourage di Joe Biden. Alla fine di marzo Sleepy Joe ha annunciato uno sbalorditivo  rilascio di 180 milioni di barili da organizzare a un ritmo di 1 milione di barili al giorno fino alle elezioni di novembre.

In prospettiva, questa strategia riguardo lo SPR è da 10 volte a 90 volte più grande di quanto fosse accaduto in periodi precedenti quando si è verificata una vera emergenza, come la prima guerra del Golfo e la chiusura temporanea della produzione all'indomani dell'uragano Katrina.

Ciò significa che entro il giorno delle elezioni il cuscino di 568 milioni di barili esistente il 31 marzo sarà sceso a soli 390 milioni di barili, la quantità più bassa sin dal 1986, quando il programma era nella sua modalità iniziale di accelerazione.

Se fossimo una testa calda partigiana, come Sean Hannity, saremmo tentati di dire che l'entourage di Biden ha convertito a tradimento una risorsa della sicurezza nazionale in un'arma della sua campagna elettorale. Ma in realtà possiamo accontentarci dell'epiteto "stupidità", perché questo stupido rilascio di riserve dallo SPR non farà scendere materialmente i prezzi alla pompa negli Stati Uniti.

I mercati del petrolio greggio sono tra i mercati più interconnessi e arbitrati del pianeta. In circostanze normali, una volta che ci si adegua ai gradi di qualità e alla distanza/costo di trasporto, lo stesso prezzo per BTU di petrolio prevale in tutto il mondo.

Inutile dire che 1 milione di barili è molto greggio, ma è anche solo l'1% dei 100 milioni di barili al giorno sul mercato globale. Ed è anche molto meno dei 2-3 milioni di barili al giorno di greggio russo che l'insensata Guerra delle Sanzioni di Washington ha ritirato dal sistema di approvvigionamento globale.

Quindi non sorprende che, anche con il recente svenimento delle materie prime, il prezzo alla pompa a $4,77 al gallone sia ancora in aumento del 15% rispetto a quando è stato annunciato il piano di rilascio di Biden alla fine di marzo. Vale a dire, il Team Biden ha tirato fuori un doppio smacco: lo sperpero di una risorsa di sicurezza nazionale e nessun vantaggio alla pompa di benzina.

In realtà, dovremmo dire un triplo smacco. Per gentile concessione della Reuters, ora sappiamo che più di 5 milioni di barili dello SPR sono stati esportati in Europa e in Asia solo il mese scorso.

Ad esempio, la Philips 66, la quarta più grande raffineria di petrolio degli Stati Uniti, ha spedito circa 470.000 barili di greggio dal sito di stoccaggio di Big Hill SPR in Texas a Trieste, in Italia, secondo i dati della dogana statunitense. Trieste è sede di un oleodotto che invia petrolio alle raffinerie dell'Europa centrale.

Allo stesso modo, l'Atlantic Trading and Marketing (ATMI), una filiale della principale compagnia petrolifera francese TotalEnergies, ha esportato 2 carichi da 560.000 barili ciascuno, carichi diretti nei Paesi Bassi e in una raffineria Reliance in India. E un terzo carico era diretto... sentite questa... in Cina!

Naturalmente non c'è davvero nulla di sorprendente in queste rivelazioni. Come abbiamo detto, i mercati petroliferi globali sono strettamente interconnessi e arbitrati, quindi non c'è nulla di particolarmente nefasto di per sé nel fatto che questi carichi SPR siano stati trascinati sul mercato mondiale.

Quello con cui abbiamo a che fare, invece, è la stupidità. Se questi carichi SPR esportati fossero stati legalmente vincolati all'uso nelle raffinerie nazionali, tale obbligo avrebbe semplicemente ritirato una quantità equivalente di greggio nazionale attualmente prodotto che poi sarebbe finito in Italia, Paesi Bassi, India, Cina, ecc. e non avrebbe fatto alcuna differenza alla pompa di benzina.

Inutile dire che questa è l'ABC dell'economia petrolifera di cui il Team Biden è all'oscuro, come ci viene ricordato quasi ogni giorno.

Persino Jeff Bezos si è sentito in dovere d'intervenire quando Sleepy Joe ha twittato che le decine di migliaia di imprenditori indipendenti che gestiscono le stazioni di servizio della nazione e che guadagnano margini maggiori sui bar rispetto alla benzina, dovrebbero tagliare i prezzi per aiutarlo a far rispettare il cosiddetto “ordine internazionale liberal” in Ucraina. Ma questo dimostra semplicemente quanto siano davvero fuori di testa i burattinai del nostro presidente burattino.

E questo ci porta al problema più grande: l'amministrazione Biden non ha solo politicizzato lo SPR, ma ha armato l'intero mercato energetico per perseguire il suo intervento sbagliato nella disputa tra la Russia e i suoi ex-territori.

Ovviamente le sanzioni energetiche si sono ritorte contro i sanzionanti, anche se hanno creato un mercato petrolifero mondiale a due livelli: un banco sconti per gli amici della Russia (come India, Brasile, Sud Africa e Cina) e prezzi premium per la Main Street d'America e per i pietosi alleati europei di Washington. Di conseguenza la Russia sta generando più entrate petrolifere che mai grazie ai prezzi molto più alti su volumi solo leggermente ridotti, mentre Washington e i suoi alleati pagano lo scotto.

Né il mercato petrolifero è la fine di tutta questa storia. A causa del vasto sottoinvestimento in combustibili fossili negli ultimi anni, alimentato da obblighi sull'energia verde e incentivi fuorvianti, un mondo affamato di energia sta tornando al carbone mentre la carenza di gas naturale e petrolio accelera.

Proprio così. Il carbone è stato dato per morto diversi anni fa, un'offerta sacrificale allo scellerato fanatismo anti-CO2 e pilastro della religione del cambiamento climatico. Ma i prezzi oggi sono ai massimi storici: i prezzi spot del carbone nel porto australiano di Newcastle, un fornitore chiave per l'Asia, hanno superato per la prima volta i $400 la tonnellata.

Come ha di recente riassunto il Wall Street Journal:

La spinta è guidata dall'Europa, la quale sta aumentando gli acquisti di carbone per fare in modo che possa mantenere il flusso di energia verso case e fabbriche dopo che la Russia avrà interrotto le forniture di gas al continente. La Germania, che ha promesso di eliminare il carbone come fonte di energia entro il 2030, è tra le nazioni che ora ne importano di più. Infatti il leader del Partito dei Verdi e ministro dell'Economia, Robert Habeck, ha definito amara ma necessaria la maggiore dipendenza dal carbone.

Oltre a Germania, Italia, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Austria hanno ora dichiarato che si stanno preparando a riavviare le centrali a carbone, ad aumentarne la produzione, o a mantenerle in funzione più a lungo del previsto.

Anche alcune parti degli Stati Uniti stanno aumentando l'uso dell'energia a carbone, poiché l'elevata domanda di elettricità a temperature insolitamente calde spinge le reti elettriche regionali sull'orlo del blackout.

Come risultato di queste grandi perturbazioni sui mercati del petrolio e del gas, causate dalle politiche per l'energia verde e dalla guerra delle sanzioni, la domanda di carbone sta raggiungendo livelli record. Ma nonostante tutte le pazzie dei fanatici del clima e gli sforzi in Occidente per bandire il carbone, i numeri parlano chiaro: tra il 2015 e il 2021 il mondo intero, ad eccezione degli Stati Uniti e dell'Europa, ha aumentato il consumo di carbone (nonostante l'Europa abbia ridotto drasticamente l'uso del carbone a favore del gas naturale e del solare e dell'eolico).

Consumo di carbone nel 2021/Variazione percentuale rispetto al 2015: 

• Cina: 4,13 miliardi di tonnellate, in crescita del 9%

• India: 1,06 miliardi di tonnellate, in crescita del 20%

• Resto del mondo: 1,78 miliardi di tonnellate, in crescita dell'8%

• USA: 508 milioni di tonnellate, in calo del 29%

• Europa: 435 milioni di tonnellate, in calo del 36%

• Totale mondiale: 7,9 miliardi di tonnellate, in crescita del 2,2%

Ma ora queste tendenze si stanno invertendo sia negli Stati Uniti che in Europa. Bloomberg ha di recente sottolineato che le importazioni di carbone si sono riversate nella regione di Anversa-Rotterdam-Amsterdam, un enorme snodo di trasporto per l'energia e le materie prime. Durante la prima metà di quest'anno le importazioni sono aumentate del 35%, a 26,9 milioni di tonnellate rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Inutile dire che, proprio come nel caso del petrolio e del gas naturale, Putin si sta rotolando per le scale dalle risate. La Russia, che è il quarto esportatore di carbone al mondo dopo Australia, Indonesia e Sud Africa, sin dal 24 febbraio scorso ha visto aumentare le sue esportazioni di carbone via mare.

C'è stato un cambio di acquirenti, ma la perdita di alcuni mercati in Europa e Giappone è stata più che compensata da un aumento degli acquisti, in particolare, da parte di India e Turchia.

La Russia ha esportato 16,45 milioni di tonnellate di carbone via mare a giugno e 16,56 milioni di tonnellate a maggio rispetto ai 13,43 milioni di tonnellate a dicembre, 12,28 milioni a gennaio e 13,08 milioni a febbraio.

In particolare la Cina ha acquistato 4,72 milioni di tonnellate di carbone dalla Russia a giugno e 4,57 milioni a maggio, secondo Kpler, rispetto ai 3,12 milioni a gennaio e ai 2,61 milioni a febbraio.

L'India, che ha aumentato le importazioni di carbone a causa di una carenza interna, ha notevolmente aumentato gli acquisti dalla Russia, con i dati Kpler che mostrano 1,16 milioni di tonnellate arrivate a giugno e 836.072 tonnellate a maggio, rispetto alle 678.051 tonnellate a gennaio e 501.115 a febbraio.

In breve, in ogni mercato dell'energia la Guerra delle Sanzioni è stata un fallimento per l'Occidente. Oltre ai 5 dollari per la benzina alla pompa, i consumatori statunitensi pagheranno bollette nettamente più alte poiché anche i prezzi del carbone saliranno a livelli senza precedenti.

Sì, dallo SPR al carbone, l'amministrazione Joe Biden è un disastro e non potrà far altro che peggiorare da qui in poi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 14 aprile 2022

L'aumento del debito pubblico mostra che l'inflazione è qui per rimanere

 

 

di Mihai Macovei

Dopo oltre un decennio di bassa inflazione nei prezzi al consumo, nonostante i giganteschi stimoli monetari e fiscali, la recente impennata ha colto di sorpresa la maggior parte delle banche centrali. In primo luogo, hanno cercato di liquidarla come "transitoria" e causata da colli di bottiglia legati alla pandemia. Nel giro di pochi mesi, quando i salari hanno iniziato a crescere fortemente, il presidente della FED, Jerome Powell, ha dovuto ammettere che "i fattori che spingono l'inflazione al rialzo perdureranno fino al prossimo anno". Ora sta affermando che la FED prenderà le misure appropriate per affrontare il problema dell'inflazione, ma la retorica difficilmente risulta convincente. Sia la Federal Reserve che la Banca Centrale Europea (BCE) sembrano fare solo piccoli passi verso la fine del quantitative easing ed il rialzo dei tassi d'interesse, non essendo disposte a rischiare una recessione per domare l'inflazione.

Molto probabilmente il rialzo dei tassi d'interesse farà scoppiare le attuali bolle nel mercato azionario, in quello immobiliare ed in quello del debito societario, rivelando gli investimenti sbagliati alimentati dagli stimoli alla crescita. La FED è ben consapevole di questo rischio perché è esattamente quello che successe nel 2019, quando i mercati finanziari crollarono dopo quattro rialzi dei tassi d'interesse nel 2018. Invece di continuare la normalizzazione della politica monetaria, la FED perse i nervi saldi e prontamente invertì la rotta. Questo è il motivo per cui molti analisti dubitano della determinazione della FED a contrastare l'inflazione adesso. Un altro ostacolo all'eliminazione dell'inflazione è l'ampio stock di debito pubblico accumulato dopo la crisi finanziaria globale ed un preoccupante allentamento della spesa pubblica anche in economie precedentemente frugali. Inoltre questa tendenza è supportata da crescenti richieste di lassismo fiscale tra gli esperti mainstream.


Grave deterioramento delle posizioni fiscali

Negli ultimi settant'anni i cambiamenti nella politica fiscale degli Stati Uniti sono stati un importante motore dell'inflazione nell'indice dei prezzi al consumo. Quando i disavanzi di bilancio sono aumentati, l'inflazione annua ha superato il 5%, soprattutto dopo che gli Stati Uniti sono usciti dal gold standard nel 1971 (Grafico 1). La correlazione non è 1:1, poiché anche altri fattori contribuiscono ad un aumento artificiale dei mezzi fiduciari, ma quasi sempre questo che accade quando si verificano slittamenti fiscali: le banche centrali finiscono per monetizzare una quantità maggiore di debito pubblico.

Grafico 1: deficit di bilancio USA e prezzi al consumo. Fonte: FRED

Gli ultimi due decenni hanno visto un'impennata del debito pubblico in tutto il mondo. Nelle economie avanzate l'onere del debito pubblico è salito da circa il 70% del prodotto interno lordo (PIL) nel 2001 ad oltre il 120% del PIL nel 2021 (si veda il World Economic Outlook Database del Fondo Monetario Internazionale). Tuttavia i pagamenti degli interessi sono diminuiti in modo significativo a causa dei tassi d'interesse ai minimi storici. Ad esempio, sia la Francia che gli Stati Uniti hanno iniziato il nuovo millennio con un rapporto debito pubblico inferiore al 60% del PIL, più che raddoppiato poi lo scorso anno in entrambi i Paesi fino a sfiorare il 120% del PIL in Francia ed oltre il 130% del PIL negli USA (Grafico 2). Nello stesso periodo, il costo annuale del debito pubblico è sceso dal 2,5% all'1% del PIL in Francia e dal 3% al 2% del PIL negli Stati Uniti. Il debito pubblico italiano è aumentato di circa 45 punti percentuali rispetto al PIL, mentre il pagamento degli interessi si è dimezzato, passando da circa il 6% al 3% del PIL. Un calcolo a spanne ci dice che ai tassi d'interesse prevalenti prima del 2001, il costo annuo del debito pubblico sarebbe stato più del 5.5% del PIL in Italia e negli Stati Uniti e del 4% in Francia rispetto allo scorso anno. Inoltre i disavanzi di bilancio in tutti e tre i Paesi sono aumentati fino a raggiungere o superare il 10% del PIL nel 2021 e, secondo l'FMI, potrebbe al massimo scendere del 3-4% del PIL in Italia e Francia e del 5% del PIL negli Stati Uniti dopo la pandemia. Di fronte ad un tale incubo fiscale, come ci si può aspettare che la FED o la BCE si muovano con forza per normalizzare i tassi d'interesse?

Grafico 2: Debito pubblico e pagamenti degli interessi. Fonte: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico & FMI

Peggio ancora, la dissolutezza fiscale sembra diffondersi più rapidamente della pandemia. Se l'Italia e la Francia non hanno mai eccelso nella disciplina fiscale, Paesi come Australia, Corea, Germania e Paesi Bassi erano famosi per la loro moderazione fiscale. Sembra che sia tutto finito ora. A causa di stimoli fiscali ricorrenti, il debito pubblico australiano è passato da un livello molto basso del 10% del PIL prima della crisi finanziaria globale al 62% del PIL nel 2021 (si veda il World Economic Outlook Database). La correzione dei deficit e del debito è ora diventata una sfida seria, ulteriormente aggravata da una minacciosa bolla immobiliare. Dal 2017, quando il presidente Moon Jae è salito al comando in Corea del Sud, la sua strategia di crescita economica basata sul reddito, basata sull'aumento dei consumi e sulla ridistribuzione del reddito, ha portato ad una considerevole espansione fiscale. La lunga serie di ampi avanzi di bilancio della Corea si è interrotta bruscamente poco prima della pandemia ed il suo bilancio ha registrato un disavanzo del 3% del PIL nel 2021 (Grafico 3). Si prevede che la spesa di bilancio di quest'anno aumenterà di un altro 8% al fine di espandere la rete di sicurezza sociale della Corea, sovvenzionare le piccole imprese ed investire nella transizione verde.

Grafico 3: disavanzi delle amministrazioni pubbliche. Fonte: Database delle prospettive economiche mondiali

Germania e Paesi Bassi erano i membri "frugali" più importanti nell'area Euro, con bilanci in pareggio per diversi anni ed intenzionati a frenare la stravaganza fiscale degli altri membri dell'UE. Ora entrambi i Paesi hanno promesso un aumento senza precedenti della spesa pubblica oltre a quella già vista nella pandemia. La posizione di bilancio dei Paesi Bassi è peggiorata da un avanzo del 2,5% del PIL nel 2019 ad un disavanzo superiore al 6% del PIL nel 2021 (Grafico 3). Il budget dovrebbe rimanere in rosso nei prossimi anni, poiché il governo prevede di spendere di più per immobili, istruzione, assistenza all'infanzia e transizione verde. La Germania ha chiuso il 2021 con un disavanzo di bilancio vicino al 7% del PIL ed il suo nuovo governo di coalizione ha agende verdi e sociali molto ambiziose. La coalizione vuole accelerare l'abbandono dell'energia da carbone, mettere 15 milioni di auto elettriche sulle strade, costruire 400.000 case popolari ed aumentare il salario minimo a €12 l'ora, pur impegnandosi a ripristinare un freno all'indebitamento entro il 2023 e non aumentare le tasse.

L'inclinazione della Germania all'allentamento fiscale è evidente non solo nei suoi piani per una spesa più elevata, ma anche in una posizione più accomodante nei confronti di un allentamento delle regole di bilancio dell'UE. Queste ultime sono state sospese durante la pandemia e Paesi fortemente indebitati, come Italia, Francia e Grecia, stanno spingendo affinché le cose rimangano così al fine di soddisfare la grande necessità di investimenti verdi e livelli di debito post-pandemia molto più elevati. Si stima che gli obiettivi climatici estremamente ambiziosi dell'UE costeranno fino all'1% del PIL in investimenti pubblici all'anno durante questo decennio, complicando ancora di più la sfida del risanamento di bilancio. Con una minore opposizione all'allentamento delle regole di bilancio da parte di Paesi Bassi e Germania, e la crescente divergenza fiscale tra i membri dell'area Euro, è molto probabile che le considerazioni sulla stabilità finanziaria e sulla crescita a breve termine avranno la precedenza sulla disciplina di bilancio.


Richieste crescenti per sgonfiare il debito mediante l'inflazione

Le stesse voci che chiedevano grandi stimoli alla crescita all'indomani della crisi finanziaria globale, stanno sostenendo ancora una volta, in puro stile keynesiano, che l'austerità è una strada verso il fallimento, mentre gli "investimenti" pubblici stimoleranno la crescita e, in definitiva, miglioreranno la stabilità fiscale riducendo il rapporto debito/PIL. Secondo loro l'Europa non dovrebbe tornare alle regole fiscali pre-pandemia, sebbene queste fossero a malapena osservate anche allora. Gli argomenti principali avanzati sono i cosiddetti successi della massiccia spesa in deficit durante la pandemia e la migliore performance di crescita degli Stati Uniti durante la Grande Recessione. Ma, insieme ai “decenni perduti” del Giappone, questi sono ottimi esempi del fatto che gli stimoli alla crescita non funzionano.

La ripresa economica è rimasta contenuta non solo negli Stati Uniti, ma in tutte le economie avanzate. Parallelamente, i livelli del debito pubblico e privato hanno continuato a crescere, mentre le bolle in azioni ed immobili sono state rigonfiate a nuovi massimi. Con gli stimoli monetari e fiscali ancora in atto, la “ripresa” è principalmente un artificioso doping del PIL, cosa che rischia di scoppiare quando gli stimoli verranno rimossi. La strategia d'investimento e crescita sostenuta dagli economisti mainstream non è altro che un appello a gonfiare il debito attraverso la spesa pubblica. Ciò ignora del tutto gli effetti disastrosi che avrebbe un'accelerazione della stampa di denaro, poiché verrebbero intensificate l'erosione del capitale e le distorsioni nella struttura della produzione.

Alcuni sostenitori dell'inflazione cercano anche di utilizzare la modellazione econometrica per dimostrare che finora la politica monetaria non è stata sufficientemente espansiva. A loro avviso il quantitative easing può aiutare a raggiungere gli obiettivi di inflazione e ridurre i costi del debito in modo che la politica fiscale possa intervenire in modo più aggressivo per sostenere la crescita e, infine, stabilizzare la posizione dei bilanci. Se questo è vero, perché i livelli di indebitamento non si sono già stabilizzati, dopo decenni di generosi stimoli fiscali? E cosa spiega le bolle che si sono moltiplicate negli ultimi due decenni se la politica monetaria è stata troppo restrittiva? In realtà, la presunta sinergia “virtuosa” tra allentamento monetario e fiscale non può che sfociare in una spirale insensata di debito e inflazione fuori controllo. Gli esempi storici dell'Argentina e della Germania illustrano molto bene i rischi che la monetizzazione del debito scivoli nell'iperinflazione e nel collasso economico. Tutta la propaganda pro-inflazionistica non è sicuramente un buon segno, infatti gli stati non sospenderanno le politiche inflazionistiche tanto facilmente.


Aspettative per una maggiore inflazione

I sondaggi mostrano che le persone stanno iniziando a rendersi conto che è probabile che l'inflazione salga ulteriormente anziché svanire. Questo sta alimentando gradualmente le richieste di salari più alti e la volontà di separarsi più rapidamente dai contanti. Come affermato in un recente articolo, una volta che le aspettative di inflazione si sono consolidate, lo spazio di manovra del sistema bancario centrale per controllare l'inflazione ed utilizzarla per sgonfiare il debito si ridurrà in modo significativo. La FED potrebbe volere un'inflazione solo marginalmente più alta, in un intervallo dal 4 al 6% all'anno, senza lasciarla fuori controllo, ma data l'interazione tossica con livelli di debito già molto elevati e aspettative di inflazione in aumento, i piani delle banche centrali potrebbero deragliare facilmente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 14 ottobre 2021

Il grande gioco continua

 

 

di Alasdair Macleod

Dopo il ritiro dell'America dall'Afghanistan, la sua attenzione si è spostata sul Pacifico con l'istituzione di una partnership navale congiunta con Australia ed Inghilterra.

Il fondatore della moderna teoria geopolitica, Halford Mackinder, ha avuto qualcosa da dire su questo tema in un suo saggio scritto per il Council on Foreign Relations nel 1943. Mackinder ha anticipato questo sviluppo, sebbene gli attori ed i loro ruoli a quel tempo fossero diversi. In particolare, ha previsto l'ascesa economica di Cina e India e l'importanza della regione del Pacifico.

Questo articolo discute la situazione attuale traendo spunto dall'analisi di Mackinder, prendendo in considerazione le conseguenze dell'ossessione per l'energia verde, l'importanza del commercio nella regione del Pacifico e l'attuale strategia deflazionistica della Cina rispetto a quella delle potenze occidentali in declino che perseguono aggressivamente l'inflazione dei prezzi degli asset.

Non c'è dubbio che il mondo si stia riequilibrando, come descritto da Mackinder quasi ottant'anni fa. Per capirlo dobbiamo guardare oltre le attuali difficoltà economiche e monetarie dell'Occidente e la perdita della sua egemonia sull'Asia, e notare in particolare il miglioramento delle condizioni delle nazioni più popolose dell'Asia.


Introduzione

Dopo la sconfitta della NATO nel cuore dell'Asia, e con l'Afghanistan ora sotto il dominio dei talebani, l'asse cinese/russo controlla il continente asiatico. Le nazioni asiatiche non direttamente legate alla sua egemonia congiunta (non essendo membri, associati o partner di dialogo dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai) dipendono sempre più da esso per il commercio e la tecnologia. Anche l'Africa subsahariana è nella sua sfera d'influenza. La realtà per l'America è che la popolazione totale all'interno o associata alla SCO è il 57% di quella mondiale e la presa dell'America sui suoi alleati europei sta svanendo.

La stessa NATO è ormai al capolinea, con la Turchia attratta dall'asse asiatico ed i suoi membri nell'UE con legami commerciali ed energetici con Russia e Cina. Inoltre la Francia sta spingendo l'UE verso la creazione di un proprio esercito indipendente dalla NATO: quale sarà il suo ruolo, a parte l'orgoglio politico della Francia, è un mistero.

È in questo contesto che tre della partnership di intelligence Five Eyes hanno formato l'AUKUS – che sta per Australia, Regno Unito e Stati Uniti – ed il suo primo accordo è quello di dare all'Australia una capacità di sottomarini nucleari per rafforzare la potenza navale della partnership nel Pacifico. Altre capacità, principalmente volte a contenere la minaccia cinese nei confronti di Taiwan e di altri alleati nell'Oceano Pacifico, emergeranno sicuramente a tempo debito. Gli altri due Five Eyes, Canada e Nuova Zelanda, sembrano meno propensi a confrontarsi con la Cina, ma forse avranno anche ruoli meno ovvi al di là della pura raccolta di informazioni.

Gli Stati Uniti, con il presidente Trump, non erano riusciti a contenere il crescente dominio economico della Cina; l'unico successo di Trump è stato quello di staccare il Regno Unito dalla sua politica, targata Cameron/Osbourne, di rafforzare i legami commerciali e finanziari con la Cina, cosa che minacciava l'importante ruolo del Regno Unito nella sua partnership di intelligence con gli Stati Uniti.

Per il Regno Unito quello era un momento critico, visto che la Brexit era avvenuta e la nazione aveva bisogno di partner globali per le sue future strategie commerciali e geopolitiche, cementando il suo riemergere sulla scena mondiale. Trump ha puntato su un rapido accordo commerciale USA/Regno Unito. La neutralità negli affari internazionali non è nel DNA del Regno Unito, quindi la decisione è stata un gioco da ragazzi: il Regno Unito ha dovuto riconsolidare la partnership anglosassone Five Eyes con Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda e voltare le spalle alla Cina.

Ma raccogliere informazioni e costruire una potenza navale nel Pacifico non sconfiggerà i cinesi. Tutte le simulazioni mostrano che gli Stati Uniti, con o senza l'AUKUS, non possono vincere un conflitto militare contro la Cina. Ciononostante l'AUKUS non è un modello sulle linee della NATO che impegna i suoi membri per trattato all'aggressione contro un nemico comune. Mentre Taiwan rimane un problema specifico, l'obiettivo è quasi certamente scoraggiare la Cina dall'espansione territoriale e proteggere altre nazioni del Pacifico assicurando che siano indipendenti dal colosso SCO. I vantaggi commerciali di relazioni più strette con queste nazioni indipendenti sono anche un motivo in più per il Regno Unito di aderire al CPTPP, l'accordo globale per il partenariato transpacifico. Si qualifica per l'adesione attraverso la sua sovranità sulle Isole Pitcairn ed è per questo che anche la Cina ha chiesto di aderire.

L'importanza dell'AUKUS è nel segnale inviato alla Cina e all'intera regione del Pacifico, a seguito dell'abbandono delle operazioni militari in Medio Oriente e Afghanistan. La minaccia marittima alla Cina è una linea che non deve essere superata. Stiamo entrando in una nuova era nel Grande Gioco, dove l'obiettivo è cambiato: dal dominio al contenimento. Avendo perso la sua posizione di controllo assoluto sulla massa terrestre eurasiatica, l'America ha selezionato i suoi partner per mantenere il controllo sull'alto mare. Ed il Regno Unito ha trovato un nuovo scopo geopolitico, ristabilendo un ruolo globale ora che è indipendente dall'UE.

I francesi non possono aderire al CPTPP essendo vincolati alle politiche commerciali comuni dell'UE. Vedere gli inglesi sfuggire alle restrizioni dell'UE e ottenere rapidamente più influenza globale di quanto la Francia potesse sognare ha toccato un nervo scoperto.


Mackinder aveva ragione

Il padre della geopolitica, Halford Mackinder, viene citato molto spesso e le sue teorie sono ancora rilevanti per la situazione attuale. Molto è stato scritto sulle previsioni di Mackinder, il suo concetto di World Island fu menzionato per la prima volta nella sua presentazione del 1904 alla Royal Geographic Society a Londra: "Uno stato cardine, con conseguente espansione sulle terre marginali dell'Euro-Asia".

Nel 1943 aggiornò le sue opinioni con un saggio per il Council on Foreign Relations. Scritto durante la seconda guerra mondiale, il suo commento rifletteva i combattenti e le loro posizioni in quel momento. Ma nonostante ciò, colse un punto importante relativo alla situazione odierna e all'AUKUS:

Se i cinesi, ad esempio, fossero organizzati dai giapponesi per rovesciare l'impero russo e conquistarne il territorio, potrebbero costituire il pericolo giallo per la libertà del mondo solo perché aggiungerebbero uno sbocco oceanico alle risorse del grande continente.

Quando Mackinder ha scritto il suo saggio, i giapponesi avevano già invaso la Manciuria, ma la loro successiva sconfitta li rimosse da un ruolo geopolitico attivo, e al posto di una sconfitta sovietica la Cina ha stretto una partnership pacifica con la Russia che si estende a tutti i suoi vecchi stati satellite nell'Asia centrale. Ciò che conta è l'attenzione allo sbocco sull'oceano, da cui dipende la via della seta marittima.

Il saggio mette in luce un altro aspetto menzionato sempre da Mackinder, e cioè le enormi risorse naturali dell'Heartland: "[...] incluso abbastanza carbone nei bacini di Kuznetsk e Krasnoyarsk in grado di soddisfare il fabbisogno di tutto il mondo per 300 anni".

Nel 1938 la Russia produceva più dei seguenti alimenti di qualsiasi altro Paese al mondo: grano, orzo, avena, segale e barbabietola da zucchero. In Russia veniva prodotto più manganese che in qualsiasi altro Paese. Si collocava al primo posto con gli Stati Uniti per quanto riguardava il ferro e si collocava al secondo posto nella produzione di petrolio.

Attraverso la sua partnership con la Russia tutte queste risorse sono a disposizione della partnership cinese e russa. E il vero potenziale di industrializzazione, frenato dal comunismo e ora dalla corruzione russa, è appena iniziato.

Dopo aver notato che un giorno il Sahara sarebbe diventato la trappola per catturare l'energia diretta del sole (prevedendo i pannelli solari), il saggio di Mackinder si è concluso con una nota ottimistica:

Un miliardo di persone dell'antica civiltà orientale abitano le terre monsoniche dell'India e della Cina [oggi 3 miliardi, compreso il Pakistan]. Cresceranno e saranno prosperi negli stessi anni in cui la Germania e il Giappone verranno addomesticati alla civiltà. Bilanceranno quindi gli altri miliardi di persone che vivono tra il Missouri e lo Yenisei [cioè, l'America centrale e orientale, la Gran Bretagna, l'Europa e la Russia oltre gli Urali]. Un globo equilibrato di esseri umani e felice, perché equilibrato e quindi libero.

Sia la Cina che ora l'India si stanno rapidamente industrializzando, diventando parte di un equilibrato globo di umanità. Mentre l'Occidente cerca di aggrapparsi a ciò che ha piuttosto che progredire, Cina e India, insieme a tutta l'Asia sottosviluppata, si stanno muovendo rapidamente nella direzione della libertà individuale e del miglioramento delle condizioni di vita, proprio come scrisse Mackinder.

Ovviamente c'è ancora spazio affinché questa previsione venga sconfessata, spostando l'egemonia occidentale nel processo. L'America in particolare ha trovato difficili le sfide politiche del cambiamento, con il suo Deep State incapace di venire a patti con le implicazioni del suo potere militare ed economico. Dobbiamo sperare che Mackinder avesse ragione e che lo spostamento del potere economico risulterà un'evoluzione geopolitica piuttosto che un'escalation di conflitti.

Ma nel perseguire la sua agenda verde e nell'evitare i combustibili di carbonio, l'Occidente sta inconsapevolmente facendo un regalo alle tesi di Mackinder, perché nonostante i rumori diplomatici contrari, Cina, India e tutti i membri della SCO continueranno ad utilizzare carbone, gas e petrolio a basso costo che l'Asia ha in abbondanza, mentre i produttori occidentali sono costretti dai loro governi ad utilizzare energia verde costosa e meno affidabile.


Ossessione per l'economia verde e commercio globale

Nel frattempo l'Occidente è impazzito per l'economia verde. Vietare i combustibili fossili senza che vi siano sostituti adeguati deve essere una nuova definizione di follia, come attestano le attuali crisi dei combustibili in Europa. Con oltre il 95% della logistica europea attualmente ad energia diesel, il passaggio all'alimentazione a batteria o all'idrogeno entro il 2030 vietando la vendita di nuovi veicoli con motore a combustione interna è un salto nel buio.

Anche se poco menzionato, le potenze occidentali pensano che vietando i combustibili fossili elimineranno il quasi monopolio energetico della Russia, perché si suppone che grazie al gas essa sia il più grande esportatore di combustibili fossili al mondo. Invece l'Occidente sta creando una carenza di energia per se stesso, sconquasso alimentato da Gazprom che trattiene i flussi di gas attraverso i suoi gasdotti verso l'Europa, aumentando così i costi energetici dell'Europa e garantendo una crisi energetica molto più grave questo inverno.

Anche se la Russia aprirà i rubinetti domani, lo stoccaggio di gas nelle riserve per i mesi invernali è insufficiente. E l'Europa ed il Regno Unito hanno superato se stessi smantellando il carbone e l'elettricità alimentata a gas. Nel Regno Unito un enorme impianto di stoccaggio di gas sottomarino al largo della costa dello Yorkshire è stato chiuso, lasciando una preziosa e scarsa capacità di stoccaggio nazionale. Come abbiamo visto con il caos nelle supply-chain post-Covid, i problemi energetici non solo diventeranno acuti questo inverno, ma è probabile che persistano per gran parte del prossimo anno. E anche questo presuppone che la Russia ceda e moderi la sua posizione energetica nei confronti dei clienti europei.

Invece la Cina ha accesso illimitato a tutti i combustibili fossili e sta ancora costruendo centrali elettriche a carbone ad un ritmo incalzante: secondo un report della BBC, ne sono state commissionate 61 nuove e ne sono previste altre 51 al di fuori della Cina. E l'India fa affidamento sul carbone per oltre i due terzi della sua energia elettrica. Mentre l'Europa e l'America, attraverso le loro ossessioni verdi, si stanno negando la disponibilità e le tecnologie associate ai combustibili fossili, l'asse russo/cinese continuerà a trarne tutti i benefici.

È probabile che la risposta dell'Occidente sia quella di denunciare l'inquinamento cinese ed il suo contributo al riscaldamento globale, ma realisticamente c'è poco che può fare. La domanda di manufatti cinesi continuerà, perché la Cina ha ora un quasi monopolio sulla produzione globale nel campo dell'esportazione. Nell'improbabile caso in cui i consumatori occidentali diventino avidi risparmiatori mentre i loro governi continuano a registrare enormi deficit di bilancio, i deficit commerciali aumenteranno ancora di più, consentendo agli esportatori cinesi di aumentare i prezzi per i consumatori ed i beni intermedi senza perdere le vendite nell'export.

Anche se non c'è nulla che possano fare sui metodi di produzione della Cina, i membri dell'AUKUS cercheranno senza dubbio di convincere altri membri esportatori del CPTPP affinché si conformino alle politiche verdi globali.[1] Questo significa che entreranno in competizione con la Cina, e sebbene possano spendere chiacchiere su chiacchiere sull'energia verde, in pratica è improbabile che accettino senza chiedere in cambio enormi sussidi dalle nazioni occidentali.

Nelle circostanze attuali è improbabile che la domanda di adesione della Cina al CPTPP porti ad un esito positivo, dato l'obbligo per il governo centrale cinese di rinunciare alle sue imprese parastatali e di consentire il libero flusso di dati oltre i confini nazionali. In ogni caso, la Cina è concentrata sullo sviluppo della sua Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un accordo di libero scambio firmato finora da Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Entrerà in vigore quando sarà ratificato da dieci dei quindici firmatari, probabilmente nella prima metà del 2022, e in termini di popolazione sarà due volte e mezzo le dimensioni degli accordi commerciali di UE e Stati Uniti/Messico/Canada (USMCA).[2]

Con quattro su cinque dei firmatari alleati americani, la RCEP dimostra che il partenariato per la difesa dell'AUKUS è una questione completamente separata dal commercio. Anche se agli Stati Uniti potrebbe non piacere, se la RCEP andrà avanti, un commercio più libero quasi certamente a tempo debito attenuerà una posizione belligerante. L'andamento degli scambi commerciali nella regione del Pacifico promette di dare ragione a Mackinder sulla prospettiva di un mondo più equilibrato, il tutto garantito da un equilibrio di capacità navali tra AUKUS e Cina; inoltre con la garanzia di un libero scambio anche nella regione del Pacifico, le politiche protezionistiche commerciali europee e americane diventeranno un anacronismo. Ma ora la minaccia proviene da un'altra direzione: instabilità finanziaria, con le nazioni occidentali che tirano in una direzione e la Cina in un'altra.

Sin dal crollo della Lehman e dalla conseguente crisi finanziaria, la Cina è stata attenta a prevenire le bolle finanziarie. Il grafico qui sopra mostra che l'indice Shanghai Composite è salito dell'82% dal 2008, mentre l'indice S&P500 è salito del 430%. Mentre gli Stati Uniti hanno visto i valori degli asset finanziari alimentati da una combinazione di QE e speculazioni degli investitori, questi stessi fattori sono assenti e scoraggiati in Cina. Il debito pubblico in rapporto al PIL è circa la metà di quello degli Stati Uniti. È vero che il debito industriale è alto, come quello degli Stati Uniti, ma la differenza è che in Cina il debito è più produttivo mentre in America c'è stata una crescente preponderanza di imprese zombi, tenute in vita solo dalla ZIRP.

La politica cinese di garantire che l'espansione del credito bancario sia investita nella produzione e non nella speculazione, differisce dall'approccio statunitense che consiste nel gonfiare deliberatamente i prezzi degli asset finanziari e perpetuare un presunto effetto ricchezza. La Cina evita che il potenziale destabilizzante dei flussi speculativi corra liberamente, perché espone l'economia alla possibilità che l'America utilizzi l'instabilità finanziaria per indebolire l'economia cinese.

In un discorso al Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese nell'aprile 2015, il maggiore generale Qiao Liang, lo stratega dell'Esercito Popolare di Liberazione, ha sottolineato un ciclo di debolezza del dollaro nei confronti di altre valute seguito poi da un rafforzamento del biglietto verde: prima ha gonfiato il debito nei Paesi stranieri e poi li ha mandati in bancarotta. Qiao sostenne che si trattava di una politica americana deliberata e che sarebbe stata usata contro la Cina.

Basandosi sui rapporti dell'intelligence cinese, all'inizio del 2014 è stato informato del coinvolgimento americano nel movimento "Occupy Central" a Hong Kong. Dopo diversi ritardi, la FED ha annunciato la fine del QE nel settembre successivo, cosa che ha spinto il dollaro al rialzo, e le proteste di "Occupy Central" sono scoppiate il mese successivo.

Per Qiao i due eventi erano collegati. Indebolendo il tasso di cambio dollaro/yuan e provocando rivolte, gli americani avevano cercato di far crollare l'economia cinese. Nel giro di sei mesi il mercato azionario di Shanghai ha iniziato a crollare, con l'indice SSE Composite che è passato da 5.160 a 3.050 tra giugno e settembre 2015.

Non si può sapere con certezza se l'analisi di Qiao sia corretta, ma si può capire la continua cautela della leadership cinese basata su di essa. Per questo e altri motivi, la leadership cinese è estremamente cauta nei confronti di passività in dollari e dell'accumulo di denaro improduttivo e speculativo nell'economia. Ciò spiega il loro rigido regime di controllo dei cambi, dove i dollari non possono circolare in Cina e tutti i flussi di capitale in entrata vengono trasformati in yuan dalla PBOC.

Inoltre la politica monetaria interna appare volutamente diversa da quella americana e di altre nazioni occidentali. Mentre tutti gli altri hanno usato come scusa il Covid per espandere l'offerta di denaro, la Cina ha limitato l'espansione del credito interno e del sistema bancario ombra. Il tasso di sconto è mantenuto al 2,9%, con tassi di mercato leggermente inferiori al 2,2%; l'unico motivo per cui sono stati tenuti a tali livelli è perché i tassi relativi al dollaro sono a zero ed i tassi UE e quelli giapponesi sono negativi.

È questa politica monetaria restrittiva che ha portato all'attuale crisi dei promotori immobiliari, con le ovvie difficoltà di Evergrande. Inoltre il governo cinese ha una linea di politica chiara: non salvare le imprese del settore privato in difficoltà, sebbene sia probabile che adotti misure per limitare il contagio finanziario.

I critici occidentali lanciano continuamente pietre alla Cina, ma almeno i suoi politici hanno cercato di evitare di contribuire al ciclo dell'inflazione globale. Con i prezzi che iniziano a salire ad un ritmo accelerato nelle valute occidentali, è in arrivo un nuovo crollo finanziario globale. La Cina e la sua coorte SCO subirebbero conseguenze negative, certo, ma non nella stessa misura.

I frutti delle politiche cinesi di restrizione dell'espansione del credito si vedono nei prezzi delle materie prime che paga: nella sua valuta sono aumentati del 10% in meno rispetto alla concorrenza da quando la FED ha abbassato a zero i tassi e sfornato $120 miliardi al mese. E mentre entrambe le valute hanno lateralizzato sin da gennaio, non c'è dubbio che i fondamentali indichino uno yuan ancora più forte e un dollaro più debole.

I benefici interni di uno yuan relativamente più forte superano la compressione dei margini subita dagli esportatori cinesi. Vale la pena notare che, oltre a moderare la domanda di credito, la Cina sta tentando di aumentare la spesa dei consumatori interni a spese del tasso di risparmio, quindi la domanda dei consumatori inizierà a contare più delle esportazioni. È in linea con il suo obiettivo di lungo termine: che la Cina diventi meno dipendente dalle esportazioni e che gli esportatori beneficeranno invece della crescita delle vendite interne. Inoltre con la Cina che domina le esportazioni globali di beni intermedi e di consumo e mentre i deficit di bilancio occidentali sono in aumento e portano a deficit commerciali ancora maggiori, gli esportatori cinesi dovrebbero comunque essere in grado di garantire prezzi più alti.

Non c'è dubbio che i deficit di bilancio finanziati dall'inflazione monetaria in America, UE, Giappone e Regno Unito sta ora indebolendo il potere d'acquisto di tutte le principali valute. Le conseguenze per i loro poteri d'acquisto stanno diventando evidenti e tentano di calmare mercati e consumatori definendole transitorie. In termini di potere d'acquisto, queste valute sono ora in una corsa al ribasso.

Non solo i costi di produzione stanno aumentando bruscamente, ma dopo una breve pausa di tre mesi, i prezzi delle materie prime e dell'energia hanno iniziato a salire di nuovo. Il prossimo grafico mostra il tracker delle materie prime Invesco, che dopo essere quasi raddoppiato da marzo 2020, ora tenta un breakout al rialzo.

Dal momento che la competitività globale non è più una priorità, la Cina lascerà che il tasso di cambio dello yuan salga rispetto alle valute occidentali per tenere sotto controllo i prezzi ed i costi interni. Dopotutto, è un'economia alimentata dal risparmio, con le caratteristiche sostenibili di una valuta forte rispetto al dollaro.


Conclusioni

Avendo fallito nei loro obiettivi militari terrestri, anche le guerre commerciali e finanziarie non dichiarate dell'America contro la Cina stanno per finire, sostituite da una politica di contenimento marittimo attraverso la partnership AUKUS. I tentativi di arginare le perdite strategiche in Asia si sono ora conclusi con il ritiro dall'Afghanistan e da altri interventi militari.

Il cambiamento di politica geopolitica non è ancora del tutto compreso, ma lo stato precario delle finanze statunitensi, le bolle, l'inflazione dei prezzi e l'inevitabilità degli aumenti dei tassi d'interesse renderanno un sostegno politico al contenimento marittimo l'unica opzione geostrategica rimasta all'America.

Perseguendo politiche monetarie più caute, la Cina è meno esposta alle inevitabili conseguenze dell'inflazione monetaria globale. Sebbene i tassi di cambio dello yuan siano manipolati anziché impostati dai mercati, ora è nell'interesse della Cina vedere uno yuan più forte per contenere i prezzi interni e l'inflazione dei costi.

Anche se le valute fiat potrebbero essere distrutte dall'implosione delle bolle, questi fattori contribuiscono ad una serie di circostanze che sembrano portare ad un risultato più pacifico per il mondo di quanto apparisse probabile prima che l'America e la NATO si ritirassero dall'Afghanistan. Tra il dire ed il fare c'è sempre di mezzo il mare, ma è stato un risultato previsto da Halford Mackinder quasi ottanta anni fa.

Speriamo avesse ragione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Ci sono undici membri del CPTPP: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. La Cina ha presentato una domanda di adesione la scorsa settimana, ma per la sua adesione è necessario un accordo unanime da parte dei membri esistenti. La politica australiana non è stata ancora dichiarata. Anche il Regno Unito ha avviato i negoziati di adesione. Si qualifica attraverso la sua sovranità di Pitcairn e la sua domanda è stata accettata. Se tutto va bene, l'adesione completa dovrebbe avvenire a giugno del prossimo anno.

[2] Gli Stati Uniti non sono coinvolti né nell'RCEP né nel CPTPP. Si dice che il Regno Unito potrebbe chiedere di aderire all'USMCA, visto che il presidente Biden sta tirando per le lunghe un accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito.

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venerdì 13 settembre 2019

Tassi negativi, inflazione dilagante e bolle: le banche centrali hanno espresso i loro terribili desideri





di Francesco Simoncelli


La classe politica è stata in netto fermento in Italia, soprattutto di recente, ma più in generale abbiamo assistito a scalate al potere di personaggi che con l'establishment poco c'entravano. Da Trump a Johnson i segnali di incertezza e miopia riguardo il futuro si sono accumulati a ritmo costante. E adesso il subbuglio in Italia, il quale ha catalizzato le attenzioni della maggior parte degli italiani. La natura di questo subbuglio è presto detta: nessuno vuole essere ricordato per le misure impopolari che devono essere prese a livello di gestione fiscale e contabile dello stato. L'Italia è in bancarotta, così come altre nazioni che per tutti questi anni si sono appoggiate alle politiche non convenzionali delle banche centrali. Non esiste più domanda fisiologica per il pattume obbligazionario degli stati, quindi i banchieri centrali sono usciti allo scoperto dimostrando che la presunta indipendenza delle istituzioni a cui sono a capo è solo una foglia di fico. Hanno creato un ambiente artificiale per i titoli di stato rastrellandone nei loro caveau quanti più possibile.

Senza contare la possibilità di fare soldi a pacchi da parte degli smart money che hanno fatto front-running alle decisioni delle banche centrali. Di conseguenza non sono stati i fondamentali di mercato a tirare giù i rendimenti di questi strumenti finanziari, bensì l'ipotesi che le banche centrali possano stampare tutto il denaro che vogliono senza effetti indesiderati. Inutile dire che le cose non stanno così e tra tassi negativi, inflazione dilagante e bolle in varie classi di asset e settori, siamo di fronte alla bancarotta seriale degli stati e dello strumento che tanto li ha caratterizzati sin dal ventesimo secolo: il denaro fiat scoperto.



TASSI NEGATIVI

Quello di fornire supporto attraverso acquisti massicci di titoli di stato ha caratterizzato le azioni delle principali banche centrali sin dal 2009. Sebbene sia stata la BOJ a dare il via nel mondo sviluppato a politiche monetarie non convenzionali, tale esperimento è stato ripreso in grande stile da Bernanke e poi portato a livelli estremi da Draghi. Come accade sempre, da misure temporanee sono diventate la norma e la banca centrale australiana è solo l'ultima ad aver affondato a piene mani nella follia della ZIRP. Ma c'è un elemento che sta diventando comune a tutte: nonostante tutti gli interventi messi in campo da dieci anni a questa parte, i problemi non solo sono rimasti latenti ma addirittura si sono ingigantiti. Di fronte a questa conseguenza non prevista, i banchieri centrali non possono far altro che alzare bandiera bianca. Nel caso particolare dell'Australia, stiamo parlando di una succursale della Cina che ha fatto fortuna negli anni in cui quest'ultima richiedeva materie prime a tutto spiano.

Col rallentamento della Cina, la filiera che si era venuta a creare sulle sue spalle si sta disintegrando mano mano e solo la stampante monetaria può reggere ancora un po' l'illusione di prosperità. Lo stesso vale in Europa, dove gli stati del Club Med per anni hanno parassitato la reputazione della Germania nascondendosi dietro la forza dei suoi rendimenti. Inutile dire che il trasferimento e la distruzione di risorse provenienti dalla Germania non hanno fatto altro che indebolire la nazione teutonica, quindi un suo rallentamento era una inevitabilità. In questo marasma i banchieri centrali non hanno mai preteso (ufficiosamente) di avere la soluzione, perché sono ben consapevoli che non possono controllare l'economia nel suo insieme. Possono influenzarla, così come è accaduto sin dal 1913, ma non dirigerla a piacimento. Le favolette che raccontano durante le conferenze stampa sono solo l'estensione di un'illusione che ormai ha raggiunto la sua data di scadenza.

L'unica cosa che i banchieri centrali sono in grado di fare è comprare tempo operando gigantesche ridistribuzioni della ricchezza verso l'unica istituzione di cui si preoccupano veramente: lo stato. È una partita di giro, in fondo, dove la classe produttiva viene spogliata progressivamente dei suoi averi per vedersela restituita sempre meno e vederla invece elargita a chi la spreca. In sintesi, è esattamente questo il motivo per cui le politiche monetarie stanno diventando sempre più inefficaci. Finché bacino della ricchezza reale si espande, la politica monetaria sembrerà "funzionare" e verrà erroneamente considerata come una fonte di crescita economica. Quando invece suddetto bacino diventerà stagnante o si restringerà, il pompaggio monetario smetterà di funzionare. Più aggressivo sarà il tentativo della banca centrale di rilanciare l'economia, più le cose peggioreranno. Perché? Perché la politica monetaria allentata implica il cosiddetto scambio di "something for nothing", indebolendo così il processo di creazione di ricchezza reale. Il cuore della ricchezza reale sono l'espansione della produzione e del risparmio.

Una politica monetaria allentata che mira a stimolare la domanda non servirà a niente, poiché un aumento della domanda non può sostituire i risparmi reali necessari per allocare correttamente le risorse economiche scarse. I banchieri centrali ritengono che attraverso politiche monetarie allentate l'economia possa poi crescere da sola, proprio come una pompa consente di pompare l'acqua da un pozzo (es. pump priming). Questa metafora è fuorviante poiché senza l'espansione dei risparmi reali non può verificarsi alcuna espansione dell'attività economica. Creare più foglietti di carta colorati non può sostituire beni capitali inesistenti necessari per l'espansione della ricchezza, che a loro volta permettono l'impiego di lavoro e capitale inattivi.

Come stiamo assistendo nostro malgrado, tutto ciò si tradurrà in impoverimento economico. Non è possibile generare qualcosa dal nulla. La chiave per una crescita economica sostenuta non sta nell'aumentare la domanda di beni, ma nel rafforzare il processo di creazione di ricchezza reale: l'aumento dei risparmi reali. Quest'ultimo fornisce supporto alle varie fasi della produzione e senza di esso non può avvenire l'espansione delle infrastrutture e quindi l'aumento della produzione di beni finali necessari per sostenere la vita e il benessere delle persone.

Capite benissimo, quindi, che convogliare le attenzioni degli individui attraverso una domanda artificiale verso una classe specifica di asset, qual i titoli di stato, ha creato una sequenza di ripercussioni a catena. I titoli di stato sono già di loro economicamente distorcenti, visto che basano le loro cedole sul furto, se ci aggiungiamo un ente che li acquista facendo pagare questa scelta anche a chi non ha mai avuto intenzione di acquistarli, diventiamo consapevoli del grado e della scala di questo raggiro. Infatti tutti stanno pagando a caro prezzo questa scelta nel momento in cui utilizzano il denaro fiat, depositano i risparmi in banca e fanno affidamento su piani pensionistici/assicurativi. Quegli istituti che si occupano di fondi assicurativi/pensione si sono ritrovati in un ambiente economico affamato di rendimenti decenti e dato che i loro obiettivi annuali prevedono una maturazione forzata di una certa percentuale di rendimenti sugli investimenti, sono stati costretti ad investire in asset sempre più rischiosi.

Come vediamo dal grafico qui sotto, non è un caso quindi che anche le obbligazioni societarie sono diventate tanto buone quanto i titoli di stato per quanto riguardava i piani pensionistici/assicurativi. Tanto per ripetere, non si è trattata di una domanda fisiologica, ma una domanda guidata dalle macchinazioni delle banche centrali. Senza contare che la BCE ha incluso nel suo programma di acquisto di asset anche i bond IG.


L'intera curva dei rendimenti dei titoli di stato tedeschi è negativa e l'economia tedesca si è contratta nell'ultimo trimestre, nonostante i tassi d'interesse negativi della BCE, nonostante i rendimenti negativi sui suoi titoli di stato e nonostante i rendimenti negativi tra molte obbligazioni societarie. In altre parole, l'economia tedesca, la quarta più grande al mondo, sta colando a picco a causa dei rendimenti negativi e ora la BCE vuole flettere i suoi muscoli per mandarli ancora più in negativo. Inoltre i tassi d'interesse negativi sono terribili per le banche, visto che distruggono il loro modello di business e non possono conservare capitali per assorbire le perdite.

Le banche europee sono malate e con i rendimenti negativi stanno ottenendo l'esatto contrario di ciò di cui hanno bisogno. Non c'è da stupirsi se i titoli bancari si siano costante sfracellati.

In Giappone, stessa cosa: ha utilizzato il QE per abbassare i tassi d'interesse molto prima che venisse usato il termine QE e ha avuto tassi di interesse vicini allo zero, o inferiori allo zero, per 20 anni. L'indice TOPIX Banks ha raggiunto il picco a 1500 nel 1989 e ora è a 129: è precipitato del 91% in questi 30 anni. Pertanto i tassi d'interesse a zero o negativi sono terribili per le banche a lungo termine e per estensione fanno anche male all'economia reale che si affida ad esse per l'infrastruttura finanziaria. Le banche commerciali forniscono servizi di deposito e permettono di accendere prestiti. Questa intermediazione creditizia è come un'utilità finanziaria. Le banche fanno soldi col differenziale tra i tassi d'interesse che applicano sui prestiti ai propri clienti e il costo di finanziamento di tali prestiti. Tale costo è principalmente una funzione dell'interesse che la banca paga sui depositi, sulle obbligazioni che ha emesso e simili.

Se i tassi d'interesse diventano negativi, lo spread di cui la banca ha bisogno per ottenere un profitto si assottiglia, ma i rischi aumentano perché i prezzi degli asset utilizzati come garanzia vengono gonfiati. All'inizio tutto sembra andare bene, ma dopo emergono i problemi. I tassi negativi spingono le banche a rincorrere rendimenti decenti per realizzare una profitto. Ad esempio, acquistano CLO garantiti da prestiti a leva con rating aziendale spazzatura. In altre parole, si caricano di rischi finanziari speculativi fino a diventare più precarie e instabili. Questo non è un segreto. La BCE, la Banca del Giappone e persino la Banca Nazionale Svizzera hanno ammesso che i tassi d'interesse negativi indeboliscono le banche. Quindi questo è il problema con i tassi d'interesse negativi e le banche: le distruggono dall'interno.



BOLLE

In termini di economia reale, i tassi negativi hanno un impatto ancora più distruttivo: distorcono o eliminano il singolo fattore più importante nel processo decisionale economico, ovvero, la determinazione genuina del rischio. Il rischio è valutato attraverso il costo del capitale: se il capitale viene investito in un'impresa rischiosa, gli investitori richiedono un rendimento maggiore per compensare il rischio e il costo del capitale per l'azienda rischiosa è più elevato. Se il capitale viene investito in un'attività a basso rischio, il rendimento per l'investitore e il costo del capitale per l'azienda dovrebbero essere entrambi inferiori.

Ma se le banche centrali spingono i tassi d'interesse al di sotto dello zero, questa funzione essenziale di un'economia non funziona più. Il rischio non può più essere valutato correttamente e l'esempio perfetto sono la vagonata di obbligazioni spazzatura in Europa che ormai vengono trattate a rendimenti negativi. Ciò dimostra che il sistema di determinazione del rischio in Europa è andato a farsi benedire.

Quando i rischi non possono più essere valutati correttamente, ci sono una serie di conseguenze tutte negative a lungo termine per l'economia reale: investimenti improduttivi, decisioni imprenditoriali errate, sovrapproduzione e sovraccapacità. In sostanza, bolle che infestano l'intero sistema finanziario. Ed i rischi annessi sono enormi, perché gli asset in bolla sono utilizzati come garanzia e il loro valore non è reale, bensì è gonfiato dalle macchinazioni delle banche centrali. Non è un caso, ad esempio, che si siano sviluppate grandi bolle immobiliari in città come Berlino e Monaco e in altri luoghi, mentre allo stesso tempo la Germania ha un piede nella recessione. E come "rimedio" a questa situazione, la BCE vuole intervenire nuovamente per portare i tassi d'interesse ancora più in profondità nel territorio negativo.

Per illustrare come ciò potrebbe accadere, ipotizziamo che le banche commerciali ottengano credito dalla BCE al -2% annuo: le banche prendono in prestito €100 e dopo un anno rimborsano €98. Tuttavia la BCE consentirà alle banche di prendere in prestito a tassi d'interesse negativi a condizione che poi prestino tale denaro. Rimanendo col nostro esempio: una banca prende in prestito €100 al -2% all'anno dalla BCE, poi presta questo denaro ai consumatori a -1% (dando loro €100 e recuperando €99 dopo un anno). Complessivamente la banca realizza un profitto di €1: guadagna €2 prendendo in prestito dalla BCE e ne perde €1 euro nel settore dei prestiti.

Ma ecco il punto: se qualcuno può improvvisamente ottenere un prestito ad un tasso d'interesse negativo, è prevedibile che la domanda di credito sfuggirà di mano. Per evitare che ciò accada, la BCE dovrà ricorrere al razionamento del credito: determinare in anticipo quanti nuovi prestiti desidera erogare. Il mercato del credito smetterebbe di funzionare come determinante onesto e imparziale di chi ottiene cosa, quando e in quali termini/condizioni; tali decisioni verrebbero prese solo dalla BCE.

Secondo quali criteri dovrebbero essere assegnati i prestiti? Chiunque richieda un prestito dovrebbe ottenerlo? I settori economici ad alta intensità di occupazione dovrebbero essere favoriti? I nuovi prestiti dovrebbero andare solo alle "industrie del futuro"? Le industrie "deboli" dovrebbero essere sostenute con credito aggiuntivo? O l'Europa meridionale dovrebbe avere più del Nord Europa? Queste domande indicano già che l'esito di una politica volta ad implementare tassi negativi è l'economia pianificata: comando e controllo.

Più che mai sarà la BCE (o i gruppi che influenzano le sue decisioni) a regnare su questa distopia: determinerà chi sarà finanziato, quale prodotto sarà meritevole di finanziamenti; chi sarà in grado di acquistare e consumare a credito; quali settori saranno promossi o soppressi; quali economie potranno crescere più forti di altre; quali banche commerciali saranno autorizzate a sopravvivere e quali no, ecc.

Benvenuti nell'economia pianificata della zona Euro.



INFLAZIONE DILAGANTE

Ma la storia non finisce qui, perché il processo verso tassi d'interesse sempre più bassi porta ad un'inflazione dei prezzi degli asset: azioni, case e terreni. Tutto diventa più costoso perché più basso è il tasso d'interesse, maggiore sarà il valore presente dei pagamenti futuri e quindi i prezzi di mercato degli asset. La politica dei tassi d'interesse artificialmente bassi facilita un'inflazione spropositata dei prezzi degli asset; una gigantesca bolla fatta di sola speculazione.

Inizialmente gli investitori incamerano rendimenti elevati, tuttavia col passare del tempo le prospettive di rendimento futuro peggiorano: i tassi d'interesse a zero inducono gli investitori a far salire i prezzi delle azioni e delle case fino a quando i rendimenti futuri previsti di tali asset si avvicinano al tasso d'interesse impostato dalla banca centrale. E se la banca centrale imposta tassi d'interesse negativi, i rendimenti previsti sul mercato possono persino scendere al di sotto dello zero.

Una volta che la politica della banca centrale spinge tutti i rendimenti a zero, o al di sotto dello zero, la determinazione onesta e genuina dei prezzi diventa un ricordo del passato. Il risparmio e gli investimenti si interrompono, poiché l'essere umano agente ha un tasso d'interesse originario sempre positivo, e risparmiare ed investire non paga più. La divisione dell'economia del lavoro si contrae, così come gli investimenti di sostituzione. Cosa peggiore, si inizierà a consumare il capitale esistente.

Il problema in tutta questa storia è come la maggior parte delle persone si fidi di tutto ciò che dicono questi istituti presumibilmente onniscienti. Dato che stanno conducendo il più grande esperimento monetario nella storia, sarebbe ragionevole che la maggior parte delle persone si ponesse invece delle domande e richiedesse risposte coerenti. È fondamentale scrutinare più a fondo gli obiettivi delle banche centrali, i loro mezzi per raggiungerli e le conseguenze a lungo termine delle loro azioni. Per farvi capire meglio, cari lettori, di quanto siano in realtà incompetenti le persone che popolano questi istituti e peggio ancora quanto sia imbecille la maggior parte delle persone sempre pronta ad osannare lo stato ed il suo stuolo di lacchè, vorrei riportare alla memoria un fatto accaduto di recente.

La Federal Reserve ha un cosiddetto doppio mandato: massima occupazione e stabilità dei prezzi. Per decenni (e nonostante la stagflazione degli anni '70) la FED ha ipotizzato una correlazione negativa tra questi due fattori (es. se la disoccupazione scendeva, allora l'inflazione saliva), nota anche come Phillips Curve. Negli anni '90 una metrica chiave dalla FED era il NAIRU, il quale si riferiva ad un livello teorico di disoccupazione al di sotto del quale si prevedeva che l'inflazione sarebbe salita. Si presumeva che tale livello fosse vicino al 5,5% (successivamente abbassato al 4,5%). Oggi il tasso di disoccupazione ufficiale negli USA è al 3,7%, ben inferiore al 4,5% del febbraio 2017.

Cos'è successo lo scorso luglio? La FED ha ammesso che la Phillips Curve è sempre stata inutile. Per decenni la FED ha utilizzato questo modello inutile per guidare le sue decisioni politiche.

Oggi la FED è ossessionata dal far salire il tasso di inflazione. Ha dimostrato di voler fare "tutto il necessario" per raggiungere l'obiettivo autoimposto del 2%. La FED ammette che misurare l'inflazione generale al consumo è molto difficile, quindi come si possono considerare rispettabili le azioni della FED quando le sue metriche sull'inflazione sono così imprecise? Tuttavia la misura preferita dell'inflazione della FED è rimasta stabile in un intervallo compreso tra l'1,3% e il 2,0% per oltre 4 anni. Allora, qual'è il problema? Con un'inflazione stabile, un tasso di disoccupazione ai livelli minimi degli ultimi 50 anni, azioni a prezzi record, perché la Federal Reserve sta cercando di manipolare in modo microscopico un'economia così ampia e complessa?

Così come non si doveva accettare senza scrutinio il valore della Phillips Curve, non bisogna accettare ciecamente l'affermazione secondo cui l'inflazione è troppo bassa. L'inflazione dei prezzi non è un fenomeno statico come i funzionari nelle banche centrali vorrebbero farci credere. L'inflazione è il furto del valore del nostro denaro.



Un tasso di inflazione del 2% riduce il potere d'acquisto del denaro del 50% in 36 anni. Il presidente della FED di New York, John Williams, ha dichiarato che sarebbe persino disposto a consentire all'inflazione di spostarsi al 3% per un periodo di tempo, dimezzando il valore del denaro in 24 anni. Pensateci: in un mondo con un'inflazione al 3%, se ereditate una somma di ​​denaro alla nascita e vivete fino a 72 anni, il valore del vostro denaro verrebbe tagliato a metà per ben tre volte.

Inoltre come possono i politici parlare di disuguaglianza di ricchezza senza parlare di banche centrali? L'inflazione fa più male alle persone più povere, perché la risorsa più grande per i poveri è la liquidità, non gli asset finanziari. A riprova che sono i risparmiatori ad essere danneggiati, a beneficio dei debitori... e il più grande debitore che esista è lo stato. Ciò a cui stiamo assistendo non è altro che la tesi esposta da Mises in Planned Chaos: non può esistere un'economia mista, o si è liberi o non lo si è; quanto più un'istituzione centrale aumenterà i suoi interventi nell'economia, tanti più danni causerà e tanto più la società scivolerà in un'economia socialista di comando.

Quanto più persisteranno le manipolazioni delle banche centrali (tassi negativi, bolle, inflazione dei prezzi dilagante), tanto più diventerà complicato gestire il sistema economico. E quanto più profonda diventerà la disfunzione, tanto più difficile sarà impedire una recessione correttiva (se non addirittura un reset).



LIBERO MERCATO E NUOVI PARADIGMI

È questa la fine del libero mercato? Cosa fa nel frattempo il libero mercato? Il processo che lo caratterizza non è affatto orientato a rendere efficiente l'attuale stato di cose, ma riguarda la creazione di valore. L'efficienza guarda al passato e non porta progresso, mentre la creazione di valore guarda al futuro ed è aspirazionale. Ciò che intendo è che l'efficienza riguarda armeggiare con processi e meccanismi già esistenti, con l'obiettivo di farli funzionare più velocemente, più agevolmente e con meno sprechi. Prendete in considerazione qualsiasi processo di produzione, all'interno di un'azienda o nell'economia nel suo complesso, che sia già efficiente o che si avvicini a tale stato. Ogni passo verso l'aumento della produzione ad un costo unitario inferiore rappresenta un miglioramento in termini di efficienza. Perché, in questa situazione, qualcuno dovrebbe prendere risorse ed ipotizzare sulla produzione di qualcos'altro? Non lo farebbe, perché sarebbe inefficiente e renderebbe l'impresa meno efficiente.

Ma questo è esattamente ciò che un'economia fa attraverso l'imprenditorialità: tenta nuovi tipi di produzione, nuovi tipi di beni, ecc. E il primo tentativo non è mai efficiente, molto spesso è piuttosto inefficiente e dispendioso. Ma laddove dovesse avere successo, viene creato nuovo valore. E poi, attraverso la scoperta competitiva e la gestione, il processo di produzione può essere migliorato grazie alla ricerca dell'efficienza. Se leggiamo questo processo in chiave schumpeteriana, possiamo affermare che si tratta di un'esplosione di alertness che lascia detriti dietro di sé ed è compito dell'economia in generale rimettere insieme i pezzi. La dinamicità di questo processo è il cuore del progresso umano, sia in termini sociali che tecnologici.

Vengono rimescolate le carte all'interno della struttura di produzione, trovando nuovi modi di fare le cose. Nuovi attori di mercato vengono premiati, rendendo obsoleti gli altri. Sebbene questo processo all'inizio preveda una spesa maggiore in termini di risorse allocate per arrivare ad un risultato, l'esito è un aumento della creazione di valore. E questo riguarda anche fenomeni come Bitcoin e le criptovalute, in particolar modo quando si parla di mining, che da processo dispendioso sta gradualmente diventando parte di economie di scala.
In altre parole, le criptovalute e le valute digitali stanno inaugurando una nuova era di sovranità economica competitiva e, con essa, il declino dell'egemonia degli stati. Questi ultimi sono nati sulla scia di rendimenti crescenti incentrati su violenza e coercizione; la transizione nell'era della polvere da sparo ha inaugurato l'ascesa del senso di nazionalità e un aumento dei ritorni sulla violenza, fino al crollo del muro di Berlino nel 1989. Basandosi lo stato solo su questi due meccanismi per mantenere il potere ed il controllo sugli individui, ha cercato di renderli sempre "più efficienti" (e di riflesso dannosi per gli attori di mercato in generale). Ma la staticità non è parte dei processi di mercato, come abbiamo osservato, perché non è stata questa la carta vincente che ha permesso agli esseri umani di progredire sempre più nel corso del tempo.

Poiché i ritorni sulla violenza sono diminuiti, come può essere testimoniato da ogni disastro militare che gli Stati Uniti hanno intrapreso sin dalla seconda guerra mondiale, gli stati stanno lentamente cadendo a pezzi. Cos'ha oggi rendimenti crescenti invece? Non è più la violenza, bensì le informazioni. Il passaggio dall'uno all'altro significa che anche la natura del sistema monetario cambierà. Il sistema monetario del vecchio mondo è stato costruito su Bretton Woods, una valuta di riserva globale coperta dall'imperialismo militare americano. Quel sistema è ai suoi inning finali e tutti lo sanno.
Gli stati e le banche centrali presumevano che avrebbero mantenuto il controllo sul sistema monetario indefinitamente; che avrebbero continuato a manipolare l'offerta di moneta per promuovere i propri interessi (benefici guidati dall'Effetto Cantillon) e nessuno avrebbe mai potuto cambiare tutto ciò. La loro presunta onniscienza ha accecato il loro giudizio, facendoli illudere di aver "battuto" il libero mercato. Baldanzosi hanno spacciato questa illusione ed i soliti boccaloni ci hanno creduto, soprattutto quelli che hanno frequentato i corsi di economia nelle università. Le principali etichette musicali si aspettavano di essere reinventate dalla Apple? Gli studi di Hollywood si aspettavano di essere superati da Netflix e Amazon? E gli stati nazionali ed i banchieri centrali pensavano davvero che la digitalizzazione e l'informatizzazione avrebbe invaso e trasformato tutti gli aspetti della società, ma si sarebbe fermata davanti al denaro?

La Legge dei Rendimenti Decrescenti ha fatto il suo corso e da questa sono nati Bitcoin e criptovalute: la riaffermazione del libero mercato di fronte ad una manipolazione senza fine.

Il denaro si è evoluto e ora si sta reinventando per la prossima ondata di rendimenti crescenti: free speech. Questo è il cambiamento di paradigma introdotto da Bitcoin ed è per questo che gli stati stanno cercando in tutti i modi di arginarlo. E l'ultimo tentativo è quello che passa attraverso valute digitali come Libra, le quali non sono altro che il triste escamotage per rendere "più efficiente" il denaro fiat. Infatti gli asset di riserva a copertura delle emissioni di Libra saranno costituiti da un paniere di valute più altri strumenti finanziari riconducili all'attuale establishment finanziario. Lo scopo è quello di espandere anche agli unbanked l'Effetto Cantillon e raggiungere qualsiasi portafoglio possibile per creare una domanda artificiale per tutti quegli asset alla base di Libra. Lo stato non scomparirà dall'oggi al domani, ma sarà fagocitato dall'ascesa delle piattaforme industriali (es. Google, Amazon, Walmart, Facebook, ecc.) che offriranno la loro versione di denaro.

L'unica cosa che possono fare gli stati è cercare di sfruttare ancora l'uso della violenza per regolamentare queste piattaforme, per mostrare alla popolazione la sua presunta necessità nel nuovo mondo dell'informazione, il che è simile a come il Papato una volta metteva voce sulla successione dei re. Ma nel tempo questo meccanismo si invertirà e saranno le piattaforme a stabilire sempre più i termini per gli stati. Data la velocità a cui si muovono le cose oggi, questa inversione non si svolgerà nel corso dei secoli, come con la transizione dal feudalesimo agli stati, ma nel corso di decenni, persino anni in alcuni luoghi.



CONCLUSIONE

Con la terza grande recessione di questo secolo che si avvicina alle porte delle maggiori economie mondiali, i banchieri centrali seguiranno il copione delle precedenti due, ma nel 2001 e nel 2008 avevano molto più spazio di manovra rispetto ad oggi. Con ZIRP e NIRP non esiste modo convenzionale affinché i banchieri centrali possano attuare politiche anticicliche. Due sono le strade che potranno essere seguite questa volta: portare le politiche monetarie non convenzionali a livelli estremi, oppure lasciare che le forze di mercato puliscano tutti gli errori economici commessi finora. Per come si stanno mettendo le cose e per quanto c'è in gioco, ritengo che la strada che verrà seguita sarà la prima: le banche centrali continueranno a stampare denaro, gli stati lo spenderanno, i deficit aumenteranno e il debito strozzerà quanto poco è rimasto della produttività dei mercati.

Gli stati e il cartello delle banche centrali sanno che se viene rimosso il sigillo statale sul denaro, il loro potere si scioglierà come neve al sole. Senza poter derubare la popolazione attraverso l'Effetto Cantillon, gli stati non sarebbero arrivati ad esistere fino ad oggi. Bitcoin e le criptovalute offrono agli attori di mercato uno strumento che promuove l'idea di indipendenza e libertà. Questa alternativa decentralizzata, il cui valore non è determinato dalle macchinazioni di banche centrali e stati, offrono un'opportunità per proteggere i propri risparmi ed emancipare le proprie scelte economiche giornaliere.

L'uso di Bitcoin e strumenti di pagamento alternativi per aggirare lo stato è un diritto fondamentale. Il denaro deve essere protetto dall'invasione di enti centralizzanti in modo che il libero mercato possa di nuovo permetterci di vedere la via verso la prosperità. Il fatto che negli ultimi dieci anni c'è stato un numero crescente di persone che ha usato questi strumenti proprio per suddetti motivi, ci fa notare il trend in atto: un giorno gli attori di mercato torneranno ad avere in gran conto i concetti di libero mercato, rafforzati da soluzioni decentralizzate che galvanizzeranno una rete di scambi gratuiti e volontari.