martedì 30 aprile 2019

Paul Volcker non ci può salvare stavolta...

Leggendo questo articolo di Bloomberg apprendiamo come l'Islanda, un Paese sull'orlo della bancarotta qualche anno fa, sia riuscita ad alleggerire il proprio carico di debiti seguendo politiche che da tempo vengono suggerite su queste pagine per nazioni ultra indebitate, come l'Italia ad esempio. ricordiamolo ancora una volta allora: riduzione delle tasse e soprattutto riduzione della spesa pubblica. Ecco perché bisognerebbe prendere a schiaffi quegli economisti e politici che parlano di "stimolo" mediante la spesa pubblica per far crescere l'economia. La spesa pubblica limita la crescita economica semplicemente perché è ridistribuzione artificiale di risorse scarse e preziose (es. camion, trattori, computer, uffici, esseri umani, ecc.) a persone politicamente ammanicate. Quindi la spesa pubblica alimenta la crescita economica? No. In parole povere, la spesa pubblica è il processo in base al quale gli imprenditori orientati al mercato vengono sostituiti da individui orientati alla ricerca di rendite. Il denaro estorto attraverso le tasse serve solo a far crescere il controllo dello stato sull'economia (capitale umano e strumentale) che invece quando impiegate con raziocinio (in accordo con un calcolo economico genuino), alimentano per davvero il progresso economico.
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di Bill Bonner


Ancora nessuna crepa visibile nel mercato azionario, ma l'economia potrebbe essere in crisi.

In primo luogo cresce la comprensione che la ripresa economica targata Obama/Trump è stata un fallimento.

Un titolo su Yahoo Finance:
Jamie Dimon: l'economia degli Stati Uniti avrebbe dovuto crescere del 40% nell'ultimo decennio, non del 20%

Non è passata quasi una settimana da quando la Casa Bianca ha proposto il suo nuovo bilancio, contando su una crescita del 3%, che sta già ammettendo che non funzionerà. Il New York Times:
L'amministrazione Trump ha promosso un taglio delle tasse da $1.500 miliardi nel 2017, con la promessa che avrebbe innescato una crescita economica sostenuta. Sebbene i tagli alle tasse abbiano elargito euforia all'economia nel breve termine, i funzionari del governo ora ammettono che non saranno sufficienti a garantire la crescita annuale del 3% presente nella loro legge di bilancio.

In secondo luogo, stanno spuntando altri segnali che la ripresa, debole com'è, sta raggiungendo la sua fine.

I grandi esportatori (Cina, Corea del Sud e Giappone) stanno tutti segnalando un rallentamento delle vendite all'estero. E anche i trasportatori navali dicono che c'è meno traffico in mare, fatto confermato dal calo del Baltic Dry Index.

Persino il presidente della FED, Jerome Powell, ha evidenziato la debolezza dell'economia globale:
[...] Osserviamo una crescente evidenza di un rallentamento dell'economia globale [...]. Direi che i principali rischi per la nostra economia sembrano ora derivare dalla crescita più lenta in Cina e in Europa e anche eventi come la Brexit.

La Gran Bretagna dovrebbe lasciare l'Unione Europea tra soli nove giorni. A che termini? Non lo sappiamo L'incertezza potrebbe essere dirompente.

Ma oggi parleremo quella che crediamo sia una cosa certa: il treno fiscale degli Stati Uniti deraglierà.

I federali hanno già $22.000 miliardi di debiti, in aumento di $1.000 miliardi all'anno. Il bilancio di Trump sarà respinto dal Congresso e le sue proiezioni economiche non hanno senso.

Ma la sua caratteristica più pericolosa si rivelerà una sottostima. La nostra ipotesi è che il debito degli Stati Uniti (dopo una recessione e un crollo del mercato) salirà a $40.000 miliardi entro il 2030.

Ma aspettate... sicuramente c'è una via d'uscita... un modo per farlo rallentare... e tornare sui binari. Un caro lettore ci ha ricordato che il Canada c'è riuscito.
È possibile equilibrare un bilancio del governo federale. Il debito del Canada nel 1996 era così grande che il Fondo Monetario Internazionale minacciava di intervenire. Ma sei anni dopo il bilancio era in eccedenza e il governo è riuscito a gestire sette eccedenze di fila fino a quando la Grande Recessione non l'ha riprotato in rosso.

Il problema per gli Stati Uniti è che, come ha dimostrato il Canada, arrivare ad un surplus richiede misure che sia i liberal sia i conservatori aborriscono: sono state eliminate un quinto di tutte le posizioni governative, oltre a quelle militari e della RCMP [Royal Canadian Mounted Police] (circa 50.000 lavori); i programmi di welfare state (a province e individui) sono stati radicalmente ristrutturati.

Ad esempio, l'indennità di disoccupazione è stata rinominata indennità di occupazione per sostenere i lavoratori tra vari lavori, con minori benefici monetari e più programmi di formazione [...]. Le tasse sono state aumentate su individui e società.

Una sovrattassa temporanea del 3% è stata applicata a quei percettori di reddito superiori a $50k; l'imposta è stata eliminata quando il deficit era scomparso. Sebbene non facesse parte della strategia, l'esistenza di una nuova imposta sul valore aggiunto ha generato più entrate del previsto.

Il Canada ha ridotto il proprio deficit in un periodo di prosperità globale e prezzi alti delle risorse, rafforzando gli utili societari e le entrate fiscali. Il recente taglio delle imposte negli Stati Uniti non ha ancora portato ad un aumento delle entrate pubbliche nonostante un'attività economica positiva.

In realtà le entrate fiscali sono in calo del 6%. Ma senza tagli alla spesa, i tagli delle tasse sono inutili.

Quindi può essere fatto. Il disastro non è scontato e la catastrofe può essere evitata.

Ma... riuscite ad immaginare Trump che aumenta le tasse e taglia le spese? E Alexandra Ocasio Cortez? E Bernie Sanders?

Riuscite ad immaginare la FED che non fa niente mentre il mercato azionario crolla di nuovo e la disoccupazione sale al 10%?

Riuscite ad a immaginare Jerome Powell in piedi, irrefrenabile, come Paul Volcker... mentre gli economisti, i politici, la Casa Bianca e la stampa urlano ffinché "stimoli" l'economia?

Nonostante la fervida immaginazione, è impossibile da immaginare.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 29 aprile 2019

Economia ovunque, politica da nessuna parte: i benefici della decentralizzazione svizzera





di Hunter Hastings


C'è qualche speranza che i singoli cittadini del mondo occidentale possano liberarsi dalla crescita implacabile dello stato? Negli Stati Uniti la spesa pubblica, un proxy per valutare il potere statale che ci opprime, aumenta ogni anno. La situazione dei cittadini diventa sempre più terribile. Abbiamo poca influenza sulle nostre tasse, sulla nostra assistenza sanitaria, sulle nostre forniture di energia, per non parlare delle regole sociali con cui lo stato ci costringe. Il numero di regole e regolamenti, utilizzando il proxy delle pagine nel Federal Register, aumenta ogni anno e vengono rimosse pochissime regole. Lo stato ci stringe sempre più per la gola ogni giorno che passa.

C'è un Paese occidentale a cui potremmo guardare per avere un assaggio di speranza: la Svizzera. In un piccolo Paese senza sbocco sul mare, con risorse preziose in termini di risorse naturali, le persone hanno creato un alto livello di prosperità basato sull'innovazione e sul capitalismo creativo.



100% economia, 0% politica

Prima della costituzione del 1848, la Svizzera era una confederazione di stati, ognuno dei quali sovrano e indipendente, legato da un trattato di mutua difesa da aggressioni esterne. Come Paese, è stato il più economicamente sviluppato in Europa. Vario dal punto di vista etnico e religioso, è stato anche altamente innovativo e altamente produttivo. Gli ugonotti espulsi dalla Francia nelle guerre di religione diedero il via all'industria svizzera dell'orologeria ed i protestanti tedeschi in fuga dall'oppressione cattolica fondarono importanti compagnie industriali. Ci si è concentrati sulla conoscenza e sull'istruzione per compensare la mancanza di risorse naturali, e gli svizzeri erano commercianti globalmente collegati e attivi.

"L'economia era ovunque e la politica da nessuna parte" era una frase usata per descrivere questa nazione commerciale produttiva, energica, innovativa e decentralizzata nella metà del diciannovesimo secolo. Che immagine meravigliosa della libertà economica evocata in tale descrizione.

La Svizzera è stata in grado di mantenere alcune di queste caratteristiche nonostante le predazioni del XX secolo. Ha mantenuto il gold standard fino al 1999 e ha resistito all'internazionalizzazione fino all'adesione all'ONU nel 2002. Infatti l'internazionalizzazione è ciò che ha eroso l'unicità della Svizzera come nazione. L'afflusso di MBA di stampo internazionale e la mafia McKinsey sta trascinando la Svizzera verso il minimo comune denominatore di statalismo ed interventismo. L'UE punta ad indurre la Svizzera a firmare un accordo bilaterale che porterà inevitabilmente Bruxelles ad imporre gradualmente il suo socialismo multiculturale, proprio come ha fatto nel Regno Unito.

Tuttavia, la Svizzera ha almeno sei vantaggi strutturali che la ancora la rendono superiore rispetto ai suoi pari mediocri.


1) Decentralizzazione

La Svizzera rimane una confederazione di 26 cantoni. È più centralizzata rispetto al 1848, ma le funzioni del governo centrale sono limitate. C'è una costituzione nazionale, una forza militare e di sicurezza nazionale, una moneta unica e una banca centrale, e una politica estera. Ma il popolo è stato in grado di mantenere incatenati i poteri del governo centrale in misura maggiore rispetto agli Stati Uniti. James Madison fece promesse, ma la sua Costituzione non è stata in grado di mantenerle. Gli svizzeri hanno fatto meglio.


2) Sussidiarietà

La sussidiarietà è il principio di risolvere tutti i problemi e le questioni al livello più basso. La maggior parte delle tasse è imposta a livello comunale e cantonale. Il prelievo federale è limitato a circa il 20% del totale delle imposte. Questo affama la bestia del governo centrale. I cittadini sono più coinvolti nei loro governi locali e nelle loro decisioni di tassazione e spesa. E possono votare con i piedi, trasferirsi in un'altra città o cantone se ritengono che migliorerà le loro circostanze.


3) Democrazia diretta

In Svizzera la gente è sovrana. Il modo in cui la loro sovranità viene mantenuta è attraverso regolari referendum, in cui il popolo vota su questioni di politica nazionale, leggi e proposte di modifiche costituzionali. Di solito c'è un'alta affluenza alle urne per questi referendum e la gente prende sul serio il controllo democratico diretto del proprio governo.


4) Libero scambio

C'è poco dibattito sul libero commercio in Svizzera: esso è un imperativo. È un Paese fortemente dipendente dalle importazioni di beni di base: energia, cibo, materie prime. Ha quindi sviluppato una strategia industriale strategica sull'export: prodotti e servizi unici ad alto valore che soddisfano la domanda globale. Gli orologi sono il classico esempio, ma oggi si aggiungono anche biotecnologie e altre tecnologie. Il libero commercio è stato la condizione vincolante per la prosperità della Svizzera.


5) Neutralità

In politica estera e diplomatica, la Svizzera è notoriamente neutrale e non aggressiva. Si attiene al libero scambio globale, avere nemici sarebbe controproducente. La Svizzera ha un servizio militare obbligatorio, ma solo per difesa contro gli invasori esterni. La guerra è la barriera numero uno contro il progresso economico e la ricostruzione politica dopo il conflitto bellico è peggiore della distruzione fisica portata dalla guerra.


6) Innovazione imprenditoriale

La Svizzera si colloca piuttosto in alto nella lista dei Paesi per facilità di fare affari, anche se la sua classifica si è deteriorata nel XXI secolo. È facile avviare un'impresa, la tassazione è relativamente bassa e le leggi sono trasparenti. Numerose aziende internazionali scelgono la Svizzera per la loro sede. L'innovazione è integrata nell'istruzione e in una rete di centri di ricerca, che rappresentano investimenti nelle persone e nella conoscenza. È nella psiche individuale e nelle istituzioni della nazione.



Non perfetta, ma migliore

La Svizzera non è affatto perfetta come stato-nazione. L'intero concetto di stati-nazione è dannoso per le vite individuali delle persone. Forse saranno gli svizzeri, con la loro tradizione di decentramento, sussidiarietà, iniziativa individuale e libero scambio di idee, a scardinare tale concetto... a meno che prima non saranno sopraffatti dagli internazionalisti nell'Unione Europea, nelle Nazioni Unite, nel FMI e nella McKinsey. È economia contro politica. Speriamo che sarà l'economia a vincere e non la politica, ma sarà un'ardua battaglia. Il fatto che l'economia abbia prevalso in Svizzera ci fa sperare che possa ristabilire il suo primato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 26 aprile 2019

In difesa del libero mercato





di Alasdair Macleod


Perché nessuno difende i liberi mercati e il socialismo, nonostante tutte le prove dei suoi fallimenti, rimane una filosofia allettante? Non sorprende se la risposta risieda nella politica, che ha sempre portato ad un ciclo di comportamenti collettivi. Comprendere questo fenomeno è tempestivo perché le vecchie economie avanzate, gravate da una combinazione di debito presente e futuro, sembrano essere sull'orlo di un bust coordinato. Ma questo evento non ci riporterà automaticamente ad un libero mercato che alcuni di noi desiderano.



Cicli di comportamento collettivo

Nel corso della storia ci sono stati pochi periodi duraturi in cui i mercati sono stati veramente liberi. Le eccezioni contemporanee sono limitate ad alcuni piccoli stati insulari, costretti ad essere imprenditoriali per le loro dimensioni e posizione rispetto alle nazioni più grandi con cui commerciano. I governi di queste isole sanno che lo stato in sé non è adatto all'imprenditoria. Solo se lo stato si limita a proteggere la libertà dei mercati insulari e la sacralità dei diritti di proprietà, allora gli imprenditori possono servire le persone in queste comunità e creare ricchezza per tutti.

Questa non è la condizione normale per le nazioni più grandi. Prima dell'illuminismo scozzese alimentato da David Hume e Adam Smith, i benefici del libero scambio erano a malapena compresi. Da allora la ricchezza creata dal libero scambio e dal sound money è stata quasi sempre usata per un cambiamento dannoso. A volte un uomo politico, come Mao o Lenin, impone al popolo ciò che può o non può fare. In alternativa un leader ottiene popolarità proponendo di tassare pesantemente i pochi per il presunto vantaggio delle masse. Questo è il modello degli stati oggi. La svalutazione dei mezzi di scambio è un'estensione di queste politiche di socializzazione, favorendo il trasferimento della ricchezza individuale allo stato.

Per capire perché i liberi mercati sono spesso impopolari, dobbiamo metterli in un contesto di comportamento umano. A questo proposito possiamo stilizzare un ciclo di comportamento collettivo in tre fasi. La prima è una condizione senza una legge sui diritti di proprietà; in assenza di una legge esecutiva, i mezzi di possesso sono necessariamente violenti. È la condizione naturale del tribalismo e delle società pre-civilizzate. È la condizione alla quale l'umanità ritorna quando il ciclo si completa.

La seconda fase è il consolidamento della proprietà, con leggi applicabili per definirla e proteggerla. Dal caos che non riesce a far avanzare la condizione della gente arriva l'ordine, e con esso l'aggregazione dei mezzi di produzione. Viene accumulato capitale in tutte le forme necessarie per la produzione ed essendo scarso viene usato in modo più efficiente. La spina dorsale di questa fase è la libertà per l'individuo di disporre secondo la sua volontà delle sue risorse. Il ritmo di miglioramento della condizione umana è governato dal livello di ricchezza accumulata e dall'innovazione tecnologica.

La terza fase è l'abbandono dei mercati liberi a favore del controllo statale. Lo stato, la cui funzione primaria in termini economici è di agire come fornitore della legge, assorbe sempre più il commercio cercando di estrarvi livelli crescenti di imposte. Le tasse sono imposte per ridistribuire la ricchezza da quelli che l'hanno guadagnata a quelli che non l'hanno fatto. Lo stato prende il controllo del denaro, emettendo la propria moneta che può stampare a proprio piacimento. I danni all'economia sono coperti da tutti gli artifici economici e politici possibili ed implementabili.

Lo stato regola, confisca, priva la sua gente della sua libertà. Le richieste dello stato diventano così insaziabili, così controproducenti, così impoverenti che l'economia collassa nuovamente nella prima fase del ciclo successivo.

Questo è il nostro ciclo teorico di comportamento collettivo. Dal caos viene creato progresso; dal progresso si trova il percorso verso la distruzione. Il migliore di questi tempi è il libero mercato della seconda fase. Nessuno lo difende.



Prova empirica del ciclo

Dopo che gli stati tedeschi si unirono in una singola nazione nel 1871, tale pratica diede credito ad un nuovo fenomeno socializzante in base al quale Bismarck, il primo cancelliere tedesco, promosse lo stato come entità socializzante, sostituendolo ai liberi mercati. Fu il primo uomo politico a creare uno stato sociale, ad introdurre l'assicurazione per gli infortuni e la vecchiaia e la medicina socializzata. Poco dopo l'unificazione, a metà degli anni settanta dell'Ottocento, Bismarck abbandonò il libero commercio e introdusse il protezionismo commerciale.

Le sue politiche riecheggiavano i principi della Scuola Storica Tedesca, la quale guidava il pensiero intellettuale nell'amministrazione prussiana. La Scuola Storica respinse l'economia classica di Smith, Ricardo e Mill in favore di uno stato controllore, supportato da analisi di eventi storici (da cui il nome di tale Scuola). Queste lezioni erano applicate alle condizioni mutevoli in quel momento, in cui i lavoratori si stavano trasferendo dalla campagna alle nuove fabbriche. La risposta dell'establishment tedesco ad un fenomeno sociale completamente nuovo era decisamente fuori luogo.

La creazione di un nuovo stato socializzante tedesco e la negazione del liberalismo economico portarono inevitabilmente alla fondazione del Chartalismo, la teoria del controllo dello stato sul denaro. Essa affermava che solo lo stato ha il diritto di determinare la valuta usata dal popolo. Georg Knapp pubblicò la sua State Theory of Money nel 1905. Diede a Bismarck la chiave per sbloccare i vincoli sulla spesa pubblica. Lo stato era quindi in grado di consolidare il suo potenziale, sia nella sua burocrazia che nell'armamento militare. Sappiamo tutti cos'è successo poi: prima guerra mondiale e crollo della valuta tedesca.

Vale la pena riflettere sul fatto che i tedeschi sono passati da una libertà per migliorare le loro circostanze personali al socialismo. L'inizio era promettente: l'introduzione dello Zollverein, un'unione doganale tra stati indipendenti di lingua tedesca. Le radici dello Zollverein risalivano agli anni trenta del secolo precedente, consolidate e formalizzate nel 1861. Precedette la formazione di una Germania più grande nel 1871. Era la porta di accesso all'unione politica e alla gestione economica statalista.

Lo sviluppo dell'Unione Europea è partito dalle stesse basi, ma il punto di fondo è che un ciclo di eventi ha portato una nazione a cadere sotto il pieno dominio dello stato sull'attività economica e sugli affari monetari attraverso l'erosione del laissez-faire.

Nel caso della Germania, le conseguenze politiche della prima guerra mondiale ed il successivo crollo della sua valuta non rappresentarono la fine della storia, né del ciclo. L'ascesa del socialismo fascista estremo portò infine alla distruzione dello stato tedesco nel 1945. Il ritorno ai mercati liberi sotto la guida di Ludwig Erhard completò il ciclo.

La parte di Germania occupata dai sovietici non fu così fortunata. Erhard dovette ignorare gli istinti e gli ordini dei suoi colleghi filo-americano e britannico, bloccati in uno stato d'animo militaristico e burocratico. Nel luglio 1948, senza consultarli, Erhard abolì tutti i razionamenti ed i controlli sui prezzi. Quasi istantaneamente i negozi riaprirono, il cibo tornò ad essere disponibile, scomparve l'umore repressivo e le persone iniziarono a ricostruire le loro vite. Per contrasto, la vittoriosa Inghilterra socialista continuò con la politica del razionamento fino al 1954, quando venne posta definitivamente fine al razionamento della carne.

L'evoluzione in Germania, dal libero mercato ad uno statalismo sempre più distruttivo e il ritorno al libero mercato, aveva richiesto ottant'anni dopo l'unificazione nel 1871. La Russia passò attraverso un simile cambiamento. Invece di una progressiva introduzione del controllo dello stato e della perdita della libertà personale, il tutto fu improvviso e assoluto. Dopo tre anni di guerra civile e un modello marxista già pronto, Lenin conquistò e consolidò il controllo. Sia Lenin che Stalin furono spietati nella loro soppressione della libertà. Decine di milioni di persone erano considerate nemiche dello stato, tra cui persone che non erano d'accordo con loro o della razza "sbagliata". Furono giustiziati o spediti nei gulag. Tale soppressione è durata fino a quando i soviet hanno impoverito la loro gente fino al punto in cui non rimase più nulla. Nel 1989, dopo settant'anni, l'Unione Sovietica crollò.

Le esperienze tedesche e russe ci dicono che i beneficiari del libero commercio non riescono a difenderlo e che quindi esso non dura a lungo. Chiunque leggesse di come trascorreva la vita a Vienna prima della prima guerra mondiale, rimarrebbe colpito dalla prosperità diffusa, dalla libertà e dalla fioritura artistica dell'epoca, la quale fu distrutta dalla guerra e da un successivo crollo della valuta. È fuori moda nei nostri tempi socialisti definire "bei tempi" quegli anni prebellici.

Io sono cresciuto sperimentando la prosperità del libero mercato nelle colonie africane britanniche; una prosperità che ha giovato non solo agli europei più ricchi, ma anche alle comunità indigene africane e asiatiche. Ciò fu distrutto dagli imperativi politici, dalla richiesta di indipendenza dal dominio britannico da parte di coloro che avevano beneficiato del libero mercato. Le economie completamente funzionanti sotto il libero mercato vennero sostituite in tutta l'Africa da élite corrotte che ancora rubano per arricchirsi a scapito della popolazione.

Non è un caso che i leader africani post-indipendenza abbiano abbracciato il socialismo come giustificazione delle loro azioni. Sostenevano che i proprietari terrieri europei avessero sequestrato proprietà che appartenevano alle tribù e che un nuovo stato indipendente aveva il diritto di riprenderselo. Ma ignorarono il fatto che prima dell'arrivo degli europei non esistevano proprietà, né leggi sulla proprietà per definirla. L'occupazione fu portata avanti con la forza. Non era altro che una giustificazione socialista affinché lo stato acquisisse per sé la proprietà privata.

In soli cinquanta anni il libero mercato aveva fatto passare il nativo nelle zone centrali africane dall'ignoranza della ruota all'era dei motori a reazione e dei grattacieli. Mai prima di quel momento le comunità tribali avevano assistito ad un così rapido cambiamento sociale. Dimentichiamo spesso le terribili condizioni e la crudeltà che esistevano prima dell'introduzione del capitalismo occidentale. Queste condizioni si riassumono meglio in una citazione di Tacito tratta da Socialism di Mises (p.37), il quale parla delle tribù tedesche nel 98 d.C: "Sembra riprovevole, anzi più, persino sintomo di pigrizia, acquisire qualcosa con fatica e sudore piuttosto che con lo spargimento di sangue." Avrebbe potuto descrivere i raid di bestiame che si verificano ancora oggi in Kenya e in Laikipia.

Quasi due millenni dopo che Tacito descrisse la Germania tribale, in Africa regnava un disordine simile prima che i coloni bianchi sviluppassero la terra. Per sfuggire ad una stasi di sussistenza che era apparentemente esistita da sempre, il disordine doveva essere sostituito dall'ordine dell'uomo bianco. Attraverso l'introduzione del capitale e della proprietà, i mercati liberi hanno permesso a tutta la popolazione di migliorare rapidamente le sue condizioni.

Senza questi ingredienti cruciali non ci possono essere progressi. Il socialismo restituisce la civiltà ad uno stato di natura selvaggio, abolendo sia la proprietà che l'accumulo di capitale. L'economia è ostacolata nel suo progresso, finché non appassisce. Una nazione torna quindi al suo stato pre-capitalista di illegalità, corruzione, brutalità e povertà diffusa. Ancora una volta, il raid del bestiame e azioni simili diventano il mezzo per acquisire la proprietà.

Ma se questo ciclo ripetitivo è così ovvio, perché l'umanità cade sempre nella stessa trappola?



La psicologia del negare il libero mercato

I cicli del comportamento umano richiedono un accumulo di pregiudizi finché il tutto non diventa insostenibile. Il pregiudizio umano è il motivo per cui gli establishment si attengono spesso alle loro convinzioni, mentre negano un dibattito ragionevole. Lo vediamo oggi con il nostro establishment economico post-keynesiano che guida le politiche economiche e monetarie, mentre nega la superiorità del libero mercato in queste materie. Chiunque sfidi l'irragionevolezza dell'establishment rischierà di essere denigrato e screditato.

Create la struttura delle convinzioni e lo stato può giustificare qualsiasi azione. La leadership diventa più efficace quando si basa su dottrine prevalenti, con le menti fermamente chiuse a tutte le prove del contrario. Tutti i tipi di socialismo mostrano opinioni isolate indebolite da contraddizioni sconvenienti. Un governo socializzatore può quindi apparire indipendente e leale, al servizio delle persone, quando in realtà serve solo sé stesso.

I nuovi dogmi si radicano e la popolazione, come i nostri antenati cacciatori-raccoglitori nelle loro caverne comuni, si stringe attorno alla reciproca sicurezza del nuovo consenso. Per quanto riguarda le contraddizioni dello stato, vengono ignorate e si fa riferimento allo stato stesso per smentirle. Diventa un processo iterativo che consente allo stato di allontanarsi senza remore dal libero mercato, non solo con il consenso del pubblico, ma anche con il suo incoraggiamento. È la base del pensiero di gruppo, il nemico della ragione.

All'auto-ignoranza si aggiunge una sopravvalutazione della comprensione di questioni complesse: un pregiudizio di comprensione rafforzato dai media generalisti. Gli editori selezionano questioni complesse e le riducono a scelte semplificate, che poi vengono discusse da presunti esperti. Il dibattito procede sempre sulla base di quale intervento o regolamento statale è più probabile che raggiunga un determinato obiettivo. Rovinare la festa insistendo sul fatto che la libertà personale è preferibile a qualsiasi intervento statale, costerà l'antagonismo dei media generalisti e si verrà considerati un anticonformista (se non peggio).

La contraddizione diventa troppo difficile da prendere in considerazione. Si sviluppa una forma di ingenuo realismo, in cui i giornalisti mainstream si promuovono come sostenitori di un consenso. Inoltre credono che coloro che non aderiscono al consenso sono irrazionali, prevenuti e ignoranti. Con questi mezzi, i vantaggi del libero mercato e dell'individualismo sono soppressi sempre di più. Gli economisti sono pagati per promuovere politiche a favore del controllo statale sul denaro. Le università sviluppano un pregiudizio anti-mercato e gli economisti di libero mercato non sono in grado di assicurarsi professioni retribuite.

La posizione che occupano questi esperti è stata ben riassunta da John Ioannidis, professore di medicina alla Stamford University: "Gli scienziati in un determinato campo possono essere prevenuti solo a causa della loro fede in una teoria scientifica, o dell'impegno nei confronti delle loro scoperte [...]. Le figure di prestigio possono sopprimere tramite il processo di peer review l'apparizione di scoperte che confutano le loro, condannando così il loro campo a perpetuare un falso dogma. Le prove empiriche sulla cosiddetta opinione degli esperti mostrano che essa è estremamente inaffidabile."

Tutti crediamo che gli scienziati siano disciplinati nelle loro specializzazioni e imparziali e invece non è così. In economia c'è il problema dell'imprevedibilità umana, a cui si aggiunge una mancanza di una sua definizione precisa. La teoria ragionata è spazzata via dall'introduzione di statistiche inaffidabili e spesso estranee come materia prima per le equazioni matematiche. La ragione, la libertà e il libero mercato sono le vittime.

Invece di ragionare per noi stessi e riconoscere i difetti nel dibattito, abbiamo fiducia in un'élite che guidi i nostri pensieri con le loro conoscenze. Accanto all'élite c'è un gruppo di esperti auto-consacrati consultati dai media generalisti. Diamo valore alla loro indipendenza e li vediamo come insider informati, ma dimentichiamo che il loro accesso privilegiato dipende esclusivamente dal supporto della linea di partito. È una vita redditizia per coloro che hanno il potere, una base auto-celebrativa per promuovere silenziosamente la propria politica sociale.

Quando viene lasciato indietro dai progressi, alla fine lo stato socialista statico diventa l'autore della propria distruzione. Solo allora potrebbe essere rotto il consenso psicologico di negare il libero mercato. Se siamo fortunati, dal caos che ne deriverà emergerà rapidamente un nuovo impegno nei confronti del libero mercato. Più probabilmente, purtroppo, diventerà l'occasione per l'estremismo, come la Germania ha mostrato all'indomani del suo collasso inflazionistico del 1923.



Evoluzioni socialiste contemporanee

In veste di storici dell'economia, osserviamo i difetti degli altri senza riconoscerli in noi stessi, principalmente per le ragioni psicologiche sopra riportate. La maggior parte degli storici dell'economia si rivolge selettivamente all'argomento in questione con il pregiudizio della propria cultura e generazione. La storia della Germania di Bismarck è poco conosciuta nella letteratura inglese. La caduta del comunismo nell'URSS è nuova nelle nostre menti, ma le lotte dello stato sotto Yeltsin per sostituirlo con un'economia basata sul mercato e la conseguente corruzione sono più attuali.

In Gran Bretagna molti hanno dimenticato i terrificanti prodotti dei monopoli nazionalizzati: British Railways, British Telecom, British Leyland, solo per citarne alcuni. Di conseguenza gli inglesi e gli altri socialisti occidentali non sono mai sufficientemente scoraggiati nel loro antagonismo contro il libero mercato. Il desiderio di Bernie Sanders di correre di nuovo per la carica di presidente e il marxismo di Jeremy Corbin sono la testimonianza della scarsa lungimiranza dei votanti. È un'ignoranza volontaria che difende il socialismo e non difende mai il libero mercato.

In America il socialismo viene messo in discussione dal presidente Trump. Senza esaminare troppo da vicino le sue convinzioni, sa che l'establishment ha strangolato l'economia americana. La sua avversione contro i democratici e le loro politiche sotto Obama lo identifica come un nemico del socialismo. Ma Trump non difende il libero mercato, invece finisce per difendere il capitalismo clientelare, la spesa militare e l'inflazione monetaria. Il suo protezionismo commerciale, che richiama fortemente le politiche di Bismarck alla fine del diciannovesimo secolo, è allo stesso modo socialismo sotto la bandiera del nazionalismo. Donald Trump, lungi dall'opporsi alla marea socialista, ci nuota dentro.

Le politiche commerciali di Trump stanno guidando l'America, e quindi il mondo, in una profonda recessione. Secondo le attuali politiche monetarie, il risultato sarà un aumento dell'inflazione monetaria, che potrebbe portare alla distruzione del dollaro. Se questo accade, quasi certamente sarà incolpato Trump, non il socialismo. Stando così le cose, la distruzione dell'economia americana e forse del dollaro con essa non rappresenterà la fine del socialismo e il ritorno al libero mercato. Non comprendendo adeguatamente l'essenza del libero mercato, Trump rischia di condannare la sua nazione e il suo retaggio ad un socialismo post-crisi simile a quello che nella Germania degli anni '20.

Se le cose andranno così, possiamo solo sperare che suddetto periodo sarà breve. Gli economisti nella tradizione del libero mercato possono solo prevedere le probabili conseguenze economiche e monetarie delle attuali politiche. La tradizione del "laissez faire" ci dice che uno stato fallito dovrebbe smettere di intervenire e limitarsi a garantire l'applicazione della legge penale e contrattuale. Dovrebbe fermare l'inflazione monetaria. Come dimostrò Ludwig Erhard nel 1948, il libero mercato ristabilì rapidamente l'ordine economico. Ma finché c'è respiro nel socialismo, il libero mercato continuerà ad essere soppresso.

La fondazione dell'Unione Europea riecheggia l'approccio tattico di Bismarck: trasformare un gruppo di nazioni in un'unione doganale di Zollverein, quindi indirizzarle verso l'integrazione politica. Come la Scuola Storica Tedesca era fondamentale per Bismarck, il socialismo-marxista è la forza trainante per l'UE, inizialmente mascherato con la scusa di un libero scambio all'interno dell'Unione. Il libero scambio è quindi ostacolato dalla regolamentazione burocratica, dalla cosiddetta equità e dall'ulteriore integrazione. Sono già in programma l'imposizione di nuove tasse per estendere il potere del governo di Bruxelles e la costruzione di una nuova forza militare pan-europea.

Testimone di ciò è lotta contro la Brexit, dove si scopre che il Parlamento di Westminster è composto da una stragrande maggioranza di membri che amano i piani socialisti dell'UE. Anche la maggioranza dei parlamentari Tory, il partito della libera impresa, preferisce un sistema socialista al libero mercato.

Il mondo intero è in pugno al socialismo non solo la Germania, l'Unione Sovietica, l'America, l'UE, o la Gran Bretagna. E queste sono solo alcune tra le nazioni tradizionalmente avanzate. Essendo ciclica, la bancarotta è certa. Supponendo che il tutto non finisca in una distruzione nucleare della razza umana, alla fine volteremo le spalle alle follie degli stati socialisti e torneremo al libero mercato. Allora il ciclo della follia socialisteggiante ricomincerà da capo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 25 aprile 2019

Può l'Europa sopravvivere alla sua stessa censura?

Sebbene circa 200 accademie di IP e gran parte dell'industria musicale abbiano bocciato la nuova legge europea sul copyright, il parlamento europeo l'ha approvata lo stesso. Ci sono due sezioni della legge particolarmente rilevanti. L'articolo 11 impedisce agli aggregatori di notizie, come i motori di ricerca e le società di social media, di collegare e fornire frammenti di articoli senza pagare una "link tax". Un'assurdità, non c'è motivo per cui i siti web debbano pagare per quello che è a tutti gli effetti un favore. È responsabilità di coloro che creano contenuti monetizzarli attraverso annunci pubblicitari o paywall, non tentare di sottrarre i ricavi da entità di maggior successo. In pratica questo concentrerà il potere nelle mani di grandi siti di notizie, i quali hanno maggiori probabilità di raggiungere accordi per il diritto di condividere i link. Uno studio tedesco ha rilevato che quasi due terzi delle entrate andranno ad un singolo editore e solo l'un percento ad editori più piccoli. Non sorprende quindi che i lobbisti dell'industria editoriale multinazionale abbiano spinto per l'approvazione della legge. L'articolo 13 rende le piattaforme (come Google, Facebook, Twitter, Tumblr e i forum Web) responsabili in modo proattivo per la violazione del copyright. Inverte l'onere, supponendo che i contenuti generati dagli utenti rompano il copyright a meno che non sia provato diversamente. Altra assurdità, poiché le piattaforme sono come librerie e quando un libro è offensivo o lede il copyright, viene semplicemente rimosso... non si fa causa alla biblioteca. Il copyright è spesso poco chiaro e contestato. Visto che suddette piattaforme saranno legalmente responsabili, dovranno utilizzare sistemi automatici per impedire agli utenti di pubblicare contenuti, immagini, video e musica attraverso GIF e meme. In pratica questo significa filtri di caricamento, una seria minaccia alla libertà di espressione e alla creatività online. Per non parlare del caos che verrà generato dai falsi positivi. L'articolo 13 è anch'esso un regalo per le piattaforme più grandi, perché sebbene possa creare qualche grattacapo, solo le grandi aziende potranno permettersi di rispettare la legislazione creando una valutazione automatica del copyright e la concessione di licenze con i proprietari. Piattaforme nuove e più piccole non saranno in grado di competere.
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da Zerohedge


La nuova direttiva sui diritti d'autore dell'UE è stata approvata dal Parlamento europeo, assicurando che in futuro cambierà il modo in cui usiamo Internet. E non per il meglio...

Le parti controverse sono gli articoli 11 e 13, la "link tax" e gli "upload filter". Per capire più approfonditamente quanto siano orribili queste nuove regole, consultate questo articolo su Gizmodo (che spero non mi costi dover pagare una tassa per aver messo il collegamento!).

Guardate anche questo video di Dave Cullen, residente in Irlanda.



Dave elenca una serie di punti sulle ramificazioni degli articoli 11 e 13 di cui io non discuterò.

L'arroganza dei membri del Parlamento Europeo nell'approvare un simile obbrobrio, senza nemmeno discutere le argomentazioni degli emendamenti, parla da sé. Molto probabilmente dietro questa legge ci sono gli stessi che stanno cercando di distruggere la Brexit: la Cricca di Davos. Non voglio dilungarmi su questo punto, visto che ne ho parlato di recente (qui) e in passato (qui).

Ma ci sono validi motivi per cui questa spinta verso il controllo del flusso di informazioni è l'ennesimo esempio i quanto siano disperati per mantenere il controllo su ciò che in passato ho definito The Wire:
In breve, The Wire è il canale principale attraverso il quale comunichiamo tra di noi. Anche i soldi sono The Wire. Cosa sono i prezzi se non le informazioni su ciò che siamo disposti a comprare coi nostri soldi? Senza The Wire la società moderna fallirebbe. Quindi lo stato non può chiuderlo, ma non può nemmeno permettergli di avervi senza restrizioni. Elettricità, commercio, comunicazioni, tutto passa dal The Wire. Questo non è un concetto, ma, come tutte le idee importanti, una volta che vi viene presentato non potete più ignorarlo.

Il controllo sul The Wire è l'unica battaglia che conta o ha sempre avuto importanza nella società. Internet è The Wire, pertanto ha senso solo se si ha il controllo su di esso e mantenere di conseguenza il controllo sulla società in generale.

Gli oligarchi delle grandi società temono per i loro progetti, vogliono disperatamente mantenere il controllo. Hanno lavorato per decenni per far evolvere lo stato-nazione nel nuovo super-stato transnazionale rappresentato dall'UE.

La nuova direttiva sul diritto d'autore è concepita per erigere barriere all'ingresso e silenziare le voci controcorrente, esternalizzandone l'applicazione alle piattaforme che ospitano il materiale.

E tali piattaforme sono troppo felici di farlo perché riescono ad eliminare qualsiasi potenziale concorrente. Così, mentre i loro costi aumentano leggermente, sono immuni dalla concorrenza che nel tempo potrebbe azzerare i loro margini, come accadrebbe in un qualsiasi mercato davvero libero.

Ricordate che in tutti gli sforzi umani il profitto incarna una cosa elusiva. Qualcuno è sempre attratto dal profitto che qualcun altro sta incamerando e individuerà un modo per farlo meglio attraverso la costruzione di un business migliore.

Se è possibile cortocircuitare questo processo tramite il controllo del The Wire, allora si aprirebbe la porta a quel motto spesso citato quando si parla di animo umano: vivere al massimo col minimo sforzo.

In parole povere, si è a caccia di rendite.

Questo è il motivo per cui la musica e l'industria cinematografica vogliono che le loro proprietà intellettuali (IP) siano protetto da politiche di "uso equo". Vedono i loro margini in calo e vogliono far pagare per uso/ascolto/visualizzazione le cose di cui hanno il copyright, nonostante le persone non vogliano farlo. È troppo costoso per queste società seguire i singoli clienti. Ciò non funziona se non in modi molto limitati. Sì, possono sbattere fuori dalle loro piattaforme l'Alex Jones o il Sargon di Akkad di turno, ma con una prevedibile reazione contraria.

Trasformare tutto ciò in legge è un altro paio di maniche. E le persone o sono costretto ad accettare la regolamentazione di queste società (garantendo il loro status di monopolio), oppure Internet sarà pressoché inutilizzabile.

Questa Direttiva è puro protezionismo per i produttori di media, notizie, musica, film, ecc., i cui modelli di business sono falliti e adesso sono letteralmente sovvenzionati da altre industrie redditizie. Ad esempio, il Washington Post è a tutti gli effetti una società di Amazon.

Quindi gli articoli 11 e 13 sono vasi di miele per i capitalisti clientelari. Ma è tutto male? Il futuro è questo: più leggi e controlli? Probabilmente no.

Diamo un'occhiata alla cosiddetta link tax e immaginiamo uno scenario peggiore, uno in cui l'UE non tiene conto di tutti i trattati transfrontalieri, dei limiti all'imposizione fiscale ed i nostri governi si conformano a queste assurdità.

Quindi diciamo che voglio linkare un articolo del Der Speigel per parlare di Angela Merkel.

Per farlo ora, ai sensi dell'articolo 13, devo ottenere una licenza per il link e pagare una tassa. Diciamo che devo pagare €100. Invece di pagare quella tassa, la mia reazione naturale sarebbe quella di non mettere il link e farvi solo riferimento.

Se ciò non funziona e WordPress mi banna il post, dovrei fare uno screenshot della sezione pertinente dell'articolo (in stile 4chan) senza link o riferimenti. E nel peggiore dei casi, se mi scoprono anche in questo modo, non mi resterebbe che non citare l'articolo scrivendolo in modo tale da non averne bisogno. Non ottengono più traffico e nemmeno la tassa.

Il risultato è che scenderanno nelle classifiche di ricerca di Google, mentre io continuo a mantenere alto il mio traffico e il pubblico felice. Chi vince? Io o loro? Io.

A mio giudizio un link è pubblicità gratuita. So che ognuno di essi è un dono che paga enormi dividendi. Adoro le persone che mi contattano per avere il permesso di ripubblicare il mio lavoro. Il punto centrale di ciò che faccio è raggiungere il più vasto pubblico possibile. Perché dovrei porre delle barriere?
Il novantacinque per cento delle notizie che leggete è una riformulazione di un comunicato stampa governativo o aziendale. Se pensate che qualcuno non possa ristampare comunicati stampa governativi o aziendali per meno di €100 a testa, siete pazzi.

Proprio come nelle vendite al dettaglio. Amazon sta uccidendo i rivenditori locali perché gli articoli possono essere consegnati in modo più efficiente senza un negozio in mattoni. I costi per mantenerlo e le persone che si recano in un determinato posto sono uno spreco di capitale scarso e prezioso. È un modello vecchio e senza futuro.

Notiziari che si limitano semplicemente a diffondere le stesse cose, cambiando lievemente il contenuto, non saranno in grado di addebitare un centesimo per i link. Per il 95% delle notizie c'è qualche differenza tra Yahoo!, MSN, CNN o FOX? No.

Se producete qualcosa con valore aggiunto, le persone escogiteranno un modo per giustificare dentro di loro l'esborso di un pagamento. La pubblicità copre parte di questo costo. Se non lo fanno, non sono entrate perse, ma entrate che non avete mai avuto in quel momento a quel prezzo.

Nel mondo degli affari i bulbi oculari sono tutto. Perdere gli occhi per una link tax è solo un cattivo affare.

Quindi l'UE ha appena dato a queste industrie morenti tutto ciò che hanno sempre desiderato. Ma, a lungo andare, sarà la loro rovina, in quanto incentiverà un'intera generazione di giornalisti-cittadini a riempire le nicchie e fare ricerca primaria.

Inoltre sarà inapplicabile a qualsiasi livello pratico, come sottolinea Dave Cullen. L'UE stessa causerà un crollo del traffico da e verso i suoi IP.

Dato che il costo del The Wire scenderà su una base di megabyte (vi basti pensare al 5G), calerà anche il costo per resistere al suo controllo. La riduzione dei costi della larghezza di banda renderà possibile la creazione di reti peer-to-peer e organizzazioni autonome decentralizzate che persino i cripto-entusiasti più incalliti non hanno ancora concepito.

E una volta che non ci sarà più da chi andare a chiedere protezione, saranno loro ad andare dietro alle persone di nuovo. A quel punto è game over.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


mercoledì 24 aprile 2019

Gli economisti non riusciranno a predire il prossimo crash... perché non possono





di Thorsten Polleit


Si ricevono molte attenzioni se gridate cose come "Il mercato azionario sta per crollare" o "Il crollo del dollaro USA è dietro l'angolo" o "Il crollo del mercato immobiliare è imminente". Ma dal punto di vista di un'economia solida, fare questo tipo di previsioni è del tutto impossibile. Dare probabilità certe a determinati risultati (come "il mercato azionario ha una probabilità del 30% di crollare nel 2018") potrebbe andare di moda tra i veggenti, ma certamente non migliora le cose.



Alcuni possono

Non si dovrebbe respingere del tutto l'idea che ci possano essere persone là fuori in grado di prevedere correttamente eventi che si verificheranno in futuro. Ad esempio, un imprenditore di successo appartiene a questo gruppo. Lui/lei sforna prodotti che la gente vuole comprare e li vende a prezzi che superano i costi di produzione. È anche in grado di prevedere cambiamenti nella domanda dei consumatori e di adeguare di conseguenza la sua produzione.

Inoltre ci sono investitori di borsa di successo, i quali si distinguono poiché hanno all'attivo molti anni di sovraperformance rispetto ai loro concorrenti. Per essere sempre migliori del mercato, devono vedere e sapere qualcosa che altri non vedono, o non sanno, e agire di conseguenza. Ad esempio, devono individuare azioni sottovalutate e ottenere un profitto decente quando il mercato spingerà i prezzi di quelle azioni. Investono al momento giusto nelle azioni "giuste", le quali garantiranno una sovraperformance nel corso del tempo.

Imprenditori e investitori di successo devono avere quello che serve: la visione, il coraggio, l'acume aziendale, o qualunque cosa possa far loro prevedere nel modo più corretto possibile il futuro. Ciò non significa che non faranno errori di previsione, ma per qualche ragione i loro errori di previsione si rivelano meno devastanti di quelli della maggior parte della popolazione. Una cosa è certa: gli imprenditori e gli investitori di successo non basano le loro previsioni sull'idea che l'economia li metterebbe nelle condizioni di fare previsioni corrette. Perché?



La maggior parte non può

L'economia non è una scienza che fornisce i mezzi per prevedere il futuro. Come disse Ludwig von Mises: "Questo non vuol dire che le azioni umane future siano assolutamente imprevedibili. Possono, in un certo modo, essere anticipate in una certa misura, ma i metodi applicati in tali anticipazioni e il loro scopo sono logicamente ed epistemologicamente del tutto diversi da quelli applicati nell'anticipazione degli eventi naturali e dal loro scopo."[1] L'affermazione di Mises potrebbe richiedere qualche spiegazione ulteriore.

L'economia è la scienza dell'azione umana, o, per essere più precisi, l'economia riguarda la logica dell'azione umana. Il suo "punto archimedeo" è l'affermazione inconfutabilmente vera che "gli esseri umani agiscono". Quest'ultimo concetto non può essere negato senza causare una contraddizione logica. Se sostenete che "gli umani non possono agire", agite lo stesso, e quindi contraddite la vostra stessa affermazione. Dall'affermazione auto-evidente dell'azione umana, possiamo dedurre, o spiegare, ulteriori affermazioni vere.

L'azione umana è intenzionale; l'azione richiede mezzi per raggiungere gli obiettivi; i mezzi sono scarsi; l'azione umana presuppone la categoria dei mezzi e dei fini, cioè la causalità; il tempo è un mezzo indispensabile per l'azione; l'azione umana implica la preferenza temporale e quindi il tasso d'interesse originario (ed entrambi sono positivi, non possono essere zero, per non dire negativi); la legge dell'utilità marginale è logicamente implicita nella dichiarazione "azione umana".

Queste (e altre) affermazioni sono implicite nella proposizione che "gli esseri umani agiscono". Qualsiasi teoria economica che contraddica le implicazioni del concetto di azione umana deve sollevare seri dubbi sulla sua presunta validità. Ad esempio, una teoria economica in cui l'azione umana non richiede tempo, o in cui l'azione umana non è vincolata da una preferenza temporale definita ed un tasso d'interesse originario positivo, può essere liquidata come falsa (come irrealistica).



Il ruolo delle idee

La conoscenza inconfutabilmente vera che gli umani agiscono implica che le idee (o le teorie) facciano agire gli umani. E le idee sono le ultime a venire nella spiegazione dell'azione umana; non possono essere rintracciate più indietro in altri fattori esplicativi. Questo non si può negare.[2] Rifiutarlo presumerebbe l'esistenza di fattori esterni (fisiologici, biologici, chimici) che spieghino sistematicamente le azioni umane. Finora la scienza non è riuscita a trovare una relazione definitiva tra fattori esterni e azioni umane.

Infatti esiste una ragione logica per cui una simile relazione non può essere scoperta: l'uomo ha innegabilmente capacità di apprendimento, il che significa che può imparare.[3] Discutere l'assioma "L'uomo non può imparare" presuppone che l'uomo possa imparare; altrimenti non si direbbe niente a qualcun altro; presumere il contrario equivarrebbe ad una contraddizione. E sostenere che "l'uomo può imparare a non imparare" vorrebbe dire una contraddizione logica assoluta. Poiché non possiamo rifiutare l'idea che gli esseri umani abbiano capacità di apprendimento, possiamo capire perché non possiamo conoscere il futuro delle nostre azioni.

Se supponiamo di sapere oggi come gli esseri umani agiranno in futuro, diremmo che non solo abbiamo una conoscenza sufficiente dei fenomeni naturali, ma conosciamo anche le scelte future, le preferenze e le scale di valori degli esseri umani. Quest'ultimo aspetto, tuttavia, implicherebbe la negazione della capacità di apprendimento: conoscere oggi come gli umani agiranno in futuro contraddirebbe l'affermazione logicamente vera che gli umani hanno capacità di apprendimento, poiché oggi sapremmo tutte le cose che accadranno, ma questa è una contraddizione e quindi è falsa.



Previsione impossibile

Ora è facile capire anche perché non può esserci alcuna relazione costante tra fattori esterni e azioni umane, nel senso che se si verifica il fattore X, gli umani intraprenderanno determinate azioni e il risultato sarà sempre Y. Per esperienza, sappiamo che persone diverse, in risposta a determinati stimoli, spesso agiscono in modo diverso in diversi momenti nel tempo. Ma l'esperienza non prova nulla. Fortunatamente non dobbiamo ricorrere all'esperienza per sapere che non ci sono regolarità quantitative nell'azione umana.

Il motivo per cui non ci sono costanti nel comportamento è logico: se il fattore X esterno provoca determinate azioni ("se X, allora poi Y", o "se X sale del 10%, allora Y scenderà del 5%"), saremmo in grado di prevedere oggi l'azione umana in futuro (in termini quantitativi), e ancora una volta, saremmo quindi in contraddizione con la conclusione logica che gli esseri umani hanno capacità di apprendimento: se sappiamo oggi come agiremo in futuro, dobbiamo supporre che non possiamo apprendere lungo la strada.

Ora siamo tornati al punto di partenza. L'economia, quando giustamente intesa come logica dell'azione umana, non può fornire intuizioni che predicano l'azione umana futura. Qualsiasi tentativo di utilizzare l'economia per fare previsioni è contrario alla logica ed è quindi destinato a fallire. Ciò non significa affatto che l'economia sia una materia banale, anzi! Ciò che l'economia può fare è delineare (con assoluta certezza) i risultati qualitativi dell'azione umana che si svolge in determinate condizioni e circostanze.

Ad esempio, l'economia dice con certezza apodittica che se le persone intraprendono uno scambio volontario, tutte le parti ne trarranno beneficio; o se la banca centrale aumenta la quantità di denaro, il potere d'acquisto dell'unità monetaria diminuisce (rispetto ad uno scenario in cui la quantità di denaro rimane invariata); o che un aumento della quantità di denaro nell'economia non sarà mai "neutrale" finché sono coinvolte le posizioni di reddito e la ricchezza delle persone, qualcuno ne beneficerà sempre a scapito di qualcun altro.



Competenza imprenditoriale

Di questi tempi la stragrande maggioranza degli economisti è fortemente impegnata a fare previsioni. Cercano di prevedere dove arriveranno, ad esempio, i tassi d'interesse, i prezzi delle azioni, i tassi di cambio tra 3, 6, 12 mesi, o anche più lontano. E c'è domanda per tali previsioni: un gran numero di investitori è ansioso di ascoltare ciò che questi economisti preveggenti hanno da dire sul futuro, e parecchi investitori prendono sul serio le previsioni degli economisti, cioè come input per le loro decisioni d'investimento.

Da quanto abbiamo delineato in precedenza, possiamo sapere con certezza che gli economisti "mainstream" falliranno nel prevedere il futuro e un numero significativo di investitori rimarrà deluso: l'economia come scienza non può prevedere come agiranno gli esseri umani, non può prevedere quantitativamente come si svilupperanno le grandezze economiche. Tali previsioni sono, e per ragioni logiche, al di là della portata dell'economia. Non ci si dovrebbe illudere su questo fatto con modelli matematici elaborati e tecniche econometriche altamente sofisticate.

La verità è che ogni economista che pensa che l'economia si occupi di previsione è fuori strada. Il suo consiglio non aiuterà a prendere decisioni d'investimento oculate. Quindi cosa dovreste fare se siete preoccupati per un incombente crash del mercato azionario? La risposta è piuttosto semplice: se pensate di non poter essere migliori del resto degli altri, investite in un indice (o certificato) famoso del mercato azionario e seguite la vostra intuizione. Perché se non riuscite a sovraperformare, non ha senso impegnarsi in previsioni di un crash.

In alternativa potreste rivolgervi ad imprenditori ed investitori di successo per chiedere consigli. Forse vi direbbero di non perdere tempo a prevedere un crollo del mercato azionario, perché nessuno sa come reagiranno le persone in futuro. Uomini d'affari ed investitori di successo potrebbero offrire una raccomandazione piuttosto diversa: investire i vostri soldi in grandi imprese qualunque cosa possa accadere. Nel corso del tempo farete meglio di quelli che pensavano di poter prevedere il crash.

Comunque sia, l'economia ci insegna le leggi dell'azione umana, ma non fornisce intuizioni su come le persone si comporteranno in futuro, su come gli esseri umani risponderanno quantitativamente a determinati fattori. L'economia non è una scienza previsionale, è una scienza ricostruttiva: ci permette di comprendere, dal punto di partenza dell'affermazione inconfutabilmente vera che gli esseri umani agiscono, le conseguenze qualitative se gli umani agiscono in determinate condizioni che, tuttavia, sono spesso incerte dal punto di vista attuale.

Murray N. Rothbard attribuisce questo solido e logico assioma a Ludwig von Mises: "È stato Ludwig von Mises a riconoscere la libertà e la scelta nel cuore irriducibile della condizione umana, e che realizza quindi che l'impulso scientifico al determinismo e alla prevedibilità è una ricerca dell'impossibile, ed è quindi profondamente non scientifico."[4]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Mises (1957), Theory and History, p. 5.

[2] Per una spiegazione più esaustiva si veda Mises, L. v. (1962), The Ultimate Foundation of Economic Science, pp. 53 – 55.

[3] Si veda Hoppe, H.-H. (1983), Kritik der kausalwissenschaftlichen Sozialforschung, pp. 15 – 16, 17 – 18.

[4] Rothbard, M. N. (1957), Prefazione a Theory and History, p. xvii.

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martedì 23 aprile 2019

Il ritorno a 2900 dell'indice S&P 500: una farsa mastodontica





di David Stockman


C'era una volta il mercato azionario che rifletteva lo stato dell'economia di Main Street ed il livello dei profitti aziendali. Nell'attuale era del settore bancario centrale keynesiano, non tanto.

A partire dal primo trimestre del 2012, l'indice S&P 500 è salito da 1300 a 2900, o quasi del 125%. Allo stesso tempo gli utili societari al netto delle imposte, pari a $2.200 miliardi (tasso annuo) nel primo trimestre 2012, non sono andati da nessuna parte visto che hanno fatto registrare un calo a $2.180 miliardi nel quarto trimestre 2018; e questo triste numero, a sua volta, è sceso di quasi il 6% dal picco di $2.320 miliardi registrato nel terzo trimestre 2014.

Il grafico qui sotto potrebbe dare origine a qualche perplessità, soprattutto riguardo la genuinità del bull run dell'indice.

E non lo è affatto: i profitti presumibilmente in forte crescita dietro le medie in aumento non derivano dall'economia di Main Street, ma da modifiche legislative una tantum, giochi contabili di Wall Street, massicci riacquisti di azioni proprie e lo spostamento strutturale degli utili societari dalle società più piccole e non quotate a quelle nell'indice S&P (come è successo con il massiccio spostamento di dollari pubblicitari e profitti dalle società di media tradizionali a Google e Facebook).


Quello che stiamo dicendo è che la ripresa di cui Wall Street e Trump continuano a vantarsi, non riflette i guadagni nell'economia di Main Street; è un simulacro di prosperità basato su indici azionari che riflettono una farsa mastodontica.

Guardiamo un attimo agli utili per azione riportati (GAAP) per l'indice S&P 500, il tipo di profitti che devono essere certificati come veritieri dalla SEC pena il carcere. Nel primo trimestre del 2012 gli utili riportati a $88,54 per azione rappresentava un multiplo PE di 14,6X a livello 1300 dell'indice. Nel corso dei sei anni successivi l'indice S&P 500 ha riportato un aumento dei profitti a $132,39 per azione, implicando un multiplo PE di 21,9X a livello 2900 del mercato.

Quindi gli aumenti degli utili GAAP rappresentano circa i due quinti del guadagno del 125% dell'indice S&P 500, con la quota dominante del guadagno dovuta all'espansione dei multipli PE.

Ma tale numero è notevolmente fuori scala, perché è stato gonfiato grazie all'enorme vantaggio una tantum rappresentato dal taglio delle tasse sulle società. Infatti circa $10 per azione del guadagno di $22 per azione nel 2018 sono dovuti all'effetto di riduzione delle imposte rispetto ai numeri del trimestre in corso.

Quindi gli utili dell'indice S&P 500 per il periodo annuale terminato a dicembre 2018, ammontavano a $122 per azione. Ciò implica un guadagno del 38% in termini di utili effettivi per azione.

Ancora, il qualificatore pertinente è "per azione". Le società nell'indice S&P 500 hanno riacquistato le loro azioni ad un ritmo furioso, e tale processo è andato a braccetto col taglio delle imposte sulle società nel 2018, con circa $800 miliardi di riacquisti che hanno stabilito un record assoluto. Dal 2012 al 2018, infatti, i riacquisti cumulativi per l'indice S&P 500 sono ammontati a $3.530 miliardi: un massiccio flusso di ritorno a Wall Street che ha tolto una grossa fetta dal flottante azionario.


Come mostrato di seguito, il flottante di azioni dell'indice S&P 500 si è ridotto di quasi il 7% tra il 2012 e il 2018. Di conseguenza, su base costante (2012 effettivi), gli utili rettificati per il periodo annuale terminato a dicembre 2018 ammonterebbero a soli $113,75 per azione. A sua volta, ciò ridurrebbe la crescita cumulativa negli ultimi sei anni ad appena il 28%.

Detto in modo diverso, quando si tolgono dal conteggio gli effetti fiscali una tantum e il numero di azioni riacquistate, il multiplo PE per un indice S&P 500 al livello attuale sarebbe del 25,5X.

Ma una riduzione delle tasse una tantum è un cambiamento che ricade sulle casse dello Zio Sam, non una crescita permanente; e la riduzione del numero delle azioni è stato effettuato a scapito di un aumento del rischio, leva finanziaria ed interessi passivi. Quindi i guadagni mediante questi fattori non meritano multipli standard. E certamente non durante il periodo di espansione più lungo della storia nel ciclo economico, una condizione che ci dice che i guadagni degli anni futuri scenderanno vertiginosamente prima di tornare nuovamente al prossimo ciclo di espansione economica.


In ogni caso, anche i $113,75 per azione per il 2018 e la crescita implicita del 28% dal 2012 non riflettono guadagni complessivi degli utili societari e certamente non le condizioni macroeconomiche di Main Street.

Ciò è dovuto al fatto che alcuni cambiamenti strutturali nell'economia statunitense hanno avuto l'effetto di trasferire i profitti aziendali alle società nell'indice S&P 500 dal Russell 2000 e da società non quotate in borsa.

Ciò è avvenuto in gran parte grazie al massiccio boom di fusioni e acquisizioni (M&A), favorito dalla FED. Come regola generale, i pesciolini non inghiottono le balene: vale a dire, la macchina M&A guidata da Wall Street ha spostato i profitti acquisiti dalle società target nelle società dell'indice S&P 500 ogniqualvolta venissero acquisite società non nell'indice S&P.

Nel complesso, l'impatto è stato significativo. Dal 2012 al 2018 sono state completate in Nord America quasi 85.000 M&A per una valutazione aggregata di $13.000 miliardi. Mentre è probabile che la maggior parte della capitalizzazione di mercato trasferita in questi accordi fosse tra società S&P, decine di miliardi di profitti annuali sono stati portati nell'indice S&P da società target che non facevano parte dell'indice.

Ma è stato un trasferimento, non una crescita, per l'economia aggregata. Ciò significa che per Main Street e per la capitalizzazione dell'indice S&P 500 il percorso verso la prosperità è stato costantemente divergente e non solo dal 2012, ma durante la maggior parte degli ultimi 30 anni in cui Greenspan ha avviato la pianificazione monetaria centrale.


Allo stesso modo, nel 2012 le società nell'indice S&P 500 hanno fatto registrare utili GAAP aggregati pari a circa $860 miliardi, di cui Google e Facebook hanno contribuito per $10,7 miliardi o solo l'1,2%.

Al contrario, nel 2018 Google e Facebook hanno fatto registrare utili combinati di $53 miliardi, che rappresentano quasi il 5% degli utili dell'indice S&P 500 a $1.125 miliardi. Ancora più importante, questo guadagno di $42 miliardi ha rappresentato quasi il 16% del guadagno netto di $265 miliardi negli ultimi sei anni da tutte le 500 società nell'indice.

In questo caso, stiamo parlando di M&A di un altro tipo. Ciò che è stato "acquisito" da Facebook e Google sono statii circa $180 miliardi di entrate pubblicitarie che in precedenza erano concentrate su giornali e riviste, società di cartelloni pubblicitari, radio e TV. Tali ricavi pubblicitari erano ad appannaggio di società non incluse nell'indice S&P 500.

Ma il punto cruciale è questo: la spesa pubblicitaria totale è un settore ad alta crescita ciclicamente lento. Pertanto la spesa pubblicitaria totale nel Nord America era di $185 miliardi al picco pre-crisi del 2007 e nel 2018 era di soli $213 miliardi, un mero tasso di crescita annuale dell'1,3% in suddetto periodo.

E questo in dollari nominali. In termini reali, la spesa pubblicitaria aggiustata all'inflazione non è affatto cresciuta. La crescita dei profitti dell'indice S&P e della sua capitalizzazione, quindi, sono una questione completamente diversa dalla prosperità di Main Street. Negli 80 mesi tra il primo trimestre 2012 e il quarto trimestre del 2018, l'indice S&P è salito del 125%, ma i profitti societari a $2.200 miliardi (tasso annuo) non sono aumentati di un centesimo.

Ed è l'enorme divario tra queste due figure che sottolinea il motivo per cui Main Street non è andata da nessuna parte, diversamente da quello che dicono Wall Street ed i media finanziari. Anche stamattina, per esempio, stavano chiacchierando eccitati di come il PIL della Cina, totalmente manipolato al punto decimale da Pechino, sia arrivato al 6,4% rispetto ad un'aspettativa del 6,3%.

Mao si starà rigirando nella tomba! Non avrebbe mai immaginato che la stampa capitalista sarebbe diventata così servile nei confronti della propaganda di regime. Hanno battuto dello 0,1% praticamente ogni trimestre e il fatto stesso che la crescita sia esattamente al 6,8% per tre trimestri di fila significa che anche i Suzerain Rossi di Pechino hanno un audace senso dell'umorismo; e uno che risuonerà attraverso i secoli molto tempo dopo che lo Schema Rosso di Ponzi crollerà, perché la Cina non rivedrà mai, mai i dati iniziali.

La filosofia dentro le sue agenzie di statistica deve essere: sfornare i dati e non voltarsi mai indietro! Ma anche così lasciano una scia di briciole statistiche che vi dice tutto ciò che dovete sapere: lo Schema Rosso di Ponzi alimentato dal credito facile si sta inesorabilmente sgonfiando e nessuna iniezione disperata di denaro può invertire la tendenza.

Dopotutto, è davvero così difficile vedere che l'economia cinese da $13.000 miliardi è un capriccio della natura economica? Un esercizio storico mondiale per stimolare, prendere in prestito, costruire, spendere, speculare?

Ciò significa che i numeri riportati non misurano la produzione capitalistica in senso convenzionale, dove gli investimenti decentrati, la produzione, le spese e le attività di risparmio da parte di decine di milioni di lavoratori ed imprese si accumulano agli aggregati nazionali; e che sono vulnerabili agli urti e agli shock occasionali, anche al netto degli interventi della banca centrale, inerenti a reti di mercato infinitamente complesse e che garantiscono la volatilità del tasso di crescita da un periodo all'altro.

Al contrario, il PIL cinese è essenzialmente stampato dallo stato. Pechino stabilisce gli obiettivi di crescita, li abbassa a livello locale attraverso il suo partito e gli apparati governativi, comprese le gigantesche banche controllate dallo stato e le imprese industriali, e poi fornisce tutto ciò che serve con nuovi crediti, tangenti e talvolta punizioni.

Da un lato, quindi, non è difficile capire come il suo PIL cresca notevolmente trimestre dopo trimestre: circa 17 giorni dopo la fine di ogni trimestre, esso riporta essenzialmente i suoi obiettivi e gli input di credito e stimolo come output completato per il trimestre in corso. Quindi quello che era un input, diventa un output. Si tratta di una forma più elevata di stampante del PIL. Senza contare che ciò che viene misurato non è il valore aggiunto e la creazione di ricchezza, ma semplicemente la spesa promossa, orientata e incentivata dello stato per infrastrutture, beni strumentali e beni/servizi di consumo.

Ma tale spesa non è efficiente, perché non ci sono meccanismi di feedback basati sul mercato che causano perdite, fallimenti ed investimenti improduttivi. Invece lo Schema Rosso di Ponzi è diventato un gigantesco groviglio di investimenti maligni, di centri commerciali e appartamenti vuoti, autostrade deserte, aeroporti e treni senza nessuno e un impianto industriale gravato da immensi debiti insostenibili.

Al centro di questo gigantesco Schema di Ponzi c'è un investimento fisso da cui scaturiscono tutte le altre attività in Cina. Per esempio, qualcuno prospera vendendo pranzi e spuntini ai lavoratori che costruiscono appartamenti di alto livello e che rimarranno vuoti, perché costruiti per apprezzamento speculativo, non per occupazione (ce ne sono 60 milioni). Ma chi consegnai pranzi incarna la crescita del PIL.

Come mostrato nel grafico qui sotto, tale elemento motore è cresciuto di oltre il 20% l'anno fino al 2013, ma da allora si è costantemente sgonfiato di due terzi fino al 6,3% registrato lo scorso marzo. Ciò sta accadendo non solo per la legge dei grandi numeri, ma perché anche i compagni che gestiscono lo Schema Rosso di Ponzi capiscono di essere su un tapis roulant incendiario che richiede quantità di debito sempre più grandi per ottenere il prossimo incremento della crescita degli investimenti.

Quindi stanno cercando di gestire la costante deflazione degli investimenti in asset fissi che sono rimasti nel range del 40-50% del PIL per gran parte di questo secolo, e lo stanno facendo per una buona ragione: con gli enormi ritmi di investimento di pochi anni fa, la Cina sarebbe diventata un gigantesco aeroporto circondato da milioni di chilometri di ferrovie ad alta velocità e un anello di acciaierie che avrebbe oscurato l'intero cielo asiatico.

Com'è anche evidente dal grafico qui sotto, l'aspetto di comando e controllo dello Schema Rosso di Ponzi è in bella vista: quando il tasso complessivo degli investimenti in asset fissi aveva bisogno di una spinta temporanea per mantenere l'intero sistema in linea con gli obiettivi del PIL di Pechino, partivano gli ordini alle gigantesche imprese statali affinché aumentassero i loro tassi d'investimento (linea rossa) ed è esattamente quello che è successo quando l'economia cinese è sembrata vacillare nel 2016 e all'inizio del 2017.

Inutile dire che questo è accaduto durante la corsa verso l'incoronazione di Xi Jinping come l'Imperatore Rosso al 19° Congresso del Partito nell'ottobre 2017, e nulla è stato lasciato al caso: Pechino ha aumentato la spesa per investimenti delle imprese statali del 20% annuo, nonostante stesse già affogando in eccessi di capacità di acciaio, alluminio, cemento, pannelli solari, automobili, macchine edili, ecc.

Tuttavia, come risulta anche dal grafico, non appena è stato generato un mini boom a metà del 2017, Pechino ha tirato il freno a mano, con il tasso di crescita della spesa per investimenti delle imprese statali che è scesa al 2% annuo lo scorso settembre.

Tuttavia Wall Street ancora non c'è arrivato a capirlo. Così quando Pechino ha riallineato la linea rossa durante gli ultimi mesi, le teste di legno sui media finanziari hanno dichiarato "con sorpresa" che il PIL del primo trimestre aveva superato, dello 0,1%, un'approssimazione truccata della montagna di debiti ed investimenti improduttivi cinesi.

Che Pechino sia stata costretta a ricorrere per l'ennesima volta ad una scossa artificiale di stimoli era un segnale lampante ed è solo una questione di tempo prima che l'imperatore Xi finisca nelle fauci della tigre economica che egli stesso ha creato.


Accanto alle ovazioni per l'aumento del PIL dello 0,1%, le teste di legno sui media finanziari hanno dichiarato di vedere maggiori progressi nella trasformazione dell'economia cinese in un'economia di servizi. Viene da chiedersi se questo non sia un qualche caso di strabismo, soprattutto se si vuole utilizzare l'aumento annuale dell'8,7% a marzo nelle vendite al dettaglio per affermare che la Cina si stia dirigendo verso il nirvana di una terra dove la gente fa acquisti fino all'infinito, che possa permetterselo o meno.

Da notare infatti che il tasso di crescita delle vendite al dettaglio è stato in costante declino per quasi otto anni. E questo è particolarmente vero se prendiamo in considerazione le vendite di auto, le quali a marzo hanno continuato il loro crollo senza precedenti, scendendo del 4,6% rispetto all'anno scorso.


Ancora più importante, i consumatori della Cina ancora dipendono molto dai salari pagati dalla vasta macchina industriale dello Schema Rosso di Ponzi. Il tasso di espansione di quest'ultimo, a sua volta, è guidato dalle esportazioni e dagli investimenti in asset fissi.

Dobbiamo aggiungere altro?

La Guerra Commerciale di Trump non finirà presto, anche se c'è un sentore di tregua a fine maggio. I dazi rimarranno per molto tempo a venire. Quindi, senza un risveglio della crescita delle esportazioni, debiti impagabili per $40.000 miliardi e un calo inesorabile della crescita degli investimenti in asset fissi, perché pensereste che il costante declino del tasso di crescita della produzione industriale cinese, illustrato di seguito, dovrebbe resuscitare miracolosamente?

Eppure una cosa è chiara: non c'è stata alcuna crescita dei consumi interni e la spesa al dettaglio non si è affatto disgiunta dalla crescita della produzione industriale. Vale a dire, lo Schema Rosso di Ponzi non salverà il mondo; sarà già tanto se riuscirà a salvare sé stesso.


Inutile dire che le prove continuano ad accumularsi che il boom targato Trump è stato semplicemente alimentato dal deficit. Infatti, durante il primo trimestre, la produzione di beni durevoli negli Stati Uniti è praticamente crollata, ad un tasso annuo del 15%.

Come ha osservato David Rosenburg, questo fatto annulla tutti i guadagni sin dal 2016 e ci riporta alle ultime fasi della recessione del 2008-09.


La stessa storia sta accadendo in Germania. A febbraio gli ordini industriali hanno perso il maggior margine in più di due anni, con un calo del 4,2%.

Le aspettative di consenso sono state ampiamente perse per un rimbalzo dello 0,3% e, invece, mettono in luce l'entità del rallentamento in mezzo alle guerre commerciali globali in corso, che si stanno dirigendo verso l'Europa.

Su base annuale, il crollo è stato pressoché senza precedenti, con un calo dell'8,2%... il peggiore dalla crisi finanziaria globale.


Eppure le teste di legno sui media finanziari non vedono nulla di tutto ciò e per una buona ragione: sono stati addestrati che quando tutto il resto fallisce, lo stato entrerà in gioco con l'ennesima dose di "stimolo". Poveracci, non riescono a capire che gli stati e le loro banche centrali in tutto il mondo sono a corto di munizioni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 19 aprile 2019

L'oro si prepara alla prossima mossa





di Alasdair Macleod


Le prospettive economiche globali si stanno deteriorando, pertanto possiamo aspettarci un aumento dei deficit pubblici nei vari Paesi occidentali. I dati TIC del Tesoro USA confermano che gli stranieri hanno già iniziato a liquidare i loro asset in dollari, aggiungendo alle future difficoltà di finanziamento del governo degli Stati Uniti. La prossima ondata di inflazione monetaria, necessaria per finanziare i deficit di bilancio e mantenere le banche solvibili, non impedirà agli asset finanziari di finire in un bear market, poiché la svalutazione monetaria sarà di così ampia portata che il potere d'acquisto del dollaro e di altre valute ne risulterà gravemente intaccato. Le valute fiat svalutate suggeriscono che l'ordine finanziario basato sul dollaro sta ormai volgendo al termine. Ma a parte poche eccezioni, gli investitori non possiedono nient'altro che investimenti denominati in valute fiat. L'unica protezione da questi potenziali pericoli è l'adozione del sound money: l'oro.

L'economia globale è ad un bivio, con il commercio internazionale in fase di stallo. Alcune banche centrali, in particolare la Banca Centrale Europea, la Banca del Giappone e la Banca d'Inghilterra, stanno ancora reflazionando le loro economie attraverso la soppressione dei tassi d'interesse. La FED e la Banca Popolare Cinese hanno invece iniziato un percorso di tightening nel 2018. La PBOC però è rapidamente entrata in modalità stimolo a novembre e la FED ha sospeso la stretta monetaria e il rialzo dei tassi d'interesse, in attesa di ulteriori sviluppi.

È molto probabile che questa nuova recessione sarà significativa. L'ultima volta che coincisero fase finale del ciclo del credito e protezionismo commerciale fu nel 1929 e la depressione che ne seguì fu devastante. La ragione per cui dovremmo essere preoccupati oggi è che lo stallo del commercio sconvolge i flussi di capitali che finanziano i deficit di bilancio, in particolare in America, dove i risparmiatori non hanno capitale libero da investire in titoli di stato. Peggio ancora, gli stranieri ora non solo non stanno più investendo in dollari e in titoli denominati in dollari, ma stanno ritirando fondi. Secondo i dati TIC più recenti del Tesoro USA, a dicembre e gennaio questi deflussi hanno totalizzato $257,2 miliardi. A questo ritmo, non solo il Tesoro USA dovrà finanziare un deficit che potrebbe superare i mille miliardi di dollari nell'anno fiscale 2019, ma i mercati statunitensi dovranno assorbire anche ingenti vendite da parte di stranieri.

In breve, l'America sta per affrontare una crisi legata ai finanziamenti. Avere questo problema in coincidenza con la fine dell'espansione del credito è una combinazione letale, non ancora riconosciuta come fattore più importante dietro le prospettive economiche americane e globali. Il problema è destinato ad emergere prorompente nei prossimi mesi.

Mentre il protezionismo commerciale di oggi è meno aggressivo dello Smoot-Hawley Tariff Act, le continue minacce commerciali dell'America non sono affatto da sottovalutare. Nel 1929 la fine del ciclo del credito era ortodossa; il suo effetto principale era stato quello di alimentare una frenesia speculativa del mercato azionario nel 1927-29.

Questa volta la bolla del credito è proporzionalmente molto più grande e la sua implosione rischia di essere ancora più violenta. I governi di tutto il mondo sono in debito fino al collo, come lo sono i consumatori. I risparmi personali in America, nel Regno Unito e in alcune nazioni dell'UE sono praticamente inesistenti. Il potenziale di una crisi creditizia, economica e sistemica è quindi considerevolmente maggiore oggi rispetto a novanta anni fa.

Tenendo presente che nel 1929 il Dow scese del 90% rispetto al suo picco, il confronto con questi fatti empirici suggerisce che potremmo sperimentare un capitombolo simile negli asset finanziari. Tuttavia c'è un'importante differenza tra allora e ora: durante il crash di Wall Street c'era il gold standard. In altre parole, l'effetto della depressione si rifletteva in un potere d'acquisto crescente dell'oro. Questa volta nessuna valuta fiat è coperta dall'oro, quindi una crisi del credito, economica e sistemica si rifletterà in un calo del potere d'acquisto delle valute fiat.

Le finanze di qualsiasi governo, la cui valuta scoperta è il mezzo di valutazione nazionale, saranno fondamentali per determinare in futuro i livelli generali dei prezzi. Ad esempio, se prendiamo il dollaro USA, il rapporto tra debito pubblico e PIL è superiore al 100% (nel 1929 era inferiore al 40%). Al culmine del ciclo, il governo dovrebbe avere un surplus di entrate che rifletta la piena occupazione e il picco delle entrate fiscali. Nel 1929 tale eccedenza era dello 0,7% del PIL; oggi invece c'è un disavanzo del 5,5% del PIL. Nel 1929 il governo aveva impegni legislativi minimi per il welfare. I deficit sorti negli anni '30 erano dovuti al calo delle entrate fiscali e ai sistemi di governo volontario promulgati dai presidenti Hoover e Roosevelt. Oggi il valore presente degli impegni futuri in materia di welfare è sbalorditivo e le stime per gli Stati Uniti superano i $220.000 miliardi (calcolate dal professor Lawrence Kotlikoff), senza considerare una svalutazione futura della valuta.

Altri Paesi si trovano in una posizione potenzialmente peggiore, in particolare in Europa. Un crollo economico globale su qualsiasi scala, per non parlare di uno simile alla depressione degli anni '30, avrà un impatto drastico su tutte le finanze nazionali. Le entrate fiscali crolleranno, mentre gli obblighi di welfare aumenteranno. Alcuni governi sono più esposti di altri, ma i governi di Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e UE perderanno il controllo sulle loro finanze. Inoltre la loro capacità di ridurre le spese è limitata per legge a quella non obbligatoria. Anche presumendo una gestione responsabile da parte dei politici, l'espansione dei deficit di bilancio può essere finanziata solo attraverso l'inflazione monetaria.

Questa è una trappola del debito ed è già scattata. Per una soluzione temporanea i governi possono rivolgersi solo alle banche centrali affinché finanzino i loro deficit con mezzi inflazionistici. L'inflazione monetaria e del credito è la cura per tutto secondo i banchieri centrali. L'inflazione non è utilizzata solo per finanziare gli stati, ma per fornire alle banche commerciali i mezzi necessari per stimolare l'economia. Un'accelerazione dell'inflazione monetaria è praticamente una garanzia dato il rallentamento economico globale, quindi il potere d'acquisto delle valute fiat scenderà man mano che la svalutazione andrà avanti. Questo è il messaggio che dobbiamo prendere in considerazione quando discutiamo dell'oro fisico, l'unica forma di denaro libera da ogni passività.

L'oro non può che dare un'approssimazione della perdita del potere d'acquisto in una valuta fiat durante una crisi, perché nel contempo il potere d'acquisto dell'oro aumenterà. Tra il 1930 e il 1933 l'indice generale dei prezzi in America scese del 31,6% ed i prezzi al consumo del 17,8%. Queste variazioni di prezzo riflettevano il potere d'acquisto crescente dell'oro, data la sua convertibilità fissa con il dollaro all'epoca.

Pertanto il cambiamento nel potere d'acquisto di una valuta fiat è solo una parte dell'intera storia. Tuttavia il confronto tra i poteri d'acquisto dell'oro e della moneta fiat è l'espressione più pratica del cambiamento del potere d'acquisto di quest'ultima.

Il Grafico 1 mostra come quattro principali valute siano diminuite quando misurate in oro negli ultimi cinquant'anni. Lo yen ha perso il 92,4%, il dollaro il 97,42%, la sterlina il 98,5% e l'euro il 98,2% (prima del 2001 il prezzo dell'euro è calcolato sulla base dei suoi elementi costitutivi).


Il fallimento definitivo degli stati si rifletterà in un ulteriore balzo verso il basso nei poteri d'acquisto delle loro valuta fiat.



Analisi tecnica e di mercato della posizione dell'oro

Col passare del tempo diventerà evidente che il prezzo dell'oro in valuta fiat continuerà a salire. I motivi non sono ancora chiari alla maggior parte degli investitori e degli speculatori, ma è probabile che i più preveggenti tra di loro inizieranno a rendersi conto che in caso di recessione o depressione, il prezzo in dollari dell'oro aumenterà in modo sostanziale.

Per il momento è probabile che si concentrino sui tempi, usando l'analisi tecnica, piuttosto che ragionare mediante i concetti economici. Il Grafico 2 illustra la posizione tecnica corrente.


Dopo il picco raggiunto a settembre 2011, l'oro ha toccato un minimo di $1047 a dicembre 2015, seguito da un rimbalzo del 31% fino a $1375 a luglio 2016; da allora l'oro ha stabilito un modello di consolidamento triangolare. Lo scorso agosto il prezzo era a $1160, scendendo in netta zona oversold. Questo ha stabilito il secondo punto di un trend crescente, contrassegnato dal supporto ascendente.

A febbraio il prezzo dell'oro ha superato l'intervallo di consolidamento prima di ritirarsi per testare il supporto a $1280-$1305, indicato dalle linee tratteggiate.

C'è una buona probabilità che vedremo un altro tentativo di superare il livello $1350. I seguenti punti riassumono i motivi di questa tesi:
  • L'attuale rally è iniziato da una condizione di oversold sul Comex. Il selloff è stato coerente con l'esaurimento delle vendite, indicando una svolta importante.
  • La posizione managed-money netta del Comex indica che i contratti sono ancora moderatamente in zona oversold. I contratti di questo mese stanno arrivando a scadenza, il che significa che circa 200.000 contratti in scadenza devono ancora essere venduti, consegnati o rinnovati entro la fine di questo mese. Ciò suggerisce che potrebbe essere necessario un po' più di consolidamento prima che l'oro avanzi per tentare un nuovo test dei $1350.
  • Le medie mobili a 55 giorni e 200 giorni hanno sfoggiato una golden cross rialzista, con il prezzo sopra entrambe a segnalare un trend rialzista. All'inizio di questo mese si è verificato un nuovo test del supporto rappresentato dalla MA55 e ha retto.
  • Se, come suggerisce il grafico, sta emergendo un pattern a triangolo, si tratta di un triangolo ascendente, il che è rialzista. Un triangolo ascendente ha una cima piatta e una base crescente. Certo, la linea superiore scende leggermente, ma non abbastanza da inserirla nella classe dei triangoli simmetrici, dove l'eventuale direzione del break-out è meno certa.
  • È possibile che il prezzo dell'oro veda un'altra gamba in giù, entro i confini del triangolo, prima di fare il suo break-out finale al rialzo. In tal caso il prezzo dell'oro potrebbe scendere verso i $1200 prima di rompere al rialzo.

La possibilità che il triangolo ascendente abbia bisogno di più tempo per formarsi, porta alla raccomandazione tecnica di aspettare che l'oro superi il livello $1350-$1365 prima di iniziare a comprarlo.

Il Grafico 3 offre una prospettiva a lungo termine della valutazione dell'oro. È il prezzo dell'oro aggiustato all'offerta mineraria e ai cambiamenti nella quantità di moneta fiat. In poche parole, la FMQ è la somma di denaro contante, depositi bancari e conti di risparmio, nonché le riserve bancarie detenute presso la FED. È la quantità totale di denaro fiat sia in circolazione che disponibile per la circolazione.


In dollari del 1934, l'oro è tornato ai minimi storici visti solo in due precedenti occasioni. La prima quando il London gold pool fallì negli anni '60, seguito dal crollo degli accordi di Bretton Woods nel 1971. All'epoca il declino del prezzo dell'oro fu alimentato dall'espansione monetaria fino a che non venne raggiunto un punto dove non si sarebbe potuti andare oltre. Ciò portò ad una ripresa esplosiva del prezzo dell'oro.

La consapevolezza che il dollaro si trovasse di fronte alla prospettiva di un'inflazione incontrollata dei prezzi, costrinse la FED a lasciar salire i tassi d'interesse. Il tasso primario delle banche superò il 21% nel dicembre 1980 e ciò fu sufficiente ad impedire che il prezzo dell'oro salisse ulteriormente. Da lì in poi emerse un nuovo carry trade: le banche centrali iniziarono a vendere oro e tale piano era progettato per segnalare la demonetizzazione del metallo giallo e scoraggiare i compratori. Diedero in leasing ingenti quantità di lingotti, aumentando l'offerta in modo artificiale e riportando il prezzo dell'oro agli stessi minimi di valutazione visti negli anni '60. Era il 2000-2002.

Dopo il rally da questi minimi fino al picco del settembre 2011, un aumento dell'offerta di derivati ​​insieme ad una visione sempre più rosea nei confronti delle valute fiat sono stati determinanti nel restituire l'oro ai minimi di valutazione degli anni '60 e 2000-2002.

È in questo contesto che dovrebbe essere preso in considerazione il risultato previsto nel Grafico 2. Se, come discusso in precedenza in questo articolo, l'America e il resto del mondo si trovano di fronte ad una crisi globale, è probabile che l'oro fisico sarà trattato ad un premio rispetto ai sostituti dell'oro, come i derivati ​​e persino gli ETF. In tal caso un ritorno al livello di prezzo del 1934 in termini aggiustati alla FMQ, implica un prezzo nominale dell'oro di circa $24.000.

Se, come sembra probabile, si verificherà una crisi del credito come conseguenza degli eventi odierni, la quantità di moneta fiat in circolazione aumenterà significativamente rispetto ai livelli correnti man mano che il debito pubblico verrà monetizzato. Pertanto, data l'estrema sottovalutazione dell'oro suggerita dal grafico 3, è difficile vedere come il prezzo dell'oro, misurato in dollari, possa scendere molto più in basso.



Definire il mercato dell'oro e la liquidità che svanisce

Il mercato dell'oro ha tre elementi di base. Esiste uno stock sottostante di circa 170.000 tonnellate, in aumento di circa 3.000 tonnellate all'anno. Non è possibile stabilire in quale misura lo stock totale estratto sia oro monetario, non ultimo perché i gioielli in Asia vengono acquistati come riserva di valore ed utilizzati come garanzia per i prestiti. Tuttavia se vogliamo classificare i gioielli asiatici come oro non monetario, allora l'oro monetario sotto forma di lingotti e monete è tra il trenta e il quaranta percento del totale. Supponendo una stima media del 35%, si tratta di 60.000 tonnellate, di cui 33.760 tonnellate dichiarate in riserve nazionali. Questo lascia circa 26.240 tonnellate di oro in mani pubbliche, per un valore di $1.100 miliardi. Gran parte di ciò può essere considerato come una conservazione della ricchezza personale a lungo termine. A fini di mercato, il mercato fisico da solo è relativamente illiquido.

In secondo luogo, ci sono i mercati regolamentati di futures ed opzioni, il più importante dei quali è il Comex americano. Attualmente ci sono circa 520.000 contratti Comex da 100 once ciascuno in circolazione, per un valore totale di $68 miliardi. Le opzioni su futures ammontano ad ulteriori 220.000 contratti, impossibili da stimare essendo put e call a prezzi di esercizio variabili.

In terzo luogo, vi sono i derivati ​​OTC non regolamentati, per lo più contratti a termine a Londra. L'ultima statistica della Banca dei Regolamenti Internazionali stima che i contratti a termine e gli swap in oro ammontano a $419 miliardi, oltre sei volte la dimensione del Comex. Inoltre ci sono $149 miliardi di opzioni OTC.

La liquidità è sostanzialmente limitata a questi tre settori; sono tutti derivati, con consegne dell'oro fisico sottostante al minimo. Di conseguenza il prezzo dell'oro fisico non è determinato dall'offerta marginale e dalla domanda di lingotti, ma riflette quasi interamente fattori finanziari nel sistema bancario. Se le condizioni del mercato finanziario tornano ad un'approssimazione del periodo 1929-32 per le ragioni descritte in precedenza in questo articolo, è probabile che ci sarà una crisi bancaria o, perlomeno, una grave crisi nei mercati finanziari. Pertanto è possibile che i fondi d'investimento ed i privati ​​cerchino di esporsi parzialmente all'oro, mentre i mezzi per farlo si assottiglieranno o addirittura scompariranno del tutto.

Un risultato di questo tipo dipende dalla profondità e dal ritmo del deterioramento economico. Solo il tempo dirà se l'attuale deterioramento delle prospettive economiche replicherà il precedente del 1929-32, ma è sempre più difficile trovare differenze sostanziali. In tal caso il prezzo dell'oro potrebbe salire rapidamente a causa della sua attuale sottovalutazione: carenza di oro monetario al di fuori delle riserve delle banche centrali, crisi sistemica dei mercati dell'oro sintetico ed inflazione monetaria galoppante prima che la maggior parte degli investitori realizzi ciò che sta accadendo.



Passaggio da strumenti finanziari fiat all'oro

Se la combinazione di una crisi creditizia e commerciale porterà ad una versione moderna della crisi economica del 1929-32, i valori degli asset finanziari scenderanno pesantemente. Ma questa volta vi è il fattore aggiuntivo di una rinnovata accelerazione dell'inflazione monetaria, cosa che fino ad un certo punto potrebbe offrire un qualche sostegno ai prezzi delle azioni, almeno in termini nominali. In ogni inflazione di massa i corsi azionari possono andare bene secondo tali termini, ma una volta aggiustati alla perdita di potere d'acquisto della valuta, i prezzi delle azioni subiscono in realtà perdite sostanziali.

Ciò presuppone, ovviamente, che il resto dell'economia mondiale sia sostanzialmente stabile, il che quasi certamente non si verificherà nel nostro scenario.

Inoltre le condizioni inflazionistiche delle valute fiat imporranno livelli crescenti di preferenza temporale su tutto, compresi i prezzi delle obbligazioni. Pertanto il divario tra i prezzi di mercato ed i valori di rimborso finali si amplierà notevolmente. Gli stati e gli altri mutuatari scopriranno che sarà quasi impossibile accedere a nuovi finanziamenti, a meno che non siano disposti a pagare coupon di interessi sempre più elevati. A differenza dell'esperienza della grande depressione, quando i tassi d'interesse riflettevano quelli dell'oro, i rendimenti obbligazionari questa volta saliranno visto che sono pagati in denaro fiat.

Ciò porterà ad una serie di sviluppi notevoli rispetto al 1929-32. Una sequenza approssimativa di come evolveranno questi scenari è descritta come segue:
  1. La prova di una recessione incombente diventerà sempre più evidente. Le banche centrali risponderanno nel loro modo consuetudinario, allentando la politica monetaria. I prezzi dei titoli di stato saliranno, in quanto sono considerati gli investimenti meno rischiosi in una prospettiva economica incerta e le azioni saliranno dopo un iniziale sell-off. Allo stesso tempo, i banchieri osserveranno un aumento del rischio nel credito commerciale e risponderanno ritirando silenziosamente le linee di credito da tutti tranne i maggiori produttori di beni e servizi. Questa sembra proprio la situazione attuale.

  2. Con il crescere degli inventari invenduti, la produzione industriale si contrarrà e aumenterà il numero di lavoratori disoccupati. Gli analisti rivedranno al ribasso le loro previsioni per gli utili societari e salirà il numero dei fallimenti societari. I trader di titoli obbligazionari aggiusteranno le loro aspettative riguardo i prestiti pubblici e il quantitative easing verrà reintrodotto dalle banche centrali per garantire che i titoli di stato possano essere emessi a tassi d'interesse soppressi. In questa fase gli investitori affronteranno una combinazione di prezzi azionari in calo (a riflesso di un peggioramento delle prospettive economiche) e un'inflazione monetaria inattesa sotto forma di QE.

  3. Gli stranieri liquideranno gli investimenti statunitensi per vendere dollari (la valuta di riserva) e rimpatrieranno i fondi per sostenere le loro operazioni. I trader di titoli obbligazionari si aspetteranno che i rendimenti obbligazionari continuino a salire. I mercati azionari affronteranno una correzione e con ciò ci si renderà conto che la recessione sarà in procinto di trasformarsi in una crisi seria.

  4. Poiché la salita delle preferenze temporali indebolirà le finanze dei debitori, gli investitori eviteranno sempre più le obbligazioni e le azioni, abbandonando la speranza di una ripresa dei prezzi degli asset finanziari. Inizierà una corsa all'oro per proteggersi e il suo potere d'acquisto continuerà a crescere, misurato sia in denaro fiat che in materie prime ed energia.

  5. Essendo rimaste indietro rispetto alla preferenza temporale richiesta dai mercati, le banche centrali saranno costrette con riluttanza a lasciar salire i tassi d'interesse overnight per proteggere la valuta e tenere sotto controllo l'inflazione dei prezzi. Non avranno scelta, ma gli investitori la considereranno una capitolazione. I costi dei mutui per immobili saliranno drasticamente, spingendo i consumatori verso un'equity negativa poiché i prezzi degli immobili saranno soggetti a vendite forzate. Nei Paesi in cui la casa è diventata il bene principale della classe media, l'effetto sulla spesa dei consumatori sarà devastante. Gli stati ricorreranno al bail-out o al bail-in degli istituti di credito mentre cercheranno di soffocare i costi in ascesa degli interessi dei mutui.

  6. A questo punto il prezzo dell'oro misurato in valuta fiat inizierà a scontare una continua accelerazione dell'inflazione monetaria. Il prezzo dell'oro sarà molto superiore ai livelli attuali in tutte le valute, incluso il dollaro.

  7. Il senso di crisi si intensificherà e l'aumento dei crediti inesigibili presso le banche farà emergere la prospettiva di una crisi bancaria sistemica. Nonostante i sistemi di protezione dei depositanti, questi ultimi inizieranno a prendere provvedimenti per ridurre i loro saldi bancari. Con limiti stringenti per chi vorrà ritirare i propri depositi bancari, si diffonderanno le alternative alle banche insolventi. Ovvero oro e argento. Le criptovalute diventeranno una via di fuga per chi vorrà fuggire dai depositi nel sistema bancario.

  8. Coloro che cercheranno di sfuggire al rischio sistemico, scambiando i loro saldi bancari per le alternative, non faranno altro che passare i depositi bancari a coloro che vorrà accettarli. Questo va bene, a patto che questi ultimi siano felici di accollarsi il rischio sistemico. In caso contrario, i prezzi dei depositi di valore alternativi dovranno aumentare per compensare il rischio.

  9. Le valute fiat perderanno rapidamente potere d'acquisto e percorreranno la fase finale del loro ciclo di vita. I titoli di stato avranno perso quasi tutto il loro valore, misurato in oro, e gli stati continueranno ad accelerare il finanziamento inflazionistico, perché quello tramite bond, senza la banca centrale che li compra, non sarà più una percorribile.

Durante questo processo, con poche eccezioni, gli asset finanziari andranno incontro all'annientamento. Un altro problema è il fallimento delle banche che sono custodi dei diritti azionari, di cui poche registrano direttamente i nomi dei beneficiari effettivi. Nella migliore delle ipotesi ciò comporterà una temporanea perdita di proprietà; nel peggiore dei casi fornirà i mezzi per la confisca.

Un bear market distrugge la ricchezza: ad un certo punto gli investitori inizieranno a rendersi conto che i loro portafogli saranno quasi totalmente esposti al rischio di cambio in valuta fiat. Verrà smentita la convinzione che l'hedging classico contro l'inflazione, come le azioni sovraponderate e le obbligazioni sottopesate, offra davvero protezione contro l'inflazione monetaria estrema. Gli investitori avranno bisogno di un approccio nuovo, utilizzando il sound money come punto di riferimento. Questo ruolo non può essere ricoperto da un indice d'inflazione, il quale è facilmente manipolabile mediante il metodo statistico e nemmeno le valute fiat in rapida svalutazione. Deve essere l'oro.

Il problema che gli investitori dovranno affrontare è matematico. Ci sono meno di 30.000 tonnellate di oro monetario, esclusi i gioielli asiatici, che al giorno d'oggi valgono circa $1.100 miliardi. Secondo il Boston Consulting Group, nel 2015 c'erano $71.400 miliardi in asset nei portafogli, di cui $36.100 miliardi in dollari USA. Considerando che l'oro monetario detenuto al di fuori delle riserve governative è pari a circa all'1,5% degli asset nei portafogli, come si sostituiscono gli asset dipendenti dalla valuta fiat con un portafoglio concepito per il sound money?

Questo è il motivo per cui il ritorno al sound money distruggerà il sistema finanziario occidentale, facendo salire il potere d'acquisto dell'oro misurato in merci, beni e servizi e denaro fiat. La distruzione della ricchezza finanziaria potrebbe facilmente essere paragonata agli accadimenti del 1929-32.

Gli investitori che fuggiranno dal rischio sistemico non percepiranno più il denaro fiat come via di fuga sicura. L'effetto sarà la trasformazione del rischio sistemico in una corsa per beni, oro e criptovalute. Una volta che questa macchina si mette in moto, può correre abbastanza rapidamente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/