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martedì 1 aprile 2025

Trump non può permettere che l’Europa trascini a fondo gli Stati Uniti

La stampa (inglese) ci sta dando dentro alla grande, visto che ci sono tanti devastati mentali che parlano di “nazismo” negli USA e ritengono che essi “abbiano abbandonato” l'Occidente. Gli inglesi sono sempre stati dei maestri in questo: “Divide et impera”. Adesso più che mai è importante avere ben in mente un solo e unico obiettivo principale: mandare in bancarotta la “cricca di Davos”. Farà di tutto pur di sopravvivere, come abbiamo visto con la tentata intermediazione dei titoli sovrani americani a Londra e il “proxy” canadese per accedere, attraverso una nuova “backdoor”, al mercato degli eurodollari. Il caos e la confusione che suddetta stampa alimenta è propedeutica a un sempiterno scontro ricercato tra USA e Russia da parte della “cricca di Davos”. Questa è gente pericolosa e lo stiamo vendendo da come accelerano le cose in Europa, verso il peggio, dove lo stato di diritto è ormai un orpello che si può tranquillamente buttare nella raccolta dell'umido. Come ho descritto nei Capitoli 5 e 6 del mio ultimo libro, “Il Grande Default”, il sistema post-Seconda guerra mondiale è giunto alla fine e questo la classe dirigente lo sa: la scelta è duplice, un arretramento dello stato amministrativo o una caduta nel baratro del “tecno-comunismo”. Quest'ultimo è il futuro che stanno scegliendo l'Europa e l'Inghilterra. Gli USA, invece, si stanno muovendo verso qualcosa che è vagamente libertario e individualista; una cosa è certa, rifiutano la visione dei “globalisti” e questo è già tanto. Perché se si aggiusta questo problema, se si chiudono le scappatoie attraverso le quali i “globalisti” ottengono finanziamenti gratis, allora vengono risolti in un colpo solo una miriade di altri sotto-problemi. Ad esempio, il più grande mercato di intermediazione delle valute è a Londra. Il denominatore comune nel Forex è la sterlina. Nel momento in cui c'è un sistema che è stato creato “ad hoc” per sostituirsi allo SWIFT, il tuo business è pericolosamente a rischio. Oppure mentre i cialtroni dell'“eurospazzatura” chiacchierano, gli USA fanno i fatti. Che la corsa nell'industria tecnologica fosse solo a due (USA e Cina) era chiaro anche alle creature monocellulari, ma in questo modo, oltre a specializzare ulteriormente la propria offerta di prodotti, gli Stati Uniti possono concentrarsi esclusivamente sulla produzione senza dover sprecare risorse a “difendere” nazioni estere. L'emancipazione dalla narrativa “difendere Taiwan” diventa indirettamente un'offerta di collaborazione commerciale con la Cina. A questo punto inizia a chiarirsi un altro aspetto: la presunta autarchia degli USA, i dazi e le “annessioni” di Canada/Messico, altro non sono che la liberazione da tutte quelle appendici che venivano usate dalla narrativa guerrafondaia per impedire alla nazione di esprimere il suo pieno potenziale e quindi tenerla continuamente in uno stato di spesa frenetica per servire obiettivi oltreoceano: Londra e Bruxelles.

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di Connor O'Keefe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/trump-non-puo-permettere-che-leuropa)

I leader dei governi europei sono molto arrabbiati con la nuova amministrazione Trump. Innanzitutto il Segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha affermato che un ritorno ai confini tra Ucraina e Russia precedenti al 2014 è un “obiettivo irrealistico” e che i leader europei non dovrebbero dare per scontato che le truppe americane saranno presenti sul continente per sempre.

Poi, il vicepresidente JD Vance, ha tenuto un discorso a una conferenza sulla sicurezza in Germania, in cui ha ammonito i governi europei per aver ripetutamente violato i principi liberaldemocratici che proclamano a gran voce di difendere. Ha citato il recente ribaltamento di un'elezione in Romania dopo che il risultato era andato contro ciò che il governo in carica e i suoi alleati dell'Europa occidentale volevano, così come una pletora di repressioni del dissenso politico da parte di alcuni degli alleati più stretti di Washington nel continente.

Infine il presidente Trump ha annunciato che il governo degli Stati Uniti avrebbe avviato colloqui diretti con il governo russo per negoziare la fine della guerra in Ucraina. Questi colloqui sono iniziati senza alcun coinvolgimento da parte di altri governi europei, tra cui l'Ucraina stessa.

Inutile dire che tutte queste dichiarazioni e sviluppi hanno fatto arrabbiare molto i leader europei, evidentemente convinti che gli Stati Uniti avrebbero continuato a schierare truppe, inviare armi e fornire finanziamenti per la sicurezza del continente, lasciando che i loro governi potessero agire come volevano e trattandoli come i principali attori della guerra per procura che abbiamo finanziato.

Da tutte le prove l'obiettivo dell'amministrazione Trump è di fare pressione sui governi europei affinché spendano di più i soldi dei loro contribuenti per finanziare la NATO. Un onere non indifferente dato che l'Europa è in questo momento immersa in un declino autoinflitto, e i contribuenti statunitensi non dovrebbero essere costretti a prendervi parte.

Da una prospettiva americana, il declino dell'Europa è tragico, poiché alcuni degli aspetti migliori delle nostre istituzioni e della nostra cultura possono essere ricondotti al periodo dell'ascesa dell'Europa.

Dopo la caduta dell'Impero romano, l'Europa occidentale si frammentò in molte piccole unità politiche. I territori relativamente piccoli di questi stati, insieme alla presenza di forti istituzioni non statali come la Chiesa e una classe mercantile internazionale, significavano che il potere era altamente decentralizzato.

Come hanno dimostrato studiosi del calibro di Ralph Raico, Nathan Rosenberg e L. E. Birdzel Jr., l'assetto altamente decentralizzato dell'Europa nel Medioevo fu il fattore principale nel generare la prosperità che ha poi dato all'Occidente più potere e uno standard di vita più sicuro e confortevole rispetto a qualsiasi altra civiltà nella storia. Un rispetto per i diritti della proprietà privata contribuì a creare un sistema giudiziario che amplificò ulteriormente il successo dell'Occidente.

Sfortunatamente l'immensa quantità di ricchezza permise anche agli stati di sottrarne una parte e di diventare molto potenti. Il principale tra questi era il governo britannico, il quale utilizzò la ricchezza del suo popolo per costruire il primo vero impero che si estendeva su tutto il globo. Le classi dominanti britanniche e di altre nazioni europee presentavano i loro governi sfarzosi e l'espansionismo straniero come un segno di gloria nazionale, ma l'ascesa di questi grandi e potenti stati rappresentava il costante abbandono delle stesse istituzioni che avevano alimentato la crescita dell'Europa.

La sorprendente produttività della Rivoluzione industriale tenne in piedi la festa per tutto il 1800, ma, come è noto, nel 1914 quasi tutta l'Europa venne trascinata nel conflitto più grande e sanguinoso che il mondo avesse mai visto. La brutalità della guerra e la sconfitta decisiva delle Potenze centrali, causata dall'ingresso non necessario degli Stati Uniti, prepararono il terreno per l'ascesa dei nazisti e la Seconda guerra mondiale, la quale cancellò ciò che restava del potere europeo.

Nei decenni successivi gran parte dell'Europa occidentale sprofondò al punto di diventare di fatto vassalli di Washington, allontanandosi ancora di più dalle istituzioni decentralizzate e dal rispetto dei diritti di proprietà privata. Il che ci porta alla situazione europea che Trump, Vance e Hegseth hanno affrontato di recente quando hanno preso le redini del governo americano.

I governi dell'Europa occidentale hanno istituito il totalitarismo in nome della prevenzione dell'ascesa del totalitarismo e hanno costruito un'altra grande rete di garanzie di guerra in nome della prevenzione di un'altra guerra mondiale. L'establishment europeo è ancora talmente traumatizzato dalla Seconda guerra mondiale che si comporta come se la storia fosse iniziata nel 1933 e ignora tutte le lezioni importanti da prima di quella data.

Dopo i commenti di Vance, i funzionari europei si sono presentati davanti alla stampa e hanno montato un'appassionata difesa della loro repressione del dissenso. E mentre Trump si muove finalmente per porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina, i leader europei si stanno affannando per trovare modi per raddoppiare in modo indipendente lo stesso assetto che ha contribuito a causare la guerra in primo luogo.

Il declino dell'Europa è una cosa triste da guardare, ma la reazione dei funzionari europei a Vance che li ha chiamati in causa su alcuni aspetti di tal declino conferma che le persone attualmente al comando della nave UE non cambieranno direzione tanto presto.

Se l'Europa è davvero intenzionata a ripiombare nell'oscurità attraverso il totalitarismo, la stagnazione economica, o scatenando una nuova guerra che coinvolgerà l'intero continente, i contribuenti americani non dovrebbero essere costretti a dare il loro contributo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 18 giugno 2024

Prolungare la guerra in Ucraina avrà solo conseguenze negative

Per quanto tutti gli occhi siano puntati in Ucraina, un altro potenziale fronte continua a ribollire in Georgia. È impossibile non preoccuparsene perché stiamo assistendo di nuovo allo stesso copione accaduto a Kiev nel 2014: ingerenza occidentale in un governo estero, destabilizzazione sociale e politica, rivoluzione colorata, iniziano a volare i proiettili e infine macchina della propaganda che mescola le carte sul tavolo per confondere i fatti della storia. E non crediate che quest'ultimo aspetto sia in qualche modo unico alla guerra tutt'ora in atto, è una macchina ben oliata in realtà che trae le sue origini nientemeno che dalla prima guerra mondiale e le scelte (consapevolmente) scellerate di Wilson. Da qui capite, cari lettori, il motivo per cui ci sono così tanti giornalisti con lo scolapasta in testa e troll sui social che, nonostante l'evidenza, continuano imperterriti a travisare volutamente i fatti della storia affinché possano fornire a chi legge una visione distorta delle cose. Tanto poi, dopo acqua passata sotto i ponti, si può sempre dire che era tutto falso... proprio come accadde con i Sisson Documents. Di conseguenza è fondamentale tenere d'occhio cosa accade in Georgia proprio per tenere la mente fresca e allenata, ricordando i fatti per come sono accaduti e, quindi, impedire ai propagandisti, sia dell'una che dell'altra parte, di tirarvi per la giacchetta con visioni polarizzate della realtà. Questo per ricordare, soprattutto, che l'attuale governo in carica è stato eletto per le sue posizioni filo-occidentali e per il suo “sogno” di aderire all'UE (da qui il nome Sogno georgiano), cosa che la stampa nostrana pare dimenticarlo e ribalta le cose. Questa rinnovata pressione sulla Georgia, tra l'altro, è qualcosa che arriva anche sulla scia della sua potenziale adesione ai BRICS e visto che i giochi in questa fase storica vertono molto sulla geopolitica, soprattutto quando si parla di BRICS e sfere d'influenza, tale flirt può aver indispettito chi si aspettava una dipendenza esclusiva solo da una parte della “barricata”. A tal proposito sono a dir poco “curiose” le voci che vogliono l'ex-Ministro della difesa, accusato di frode, circolare liberamente in Europa e alimentare le braci di una rivoluzione nel suo Paese d'origine per conto terzi.

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di Connor O'Keeffe

La settimana scorsa il presidente Joe Biden e alcuni alti funzionari americani ed europei si sono incontrati in Normandia per partecipare alla cerimonia in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia. In un paio di discorsi Biden lo ha definito come quell’operazione che, a suo dire, ha segnato l’inizio della “grande crociata per liberare l’Europa dalla tirannia”, prima di tracciare un collegamento diretto con la guerra in Ucraina.

Biden ha etichettato il presidente russo Vladimir Putin come un tiranno, il quale ha invaso l’Ucraina semplicemente perché “era deisderoso di estendere il suo dominio”; ha poi rinnovato uno dei suoi luoghi comuni preferiti, affermando che se l’Ucraina cade, il suo popolo sarà sottomesso, i suoi vicini saranno in pericolo e tutta l’Europa sarà minacciata dalle ambizioni di Putin.

Ma la rappresentazione occidentale di Putin come un tiranno deciso a conquistare l’intero continente europeo ha subito l'ennesima battuta d’arresto il mese scorso, quando è emerso che il presidente russo è interessato a fermare i combattimenti e a negoziare un accordo che riconosca le attuali linee del campo di battaglia.

Putin sta mostrando questo interesse anche se l’esercito russo è in una posizione forte e sembra destinata a diventare ancora più forte. La tanto attesa controffensiva ucraina dello scorso anno aveva lo scopo di cacciare le forze russe dall'Ucraina, ma dall’estate scorsa quest'ultima ha perso più territorio di quanto ne abbia guadagnato. Di recente i russi hanno persino avviato una nuova incursione nella città nord-orientale di Kharkiv, territorio che era già stato riconquistato dagli ucraini alla fine del 2022.

I campi minati, l’artiglieria e le bombe plananti della Russia non solo hanno impedito alle forze ucraine di avanzare, ma le hanno costrette a lottare per mantenere le loro posizioni lungo l’attuale linea del fronte. Nel frattempo la Russia ha incrementato in modo significativo la produzione legata alla guerra ben oltre a quanto visto dall’Occidente, il che, sebbene negativo per l’economia russa nel lungo termine, garantisce che l’intensità dei bombardamenti russi non cesserà tanto presto.

Allo stesso tempo il governo ucraino si trova ad affrontare una grave carenza di soldati che nessun aiuto straniero o trasferimento di attrezzature può alleviare. All’inizio di quest’anno il parlamento ucraino ha approvato una legge che mira ad aumentare i tassi di coscrizione, rendendo più facile per il governo trovare e identificare gli uomini idonei alla leva. Ma il problema persiste, portando i funzionari ucraini ad attingere alla popolazione carceraria del Paese, a tagliare i servizi consolari agli ucraini in età militare che vivono all’estero e a vietare agli uomini con doppia cittadinanza di lasciare l’Ucraina. Poiché l'offerta di giovani nel Paese sta scarseggiando, l'età media di un soldato ucraino è salita a quarantatré anni.

Ciò che rende la situazione dell’Ucraina ancora più tragica è la facilità con cui avrebbe potuto essere evitata. Un mese dopo l’invasione russa all’inizio del 2022, entrambe le parti avevano raggiunto un accordo in base al quale la Russia si sarebbe ritirata ai confini pre-invasione e, in cambio, l’Ucraina avrebbe accettato di non chiedere l’adesione alla NATO.

L’accordo avrebbe potuto porre fine ai combattimenti e dare a Kiev il controllo di tutta la terra che la Russia aveva appena conquistato. Ma secondo i negoziatori di entrambe le parti e i mediatori di alto livello dei vari Paesi che hanno facilitato i colloqui, i funzionari del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno convinto gli ucraini ad abbandonare l’accordo e a combattere.

Da allora l’influenza dell’Ucraina sulla Russia è solo diminuita, molti ucraini sono stati uccisi o mutilati mentre la guerra si è trasformata in una brutale guerra di trincea. Nel frattempo la Russia ha rivendicato permanentemente la terra che aveva precedentemente accettato di restituire all’Ucraina.

Anche con le sue leggi sulla coscrizione, l’Ucraina non ha abbastanza soldati per sfondare le linee della Russia, ora pesantemente fortificate, e ancor meno per cacciare le forze russe da tutto il territorio rivendicato da Kiev. Finora gli ucraini sono riusciti a impedire ai russi di avanzare e di impadronirsi di tutto il territorio che Mosca ora rivendica, ma con il loro numero in diminuzione le forze ucraine non saranno in grado di mantenere queste linee per sempre.

Quindi accettare l’offerta della Russia di spostare questo conflitto dal campo di battaglia al tavolo delle trattative è certamente la migliore possibilità che l’Ucraina ha di mantenere il territorio orientale che ancora controlla.

Ma invece di coglierla, il governo ucraino e i suoi sostenitori in Europa e negli Stati Uniti hanno invece deciso di intensificare il conflitto con provocazioni sfacciate e strategicamente inutili.

Il presidente Biden e numerosi altri capi di stato europei hanno dato all’Ucraina il via libera all’uso delle armi della NATO per condurre attacchi all’interno della Russia; l’Ucraina ha colpito due radar strategici di allerta nucleare russi e ha tentato di colpirne un terzo più in profondità nel territorio russo.

E, come se ostacolare la capacità della Russia di intercettare un attacco nucleare non fosse stato abbastanza, gli Stati Uniti hanno poi testato due missili balistici intercontinentali nucleari, lanciandoli a quattromila miglia dalla California alle Isole Marshall.

L’escalation non è stata unilaterale. La Russia ha condotto esercitazioni simulando l’uso di armi nucleari strategiche in Bielorussia e ha inviato navi da guerra e un sottomarino nei Caraibi; i russi hanno anche intensificato i bombardamenti e gli attacchi aerei in Ucraina in risposta agli attacchi sul loro territorio.

Niente di tutto questo è necessario. Gli attacchi sul territorio russo non si sono tradotti in conquiste ucraine sul campo di battaglia e il radar di allarme russo colpito dall’Ucraina non era nemmeno mirato allo spazio aereo ucraino. Questa escalation non fa altro che prolungare la sofferenza del popolo ucraino, spingendo il mondo sempre più vicino a un catastrofico incidente nucleare. Invece di fantasticare di lanciare un’offensiva da Seconda Guerra Mondiale contro la Russia, Biden e i suoi amici nella NATO dovrebbero tornare alla realtà e, prima che sia troppo tardi, accettare di risolvere questo conflitto con le parole piuttosto che col cambiamento.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 4 marzo 2024

La scandalosa persecuzione nei confronti di Julian Assange

 

 

di Connor O'Keeffe

Due settimane fa c'è stato il secondo e ultimo giorno di quello che potrebbe essere il processo di estradizione definitivo a Julian Assange. Da quasi cinque anni il governo degli Stati Uniti sta lavorando per far estradare negli Stati Uniti il ​​fondatore di Wikileaks, accusato di aver violato la legge sullo spionaggio.

Ispirato dalla pubblicazione dei Pentagon Papers di Daniel Ellsberg nel 1971, Julian Assange ha fondato Wikileaks nel 2006. La visione di Assange era quella di sviluppare un portale online in cui gli informatori potessero presentare prove di illeciti aziendali o governativi senza doversi identificare o rischiare di esporsi. Una volta inviati, team di volontari e giornalisti avrebbero analizzato i documenti per determinarne la legittimità; se poi ritenuto autentico, avrebbero pubblicato il materiale direttamente su Internet in modo che le persone avessero potuto vederlo.

Negli ultimi quindici anni Wikileaks ha svelato una serie di storie importanti. Molte delle informazioni provenivano dai diari di guerra in Afghanistan e Iraq, insieme alle cosiddette soffiate dai diplomatici, tutti pubblicati nel 2010. I documenti trapelati rivelavano che non solo il governo degli Stati Uniti aveva commesso numerosi crimini di guerra in Iraq e Afghanistan nel primo decennio di guerra al terrorismo, ma c’erano stati sforzi ufficiali per insabbiarli.

I diari di guerra in Iraq hanno anche portato alla luce molti dettagli sull'uso della tortura da parte della Central Intelligence Agency (CIA). E, come scrive il giornalista Keven Gosztola nel suo eccellente libro sul caso di Assange, dopo che il presidente Barack Obama si rifiutò di perseguire chiunque fosse coinvolto, o di risarcire i sopravvissuti, le soffiate dai diplomatici hanno rivelato che i funzionari americani “si erano intromessi nei sistemi giudiziari francesi, tedeschi, italiani e spagnoli per proteggere gli agenti della CIA, gli ufficiali militari statunitensi e i funzionari dell’amministrazione Bush dai procedimenti giudiziari” legati al programma di tortura.

Nel 2016 decine di migliaia di e-mail di alti funzionari democratici e del Comitato nazionale democratico sono trapelate a Wikileaks. Contenevano rivelazioni politicamente dannose per la campagna elettorale di Hillary Clinton – come dettagli su una serie di discorsi privati ​​che il candidato aveva tenuto ai dirigenti di Wall Street – e persino alcune prove di vera e propria corruzione, come il fatto che il Comitato Nazionale Democratico avesse condiviso le domande imminenti con la Clinton prima dei dibattiti delle primarie.

Un anno dopo l’organizzazione fondata da Assange cancellò ogni possibilità d'essere vista di buon occhio da parte della Casa Bianca di Donald Trump quando pubblicò i cosiddetti documenti Vault 7. Le fughe di notizie dettagliavano aspetti delle capacità di guerra informatica da parte della CIA, in particolare la capacità dell'agenzia di monitorare e controllare a distanza le auto più recenti, le smart TV, i personal computer, i browser web e la maggior parte degli smartphone.

Le fughe di notizie fecero infuriare l'allora direttore della CIA Mike Pompeo. In risposta rivolse l'attenzione dell'agenzia ad Assange, a cui era stato concesso asilo presso l'ambasciata ecuadoregna a Londra cinque anni prima. La CIA convinse UC Global, la società spagnola responsabile della sicurezza dell'ambasciata, a registrare segretamente Assange, anche mentre incontrava i suoi avvocati, e a spedire le registrazioni alla CIA: un piano di cui il capo della società sarebbe stato successivamente accusato nei tribunali spagnoli.

E secondo uno straordinario articolo di Yahoo News a firma di Zach Dorfman, Sean Naylor e Michael Isikoff, la CIA di Pompeo avrebbe poi “complottato per rapire il fondatore di Wikileaks” convincendo i dipendenti della UC Global a lasciare “accidentalmente” la porta dell'ambasciata aperta. Inoltre “alcuni alti funzionari della CIA e dell’amministrazione Trump hanno addirittura discusso dell’uccisione di Assange, arrivando al punto di richiedere "bozze" o "opzioni" su come assassinarlo”. Secondo le deposizioni dei dipendenti della UC Global, il piano migliore era avvelenarlo.

Evidentemente è stato scelto un approccio diverso. Nel 2018 gli Stati Uniti incriminarono Assange per aver cospirato per ottenere materiale riservato nel 2010. Un anno dopo l'Ecuador ne revocò l'asilo, portando al suo arresto nell'aprile 2019 da parte della polizia di Londra. Il mese successivo gli Stati Uniti chiesero l’estradizione e aggiunsero diciassette accuse di spionaggio contro Assange.

Il processo di estradizione si è trascinato per quasi cinque anni, in gran parte a causa delle preoccupazioni sulla sicurezza di Assange durante la custodia. E sulla base dei resoconti di Dorfman, Naylor e Isikoff, questa è una preoccupazione molto ragionevole.

Ci sono tanti aspetti assurdi e scandalosi di ciò che il governo degli Stati Uniti ha fatto, sta facendo e intende fare a Julian Assange. Il principale tra questi è il fatto che tutto ciò di cui i pubblici ministeri vogliono accusarlo ai sensi della Legge sullo spionaggio ricade nell'attività giornalistica legale e comune. Il fatto che i giornalisti spesso cerchino, ottengano e pubblichino materiale riservato è la ragione per cui il governo degli Stati Uniti è stato riluttante a perseguire il fondatore di Wikileaks. Se il giornalismo di Assange è un crimine, lo è altrettanto gran parte del giornalismo sul New York Times, sull’Associated Press e su ogni altro importante organo d'informazione del Paese.

Stranamente il procuratore capo degli Stati Uniti ha cercato di eludere questo fatto scomodo suggerendo che Assange non aveva diritto di appellarsi al Primo Emendamento perché è australiano. Ma ricordate una cosa: lo stanno accusando di violazione della Legge sullo spionaggio, una legge statunitense. In altre parole, i pubblici ministeri statunitensi ritengono che un giornalista straniero che opera al di fuori degli Stati Uniti debba rispettare la legge statunitense, ma che il governo statunitense non sia vincolato dalle proprie leggi perché quello stesso giornalista è uno straniero che opera al di fuori degli Stati Uniti.

Julian Assange non è una spia, né un terrorista e né un agente democratico o repubblicano. È un giornalista che ha previsto il potenziale di Internet per dare potere e proteggere gli informatori (il sistema d'invio anonimo immaginato da Assange e dai suoi colleghi è ora standard in tutto il settore dell'informazione).

Il motivo per cui Assange è stato sottoposto a varie forme di detenzione per quasi dodici anni non è perché abbia commesso realmente dei crimini, ma perché ha messo in imbarazzo l’establishment politico.

Oggi quello stesso establishment politico finge indignazione per il presunto omicidio del dissidente russo Alexei Navalny, così come per l’incarcerazione del reporter del Wall Street Journal Evan Gershkovich a Mosca, il tutto mentre cerca di gettare un giornalista occidentale in isolamento per il resto della sua vita per aver osato rivelare storie davvero incriminanti.

Spetta a quelli di noi che hanno davvero a cuore la verità e che si oppongono non solo ai misfatti dei regimi stranieri che i nostri governi vogliono rovesciare ma, cosa più urgente, all’autoritarismo già all’opera nei nostri Paesi, chiedere a chi è al potere nel Regno Unito e negli Stati Uniti di attenersi ai principi che finora hanno solo finto d'incarnare. E tutto inizia con il far cadere le accuse contro Julian Assange.

Se si rifiutano di farlo, ciò rivelerà di più su di loro di quanto potrebbe fare qualsiasi giornalista dissidente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 6 settembre 2023

A causa dello stato l'incendio di Maui è diventato un inferno di fuoco e fiamme

L'inefficienza statale non è un difetto, ma un pregio. Ovvero una caratteristica fondante della natura stessa dello stato, la cui linfa vitale sono i clientes privilegiati con cui fa affari (in particolar modo le grandi aziende). I suoi fallimenti non verranno mai sanzionati o corretti, a differenza di come accadrebbe invece in un libero mercato in cui si propende per accordi "win-win", perché il gioco a cui gioca è uno a somma zero (accordi "win- lose"). In questo modo deruba la maggioranza delle persone e le inganna dicendo di "stare lavorando per migliorare il mercato" e quindi necessita di maggiore supporto e risorse. Questa triste realtà, per quanto negata dagli indottrinati duri e puri dal sistema scolastico, continua a presentare il conto: il disastroso incendio a Maui come vedremo nell'articolo di oggi e la guerra tra Russia/Ucraina, e questi sono solo gli ultimi esempi di una lunghissima lista. Come sottolineato da Kyle Anzalone, prima dell’invasione del febbraio 2022 c’erano molte opportunità per i governi americano e ucraino di risolvere pacificamente le loro tensioni con il governo russo. Nessuna di queste opportunità è stata colta e di conseguenza la regione è scesa in guerra. Anche all’inizio del conflitto c’erano opportunità di dialogo, ma nell’aprile 2022 i funzionari occidentali hanno espressamente detto al governo ucraino di non negoziare con i russi. Il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO hanno agito come se potessero indebolire la Russia e migliorare l’influenza di Kiev nei negoziati intraprendendo una guerra per procura, ma ciò non è avvenuto: le forze russe dapprima hanno preso il controllo di gran parte dell’Ucraina orientale e poi l'hanno dichiarata parte della Russia. Ora i fallimenti della tanto pubblicizzata controffensiva ucraina hanno costretto alcuni funzionari statunitensi ad ammettere che le migliori opportunità di negoziare per l’Ucraina erano già passate. Se lo stato agisse davvero nell'interesse della popolazione, ci sarebbero stati colloqui di pace prima di sprecare denaro e risorse. La guerra in Ucraina è stata fruttuosa per l’industria degli armamenti e per i politici destinatari delle loro pressioni. Continua invece a essere terribile per i contribuenti dell'alleanza occidentale e catastrofica per la controparte ucraina.

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di Connor O'Keeffe

I disastri naturali più distruttivi non sono mai naturali al 100%. Le scelte umane, l’uso del territorio e le politiche statali svolgono un ruolo importante nel determinare quanto uragani, tornado, terremoti, inondazioni improvvise e incendi siano dannosi per le comunità colpite.

E dopo catastrofi come l’incendio che ha distrutto gran parte della storica città hawaiana di Lahaina, vale la pena fare il punto su quanto il disastro sia il risultato non di fattori naturali o accidentali, ma di linee di politica e istituzioni che possono essere cambiate.

Anche se i dettagli stanno ancora emergendo, sta diventando chiaro che il fallimento dello stato ha contribuito molto a peggiorare questo disastro, e forse addirittura a provocarlo. Mentre i cosiddetti esperti danno la colpa al cambiamento climatico — e nel processo chiedono che lo stato prenda ancora più potere e autorità per offrirci un giorno un clima migliore — la distruttività di questo incendio è stata il prodotto di un sistema onnipresente e del tutto incompetente.

Le origini specifiche dell’incendio sono ancora oggetto di studio, ma sappiamo già molto. La città di Lahaina si trova sulla costa occidentale di Maui, la seconda isola più grande delle Hawaii. È circondata da prati, in gran parte di proprietà dello stato.

Quasi dieci anni fa la Hawaii Wildfire Management Organization, un’organizzazione no-profit di ricerca, avvertì il governo hawaiano che l’area intorno a Lahaina era estremamente soggetta a incendi a causa dei frequenti venti discendenti, del terreno ripido e dell’erba secca. Poco è stato fatto per minimizzare questi rischi. Una relazione del 2020 ha aggiunto che una specie invasiva di erba eccezionalmente infiammabile era prevalente nei campi circostanti e che il passaggio degli uragani avrebbe creato forti venti noti per alimentare gli incendi.

All’inizio del mese scorso l’uragano Dora ha attraversato l’oceano a sud delle Hawaii. L'otto agosto venti forti fino a sessanta miglia all'ora hanno soffiato lungo i pendii delle montagne di West Maui fino a Lahaina. Verso l'alba è stato rilevato un grosso guasto nella rete elettrica, interrompendo il servizio di erogazione di elettricità. Venti minuti dopo le prime segnalazioni di incendio sono arrivate dalla zona intorno a Lahainaluna Road, in salita e sottovento rispetto alla città.

L'area in cui sono state avvistate le fiamme per la prima volta era piena di infrastrutture elettriche, per lo più gestite dalla Hawaiian Electric, il fornitore di energia elettrica monopolistico dello stato; ciò includeva una sottostazione e una moltitudine di linee elettriche. La maggior parte del territorio della zona è di proprietà dello stato delle Hawaii, a eccezione di un lotto appartenente alla tenuta di una delle ultime principesse del posto e che ospitava un parco solare che forniva elettricità alla sottostazione elettrica hawaiana. All’inizio dello scorso anno NPR ha pubblicato un articolo entusiasta sul progetto solare, lodandolo come il risultato diretto della regolamentazione statale creato per aiutare la transizione delle Hawaii verso il 100% di energia rinnovabile entro il 2045.

Ma la mattina dell’otto agosto, mentre i venti martellavano i vecchi pali di legno, questa zona altamente elettrificata tra l'erba secca sopra Lahaina stava rapidamente diventando pericolosa. Tuttavia non era in atto alcuna procedura formale per chiudere sezioni della rete a fronte di gravi rischi d'incendio. Di conseguenza quel giorno a West Maui sono caduti ventinove pali.

Ma anche con i pali abbattuti, i primi vigili del fuoco sulla scena hanno avuto successo e intorno alle 9 del mattino hanno dichiarato che l’incendio era stato “domato al 100%”. Ma il messaggio ai residenti conteneva una richiesta inquietante: le pompe dell'acqua della contea erano alimentate dall'elettricità, gran parte della quale veniva freneticamente spenta per disattivare le linee abbattute. I funzionari statali chiedevano alla popolazione di conservare l'acqua per preservarne la pressione.

Ma a metà pomeriggio una riacutizzazione ha riacceso l’incendio sulla Lahaina Bypass, una strada principale che porta direttamente in città. Le fiamme si sono spostate rapidamente a Lahaina alle 16:46, un minuto dopo che il governo della contea aveva finalmente inviato un allarme per avvertire la popolazione della città, in gran parte senza elettricità, dell'incendio scoppiato più di un'ora prima.

A peggiorare le cose, i funzionari della contea non sono riusciti ad attivare le sirene di emergenza, lasciando i residenti ignari del pericolo che incombeva su di loro. E mentre i vigili del fuoco si precipitavano eroicamente verso le fiamme per cercare di salvare la loro comunità, hanno scoperto che c’era poca o nessuna pressione dell’acqua negli idranti, che si sono rapidamente prosciugati.

Con un’unica autostrada intasata che portava fuori città, molti residenti di Lahaina non avevano nessun posto dove andare. Alcuni si sono gettati nell'oceano per sfuggire al fumo e alle fiamme, ma alla fine molti sono morti lo stesso. Almeno novantanove persone sono state confermate decedute nel momento in cui scrivo, rendendo questo l'incendio americano più mortale da oltre un secolo. Inoltre 2.207 edifici sono stati distrutti, con danni alla proprietà che dovrebbero raggiungere i $5,5 miliardi.

Per riassumere, una compagnia elettrica statale ha collocato un’infrastruttura tra campi erbosi di proprietà statale altamente infiammabili sopra la storica città di Lahaina, cosa per cui il governo è stato avvertito due volte sull'alta suscettibilità agli incendi. E una volta scoppiato, una combinazione di infrastrutture idriche difettose, pessime comunicazioni da parte dei funzionari statali e una sola via di fuga hanno condannato la popolazione di Lahaina al peggior incendio sperimentato in questo Paese da oltre cento anni.

Si è trattato di un fallimento dello stato in tutto e per tutto. In Human Action Ludwig von Mises spiega che sul mercato la fonte ultima dei profitti è la lungimiranza, ovvero la capacità di anticipare le condizioni future. E la perdita economica si verifica quando gli attori del mercato non riescono ad anticipare il futuro. Questa possibilità di ricchezza in caso di successo, e la garanzia di dolorose perdite in caso di fallimento, costringono i produttori e i fornitori di servizi sul mercato a soppesare costantemente rischi e opportunità.

Lo stato si immunizza dal sistema dei profitti e delle perdite, e quindi da gran parte della necessità di soppesare il rischio. Certo, alcuni funzionari della contea potrebbero dimettersi a causa di ciò e il prezzo delle azioni di Hawaiian Electric potrebbe scendere, ma la popolazione di Maui sarà costretta a risarcire le stesse organizzazioni che l'hanno delusa. E non c'è niente di naturale in questo disastro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 21 febbraio 2023

Globalizzazione, non globalismo: libero scambio contro ideologia statalista distruttiva

Se c'è un'idea che ancora persiste all'interno della narrativa mainstream, e che rappresenta il volano attraverso cui i pianificatori centrali ingannano la popolazione, questa è il "fallimento dei mercati". Ovvero, se lasciati a sé stessi i mercati tendono a suicidarsi; è necessaria quindi una direzione centralizzata affinché le cose possano essere aggiustate. E questa è l'essenza del capitalismo degli "stakeholder" promulgato dal WEF, dove i mercati del mondo reale spesso non riescono a essere all'altezza degli standard della concorrenza perfetta e quindi incapaci di risolvere i problemi. L'intervento di forze esterne, come lo stato, diventa una prerogativa e non un'opzione. Gli stati non subiscono la disciplina di profitti/perdite economiche e nemmeno l'assunzione del rischio, quindi il calcolo economico continua a essere viziato. Questo è il problema centrale con il capitalismo degli stakeholder: si sostiene che il calcolo economico possa essere migliorato con metriche arbitrarie e in qualche modo (?) esse porteranno a un'allocazione più efficiente delle risorse. Si tratta di socialisti che cercano di rivendere il trito e ritrito adagio: promuovere il tempo di lavoro come sostituto dei prezzi di mercato. Come dimostrarono Ludwig von Mises e Friedrich Hayek, l'unico tipo d'informazione che comunica la realtà economica sono i prezzi di mercato generati da un sistema di proprietà privata. Poiché i proprietari sostengono interamente i costi e i benefici della loro proprietà, i prezzi comunicano tutte le scoperte imprenditoriali e tutti gli errori imprenditoriali. Questo è l'unico modo per impegnarsi in un calcolo economico tale da ottenere profitti e un'allocazione razionale delle risorse. Dal momento che metriche arbitrarie come il tempo di lavoro, la "salute", o l'inquinamento come propone Schwab, non comunicano cose come la scarsità di risorse o i costi di opportunità della proprietà, sono fondamentalmente inutili per il calcolo economico. Ed è su questa base che il capitalismo degli stakeholder è incoerente. Poiché le metriche arbitrarie non hanno fondamento economico, dovranno essere articolate dalle autorità politiche e questo significa imposizione di nnormative burocratiche. Ciò non fa altro che incoraggiare le imprese a competere l'una contro l'altra per soddisfare le preferenze delle autorità politiche, processo altrimenti noto come ricerca di rendite. L'unico risultato possibile è la distruzione di ricchezza (obiettivo reale del WEF), non la sua creazione (con la relativa emancipazione delle masse dalle autorità).

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di Connor O'Keeffe

Dopo la crisi finanziaria del 2008 le pubblicazioni dell'establishment e gli uffici esecutivi di Wall Street hanno gridato che stavamo assistendo alla morte della globalizzazione. Gli appelli sono diventati più forti e numerosi dopo la Brexit, l'elezione di Donald Trump, la crisi sanitaria e l'invasione russa dell'Ucraina. Ciononostante i dati sembrano contestare questa narrativa. Lo scorso anno il commercio mondiale ha raggiunto la cifra record di $28.500 miliardi, con proiezioni di ulteriore crescita nel 2023. Il ritmo, tuttavia, dovrebbe rallentare e la ragione non è un problema con la globalizzazione stessa bensì le battute d'arresto storiche che il globalismo ha dovuto affrontare.

Prima di continuare, è importante definire alcuni termini. La globalizzazione si verifica quando le società di tutto il mondo iniziano a interagire e integrarsi economicamente e politicamente. Il commercio intercontinentale, sperimentato durante l'Era della Vela e attraverso la Via della Seta, sono i primi esempi di globalizzazione ed è davvero decollata dopo la seconda guerra mondiale, ricevendo un ulteriore impulso con l'adozione diffusa d'Internet. È importante sottolineare che la globalizzazione nel discorso comune include sia le attività economiche volontarie tra popoli di diverse nazioni sia le attività geopolitiche involontarie degli stati.

Al contrario, Ian Bremmer definisce il globalismo come un'ideologia che richiede la liberalizzazione del commercio dall'alto verso il basso e l'integrazione mondiale sostenuta da un potere unipolare. Gli statalisti ritengono che lo scambio di mercato tra le persone sia letteralmente impossibile senza lo stato; solo quando un gruppo rivendica un monopolio legale sulla violenza e poi costruisce infrastrutture, fornisce sicurezza, documenta titoli di proprietà e funge da arbitro finale nelle controversie può nascere un mercato. Il globalismo è l'applicazione di questa prospettiva al commercio internazionale. I globalisti credono che una governance mondiale dall'alto verso il basso, applicata e assicurata da una superpotenza unipolare, consenta la globalizzazione.

Ma, come gli statalisti su scala più locale, la visione globalista è viziata sia a livello logico che storico. Il commercio mondiale era ben avviato prima del primo grande tentativo di governance mondiale: la Società delle Nazioni. Il suo obiettivo dichiarato era quello di garantire la pace e la giustizia per tutte le nazioni del mondo attraverso la sicurezza collettiva. Cadendo a pezzi all'inizio della seconda guerra mondiale, fallì miseramente, ma il globalismo come ideologia trovò il suo fondamento dopo la guerra: l'Europa era devastata e ciò permise agli Stati Uniti e all'URSS di essere gli unici due Paesi con la capacità di esercitare il potere a livello mondiale.

Iniziò così l'era della globalizzazione più rapida della storia. Il commercio si espandeva mentre le persone abbandonavano la guerra, ma al contempo anche il progetto globalista decollava con la fondazione delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale. Il globalismo era limitato solo dalle differenze ideologiche tra le due superpotenze: l'URSS voleva sostenere le rivoluzioni, mentre gli Stati Uniti miravano alla liberalizzazione del commercio dall'alto verso il basso, facendo quindi precipitare il mondo nella Guerra Fredda.

Negli Stati Uniti, i neoliberisti e i neoconservatori dominavano il mainstream politico attraverso la loro missione condivisa di portare i mercati e la democrazia nel mondo sotto la minaccia delle armi e finanziati dai contribuenti statunitensi. Fortunatamente per loro, la velocità con cui i loro interventi in patria e all'estero stavano distruggendo la società statunitense era più lenta di quella dei sovietici. L'abolizione dei prezzi e della proprietà privata alla fine portò al crollo dell'URSS all'inizio degli anni '90. Sconfitto il loro principale avversario, gli Stati Uniti avevano raggiunto uno dei cardini centrali del globalismo: l'unipolarismo.

Fin dall'inizio, l'establishment statunitense si è rimpinzato della sua nuova influenza mondiale. Attraverso nuove organizzazioni internazionali come l'Organizzazione mondiale del commercio, sono stati introdotti accordi di "libero scambio". Alcuni erano composti da centinaia di pagine, ma tutto ciò che il libero scambio richiede davvero è l'assenza di una linea di politica. Gli Stati Uniti hanno navigato con la loro flotta negli oceani del mondo promettendo di proteggere le rotte marittime come un pattugliatore autostradale mondiale. Attraverso la promessa della sicurezza militare statunitense e il finanziamento delle organizzazioni governative internazionali, i contribuenti statunitensi sono stati costretti a sovvenzionare il commercio mondiale.

Come sottolineava Murray Rothbard in Man, Economy, and State with Power and Market, non esiste il commercio internazionale in un mercato veramente libero. Le nazioni esisterebbero ancora, ma sarebbero sacche di cultura anziché unità economiche. Qualsiasi restrizione statale al commercio tra persone in base alla posizione è una violazione della loro libertà e un costo per la società. La maggior parte degli economisti di libero mercato lo capisce ed è contro le restrizioni statali, ma anche i sussidi al commercio internazionale sono antitetici al libero mercato. La giusta posizione di libero mercato è la completa assenza di entrambi: nessuna restrizione e nessun sussidio, lasciare che le persone scelgano liberamente con chi fare affari.

L'integrazione economica non era affatto l'obiettivo del governo statunitense durante il suo momento unipolare. Troppe persone avevano guadagnato ricchezza, potere e status durante la Guerra Fredda; nonostante il crollo totale dell'URSS, l'ultima cosa che gli Stati Uniti volevano fare era dichiarare la vittoria e rinunciare alla loro posizione privilegiata. Invece si affrettarono a trovare un nuovo nemico per giustificare la continuazione di quei privilegi. Gli occhi si posarono sul Medio Oriente dove, col tempo, avrebbero avviato otto guerre non essenziali e che avrebbero ucciso qualsiasi nozione di "ordine internazionale basato su regole". L'unipolarismo statunitense ha dimostrato che Albert Jay Nock aveva ragione: gli stati sono pacifici tanto quanto sono deboli.

Questo desiderio istituzionale di guerra avrebbe seminato i semi della distruzione per il momento unipolare degli Stati Uniti. Mentre sventravano ogni idea di rappresentare un ordine basato su regole devastando il Medio Oriente, la tensione stava crescendo nell'Europa orientale e nell'Asia orientale. Con indubbia gioia delle compagnie di armi e delle élite della politica estera, i governi russo e cinese sono stati trasformati nei nuovi nemici degli Stati Uniti.

L'invasione russa dell'Ucraina lo scorso febbraio è stata una grande vittoria per la macchina da guerra statunitense, ma ha anche rappresentato un enorme passo indietro per il globalismo. I russi si sono separati dall'ordine mondiale che gli Stati Uniti avevano guidato per tre decenni. La reazione dell'Occidente, fondata su severe sanzioni e disinvestimenti forzati, ha approfondito la spaccatura nel sistema mondiale.

Nessuno sa cosa riservi il futuro, ma il sogno globalista di un singolo sistema di governance mondiale è sicuramente naufragato dato che il blocco russo-cinese si staccherà. Ci sarà dolore economico, perché tanti collegamenti tra le nazioni sono ancora controllati dagli stati; tuttavia un grado significativo di globalizzazione è ancora apprezzato dai consumatori di tutto il mondo. I dati contraddicono qualsiasi idea che la globalizzazione si stia invertendo: sta solo rallentando mentre gli stati tentano di trascinare i consumatori nella loro ricerca di protezionismo.

Nonostante le affermazioni secondo cui la globalizzazione è morta, il commercio internazionale è vivo e vegeto. La spinta verso un mondo interconnesso sta rallentando, mentre l'ideologia del globalismo subisce la sua più grande battuta d'arresto da decenni. La fusione statalista di governance mondiale unipolare e commercio internazionale spiega da dove provengono queste affermazioni e perché sono imperfette.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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