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venerdì 12 settembre 2025

La grande battaglia del nostro tempo non è Oriente contro Occidente, bensì globalisti contro sovranisti

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-battaglia-del-nostro-tempo)

Di recente mi è capitato di vedere questo video su uno dei bari più famosi in Italia. Niente di correlato con la mia attività divulgativa... almeno all'apparenza. Poi ho capito. Quando ho scritto i miei primi due libri, L'economia è un gioco da ragazzi e La fine delle fallacie economiche, ho esposto ai lettori le regole del gioco, quelle che tutti di base dovrebbero seguire. La metodologia Austriaca, da questo punto di vista, è ottima nella descrizione e nell'approccio. Ma rimane un mondo ideale, distaccato dalla realtà delle cose. Così come rimane distaccato dalla realtà il sito web del Mises Institute, poiché immagina che tutti seguano le regole del gioco e che queste ultime puniscano chi si discosta eccessivamente da esse. Infatti il problema è il tempo: quanto tempo passa prima di una correzione violenta e inarrestabile del sistema in questione? Non si sa... le stesse regole descritte con dovizia di particolari, logica e rigore si rivoltano contro chi le spiega dato che il tempo è un concetto fondamentale nell'analisi Austriaca.

E se barare fa parte dell'azione umana, bisogna prendere in considerazione questo aspetto nella propria metodologia d'indagine e analisi. Quindi ho innovato il modello iniziale e l'ho riproposto secondo la mia ottica, la mia evoluzione della teoria. L'ho condensato infine nell'ultimo libro pubblicato, Il Grande Default. L'ho applicato anche sul blog e su tutti gli spazi di divulgazione in cui opero, compreso questo, sin da quando, nel 2021, mi sono posto la domanda: “E se la FED stesse iniziando a proteggere il dollaro, adesso, piuttosto che distruggerlo?” Questa semplice domanda ha spiegato con coerenza tutti gli eventi successivi: il SOFR, il ciclo di rialzo dei tassi di Powell, i dazi, Tether, la liquidità dei titoli sovrani americani, l'inclusione di Bitcoin e oro a protezione del dollaro e dei Treasuries, ecc.

Il mio metodo, quindi, la mia lettura della realtà, la mia area di consulenza, non si pone come obiettivo l'arrogante e ridicola invettiva, con tanto di dito indice alzato e scosso nell'aria, di “far rispettare le regole”; invece rallenta la mano dei bari e cerca, quanto più accuratamente possibile, di suggerire a chi legge, e cerca consulenza, il modo per trarre un vantaggio competitivo rispetto a chi scioccamente agita il dito in aria pretendendo che l'intera umanità aderisca al suo mondo ideale. Un nobile obiettivo da perseguire, senza dubbio, ma nel frattempo... occhio al portafoglio perché è questo, invece, il mondo che abbiamo.


DAL DOGMA ALLA STRATEGIA

Se le basi della dottrina Austriaca sono radicate profondamente nell'azione umana, è altresì vero che il sistema bancario centrale di per sé è solo uno strumento. Ciò che conta sono gli esseri umani e ciò che ne fanno. Inutile dire che esso incentiva all'arbitrio sconsiderato, ma un conto è usare un coltello per attaccare solamente... un altro è usarlo per difendersi. Ripeto si tratta del mondo che abbiamo e in cui dobbiamo vivere, lavorare per renderlo un posto migliore per noi stessi è sacrosanto, nel frattempo è altrettanto sacrosanto cogliere quelle vittorie che ci portano un passo in più verso l'obiettivo finale: la sostituzione del sistema bancario centrale con qualcosa di più sostenibile. Perché se è vero che la bancarotta è un fenomeno che avviene dapprima lentamente e poi improvvisamente, allo stesso modo la solvibilità è qualcosa che si manifesta dapprima lentamente solo infine improvvisamente. Con il colpo di stato perpetrato dai globalisti durante la pandemia Covid, era evidente che ci fosse un cambio di linea di politica al vertice; qualcosa era cambiato e bisognava capire cosa. All'inizio non è stato facile mettere insieme i puntini, visto che il piano è stato svelato a mano a mano e soprattutto c'era la chiave di lettura da cambiare: dal mondo che vorrei/vorremmo al mondo che ho/abbiamo.

Nel momento in cui ho capito che tutta quella storia verteva sullo smantellamento del sistema bancario commerciale così come lo conosciamo e l'implementazione della sorveglianza finanziaria (es. CBDC) per impedire alla popolazione di protestare nel momento in cui il “vecchio” debito sarebbe stato sottoposto a pesante haircut per poterne emettere di nuovo tramite i perpetual bond, riciclando quindi il “vecchio” sistema in quello “nuovo”, mi è stato chiaro quale fosse la guerra globale che si stava combattendo. Applicando questa visione delle cose agli eventi che accadevano, mi ha colpito l'ovvietà con cui Powell ha iniziato a restringere l'offerta di denaro americana ben prima delle altre banche centrali mettendo fine a una linea di politica coordinata tra queste istituzioni durata per più di dieci anni. Non solo, ma anche il modo con cui ha lottato per essere riconfermato per il secondo mandato: una realtà che si sarebbe manifestata solo con l'appoggio di istituti bancari come JP Morgan, Goldman Sachs, ecc.

Una volta che si accetta questo background, ed è stato relativamente facile accettarlo visto che per anni ho denunciato l'UE su queste pagine come la seconda venuta dell'URSS, si capisce che la vera minaccia era la centralizzazione progressiva messa in campo da questa presunta unione di stati. Una volta che questo background si applica al resto del mondo, si nota che la conformità con la regolamentazione selvaggia messa in campo dall'UE altro non è che un gigantesco colpo di stato mondiale affinché tutti si conformino ai suoi dettami. Non mancano ovviamente infiltrati nelle stanze dei bottoni dei governi esteri per facilitare questa progressione, come ad esempio lo è stata l'amministrazione Obama, prima, e quella Biden, dopo. L'effetto centripeta dell'UE si è dimostrato, di fatto, un modello predittivo a sé stante, in grado da fungere da proverbiale “palla di vetro” per gli eventi futuri. Se infatti si ha un modello è facile scremare il grano (fenomeni che contano) dalla pula (titoli dei giornali).

È così, quindi, che il mondo deve essere visto: un adattamento alla realtà della serie di romanzi Il Trono di Spade. Questo ovviamente serve a catturare l'attenzione delle giovani leve, per così dire, dato che esiste un adattamento migliore a livello di letteratura ed è rappresentato dai romanzi di Dune, i quali sono un manuale eccellente per chi volesse capire l'emergere della geopolitica moderna negli anni '50 e '60 del secolo scorso. Oltre agli aspetti sociologici, è assolutamente affascinante notare come la religione sia il primum movens che motiva la gente comune a scendere in battaglia e viene costantemente tenuta sotto controllo attraverso di essa mentre le fazioni al vertice della piramide sociale si danno battaglia per il potere politico. E visto che siamo in tema di letteratura, come non citare il Ciclo delle Fondazioni sull'ascesa e la caduta degli imperi, e le opere di Philip K. Dick sul takeover della tecnologia rispetto all'umanità delle persone e l'ascesa della tecnocrazia. Oltre a fornire il modello attraverso cui leggere le informazioni che arrivano dall'esterno, e non adattare le conclusioni alle proprie idee, tutti questi manoscritti servono anche a essere un buon comunicatore piuttosto che ad “avere ragione su tutto”.

Infatti le informazione che arrivano dalla sfera geopolitica sono talmente fungibili che praticamente tutti, soprattutto coloro senza un modello, giocano al gioco delle probabilità e delle percezioni plausibili.A tal proposito diventa enigmatico per queste stesse persone farsi un'idea di cosa stiano combinando Trump e Powell, rimanendo sulla chiave di lettura superficiale in cui il primo vuole far fuori, politicamente, il secondo. Poi, però, ci sono fatti come il licenziamento di Lisa Cook e lo smantellamento di quella cupola di infiltrati alla FED che nel 2021 aveva cercato di sabotare la riconferma di Powell e mettere al suo posto un pupazzo della cricca di Davos. L'emarginazione dei fidati di Powell (Clarida, Rosengren e Kaplan) mirava a spiazzare la presa sulla banca centrale americana di quella parte del FOMC che voleva rialzare i tassi e iniziare a prosciugare il mercato degli eurodollari, avvantaggiando personaggi come la Cook che invece volevano che il dollaro continuasse a essere svuotato. Quello che Powell ha fatto sin dal 2021 è stato preparare la scena per quello che poi avrebbe fatto Trump una volta in carica, o per meglio dire, i NY Boys una volta che il loro rampollo avrebbe preso la carica appoggiato dall'elettorato americano.

Alla fine, tutto si riduce a porsi le giuste domande... un buon modello, tutto sommato, non credete? Chiaramente la parte ardua è arrivare alle suddette e su questo vi da una mano uno spazio divulgativo come questo che ha accumulato negli anni esperienza su esperienza. Sostenere questo lavoro vi permette di risparmiare tempo, oltre all'originalità delle tesi proposte. Perché è importante? Presto detto. Torniamo un attimo alla FED, quindi, e poniamoci la domanda: come fa Powell, a capo di un'istituzione il cui mandato è un obiettivo d'inflazione al 2%, prezzi stabili e piena occupazione, a tagliare i tassi nel momento in cui il compito di Trump è introdurre l'economia americana in un periodo di prosperità economica? Lo stesso Powell non è mai stato d'accordo con un obiettivo specifico d'inflazione, ma è una linea di politica sedimentata ormai; così come prezzi stabili e piena occupazione sono chimere keynesiane usate per giustificare un intervento costante nell'economia. Se l'economia americana sta andando bene, come si evince dalla tesi di Trump, allora il lavoro della FED è quello di continuare a rialzare i tassi... perché questo è esattamente il suo lavoro. A meno che, ovviamente, non si cambia il ruolo della FED. 

E qui ritorniamo al ruolo di questo blog nella lettura del mondo: la maggior parte degli investitori, dei broker e dei consulenti finanziari guarda agli indicatori principali (es. Phillips Curve, ecc.) e ritiene, per formazione professionale, che la FED deve “impostare” il “prezzo” del denaro affinché tutti questi altri rapporti vengano “coordinati” e “armonizzati”. Come fa quindi ad abbassare i tassi quando, per definizione stessa del sistema attuale, c'è praticamente piena occupazione, i mercati azionari sono vicini ai picchi assoluti e le commodity sono ancora a prezzi inferiori rispetto a quando Powell è stato riconfermato? Fino allo scorso luglio la situazione fiscale e geopolitica era ancora in subbuglio... come avrebbe potuto tagliare i tassi Powell? Come avrebbe potuto farlo se prima Trump non avesse mostrato qualcosa di concreto al pubblico americano? Il petrolio stava schizzando in alto durante la crisi tra Iran e Israele, e la percezione comune, data dalla stampa internazionale, era che a Trump stavano sfuggendo le cose di mano. Powell doveva essere la voce della stabilità, far capire che avesse le cose sotto controllo. Poi Trump ha iniziato a segnare alcune vittorie sul suo tabellone: l'approvazione della Big Beautiful Bill, la pacificazione di varie aree in Medio Oriente (dal fondo della penisola arabica fin alla pace tra azeri e armeni), ha disinnescato l'escalation tra Israele e Iran, sta dimostrando che i dazi non sono inflazionistici, ecc. In sintesi, è ora di abbattere i miti keynesiani (piantati accuratamente dagli inglesi) nella testa di tutti quegli investitori e consulenti prima di procedere con il cambiamento strutturale del ruolo della FED.

Non è tanto una questione di “poliziotto buono” e “poliziotto cattivo”, bensì di “poliziotto caotico” e “poliziotto stabile”. Ma una domanda che segue naturalmente quella che ci siamo posti prima è: se Trump vuole i tassi bassi perché si preoccupa dell'economia nazionale, perché tutti gli altri si stracciano le vesti affinché segua questo percorso? L'eco che il resto del mondo fa a Trump sul taglio dei tassi da parte della FED equivale a uscire allo scoperto riguardo le loro vere intenzioni: hanno bisogno come l'acqua di liquidità in dollari. E qui casca l'asino keynesiano: è sempre servito per scopi diversi da quelli spacciati ai gonzi che hanno studiato questo ciarpame sui libri di testo. È questo il famoso redde rationem di cui si è tanto parlato su queste pagine in passato. E tutto ciò, ironia della sorte, supporta la tesi di Trump sui dazi! “L'indebolimento” del dollaro sin da quando s'è insediata la nuova amministrazione non è stato altro che una ri-dollarizzazione dell'economia mondiale perché le nazioni del mondo hanno rimpatriato i fondi quando la FED ha iniziato il ciclo di rialzi e Trump ha avviato le nuove politiche commerciali della nazione. Un doppio dazio per tuttiun ribilanciamento veloce del commercio mondiale! Se Powell avesse tagliato in precedenza, l'euro, ad esempio, sarebbe finito a 1.1 col dollaro e il comparto industriale tedesco avrebbe ottenuto un sollievo per quanto riguarda il suo languire.

L'altro lato dei dazi sono i tassi di cambio: davvero credete che la BCE non si preoccupi del tasso di cambio dell'euro? Non piace affatto che sia a 1.17 al momento della stesura di questo saggio. Quindi gli USA stanno fortificando il mercato dei titoli sovrani, indebolendo (strategicamente) il dollaro nel breve termine, stanno tenendo i tassi di riferimento alti forzando una stretta nel mercato delle garanzie collaterali, mentre il resto del mondo si arrabatta per impedire alle proprie divise di salire (vendere dollari e comprare titoli sovrani americani).


UN ASSET IN RAPIDO DEPREZZAMENTO: LA FED

Il mondo in divenire così come si sta configurando in base alle nuove necessità degli Stati Uniti non ha più bisogno di una Federal Reserve onnipresente per tutto e per tutti. Ritengo che Powell sia il primo a sostenere che la FED così com'è nel contesto attuale non è affatto necessaria e la campagna di relazioni pubbliche di Trump, che ha messo al centro dell'attenzione pubblica lo stesso Powell, rappresenta un modo per spiegare alla vulgata il motivo per cui non è necessaria una FED che salva tutto e tutti. Piuttosto che una Coordinated central banks policy, come accaduto fino al 2021, adesso abbiamo una Coordinated central banks submission, dove viene usato il potere della banca centrale americana per emanciparla dalle influenze estere che erano felici di ingrassare a scapito della ricchezza reale americana. Il post-Powell sarà caratterizzato da un dollaro onshore e da uno offshore; massima liquidità in patria, minima liquidità all'estero. La querelle Trump-Powell è una sceneggiata per impostare il dibattito pubblico lungo questi binari e introdurre le necessità di questo assetto al grande pubblico, giustificando la contrazione del mercato dell'eurodollaro e la sostituzione dello stesso con Tether.

Infatti l'infrastruttura messa in campo per le stablecoin esistenti e stablecoin emesse dalle banche commerciali rappresenterà il mezzo attraverso il quale gli USA vogliono tornare a una forma di “denaro privato” e una forma di “sistema bancario comunitario”. È così che si struttura una transizione da un mondo finanziario in cui la FED è la banca centrale del mondo a uno in cui è la banca centrale degli Stati Uniti. Il segno distintivo è stata la transizione dal LIBOR che prezzava il dollaro a livello mondiale in termini di eurodollari, al SOFR, che prezza il dollaro in termini di mercato americano.

La traiettoria è quella in cui la FED imposterà il valore del dollaro all'estero, mentre servirà per sostenere i mercati interni. Un ritorno alla sua concezione originale, un'istituzione eretta per fornire liquidità d'emergenza al commercial paper market, non una rete di salvataggio per istituti finanziari/bancari sull'orlo del fallimento. Infatti se l'economia americana è in buona salute, non ha bisogno di alcuna liquidità aggiuntiva dato che è in grado di fornirla da sé tramite suddetto commercial paper market, un'esclusività dell'economia statunitense. Inutile dire che questo a sua volta significa una decentralizzazione dell'emissione dei dollari.

Per il dollaro, ormai, essere una valuta di riserva mondiale è un peso; non lo è, invece, essere la valuta di saldo internazionale. Per l'appunto, le leggi incentrate sulle stablecoin vanno a rafforzare esattamente questo effetto di rete. Tutte le chiacchiere relative a un'ascesa dei BRICS e di una loro eventuale valuta di riserva mondiale sono gossip, esattamente perché gli USA non cercano più di imporre la propria valuta come riserva. Quel modello era stato creato per innescare cicli di boom/bust più violenti e trasferire, a prezzi stracciati, la ricchezza reale verso coloro che davvero gestiscono il sistema bancario centrale: la cricca di Davos, o più precisamente la City di Londra (il vecchio conglomerato di colonialisti londinese/olandese). L'imposizione di un fiat standard si riduce esclusivamente a questo: non erano gli americani a farlo, bensì questa rete di vecchi interessi bancari che per sostenere le varie valute fiat hanno soppresso il potenziale di oro, prima, e Bitcoin, poi, in modo da mantenere vivo un apparato di sottrazione di risorse in grado di soddisfare la sempiterna massima “vivere al massimo col minimo sforzo”. In fin dei conti è quel che fanno i colonialisti, solo che a lungo andare questo assetto finisce sempre in un declino per tutti, come scrisse anche Chodorov in uno dei suoi migliori libri. Emergono inevitabilmente i cosiddetti accordi vicendevolmente svantaggiosi (“lose-lose”) e c'è un fuggi-fuggi per dirigersi anticipatamente verso le uscite con quanto rimane del “malloppo”. L'euro digitale, per l'appunto, è la strategia d'uscita della cricca di Davos, dove la “exit liquidity” sono i risparmiatori europei.

Per farvi capire meglio cari lettori, attualmente il DAX tedesco viaggia intorno ai 24.000 perché gli investitori europei stanno vendendo Bund e comprano azioni tedesche. È una scommessa su quanto la BCE stamperà in futuro e quanto di questo denaro finirà nei bilanci dell'industria della difesa. Il rapporto P/E del DAX è circa 18; l'ultima volta che era a 16 si trattava del 2008 quando l'intero sistema finanziario era sottoposto a massiccia leva finanziaria. Pensate, quindi, che il mercato azionario tedesco sia sostenibile? Certo, il Dow Jones è trattato a un rapporto P/E superiore ma gli USA hanno prospettive a loro favore, vedono capitali scorrere verso di essi. Nessuno vuole inaugurare una nuova fabbrica in Germania, mentre invece tutti vogliono farlo negli Stati Uniti (il miglior paradiso fiscale “in chiaro” al mondo).

Oltre alla posizione fiscale, c'è anche quella normativa le cui prospettive di snellimento non fanno che migliorare con il lavoro messo in atto dal DOGE. Se a questo ci aggiungiamo che i dazi terminano anche il rent seeking estero tramite l'arbitraggio sulle valute, l'invito a delocalizzare negli USA è decisamente forte. Quello che stiamo osservando è una riorganizzazione del modello di business degli Stati Uniti e un'espressione dei propri vantaggi competitivi attraverso un dollaro più efficiente, ecco perché i vari stati del mondo stanno staccando accordi commerciali secondo i termini proposti da Trump. Questo renderà più facile il compito della FED e Powell ha fatto il suo lavoro: evidenziare il problema e buttare giù quel sistema che ha deformato l'economia statunitense. Ciò che arriverà dopo richiederà tutta una serie di altre capacità. Questo perché non sempre chi distrugge, prima, è anche un buon costruttore, poi, come ci ricordano anche Herbert, Tolkien, ecc.


LA NUOVA MAPPA DEL MONDO

La maggior parte delle volte che viene presentata la mappa del mondo, l'Europa è sempre il punto di partenza. Ora invece di aprire la mappa del mondo in questo modo predefinito, fatelo sull'oceano Pacifico. Per quanto possa essere noiosa la visuale ci sono tre grandi Paesi che si interconnettono: Russia, Cina e Stati Uniti. Questo nuovo assetto emergente serve a porre fine al sistema di estrazione di ricchezza che faceva confluire tutto a Londra e in Europa. Dopo Azerbaijan e Armenia, anche India e Cina si sono riappacificati. Cosa ha a che fare questo con suddetto nuovo assetto? Tutta la parte dell'Asia centrale è fondamentale perché la politica estera inglese ha tenuto sotto scacco la zona per centinaia di anni affinché non si integrasse. I titoli dei giornali si concentrano sul fatto che l'India, a causa della nuova politica commerciale americana, viene spinta “tra le braccia” della Cina, non che essa viene allontanata dalla sfera d'influenza inglese ed europea. Anche qui, il piano degli USA è quello di spingere l'UE e la cricca di Davos a mettere in gioco i propri di capitali per ricostruire ciò che resterà della demolizione “controllata” del tessuto socio-economico che hanno avviato nel 2020 (sulla scia della decisione epocale degli Stati Uniti di ridimensionare il mercato degli eurodollari, per la precisione la leva finanziaria spropositata in esso).

Il gioco di estrarre ricchezza dal contribuente americano e ottenere “pasti finanziari gratis” con cui controllare capillarmente il mondo è finito: la Francia sta vedendo sbriciolarsi il suo impero in Africa centrale, la Germania è stata tagliata fuori dall'accesso a energia a basso costo per la sua industria, il Regno Unito sta perdendo il controllo sulle assicurazioni nel commercio navale e sui saldi nel mercato del Forex, ecc. Per la ricostruzione dell'Europa o la cricca di Davos mette sul tavolo i propri capitali stipati in banche offshore, oppure Russia-Cina-USA l'affamerà dal punto di vista dei finanziamenti tanto che non potrà far altro che ricorrere alla predazione dei risparmiatori europei... almeno inizialmente. Ecco perché sono importanti gli asset congelati russi per la stabilità dei bilanci europei. Finché la Lagarde rimarrà a capo della BCE sarà questo il piano: introdurre l'euro digitale e cambiare il modo in cui hanno sinora funzionato i mercati dei titoli sovrani europei per implementare l'integrazione fiscale e la nuova emissione degli stessi sotto il comando della Commissione europea.

I mercati, però, si stanno rivoltando contro l'idea di una Germania al centro dell'UE come evidenziano soprattutto i rendimenti dei titoli sovrani. Il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello italiano, ad esempio, adesso ammonta a 87. Questo significa che alla Meloni viene data la possibilità, se “ripulisce” Roma, di far diventare l'Italia il nuovo centro dell'Unione Europea; oppure di guidare il nuovo blocco del Mediterraneo che si staccherà dagli stati europei del Nord dividendo in due ciò che rimarrà dell'attuale UE.

La cricca di Davos, comunque, è composta da gente che non si da per vinta tanto facilmente. Ancora hanno operazioni sul suolo americano: Newsom è una di queste, Mamdani è un'altra. È una guerra che non finirà tanto presto, perché nel frattempo Trump sta usando la NATO come leva per stringere il cappio al collo di UE/UK. Adesso devono pagare se vogliono armi da inviare il quel buco nero chiamato Ucraina; così come Israele ha dovuto vedersela da solo quando ha attaccato l'Iran. Niente più pantani bellici per gli Stati Uniti in cui avrebbero speso enormi capitali solo per finanziare gli altri. E questa spero sia la miglior interpretazione di ciò che sta accadendo ora: Putin sta verificando se gli USA possono davvero tenere al guinzaglio l'UE, ricostruendo una fiducia andata persa a causa di tutte le macchinazioni nell'ombra ordite dallo Stato profondo americano.

Cina, Russia e Stati Uniti non saranno “grandi amiconi”, ma nemmeno nemici: saranno semplicemente quelle nazioni che rimodelleranno il mondo in quella che verrà ricordata come Yalta 2.0.


EFFETTI DI RETE E VALUTE

Nel campo monetario ognuno avrà il proprio sistema monetario e tale sistema sarà interoperabile. Non voglio essere qui colui che fa propaganda per altre crittovalute, ma non si può ignorare un fatto: Ripple sta emergendo come l'asset digitale da usare come mezzo di pagamento e mezzo per fornire liquidità. Ma quale sarà il collaterale? Titoli sovrani affidabili, oro, Bitcoin e altre commodity. Perché c'è questa frenesia intorno all'oro a livello di banche centrali? Perché oro e avanzo/disavanzo commerciale verranno tokenizzati a un certo punto, o attraverso una stablecoin ancorata al dollaro o attraverso Bitcoin. Per costruire un sistema del genere c'è bisogno di tempo. Perché Bitcoin ha vinto nel corso del tempo rispetto alla “concorrenza”? Effetto di rete. Perché il dollaro è la migliore valuta del mondo? Effetto di rete. Perché Tether è la stablecoin preferita per digitalizzare il dollaro a livello mondiale? Effetto di rete (400 milioni di utenti in tutto il mondo e in crescita). Qualunque sistema verrà scelto in Oriente (es. mBridge) e in Occidente essi saranno interoperabili.

Se i gold bug vogliono davvero che l'oro ritorni a essere centrale nell'attuale società, devono ficcarsi in testa che non si possono muovere centinaia di tonnellate d'oro. È per questo, tra gli altri motivi, per cui l'oro ha smesso di essere mezzo di pagamento ed è stato spostato, durante la Seconda guerra mondiale, dall'Europa agli Stati Uniti. Man mano che il mondo si sposta verso un sistema diverso, uno in cui le riserve saranno tokenizzate, la fiducia nei partner commerciali sarà determinata da cosa si deterrà in tali riserve. È, in sostanza, quello che stanno facendo adesso i cinesi: non stanno più riciclando i loro avanzi commerciali nei titoli sovrani americani, bensì in altre parti del mondo (es. comprano il nickel dall'Indonesia, ferro e carbone dall'Australia, ecc.). La Cina ha ancora una avanzo della bilancia commerciale nei confronti degli Stati Uniti, ma il suo peso nei titoli di stato americani detenuti all'estero è diminuito negli ultimi 3 anni. Dove stanno finendo quei soldi? Circolano nel resto del mondo, e più è interoperabile il sistema meno c'è bisogno di detenere riserve in valute locali... e una volta che la tokenizzazione degli asset farà il suo corso scompariranno anche le restanti frizioni che ancora si porta dietro il mondo analogico (spostare grandi capitali a livello digitale costa spiccioli).

Di nuovo, agli americani non interessa che il dollaro sia detenuto in riserva; interessa principalmente che il biglietto verde sia usato come mezzo di saldo principale nel commercio internazionale.

Bitcoin sarà collaterale, l'oro sarà collaterale, per il prestito locale e quello internazionale; entrambi saliranno di prezzo in relazione al valore nominale degli asset finanziari dove i flussi di denaro hanno imperversato per anni (es. mercato immobiliare, azionario, ecc.). Non credo che assisteremo a una deflazione dei prezzi di massa in questo sistema che si sta spostando verso una minore leva finanziaria come tutti si aspettano: gli hard asset saliranno in termini di prezzo nominale. Ora immaginate la loro inclusione nel circuito di Tether che sta integrando a più livelli gli asset del mondo reale: ciò farà lievitare anche i salari e quegli asset che da tempo immemore sono stati inseriti nelle scelte delle famiglie come “salvadanaio” (es. immobili). Infatti la possibilità di permettersi una casa è un guaio che le neonate famiglie si portano dietro da due decenni ed è qualcosa che si può risolvere o aumentando i salari, o aumentando il valore del collaterale a garanzia, o abbassando le tasse (Lutnick ha fatto sapere che uno degli obiettivi dell'attuale amministrazione è cancellare l'imposta sul reddito per coloro al di sotto dei $150.000 all'anno).


CONCLUSIONE

I mercati dei capitali rappresentano una sorta di pensiero orientato al futuro: a loro non importa del passato. Il meccanismo di prezzo dei mercati dei capitali è scontare il futuro. Quindi gli Stati Uniti mettono in ordine i loro bilanci fiscali e i soldi si muoveranno verso di essi. È una questione di domanda: chi ha gridato allo scandalo quando nella Big Beautiful Bill è stato alzato il tetto del debito non ha pensato al fatto che i $5.000 miliardi in più di titoli emessi verranno venduti e il deficit di bilancio sarà sempre più esiguo. Questa domanda arriverà sulla scia di un miglioramento delle condizioni fiscali, un rafforzamento dello Stato di diritto, un ridimensionamento dello Stato amministrativo, un abbassamento delle imposte sul reddito, uno snellimento delle normative burocratiche, un vantaggio competitivo per coloro che investiranno negli USA (detrazioni fiscali, niente dazi), ecc.

Siamo stati raggirati quando ci è stato fatto credere che quello che ci stiamo lasciando alle spalle è il migliore sistema economico di sempre. L'era del colonialismo tramite l'arbitraggio delle valute è al tramonto e sarà un mondo completamente diverso. I mercati dei metalli (oro, argento e rame principalmente) sono un indicatore potente a tal proposito, non solo il loro aumento di prezzo, ma anche la decentralizzazione delle borse valori di riferimento. Dopo il SOFR, che ha mandato in pensione i tassi d'interesse mondiali gestiti dalla City di Londra, il nuovo exchange di San Pietroburgo manderà in pensione la LBMA e la relativa manipolazione pluridecennale del mercato dell'oro fisico tramite quello sintetico. Il compito arduo che s'è sobbarcata l'amministrazione Trump è quello di smantellare la piovra della cricca di Davos mediante una determinazione dei prezzi genuina in ogni ambito economico.

È una cosa per cui rallegrarsi. Non il mondo perfetto, ma uno migliore in cui vivere e costruire.


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mercoledì 10 settembre 2025

L'UE è una zona di libero scambio?

Quello che più fa arrabbiare eurocrati e sodali/sicofanti al seguito, e causa travasi di bile senza senso sulle piattaforme pubbliche di ogni sorta, è il tappeto dei finanziamenti che è stato tolto da sotto i loro piedi. Con Biden era tutto impostato sul pilota automatico: la proliferazione della legislazione europea è stata accelerata spudoratamente in tale arco presidenziale, un “laissez-faire” in ottica predazione del potenziale industriale-tecnologico americano. Dopo Powell, che nel 2022 ha rappresentato uno spartiacque a livello finanziario, Trump lo ha rappresentato a livello fiscale/politico. E come quando lo “zio ricco” chiude i rubinetti dei soldi ai “nipoti nullafacenti”, questi ultimi si agitano sputando veleno nel piatto in cui mangiavano piuttosto che darsi da fare. Peggio, usano ogni mezzo a loro disposizione per tornare a godere di quel flusso di liquidità che faceva fare loro la “bella vita”. In questo contesto si inseriscono tutte le multe imposte alle Big Tech americane, l'uso a tutto campo del DSA/DMA, la retorica guerrafondaia dell'UE e, in ultima battuta, l'uso dello SWIFT come un'arma. Ecco quest'ultima è più subdola come ci ricorda “The Epoch Times”, visto che può rappresentare un terreno di disturbo alla pace che gli USA stanno perseguendo con sommo interesse da quando Trump ha preso la carica. Ma l'UE, nonostante la sua boria accumulata dopo 2+ decenni di vita seguendo la massima “vivere al massimo col minimo sforzo”, è obsoleta e sorpassata. Nel caso particolare lo SWIFT è sorpassato, soprattutto in ottica GUNIUS Act e Big Beaufitul Bill, leggi in sincronia che aprono le porte a innovazioni talmente “disrputive” a livello mondiale da passare (paradossalmente) inosservate. Oro, Tether, Bitcoin e, in minore battuta, Ripple (è un fatto che sia stata “benedetta” dall'attuale amministrazione americana) sono i cavalieri dell'apocalisse per i desideri di sopravvivenza della burocrazia europea. È un lento soffocare le prospettive di galleggiamento di una struttura farraginosa che non può far altro che affondare nel mare magnum della storia. D'altronde, lo “zio ricco” non è diventato tale per caso...

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di John Phelan

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lue-e-una-zona-di-libero-scambio)

Il 1° gennaio 1993 nacque il Mercato Unico Europeo. L'ottobre dell'anno precedente il Primo Ministro britannico, John Major, aveva auspicato “un mercato unico europeo di 330 milioni di persone [...]. Un mercato per i computer britannici, le automobili britanniche, le televisioni britanniche, i tessuti britannici, i servizi britannici, le competenze britanniche. La più grande area di libero scambio del mondo”.

Eliminando le barriere commerciali all'interno della Comunità Economica Europea, il Mercato Unico avrebbe stimolato il commercio, la crescita economica e, forse, l'integrazione politica. Queste speranze non si sono mai concretizzate.

Un rapporto del Fondo Monetario Internazionale di ottobre dell'anno scorso ha rilevato che, mentre il commercio intra-UE di beni è aumentato dall'11% al 24% del Prodotto interno lordo dell'Unione Europea tra il 1993 e il 2023, rispetto all'8%-15% del commercio extra-UE, il commercio intra-UE di servizi – che rappresenta il 72% del PIL dell'UE – è cresciuto esattamente allo stesso ritmo del commercio extra-UE. Infatti il commercio tra i Paesi dell'UE è meno della metà di quello tra gli Stati Uniti.

Come si spiega tutto questo? Come osserva Luis Garicano, ex-membro del Parlamento europeo nell'articolo Il mito del mercato unico: “L'FMI stima il costo nascosto degli scambi di beni all'interno dell'UE in un dazio del 45%. Per i servizi la cifra sale al 110%, superiore ai dazi imposti da Trump sulle importazioni cinesi nel ‘giorno della Liberazione’”.

“Il mercato unico che tutti pensavamo di avere è in gran parte un mito”, conclude Garicano, il quale fornisce tre ragioni per questo fallimento.

In primo luogo il principio del “riconoscimento reciproco”, il quale “afferma che tutto ciò che può essere venduto legalmente in un Paese dell'UE può essere venduto in tutti gli altri”, però “fallisce nella pratica”. Il principio “non è mai stato assoluto” e prosegue:

I trattati dell'UE [...] consentono ai Paesi di bloccare prodotti per motivi legittimi come la salute pubblica, la sicurezza, o la tutela dell'ambiente. Ma queste eccezioni avrebbero dovuto essere solo questo: eccezioni, non la regola. Il problema è il costo dell'applicazione della regola quando un Paese rivendica un'eccezione.

Tra i vari esempi:

Ogni prodotto venduto ai consumatori francesi deve recare il logo nazionale di riciclaggio “Triman” e istruzioni dettagliate per la raccolta differenziata specifiche per la Francia. Le lattine di vernice di AkzoNobel soddisfano pienamente le normative UE in materia di sostanze chimiche e di contatto con gli alimenti, ma una singola lattina di vernice deve comunque recare il logo di riciclaggio Triman francese, il “Punto Verde” spagnolo e il codice alfanumerico del materiale italiano. Lo spazio su una lattina da 1 litro è così limitato che l'azienda ora detiene scorte separate per Francia, Spagna e Italia.

In secondo luogo “le direttive UE non armonizzano la legislazione UE”.

“Ci sono due problemi”, scrive Garicano:

[...] in primo luogo, anziché sostituire le normative nazionali, le norme dell'UE si sovrappongono a esse. In secondo luogo, gli stati membri spesso adottano il cosiddetto “gold plating”, ovvero aggiungono ulteriori requisiti nazionali nell'attuazione delle direttive UE.

Il risultato è che, anche quando l'UE crea norme comuni (direttive o regolamenti volti ad armonizzare), spesso il risultato non è un vero mercato unico. Le nuove norme dell'UE spesso non sostituiscono quelle nazionali, ma creano invece ulteriori livelli di regolamentazione.

A titolo di esempio, propone il Regolamento generale sulla protezione dei dati:

[...] il che (nonostante si tratti di un regolamento) significa che abbiamo ancora autorità di regolamentazione a livello UE, nazionale e regionale. Nel gennaio 2022 l'autorità austriaca per la protezione dei dati ha stabilito che l'utilizzo di Google Analytics da parte di NetDoktor violava il GDPR e ha ordinato al sito di disattivare lo strumento, pena sanzioni. Poche settimane dopo l'autorità francese per la protezione dei dati (CNIL) ha emesso decisioni parallele contro tre siti web francesi, dichiarando nuovamente Google Analytics illegale e intimando a ciascun operatore di passare a un'alternativa ospitata nell'UE. Nel giugno 2022 l'autorità italiana (Garante della privacy) ha imposto lo stesso divieto a Caffeina Media, minacciando di sospendere i suoi flussi di dati verso gli Stati Uniti a meno che non avesse riprogrammato il suo stack di analisi entro novanta giorni. Un editore che opera nell'UE deve ora mantenere configurazioni di analisi separate per Austria, Francia e Italia, mentre lo stesso strumento rimane legale altrove. Il rapporto Draghi rileva che ci sono circa 90 leggi incentrate sulla tecnologia e più di 270 autorità di regolamentazione attive nelle reti digitali in tutti i Paesi dell'UE. Tanti saluti al mercato unico!

Infine “la Commissione europea non sta facendo il suo lavoro nel far rispettare il mercato unico”. “[Esplicitamente] incaricata di garantire l’applicazione dei trattati”, scrive Garicano, “nei dodici mesi fino a dicembre 2024, la Commissione ha aperto solo 173 nuovi casi, ovvero solo un quarto del volume gestito un decennio fa”.

“C'è un'evoluzione paradossale nel ruolo della Commissione”, osserva, “man mano che ha assunto funzioni aggiuntive in settori come l'edilizia abitativa, la difesa e la geopolitica (la prima Commissione von der Leyen si definiva una “commissione geopolitica”), si è ritirata dal suo compito principale di controllo del mercato unico”.

Un ottimista potrebbe dedurre che il problema qui non sia l'eccesso di UE, ma la sua carenza: il Mercato Unico non ha mantenuto le sue promesse perché non è sufficientemente “unico”. Un pessimista potrebbe osservare che, se ciò non avviene da oltre trent'anni, è improbabile che inizi a breve. È improbabile che un altro rapporto o una revisione corposa possano far muovere la bilancia.

Questa è una cattiva notizia per il successore di John Major, Kier Starmer. Con il suo governo in difficoltà a meno di un anno dall'insediamento, ha cercato un nuovo accordo con l'UE per migliorare le condizioni di accesso della Gran Bretagna al Mercato Unico.

Ma i servizi rappresentano una quota relativamente alta per quanto riguarda il 54% delle esportazioni britanniche rispetto al 33% degli Stati Uniti e ad appena il 31% dell'UE, e questo è esattamente il settore in cui il Mercato Unico è una finzione. Questo probabilmente spiega l'ostinato rifiuto dell'economia britannica di crollare in seguito alla Brexit: qualsiasi piccolo vantaggio possa derivare dall'essere bloccati in un Mercato Unico con un gruppo di economie inerti si riduce ulteriormente quando ci sono elevate barriere alla vendita delle proprie esportazioni principali – barriere che non sembrano destinate a scomparire tanto presto.

Se Starmer spera che le sue nuove condizioni di accesso alla “più grande area di libero scambio del mondo” compenseranno il danno economico causato dalle disastrose politiche fiscali del suo governo, è probabile che si sbagli. È un mito.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 8 settembre 2025

Le leggi dell'UE sul comparto tecnologico erigono una cortina di ferro digitale

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Cláudia Ascensão Nunes

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/le-leggi-dellue-sul-comparto-tecnologico)

Negli ultimi decenni l'Europa ha creato ben poco di realmente rilevante in termini di piattaforme tecnologiche, social network, sistemi operativi, o motori di ricerca. Al contrario, ha creato un ampio apparato normativo progettato per limitare e punire chi ha effettivamente innovato.

Invece di produrre alternative ai giganti tecnologici americani, l'UE ha scelto di soffocare quelle esistenti attraverso normative come il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA).

Il DSA mira a controllare i contenuti e il funzionamento interno delle piattaforme digitali, richiedendo la rapida rimozione dei contenuti ritenuti “inappropriati”, in quella che equivale a una forma moderna di censura, nonché la divulgazione del funzionamento degli algoritmi e restrizioni sulla pubblicità mirata. Il DMA, a sua volta, cerca di limitare il potere dei cosiddetti gatekeeper, costringendo aziende come Apple, Google, o Meta ad aprire i propri sistemi ai concorrenti, a evitare preferenze personali e a separare i flussi di dati tra i prodotti.

Queste due normative avranno un impatto maggiore sulle aziende tecnologiche statunitensi rispetto a qualsiasi legislazione nazionale, in quanto si tratta di norme emanate a Bruxelles ma applicate alle aziende americane in modo extraterritoriale. E vanno ben oltre le sanzioni: impongono modifiche strutturali alla progettazione di sistemi e funzionalità, qualcosa che nessuno stato dovrebbe imporre alle imprese private straniere.

Nell'aprile 2025 Meta è stata multata di €200 milioni ai sensi del Digital Markets Act per aver presumibilmente imposto un modello “consenso o pagamento” agli utenti europei di Facebook e Instagram, senza offrire una vera alternativa. Oltre alla multa è stata costretta a separare i flussi di dati tra le piattaforme, compromettendo così il sistema di pubblicità personalizzata che sostiene la sua redditività. Si è trattato di una palese interferenza nel suo modello di business.

Nello stesso mese Apple è stata multata di €500 milioni per aver impedito a piattaforme come Spotify di informare gli utenti su metodi di pagamento alternativi al di fuori dell'App store. L'azienda è stata costretta a rimuovere queste restrizioni, aprendo iOS ad App store esterni e sistemi di pagamento concorrenti. Ancora una volta, si è trattato di un'intrusione indesiderata e di un attacco diretto al modello basato sull'esclusività dell'ecosistema Apple.

Anche altre aziende come Amazon, Google, Microsoft e persino X sono sotto esame; quest'ultima è stata particolarmente colpita dalle norme DSA, essendo stata oggetto di un'indagine formale nel 2023 per presunta inosservanza delle norme sulla moderazione dei contenuti.

Le Big Tech, per loro stessa natura, rappresentano il bersaglio primario e mirato di questo nuovo quadro giuridico europeo. Queste aziende operano su scala globale, si basano su modelli di business incentrati sulla raccolta e la monetizzazione dei dati, integrano verticalmente più livelli dell'ecosistema digitale e detengono posizioni dominanti in settori chiave come i motori di ricerca, i social network e i sistemi operativi.

Con circa 450 milioni di consumatori e un elevato potere d'acquisto a livello digitale, l'UE è il secondo mercato più grande al mondo in tale settore. Per le Big Tech lasciare l'Europa non è un'opzione ed è proprio da qui che Bruxelles trae il suo potere: imponendo regole rigide, impone cambiamenti a livello globale, poiché mantenere diverse versioni di un prodotto per ogni regione è costoso e tecnicamente irrealizzabile. In questo modo, l'Unione Europea diventa di fatto un legislatore mondiale, esportando la sua visione normativa al resto del mondo.

Pur vivendo in realtà istituzionali diverse, europei e americani condividono valori fondamentali: libertà individuale, iniziativa privata e innovazione aperta. È in nome di questi valori che devono ora percorrere un percorso comune di resistenza a questa eccessiva regolamentazione, riaffermando un'alleanza transatlantica in difesa dell'innovazione, della sovranità digitale e della libertà stessa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 2 settembre 2025

La nuova economia di guerra europea: dal collasso verde al keynesismo militare

E come ogni economia di guerra che si rispetti, la censura è un'arma che viene impiegata per imporre conformismo e serrare i ranghi. Ormai è difficile che non venga notato ovunque, soprattutto perché i costi di questa campagna continuano a lievitare e senza una fonte di denaro facile con cui finanziarla l'UE crollerà sotto il peso delle sue contraddizioni. Il Digital Markets Act (DMA) è diventato il fulcro della disputa transatlantica. Donald Trump insiste per avere voce in capitolo nell'interpretazione delle norme che, come il DSA, colpiscono principalmente le piattaforme di comunicazione statunitensi dominanti (es. X e Meta). In sostanza, Bruxelles mira a far rispettare le sue linee di politica di censura proprio su quelle piattaforme che stanno diventando sempre più importanti per il dibattito pubblico. Mascherato nella formula “incitamento all'odio”, lo spazio della comunicazione digitale deve essere sottoposto al controllo della censura pubblica. Bruxelles ha notato che le contro-narrazioni che prendono di mira l'eco-autoritarismo si stanno formando principalmente su queste piattaforme e mettono sempre più a nudo il funzionamento e gli obiettivi dell'apparato di potere dell'UE. Per garantire la propria politica di censura, Ursula von der Leyen e il suo apparato burocratico a Bruxelles accettano di buon grado che, alla fine, siano le aziende e i consumatori europei a pagare il prezzo della mania di controllo dell'UE attraverso dazi più elevati. Gli Stati Uniti manterranno l'attuale regime tariffario fino a quando non verrà raggiunto un accordo sulla gestione della politica di censura europea. La posizione intransigente di Washington fa sperare che Bruxelles subirà un duro colpo nel suo tentativo di instaurare una dittatura digitale.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-nuova-economia-di-guerra-europea)

Mentre la pseudo-economia verde trascina l'economia in generale nel baratro, due terzi dei tedeschi si dichiarano soddisfatti delle energie rinnovabili o addirittura ne auspicano una più rapida espansione. Nel frattempo la costruzione di un'economia di guerra europea segna la fase successiva dell'attuale impoverimento dell'Europa.

La strategia economica più popolare e allo stesso tempo più distruttiva rimane l'interpretazione moderna del keynesismo. Con la sua visione semplicistica dell'attività economica, l'economista britannico John Maynard Keynes ha consegnato ai politici del dopoguerra una cassetta degli attrezzi che in seguito hanno distorto in una “soluzione” universale per ogni crisi economica. La versione condensata recita come segue: quasi ogni recessione deriva da un deficit di domanda da parte dei consumatori. Il compito dello stato, quindi, è quello di creare credito artificiale per colmare questo divario di domanda.


Ricetta per l'espansione burocratica

Tassi d'interesse più bassi, stampa di credito e, come dice la favoletta, l'economia decolla. In realtà ciò che rimane è una montagna di debito pubblico, una burocrazia in crescita, mercati finanziari distorti e una produttività in calo. Questi sono fatti economici, facilmente verificabili anche dai non economisti. La prosperità nasce da uno stock di capitale in crescita che soddisfa la domanda dei consumatori in modo efficiente e preciso con più beni e servizi.

La politica keynesiana si è rivelata disastrosa per l'Europa, perché offre ai politici una scusa permanente per espandere la propria influenza, costruire burocrazia e manipolare i mercati. Istituzioni politiche come la Commissione Europea, la maggior parte dei partiti europei e i governi degli stati membri operano quasi esclusivamente in questo modo.


Il Green Deal

È con questo spirito che è nato il Green Deal: una pseudo-economia mascherata da “trasformazione verde” e spacciata per un contributo alla salvezza del pianeta. In realtà si tratta di un congegno mostruoso, una risposta grottesca alla dipendenza energetica dell'Europa che ogni anno divora porzioni sempre più grandi dell'economia solo per mantenere in funzione la sua smisurata macchina dei sussidi.

Solo nel 2024 la Germania ha versato in questa macchina tra i €90 e i €100 miliardi. Il governo federale tedesco ha erogato €58 miliardi, mentre la Banca europea per gli investimenti ha aggiunto €8,6 miliardi in nuovi prestiti, il programma InvestEU €9,1 miliardi e i Fondi per l'innovazione e l'ambiente dell'UE circa €20 miliardi. Senza questo flusso costante di finanziamenti, l'economia zombie crollerebbe. A dimostrazione di ciò, il governo tedesco ha incanalato altri €100 miliardi di debito – mascherati da “fondo speciale” – nella macchina dei sussidi verdi, sempre più affamata.

Le pseudo-economie sopravvivono solo grazie a nuove iniezioni di capitale, andando continuamente contro la domanda del mercato. Le tensioni interne aumentano fino a rendere inevitabile il collasso. Il Green Deal ha intrappolato l'Europa proprio in questa spirale mortale.


Le ricadute

La Germania è ora al terzo anno di recessione e registra un numero record di fallimenti aziendali. Allo stesso tempo il governo ha creato mezzo milione di posti di lavoro nel settore pubblico in soli sei anni, mentre 1,2 milioni di posti di lavoro nel settore privato sono scomparsi. Combinato con l'immigrazione incontrollata, il risultato è una pressione estrema sul sistema di welfare tedesco.

La politica si è ritirata in una posizione puramente difensiva: lo Stato sociale funge da bacino di raccolta per centinaia di migliaia di persone che perdono i propri mezzi di sussistenza, mentre il settore privato crolla sotto il peso dei costi energetici e dei sussidi.

La diagnosi è chiara: il Green Deal è un vicolo cieco. Ogni euro speso esclude i mercati dei capitali privati, alloca male le risorse e incatena i lavoratori nei settori improduttivi. Il contrasto con l'Argentina è sorprendente: lì il presidente Milei ha tagliato la quota di PIL dello stato di sei punti percentuali e ha innescato un boom economico con una crescita del 7,7%.


La trasformazione richiede dolore

L'unica via d'uscita per l'Europa è accettare una dolorosa fase di trasformazione, ridimensionare lo stato e abbandonare le sue fantasie ecologiste. Una politica energetica razionale significa energia nucleare e reintegrazione delle forniture energetiche russe.

Eppure l'opinione pubblica racconta una storia diversa: il 64% dei tedeschi è soddisfatto delle energie rinnovabili, o ne vorrebbe di più. Anni di propaganda statale hanno cancellato il legame tra sussidi verdi e collasso economico. La narrazione del cambiamento climatico, moralizzata e trasformata in un'arma, si è radicata nella coscienza pubblica.

Le energie rinnovabili possono avere il loro posto, ma solo in mercati liberi, senza coercizioni o imposizioni. L'economia verde zombi non è mai riuscita a rilanciare la crescita dell'Europa. È tempo di affrontare la realtà e abbattere questa struttura prima che si possa costruire qualcosa di nuovo.


Il prossimo tentativo

Ma l'Europa non mostra segni di cambiamento di rotta. La burocrazia è diventata troppo grande per smantellarsi da sola. Da Berlino a Bruxelles, i leader trattano l'esodo industriale come una serie di sfortunati incidenti piuttosto che come il risultato diretto delle loro linee di politica. L'accogliente tavola rotonda “Made for Germany” tra Friedrich Merz e gli amministratori delegati del DAX ha confermato il sospetto di collusione tra aziende e statalismo.

Dopo aver fallito con il Green Deal, i politici europei stanno ora sperimentando una nuova pseudo-economia: un complesso militare-industriale alimentato dal debito. Secondo uno studio di Ernst & Young, le aziende tedesche del DAX hanno tagliato 30.000 posti di lavoro nella prima metà del 2025, ad eccezione delle aziende appaltatrici della difesa Rheinmetall e MTU Aero Engines, che hanno aumentato l'organico rispettivamente del 17% e del 7%.

Il piano dell'UE: entro il 2035, metà di tutti i beni di difesa europei – dall'artiglieria alla difesa informatica alle munizioni di precisione – saranno prodotti all'interno dell'Unione, creando fino a 660.000 posti di lavoro. Tutto ciò sarà finanziato non solo dall'aumento dei bilanci nazionali per la difesa, ma anche da programmi UE come ReARM Europe e SAFE, che genereranno centinaia di miliardi di nuovo debito.


Occhi ben chiusi

Bruxelles prevede di mobilitare ulteriori €800 miliardi in spese per la difesa entro il 2030. Eppure nessun settore è più lontano dalla domanda reale dei consumatori dell'industria bellica. Questa è la pseudo-economia keynesiana nella sua forma più estrema: guadagnare tempo con il debito, affamando al contempo i mercati dei capitali privati.

L'ascesa della lobby della difesa come nuova beniamina di Bruxelles alimenterà la corruzione, acuirà il divario tra le strutture parassitarie dell'UE e le forze produttive in contrazione, e consoliderà il clientelismo corporativo come sistema operativo dell'UE. Lo scandalo degli SMS con Pfizer della von der Leyen rimane il simbolo più calzante di questa macchina orrenda di Bruxelles.

In definitiva, l'economia europea non ha né le risorse né la tecnologia per realizzare il sogno di un'UE militarizzata. È una tragica replica del Green Deal: alimentata dalla propaganda, alimentata dal debito e destinata al collasso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 27 agosto 2025

“Tirannia sotto mentite spoglie”: la democrazia sopravviverà in Europa?

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Guy Milliére

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/tirannia-sotto-mentite-spoglie-la)

14 febbraio 2025. Il vicepresidente degli Stati Uniti, J. D. Vance, tiene un discorso in Germania alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.

Il pubblico si aspetta che parli di politica estera, geopolitica e minacce che gravano sul mondo.

Afferma invece che la minaccia più preoccupante oggi è “la minaccia interna, il ritiro dell'Europa da alcuni dei suoi valori più fondamentali”.

Aggiunge che i Paesi e le istituzioni europee stanno minando la democrazia e la libertà di parola, e ne fornisce degli esempi.

“Un ex-commissario europeo”, afferma Vance, “è apparso di recente in televisione e si è detto entusiasta del fatto che il governo rumeno avesse appena annullato un'intera elezione”.

Infatti Thierry Breton, ex-commissario europeo per il mercato interno, ha ammesso in un'intervista per un'emittente televisiva francese che la Corte costituzionale rumena si è piegata alle pressioni dell'UE e ha annullato le elezioni presidenziali del Paese perché il candidato di destra, Călin Georgescu, aveva buone probabilità di vincere. “Lo abbiamo fatto in Romania”, ha detto Breton, “e ovviamente dovremo farlo, se necessario, anche in Germania”.

Il 26 febbraio, quando Georgescu si è presentato per registrarsi come candidato per la ripetizione delle elezioni presidenziali, organizzata pochi mesi dopo le elezioni annullate, è stato arrestato dalla polizia e accusato di “tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale”. Ad oggi le autorità rumene non hanno fornito  alcuna prova a sostegno di tale accusa.

“La stessa cosa potrebbe accadere anche in Germania”, ha affermato Vance nel suo discorso di Monaco.

Il partito di destra Alternativa per la Germania (AfD), che ha partecipato alle elezioni parlamentari tedesche del 23 febbraio, è arrivato secondo con il 20,8% dei voti. L'Unione Cristiano-Democratica (CDU), di centro-destra, che ha ottenuto la maggioranza dei voti (28,5%), ha invece scelto di boicottare AfD e di formare un governo con il Partito Socialdemocratico (SPD), di centro-sinistra, che aveva formato il precedente governo e che i tedeschi avevano appena respinto, ottenendo solo il 16,4% dei voti.

Il nuovo cancelliere tedesco, il leader della CDU Friedrich Merz, aveva dichiarato durante la campagna elettorale: “Non collaboreremo con il partito che si definisce Alternativa per la Germania, né prima [delle elezioni], né dopo, mai”.

Merz ha mantenuto la parola data. Subito dopo le elezioni l'intelligence interna tedesca ha definito AfD “organizzazione estremista” e “minaccia per la democrazia”. La motivazione addotta è stata che AfD è “anti-immigrazione e anti-musulmana”. Potrebbe addirittura essere messa al bando dal governo.

Vance ha continuato:

Guardo a Bruxelles, dove i commissari dell'UE avvertono i cittadini che intendono chiudere i social media in periodi di disordini civili, nel momento in cui individuano ciò che ritengono essere un “contenuto d'odio”.

Infatti, nel 2022, l'Unione Europea ha adottato il Digital Services Act (DSA) che dovrebbe “proteggere i diritti degli utenti dei social media” e “fornire un ambiente online più sicuro” “limitando la diffusione di  contenuti illegali e dannosi”. Non è stato definito cosa costituisca “contenuto illegale e dannoso” e potrebbe essere qualsiasi cosa la Commissione Europea definisca come tale, insieme al diritto di imporre multe e chiudere i siti web.

Sebbene le affermazioni di Vance fossero inconfutabili, i funzionari presenti hanno immediatamente espresso il loro sgomento.

L'ex-cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha affermato che le osservazioni di Vance “non erano appropriate”,  aggiungendo:

Mai più fascismo, mai più razzismo, mai più guerra d'aggressione [...]. Le democrazie odierne in Germania e in Europa si fondano sulla consapevolezza storica che le democrazie possono essere distrutte da antidemocratici radicali [...] abbiamo creato istituzioni che garantiscono che le nostre democrazie possano difendersi dai loro nemici e regole che non restringono o limitano la nostra libertà, ma la proteggono.

Il Ministro degli esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha dichiarato che “la libertà di parola è garantita in Europa”.

Il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha osservato:

Nel Regno Unito abbiamo avuto libertà di parola per moltissimo tempo e durerà per moltissimo tempo [...] per quanto riguarda la libertà di parola nel Regno Unito ne sono davvero orgoglioso.

Christoph Heusgen, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, al termine della stessa  ha affermato che le osservazioni di Vance avevano raffigurato l'Europa come “un incubo a occhi aperti [...]. Dobbiamo temere che la nostra base comune di valori non sia più comune”. Poi è scoppiato a piangere.

È possibile che la “base comune di valori” che un tempo legava Europa e Stati Uniti non sia più comune. Se ciò è vero, è per le ragioni elencate da Vance: i leader e i governi europei si sono allontanati da ciò che un tempo legava Europa e Stati Uniti, come la libertà di parola e le elezioni libere ed eque, i cui risultati vengono effettivamente sanciti ad hoc.

L'argomentazione di Scholz sul fascismo, il razzismo e la minaccia alla democrazia è infondata, se non addirittura un'inversione dei fatti. Georgescu non ha rilasciato dichiarazioni fasciste o razziste e non ha mai minacciato la democrazia. Al contrario, ha affermato la sua volontà di difendere la sovranità nazionale e la civiltà occidentale, e si è dichiarato vicino alle posizioni dell'amministrazione Trump che non sono né fasciste né razziste.

Nel 2018 il politico dell'AfD, Alexander Gauland, affermò che “Hitler e i nazisti sono solo un granello di polvere in più di 1.000 anni di storia tedesca”.

Nel 2017 Björn Höcke, leader dell'AfD nel Land tedesco della Turingia, definì il Memoriale dell'Olocausto di Berlino un “memoriale della vergogna”.

Ma le parole di Gauland e Höcke non rappresentano la linea del partito AfD. Gauland chiarì le sue osservazioni solo pochi giorni dopo, affermando:

Molti hanno visto l'espressione come una banalizzazione inappropriata [...] niente potrebbe essere più lontano dalla realtà e mi rammarico si sia creata una simile impressione [...]. Mi rammarico dell'impressione che ne è derivata. Non è mai stata mia intenzione banalizzare o deridere le vittime di quel sistema criminale.

La motivazione fornita dall'intelligence interna tedesca per definire l'AfD come “organizzazione estremista” non è né fascismo né razzismo. Infatti nessun leader dell'AfD sostiene posizioni fasciste o razziste e, ciò che in realtà potrebbe risultare discutibile per molti europei, è che l'AfD è “il partito più filo-israeliano e filo-semita” in Germania.

“Questa non è democrazia”, ha affermato il Segretario di Stato Marco Rubio a proposito della decisione dell'agenzia di intelligence interna tedesca, “è tirannia mascherata”.

Ironia della sorte negli Stati Uniti il Comitato Nazionale Democratico (DNC) ha annullato l'elezione di David Hogg e Malcolm Kenyatta come vicepresidenti del DNC, apparentemente per “motivi procedurali”. Dopo la sua elezione Hogg ha dichiarato di voler raccogliere fondi per sostenere gli sfidanti alle primarie dei democratici in carica. A giugno il DNC prenderà  in considerazione una ripetizione delle elezioni, presumibilmente nella speranza di ottenere un risultato predeterminato. Nel frattempo molti democratici criticano senza sosta il Partito Repubblicano per “aver distrutto la democrazia”.

Contrariamente a quanto affermato dal ministro degli Esteri francese, la libertà di parola è in declino in Europa, in particolare in Francia. L'ex-giornalista e candidato alla presidenza, Éric Zemmour, è stato  condannato innumerevoli volte e multato pesantemente per aver criticato l'Islam e l'immigrazione musulmana. La sua condanna più recente è stata emessa il 26 marzo 2025. Dopo l'omicidio di un giovane francese da parte di una banda di musulmani, Zemmour ha parlato della presenza in Francia di criminali che sono “feccia arabo-musulmana”. È stato riconosciuto colpevole di aver pronunciato un “insulto razzista”.

Nel 2014 lo scrittore Renaud Camus è stato condannato per incitamento all'odio per aver affermato che la Francia era stata “invasa” da immigrati musulmani.

Il canale televisivo francese C8 è stato chiuso dall'Autorità di regolamentazione dell'audiovisivo e della comunicazione digitale (Arcom) per “mancanza di diversità e pluralismo”. CNews, un altro canale televisivo francese, è stato multato pesantemente dall'Arcom per lo stesso “reato” e continua a rischiare la chiusura. Qualsiasi canale televisivo simile all'americana Fox News non sarebbe autorizzato a esistere in Francia.

La libertà di parola nel Regno Unito, contrariamente a quanto affermato da Starmer, è seriamente in pericolo. Negli ultimi mesi cittadini britannici sono stati condannati al carcere per aver pubblicato  messaggi critici nei confronti dell'Islam sui social media e persino per aver pregato vicino a una clinica per l'aborto.

Questa deriva antidemocratica ha preso piede in diversi Paesi europei. Politici e partiti che non condividono la visione del mondo dei funzionari al potere vengono sempre più esclusi da ogni possibilità di candidarsi a una carica ufficiale.

In Germania, come detto, Merz ha scelto di escludere l'AfD.

In Francia Marine Le Pen, che secondo i sondaggi è in testa alle elezioni presidenziali del 2027, è stata  condannata a cinque anni di ineleggibilità e quattro anni di carcere per presunta appropriazione indebita di fondi pubblici. La sentenza avrebbe dovuto entrare in vigore immediatamente, senza una sospensione temporanea della condanna in attesa dell'appello. Dopo che la decisione ha suscitato scandalo, la Corte d'Appello di Parigi ha dichiarato che avrebbe esaminato il caso e avrebbe emesso una sentenza definitiva nell'estate del 2026.

La Le Pen non si è appropriata indebitamente di fondi pubblici. Il giudice ha definito reato il fatto che gli assistenti dei deputati europei di Rassemblement National che lavoravano a Strasburgo lavorassero anche a Parigi per il partito. Il Movimento Democratico, un partito centrista guidato dal Primo Ministro francese François Bayrou, ha fatto esattamente la stessa cosa con gli assistenti dei suoi deputati europei, ma Bayrou è stato assolto.

Nei Paesi Bassi, quando il Partito per la Libertà (PVV) ha vinto con la maggioranza dei voti alle elezioni parlamentari del novembre 2023 e il suo leader, Geert Wilders, ha tentato di formare un governo, tutti gli altri partiti politici hanno unito le forze per impedirglielo, finché non è stato costretto a ritirarsi.

In Austria, nel settembre 2024, il Partito della Libertà d'Austria (FPÖ) ha vinto con la maggioranza dei voti alle elezioni parlamentari e al suo leader, Herbert Kickl, è stato impedito di formare un governo.

In Italia, invece, quando Fratelli d'Italia (FdI) – un partito con politiche simili a quelle di Rassemblement National, del PVV olandese e dell'FPÖ austriaco – ha vinto alle elezioni parlamentari italiane del 2022, la sua leader, Giorgia Meloni, è riuscita a formare un governo ed è ora Primo ministro. Il motivo? FdI faceva parte di un'alleanza con altri partiti di centro-destra. Ora la Meloni è l'unico politico etichettato in modo sprezzante dai media generalisti europei come “estrema destra” e in grado di godere del risultato della sua elezione.

La maggior parte dei leader europei oggi si riferisce ai partiti e ai politici che desidera escludere come “estrema destra”. Il termine è usato per riferirsi a partiti razzisti, xenofobi e autoritari. Nessuno di quelli sopra menzionati mostra la minima tendenza al razzismo, alla xenofobia e all'autoritarismo, nemmeno la metà di quanto facciano i loro avversari. I partiti estromessi, secondo lo storico e scrittore Daniel Pipes, non sono “nazionalisti”, ma patriottici, “difensivi, non aggressivi”. Pipes li descrive come “civilizzazionisti”:

Hanno a cuore la cultura tradizionale dell'Europa e dell'Occidente, e vogliono difenderla dagli attacchi degli immigrati aiutati dalla sinistra [...]. I partiti civilizzatori sono populisti, anti-immigrazione e anti-islamizzazione. Populista significa nutrire rancori contro il sistema e nutrire sospetti nei confronti di un'élite che ignora o denigra tali preoccupazioni.

Gli attacchi alla libertà di parola prendono di mira dichiarazioni che avvertono che un'immigrazione di massa e non controllata potrebbe portare a una “grande sostituzione” demografica degli europei nativi, i cui valori sono giudaico-cristiani, con migranti provenienti dal Medio Oriente, i cui valori sono fondamentalmente islamici. La generale apprensione circa la possibilità che i valori islamici finiscano per sopraffare quelli europei è un'opinione condannata dalla maggior parte dei politici, dei media e della magistratura in Europa, nonostante il tasso di natalità musulmano sia di gran lunga superiore a quello europeo. Questa apprensione deriva anche dal fatto che la maggior parte dei musulmani che vive in Europa non si integra né sembra desiderarlo, e che la percentuale di musulmani tra i criminali in Europa oggi è di gran lunga superiore alla loro quota nella popolazione generale.

Molti leader europei oggi sembrano ciechi di fronte alle conseguenze dell'immigrazione in continua crescita e della crescente presenza musulmana in Europa. Minimizzano la continua migrazione di massa dei musulmani, l'entusiastico tasso di natalità e rimangono ostinatamente sordi di fronte alle preoccupazioni espresse a gran voce dai loro cittadini non musulmani.

Questi leader sembrano rifiutarsi di vedere che è in atto un profondo cambiamento demografico, sebbene sia ampiamente visibile. Sembrano anche rifiutarsi di vedere che questo cambiamento demografico sta rapidamente erodendo le culture tradizionali europee.

L'immigrazione incontrollata dal mondo musulmano continua anno dopo anno in tutta l'Europa occidentale, mentre il tasso di natalità in Germania è di 1,35 per donna. Il dato per l'Austria è di 1,58; per  l'Italia è di 1,31; per la Spagna è di 1,41. Il dato per la Francia è di 1,85. Tutti questi valori sono significativamente lontani dal livello di sostituzione, che è di 2,1 per donna.

In tutti i Paesi dell'Europa occidentale il tasso di natalità dei musulmani è significativamente più alto rispetto a quello della popolazione generale.

Anche se molti europei non sono a conoscenza dei dati statistici, possono vedere con i loro occhi che è in atto un cambiamento demografico, insieme alla distruzione dei loro valori e delle loro tradizioni. Votare per i partiti “civilizzazionisti”, ha detto Zemmour, è la “reazione di persone che non vogliono morire”.

La domanda chiave per il futuro dell'Europa è: i partiti “civilizzazionisti” rimarranno esclusi da qualsiasi accesso al potere, o riusciranno a superare gli ostacoli che si frappongono sul loro cammino?

In Romania George Simion, candidato alla presidenza le cui idee sono vicine a quelle di Georgescu, ha ottenuto oltre il 40% dei voti al primo turno delle elezioni presidenziali e aveva ottime possibilità di essere eletto il 18 maggio. Inaspettatamente ha perso. Il vincitore, che godeva del pieno sostegno dell'Unione Europea, è passato dal 21% al primo turno al 53,6% al secondo turno, una performance straordinaria che probabilmente merita di essere analizzata.

In Germania AfD è ormai diventato il partito più popolare del Paese. L'agenzia di intelligence tedesca ha misteriosamente deciso di ritirare l'etichetta di estremista attribuita ad AfD. In Francia i sondaggi mostrano che se Marine Le Pen non potrà candidarsi, Jordan Bardella, il presidente di Rassemblement National, ha buone probabilità di essere eletto nel 2027 nonostante abbia solo 29 anni. Nel Regno Unito il partito Reform UK di Nigel Farage ha di recente ottenuto ampi consensi alle elezioni locali inglesi. Se le elezioni generali britanniche si tenessero presto, probabilmente vincerebbe.

La domanda al centro di queste questioni è: è possibile fermare la deriva antidemocratica che ha attanagliato diversi grandi Paesi europei?

“Le élite europee”, ha scritto il giornalista americano Michael Barone, “sembrano essersi convinte di dover distruggere la democrazia per salvarla”.

Sarà possibile salvare la democrazia in Europa?

In un recente articolo Heather Mac Donald, membro del Manhattan Institute, ha scritto:

In tutto l'Occidente i cittadini si stanno ribellando al ricambio demografico. È in corso una battaglia tra la loro volontà e quella delle élite. Se i leader tedeschi continuano a dire a un quarto della popolazione tedesca – individui perbene e rispettosi della legge – che sono, nella migliore delle ipotesi, sostenitori di Hitler e, nella peggiore, adoratori di Hitler, perché vogliono preservare l'identità culturale tedesca, se questi leader continuano a reprimere voci e voti, o ci sarà un enorme sconvolgimento nei palazzi del potere e il popolo verrà liberato, oppure i meccanismi di repressione diventeranno più radicali.

Gli americani dovrebbero sperare nella prima soluzione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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