venerdì 28 novembre 2014

Le politiche delle banche centrali e la possibilità di diventare insolventi

La pubblicazione di oggi è un esame approfondito di come e se le banche centrali possono diventare insolventi, senza tralasciare le eventuali conseguenze. Shostak, Howden e Murphy sono gli autori che si alternano in questo post. E ora che il programma di QE negli Stati Uniti è ufficialmente in "pausa", il Giappone e l'Europa stanno prendendo il sopravvento. Le principali banche centrali mondiali si stanno sincronizzando per darsi il cambio nel ruolo di "stampatori folli". Il feticcio è quello deflazione (uno spauracchio INESISTENTE, tra l'altro), con il quale si sta alimentando una bomba ad orologeria devastante. Ad ogni modo, finirà male.
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di Frank Shostak


La Federal Reserve può continuare a stimolare l'economia degli Stati Uniti perché l'inflazione è una minaccia incombente, questo è quanto ha detto il presidente della Federal Reserve Bank di Minneapolis, Kocherlakota. "Mi aspetto un tasso di inflazione al di sotto del 2% nei prossimi quattro anni, fino al 2018. Ciò significa che c'è più spazio per una politica monetaria allentata in modo da stimolare la domanda senza incappare nell'insidia di generare troppa inflazione."

Il tasso annuo di crescita dei prezzi al consumo (ICP) si è attestato all'1.7% ad agosto, rispetto al 2% di luglio. Secondo la nostra stima, il tasso annuale di crescita dell'ICP potrebbe chiudere all'1.4% a dicembre. Entro dicembre del prossimo anno prevediamo un tasso annuo di crescita dello 0.6%.




La Domanda Crea Più Offerta?

Il presidente della FED di Minneapolis sostiene che un aumento della domanda di beni e servizi mediante un pompaggio monetario aggiuntivo, possa rafforzare la crescita economica. Ritiene che attraverso il rafforzamento della domanda di beni e servizi, la loro produzione subirà un netto miglioramento. Ma perché?

Se per mezzo di un pompaggio monetario si può rafforzare la crescita economica, allora ciò implica che per mezzo del pompaggio monetario è possibile creare ricchezza reale e generare una prosperità economica eterna.

Ciò significherebbe anche che la povertà in tutto il mondo sarebbe dovuta sparire molto tempo fa, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei paesi ha banche centrali che possiedono l'abilità di pompare denaro. Eppure la povertà nel mondo persiste ancora.

Nonostante il massiccio pompaggio monetario sin dal 2008 e il tasso di interesse intorno allo zero, i responsabili della FED sembrano infelici della cosiddetta ripresa economica. Si noti che il bilancio della FED, che si attestava a $0.86 bilioni nel gennaio 2007, è salito a $4.4 bilioni a settembre di quest'anno – un pompaggio monetario di quasi $4 bilioni.




La Produzione Precede la Domanda

Suggeriamo che non esiste una categoria indipendente chiamata domanda. Prima che un individuo possa esercitare la sua domanda per beni e servizi, lui/lei deve produrre altri beni e servizi utili. Una volta che questi beni e servizi vengono prodotti, gli individui possono esercitare la loro domanda per i prodotti che desiderano. Questo risultato è ottenuto attraverso lo scambio tra cose prodotte e denaro, che a sua volta può essere scambiato per altri beni. Si noti che il denaro serve come mezzo di scambio – non produce assolutamente nulla. Permette lo scambio di qualcosa con qualcos'altro. Qualsiasi politica che si traduce in pompaggio monetario, porta ad uno scambio di niente per qualcosa. Ciò equivale ad un indebolimento del bacino della ricchezza reale – e quindi prospettive ridotte per l'espansione di questo bacino.

Per stimolare la crescita economica – la produzione di ricchezza reale – è necessario rimuovere tutti quei fattori che indeboliscono il processo di generazione di ricchezza. Uno dei principali fattori negativi che indeboliscono la generazione di ricchezza reale è la politica monetaria espansiva della banca centrale, la quale aumenta la domanda senza una previa produzione di ricchezza. (Una volta che viene arrestata la creazione di denaro dal "nulla", si ferma la deviazione di risorse dai produttori di ricchezza reale verso attività non produttive. Ciò lascia più finanziamenti reali nelle mani dei produttori di ricchezza – consentendo loro di rafforzare il processo di generazione di ricchezza, cioè permette loro di far crescere l'economia.)



La Domanda Stimolata Artificialmente Distrugge la Ricchezza

Il rafforzamento artificiale della domanda mediante il pompaggio monetario, porta alla deplezione del bacino della ricchezza reale. Significa aumentare il numero di individui che attingono dal bacino della ricchezza reale senza che essi aggiungano nulla in cambio – un impoverimento economico.

Più a lungo dura la politica allentata della FED, più diventa difficile per i produttori di ricchezza creare ricchezza reale e impedire un restringimento del bacino della ricchezza reale.

Infine, il fatto che il tasso annuale di crescita dell'ICP sia in declino non significa che il pompaggio monetario della FED sarà innocuo. Indipendentemente dall'inflazione dei prezzi, il pompaggio monetario rappresenta uno scambio di niente per qualcosa (cioè, un impoverimento economico).


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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di David Howden


Le autorità monetarie centrali godono di una posizione privilegiata nel sistema monetario. Le persone tendono a considerare gli economisti e i politici in queste istituzioni come dei semidei; individui che se in possesso di abbastanza risorse, possono garantire che l'economia continui su un sentiero di costante progresso economico. Tuttavia, a differenza dei semidei greci di un tempo, i banchieri centrali di oggi sono comuni mortali che devono lavorare entro i confini e i vincoli dell'istituzione che dirigono.

Mentre sfoderano un'aura di invincibilità, la verità è che l'efficacia delle loro politiche ha dei limiti severi.

Di norma una banca centrale persegue l'obiettivo della stabilità dei prezzi regolando l'offerta di moneta per alterare indirettamente il tasso di sconto, rendendo, di conseguenza, i prestiti più o meno attraenti. La recente crisi richiama l'attenzione su una funzione secondaria di queste banche — vale a dire, come prestatori di ultima istanza.

Dopo il crollo della Lehman Brothers nel settembre 2008, le banche centrali di tutto il mondo sono intervenute in uno sforzo congiunto per scambiare asset deteriorati e illiquidi del settore bancario privato con debito pubblico di qualità superiore. Mentre questo processo procede senza ostacoli nelle sue fasi iniziali, le banche centrali si ritrovano ben presto con un bilancio in carenza di debito di qualità superiore da scambiare. L'unico strumento rimasto loro per combattere la crisi di liquidità è stata un'espansione quantitativa — aumentare l'offerta di moneta e quindi mettere nuova liquidità a disposizione del sistema bancario per ripianare le sue passività.

Grazie a questa espansione qualitativa, le banche centrali sono state in grado di salvare i sistemi bancari interni che erano pesantemente indebitati in valuta nazionale. Tuttavia altre economie che facevano affidamento su finanziamenti esteri non sono state altrettanto fortunate. L'insolvenza della Banca Centrale d'Islanda alla fine dell'anno scorso, ha sollevato la questione; diverse banche centrali sono ancora a rischio.

Le banche centrali che sono solo in grado di gonfiare l'offerta di moneta nella propria valuta nazionale, devono affrontare sfide significative quando si trovano di fronte a sistemi bancari fortemente indebitati in passività monetarie denominate in valuta estera. Come ha dimostrato il recente esempio islandese, la possibilità di insolvenza della banca centrale crea l'opportunità di riformare veramente il sistema bancario.



Quando le Banche Centrali Vanno in Bancarotta

Murray Rothbard, nel suo libro The Case Against the Fed, sostiene che un settore bancario privato e libero è disciplinato dalla minaccia di una corsa agli sportelli, cosa che impedisce un accumulo eccessivo di ​​passivi rispetto agli attivi. Un sistema a riserva frazionaria non è sottoposto a tale vincolo. Il denaro fiat concede all'autorità monetaria centrale un vantaggio fondamentale: i propri passivi — in primo luogo la base monetaria — non saranno mai riscattati in qualcosa di diverso dalle stesse unità nominali in cui sono denominati.

Guido Hülsmann spiega questa particolarità con la sterlina britannica:

Fino al 1914, e poi tra il 1925 e il 1931, la Banca d'Inghilterra redimeva le sue banconote da £20 in una quantità di oro che fu chiamata "la somma di £20". Oggi redime queste banconote in altre banconote dello stesso tipo. Il punto è che in passato l'espressione "la somma di £20" aveva un significato giuridico diverso da quello che ha oggi. All'epoca dava accesso a circa cinque once d'oro. Oggi significa qualcosa di diverso. La sospensione dei pagamenti ha trasformato l'espressione "la somma di £20" in una tautologia autoreferenziale — ora corrisponde a £20 banconote di carta.[1]

Il risultato è che i passivi possono essere ritirati gonfiando l'offerta di moneta, e non attraverso il sacrificio di risparmi reali. La capacità della banca centrale di svalutare i passivi nazionali attraverso l'inflazione monetaria, ha dato luogo alla sua funzione spesso citata come prestatore di ultima istanza. Di conseguenza se le banche si trovassero di fronte ad una crisi di liquidità, gli imprenditori presumono che la banca centrale sia in grado di muoversi in fretta per espandere l'offerta di moneta e scongiurare una crisi.

Oggi i mercati monetari globali hanno assunto un tono più riservato, poiché la turbolenza economica ha fatto in modo che molte istituzioni finanziarie sperimentassero un problema di liquidità. Molte banche centrali hanno quindi assunto il ruolo di market maker in modo da garantire che la liquidità rimanesse abbastanza alta e impedire che le aziende di fronte a suddetto problema non finissero in bancarotta.

Ignoriamo per il momento se debbano essere sostenute artificialmente quelle aziende che hanno fatto un errore imprenditoriale in passato e che ora sono di fronte all'insolvenza. La domanda davvero interessante è questa: è possibile in tutti i casi, come affermano comunemente gli imprenditori?

Di recente la FED ha sfiorato l'insolvenza poiché ha usato i propri attivi per salvare un sistema finanziario vacillante. Mentre la FED ha scambiato debito pubblico di alta qualità per debito subprime di cui era gravato il settore bancario commerciale, la banca centrale ha esaurito una grande quantità dei suoi attivi e si è avvicinata al proprio vincolo di finanziamento.

A questo punto la FED ha adottato una soluzione semplice: ha ampliato l'offerta di denaro a disposizione del settore bancario commerciale, permettendo così di ritirare i suoi passivi denominati in dollari. Dal momento che le passività erano denominate in valuta nazionale, ha potuto ritirarle espandendo semplicemente l'offerta di moneta. In questo modo la FED ha evitato una crisi di liquidità senza difficoltà significative (lasciando da parte i danni nascosti associati a tutte le espansioni di denaro).



Un Problema Globale

Che cosa succede se un sistema bancario non è gravato da debito denominato in valuta nazionale, ma piuttosto da debito denominato in una valuta estera?

In questo caso l'autorità monetaria centrale è limitata nel suo ruolo di prestatore di ultima istanza. Può emanare modifiche normative che interessano obblighi di riserva, coefficienti di adeguatezza patrimoniale, ecc. Può perseguire operazioni di mercato aperto con le sue attività di bilancio per compensare le operazioni. In alternativa, può gonfiare la propria offerta di moneta. I suoi attivi posseduti in passività estere diventano il fulcro per conservare la solvibilità del sistema bancario in questione.

Quando la liquidità globale è seriamente ristretta, le economie fortemente denominate in valuta estera percepiscono rapidamente dolore economico. Il sistema bancario islandese è l'esempio più recente di questo problema. La Banca Centrale d'Islanda non poteva far altro che inflazionare la corona nazionale; di conseguenza il settore bancario islandese — che era fortemente indebitato in passività estere (principalmente yen giapponesi e franchi svizzeri) — ha ceduto all'insolvenza.

Mentre la liquidità evaporava nell'autunno 2008, le istituzioni globali, abituate a rinnovare continuamente i debiti, affrontavano la sfida del doverli ripagare. Tuttavia dovevano farlo senza poter compensare contemporaneamente le loro posizioni di debito (cioè, un prolungamento delle scadenze rinnovando il debito esistente). Tali passività erano dovute in valuta estera, e così il sistema bancario islandese non è stato in grado di adempiere ai propri obblighi.

La banca centrale ha provato a ricoprire il ruolo di prestatore di ultima istanza, ma aveva poche opzioni. Mancava di asset esteri con cui finanziare il settore finanziario in difficoltà. Alla fine il sistema ha sfruttato currency swap e linee di credito da parte delle nazioni amiche per scongiurare un collasso finanziario devastante. Di conseguenza, nel XXI secolo la Banca Centrale d'Islanda è diventata la prima banca centrale di un paese sviluppato ad essere insolvente.[2]

L'Islanda aveva un rapporto debito/PIL tra il 60% e il 70% durante il picco del suo boom. Diversi paesi oggi sono caratterizzati da livelli simili, tra cui molti Paesi dell'Europa orientale — soprattutto Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Serbia — i quali devono affrontare rapporti di debito/PIL in denominazione estera superiori al 66%.

La maggior parte di questi paesi ha già ricevuto prestiti dal FMI per alleviare le pressioni causate da questi squilibri. Un nuovo scoppio di turbolenze finanziarie può aggravare il vincolo di liquidità generato da questo debito estero. Questi paesi possono divenire insolventi se i loro sistemi bancari risultano essere troppo esposti ad un debito estero troppo sottoposto a leva finanziaria.



Conclusione

Le banche centrali godono di una certa riverenza nelle discussioni sulle questioni monetarie. A loro disposizione hanno una serie apparentemente infinita di strumenti e armi pronte a correggere qualsiasi "squilibrio" di mercato che minaccia la stabilità economica. Tuttavia queste istituzioni sono tanto utili quanto gli asset che rappresentano. Le politiche monetarie espansive non possono risolvere tutti i problemi che una banca centrale deve affrontare. I Paesi i cui settori bancari sono fortemente indebitati in passività monetarie denominate in valuta estera, scopriranno alla fine che la banca centrale (che li ha attirati verso queste posizioni) è impotente.

Jésus Huerta de Soto dimostra, nella sua opera magistrale Money, Bank Credit, and Economic Cycles, che il sistema bancario attuale gode del privilegio giuridico di poter trattare i conti di deposito come se fossero prestiti. Il settore bancario centrale sostiene questo sistema a riserva frazionaria, assicurando che le banche commerciali illiquide otterranno liquidità in tempi di crisi.

La possibilità che una banca centrale vada in bancarotta supera la questione se essa stessa debba essere abolita, poiché in casi simili è come se si auto-abolisse. I sistemi fortemente indebitati in valuta estera sono particolarmente vulnerabili a questa possibilità, proprio perché le banche centrali sono solo in grado di salvare obbligazioni denominate in valuta interna.

Un noto adagio recita: "Non metterci le mani se funziona". Gli economisti hanno a lungo sostenuto che i pianificatori centrali sono necessari per garantire la stabilità economica. I loro fallimenti incombenti potrebbero finire per esporre la sterilità di questa stessa funzione.

Speriamo che una volta che queste autorità monetarie verranno riconosciute come inutili, saranno rimosse in funzione delle reali esigenze e richieste di un ordine economico prospero. Il free banking, che opera in base ai principi giuridici di una produzione privata di denaro, farà in modo che un settore bancario di dimensioni aberranti non si venga mai a creare. Né invocherà la fallacia di un'autorità monetaria centrale onnipotente sempre in guardia e pronta a salvare il capitalismo dai propri eccessi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Jörg Guido Hülsmann, The Ethics of Money Production (Auburn: Ludwig von Mises Institute, 2008), p. 162.

[2] Nei Paesi in via di sviluppo possiamo trovare esempi di banche centrali andate in bancarotta. La Reserve Bank of Zimbabwe è un esempio calzante. Di recente anche la National Bank of Tajikistan si è ritrovata ad essere insolvente. Mentre quest'ultimo caso è stato causato dalla corruzione interna piuttosto che da condizioni economiche, esistono altri casi in cui la trappola dell'insolvenza scatta anche per le banche centrali.

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di Robert P. Murphy


Alla luce dei piani di Bernanke per l'acquisto di $600 miliardi di debito pubblico a lungo termine, molti economisti accademici stanno cominciando a preoccuparsi: la Federal Reserve può diventare insolvente? In questo articolo spiegherò queste paure e sosterrò come la FED, con la sua stampante monetaria, non può fallire nel modo in cui falliscono altre società.

Tuttavia se la FED dovesse diventare insolvente da un punto di vista contabile, sempre più persone inizierebbero a rendersi conto di quanto sia nichilista il sistema a denaro fiat della nostra banca centrale. In questo senso, ulteriori cicli di "quantitative easing"[3] sono davvero rischiosi per la FED.



Lo Stato Patrimoniale di una Banca Centrale

Per capire cosa sta succedendo con la Federal Reserve nella vita reale, è più facile lavorare con un esempio semplificato. Supponiamo che il seguente sia il bilancio di una banca centrale:

Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, Initial
ASSETS
LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY
$1 trillion in one-year government bonds (with yield of 0.25%)
$500 billion in paper currency notes held by the public at large


$150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves


$250 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank


$100 billion in shareholders' equity
Sum: $1 trillion
Sum: $1 trillion

Sul lato sinistro dello stato patrimoniale ci sono gli attivi della nostra ipotetica banca centrale. In particolare, la banca detiene $1 bilione (secondo l'attuale valutazione di mercato) in titoli di stato che maturano ad un anno. Il rendimento a scadenza di questi titoli è attualmente dello 0.25%.

Sul lato dei passivi, la banca centrale ha tre importanti elementi. In primo luogo ci sono $500 miliardi di pezzi di carta verdi posseduti dalla popolazione nei propri portafogli e portamonete, cassette di sicurezza, materassi.

In secondo luogo le banche commerciali in questo Paese ipotetico hanno $150 miliardi in moneta di carta immagazzinata nei loro bancomat e caveau. Quando i clienti delle banche commerciali si presentano, cercando di ritirare "contanti" dai loro conti correnti, questi $150 miliardi sono la prima linea di difesa.

In terzo luogo ci sono $250 miliardi di depositi presso la banca centrale. La banca centrale è una "banca della banca", per così dire. Proprio come Joe Smith può avere un conto corrente con Banca Acme, anche quest'ultima a sua volta può avere un conto corrente presso la banca centrale. La tabella qui sopra illustra che se si dovessero sommare tutte le voci elettroniche su quanto ogni banca commerciale ha in deposito presso la banca centrale, il totale sarebbe $250 miliardi.

E' importante rendersi conto che quest'ultima categoria di passività non corrisponde (attualmente) a moneta fisica. I $250 miliardi che Banca Acme et al. hanno in deposito presso la banca centrale, sono costituiti interamente da voci contabili elettroniche. A differenza di Banca Acme — che deve mantenere in cartamoneta parte del denaro "in riserva" al fine di soddisfare le richieste di prelievo dei clienti — la banca centrale non ha bisogno di accumulare una scorta di cartamoneta.

La ragione è molto semplice: la stampante del governo è a disposizione della banca centrale. Se, per esempio, la Banca Acme decide che vuole irrobustire le proprie dotazioni di cartamoneta, può dire alla banca centrale: "Vorremmo prelevare $1 miliardo da nostro conto con voi." In tal caso, la banca centrale sottrarrà $1 miliardo dal conto elettronico della Acme e farà sfornare al Bureau of Engraving and Printing $1 miliardo in nuove banconote.

(In questo semplice scenario — dove la Acme ha ritirato $1 miliardo dal suo conto — le passività della banca centrale cambierebbero, non nel totale, ma solamente nella composizione. Ora ci sarebbero $151 miliardi in riserve detenute come cartamoneta nei caveau delle banche, mentre ci sarebbero solo $249 miliardi in riserve elettroniche in deposito presso la banca centrale.)

Infine si noti che le tre passività raggiungono solo $900 miliardi. Poiché gli attivi della banca centrale sono $1 bilione, i restanti $100 miliardi rappresentano patrimonio netto. (E' importante ricordare che la Federal Reserve, anche se è una creatura del governo, è di proprietà di azionisti privati​​.) In termini di principio contabile, tale banca centrale ipotetica è solvibile; i suoi attivi superano le passività.



Un Giro di Quantitative Easing

Ora supponiamo che il capo della nostra ipotetica banca centrale voglia far uscire la sua economia da una recessione espandendo il bilancio di $600 miliardi. Normalmente si sarebbe impegnato in "operazioni di mercato aperto" e avrebbe acquistato titoli di stato a breve termine per abbassare i tassi di interesse a breve termine.

Purtroppo per il nostro stimolatore, i tassi a breve termine sono già a livelli bassissimi. Pertanto il banchiere centrale decide di acquistare obbligazioni dal suo governo che maturano a dieci anni (anziché ad uno).

Ecco come si presenterà il bilancio dopo il giro di quantitative easing:

Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, After Q.E.
ASSETS
LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY
$1 trillion in one-year government bonds (with yield of 0.25%)
$500 billion in paper currency notes held by the public at large
$600 billion in ten-year government bonds (with yield of 2%)
$150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves


$250 $850 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank


$100 billion in shareholders' equity
Sum: $1.6 trillion Sum: $1.6 trillion

Come è avvenuto questo processo nell'effettivo? E' stato abbastanza semplice. La banca centrale ha firmato assegni per acquistare dal mercato secondario $600 miliardi di titoli di stato a dieci anni.

Quando i bond dealer nel settore privato depositano questi assegni nei propri conti correnti con la Banca Acme, i saldi di quest'ultima con la banca centrale aumentano di conseguenza. Nella tabella qui sopra ho mostrato il cambiamento: le passività della banca centrale sotto forma di riserve bancarie elettroniche ammontano ora a $850 miliardi — rispetto ai precedenti $250 miliardi.

A questo punto gli azionisti della banca centrale hanno ancora lo stesso patrimonio netto. Ma ora la loro impresa è più sottoposta alla leva finanziaria, in quanto il rapporto tra passività e patrimonio netto è cresciuto da 9:1 a 15:1. In un certo senso — e questa è una descrizione che molti economisti hanno utilizzato ultimamente — la banca centrale ha "preso in prestito a breve termine" al fine di "prestare a lungo termine".

Cioè, la banca centrale ha indirettamente prestato denaro a lungo termine al governo (acquistando i titoli a dieci anni), prendendo in prestito denaro "a breve termine" dal sistema bancario/popolazione.[4]

Quali che siano i presunti benefici del nostro ipotetico acquisto di asset per $600 miliardi, pongono innegabilmente la banca centrale ad un rischio maggiore.



La Banca Centrale Va in Bancarotta?

Supponiamo che l'inflazione dei prezzi inizi a salire nel nostro mondo ipotetico, quindi i tassi di interesse ad un anno saliranno all'1% mentre i rendimenti decennali salteranno all'8%. Questo fa crollare il valore di mercato del portfolio obbligazionario della banca centrale. Ora il bilancio si presenterà così:

Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, After Interest Rates Spike
ASSETS
LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY
$993 billion in one-year government bonds (with yield of 1%)
$500 billion in paper currency notes held by the public at large
$355 billion in ten-year government bonds (with yield of 8%)
$150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves


$850 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank


($152 billion) in shareholders' equity
Sum: $1.3 trillion
Sum: $1.3 trillion

Come illustra la tabella, il picco dei tassi di interesse fa sì che la banca centrale perda $7 miliardi sui suoi asset a breve termine, ma $245 miliardi sulle sue obbligazioni a lungo termine. Poiché si è incautamente esposta a maggiori rischi sul tasso di interesse, la nostra ipotetica banca centrale è ora tecnicamente insolvente. Cioè, le sue passività superano l'attivo di circa $152 miliardi.



A Chi Importa?

Anche se la nostra banca centrale sembra essere insolvente, cosa potrebbe ostacolare il suo funzionamento in pratica? Le passività sono denominate in denaro fiat nazionale. Se qualcuno entra in una filiale della banca centrale, tira fuori una banconota da $20 e dice: "Voglio redimerla!", il cassiere può tranquillamente rispondere: "Vuole due banconote da $10, o quattro da $5?"

Le cose si fanno più complicate per una piccola banca centrale che ha passività denominate in altre valute. Ma per quanto riguarda la Federal Reserve — con passività denominate in dollari — è difficile vedere quali ostacoli effettivi si troverebbe ad affrontare se i suoi commercialisti dovessero annunciarne improvvisamente l'insolvenza. Anche se ci fosse una "corsa agli sportelli della FED", in cui tutte le banche commerciali vogliono ritirare nello stesso giorno le loro riserve elettroniche, i banchieri centrali non dovrebbero andare nel panico: possono ordinare al Tesoro di accendere la stampante per scambiare la cartamoneta in voci su libretti degli assegni elettronici. (Questo è un trucco disponibile per i soli banchieri commerciali.)

Tuttavia, se la banca centrale dovesse diventare davvero insolvente, sarebbe una cosa scandalosa. Il governo probabilmente dovrebbe "prenderne il controllo", a meno che non voglia che la popolazione si renda conto di come il sistema sia una gigante operazione di contraffazione legalizzata.

A mio parere, è questa la preoccupazione principale dei banchieri. A loro certamente non piace che migliaia di economisti scrivano sulla possibilità che la FED vada in bancarotta, perché sempre più persone vengono portate a riflettere sulla logica del nostro folle sistema bancario.



Conclusione

Ora sarà interessante guardare il dibattito accademico sul "QE2". Sebbene siano focalizzati sulla questione della solvibilità, economisti e altri analisti si stanno lentamente rendendo conto che la "exit strategy" di Bernanke potrebbe fallire se e quando i tassi di interesse saliranno bruscamente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[3] Dovrei evidenziare che alcuni osservatori attenti della FED, come Jeffrey Rogers Hummel, pensano che Bernanke non stia avviando un "QE2" e che non intende espandere il bilancio della FED.

[4] Specialmente se la banca centrale paga interessi alle banche commerciali affinché tengano le loro riserve ferme nei depositi (piuttosto che ritirarle in valuta); questo ragionamento ha una certa plausibilità.

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giovedì 27 novembre 2014

Un'opportunità d'oro per la Svizzera

Mancano ormai pochi giorni al fatidico referendum svizzero. Oggi dedicherò un articolo proprio su questo argomento, proprio per descrivere in cosa consisterà l'essenza di quello che voteranno gli svizzeri. Coloro interessati, ovviamente, potranno recarsi all'evento Interlibertarians a Lugano per approfondire le conseguenze dell'esito di tale referendum. Nel frattempo apprendiamo che alcuni stati stanno cercando di abbandonare silenziosamente la festa del denaro fiat, appropinquandosi verso le uscite. Germania, Olanda, Francia, Austria hanno chiesto il rimpatrio di parte del loro oro detenuto all'estero. Adesso si aggiunge anche la Svizzera. La prima domanda che potreste porvi è questa: "Che cambia? Perché preoccuparsi di un caveau rispetto ad un altro?" L'offerta totale di oro disponibile non cambierebbe. Ciò che cambierebbe, invece, è l'offerta d'oro fluttuante, ovvero, quell'oro posseduto dalle bullion bank le quali possono utilizzarlo più e più volte come garanzia in contratti diversi. Alzi la mano chi sta gridando ad alta voce "Riserva frazionaria!". Questi istituti, infatti, amano onorare i propri contratti con denaro fiat poiché non si aspettano che tutti i clienti si presentino a ritirare l'asset fisico nei contratti che stipulano: l'oro. Il mercato dei futures funziona così. Se il referendum svizzero dovesse avere successo, l'offerta di oro fluttuante si ridurrebbe mettendo più pressione su quelle bullion bank che giocano col mercato dell'oro cartaceo. Tempi interessanti ci attendono.
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di Thorsten Polleit


L'Iniziativa

Il referendum sul rimpatrio dell'oro svizzero avrà luogo il prossimo 30 novembre.[1] I punti che gli elettori si ritroveranno ad analizzare sono i seguenti:

  1. La Banca Nazionale Svizzera (BNS) non potrà vendere le sue riserve auree;

  2. Le riserve auree della Banca Nazionale Svizzera dovranno essere conservate in Svizzera; e

  3. La Banca Nazionale Svizzera dovrà conservare almeno il 20% del proprio patrimonio sotto forma di oro (cioè, la "regola del 20%").

Il bilancio della BNS ammonta attualmente a CHF522.3 miliardi (franchi svizzeri), con le sue riserve auree e i crediti relativi alle operazioni sull'oro pari a CHF39.4 miliardi. La quota di oro negli attivi della Banca Nazionale Svizzera è, quindi, circa il 7.5% — notevolmente inferiore a quella richiesta dall'iniziativa.

Se il referendum avrà successo, cioè, se l'iniziativa verrà adottata, la BNS dovrà aumentare le sue riserve auree rispetto al suo patrimonio complessivo. Ciò può essere fatto in due modi:

  1. Se il bilancio della BNS rimarrà quello attuale (a causa degli acquisti di valuta estera effettuati negli ultimi anni), la BNS dovrà comprare oro per un ammontare di circa CHF65 miliardi.

  2. La BNS potrà, in alternativa, ridurre il proprio bilancio (al livello che aveva alla fine del 2007) vendendo riserve di valuta estera fino a che le riserve auree non ammonteranno ad almeno il 20% del suo patrimonio. Ciò, tuttavia, sembra un'ipotesi improbabile e non verrà esaminata qui.[2]

Supponiamo che la BNS deciderà di comprare oro — e che ciò richiederà una quantità abbastanza considerevole di denaro. Come verranno finanziati questi acquisti? E quali saranno le conseguenze?



Finanziamento degli Acquisti di Oro

La BNS potrà finanziare i propri acquisti di oro scambiando le sue riserve di valuta estera — in gran parte costituite da euro, ma anche dollari USA, yen giapponesi e sterline inglesi. Questo percorso avrà tre effetti:

  • L'acquisto di oro in cambio di riserve estere lascerà invariata l'offerta di moneta svizzera; insomma non sarà una scelta inflazionistica, in quanto non influirà sulla quantità di denaro svizzera.
  • Le valute vendute dalla BNS per comprare oro tenderanno a svalutarsi nei confronti del franco svizzero; vedremo più da vicino questo aspetto qui sotto.
  • Gli acquisti della BNS tenderanno ad aumentare il prezzo dell'oro; naturalmente questo effetto non può essere quantificato con precisione.



Limitare la Creazione di Moneta

Se si dovrà conformare alla regola del 20%, la BNS potrà ancora aumentare la quantità di moneta nazionale: in particolare, se vorrà creare nuovi franchi svizzeri dovrà acquistare oro sul mercato e/o da privati (cittadini svizzeri o stranieri.[3]

Detto questo, l'iniziativa non farà ritornare la Svizzera ad un gold standard, in base al quale la Banca Nazionale Svizzera dovrà, per esempio, rimborsare i franchi in oro. Tuttavia, l'iniziativa sarà certamente foriera di alcune implicazioni molto positive.

In primo luogo, la regola del 20% renderà più difficoltosa una politica monetaria espansionistica. Per aumentare la quantità di moneta, la BNS dovrà comprare oro per coprire il 20% dell'importo di franchi emessi.

L'espansione del franco svizzero non sarà legata solo all'oro fisico — che è il mezzo ultimo di pagamento ed è scarso — ma tali operazioni saranno "visibili" e potranno essere più facilmente sanzionate dalla popolazione svizzera.

Inoltre la regola del 20% costringerà le banche ad adottare un approccio molto più cauto. La riserva frazionaria, per esempio, sarà molto meno attraente e praticabile, in quanto le banche non potranno più aspettarsi che la BNS intervenga in loro aiuto stampando nuova moneta fiat.

In ultimo, ma non meno importante, l'iniziativa renderà meno inflzionabile il franco svizzero, soprattutto perché scoraggerà notevolmente la creazione di moneta dal nulla da parte delle banche commerciali — che è anche la causa centrale dei cicli di boom/bust.



Sul Tasso di Cambio Minimo della BNS

Dallo scoppio della crisi finanziaria ed economica internazionale, la BNS ha combattuto contro l'apprezzamento del franco svizzero nei confronti dell'euro. A tal fine, la BNS ha comprato euro con l'emissione di nuovi franchi svizzeri.

Alla fine del 2008, le riserve in valuta estera della Banca Nazionale Svizzera ammontavano a soli CHF47.4 miliardi. Alla fine del 2011, erano già aumentate a CHF257.5 miliardi. Allo stesso modo, la base monetaria è passata da CHF99.1 miliardi a CHF137.7 miliardi.

Dal 6 settembre 2011 la Banca Nazionale Svizzera difende un "tasso di cambio minimo" di 1.20 franchi svizzeri per euro,[4] una politica in base alla quale le riserve estere della Banca Nazionale Svizzera sono salite costantemente fino ai CHF471.4 miliardi registrati lo scorso agosto; la base monetaria è aumentata a CHF373.5 miliardi.

Se la BNS sarà costretta a conformarsi alla regola del 20%, non potrà più continuare questo tipo di politica. Perché? L'iniziativa, se messa in pratica, renderà il franco svizzero ancora più attraente agli occhi degli investitori internazionali.

La valuta svizzera si apprezzerà, in particolare nei confronti dell'euro. Poiché la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe benissimo intraprendere una stampa di denaro su grande scala, metterebbe in moto un flusso considerevole di capitali dalla zona Euro alla Svizzera.




Secondo la regola del 20%, la politica della BNS, che prevedeva l'acquisto di euro attraverso l'emissione di nuovi franchi svizzeri, non sarà più possibile: i nuove franchi svizzeri potranno essere emessi solo se prima viene acquistato oro.

Un apprezzamento del tasso di cambio danneggerà economicamente la Svizzera? La risposta è no. Lo svizzero dovrà lavorare ed esportare di meno per importare le stesse quantità di prima. Le aziende potranno tagliare i prezzi e i salari, nel caso in cui avranno bisogno di aumentare la loro competitività.



La Svolta

Se messo in pratica, la Swiss Gold Initiative aumenterà le probabilità che la Svizzera possa proteggersi efficacemente contro le politiche distruttive che sono le attuali protagoniste nel mondo dalla cartamoneta scoperta.

Sembra che la BNS non possa, o non voglia, discostarsi dagli schemi monetari allentati perseguiti in tutte le principali aree valutarie. Solo il popolo svizzero può fermare una politica monetaria che prima o poi finirà con una svalutazione della loro moneta.

La regola del 20%, ovviamente, non rappresenta il punto di arrivo quando parliamo di un sistema e di una moenta perfettamente sonanti: libero mercato monetario, free banking e nessuna banca centrale. Tuttavia, se rispettata rigorosamente, la regola del 20% può rappresentare un punto di partenza molto promettente in un viaggio verso una moneta veramente sonante.

Se gli svizzeri adotteranno l'iniziativa in pratica, il mondo si renderà conto che esistono alternative all'odierna follia della cartamoneta scoperta. In questo senso, un'iniziativa di successo potrebbe essere un punto di svolta per un futuro migliore; per la Svizzera e anche per molti altri paesi del mondo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Per maggiori informazioni consultare: Swiss Gold Initiative.

[2] Per restringere il proprio bilancio, la BNS dovrebbe vendere valuta estera e ricevere in cambio franchi svizzeri. Per portare le riserve estere ai loro livelli "pre-crisi", la quantità di franchi svizzeri dovrebbe scendere di circa CHF420 miliardi. Tale cifra supererebbe la base monetaria svizzera (che attualmente ammonta a CHF373.5 miliardi) e ridurrebbe sostanzialmente anche l'aggregato monetario M1 (che attualmente ammonta a CHF566.4 miliardi, infatti lo spingerebbe al di sotto dei suoi livelli alla fine del 2007, ovvero, CHF268.9 miliardi). In altre parole, una contrazione del bilancio della BNS senza una grave deflazione è un'inevitabilità e questa non è un'opzione che la BNS prenderebbe in considerazione — e probabilmente non otterrebbe consenso politico.

[3] In senso stretto, l'incremento della quantità di franchi svizzeri sarà solo possibile se la BNS registrerà l'oro sul lato degli attivi del suo bilancio.

[4] Consultare il comunicato stampa della BNS datato 6 settembre 2011.

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mercoledì 26 novembre 2014

Due concetti incompresi: la velocità del denaro e la deflazione

Oggi potremmo deliziare i nostri occhi non con uno, ma ben due articoli di Macleod (1 & 2) il quale ci condurrà ad esplorare il mondo dei miti duri a morire. Nel frattempo vorrei concentrarmi, in questa breve introduzione, su una breve analisi della situazione giapponese. Come dicevo in questo mio articolo dell'ottobre scorso riguardo le operazioni nel mercato repo, la FED stava creando una scarsità artificiale nel mercato obbligazionario statale distorcendone il relativo mark-to-market. Ora apprendiamo (per quanto paradossale possa sembrare) la possibilità che il QE sia terminato a causa di una scarsità eccessiva di T-bond a 10 anni. Questo, come ci mostra questo grafico di JP Morgan, pare non essere un problema per il Giappone. Ogni nuova emissione sarà prevalentemente fagocitata dalla BoJ, annientando ogni parvenza di onesto price discovery, di rischio legato ai rendimenti e di calcolo dell'inflazione. Tesi confermata anche da questo articolo della Reuters, in cui si afferma che la ripresa è troppo debole e si è scelto di ritardare l'introduzione di una nuova tassa. Ovvero, più della stessa cosa. La cosa da notare, comunque, è che la popolazione sta diventando pesantemente scontenta delle politiche folli di Abe, sentimento confermato da un calo ulteriore della fiducia dei consumatori ad ottobre (scesa a 38.9 rispetto al 39.9 del mese precedente). Quanto può essere sostenibile una pratica simile?
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di Alasdair Macleod


Se c'è un concetto che illustra la differenza tra un approccio macroeconomico top-down e la realtà della vita quotidiana, è la velocità di circolazione della moneta. Confrontate le seguenti frasi:

"Il crollo della velocità testimonia la sostanziale allocazione improduttiva del capitale causata da regimi monetari allentati degli ultimi 20 anni." Nota di ricerca di un broker rilasciata il settembre scorso

"Gli economisti matematici si rifiutano di iniziare le loro indagini dalla domanda dei vari individui nei confronti dell'offerta di denaro. Essi invece introducono il concetto spurio di velocità del circolante, seguendo il modello della meccanica." Ludwig von Mises, L'Azione Umana.

L'obiettivo di questo articolo non è sottolineare il disaccordo con la conclusione del broker; piuttosto è quello di esaminare la base su cui è costruita.

L'idea della velocità di circolazione è nata dalla teoria quantitativa della moneta, la quale collega le variazioni nella quantità di moneta alle variazioni del livello generale dei prezzi. Ciò è indicato nell'equazione dello scambio, in cui gli elementi di base sono il denaro, la velocità e la spesa totale, o PIL:

Quantità di Denaro x Velocità del Circolante = Spesa Totale (o PIL)

Supponendo di essere in grado di quantificare sia il denaro sia la spesa totale, otterremmo la velocità. Ma questo non ci dice perché la velocità varia: tutto quello che sappiamo è che deve variare al fine di bilanciare l'equazione. Si potrebbe ugualmente affermare che due grandezze completamente indipendenti possono essere messe in un'equazione matematica, fintanto che viene inclusa una variabile la cui unica funzione è quella di mantenere sempre in equilibrio l'equazione stessa. In altre parole, l'equazione non ci dice nulla di per sé.

Questo è un problema irrisolto data l'attuale dipendenza degli analisti da statistiche e modelli informatici. Il dubbio lasciato dalla statistica risiede nel suo progresso compiuto nel quantificare l'economia, tanto che alla London School of Economics una macchina chiamata MONIAC (monetary national income analogue computer) utilizzava la meccanica dei fluidi per modellare l'economia del Regno Unito. Questo e altri modelli informatici più recenti danno credito ingiustificato all'idea che l'economia possa essere modellata, che derivazioni come la velocità possano essere spiegate e che da tutto ciò possano essere tratte conclusioni valide.

La critica di Von Mises si basa sulla logica: l'economia è una scienza sociale e non una scienza fisica. Pertanto le relazioni matematiche devono limitarsi strettamente alla contabilità e non essere confuse con l'economia, o come diceva lui, con l'azione umana. Purtroppo il concetto di velocità è così radicato nel nostro modo di pensare, che di solito questo punto vitale ci sfugge. Infatti lo stesso vale per il PIL, o il lato destro dell'equazione.

Il PIL è solo una identità contabile: niente di più. Mette nello stesso calderone il gin con le palle da golf, riducendo entrambe le cose ad un valore monetario. Gli statistici selezionano ciò che viene incluso in modo che ci sia uno squilibrio in favore dei beni di consumo rispetto agli investimenti di capitale. Il PIL non ci dice nulla su un'economia mutevole composta da successi, fallimenti e desideri/necessità umane difficili da prevedere, che presi tutti insieme formano il progresso economico. E poiché è viziato nella sua composizione e non ci dice nulla circa il progresso, il valore di questa statistica è grossolanamente esagerato.

L'unica certezza apparente nell'equazione è la quantità di denaro, assumendo che sia tutto registrato. Nessuno sembra preoccuparsi del denaro non registrato, come quello nel settore bancario ombra, quindi dovremmo lasciar cadere qualsiasi dubbio su tale questione. Se il denaro fosse sonante, come lo era quando venne concepita la teoria quantitativa della moneta, si potrebbe supporre che un aumento della sua quantità tenderebbe ad aumentare i prezzi. Ciò venne sperimentato dopo l'importazione spagnola di oro e argento dal Nuovo Mondo nel XVI secolo, e dopo i boom minerari in California e Sud Africa. Ma mettere in relazione un aumento della quantità di oro con i prezzi in generale, è al massimo la somma di un certo numero di fattori diversi che determinano il rapporto di prezzo tra denaro e beni.

Oggi il denaro sonante, il cui potere d'acquisto era regolato dalle preferenze umane oltre i confini nazionali, non c'è più. Invece abbiamo valute fiat il cui potere d'acquisto è formalizzato in scambi con l'estero. Quando l'8 ottobre 2008 la corona islandese si dimezzò di valore, tale evento non ebbe niente a che fare con cambiamenti nella quantità di denaro o col PIL islandese. Ma se cercassimo di interpretare la velocità in questo caso, ci troveremmo di fronte ad un'eccezione poiché essa aumentava nonostante i prezzi sul mercato interno assorbivano lo shock impartito dagli scambi con l'estero.

Il collasso valutario dell'Islanda non è un evento isolato. Il potere d'acquisto di una moneta fiat varia continuamente, fino al punto di perderlo del tutto. La verità è che l'utilità di una moneta fiat dipende interamente dalle opinioni soggettive dei singoli individui espresse attraverso i mercati, e non ha nulla a che fare con un rapporto meccanico della quantità. A questo proposito, un limite al potenziale illimitato di emissione della valuta o un cambiamento nella percezione di stabilità finanziaria nei confronti di coloro che la emettono, come ha scoperto l'Islanda suo malgrado, possono essere sufficienti a destabilizzarla.

Secondo l'equazione, non è così che le cose dovrebbero funzionare. L'ordine degli eventi procede prima attraverso un aumento della quantità di moneta e poi attraverso un aumento dei prezzi, perché la logica monetarista afferma che i prezzi aumentano a causa di una spesa di denaro extra, e non per denaro ancora da spendere. Con una teoria meccanica, non ci può essere spazio per la soggettività.

E' quindi assurdo concludere che la velocità sia un segnale importante. Il monetarismo ci deve ancora arrivare, ma quando finalmente lo scoprirà, comprenderà che la velocità non è altro che un fattore per equilibrare la sua equazione. Sarebbe stato meglio se la citazione del broker si fosse limitata ai regimi monetari allentati degli ultimi 20 anni, i quali sono responsabili per la sostanziale cattiva allocazione del capitale, troncando totalmente la parte sulla velocità.

Forse un piccolo slittamento sulla via verso una conclusione sensata; ma è indicativo della falsa meccanizzazione del comportamento umano presupposto dai moderni macro-economisti. Tuttavia va anche notato che è impossibile far quadrare il concetto di velocità del circolante con un semplice fatto della vita di tutti i giorni: noi guadagniamo i nostri stipendi solo quando ce li abbiamo in mano e solo dopo li possiamo spendere. Questa è una velocità costante di circa uno.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Non c'è dubbio che i rischi di deflazione siano aumentati nelle ultime settimane, se non altro perché il dollaro è aumentato notevolmente rispetto alle altre valute.

Capire la natura effettiva di questo rischio, al contrario di quello che dicono le teste di legno, sarà fondamentale per la sopravvivenza finanziaria, in particolare per quella di coloro con un interesse nei metalli preziosi.

La struttura economica associa la deflazione, o il calo dei prezzi, ad una mancanza di domanda. Da ciò ne consegue che se viene lasciata sfogare, la deflazione porterà a fallimenti di imprese e, in definitiva, ad insolvenze bancarie a causa della contrazione del credito bancario. Pertanto, prosegue tale ragionamento, la domanda e la fiducia dei consumatori devono essere stimolate per assicurarci che questo non accada.

Dobbiamo tenere a mente tutto ciò quando dobbiamo giudicare la risposta agli eventi attuali. Per il momento possiamo notare l'esistenza di segni che preoccupano le banche centrali: l'economia giapponese sta implodendo nonostante l'espansione monetaria aggressiva; la zona Euro mostra gli stessi sintomi; il Regno Unito è fortemente dipendente dal commercio con la zona Euro e le sue ottime prestazioni si stanno raffreddando. Il grafico sottostante ci mostra come quanto detto qui sopra si sia riflesso nelle loro rispettive valute.




Particolarmente allarmante è stata la performance sin da metà ottobre, con lo yen che è letteralmente sprofondato. Dato l'effetto previsto sull'inflazione dei prezzi degli Stati Uniti, possiamo essere certi che se queste valute si indeboliranno ulteriormente la FED agirà.

Per comprendere la portata del problema bisogna osservare l'enormità dei flussi di capitali coinvolti. Il grafico seguente ci mostra la relazione tra le principali valute mondiali e il dollaro stesso.




Il rapporto di leva tra la base monetaria USA e quella globale è di oltre quaranta volte. Mentre il Giappone e la zona Euro affrontano una crisi profonda, i flussi di capitale ritornano nuovamente verso il dollaro, cosa che sembra stia accadendo proprio oggi. Gli economisti, che ancora aspettano una crescita economica per gli Stati Uniti, sembrano sembrano non aver ben compreso le implicazioni più ampie per l'economia degli Stati Uniti e il dollaro stesso.

La FED, che porta il peso della valuta di riserva mondiale, finirà sotto pressione affinché plachi la situazione: svilirà il dollaro. Finora la svalutazione del dollaro sembra aver riscosso scarso successo a livello di prezzi al consumo, cosa che potrebbe spronarla ad agire in modo più aggressivo. Ma è meglio fare attenzione: non si tratta di una semplice messa a punto.

Per il momento i mercati dei capitali sembrano adattarsi alla deflazione frammentaria. Gli analisti stanno rivedendo al ribasso le loro aspettative di crescita per il Giappone, l'Eurozona e la Cina, e suggeriscono di vendere le commodities. Devono ancora applicare la stessa logica alle azioni e valutarne l'effetto sulle finanze pubbliche: quando lo faranno, ci si potrà aspettare rendimenti dei titoli di stato in ascesa e un calo delle azioni.

Il calo del prezzo dell'oro è un fenomeno avulso dalla realtà economica. Mentre è superficialmente facile collegare un dollaro forte a un prezzo dell'oro debole, questa argomentazione non tiene conto degli inevitabili rischi sistemici e di cambio che derivano da una crisi economica. L'apparente mispricing di oro, azioni, obbligazioni e valute indica anche che sono tutti maturi per una correzione simultanea, guidata da ciò che l'establishment economico definisce deflazione, ma che più correttamente viene definita crollo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 25 novembre 2014

Perché un ritorno al denaro sonante è quasi impossibile





di Ron Paul


Il mio interesse per il mondo della politica germogliò la domenica del 15 agosto 1971. Per decenni, io, come tutti gli americani, ho vissuto in un paese dove era illegale possedere oro. L'idea sembra assurda oggi, ma c'è stato un tempo in cui lo stato sequestrò l'oro di tutti i cittadini e lo mise fuori legge.

Da quel momento in poi, anche la cartamoneta in circolazione non fu più coperta da oro. Poi, in quella domenica del 1971, il presidente Nixon recise l'ultimo legame tra gli americani e il denaro sonante: chiuse la finestra internazionale dell'oro, la quale permetteva ai governi stranieri di scambiare 35 dollari di carta per un'oncia d'oro. Quello fu l'ultimo giorno in cui il denaro ebbe un qualche valore avulso dalla volontà del governo. E nessuno sembrò preoccuparsene.

Ero molto preoccupato per la cattiva gestione del denaro, per quello che avrebbe significato per l'economia degli Stati Uniti e per la nostra libertà. Iniziai a cercare modi per sensibilizzare di nuovo le persone al denaro sonante, o almeno consentire loro di possedere oro legalmente.

Mentre venivo sempre più coinvolto nel tentativo di legalizzare la proprietà dell'oro, ebbi l'opportunità di incontrare alcuni degli economisti più eminenti di libero mercato, tra cui Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e Murray Rothbard. Incontrare e apprendere da queste menti brillanti fu illuminante, poiché non solo appresi una sana teoria economica, ma imparai anche a diffondere quel messaggio al popolo americano.

Quando il deputato locale si dimise a metà del suo mandato, decisi di correre per il suo posto, pensando che il peggio che mi potesse capitare fosse vincere. Fortuna volle che vincessi quell'elezione e altri tre termini, in un'epoca in cui l'America stava affrontando un'inflazione alta, tassi di interesse elevati e disoccupazione alta.

E non passò nemmeno un decennio prima che il dollaro fiat creato da Nixon causasse seri problemi economici. Gli americani erano alla ricerca di risposte, chiedendo perché il sistema economico propagandato come fautore di crescita economica e la liberazione dalle costrizioni dell'oro erano ora i responsabili di una delle crisi economiche più gravi e più lunghe sin dalla Grande Depressione.

Fin dall'inizio del mio servizio come membro del Congresso, ho cercato di usare il mio ufficio come una piattaforma educativa per rendere gli americani consapevoli delle intrusioni e delle depredazioni del governo federale. La politica monetaria è sempre stata un problema che mi ha profondamente preoccupato, data l'importanza del denaro sonante in una società libera.

Il mio coinvolgimento con la Scuola Austriaca ha rafforzato l'importanza del denaro sonante, visto che la teoria Austriaca del ciclo economico — i boom e bust — spiega con precisione le conseguenze disastrose del denaro fiat; conseguenze di cui stiamo soffrendo anche adesso. E così ho cercato di istruire il popolo americano sulle questioni monetarie.

Durante i miei primi anni al Congresso, ho ricoperto il ruolo di membro della House Banking Committee e della U.S. Gold Commission, dove ha cercato di condividere il mio punto di vista Austriaco piuttosto impopolare. In qualità di membro della Banking Committee (che poi è diventata la Financial Services Committee), ho cercato di portare alla luce gli effetti distruttivi del Federal Reserve System e della sua politica monetaria sul dollaro e sul tenore di vita della persone.

Come membro della Gold Commission, ho sostenuto il ritorno all'uso dell'oro come moneta. Insieme a Lew Lehrman presentai una relazione alla Commissione, un dissenso dal parere di maggioranza che poi fu poi trasformata nel libro The Case for Gold.

Dopo una lunga pausa, sono tornato al Congresso nel 1997 e più precisamente nella Banking Committee, ricoprendo nel 2011 il ruolo di presidente della Domestic Monetary Policy Subcommittee (DMP) — la sottocommissione con giusrisdizione sulla Federal Reserve e sul denaro della nazione. La presidenza di questa sottocommissione era l'unica posizione a Washington che avessi mai voluto, e per molti anni sembrava che non l'avrei mai raggiunta.

Quando sono tornato al Congresso nel 1997, i miei termini di servizio precedenti non mi furono riconosciuti e così dovetti ricominciare tutto da capo. Ogni volta che mi sembrava di essere ad un passo da quella presidenza, succedeva qualcosa e ne venivo allontanato. Una volta un membro più anziano si era unito alla sottocommissione, un'altra volta due sottocommissioni dovevano unirsi, ma il risultato era sempre lo stesso: venivo escluso.

Questa charade è andata avanti fino al 2007, quando Spencer Bachus passò di grado. Fu allora che divenni idoneo per la Domestic and International Monetary Policy Subcommittee. Quando Bachus divenne presidente della Financial Services Committee nel 112° Congresso, ciò mi permise di prendere la presidenza della sottocommissione DMP.

Ci sono alcuni che si aspettano che un singolo deputato possa fermare da solo una legge incostituzionale o riparare a tutto ciò che c'è sbagliato a Washington. Quando sono diventato presidente della DMP, probabilmente c'erano molti che si aspettavano che io avessi fermato in qualche modo la politica monetaria espansiva della Federal Reserve. Magari avessi potuto!

La realtà, però, è che un singolo membro del Congresso, un presidente di una sottocommissione o anche un presidente di una commissione, può fare poco per spostare il Congresso in una direzione che né capisce né trova politicamente appetibile.

Ci vogliono i numeri per raggiungere il successo legislativo, e i numeri non sono favorevoli al denaro sonante. Invece di concentrarsi su ciò che è bene per il paese, i membri del Congresso troppo spesso sono più interessati a segnare i punti politici, a gestire la loro immagine pubblica, o a conservare i loro buoni rapporti con la leadership del partito.

Alla luce di questi fatti, mi sono reso conto che un singolo membro del Congresso può fare ben poco (dal punto di vista legislativo) per promuovere la causa della libertà. Anche ricoprire la presidenza del DMP, la sottocommissione con un certo potere sulla Federal Reserve, significa avere poche possibilità di frenare la FED, soprattutto quando la Camera è contro di noi, per così dire.

Quello che la presidenza della DMP mi ha permesso di fare, è qualcosa che ho sempre pensato che fosse necessario: istruire. E' impossibile parlare di riforma quando le persone non sanno nulla circa il sistema che deve essere cambiato o le opzioni per cambiarlo. Quindi ho cercato di portare alla luce le questioni importanti riguardanti la moneta che per decenni non erano state discusse nelle sale del Congresso.

Nelle nostre audizioni abbiamo esaminato i problemi dell'attuale sistema monetario; il rapporto tra la Federal Reserve e il debito pubblico; l'impatto negativo dell'espansione moentaria sull'economia; la creazione del ciclo di espansione e contrazione; e la sofferenza causata dalla falsa prosperità del credito a basso costo.

Abbiamo esaminato i problemi del nostro sistema bancario a riserva frazionaria, gli impedimenti al denaro sonante che emergono dal mercato e persino l'abolizione della Federal Reserve. Attraverso il mio ufficio al Congresso, abbiamo invitato oratori per dare lezioni sulla storia e sul denaro allo staff di altri uffici — lezioni che sono state viste da centinaia di migliaia di persone su YouTube.

Anche con l'attenzione sull'istruzione, la sottocommissione non ha trascurato il suo dovere di sorvegliante, svolgendo un lavoro più attento rispetto ai tre mandati precedenti messi insieme.

Abbiamo tenuto audizioni sulle azioni della FED durante la crisi finanziaria, sulle sue linee di swap non garantite con le banche centrali estere e abbiamo sondato lo status delle riserve auree del governo degli Stati Uniti — che sono costituite per lo più da oro sequestrato ai cittadini americani quando ne venne bandito il possesso. (Le nostre indagini sembrano aver indotto la zecca degli Stati Uniti ad effettuare una verifica dell'oro detenuto presso la Federal Reserve Bank di New York, cosa che non è mai stata fatta da quando l'oro venne messo in quel caveau molti decenni fa.)

Certo, avremmo potuto fare molto di più ma purtroppo non è stato possibile, dato il nostro tempo e le risorse limitate. Per questo ci sarà sempre qualche rimpianto.

Il premio Nobel Friedrich Hayek disse che: "[...] Tutti coloro che vogliono fermare la deriva verso un controllo statale sempre più invadente, dovrebbero concentrare i loro sforzi sulla politica monetaria." Col mio tempo al Congresso, la mia breve presidenza della DMP e le mie altre iniziative varie ho sempre cercato di seguire questo consiglio.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 24 novembre 2014

Un modo semplice per evitare errori madornali





di Bill Bonner


[Questo articolo è un breve estratto dall'ultimo libro di Bill Bonner, Hormegeddon: How Too Much Of A Good Thing Leads to Disaster.]


I grandi gruppi di persone commettono errori madornali di volta in volta.

I repubblicani possono guidare l'auto più o meno bene così come i democratici o i comunisti. Dei milioni di auto sulla strada, guidate dai rosacroce, dai rotariani, dagli ambientalisti e da ogni sorta di persone con un certo tipo di idee, gli incidenti sono relativamente pochi.

Prendendo le proprie decisioni circa la loro vita, le persone di ogni tipo vanno d'accordo piuttosto bene — anche quando guidano l'auto ad alte velocità con a fianco un individuo di idee opposte. Obbediscono semplicemente a delle regole generali — tenere la destra (o la sinistra)! — e decidono i dettagli minori per sé stessi.

Di solito vanno dove devono andare. Ma fidatevi di queste persone per quanto riguarda gli affari pubblici, e c'è una buona probabilità che finirete alla guida di carri armati che invadono la Polonia.

Il cervello umano è ben adattato quando si parla di guidare un auto e prendersi cura di sé stessi. Inconsciamente facciamo calcoli sulla vita e sulla morte nell'arco di secondi, e per la maggior parte delle volte sono corretti. Ma si è evoluto mentre viveva in piccoli gruppi, senza le astrazioni delle grandi dimensioni e della vita pubblica moderna.

La capacità di astrarre, o di capire le dinamiche dei grandi gruppi, non era necessaria. Questo probabilmente è il motivo per cui questa capacità di pensiero è così rara; il cervello non è attrezzato per strutturarla con successo. Chiedete al cervello umano di coordinare l'ordine di una pizza per cinque persone, e i risultati saranno eccezionali. Mettetelo al lavoro sull'Obamacare, sul monitoraggio dell'NSA, sul controllo delle armi da fuoco, o sulla finanza pubblica, e i risultati saranno sorprendentemente stupidi.

Le persone ambiziose fanno finta che non sia vero. Percepiscono che sia loro responsabilità leggere i giornali e cercare di decifrarne i titoli. Identificano l'eroe, il cattivo, l'amore e il conflitto. Fanno il tifo per il bravo ragazzo, maledicono il tizio in giacca e cravatta, e pregano che la loro squadra vinca.

Non possono immaginare una squadra senza un capitano o un esercito senza un generale o una guerra senza un vincitore. Hanno bisogno di pensare che qualcuno sia al comando — qualcuno che possa vincere la lotta contro un Destino incerto.

Poche persone possono digerire l'idea che la vita pubblica sia fuori dal controllo cosciente delle autorità in cui hanno riposto tanta fede. Deficitano di quello che Nietzsche definiva come un "amor fati"... una fede e un amore per il Fato. Alla gente non piace il Destino. Il Destino è quella roba cattiva che accade quando nessuno è al comando, quando regna il caos.

Invece credono nella capacità degli esperti benpensanti di "fare qualcosa" per generare un risultato migliore rispetto a quello che il Destino ha in serbo per loro. Vogliono un leader che uccida i loro nemici e porti a casa la vittoria. Vogliono che i funzionari pubblici forniscano piena occupazione, i soldi di qualcun altro, la Coppa America e birra gratis alla spina ventiquattro ore al giorno sette giorni la settimana.

Vogliono che qualcuno si sieda sul sedile del pilota e che li porti dove vogliono andare.

Ma dove vogliono andare? Non lo sanno. E la storia è in gran parte una sequela di parafanghi ammaccati, cadute e lamiere contorte — risultati che in realtà non avrebbero voluto in primo luogo.

La storia ignora le migliaia di miliardi di buone decisioni prese da privati ​​cittadini nella loro vita privata.

Noi non vediamo i calcoli dei barcaioli che portano le loro barche a riva. Difficilmente abbiamo notato l'arciere che scocca la sua freccia a pochi metri da un coniglio in corsa. Né la storia spende molto tempo sull'ausiliario del traffico che alle 11:07 fa attraversare la strada ai viaggiatori arrivati alla Pennsylvania Station di Baltimora da New York.

Ma la competenza di queste figure professionali ci fa sentire troppo sicuri di noi. Se siamo in grado di far fermare un treno esattamente al punto giusto, perché non un'economia? Se siamo in grado di imporre la nostra volontà, con la forza, su un coniglio... perché non sull'Alabama? Se siamo in grado di guidare una macchina, perché non tutta una società?

Sembra abbastanza ragionevole ed è in accordo con il nostro pregiudizio intellettuale — consolidato fin dai tempi di Aristotele e ristabilito nel Rinascimento — secondo cui siamo in grado di vedere, capire e dirigere il nostro futuro.

Ma se ciò fosse vero, la storia sarebbe molto meno variegata di quello che è. Quello che accade è che le persone stilano grandi progetti e falliscono miseramente.

Per esempio, gli abitanti della nazione X chiedono pane a buon mercato. Il governo assegna al progetto le sue menti migliori. Ben presto, le persone moriranno di fame.

La storia militare ci offre un sacco di esempi di errori di calcolo strategico, incomprensioni e avventatezza. Queste buffonerie appaiono nei documenti storici come semplici "errori", ma sono errori di un tipo particolare.

Sono quelli in cui si incappa quando si intraprendono progetti su larga scala nel mondo moderno, utilizzando cervelli evoluti e adattati per problemi molto più piccoli.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


venerdì 21 novembre 2014

Le illusioni hanno conseguenze





di Francesco SImoncelli


Ciò che contraddistingue gli attuali standard di vita dell'occidente rispetto a quelli che prevalevano negli anni passati, non è un cambiamento nell'offerta di manodopera o i prodigi della scienza. E' l'ammontare di capitale accumulato. Ludwig von Mises, Economic Freedom and Interventionism


Le illusioni catturano l'attenzione degli individui più della realtà dei fatti. Credo sia umana una cosa del genere. Non ci si dovrebbe stupire. Si tende a credere all'illusione perché essa alletta in modo particolare l'animo umano che vuole sbarazzarsi il prima possibile di quei fardelli che pedissequamente tormentano la sua esistenza. La volontà di massimizzare tempo ed efficienza nella nostra vita, due degli obiettivi a cui il genere umano tende maggiormente a dare valore, è qualcosa a cui prodighiamo la maggior parte delle nostre energie e scoprire un modo per dimezzarle non sarebbe affatto respinto. Per questo, se qualcuno ci induce a credere, plausibilmente, che un determinato obiettivo è possibile raggiungerlo attraverso una scorciatoia, tenderemo a non esitare due volte nello stringere un accordo con codesto qualcuno che pare avere a portata di mano la formula "magica". Saltare alcuni stadi per arrivare ad un determinato obiettivo fa risparmiare tempo. Ciò è cruciale. Il tempo è denaro, ed è anche vita. Arrivando in minor tempo al suddetto obiettivo è possibile raggiungere uno status elevato rispetto al presente e quindi dedicarsi ad elevarlo ulteriormente perseguendo un nuovo obiettivo.

L'illusione è plausibile, ed è per questo che miete molte vittime. Coloro che infine riescono a districarsene, in un modo o nell'altro, scoprono di aver fatto la figura degli idioti e domandano scioccamente giustizia. A questo punto è troppo tardi. Quindi, se sarà loro possibile, cercheranno di stare ancora al gioco e proveranno a tirarne fuori qualcosa di buono finché sarà loro possibile o perlomeno probabile. A nessuno piace fare la figura dell'idiota. A nessuno piace fare la figura dell'idiota consapevole di aver sprecato una delle risorse tendenzialmente più preziosa di altre: il tempo. Quindi continuerà a stare al gioco, lo continuerà a difendere, continuerà a spacciare l'illusione di cui è caduto preda anche ad altri poveri malcapitati.

L'illusione è potente. Dà assuefazione.

L'illusione, però, è vulnerabile alle domande. A quei quesiti specifici che ne smascherano la fragilità nei confronti del mondo reale. Sebbene il ragionamento deduttivo sia una facoltà condivisa da tutto il genere umano, esso viene sopito quando c'è la possibilità di arrivare ad un determinato punto nel minor tempo possibile e prima di chiunque altro. La competizione è agguerrita, ma ci sono delle regole. Nel caso dell'economia, esiste la concorrenza ma esistono anche le leggi economiche: è giusto massimizzare il profitto, ma è criminale massimizzare i profitti ad ogni costo. Perseguire la seconda strada significa illudersi di poter aggirare le leggi economiche. Certo, nel breve periodo paga. Ma nel lungo? E' come una valanga. Non vi avverte, ma avanza inesorabilmente. Una volta innescato il processo è impossibile fermarlo. Richard Weaver scriveva di come le idee avessero conseguenze; vorrei permettermi di prendere in prestito questa frase e modificarla: "Le illusioni hanno conseguenze."

Ce ne sono tante di illusioni là fuori, ma una sta guadagnando trazione ogni giorno che passa. Potremmo riassumerla brevemente e smontarla analiticamente con esempi empirici, ma non ho intenzione di fare tutto ciò. Invece, voglio risvegliare il ragionamento deduttivo sopito che gli illusi hanno anestetizzato; voglio risvegliarlo portando all'attenzione dei lettori un breve racconto di fantasia a cui spesso ricorrono gli Austriaci per spiegare esaurientemente le loro posizioni. Sebbene potrà sembrarvi banale, non è così. Le azioni degli individui nella società possono essere analizzate prendendo come esempio un singolo essere umano e studiandone le azioni.



L'AZIONE PROPOSITIVA

L'economia è una scienza che fonda le proprie basi su regole distintamente oggettive. La legge della domanda e dell'offerta, ad esempio, rappresenta una di queste regole che, seppur possano essere aggirate, infine fanno sempre valere la loro autorità. Sebbene sia questa l'impostazione della materia, è possibile dire che l'economia è in realtà riconducibile ad un insieme teorico più grande: la prasseologia. Essa studia l'azione umana poiché il motore e la colonna portante dei mercati è l'individuo e le sue preferenze. Ogni qual volta una persona altera il suo stato di quiete per arrivare ad un certo fine, diciamo che l'individuo sta agendo. E' per questo che l'economia è una scienza sociale e non una scienza naturale: studiando esseri in perenne mutamento, non può fare affidamento a quegli assiomi statici che invece valgono per gli esperimenti riproducibili in laboratorio.

Ogni individuo agisce in base ad un set di preferenze diverso da quello degli altri e non è possibile modificarli attraverso la diminuzione o l'aumento di alcuni stimoli esterni effettuati da uno scienziato in possesso di una calcolatrice. L'azione umana è imprevedibile. Gli effetti che si possono studiare derivano dal grado di soddisfazione che determinati obiettivi offrono ai vari individui e, prendendo coscienza di ciò, possiamo trarre le dovute conclusioni. Ad esempio, se osserviamo un ragazzino bere non possiamo concludere repentinamente che lo sta facendo per calmare la sua sete. (Potrebbe benissimo essere sul punto di fare anche uno scherzo.) No, possiamo affermare che c'è un individuo che sta traendo godimento dall'ingurgitamento di una sostanza liquida. Osservando poi che egli torna a giocare a palla coi suoi pari, possiamo affermare che egli ha spostato la sua soddisfazione dal gioco al dissetarsi. Nella sua scala di valori, dissetarsi è diventato progressivamente un desiderio da soddisfare all'aumentare della sua utilità marginale rispetto al gioco.

Il termine utilità marginale venne coniato per la prima volta nella seconda metà del 1800 e divenne il cardine portante della rivoluzione marginalista propugnata da Menger. E' da qui che nascono i prodromi che porteranno successivamente a basare la teoria economica sulle azioni degli individui. In questo modo sappiamo che tutte le decisioni vengono prese al margine, ovvero, analizziamo nella nostra mente, istante dopo istante, quale singola preferenza ci darà più soddisfazione se ne cambiamo l'urgenza con cui realizzarla.

In questo senso ogni azione intraprese dagli individui è propositiva. Non è razionale. Tende ad esserlo, ma non lo è sempre. Ad esempio, decidere di percorrere contromano l'autostrada per puro capriccio e divertimento rappresenta un'azione criminale secondo il codice della strada, ma agli occhi del conducente è del tutto lecita. Non è un riflesso istintivo (altrimenti uno si fermerebbe all'istante una volta realizzato l'errore), e in tale caso non parleremmo affatto di azione. Ci si propone di fare una cosa che ci arrecherà soddisfazione. Nel nostro esempio, il conducente sconsiderato percorrerà l'autostrada contromano per soddisfare un suo ego folle.

Una volta compreso come le nostre azioni siano determinanti nello svolgimento degli affari economici, perché attraverso di esse entriamo in contatto con il mondo esterno e ne modelliamo il destino, possiamo avventurarci in un breve esempio per comprendere come una illusione tenda a distorcere la nostra percezione della realtà e ad essere altamente distruttiva. Non per questo la persona che ci crede smette di essere razionale o quant'altro. No, agisce in base ad una propria agenda credendo di poter aggirare per sempre le leggi dell'economia. Non è così.



UN NAUFRAGO SU UN'ISOLA DESERTA

Immaginiamo per un momento di avere un pover'uomo che naufraga su un'isola deserta. Dopo aver ripreso i sensi la prima cosa che fa è raggiungere il primo promontorio e dare uno sguardo all'isola nel suo complesso. In questo modo il nostro protagonista inizia a scandagliare con la sua mente tutto ciò che potrebbe tornargli utile, ovvero, economizza i beni che finiscono sotto i suoi occhi. E' necessario che individui quei beni di consumo che possano essere immediatamente fruibili in modo da sostenerlo nel periodo in cui dovrà assestare la sua vita sull'isola. La caratteristica del bene di consumo è quella di essere utilizzabile in quanto tale in base alla sua natura, e nel nostro caso, un bene di consumo potrebbe essere una noce di cocco o un pesce. La fase successiva del suo sopralluogo dovrà condurlo a separare i beni di consumo dai fattori di produzione. Questi ultimi sono beni il cui utilizzo permette all'attore economico di creare un bene di consumo. (Ovviamente questa distinzione dipende sempre dalla mente dell'attore economico, poiché un oggetto non è di per sé un bene di consumo o un fattore di produzione. Le sue caratteristiche fisiche non lo rendono classibicabile a priori in una delle due categorie. Ad esempio, se per una persona un bastone può essere utile per raccogliere mele da un albero, e quindi fungere da fattore di produzione, per un'altra persona potrebbe essere utile per grattarsi la schiena, e quindi fungere da bene di consumo.)

Beni di consumo e fattori di produzione, data la loro natura scarsa, portano con loro un costo di opportunità a cui il nostro naufrago dovrà prestare attenzione. Ovvero, il loro uso per un determinato scopo precluderà il raggiungimento di un altro; se ad esempio sull'isola esiste un numero finito di rocce, il nostro naufrago dovrà prendere una decisione se costruire un fuoco da campo con esse o una dimora. Non potrà avere entrambi. In base alla sue valutazioni sceglierà quale scelta sarà più consona a sollevare la sua situazione, sperando che il futuro non gli riveli di aver commesso un errore (Es. Per un qualche strano motivo fisico le rocce tendono a sgretolarsi se messe l'una sull'altra).

Una volta individuati quei beni di consumo che possano fornirgli sussistenza, il nostro naufrago si dirige in fretta verso un albero di noci di cocco. Sfruttando il proprio corpo come fattore di produzione, ovvero il lavoro, ogni giorno si arrampica sugli alberi di cocco per soddisfare la sua fame con questo cibo commestibile. E' un lavoro faticoso e scarsamente retributivo, il quale gli permette di godere solo di pochi (se non pochissimi) beni di consumo al giorno. Il suo reddito, quindi, è estremamente basso. Infatti, il flusso di beni di consumo consumati da parte di qualsiasi attore economico è definito reddito. Inoltre la possibilità che un qualche infortunio possa incapacitarlo o una qualche malattia possa debilitarlo, rischiano di intaccare seriamente la sua sussistenza. Affrontando tale questione all'interno della sua mente decide di rinunciare alla previdibilità di un reddito continuo ma scarso nel presente, per abbracciare l'incertezza del futuro. Ovvero, rinunciando a parte dei beni di consumo di oggi, decide di accumularne alcuni per un consumo futuro in caso di necessità. Ciò gli permetterà non solo di avere abbastanza cibo da sfruttare nel caso sfortunato in cui si dovesse ammalare, ma aumenterà significativamente il reddito futuro che percepirà. Ovvero, risparmia oggi per ottenere più beni di consumo domani. Investe nel futuro.

Avendo a disposizione più noci di cocco da consumare, può aumentare la sua disutilità del lavoro (anche il tempo libero è un bene di consumo), dedicando una parte maggiore (rispetto a prima) al riposo del corpo e della mente. Questo gli permetterà di incrementare l'efficienza che apporterà alla raccolta delle noci di cocco e, attraverso l'interesse composto, i suoi risparmi uniti al lavoro costante per raccogliere noci di cocco, gli permetteranno di accumulare un piccolo tesoro di vettovaglie in grado di sostenerlo anche per periodi prolungati di tempo. Il nostro naufrago, a questo punto, avrà per le mani un piccolo gruzzolo di cui andar fiero poiché è riuscito a sopportare e vincere le avversità della natura selvaggia. Ma la natura umana ancora incombe. Perché sebbene abbia garantito a sé stesso un flusso costante e crescente di sussistenza, il desiderio di variare la sua dieta diventa impellente al variare dell'utilità marginale che egli riscontra nelle noci di cocco. Più è bassa, più avrà necessità di variare i suoi pasti. Detto in altro modo, all'aumentare dell'offerta di un bene la sua utilità marginale diminuisce. Ancora una volta il nostro naufrago ha bisogno di riflettere e considerare quale opportunità ha davanti: costruire una zattera sfruttando le noci accumulate e portarne qualcuna per il viaggio; rimanere sull'isola e sfruttare i risparmi per costruire mezzi più sofisticati per ottenere cibo. Ognuna di queste scelte comporta costi e benefici, nonché l'attenta ponderazione delle possibili variabili in gioco, una su tutte il rischio.

Infatti costruire una zattera può avere il vantaggio di poter lasciare l'isola in seguito ad un colpo di fortuna; ma può valere anche l'opposto, ovvero, navigare per giorni o settimane senza trovare anima viva. Immaginiamo che il nostro naufrago infine decida per rimanere sull'isola. In questo modo deve darsi da fare per migliorare ulteriormente la sua condizione di vita su quel pezzo di terra sperduto. Questo significa che, attraverso i risparmi, dovrà investire nel futuro e nelle sue capacità imprenditoriali. Con queste ultime si intende la costruzione di beni strumentali (o beni di capitale) che possono aiutarlo a sofisticare significativamente la sua produzione. Infatti sappiamo che dall'unione del fattore di produzione umano (il lavoro) e i fattori di produzione naturali (mare, terra, alberi, ecc.) è possibile affinare i mezzi a propria disposizione per incrementare i propri standard di vita e, di conseguenza, raggiungere il soddisfacimento di desideri prima irraggiungibili. Questo significa che, in forza di un cospicuo risparmio alle spalle, il nostro naufrago deciderà di costruire un retino da pesca. Diminuendo la disutilità del lavoro e, nel contempo, continuando a tenere costante il proprio reddito, egli riuscirà a realizzare i propri sforzi. Ovviamente non ci riuscirà al primo colpo, bensì dovrà affinare la sua tecnica in considerazione delle risorse a sua disposizione. Il fattore tempo per la realizzazione della sua opera è cruciale, poiché il suo asse viene spostato nel futuro data la scarsa voglia di consumare nel presente e, invece, voler consumare qualcosa di migliore nel domani. Con questa mentalità la determinazione del nostro imprenditore-naufrago sarà in grado di ottenere ciò di cui ha bisogno per migliorare la propria condizione di vita.

E' utile ricordare, però, che tale situazione si è creata grazie al fatto che egli, rinunciando a parte del suo reddito presente, abbia dedicato risorse al futuro. La sua sussistenza nel presente è stata resa possibile dalla volontà di rinunciare a parte del pasto quotidiano al costo di sentire qualche morso della fame. E' un costo duro da pagare, ma il miglioramento della sua condizione ne vale la pena. Come esseri umani, diamo estremo significato alla nostra vita. Il solo fatto di agire è un'affermazione alla vita stessa, quindi la nostra preoccupazione per il benessere del naufrago ha basi solide nella psicologia umana. (Ovviamente non bisogna dimenticare che, seppure molto forte, il nostro attaccamento alla vita è sempre soggetto alle preferenze individuali; ad esempio, decidere di salvare la vita altrui mettendo a rischio la propria è un caso che ricade in tale affermazione.)

Una volta costruito il retino, il nostro naufrago non solo avrà una variazione significativa nella sua dieta ma potrà procurarsi cibo più facilmente, a minor prezzo (meno lavoro impiegato) e, soprattutto, in quantità maggiori. Attraverso il bene capitale, il retino da pesca, ha potuto elevare la sua posizione, ma questo non significa che potrà distrarsi di più. Infatti, sebbene abbia più tempo libero per prendere il sole o fare una nuotata rilassante, dovrà dedicare una parte del suo tempo libero ad occuparsi della manutenzione degli oggetti che ha creato, in modo da non doverli ricostruire d'accapo e quindi evitare di sprecare tempo e risorse che invece potrebbe dedicare a costruire un nuovo bene di capitale: una lancia in grado di facilitargli il compito di raccogliere le noci di cocco dagli alberi. La struttura temporale influenzerà tutti i fattori appena elencati, indicando il momento in cui dovrà risparmiare (Es. costruire un nuovo bene di capitale) e il momento in cui poter consumare le riserve messe da parte (Es. giorni di malattia, infortuni, voglia di maggior tempo libero, manutenzione dei beni di capitale, ecc.).

Ma questa struttura può essere influenzata da manipolazioni esterne che ne deviano artificialmente il corso.



I PASTI GRATIS SONO UN'ILLUSIONE POTENTE

Nell'ambiente sopra descritto finora, il nostro naufrago è riuscito ad adattarsi alla vita dell'isola deserta attraverso l'ingegno e la possibilità di poter contare su una serie di accorgimenti economici che gli hanno permesso di scalare la varietà di desideri che man mano si palesavano nella sua mente. La loro soddisfazione progressiva ha consentito al malcapitato di imbastire una vita basata su un benessere crescente, dettato dal risparmio e dall'investimento. Nonché dal dosaggio di tempo libero e di monitorazione e manutenzione degli oggetti creati. Sebbene abbiamo ipotizzato che tutte le sue scelte siano andate a buon fine, nella vita reale sappiamo che non sempre le cose finiscono così. Talvolta è possibile fare la scelta sbagliata e subirne le conseguenze. Ovviamente sarà la singola persona che le subirà e non l'intera società, o almeno in minima parte poiché sarà privata di un elemento produttivo, ma questo problema è di natura temporanea perché la rotazione economica sostituisce quelle nicchie di mercato rimaste vuote. In questi casi esiste il calcolo economico che gli imprenditori tengono in altissimo conto, il quale li aiuta, attraverso segnali di mercato genuini, a direzionare la produzione. Il margine di errore, quindi, viene ridotto considerevolmente. Ma cosa succede quando questi segnali non sono "genuini"? Cosa succede quando vengono influenzati artificialmente da effetti esterni?

Immaginiamo che un giorno, al largo dell'isola, naufraghi un'altra nave. Purtroppo per il nostro protagonista stavolta di sopravvissuti non ce ne sono, ma quello che nota subito è che le onde del mare portano a riva, ogni tot. di tempo, vettovaglie fuoriuscite dalla nave affondata. Potete immaginare la felicità del nostro naufrago, perché improvvisamente si ritrova tra le mani risorse che prima non esistevano e sono lì consumabili direttamente. All'inizio, dopo le sfortune passate fino a quel momento, pensa subito a ringraziare il cielo e a mettere da parte le varie cibarie che riesce a raccattare. Finlamente il mare crudele aveva ripagato il suo debito che aveva con lui. All'improvviso ha potuto saltare i vari passaggi di produzione che lo avrebbero condotto a creare, anche sull'isola, cibi più raffinati di quelli che avrebbe trovato disponibili per il consumo in natura o che richiedevano solo una trasformazione (Es. cotti) per essere consumati. Cibi in scatola, cibi in busta, cibi in barattoli e altre meraviglie culinarie del mondo civilizzato. E infine, meraviglia delle meraviglie, un apriscatole!

In questo modo il lavoro diviene una componente superflua nella sua struttura di produzione, poiché adesso è in grado di creare dal nulla l'occorrente per sopravvivere. Non solo, ma può aumentare di consueguenza la disutilità del lavoro consumando parecchio tempo libero e deliziando il palato con le varie leccornie che il mare gli consegna. Sembra proprio la soluzione a tutti i suoi problemi, o perlomeno è quello che si vede, ma cos'è che non si vede? Innanzitutto il nostro naufrago sta prendendo in prestito tempo e risparmi dal futuro per consumarli nel presente. Tralasciando il lavoro di raccolta del cibo sull'isola ha abbandonato una struttura di produzione consolidata da una solida base di risparmi e un flusso di reddito costante, si è assuefatto ad una struttura di produzione presumibilmente superiore che non è fondata su alcun risparmio e su un flusso di reddito finito e incontrollabile da parte del naufrago. I risparmi reali (Es. le noci di cocco) vengono erosi dal consumo presente o vengono mangiati dalla produzione insostenibile (Es. le vettovaglie che fuoriescono dalla nave affondata fanno "dimenticare" al naufrago di avere una pila di noci di cocco, le quali col tempo finiscono per marcire). Non solo, ma l'utilizzo di nuovi beni di capitale (Es. apriscatole) per consumare i nuovi beni di consumo servono esclusivamente per quel tipo di beni di consumo, sull'isola non saprebbe che farsene in condizioni "normali". In questo modo la mancata manutenzione dei vecchi" beni di capitale, li condanna ad una inesorabile rovina.

Possibile che il nostro naufrago non sappia che una struttura simile sia insostenibile nel lungo periodo data l'origine di tali beni di consumo? Certo che lo sa. Quello che non sa è quando terminerà. Invogliato dalla spinta umana di voler vivere al massimo col minimo sforzo, egli si lascerà trasportare dalla corrente euforica di questa provvidenziale manna dal cielo, tralasciando progressivamente il duro lavoro che fino a qual momento aveva scandito la sua esistenza. Abbagliato e illuso progressivamente da questa cornucopia giornaliera, egli si lascia alle spalle o trascura quei compiti che fino a quel momento lo avevano portato, con una certa fatica, a scalare la ripida parete delle necessità umane. Preferisce, quindi, consumare oggi invece che domani.

La sconsideratezza di questa scelta viene a palesarsi una volta che il flusso di questi beni di consumo inizia dapprima a rallentare, e infine scompare. In questo preciso istante il nostro naufrago deve fare i conti con la realtà: la sua fame non può essere più saziata da quella manna che giornalmente aveva allietato la sua vita, poiché è esaurita. In questo modo egli comprende che rivolgersi al suo cumulo di "risparmi" è pressoché inutile perché o in parte li ha consumati o in parte sono marciti. E, in ultima istanza, i beni di capitale da lui costruiti sono andati in rovini a causa della mancata manutenzione, e quelli acquisiti durante il periodo euforico sono praticamente inutili. Il nostro naufrago dovrà mettersi l'anima in pace e ricominciare da zero.



CONCLUSIONE

Le politiche interventiste dello stato non sono un rimedio per i periodi di crisi, esse deviano risorse preziose da coloro in grado di metterle a frutto meglio, verso coloro che le sprecano. I burocrati non potranno mai sapere quale potrà essere un investimento in accordo con le forze di mercato. Essi non creano risorse, le prendono. Non hanno idea da dove siano venute. Perché? Perché sono orientati al presente. Non sono come i produttori, i quali sono orientati al futuro. Prendono in prestito denaro nel breve termine e spendono nel lungo termine. Questo presuppone un costante bisogno di risorse. Ciò significa più regole. Ciò significa più burocrazia. Ciò significa più spese e più tasse.

Il disincentivo al risparmio emerge come conseguenza a questi comportamenti truffaldini e insostenibili. Gli individui vengono privati dei loro desideri e delle loro risorse per sostenere un apparato parassitario e inutile. L'inflazione della banca centrale spinge artificialmente in basso i tassi di interesse, aumentando di conseguenza il costo di opportunità di mantenere in banca i propri risparmi. Il welfare state insegna agli individui a non preoccuparsi del futuro. Le scuole pubbliche, infine, chiudono la scena affermando che al futuro ci penserà lo stato.

In ogni aspetto della nostra vita, lo stato è il propagatore di un comportamento irresponsabile. L'illusione dello stato salvatore è una delle illusioni più potenti che esistano al giorno d'oggi. Roosevelt la inventò. Keynes la predicò. La gilda accademica l'ha custodita per tutti questi anni. Ma la sua plausibilità si sta incrinando: passività dello stato non finanziate. Uno di questi giorni andrà in frantumi, e per coloro che si faranno trovare impreparati sarà un duro rinsavimento.