La stampa (inglese) ci sta dando dentro alla grande, visto che ci sono tanti devastati mentali che parlano di “nazismo” negli USA e ritengono che essi “abbiano abbandonato” l'Occidente. Gli inglesi sono sempre stati dei maestri in questo: “Divide et impera”. Adesso più che mai è importante avere ben in mente un solo e unico obiettivo principale: mandare in bancarotta la “cricca di Davos”. Farà di tutto pur di sopravvivere, come abbiamo visto con la tentata intermediazione dei titoli sovrani americani a Londra e il “proxy” canadese per accedere, attraverso una nuova “backdoor”, al mercato degli eurodollari. Il caos e la confusione che suddetta stampa alimenta è propedeutica a un sempiterno scontro ricercato tra USA e Russia da parte della “cricca di Davos”. Questa è gente pericolosa e lo stiamo vendendo da come accelerano le cose in Europa, verso il peggio, dove lo stato di diritto è ormai un orpello che si può tranquillamente buttare nella raccolta dell'umido. Come ho descritto nei Capitoli 5 e 6 del mio ultimo libro, “Il Grande Default”, il sistema post-Seconda guerra mondiale è giunto alla fine e questo la classe dirigente lo sa: la scelta è duplice, un arretramento dello stato amministrativo o una caduta nel baratro del “tecno-comunismo”. Quest'ultimo è il futuro che stanno scegliendo l'Europa e l'Inghilterra. Gli USA, invece, si stanno muovendo verso qualcosa che è vagamente libertario e individualista; una cosa è certa, rifiutano la visione dei “globalisti” e questo è già tanto. Perché se si aggiusta questo problema, se si chiudono le scappatoie attraverso le quali i “globalisti” ottengono finanziamenti gratis, allora vengono risolti in un colpo solo una miriade di altri sotto-problemi. Ad esempio, il più grande mercato di intermediazione delle valute è a Londra. Il denominatore comune nel Forex è la sterlina. Nel momento in cui c'è un sistema che è stato creato “ad hoc” per sostituirsi allo SWIFT, il tuo business è pericolosamente a rischio. Oppure mentre i cialtroni dell'“eurospazzatura” chiacchierano, gli USA fanno i fatti. Che la corsa nell'industria tecnologica fosse solo a due (USA e Cina) era chiaro anche alle creature monocellulari, ma in questo modo, oltre a specializzare ulteriormente la propria offerta di prodotti, gli Stati Uniti possono concentrarsi esclusivamente sulla produzione senza dover sprecare risorse a “difendere” nazioni estere. L'emancipazione dalla narrativa “difendere Taiwan” diventa indirettamente un'offerta di collaborazione commerciale con la Cina. A questo punto inizia a chiarirsi un altro aspetto: la presunta autarchia degli USA, i dazi e le “annessioni” di Canada/Messico, altro non sono che la liberazione da tutte quelle appendici che venivano usate dalla narrativa guerrafondaia per impedire alla nazione di esprimere il suo pieno potenziale e quindi tenerla continuamente in uno stato di spesa frenetica per servire obiettivi oltreoceano: Londra e Bruxelles.
I leader dei governi europei sono molto arrabbiati con la nuova amministrazione Trump. Innanzitutto il Segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha affermato che un ritorno ai confini tra Ucraina e Russia precedenti al 2014 è un “obiettivo irrealistico” e che i leader europei non dovrebbero dare per scontato che le truppe americane saranno presenti sul continente per sempre.
Poi, il vicepresidente JD Vance, ha tenuto un discorso a una conferenza sulla sicurezza in Germania, in cui ha ammonito i governi europei per aver ripetutamente violato i principi liberaldemocratici che proclamano a gran voce di difendere. Ha citato il recente ribaltamento di un'elezione in Romania dopo che il risultato era andato contro ciò che il governo in carica e i suoi alleati dell'Europa occidentale volevano, così come una pletora di repressioni del dissenso politico da parte di alcuni degli alleati più stretti di Washington nel continente.
Infine il presidente Trump ha annunciato che il governo degli Stati Uniti avrebbe avviato colloqui diretti con il governo russo per negoziare la fine della guerra in Ucraina. Questi colloqui sono iniziati senza alcun coinvolgimento da parte di altri governi europei, tra cui l'Ucraina stessa.
Inutile dire che tutte queste dichiarazioni e sviluppi hanno fatto arrabbiare molto i leader europei, evidentemente convinti che gli Stati Uniti avrebbero continuato a schierare truppe, inviare armi e fornire finanziamenti per la sicurezza del continente, lasciando che i loro governi potessero agire come volevano e trattandoli come i principali attori della guerra per procura che abbiamo finanziato.
Da tutte le prove l'obiettivo dell'amministrazione Trump è di fare pressione sui governi europei affinché spendano di più i soldi dei loro contribuenti per finanziare la NATO. Un onere non indifferente dato che l'Europa è in questo momento immersa in un declino autoinflitto, e i contribuenti statunitensi non dovrebbero essere costretti a prendervi parte.
Da una prospettiva americana, il declino dell'Europa è tragico, poiché alcuni degli aspetti migliori delle nostre istituzioni e della nostra cultura possono essere ricondotti al periodo dell'ascesa dell'Europa.
Dopo la caduta dell'Impero romano, l'Europa occidentale si frammentò in molte piccole unità politiche. I territori relativamente piccoli di questi stati, insieme alla presenza di forti istituzioni non statali come la Chiesa e una classe mercantile internazionale, significavano che il potere era altamente decentralizzato.
Come hanno dimostrato studiosi del calibro di Ralph Raico, Nathan Rosenberg e L. E. Birdzel Jr., l'assetto altamente decentralizzato dell'Europa nel Medioevo fu il fattore principale nel generare la prosperità che ha poi dato all'Occidente più potere e uno standard di vita più sicuro e confortevole rispetto a qualsiasi altra civiltà nella storia. Un rispetto per i diritti della proprietà privata contribuì a creare un sistema giudiziario che amplificò ulteriormente il successo dell'Occidente.
Sfortunatamente l'immensa quantità di ricchezza permise anche agli stati di sottrarne una parte e di diventare molto potenti. Il principale tra questi era il governo britannico, il quale utilizzò la ricchezza del suo popolo per costruire il primo vero impero che si estendeva su tutto il globo. Le classi dominanti britanniche e di altre nazioni europee presentavano i loro governi sfarzosi e l'espansionismo straniero come un segno di gloria nazionale, ma l'ascesa di questi grandi e potenti stati rappresentava il costante abbandono delle stesse istituzioni che avevano alimentato la crescita dell'Europa.
La sorprendente produttività della Rivoluzione industriale tenne in piedi la festa per tutto il 1800, ma, come è noto, nel 1914 quasi tutta l'Europa venne trascinata nel conflitto più grande e sanguinoso che il mondo avesse mai visto. La brutalità della guerra e la sconfitta decisiva delle Potenze centrali, causata dall'ingresso non necessario degli Stati Uniti, prepararono il terreno per l'ascesa dei nazisti e la Seconda guerra mondiale, la quale cancellò ciò che restava del potere europeo.
Nei decenni successivi gran parte dell'Europa occidentale sprofondò al punto di diventare di fatto vassalli di Washington, allontanandosi ancora di più dalle istituzioni decentralizzate e dal rispetto dei diritti di proprietà privata. Il che ci porta alla situazione europea che Trump, Vance e Hegseth hanno affrontato di recente quando hanno preso le redini del governo americano.
I governi dell'Europa occidentale hanno istituito il totalitarismo in nome della prevenzione dell'ascesa del totalitarismo e hanno costruito un'altra grande rete di garanzie di guerra in nome della prevenzione di un'altra guerra mondiale. L'establishment europeo è ancora talmente traumatizzato dalla Seconda guerra mondiale che si comporta come se la storia fosse iniziata nel 1933 e ignora tutte le lezioni importanti da prima di quella data.
Dopo i commenti di Vance, i funzionari europei si sono presentati davanti alla stampa e hanno montato un'appassionata difesa della loro repressione del dissenso. E mentre Trump si muove finalmente per porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina, i leader europei si stanno affannando per trovare modi per raddoppiare in modo indipendente lo stesso assetto che ha contribuito a causare la guerra in primo luogo.
Il declino dell'Europa è una cosa triste da guardare, ma la reazione dei funzionari europei a Vance che li ha chiamati in causa su alcuni aspetti di tal declino conferma che le persone attualmente al comando della nave UE non cambieranno direzione tanto presto.
Se l'Europa è davvero intenzionata a ripiombare nell'oscurità attraverso il totalitarismo, la stagnazione economica, o scatenando una nuova guerra che coinvolgerà l'intero continente, i contribuenti americani non dovrebbero essere costretti a dare il loro contributo.
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
La finanza è sempre più un'arma di guerra. I policymaker negli Stati Uniti e i nostri alleati si concentrano troppo su strumenti macroeconomici come le sanzioni e la promozione del dollaro, quando invece il fronte moderno si sta evolvendo: oggi le vere battaglie si combattono sugli smartphone e sui mercati valutari globali.
La Cina sta portando avanti un piano pluridecennale per sostituire la più grande risorsa degli Stati Uniti: il dollaro. Esso è essenziale per il potere economico e geopolitico degli Stati Uniti in quanto valuta di riserva mondiale; senza, la nostra influenza si indebolirebbe e il nostro debito diventerebbe un problema ingestibile. Questo è esattamente ciò che vogliono il Partito Comunista Cinese e il Cremlino.
La Cina e la Russia hanno perso miliardi di dollari in titoli del Tesoro americani, mentre aumentavano le loro riserve di oro. Le nostre sanzioni, concepite per separare i Paesi dal sistema economico “occidentale”, non sono più un deterrente sufficiente per coloro che possono controllare l'attività finanziaria all'interno dei loro confini e proiettare il loro potere all'esterno.
Gli avversari autoritari, tra cui Cina, Iran e Russia, stanno attivamente costruendo sistemi economici transfrontalieri paralleli che attireranno nella loro orbita non solo i Paesi vicini, ma anche i nostri alleati che commerciano molto con loro.
Ad esempio, oltre la metà delle aziende in Giappone accetta Alipay, mentre più di un terzo accetta WeChat Pay. Questa distribuzione offre a due aziende cinesi una visibilità senza precedenti sulle singole transazioni di mercato dei consumatori e delle aziende giapponesi. Potrebbe consentire alla Cina di sconvolgere l'economia giapponese se le tensioni dovessero aumentare, come in un potenziale conflitto su Taiwan.
Come possono rispondere gli Stati Uniti
La Cina vede la tecnologia finanziaria e le criptovalute come strumenti per estendere il proprio potere finanziario e la propria sorveglianza a livello globale. Gli Stati Uniti devono rispondere in due modi: esportare la loro tecnologia e i loro sistemi finanziari in tutto il mondo e abbracciare Bitcoin come asset di riserva strategica invece di soffocarne l'innovazione.
Legislatori e politici di entrambe le fazioni, in particolare il presidente Donald Trump, riconoscono il potere di detenere Bitcoin nel bilancio della nazione come copertura contro l'inflazione. Questa direzione rafforzerebbe anche la resilienza degli Stati Uniti contro le sfide economiche poste dalle strategie finanziarie della Cina.
La Federal Reserve, come molte banche centrali, detiene un portafoglio diversificato di asset di riserva. A partire dal 2024 questo ha incluso circa $35 miliardi in valute estere e $11 miliardi in azioni aurifere. Tali partecipazioni dimostrano la forza economica dell'America e forniscono liquidità durante le tensioni finanziarie. Tuttavia, nel nostro mondo in rapida digitalizzazione, l'assenza di un asset digitale nativo in questo portafoglio sta diventando sempre più evidente.
Con la sua portata globale e la crescente adozione, Bitcoin è il candidato ideale per colmare questa lacuna. Spesso chiamato “oro digitale”, Bitcoin è una merce rara. Gli Stati Uniti sono il più grande stato a detenerlo, avendone sequestrati 210.000 dai criminali. Ciò conferisce agli Stati Uniti un vantaggio da pionieri e potrebbe garantire il loro futuro economico.
I critici potrebbero sostenere che la volatilità di Bitcoin lo rende inadatto come asset di riserva. Tuttavia questa volatilità diminuirà con la crescita dell'adozione e la maturazione del mercato. Nel 2021 El Salvador ha riconosciuto Bitcoin come moneta a corso legale e ha iniziato ad acquistarlo come asset di riserva; ha visto un aumento del 100% del proprio valore e non ha intenzione di venderli.
Una guerra su più fronti
Gli Stati Uniti devono riconoscere che siamo già in una guerra su più fronti contro la Cina. Uno di questi fronti sono i servizi finanziari e le criptovalute sono un'arma nel nostro arsenale. Perdere questa battaglia significa che i servizi finanziari globali e l'attività finanziaria individuale sarebbero dominati da stati avversari concentrati sul controllo capillare, la sorveglianza e il predominio, nonché un continuo attacco alla nostra valuta.
Trump lo ha capito e lo scorso luglio ha dichiarato a Bloomberg: “Se non lo facciamo, la Cina passerà in vantaggio [su Bitcoin]”.
Per proiettare il potere finanziario americano è anche necessario che il governo federale dia potere, consenta e incoraggi il nostro settore economico privato a interagire con le economie contese in tutto l'Indo-Pacifico e oltre. È essenziale espandere l'uso dei nostri sistemi di pagamento, banche e dollari, anche laddove è controverso.
In questo momento i nostri avversari stanno vincendo, perché non stiamo nemmeno giocando. Stanno esportando i loro sistemi, istituzioni e strumenti di sorveglianza in tutto il mondo. Nel frattempo abbiamo fatto poco, perché TikTok, una seria minaccia alla nostra sicurezza nazionale, affascina un'intera generazione di americani. Dobbiamo fare lo stesso con la tecnologia finanziaria, perché nessun'altra stoccata sarebbe più grande per i nostri nemici.
Gli Stati Uniti dovrebbero usare più esplicitamente la tecnologia finanziaria e le criptovalute come armi. Ad esempio, dovremmo sostenere la tecnologia finanziaria decentralizzata che consente ai cittadini di governi ostili, come l'Iran, di usare gli smartphone per accedere a stablecoin e servizi di pagamento basati sui dollari, al fine di iniziare a separare la loro attività economica dal controllo del loro governo. In sostanza, il potere riguarda il controllo, non solo della polizia o della sicurezza nazionale, ma anche delle risorse e delle economie.
Il mondo è a un bivio finanziario. La domanda non è se le valute digitali plasmeranno il futuro, ma come ci adatteremo a questa nuova realtà. Gli Stati Uniti possono plasmare questo futuro adottando Bitcoin come asset di riserva. Il momento per un'azione coraggiosa è adesso e i benefici per la stabilità finanziaria globale, e l'innovazione, potrebbero essere profondi.
L'articolo di oggi vuole essere l'ennesima pistola fumante a supporto di una tesi sposata a lungo su queste pagine: esiste una fazione avversa all'America stessa oggi che la governa. In caso contrario, non si spiega razionalmente il motivo per cui coloro che dovrebbero salvaguardare il benessere fiscale della nazione, la stiano facendo sprofondare volontariamente. Ciò si spiega con logica coerenza se si presume che coloro che fanno parte dell'amministrazione attuale non siano altro che vandali, il cui scopo è distruggere gli USA. Mi riferisco ovviamente alla cricca di Davos, i cui infiltrati sono in entrambi gli schieramenti politici e nel tempo hanno dimostrato di essere ottimi compagni di letto (es. Bohener, McCarthy/McConnel, Johnson, ecc.). Solo la Federal Reserve sta dimostrando, invece, di opporsi alla calamità fiscale che viene attivamente promossa da Capitol Hill. È in questa chiave che dovete leggere l'articolo di oggi. La guerra tra queste due fazioni si surriscalderà ulteriormente l'anno prossimo e raggiungerà il culmine nel 2026. Ricordate, la componente finanziaria è sempre superiore a quella politica ed ecco perché se la cricca di Davos avesse messo la Brainard al posto di Powell adesso avrebbe dato scacco matto agli USA. Facendo aumentare il valore del dollaro e facendo leva sui carry trade abilitati da uno yen a prezzi ridicoli, l'effetto morsa sull'euro è schiacciante; effetto ulteriormente accentuato dal fatto che Cina e partner di scambio stanno progressivamente usando lo yuan come valuta di saldo (soprattutto nel mercato energetico) e questo contribuisce ancor di più a far arretrare l'euro. Il risultato, quindi, è la Federal Reserve che continua a fare pressione sul dollaro prosciugando biglietti verdi dall'economia mondiale e contraendo il mercato degli eurodollari (non sotto il controllo della FED ma di Londra, quindi togliendo potere agli inglesi) e i cinesi che vendono titoli di stato statunitensi per puntellare lo yuan e le loro economie satelliti, chi viene schiacciato in mezzo è l'euro, l'Eurozona e la sterlina. Chi sta cercando di sostenere, disperatamente, l'euro sono la Gran Bretagna (non a caso si fanno insistenti le voci di un'inversione della Brexit) e l'amministrazione Biden, ma il controllo sta sfuggendo di mano come abbiamo visto il mese scorso in questa intervista a Draghi. Infatti non è una questione squisitamente finanziaria, ma anche energetica laddove l'UE, a causa delle sanzioni (fallimentari) alla Russia, paga la materia energia dalle 2-3 volte in più rispetto al passato. Questa, in parole povere, è una guerra di attrito in cui la strategia è ridurre progressivamente le riserve dell'avversario. Vincerà chi avrà il fiato più lungo. Gli Stati Uniti stanno potenziando la produzione interna, ridotto le importazioni, persuaso aziende tedesche a delocalizzare sul suolo americano e continuano a sostenere l'onshoring di quelle aziende nazionali che in passato avevano delocalizzato altrove, oltre ovviamente ad avere il dollaro e una discreta capacità di produrre energia a basso costo internamente (limitata da Biden, ma facilmente ripristinabile data la natura politica di tale blocco). L'Europa, invece, non ha mai avuto una grossa capacità di produzione propria di energia e il tessuto industriale europeo è in deterioramento: la Germania, in particolar modo, è in frenata da mesi e di recente l'Italia è uscita dalla nuova "via della seta" cinese con tutte le conseguenze del caso per l'approvigionamento di semilavorati (linea di politica anche condivisibile sotto alcuni punti di vista, ma in questa fase storica non fa altro che aumentare le frizioni con la Cina che, come gli USA, ha ridotto importazioni/esportazioni in Europa). Elevati deficit di bilancio da rifinanziare, elevati costi dell'energia e fornitura di semilavorati dalla Cina in calo equivalgono a un continuo calo della produzione industriale europea da qui a tempo da definirsi. E questo panorama vi dà l'idea di chi tra Stati Uniti, nonostante i loro problemi economici, ed Europa avrà il fiato più lungo.
Eccone una che vi farà rizzare i capelli: il Tesoro degli Stati Uniti ha chiuso i conti per l’anno fiscale 2023, portando il deficit cumulativo quadriennale a $9.000 miliardi!
Proprio così: durante gli ultimi 1.461 giorni (dall'anno fiscale 2020 al 2023), lo Zio Sam ha generato $6,2 miliardi in inchiostro rosso ogni giorno, compresi i fine settimana, le festività e i giorni di neve. Per chiunque tenga il punteggio a casa, si tratta di $4,2 milioni in inchiostro rosso al minuto.
A scopo di prospettiva, ecco quanto tempo è stato necessario per generare i primi $9.000 miliardi di debito pubblico degli Stati Uniti: ci sono voluti 43 presidenti e 219 anni per raggiungere $9.000 miliardi di debito pubblico nel luglio 2007. Quindi da lì in poi l’orologio del debito nazionale ha accelerato la sua corsa.
Valore di mercato del debito pubblico in circolazione, dal 1940 al luglio 2007
Si scopre poi che se si rimuovono tutti i fronzoli statistici dai numeri del bilancio, il deficit federale per l’anno fiscale 2023 è stato di oltre $2.000 miliardi, ovvero il doppio del livello comparabile nell’anno fiscale 2022. I numeri ufficiali, ovviamente, non sembrano altrettanto allarmanti, attestandosi a $1.400 miliardi per l’anno scorso e a $1.700 miliardi quest’anno.
Ma come ha spiegato di recente il Wall Street Journal, questo confronto è molto fuorviante perché include uno spostamento di bilancio di $380 miliardi tra i due anni. Sembra che la cancellazione del debito studentesco di Sleepy Joe sia stata registrata come “costo” nel settembre 2022, ma poi sia stata cancellata nell'anno fiscale 2023, trasformandolo in un gigantesco "risparmio"!
Quando l’amministrazione Biden ha annunciato il suo piano per condonare il debito studentesco detenuto da 40 milioni di americani nel settembre 2022, ha iscritto a bilancio il costo a lungo termine del programma: $379 miliardi in una sola volta, anche se di fatto non è stato speso denaro per quell’anno [...]. Ma nel giugno 2023 la Corte Suprema ha annullato il programma di cancellazione del debito, il che significa che la maggior parte di quel denaro non sarebbe stato effettivamente speso. Invece di aggiornare i numeri del deficit dello scorso anno, il Tesoro ha registrato i cambiamenti come un taglio alla spesa di $333 miliardi nell’agosto 2023.
Non uso alla leggera l’epiteto “statistica creativa”, ma prenotare i prossimi 50 anni per il rimborso dei prestiti studenteschi durante il solo mese di agosto 2023 equivale esattamente a questo. Tuttavia Joe Biden ha l’audacia di continuare ad affermare di aver tagliato il deficit federale!
In realtà egli è circondato dai soliti keynesiani quando si tratta di politica fiscale, ma anche loro non hanno storicamente raccomandato un aumento del deficit in un periodo di cosiddetta piena occupazione, soprattutto quando il tasso di disoccupazione ufficiale è solo del 3,8% e l’economia è ancora in difficoltà a causa della grave carenza di manodopera. Infatti il deficit da $2.000 miliardi per l’anno fiscale 2023 ammonta al 7,5% del PIL, un livello che avrebbe dovuto verificarsi solo nel momento più oscuro di una grave recessione.
Inutile dire che queste squallide cifre fiscali sono solo un ulteriore atto d'accusa contro il nefasto governo dell'Unipartito a Washington. Quando si finanzia una macchina della guerra da $1.300 miliardi, s'isolano $4.200 miliardi all’anno in previdenza sociale, Medicare e altri diritti sociali, si riempiono fino all’orlo i barili della spesa discrezionale interna, si allontana ogni idea di aumentare le entrate e si deve affrontare l’esplosione del costo degli interessi netti sul debito pubblico, il risultato sono $9.000 miliardi sotto forma di tsunami d'inchiostro rosso... e crescerà negli anni a venire.
Infatti questi numeri sono ora incorporati nella torta fiscale. Il mondo è sul punto di scoppiare in un conflitto più allargato in Medio Oriente e l’Ucraina è appesa a un filo, entrambi a causa della perfidia neoconservatrice degli ultimi decenni. Quindi il budget complessivo per la sicurezza nazionale da $1.300 miliardi (es. Dipartimento della Difesa, assistenza e operazioni di sicurezza internazionali, veterani) non potrà far altro che salire.
Nel frattempo Donald Trump ha virtualmente bloccato la nomina repubblicana anche se finisse dietro le sbarre prima del novembre 2024. Comunque andrà a finire prevarrà l'undicesimo comandamento del partito repubblicano: non toccare la previdenza sociale o l’assistenza sanitaria statale, anche se costeranno $34.000 miliardi nel prossimo decennio; i loro fondi fiduciari saranno insolventi entro l’inizio del prossimo decennio e migliaia di miliardi di questi benefici rappresentano pagamenti, non un ritorno sulle imposte versate da contribuenti nel corso della loro vita lavorativa.
Per quanto riguarda la “piccola” parte del bilancio (meno del 15%) chiamata “spesa discrezionale non legata alla difesa”, il partito repubblicano ha già firmato i suoi documenti di confessione: tra l’anno fiscale 2017 (l’ultimo bilancio di Obama) e l’anno fiscale 2021 (il bilancio finale di Trump), questa componente fiscale è aumentata da $610 miliardi a $895 miliardi. Si tratta di un aumento del 47% in un momento in cui il partito repubblicano controllava il diritto di veto alla Casa Bianca e in una o entrambe le camere del Congresso.
E poi si arriva alla ciccia, vale a dire, l’impennata del costo del servizio del debito a causa della normalizzazione a lungo ritardata, ma non ancora completata, dei tassi d'interesse.
Semmai ci fosse qualche dubbio sul fatto che Washington stesse vagando in un Paese dei balocchi grazie alla drastica soppressione dei tassi d'interesse da parte della FED, i dati relativi al costo medio ponderato del servizio del debito dovrebbero risolvere la questione.
Alla vigilia dell’anno fiscale 2020 e della summenzionata esplosione del debito pubblico da $9.000 miliardi che ne è seguita, il debito federale detenuto dal pubblico era già più che triplicato: da $5.000 miliardi alla fine del 2007 a quasi $17.000 miliardi alla fine dell’anno fiscale 2019. A causa della ZIRP, il tasso d'interesse medio ponderato sul debito federale era solo del 2,5% al 30 settembre 2019.
Poi è arrivata l’esplosione dei finanziamenti, ma, mirabile dictu, il costo del servizio del debito federale ha continuato a diminuire. All’inizio di marzo 2022, quando la FED si è finalmente concentrata sulla lotta all’inflazione, il tasso d'interesse medio ponderato ha raggiunto solo l’1,56%!
Proprio così. Washington era nel mezzo della più grande frenesia di spesa e d'indebitamento della storia, ma grazie alla FED il rendimento medio del debito pubblico era sceso del 40%.
Da allora la realtà si è intromessa dolorosamente: entro la fine dello scorso agosto 2023 il costo ponderato era al 2,92%, di conseguenza il tasso annuale della spesa per interessi è salito da $578 miliardi nel terzo trimestre del 2019 a $910 miliardi nel secondo trimestre del 2023. Si tratta di un aumento del 57%, ma è appena un riscaldamento per ciò che sta arrivando.
Praticamente ogni scadenza dei titoli del Tesoro, dai buoni a 30 giorni alle obbligazioni a 30 anni, viene attualmente scambiata a +/- il 5,0%, il che significa che quando le attuali scadenza dovranno essere rinnovate, il servizio del debito aumenterà di ulteriori $500 miliardi all’anno, ancor prima che nuove migliaia di miliardi vengano aggiunte al totale del carico di debito dello Zio Sam.
E oltre a ciò, il 5% non è certamente il limite massimo sui rendimenti dei titoli del Tesoro. Dato l’indebitamento pubblico galoppante e il tasso di risparmio storicamente basso della nazione, il rendimento medio del debito pubblico probabilmente si dirigerà ancora più in alto. E questa volta non ci sarà alcun salvataggio da parte della FED, perché l'inflazione non sta scendendo, il che significa che un nuovo ciclo di “denaro facile” si sta affievolendo lungo l'orizzonte.
In questo contesto la politica economica del partito repubblicano è una favola direttamente dal Paese delle fantasie. Vale a dire, anche se vogliono ancora di più per il complesso militare e stanno prendendo a gran voce per lo stato sociale, si sentono comunque obbligati a chiedere che i tagli fiscali di Trump vengano prorogati in modo permanente quando scadranno nel 2025.
Ciò costerebbe la bella cifra di $3.500 miliardi in mancate entrate nel prossimo decennio e si aggiungeranno ai $25.000 miliardi in nuovo debito.
In breve, l'Unipartito ha affidato le finanze della nazione a una macchina fiscale apocalittica che è letteralmente inarrestabile.
Ci sono due forze all'interno degli Stati Uniti che stanno spingendo in direzioni opposte: da un lato la linea di politica della FED che spinge verso una salubrità economica, dall'altro la linea di politica dell'amministrazione Biden che spinge invece verso il dissolutismo economico. Powell attraverso le sue azioni da due anni a questa parte, ovvero da quando ha garantito un premio di 5 punti base nel mercato pronti contro termine americano e ha iniziato ad attirare capitali finanziari negli USA data la fame di rendimenti decenti che permeava i mercati, ha intrapreso una strada che vuole condurre lo zio Sam a disintossicarsi da anni e anni d'interventismo monetario sconsiderato. E, ricordiamolo, le istituzioni europee non sono ben volute in questo mercato visto che, dal 2019, non è possibile porre come garanzia per i prestiti pronti contro termine asset europei. Questo, insieme all'onshoring della denominazione dei debiti tramite il SOFR, sta permettendo alla FED di applicare (almeno finora) una demolizione controllata di tutti quelle strutture economiche fatiscenti nate sulla scia della bolla del denaro facile degli ultimi 15 anni. I salvataggi, infatti, restano confinati in patria e non ci si accolla più i problemi altrui come invece succedeva con il LIBOR. Per quanto ciò possa essere, nonostante tutto, lo stesso distorcente, la portata è contingentata.
Tutto bene, potremmo dire, se la storia finisse qui. Invece c'è di più e questo di più è rappresentato dall'amministrazione Biden che invece fa parte di un altro "modo di pensare". I livelli di spesa pubblica e dissolutismo fiscale sfoggiati da Capitol Hill sono pesantemente influenzati da una inclinazione verso quella che chiamo cricca di Davos, la quale, da quando Trump e Powell sono arrivati ai posti di comando, hanno visto affievolirsi la loro presa sugli Stati Uniti. Quest'ultima era ben salda durante tutta la presidenza Obama e il governatorato Bernanke/Yellen, salvo poi venire contrastata dalle grandi banche commerciali statunitensi quando era diventato chiaro che l'obiettivo era quello di scalare ostilmente gli Stati Uniti e il suo bacino di ricchezza reale per permettere all'Europa e all'euro di diventare il nuovo riferimento a livello mondiale. La spaccatura è diventata chiara quando s'è iniziato a parlare con una certa insistenza di CBDC.
Powell è una creatura di Wall Street e, a differenza della Brainard che avrebbe dovuto prendere il suo posto, lavora per player diversi. Nelle condizioni attuali sbrogliare la matassa del debito pubblico è critico per le varie giurisdizioni, dato che rappresentano una trappola che, per inerzia, continua a succhiare ricchezza reale senza più controllo. Inutile dire che lo stato sociale è diventata una creatura a sé stante che, come un blob, continua a inglobare capitale umano e finanziario. Tutti sono preoccupati da questa macchina mortale che continua a mietere vittime e se non verrà fermata finirà per consumare anche coloro che l'hanno alimentata per scopi clientelari. La fine che fanno tutti gli schemi Ponzi.
Il segreto di Pulcinella: esistono passività off-budget. Al di là di ciò, la Germania vanta un credito di €1000 miliardi nel sistema TARGET2. Visto che in Italia "l'outlook è positivo", essa non avrà problemi a saldare il suo debito e salvare l'UE, no? 🤡https://t.co/Ef6Y7AoGbD
La coordinated central banking policy mirava esattamente a questo: guadagnare tempo per incrementare il controllo capillare sulla società in modo da poter effettuare le riforme necessarie, e dolorose, per far transitare le varie economie verso un modello socio-economico simile a quello cinese. L'accettazione senza riserve del comando/controllo è un prerequisito imprescindibile in questo caso, soprattutto perché è tutto in nome del "bene pubblico". Come si fa a vendere alle masse un prodotto che presuppone l'annullamento di quelli che nel corso del tempo sono stati spacciati come vantaggi e sono diventati una consuetudine della fanfara politica durante le elezioni? Insomma, il proverbiale lungo termine keynesiano era in vista e la soluzione concordata dalle varie giurisdizioni era quella di un giubileo dei debiti con successiva emissione di perpetual bond, come strumenti finanziari caldamente raccomandati, per assicurare che gli stati fossero adeguatamente finanziati. Il prototipo di questa linea di politica è lo sconto fiscale approvato su chi investe in obbligazioni sovrane italiane, ad esempio. Per quanto tutti potessero essere d'accordo su questa linea d'azione una cambiamento epocale del genere non avviene senza sacrifici e, in particolare, senza quello degli Stati Uniti. In questo modo Europa e Cina avrebbero guadagnato in prestigio economico e commerciale.
Come accade in tute le cupole mafiose, le bande criminali stringono patti alla luce del sole e patti sottobanco, portando a tradimenti, che hanno lo scopo di avvantaggiare una certa parte a scapito di altre. L'ascesa di Trump negli Stati Uniti era figlia di tale consapevolezza. Una CBDC negli USA avrebbe significato perdita definitiva di potere nelle mani del sistema bancario commerciale e incanalamento dello stesso verso quei personaggi a livello federale a capo delle principali istituzioni: Casa Bianca e Federal Reserve. Inutile ricordare che la cricca di Davos ha lavorato negli anni per infiltrare opportunamente suoi lacchè nelle varie sale dei bottoni. In questo modo gli USA sarebbero stati bersagli facili e sul loro cadavere sarebbe potuta nascere una nuova società mondiale. La contromossa è stata quella d'iniziare i lavori per implementare il SOFR nel 2017 e poi, nel 2019, per sbattere fuori dai mercati dei prestiti statunitensi le garanzie europee. In sintesi è iniziata una guerra tra valute e sin da allora è stata un'escalation dopo l'altra, come ha evidenziato la chiusura dei rubinetti degli eurodollari. La guerra che sta combattendo Powell, infatti, non è nel mercato che tutti vedono, ma in quello che non vedono: il sistema bancario ombra. La vera contrazione del credito sta avvenendo qui.
Un compito titanico, inutile dirlo, che ha mandato talmente a carte quarantotto i piani presumibilmente ben congegnati da parte della cricca di Davos da lanciare una psy-op dietro l'altra, a cominciare dalla crisi sanitaria del 2020, per tirare per la giacchetta la FED affinché continuasse a svolgere il ruolo di salvatore del mondo... a spese dei contribuenti statunitensi. Poi, però, è arrivato il SOFR e questo ruolo è stato dismesso. Di conseguenza la cricca di Davosha seminato zizzania in alcune parti del mondo, come Ucraina e Medio Oriente, affinché il Ministero del Tesoro USA avesse scuse continue per approvare deficit di bilancio crescenti e inviare risorse monetarie all'estero (debitamente riciclate nelle proprie mani). La guerra cinetica, quindi, non è altro che un movente per far impantanare gli USA in avventure belliche all'estero affinché continuino a spendere e i dollari continuino a fluire, dato che la FED non è più connivente. Ecco perché ci sono voluti mesi e mesi prima che venisse rinnovato il secondo mandato di Powell ed ecco perché le vere elezioni che contano non saranno quelle dell'anno prossimo, bensì quelle del 2026 quando dovrà essere rinnovato il governatore della FED. Se volete ulteriori prove a supporto delle mie tesi vi basti pensare che in questo momento storico non ci sarà alcuna CBDC negli Stati Uniti, infatti FedNow non è affatto un'architettura per implementarne una; poi ci sono le rimesse della FED nei confronti del Ministero del Tesoro, flusso negativo da quando è iniziato il ciclo di rialzi dei tassi.
MISSIONE (NON ANCORA) COMPIUTA
Gli avvertimenti nei confronti dell'economia statunitense, come quelli lanciati da Dimon di recente, non rappresentano un monito per la nazione in quanto tale o le istituzioni pari di JP Morgan, bensì sono un messaggio oltremare che sta segnalando la parziale riuscita della missione della FED. Come i lettori ricorderanno, ho scritto due pezzi molto importanti sullo stato in cui versa il sistema bancario commerciale europeo: il primo andava a dimostrare come gli stress test siano fuorvianti e manipolati ad hoc; il secondo andava invece ad analizzarne approfonditamente la forma, concludendo con un giudizio incoraggiante di "pessimo stato". E indovinate un po'? Adesso arriva alla stessa conclusione la stampa generalista, con netto ritardo per gli investitori. Questa a sua volta significa che le altre banche centrali devono ballare al suono della musica della Federal Reserve, poiché la mancata assunzione dell'UE a punto di riferimento mondiale ha consentito al mercato degli eurodollari e al dollaro stesso di restare cruciali per il funzionamento del sistema finanziario mondiale.
E non pensate che i BRICS possano avere un'opportunità in tal senso, soprattutto alla luce del fatto che i partner che ne fanno parte non si fidano dei sistemi monetari dei loro pari. Inoltre, per quanto possano commerciare tra di loro in oro, dopo il fallimento della conferenza di Johannesburg lo scorso agosto riguardo a un'eventuale approvazione di una valuta comune coperta dal metallo giallo, le speranza dei gold bug per un ritorno di un gold standard, o uno pseudo tale anche, possono essere abbandonate. D'altronde l'economia di riferimento in Asia è senza dubbio quella cinese e per come è strutturata è alquanto impossibile che possa permettersi l'ancoraggio della propria valuta a un asset duro come i metalli preziosi. Più congeniale alle loro "esigenze" è lo yuan digitale connesso al sistema di credito sociale, stessa architettura socio-economica sognata dall'UE e dall'euro. A tal proposito non dovrebbe sorprendervi un fatto che il sottoscritto aveva messo in risalto già lo scorso maggio, ovvero che la Brexit sarebbe stata invertita e guarda caso ci si sta muovendo esattamente verso quella direzione. Perché? Perché la cricca di Davos ha bisogno di credibilità all'interno di un sistema in sfacelo.
La missione intrapresa dalla Federal Reserve, infatti, è indirizzata a far saltare in aria qualcosa nello schema Ponzi europeo affinché metta in ginocchio tale giurisdizione e di conseguenza l'influenza strategica della cricca di Davos stessa. Problema: nessuna delle due fazioni principali in lotta non smetterà di guerreggiare finché l'altra non sarà stata sconfitta o come minimo ridimensionata. Di conseguenza, oltre alla Cina e il suo caravanserraglio di nazioni vassalle, l'UE vuole tornare ad avere dalla sua parte anche l'Inghilterra (temporaneamente persa durante la Brexit fortemente voluta dalla regina). Inoltre la stampante della BoE può fare comodo, dato che c'è bisogno di deviare l'attenzione dai guai finanziari montanti sia in Cina che in Giappone che, per quanto vogliano seguire a parole la FED, sono stata costrette a riaccendere la stampante per puntellare i loro mercati dato che un rialzo dei tassi significativo farebbe scappare tutti i buoi dalla stalla.
CLARIFICATION ⚠️$JPY is doomed in the long term, #Japan is deep into the liquidity trap and the wage-inflation spiral is already happening there (even if, not surprisingly, still officially denied)#Japanese people are sick and tired by Kishida that has such a low approval… https://t.co/6YXarV4R7Upic.twitter.com/kp9d69sErd
🚨IN A SCRAMBLE TO SURVIVE, SOFTBANK IS KILLING ALIBABA! 🚨$BABA closed the last session crashing 9% after results beating expectations across the board, leaving many dumbfounded. Of course, the media quickly made up a narrative to write a story that could more… https://t.co/4W1kwdQDgVpic.twitter.com/f1XAi3nmsC
Questi tweet rappresentano all'atto pratico quello che a livello teorico io dico costantemente su queste pagine: l'interconnessione del sistema finanziario odierno è talmente intricata che non si sa più chi possiede cosa e quanto valga davvero quella cosa. Badate bene che l'inversione del carry trade abilitato da uno yen a rendimenti negativi è ciò che ha principalmente permesso finora di tenere a galla i vari mercati mondiali; infine, però, i nodi vengono al pettine e bisogna fare i conti con le deformazioni risultanti. Potete star certi, comunque, che l'obiettivo della FED non è spazzare via tutti i player a essa avversi, ma creare tanto dissesto quanto basta per spazzarne via la maggior parte. E lo scompiglio generato finora ha sicuramente generato frizioni importanti, soprattutto se si osserva il mercato del lavoro europeo e quello del commercio mondiale. Questi sono tutti fenomeni a valle di un malessere economico principale che pone l'Europa come diffusore primario di tale malattia.
È per questo che le parole di Dimon sono cruciali, in particolar modo se si nota che finora la FED non ha effettivamente ristretto granché dal punto di vista monetario. Il tasso di riferimento più guardato negli Stati Uniti al netto dell'inflazione – la differenza tra il rendimento del decennale meno l’indice dei prezzi al consumo – è ancora solo dell'1% circa. La politica monetaria è ancora allentata, quindi, non stretta. Tradizionalmente un mutuatario può aspettarsi un rendimento reale sul suo denaro pari al 2-4%. Inoltre, per quanto la FED abbia ridotto l’offerta di denaro lasciando scadere le sue obbligazioni in portafoglio, finora ciò ha portato il suo bilancio da $8.900 miliardi a circa $7.900 miliardi. Non molto impressionante, soprattutto se si tiene in considerazione che era inferiore ai mille miliardi di dollari solo 15 anni fa. Per quanto abbia avuto effetto sulla riserva frazionaria del sistema bancario ombra, il compito della FED non è ancora esaurito.
A tal proposito deve anche impedire che i mercati interni diventino troppo turbolenti, facendo in modo che i piccoli/medi investitori rimangano investiti e non scappino in preda al panico. Non tanto per una eventuale fuga verso la qualità (che in fin dei conti sarebbe prevalentemente il dollaro), quanto per una questione di destabilizzazione in quanto tale. Qualsiasi banca centrale lavora secondo l'assunto “non agitare le acque” e mancare a questa linea d'azione significa incappare in guai di gestione ritenuti superflui dagli stessi banchieri centrali. L'ottimismo intorno a Nvidia, ad esempio, ruota tutto attorno a questo semplice fatto... anche se è un ottimismo privo di fondamento. Un compito difficile, senza dubbio, ma mai tanto arduo quanto quello della BCE che adesso, diversamente dal passato in cui la Federal Reserve copriva le spalle a tutti, è di fronte a una situazione esplosiva a causa del moltiplicarsi si aziende zombi che saltano. Ultimi esempi in ordine cronologico sono in Germania e in Austria. Dopo BoJ e PBoC, se si aggiungerà anche la BCE alla carovana di banche centrali che tagliano i tassi, allora quello sarà il segnale che le cose sono sfuggite di mano nella già tanto citata “race to the bottom”.
In questo contesto comunque, per quanto spericolate siano le azioni della Yellen e violenta la correzione nei mercati azionari, è necessario tenere a mente che gli Stati Uniti saranno quelli che meno ne risentiranno rispetto alle altre giurisdizioni. Infatti l'emissione a profusione di debito del Tesoro USA è l'unico modo in cui i Paesi esteri possono adesso entrare in possesso di garanzie con una liquidità molto alta, dato che, come ripetuto già diverse volte, il sistema degli eurodollari ormai è stato chiuso dalla stessa Federal Reserve. E con Paesi esteri intendo gli “amichetti” cui risponde la Yellen. Da questa escalation di eventi possiamo dedurre che uno degli asset più importanti di questo decennio sarà l'energia e, in particolar modo, la molla per far balzare il petrolio fino a $150 al barile. Oltre all'OPEC+ che continua a tagliare la produzione giornaliera, c'è il comparto nel suo insieme che non ha smesso mai di crescere nonostante la volatilità del prezzo dell'asset di riferimento. Le tensioni geopolitiche ed economiche, poi, sono la congiunzione cruciale in questo scenario che, per quanto ipotetico, non è affatto da escludere.
LA GARANZIA COLLATERALE NEL GRANDE GIOCO
Sebbene queste siano, apparentemente, forze più grandi del singolo, non esisterebbero senza il consenso implicito dello stesso. Questo a sua volta significa che esso è la garanzia collaterale affinché tale gioco possa andare avanti. È un circolo vizioso che pare non abbia fine. A tal proposito è utile capire da dove abbia iniziato a spiralizzarsi e in che modo possa essere eventualmente scardinato. I reperti archeologici mostrano che un tempo le persone vivevano in modo molto simile agli animali, cacciando e raccogliendo il cibo; quando poi scoprirono che potevano coltivarlo e potevano addomesticare animali, formarono degli insediamenti. L’agricoltura forniva un surplus di cibo e consentiva alle persone di dedicare meno tempo alla ricerca del nutrimento e più tempo per altre attività produttive, andando così a gettare le basi per una diversificazione strutturata del lavoro. Con tale specializzazione arrivò l'opportunità di commerciare: dal baratto fino allo scambio indiretto. Tutte le altre scoperte che hanno migliorato il nostro tenore di vita sono dipese dal semplice processo di scambio di un bene con un altro altamente liquido e quei beni universalmente accettati nel commercio divennero noti come denaro. Solo con l’avvento di quest'ultimo si poté sviluppare in larga misura la divisione del lavoro, consentendo alle persone di specializzarsi nelle linee di produzione più adatte alle loro capacità o al loro temperamento. In sintesi, il denaro ha reso possibile il progresso della civiltà come la conosciamo oggi.
Le persone hanno abbracciato l’idea del denaro perché le rendeva molto più ricche: a differenza del baratto non erano più limitate da una doppia coincidenza di desideri, tra le altre cose. Ma la civiltà si è sviluppata anche in altri modi, perché non tutti si accontentavano di lavorare e commerciare per sostenere sé stessi e le proprie famiglie. Alcuni entrarono a far parte di una banda dominante, promulgando regole e chiedendo tributi ai produttori in cambio di protezione da altre bande; pertanto lo sviluppo della civiltà è coinciso anche con l’emergere del governo autocratico, una struttura sociale a più livelli in cui i delinquenti impartivano ordini e il resto della società obbediva. Quando cominciò ad essere utilizzata la moneta coniata, i governanti videro che il controllo del denaro aumentava considerevolmente il loro potere.
Nel corso dei secoli i governi, in collusione con i banchieri, hanno eliminato il denaro-merce dai mercati mondiali, sostituendolo col denaro fiat separato da qualsiasi connessione con un valore reale. In un certo momento della storia umana coloro che, ad esempio, avrebbero voluto usare l'oro o l'argento negli scambi, avrebbero dovuto prepararsi al pericolo di una lunga pena detentiva. Con un governo autocratico non ci si poteva aspettare niente di meno: monopolizzare la contraffazione del denaro è sempre stato il modo preferito dallo stato per confiscare la ricchezza dei suoi sudditi, poiché non ha la capacità di effettuare un calcolo economico in accordo con segnali genuini di mercato. Di conseguenza deve crearne di artificiali per sopravvivere, ma in quanto tali essi non resistono alla prova del tempo e dell'azione umana. Le tasse, infatti, per quanto si possa propagandare il loro uso per “fini benevoli” o presumibilmente produttivi, sono uno strumento intrinsecamente distorcente.
Ma che dire delle cosiddette società democratiche in cui il governo presumibilmente serve gli interessi delle persone che lo eleggono? Per caso un qualsiasi economista ha scoperto una verità che legittima le attività di governi repressivi? Siamo ora soggetti a un sillogismo scientifico secondo cui la bontà del denaro in quanto strumento migliorativo del genere umano ci porta alla conclusione che più ne abbiamo meglio è? E poiché la cartamoneta può essere prodotta rapidamente e quasi senza limiti, essa è la scelta migliore. Come siamo finiti in un sistema monetario così barbaro quando il denaro è entrato nella storia del mondo come un benefattore per l'umanità?
Con l’ascesa del potere statale nel ventesimo secolo sotto la bandiera del progressismo, gli economisti iniziarono a parteggiare sempre di più per la causa dello stato e sostenere l’ideale dell’inflazione e del deficit come condizioni permanenti. Dal 1930 alla pubblicazione della Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta di John Maynard Keynes nel 1936, gli economisti di libero mercato scivolarono nell’oblio. I pochi libri che offrirono una spiegazione di libero mercato alla Grande Depressione – in particolare The Great Depression di Lionel Robbins (1934) e Banking and the Business Cycle: A Study of the Great Depression in the United States di Chester Phillips, T. F. McManus e R. W. Nelson (1937) – non hanno mai influenzato la politica. Perché? Perché quest'ultima aveva bisogno di giustificazioni a supporto della sua linea d'azione. Perché? Perché essa, come detto prima, non ha mezzi genuini per sopravvivere da sola alla prova del tempo e dell'azione umana. F. A. Hayek pensava che Keynes avrebbe in seguito ripudiato La Teoria Generale come fece con un lavoro precedente, quindi non si prese la briga di criticarla immediatamente (sebbene dal 1937 al 1988 la criticò in vari modi, sempre in sordina però visto che aveva capito che il mondo accademico era stato cooptato dalla politica e se voleva ancora farvi parte non doveva essere “accademicamente” sgarbato). Durante gli anni ’30 e durante la seconda guerra mondiale l’economista della Chase Bank, Benjamin Anderson, criticò le politiche governative in una serie di articoli che furono poi pubblicati su Economics and the Public Welfare nel 1949, anno della sua morte.
Come ha scritto Gary North, il libro di Keynes ha vinto la battaglia ideologica anche se nessuno lo ha mai letto. Viene letta invece la “traduzione” Economics di Paul Samuelson, originariamente pubblicato nel 1948. Samuelson guidò la carica nel promuovere “l’opera geniale” di Keynes:
È un libro scritto male, mal organizzato; qualsiasi profano che, ingannato dalla precedente reputazione dell’autore, avesse acquistato il libro sarebbe stato derubato dei suoi cinque scellini [...]. È arrogante, irascibile, polemico e non eccessivamente generoso nei suoi riconoscimenti. È ricca di pii desideri o di confusioni. In esso il sistema keynesiano risalta indistintamente, come se l'autore fosse appena consapevole della sua esistenza o consapevole delle sue proprietà [...] Insomma, è un'opera geniale. [...] Keynes nega che esista una mano invisibile che incanala l’azione egocentrica di ogni individuo verso l’ottimale sociale. Questa è la somma e la sostanza della sua eresia. Nei suoi scritti si trova continuamente la figura retorica secondo cui ciò che serve sono certe “regole della strada” e azioni statali, che andranno a beneficio di tutti, ma che nessuno è motivato a stabilire o seguire da solo. [enfasi mia]
Il profano non solo è stato derubato dei suoi scellini, ma gli è stata anche negata una chiara esposizione di come funziona un’economia di mercato. Invece gli viene detto che abbiamo bisogno dello stato salvatore per evitare che l’economia si autodistrugga. Se, come diceva North, il marxismo è la religione della rivoluzione, lo statalismo è la religione della recessione.
1/ Oggi un noto gestore di telefonia ha mandato SMS a tutti i suoi clienti in cui si univa al coro unanime contro la buzzword del momento: il patriarcato. Se non c'avete fatto caso un nuovo movimento è sorto, o per meglio dire "ri-sorto": i flagellanti.
Le azioni dello stato, per loro natura, non portano mai benefici a tutti. La proverbiale mano invisibile di Adam Smith ha funzionato nella misura in cui gli interventisti sono rimasti a bordo campo. Poiché Keynes è considerato l’economista più influente del ventesimo secolo, è l'apparato statale iper-interventista, e non il mercato, il responsabile del declino socio-economico del mondo odierno. Se le economie fossero libere dall’intrusione dello stato, la vita sarebbe migliore e qualsiasi idea di un Grande Reset verrebbe immediatamente respinta. Invece la sottomissione nei confronti di un sistema “più grande del singolo” è il segno distintivo della vittoria della battaglia ideologica nelle idee, pallino dei marxisti e strumento per eccellenza con cui propagandare visioni del mondo artificiali. Qual è il problema allora? Ancora una volta, non è qualcosa che resiste alla prova del tempo e dell'azione umana. La guerra tra “giganti” descritta nelle sezioni precedenti di questo pezzo trae vigore, energia e risorse dal saccheggio delle popolazioni sottomesse all'ideologia dello stato.
L'eutanasia della classe media, quindi, si riduce tutto a ciò: avere carburante a disposizione da bruciare nell'attuale race to the bottom e sperare che sia sufficiente in modo da superare gli avversari.
Il Green New Deal è stato un successo invece, perché sta progressivamente escludendo le persone dalla mobilità individuale. È intenzionale, non dovuto all'incapacità dei burocrati o a loro errori verso la via del "bene pubblico". https://t.co/jCmrfjc76B
Il mercato azionario si rallegra per quella che sembra (apparentemente) essere la fine del ciclo di rialzi della FED e di un forte calo dei numeri (ufficiali) dell’inflazione. Anche il settore tecnologico nell’indice S&P 500 ha sfoggiato un rialzo del 48% quest’anno, più del doppio dello stesso S&P 500. Ciononostante non vedo alcun motivo per cambiare la mia prospettiva: in questo secolo ci sono voluti $27.000 miliardi in stimoli fiscali, finanziati con tassi ultra-bassi, per portarci dove siamo ed è estremamente improbabile che le tendenze degli ultimi 23 anni possano continuare ora che il credito a buon mercato è stato tagliato. Senza contare che le "buone notizie" vengono relegate al settore finanziario, dando quindi l'estensione di come esso sia percepito in modo distorto a livello mainstream come fucina della crescita economica. La finanziarizzazione dell'economia avvenuta negli anni '80 ha praticamente aperto le porte alle distorsioni finanziarie che vediamo oggi e che hanno raggiunto picchi indicibili, deviando sempre più ricchezza reale da quei settori che l'avrebbero messa a miglior frutto a quelli che l'hanno sprecata. In sintesi, la Legge dei rendimenti decrescenti ha intaccato tutti quei benefici e vantaggi che la Rivoluzione industriale aveva apportato all'umanità, soprattutto perché l'incessante voracità dello stato ha impedito che la torta economica si espandesse e, quando gli è impedito di farlo, allora non si può far altro che divorare quella esistente. La crisi attuale, infatti, è una diversa dalle altre perché il furto del tempo, perpetrato per far sopravvivere un sistema socio-economico artificiale e insostenibile, è arrivato al capolinea. Adesso tale furto sta riguardando le popolazione autoctone, dato che in passato questa fase è stata ritardata grazie al saccheggio di quelle alloctone.
Le presunte buone notizie, quindi, non sono altro che un oceano di finzioni per nascondere un mare di fatti: il settore manifatturiero, la produzione industriale e le vendite al dettaglio sono tutti in calo. Senza contare poi i vari debiti pubblici: proprio di recente quello americano è passato da $33.500 miliardi a $33.700 miliardi, con gli interessi che presto supereranno i $1000 miliardi all’anno.
Il culmine del ciclo del credito (il livello massimo per le obbligazioni sovrane) è arrivato nel luglio del 2020 e da allora gli investitori hanno perso circa un terzo del loro capitale investito. Ora ci troviamo in un Trend primario diverso. Sebbene sia impossibile sapere esattamente cosa porterà, “più bolle” è probabilmente la meno probabile e stavolta il calo dei tassi d'inflazione sarà davvero “transitorio”. Molto probabilmente anche l’aumento dei prezzi delle azioni si rivelerà un'illusione e molto probabilmente le cose stupide che i politici stanno facendo – deficit, ingerenze militari, sanzioni, dazi, ecc. – porteranno il tipo di problemi che di solito causano inflazione, povertà e guerra.
Ma questa è una previsione a lungo termine, nelle settimane e nei mesi a venire tutto può succedere. Davvero viviamo in un mondo in cui le buone notizie non esistono? Oh no cari lettori, le notizie buone sono quelle che l'establishment vuole far passare per cattive e di recente è successo qualcosa che entrerà nei libri di storia. Come dico sempre nelle mie risposte quando mi si chiede come "agisce" un economista Austriaco, ebbene egli è un osservatore: guarda dalla finestra cosa accade in una determinata "casa" e poi trae le sue conclusioni. Non parte dalle sue conclusioni e fa in modo di adattare ciò che vede a esse. Lo scorso giugno scrissi questo pezzo, ricordando ai lettori come l'Occidente fosse instradato verso quella che possiamo definire la fase successiva della nipponizzazione dell'economia: l'argentinizzazione. Fino a quel momento tutto bene, ma poi è successo qualcosa: Milei è diventato presidente dell'Argentina. Qualcosa è, quindi, cambiato e dev'essere contestualizzato. Cosa?
Nel pezzo citato scrivevo di come in Argentina il suffragio universale, introdotto all’inizio del XX secolo, scandì da lì a pochi anni la discesa del Paese (il motivo per cui è fallimentare è spiegato in quest'altro articolo). Richiedere alle persone di votare significava che molti che altrimenti avrebbero potuto fare i propri affari senza danneggiare il benessere pubblico, dovevano prestare attenzione alla politica – almeno per il tempo necessario a capire da che parte del pane c’era il burro sopra. Ciò ha semplificato il lavoro degli imbroglioni politici: ogni voto equivaleva a ogni altro, quindi prendevano di mira quegli elettori che avrebbero venduto i loro voti a un prezzo più basso.
Le persone non sono né sempre buone, né sempre cattive, ma sono sempre soggette a influenza e incentivi/disincentivi; e la promessa del denaro gratis fu decisiva. Così le masse hanno eletto un populista chiacchierone dopo l’altro e così i politici hanno svalutato la valuta per coprire i costi della loro stessa corruzione. Però tre domeniche fa, dopo 7 decenni, il fascino del “qualcosa in cambio di niente” ha dimostrato che anch'esso è soggetto alla Legge dei rendimenti decrescenti. Questo è ciò che l'elezione di Milei ha evidenziato: per quanto possano essere pervasivi socialismo e statalismo, sono soggetti alla Legge dei rendimenti decrescenti.
Non ha promesso nulla e per quanto ne so è la prima volta nella storia che una democrazia vota per ridurre il potere dello stato stesso. Certo, potreste dire che Reagan e Trump sono stati eletti in base alla volontà di tagliare la spesa pubblica, ma entrambi l'hanno aumentata in quei settori che loro ritenevano essenziali. Solo Milei ha promesso di tagliarla per una questione di principio. Di conseguenza, per quanto anche le nazioni occidentali siano instradate lungo l'argentinizzazione delle loro economie, c'è la possibilità di tornare indietro. La Legge dei rendimenti decrescenti si applica a tutto. E forse l'Argentina adesso entrerà in una fase di rendimenti acceleranti se Milei riuscirà infine a mettere in pratica il suo programma: taglio alla spesa pubblica, dollarizzazione, contingentamento della banca centrale.
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Mark Wauck ha commentato il mio punto ma nonlo ha approfondito, quindi ho pubblicato una replica nella sua sezione commenti.
Loro [i neoconservatori] sicuramente stanno andando allo sbaraglio, Mark [secondo la sua conclusione]. Ciò che sta accadendo ora è pura disperazione mentre cercano di capire come estendere questa guerra durante il ciclo elettorale e mantenere in piedi la possibilità di un’inimicizia secolare contro la Russia.
Ma il ribaltamento dell’Arabia Saudita è reale. Le linee di swap sono un precursore dell’intervento. Il mio tweet era sofisticato, ma funziona così:
Annunciare linee di swap;
Iniziare ad accettare grosse quantità di yuan in cambio di petrolio;
Rompere l'ancoraggio del riyal al dollaro quando il petrolio è relativamente forte, non in modalità di crisi;
La sostituzione dello yuan con il dollaro è un fattore critico per gli Stati Uniti, che poi attaccheranno il tasso di cambio dell’Arabia Saudita ritirando denaro dal Paese…
SANZIONI ALL’ARABIA SAUDITA;
Swap ampliati per convertire asset vincolati in dollari con asset in riyal, una volta che i dollari saranno vietati in Arabia Saudita;
La Cina fornisce loro prestiti rimborsabili in yuan.
Le mosse avvenute 10 anni fa sono istruttive del motivo per cui siamo dove siamo oggi e dove potremmo essere diretti.
L’annuncio delle linee di swap è probabilmente un preannuncio di un attacco da "sicario economico" contro l’Arabia Saudita da parte degli Stati Uniti. Non è poi così difficile da prevedere.
Per quanto riguarda il contesto storico, la Russia è stata duramente colpita nel 2014/15 dal crollo dei prezzi del petrolio. In rappresaglia per aver “rubato la Crimea”, il presidente Obama e un gruppo di soliti sospetti organizzarono un attacco ai prezzi del petrolio per farli colare a picco.
Nel giugno del 2014 il petrolio chiuse a $112,36 e il prezzo iniziò a scendere il primo giorno di negoziazione di luglio 2014 e non si fermò fino alla fine del 2015.
L’Arabia Saudita alimentò questo processo espandendo la produzione, pensando che avrebbe preso la quota di mercato della Russia mentre il rublo russo crollava e le riserve di valuta estera della Russia venivano prosciugate.
La chiave della vittoria anticipata era che le società russe, soprattutto le grandi imprese statali come Gazprom e Rosneft, avevano un sacco di debiti denominati in dollari che stava per maturare e necessitava di essere rinnovato. Quindi gli Stati Uniti sanzionarono la Russia in modo tale che aziende come Gazprom non potessero rinnovare il proprio debito, perché non potevano più vendere le obbligazioni agli investitori statunitensi o europei. Gli obbligazionisti dovevano essere ripagati... per un importo pari a circa $50 miliardi nel quarto trimestre del 2014 e altri $50 miliardi nel primo trimestre del 2015.
Questo “rischio di rinnovamento” avrebbe afflitto le finanze del governo russo per i 18 mesi successivi mentre il prezzo del petrolio sarebbe sceso inesorabilmente.
Il rublo russo scese dai massimi di 20 ai minimi di 30 rispetto al dollaro che invece salì fino a un massimo superiore a 80 a fine novembre, ma ciò avvenne solo dopo che Putin ordinò personalmente alla presidente della Banca di Russia, Elvira Nabiullina, di lasciare fluttuare il rublo. Prima di allora era in vigore un ancoraggio morbido al dollaro, facile da mantenere mentre il petrolio veniva scambiato sopra i $100 al barile.
La Cina è intervenuta nel momento culminante del crollo del rublo per dare alla Russia una linea di swap tra yuan e rubli. La Cina saldò il debito di Gazprom e la Russia la ripagò in yuan, che avrebbero ottenuto gratuitamente grazie a suddette linee di swap e al gasdotto Forza della Siberia.
Gli Stati Uniti non osarono sanzionare la Cina per questo a causa del contraccolpo sulla nostra economia e sarebbe equivalso a dichiarare guerra. È anche il motivo per cui la Cina non è stata nemmeno minacciata di sanzioni dopo che la Russia ha “invaso” l’Ucraina lo scorso anno.
Quell’ottimo accordo per il gas che ora le arriva attraverso il gasdotto sopraccitato ha molto più senso. Personalmente ricordavo male, ovvero che fosse stato firmato nel 2015 come risposta alla crisi, invece è stato firmato prim'ancora che la crisi scoppiasse.
Ciò implica alcune cose: 1) la combinazione degli eventi dell’inizio del 2014 ha portato alla formulazione di un attacco coordinato sui prezzi del petrolio rivolto alla Russia per la fine dell’anno e 2) che Putin lo ha anticipato e ha avviato negoziati con Xi Jinping affinché Forza della Siberia venisse costruito rapidamente.
Quasi tutto ciò che è accaduto sin da allora è a valle degli eventi risalenti all’inizio del 2014.
La Russia è sopravvissuta a quel periodo di “rischio di rinnovamento” e così facendo ha creato il modello affinché altri Paesi potessero fare lo stesso.
Un tweet di Eric Yeung mi ha fatto saltare immediatamente in testa tutto ciò che state per leggere.
I just had dinner with a mainland China economist who is “in the know” with the “higher powers” in China. This is what he told me:
Since the FED started aggressively hiking rates, China has commenced a program where it lends US Dollars to Global South countries (who lack US…
Yes. The reason I understood this process immediately is because this is how China helped Russia stabilize the RUB in 2014/15 during the oil crash and rollover crisis Russia SOE's faced.
They needed USD to pay back loans but couldn't get them from the West (sanctions). China…
The problem with most analysis is the stupid doom porn... What if China dumps its USTs!????
What you should really fear is China replacing their trade partners' UST holdings with PBoC-T holdings, using their USD needs to broaden the CNY in trade.
La Cina sta utilizzando i propri titoli del Tesoro statunitensi e le eccedenze in dollari per prestarli ai partner commerciali più importanti per la CINA!
Chiede yuan come rimborso.
Ciò stabilizza i tassi di cambio CNY/USD mentre la Cina può e sta rapidamente espandendo l'offerta di denaro per far fronte al calo dei mercati immobiliari a seguito della politica monetaria aggressivamente restrittiva della FED.
Affinché la Cina possa espandere lo yuan nel vuoto lasciato dal dollaro senza perdere anche il proprio oro (il punto di Luke Gromen durante la conversazione), deve creare un ciclo di domanda per il proprio debito mantenendo bassi i costi di finanziamento.
Dal momento che dispone di linee di swap con i suoi partner del Sud-est asiatico e di accordi offshore in yuan nella regione, ad esempio in posti come Singapore, questo è il modo in cui gestisce suddetta espansione senza creare un problema d'inflazione galoppante.
Lo yuan sostituisce i dollari senza un massiccio spostamento dei tassi di cambio e/o dei rendimenti obbligazionari.
La crisi del rublo del 2014/15 è stata il banco di prova, ora tale linea d'azione viene espansa ad altri. Torniamo adesso all'inizio di questo articolo.
Bisogna inquadrare queste cose con il senno di poi, ma in questo caso penso che il passato sia il prologo del futuro.
E tu, riyal?
Quindi, ora, iniziamo a pensare a cosa gli Stati Uniti e la cricca di Davos faranno ai sauditi in uno scenario simile. Questi ultimi hanno scansato le richieste degli Stati Uniti di assecondare le loro avventure di politica estera in Ucraina e a Gaza, lavorando contemporaneamente con la Russia per tenere insieme l’OPEC+, per cosa…? Bombardare il prezzo del petrolio.
Ciò che la maggior parte della gente non capisce è che i sauditi hanno un problema simile oggi (e ce l'hanno da oltre un decennio): mentre i costi per estrarre il petrolio sono estremamente bassi, essi sono aumentati dalla quantità di denaro che Saudi-Aramco deve pagare al governo per coprire i buchi nel bilancio pubblico.
Sebbene i loro costi di estrazione siano bassi, anche il loro margine operativo lordo è basso, a seconda del prezzo.
Questo è il motivo per cui quando i sauditi si sono uniti al presidente Trump per distruggere il prezzo del petrolio pompandone di più e abbassandone il prezzo nel 2018, quella mossa alla fine è stata un fallimento.
Il loro deficit di bilancio è esploso e la Russia, con un rublo fluttuante e un sistema tariffario flessibile sul petrolio, è sopravvissuta all’attacco.
A titolo di confronto, i costi di estrazione della Russia sono leggermente più alti di quelli dell’Arabia Saudita, ma il loro margine operativo lordo è molto più basso. Infatti, al di sotto di un certo prezzo al barile (~ $40, ma cambia), le major petrolifere russe non pagano tasse. Si tratta di un sistema molto simile alle imposte sul reddito statunitensi, con aliquote progressivamente più elevate e margini di profitto più elevati.
Ma i russi hanno un rublo fluttuante su cui ripiegare: non importa quale sia il livello di reddito, vengono pagati in rubli. Se il petrolio è debole, il rublo dovrebbe essere debole e internamente i costi per Gazprom o Lukoil per manodopera, SGAV, ecc. sono gli stessi come se il petrolio fosse invece alto.
Gli Stati Uniti continuano ad attaccare il rublo pensando che manderà in bancarotta la Russia, ma non è così; certamente non ora che detengono zero debito denominato in dollari e zero titoli del Tesoro statunitensi come riserve in valuta estera. Attaccare il rublo adesso è solo irascibilità.
L’Arabia Saudita, d’altro canto, ha un riyal strettamente ancorato al dollaro. I loro costi di estrazione, il margine lordo, tutto è denominato in dollari, compresi i costi del lavoro, i costi dei sussidi statali, ecc.
La soluzione, ovviamente, è rompere l’ancoraggio del riyal col dollaro.
Et voilà, pareggio immediato del bilancio con prezzi del petrolio più bassi; basta dare il benvenuto ad acquirenti stranieri che non offrono dollari.
Ogni anno la settimana del Ringraziamento qui negli Stati Uniti è caratterizzata da una sorta di volatilità dei prezzi del petrolio, perché l’OPEC+ tiene il suo incontro invernale ogni anno in tale settimana. È un ottimo momento per rovinare i mercati, dato che gli Stati Uniti sono distratti dai viaggi e dalla logistica delle vacanze.
Quest'anno le lotte intestine all’interno dell’OPEC+ da parte delle nazioni africane, inclusa la Nigeria controllata dalla cricca di Davos, hanno rinviato l’incontro e si sono scontrati con un crollo dei prezzi del petrolio.
I sauditi hanno bisogno/vogliono un abbassamento del prezzo del petrolio a $80 al barile; ne hanno bisogno per sostenere il loro budget.
La Cina offre ai sauditi una linea di swap per garantire che la rottura dell’ancoraggio avvenga senza intoppi. In altre parole, la Cina presterà dollari all'Arabia Saudita per essere ripagata in yuan, proprio come fece con la Russia e sta facendo oggi con i suoi partner commerciali del Sud-est asiatico che cercano di difendere le loro valute dal prosciugamento della liquidità in dollari.
Se guardiamo indietro alla storia con la Russia e Forza della Siberia che garantiscono un grande flusso di yuan e rubli tra Russia e Cina, riusciamo a vedere qualcosa oggi che potrebbe ungere gli ingranaggi del flusso di riyal/yuan?
L'incontro dell’OPEC+ significava un sacco di relazioni pubbliche per i porpri interessi da parte della cricca di Davos attraverso l’amministrazione Biden per rompere il cartello e far scendere il prezzo del petrolio. Lo stesso stratagemma di quello con l'Arabia Saudita nel 2014 e per cui Trump l'ha tirata per la giacchetta nel 2018:
Stiamo abbassando il prezzo del petrolio. Tutti ne soffriranno a meno che non vi impegnate come matti nella nostra causa e poi vi ricompenseremo con una maggiore quota di mercato negli Stati Uniti. Dopo che avremo lasciato salire il prezzo, sarete di nuovo i re.
Alla fine l’attacco del 2018 non fece altro che far capire al principe ereditario Mohammed bin Salman che gli Stati Uniti sono un partner inaffidabile e vendicativo. Ha quindi affidato il futuro dell’Arabia Saudita e dell’OPEC a Putin e ai russi e, ad oggi, è stato premiato per quella scelta.
I sauditi si stanno preparando ad un attacco al prezzo del petrolio come punizione per la loro mancanza di "prospettiva geopolitica", un attacco da parte dei neoconservatori che non imparano mai nulla dai loro fallimenti passati.
Indovinate un po'? Se oggi Nigeria, Angola e Congo ascoltano le dolci parole dell’Occidente, direi che verranno schiacciati da Russia e Cina, le quali questa volta saranno raggiunte da Mohammed bin Salman e dai sauditi che si stanno preparando all’inevitabile.