venerdì 30 novembre 2018

Le credenze irrazionali sono quelle che stanno guidando i mercati





di Alasdair Macleod


Per comprendere le conseguenze del ciclo del credito, dobbiamo respingere le teorie opinabili ed esaminare le prove razionalmente. Questo articolo valuta il destino del dollaro durante la prossima crisi del credito, un argomento di crescente attualità. Conclude poi che l'attuale fase finale del ciclo del credito ha importanti analogie con il 1927, quando la FED allentò la politica monetaria a seguito della prova di una lieve recessione.

I mercati finanziari contemporanei sono intrinsecamente emotivi, principalmente perché sono inondati di valute fiat. Investitori e speculatori non sarebbero mai stati così incuranti in presenza di un sound money come lo sono col denaro fiat infinitamente elastico. Invece sono pronti a giocarci, in parte perché sanno che restare fermi garantisce una perdita di potere d'acquisto e in parte perché l'aumento dei prezzi degli asset, che in realtà è il riflesso di una valuta in calo, rende la vendita di valuta in cambio di asset una proposta allettante. Inoltre il credito per la speculazione è disponibile attraverso futures ed opzioni.

Anche i mercati finanziari sono irrazionali a causa dell'economia moderna, essendo diventati un sistema basato sulle credenze. Se tutte le banche centrali perseguono determinate credenze economiche, in quanto investitori probabilmente lo farete anche voi, altrimenti non stareste al passo con un mondo che segue le tendenze. Funziona fino a quando non funziona più. I banchieri centrali perseguono politiche che sono un miscuglio di neo-keynesismo e monetarismo, con una premessa assoluta che i mercati non regolamentati sono la fonte di tutti i nostri problemi economici e sistemici. Ma c'è un elemento nella politica monetaria che non cambia, ed è una convinzione che tutto possa essere curato mediante l'inflazione monetaria.

Questa condanna della politica monetaria è eccessiva? Beh, di recente Mark Carney, Governatore della Banca d'Inghilterra, è stato autorizzato dal Tesoro britannico ad emettere altri £1.2 miliardi, che secondo la stampa permetteranno alla Banca d'Inghilterra di creare ulteriori prestiti per un totale di oltre £750 miliardi. Bel lavoro: creare un po' di sterline con pochi colpi su una tastiera e moltiplicarle di 625 volte solo perché si suppone illusoriamente che il capitale della banca centrale sia reale. Qual è lo scopo? Bandire tutti i rischi che provengono dal settore privato, ovviamente.

È possibile giustificare politiche monetarie di questo tipo solo supponendo che siano la cosa giusta da fare. Ma questo ci dice qualcosa di importante: la deflazione, comunque la vogliate definire, non è il problema.



La deflazione è mal definita

Commentatori ed analisti sembrano essere d'accordo sul fatto che la deflazione sia il più grande rischio che ci troviamo di fronte oggi, e ogni volta che una statistica non è all'altezza delle aspettative del mercato, l'ombra della deflazione torna ad infestare le preoccupazioni generali. Stiamo diventando nervosamente consapevoli dell'accumulo di debito e del rischio che i consumatori e le imprese si trovino sull'orlo dell'ennesima crisi del credito.

Nel 1933 l'economista Irving Fisher disse: nel momento in cui i prestiti iniziano a peggiorare, le banche liquidano le garanzie, facendo così scendere i prezzi degli asset e portando a bancarotte diffuse. Secondo Fisher, un ciclo di liquidazione del debito ed il calo dei prezzi degli asset interagiscono convergendo verso un crollo, sopprimendo la domanda con conseguente calo dei prezzi delle materie prime e delle merci invendute. Quasi tutti sono terrorizzati da questo rischio, dimenticando che è qualcosa che può accadere solo col sound money, perché quest'ultimo conserva il suo potere d'acquisto. Negli anni '30 il dollaro era convertibile in oro, fino a quando Roosevelt rese illegale la proprietà dell'oro per i cittadini statunitensi e svalutò il dollaro. Oggi il panorama monetario è molto diverso: l'oro è stato bandito dal sistema monetario fiat e le valute scoperte emesse dagli stati non hanno niente dietro il loro valore di facciata.

Pertanto la deflazione è un modo inappropriato di descrivere una qualsiasi condizione economica quando le banche centrali sono pronte a pompare moneta fiat illimitata nelle loro economie al primo segno di difficoltà. La deflazione è diventata la descrizione generale di quasi tutte le forme di fallimento economico. Invece dovremmo capire che il fallimento economico, al di là delle guerre e delle piaghe, è sempre associato all'inflazione monetaria e all'indebolimento del potere d'acquisto di una valuta.

Prendete in considerazione gli effetti economici di una politica monetaria inflazionistica, come quella della banca centrale argentina. Il governo presiede un'economia in cui l'inflazione dei prezzi è ufficialmente pari al 26%, ma si stima che i prezzi stiano salendo di tre volte rispetto a tale percentuale, in base alle stime della parità del potere d'acquisto.

L'economia dell'Argentina sta crescendo al 2%, secondo un recente rapporto dell'OCSE. Ma realisticamente, l'economia argentina si contrae pesantemente quando si tiene conto della perdita reale del potere d'acquisto della valuta, in cui i numeri del PIL sono misurati. Dunque, dall'OCSE abbiamo un commento neo-keynesiano che rivendica una crescita economica marginale, quando la realtà può essere descritta come fortemente deflazionistica, perché la crescita del PIL reale aggiustata all'inflazione è fortemente negativa.

Ma non è deflazione. L'Argentina soffre di una grave inflazione dei prezzi, conseguenza della politica monetaria allentata. La situazione inflazionistica negli Stati Uniti e altrove non è diversa, solo meno intensa. Come gli argentini, gli Stati Uniti attraverso le statistiche ufficiali sottostimano l'inflazione, in questo caso solo al 2.8%, e anche questo fatto viene ignorato dalla FED. Un tasso più realistico di salita dei prezzi, secondo Shadowstats.com, supera attualmente il 10%. Ciò significa che il tasso reale dei fondi federali aggiustato ad un'approssimazione dell'inflazione dei prezzi effettiva si trova a -8%, che secondo ogni definizione ragionevole non è deflazionistico.

Nonostante la realtà monetaria, la comunità finanziaria, con gli occhi puntati solo sull'eccedenza del debito, persiste nel pensare che la deflazione, non l'inflazione, sia il rischio maggiore. Questa conclusione può essere solo il risultato di definizioni economiche imprecise, che consentono all'istituzione monetaria "suprema" di ingannare sé stessa insieme a tutti noi proferendo che le sue politiche monetarie inflazionistiche siano valide.



Flussi transfrontalieri

I deflazionisti sembrano credere, in accordo con la teoria della deflazione del debito di Irving Fisher, che il debito in una crisi del credito sarà liquidato, creando domanda di valuta. Questo approccio semplicistico ignora il fatto che durante un'inflazione, che porta necessariamente a tassi d'interesse nominali molto più elevati, anche la liquidazione del debito è un fattore sempre presente. La descrizione di Fisher su come le imprese e le banche falliscono in una recessione economica, è selettiva ed è stata utilizzata per giustificare l'intervento monetario per impedire a mutuatari e banche di pagare per i propri errori. Si passa dalla sopravvivenza del più adatto alla sopravvivenza del più influente, derubando i risparmiatori a beneficio di coloro dissoluti.

Non c'è giustificazione economica per questa visione unilaterale della deflazione del debito, ma dobbiamo conviverci. Possiamo essere sicuri che, in caso di crisi generale del credito, la FED emetterà moneta sufficiente a stabilizzare l'economia nazionale. Questa è la politica ufficiale ed il motivo per cui la FED è stata creata ed esiste. Le difficoltà per gli obblighi esteri denominati in dollari sono qualcosa da considerare in separata sede. Tuttavia possiamo presumere che le principali banche centrali estenderanno accordi di swap tra di loro per supportare i propri sistemi finanziari, ovunque l'esposizione in valuta estera rappresenti un fattore di rischio. Ma questo lascia ancora degli squilibri che potrebbero perturbare i tassi di cambio.

Esiste un'ipotesi secondo cui la liquidazione delle posizioni transfrontaliere porterà alla domanda netta di dollari, spingendola in su rispetto a quella per altre valute. Secondo questa logica, la superiorità del dollaro come valuta di riserva garantirà che le vendite di valuta estera derivanti da una crisi del credito comporteranno l'acquisto di dollari.

Dopotutto questi entusiasti del dollaro ci dicono che suddetta tesi è corroborata dal Dilemma di Triffin. Secondo il professor Triffin, i dollari necessari per la liquidità nel commercio internazionale sono forniti dai deficit commerciali degli Stati Uniti. E se gli Stati Uniti entrano in recessione, la contrazione economica limiterà l'offerta di dollari, costringendo il tasso di cambio a salire. Abbiamo bisogno di approfondire questa tesi per contestarne la validità.

Il professor Triffin ha previsto la fine del sistema di Bretton Woods nel suo libro, Gold and the Dollar Crisis: The Future of Convertibility, pubblicato nel 1960. In esso sosteneva che l'alluvione di dollari che finì all'estero dopo la seconda guerra mondiale (piano Marshall, Corea, ecc.) avrebbe portato allo scontro tra dollaro e gold standard. Ciò avvenne lungo una serie di eventi: dalle difficoltà nel mercato dell'oro di Londra verso la fine degli anni '60, alle ulteriori spese oltreoceano per la guerra del Vietnam, fino alla sospensione dell'accordo di Bretton Woods da parte del presidente Nixon nel 1971.

Triffin sosteneva nel suo libro che il dollaro poteva rimanere ancorato all'oro solo se ci sarebbero stati surplus commerciali per invertire la tendenza ed assorbire i dollari in eccesso, che altrimenti sarebbero stati convertiti in metallo giallo. Questo, per un interventista, era poco pratico ed esponeva il Dilemma: una valuta di riserva mondiale richiedeva che l'emittente avesse deficit interni per fornire la liquidità necessaria affinché fungesse da valuta di riserva. Eppure una tale politica conteneva al suo interno i semi della sua stessa distruzione.

La relazione tra il deficit commerciale e la liquidità della valuta di riserva ha portato Triffin a sostenere un'alternativa. Era essenzialmente la stessa posizione di Keynes quando raccomandò la creazione del bancor, piuttosto che usare il dollaro come valuta di riserva nel sistema di Bretton Woods.

La rilevanza odierna si trova nel fatto, come ha sottolineato Triffin, che le politiche economiche e monetarie interne a sostegno della liquidità internazionale finiranno per indebolire la stessa valuta di riserva. Ciò viene convenientemente dimenticato da coloro che sostengono che il Dilemma di Triffin assicurerà che la domanda per il dollaro continui e che gli Stati Uniti possano sempre avere deficit commerciali senza indebolire il dollaro.



Ci sono troppi dollari

Per valutare l'effetto di una crisi del credito sul dollaro, dobbiamo quindi valutare quanto è esteso il dollaro in termini di diffusione internazionale. I dati più recenti del Tesoro USA riportano la proprietà straniera di titoli statunitensi e la proprietà statunitense di titoli esteri. Mettendo da parte le differenze temporali, dal 2006 gli investimenti in dollari in mani straniere ammontano a $8,520 miliardi in più rispetto alla proprietà statunitense di investimenti esteri non in dollari, un aumento del 275% sin dal 2008. Questo è illustrato nel seguente grafico.


Non possiamo dire con certezza se tutto questo rappresenti qualcosa di vicino al punto di svolta di Triffin, dove la quantità di dollari in mani straniere indebolirà la valuta, ma secondo la Banca Mondiale il PIL mondiale è aumentato solo del 20% circa sin dal 2008, suggerendo che ci sono troppi dollari in mani straniere in base all'attività economica rispetto a dieci anni fa.

Stando così le cose, il dollaro potrebbe crollare sulle borse estere durante una crisi del credito, qualora dovessero aumentare le pressioni di liquidazione degli investimenti e venissero avviate coperture sulla valuta. È importante sottolineare che potrebbe anche essere il risultato auspicato per la FED, che è saldamente legata all'idea che il calo dei prezzi a livello di vendite al dettaglio debba essere evitato a tutti i costi, e una valuta più bassa potrebbe essere utilizzata insieme ai tassi a zero, o addirittura negativi, per aiutare a sostenere i prezzi interni. In queste circostanze l'oro e le criptovalute saranno viste dagli investitori come un rifugio sicuro contro le politiche monetarie inflazionistiche, il cui scopo principale sarà quello di contenere la liquidazione del debito e proteggere le banche commerciali.

Tuttavia questo non è l'intero quadro rispetto ai tassi di cambio.

È la natura delle valute fiat: i loro valori siano intrinsecamente incerti, ognuno dei quali riflette valori puramente soggettivi negli scambi esteri. Ci possono essere pochi dubbi sul fatto che l'attuale equilibrio, ad esempio, tra il peso argentino e il dollaro USA sarebbe perturbato in una crisi del credito globale (con il peso indebolito). Non possiamo essere così certi dei tassi di cambio, per esempio, tra l'euro e il dollaro. Né possiamo essere così sicuri di come possa mutare la politica cinese nei confronti degli investimenti in dollari, o addirittura la posizione di altri fondi sovrani. Tutto quello che possiamo dire è che il mondo al di fuori dell'America è sovraesposto ai dollari, proprio com'era alla fine degli anni '60, quando il rimedio era venderli in cambio d'oro.



I mercati azionari sono collegati all'economia solo in modo indiretto

Ecco un'altra credenza fasulla: ciò che accade nei mercati finanziari anticipa le prospettive economiche. In realtà, le prospettive economiche sono solo uno dei numerosi fattori che alimentano i valori degli asset. In un ambiente con un sound money, non vi sarebbe alcun rischio sistemico, ma solo rischi d'investimento singoli. Non ci sarebbero deficit commerciali, perché non ci sarebbe espansione monetaria scoperta per finanziarli. I cambiamenti nel potere d'acquisto del denaro, quando si tratta dell'oro, tendono ad aumentare nel tempo. Tuttavia le variazioni di prezzo generalmente si auto-correggono, regolate dall'arbitraggio dell'oro tra le diverse comunità. Il denaro scoperto, vale a dire le valute fiat, presentano rischi sistemici, manipolazione dei prezzi, falsità statistiche e ogni altra forma di disonestà monetaria immaginabile. L'idea che esista oggi un legame puro tra i valori degli asset e le prospettive economiche è quindi senza senso.

Tenendo presente questo avvertimento, procederemo a sondare il dove potremmo trovarci nell'attuale ciclo del credito. Il nostro quadro porta ad aspettarci un inaspettato aumento dell'inflazione dei prezzi, prima che l'economia non finanziaria cominci infine a surriscaldarsi. Quando ciò accadrà, i tassi d'interesse aumenteranno ancora di più innescando la crisi del credito.

Un collegamento chiave è il flusso di denaro dalle attività finanziarie a quelle non finanziarie. Le banche riducono le loro esposizioni obbligazionarie a favore di prestiti per la produzione e per il capitale circolante. Il denaro che esce dalle attività finanziarie indebolisce i valori di suddette e migliora i valori delle risorse produttive. Tuttavia, negli ultimi cicli del credito, questa relazione chiara è diventata sempre più sfocata. La distruzione dei risparmi e la loro sostituzione con il debito dei consumatori ha sostanzialmente modificato le caratteristiche delle fasi finali del ciclo del credito, oltre a creare un accumulo di debito non produttivo nel settore delle imprese. E non ultimi, gli interventi distorsivi dello stato come descritto nel primo paragrafo di questa sottosezione.

Pertanto determinare dove ci troviamo nel ciclo del credito sta diventando un esercizio sempre più soggettivo. I mercati azionari sembrano aver raggiunto il picco e potrebbero entrare in una nuova fase ribassista. Sempre più spesso gli investitori temono che l'aumento molto modesto dei tassi d'interesse visto finora stia rallentando troppo l'economia statunitense, che secondo Jerome Powell, il presidente della FED, sta attualmente crescendo grazie a maggiori investimenti industriali.

Tuttavia gli investitori sono diventati molto sensibili agli alti livelli di debito dei consumatori, delle imprese e dello stato, i quali non possono sopportare il peso di tassi d'interesse più elevati. Inoltre le conseguenze negative delle politiche commerciali del presidente Trump stanno diventando evidenti. Alcuni produttori statunitensi stanno ora parlando di ridurre gli investimenti e di dirottarli all'estero, per sfuggire alle sanzioni sui manufatti degli Stati Uniti e rimanere competitivi sui mercati esteri. Jerome Powell ha fatto leggermente marcia indietro sulla sua visione ottimista, ammettendo il potenziale rallentamento degli investimenti delle imprese a causa dei dazi.

I dazi stanno diventando sempre più un problema per i mercati, ma per ora sono un problema politico piuttosto che economico. Le uniche statistiche problematiche sono quelle dell'offerta di moneta, e queste suggeriscono che un rallentamento sia reale. I commentatori sottolineano che la crescita di M2 sta scemando, crescendo solo al 4.3% l'anno. Inoltre anche la crescita dei prestiti alle imprese americane sta rallentando. Tuttavia la produzione di beni rispetto ai servizi è diminuita, forse riducendo l'importanza di questo indicatore, poiché i servizi generalmente richiedono meno investimenti di capitale. Inoltre, con $2,600 miliardi di profitti all'estero che vengono rimpatriati in seguito ai condoni fiscali del presidente Trump, non abbiamo idea di quanto venga investito nella produzione negli Stati Uniti, perché non si riflette nelle statistiche sui prestiti bancari.

Oggi le incertezze sulle politiche del presidente Trump potrebbero causare un rallentamento degli investimenti delle imprese, come ha osservato di recente Jerome Powell. Inoltre il recente rally del dollaro sarà giudicato moderatamente deflazionistico. È probabile che questo risultato fornisca un certo sollievo alla FED, almeno temporaneamente, riguardo eventuali preoccupazioni sul costo di tassi d'interesse più alti per i debitori. Qualunque cosa suggerisca un rallentamento dell'economia, e quindi che ulteriori aumenti dei tassi d'interesse possano essere rinviati, dovrebbe essere accolta favorevolmente dai policymaker. Tuttavia, con l'inflazione dei prezzi già in aumento, la pressione per rialzare i tassi d'interesse sarà temporaneamente rinviata.
Pertanto potrebbe esserci ancora un altro, ultimo respiro, al rialzo per le azioni prima che si verifichi il crash. L'indicatore chiave è il rally dei prezzi dei titoli del Tesoro degli Stati Uniti, che fino a quando rimarrà intatto, dovrebbe sostenere le preoccupazioni di una deflazione del debito.

La distruzione iniziale della ricchezza dopo il picco dei mercati azionari potrebbe poi coincidere ed intensificare la crisi del credito. Ma quelli che pensano che sarà un evento deflazionistico non hanno prestato attenzione all'evoluzione della politica monetaria dai tempi di Paul Volker, l'ultimo presidente della FED con il coraggio di rialzare i tassi d'interesse per tenere sotto controllo l'inflazione dei prezzi. Né comprendono che la deflazione in realtà non esiste, e sono fuorviati da statistiche ufficiali e definizioni economiche imprecise.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 29 novembre 2018

Il tentativo di assassinio di Bitcoin

L'ingiustizia fondamentale nel cuore dell'attuale panorama economico è che il denaro fiat (fasullo) non viene distribuito in modo uniforme, bensì in modo arbitrario. Viene usato per comprare obbligazioni e finisce nei mercati finanziari, dove i ricchi, i privilegiati, gli addetti ai lavori ne traggono per primi i benefici. La FED ha aumentato la base monetaria degli Stati Uniti di circa il 400% negli ultimi 10 anni. Quel denaro, ingigantito dal credito e dai mercati, è ciò che ha reso i ricchi molto più ricchi. È per questo che le élite non rinunceranno al loro sistema di denaro fasullo, non senza combattere. Ed è il motivo per cui Donald Trump sta già facendo pressioni sulla FED affinché smetta di cercare di "normalizzare" i tassi d'interesse. Non è solo una crisi monetaria che sta arrivando; è una crisi sociale e politica. Il denaro fasullo ha creato una società disonesta, dove alcune persone sono diventate molto più ricche a spese di altre. Le persone non capiscono la causa di ciò, ma lo percepiscono. Ed è un pericolo molto più grande rispetto alle mere perdite finanziarie. Il denaro fasullo è stato tenuto in piedi grazie ad illusioni, percezioni distorte, falsi miti (come quello di Volcker che salva l'economia statunitense perseguendo la sua strada senza ascoltare nessuno, un po' quello che sta cercando di fare Powell), ma soprattutto il miracolo economico cinese. Queste tendenze fortunate hanno fatto il loro corso e ora l'economia degli Stati Uniti è di fronte ad un crash storico di un altro tipo e con conseguenze molto diverse. Nel 1971 il debito totale negli Stati Uniti era pari a 1,5 volte il PIL; ora è 3,6 volte il PIL. Quello del governo federale era solo di $390 miliardi nel 1971; ora invece è di $21000 miliardi. Tutte le tendenze positive degli ultimi 30 anni si trasformeranno in tendenze negative. Aspettatevi una calo dei prezzi azionari e obbligazionari, un aumento della disoccupazione, un aumento dei prezzi al consumo e tassi d'interesse più alti. È raro che il denaro fasullo sopravviva ad un ciclo economico completo. Dubito che addirittura il dollaro possa farlo.
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di Bill Bonner


Come affermato in un post precedente, le banche centrali stanno accarezzando l'idea di lanciare una criptovaluta coperta direttamente dalla banca centrale stessa. Solo una cosa si frappone con il loro piano... Bitcoin.

Il crollo di Bitcoin, in calo del 68% da inizio anno e del 78% dal massimo storico di $20000 a dicembre 2017, è scambiato a $4200,22 al momento in cui viene scritto questo articolo; e tale crollo potrebbe avere una spiegazione perfettamente razionale.

È una bolla scoppiata, oppure è successo prima e non c'è nulla di cui preoccuparsi. Bitcoin è sceso del 94% nel 2010, del 94% nel 2011, dell'85% dal 2013 al 2015 e del 76% in soli tre mesi nel 2013.

Le forti flessioni del prezzo di Bitcoin sono risultate grandi opportunità di acquisto. Nel caso delle criptovalute, ogni volta che si presenta il problema di una "hard fork", in cui una blockchain può seguire due percorsi e va in entrambe le direzioni contemporaneamente, abbiamo visto grandi cali di prezzo.

Ma Bitcoin è emerso più forte che mai dopo ogni precedente declino. Potrebbe farlo anche stavolta.

Ognuno dei precedenti rally è arrivato quando la popolazione è diventata più consapevole delle potenzialità di Bitcoin. La consapevolezza porta alla liquidità ed a prezzi più alti. Questa volta, ad esempio, l'interesse istituzionale nelle criptovalute potrebbe essere il catalizzatore per un raddoppio dei prezzi (e poi raddoppiare ancora e ancora, se alcuni dei cripto-evangelisti hanno ragione).



Crash e correzioni sono normali per le criptovalute, giusto?


Lascerò le discussioni tecniche ai miei colleghi che sono più qualificati per parlarne. Sono importanti per capire se si è un detentore di lungo termine di criptovalute.

Oggi vorrei suggerire un'altra spiegazione per il recente crollo: (il tentativo di, ndT) assassinio di Bitcoin da parte delle autorità finanziarie globali.

Perché?

Le criptovalute hanno dimostrato che c'è appetito sia per un sistema di pagamento digitale senza contanti sia per gli asset digitali. Ciò che i banchieri centrali e l'élite finanziaria mondiale hanno capito è che Bitcoin ostacola questo nuovo ordine finanziario mondiale.

È un ordine in cui il denaro digitale controllato centralmente promette un potere politico completo sulle vite e le scelte di miliardi di persone. Stanno facendo la loro mossa per stabilire quell'ordine ora.



Le criptovalute rappresentano la prole malefica della crisi finanziaria globale

Un assalto coordinato sulle criptovalute è arrivato nell'arco di tre giorni: dal 13 al 15 novembre Bitcoin ha rotto il supporto a $6330, scendendo a $5508 e poi ha continuato a scendere.

Cos'è successo? E cosa succederà?
I sette paradossi mortali delle criptovalute: la prima bordata sparata contro Bitcoin è arrivata dal blog della Banca d'Inghilterra, Bank Underground. Bitcoin è afflitto da non meno di sette difetti fatali, secondo John Lewis del centro di ricerca della Banca d'Inghilterra.

Tra questi difetti c'è il fatto che il 97% dei bitcoin è detenuto da meno del 4% degli indirizzi, creando una mentalità da accaparramento che limita la liquidità del Bitcoin e la sua popolarità come opzione di pagamento.

Un altro: Bitcoin può elaborare solo sette transazioni al secondo. Visa ne fa 24000 al secondo.

Un altro ancora: gli innovatori che costruiranno sulle fondamenta gettate da Bitcoin, per definizione, lo andranno a migliorare e lo sostituiranno. La sua obsolescenza e distruzione finale sono la conseguenza inevitabile del suo successo concettuale.

La tesi per una nuova moneta digitale: le banche centrali dovrebbero creare valute digitali e svolgere un ruolo fondamentale nel sistema globale dei pagamenti, incluso il regolamento delle transazioni, ha affermato il presidente del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde a Singapore il 14 novembre. Il suo focus verteva su potenziali partnership pubblico/private tra banche commerciali e banche centrali.

Ma il punto importante è che la Lagarde ha pubblicamente lanciato l'idea che le banche centrali, e non il settore privato, dovrebbero creare e gestire le valute digitali. La centralizzazione consente il controllo. Il decentramento no.

Prole malefica: Bitcoin era un'idea intelligente, ma non buona. Peggio ancora, è stata la "prole malefica" della crisi finanziaria del 2009, secondo Benoȋt Cœuré della Banca Centrale Europea (BCE). Cœuré ha citato Agustín Carstens, direttore generale della Banca per i Regolamenti Internazionali, il quale ha definito Bitcoin "una combinazione tra una bolla, uno schema di Ponzi ed un disastro ambientale." Il discorso di Cœuré auspicava ulteriori ricerche su una moneta digitale emessa dalla banca centrale, ma ha concluso che un tale esito potrebbe richiedere come minimo un decennio.

Perché il triplice assalto frontale a Bitcoin in questo momento? Perché rappresenta una minaccia? Perché è vulnerabile ad una mancanza di fiducia pubblica? O perché ora è un'opportunità perfetta?

È una combinazione di tutti e tre i fattori, ma l'ultimo più dei primi due. È vero, Bitcoin è stato una risposta al crollo finanziario del 2009. Era una risposta perfettamente razionale ad un sistema gestito dalle élite finanziarie che tiene prigionieri i vostri soldi, distrugge sistematicamente il potere d'acquisto dei vostri risparmi e crea cicli di boom/bust che sono politicamente e socialmente destabilizzanti.

Anche l'ultimo degli sciocchi vorrebbe portare via i propri soldi da un sistema come questo.

Nella misura in cui le criptovalute potrebbero creare un sistema di pagamento decentralizzato in cui la fiducia è garantita dalla blockchain, rappresenterebbero una specie di sound money, il nirvana libertario.

Ma il rovescio della medaglia è che nel momento in cui il sistema decentralizzato diventa una minaccia reale per il sistema monetario controllato dalle banche centrali, la forza e il potere degli stati sovrani e delle banche centrali verrebbero meno. Questo è quello che sta succedendo ora.

Bitcoin è vulnerabile ad una mancanza di fiducia da parte degli utenti? Vaste fasce di popolazione non conoscono né capiscono Bitcoin ancora. L'interesse che ha attirato nell'ultimo anno è in gran parte speculativo. Non sono persone che vogliono scommettere su una nuova tecnologia, o su un sistema monetario dirompente, sono persone che cercano di fare soldi facili.

E questo ci porta all'ultimo fattore. L'attacco alle criptovalute decentralizzate è arrivato quando l'azione sui prezzi era comunque ribassista. È arrivato quando le banche centrali erano pronte a far avanzare tutti i vantaggi di una moneta digitale emessa dalle banche centrali stesse. Le banche centrali mirano a capitalizzare la popolarità in ascesa delle criptovalute e poi a sfruttarle per i propri scopi. Quindi quali sono i loro fini?



La guerra per il controllo della moneta digitale

L'élite finanziaria ha attaccato le criptovalute dalle prime pagine dei giornali. L'economista Nouriel Roubini ha lodato sul The Guardian una moneta digitale emessa dalla banca centrale, la quale andrebbe a sostituire l'attuale sistema di pagamenti e la creazione di denaro da parte del settore bancario commerciale.

Nella versione di Roubini, una moneta digitale della banca centrale (CBDC) non possiede alcuna tecnologia blockchain (non è scalabile, economica o sicura). E sempre nella sua versione, il decentramento deve essere evitato. La centralizzazione è una caratteristica desiderata (e necessaria) per il controllo monetario.

C'è solo un problema: che ruolo giocano le banche? Le banche che gestiscono Wall Street e controllano il Federal Reserve System. Secondo Roubini (l'enfasi aggiunta è mia):
Il problema principale delle CBDC è che interromperanno l'attuale sistema a riserva frazionaria attraverso il quale le banche commerciali creano denaro prestando più di quanto detengano in depositi liquidi. Le banche necessitano di depositi per poter fare prestiti e prendere decisioni d'investimento. Se tutti i depositi bancari privati ​​dovessero essere trasferiti nelle CBDC, le banche tradizionali dovrebbero diventare "intermediari di fondi a prestito", prendendo a prestito fondi a lungo termine per finanziare prestiti a lungo termine (come i mutui).

In altre parole, il sistema bancario a riserva frazionaria sarebbe sostituito da un sistema bancario amministrato principalmente dalla banca centrale. Ciò equivarrebbe ad una rivoluzione finanziaria. Le banche centrali si troverebbero in una posizione molto migliore per controllare le bolle, arrestare le corse agli sportelli, prevenire disallineamenti delle scadenze e regolamentare le decisioni rischiose di credito/prestito da parte delle banche private.

Si tratta di controllo. Le criptovalute e Bitcoin in particolare minacciano questo controllo. Devono sparire. Bitcoin viene accoltellato alle spalle da FMI/SEC/NSA e otteniamo un sistema monetario digitale in cui il denaro scompare e le autorità hanno piena conoscenza dei nostri affari monetari. Il nostro peggior incubo, in altre parole.



Un bivio

Siamo arrivati ​​ad un bivio per il sistema monetario. Il potere monetario di Wall Street controlla il sistema perché è il mezzo più rapido per accedere ad una vasta ricchezza.

Il controllo sul denaro è ricercato proprio per questo scopo: incamerare più ricchezza. Il potere delle banche di creare denaro è importante, ma incidentale rispetto all'obiettivo, che è il lucro senza sé e senza ma.

Ma i mostri centralizzati, autoritari e statalisti, però, cercano il controllo sul denaro perché il loro vero obiettivo è il potere politico. Questa è la Guerra al Contante di cui ho scritto per anni. È la distruzione sistematica della vostra capacità di raccogliere e detenere ricchezza al di fuori del sistema finanziario.

Uccidere la convertibilità diretta del dollaro USA in oro è stato un passo in suddetta direzione. Le varie leggi e regolamenti, come la confisca dei beni civili che consentono alle autorità di sequestrare grandi quantità di denaro contante senza un giusto processo, è stato un altro. L'assassinio di Bitcoin sarà il prossimo.

È in questo modo che il sistema monetario, con l'avvento della tecnologia e una società senza contante, sta imboccando la via più veloce per completare il potere politico sulle vite e le scelte private di miliardi di persone.

Il momento per proteggervi è ora.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


mercoledì 28 novembre 2018

Il decesso della Finanza delle Bolle e le follie della Trumponomics





di David Stockman


Siamo ad un punto decisivo e molto più importante rispetto alle elezioni di medio termine. Non possiamo che meravigliarci della totale autocompiacimento che ancora si respira nel casinò.

In realtà non sappiamo quale sia più patetico: un governo che considererebbe l'aggiunta di altri $200 miliardi ai $1,200 miliardi che lo zio Sam è già pronto a prendere in prestito nel decimo anno di espansione del ciclo economico, o operatori di Wall Street che a quanto pare pensano davvero che il deficit federale sia la fonte della crescita economica e dei profitti aziendali.
In ogni caso, i trader fanatici del momentum si ritroveranno molto presto a fare i conti con l'inversione di marcia delle banche centrali. Persino Kuroda è intervenuto l'altro giorno dicendo che il tempo per un accomodamento monetario "straordinario" è ormai passato.

La festa monetaria trentennale è finita e gli stampatori di moneta che hanno alimentato l'attuale bolla obbligazionaria stanno per diventare coloro che scaricheranno vagonate di bond statali.

Le banche centrali, passando dall'essere compratori netti a venditori netti, costringeranno i rendimenti nei mercati obbligazionari a salire mentre questi ultimi svolgeranno il loro lavoro di scoperta del rendimento che porta all'equilibrio il mercato, cosa che sicuramente non sarà il rendimento di oggi al 3.23% sul decennale USA.

In realtà, ciò che sta per accadere è che gli speculatori nel mercato obbligazionario stanno per finire in pasto ad uno squalo. Cioè, la rottura della linea di tendenza di 35 anni che è stata in vigore da quando il sottoscritto stava avvertendo del pericolo riguardo $200 miliardi di deficit ai tempi di Reagan con un decennale al 16%.

Volcker si prese cura di questo problema, gettando l'economia americana in una recessione e abbattendo le aspettative d'inflazione che erano incorporate nel rendimento dei titoli mostrato nella parte in alto a sinistra del grafico qui sotto. E adesso è una certezza assoluta che nei prossimi due anni ci sarà un governo non funzionante e che l'abietta incontinenza fiscale di Washington arriverà ad un punto imbarazzante.

Rendimento del decennale USA (grafico trimestrale su scala logaritmica)

Ora tornerà la scoperta del prezzo reale nei mercati obbligazionari, non più distorti dal pompaggio monetario della banca centrale.

E una delle cose che esporrà questo ritorno alla scoperta (quasi) onesta dei prezzi nel mercato a reddito fisso, sarà il risibile "eccesso di risparmio" promulgato da Ben Bernanke e da altri banchieri centrali.

Non c'è mai stata una cosa del genere.  Se mai c'è stato un eccesso, s'è trattato di quello nell'espansione da $21,000 miliardi dei bilanci delle varie banche centrali. È come se i piromani corressero attorno ad un edificio in fiamme con una tanica di cherosene urlando che c'è una sovrabbondanza di carburante. Ma ora, per ragioni di sopravvivenza istituzionale, hanno gettato via il cherosene e hanno preso i tubi dell'acqua.

Inutile dire che non si rimuovono $21,000 miliardi di offerta dai mercati obbligazionari mondiali senza lasciare grandi distorsioni, anche al di là della falsificazione evidente dei tassi d'interesse che ne è conseguita.

Una conseguenza monumentale è stata la massiccia caccia globale a rendimenti decenti nel mercato azionario. Durante lo stesso periodo di 15 anni in cui i bilanci delle banche centrali sono aumentati a $21,000 miliardi, la capitalizzazione di mercato delle borse mondiali è scoppiata di $50,000 miliardi.

A dire il vero parte di questo aumento era dovuto alla crescita economica reale e ai profitti, ma una parte consistente era in realtà attribuibile alle espansioni monetarie. Vale a dire, poiché le banche centrali hanno abbassato sistematicamente i rendimenti obbligazionari ed i tassi, l'effetto è stato quello di gonfiare i multipli PE ed altri parametri di valutazione degli asset.


Il punto qui non è quello di biasimare gli scommettitori ed i giocatori d'azzardo che hanno cavalcato questo tsunami nel mercato azionario: non era reale e la prossima fermata è qualcosa come la crisi del 2007-2009 mostrata nel grafico qui sopra, quando il mercato mondiale dei titoli azionari è crollato di quasi il 60% da $60,000 miliardi a $25,000 miliardi.

Il crollo equivalente stavolta ammonterebbe a $50,000 miliardi, ma ora un rimbalzo a forma di V che si è verificato dopo il 2009 è fuori questione, perché le banche centrali non hanno più frecce nella loro faretra. Infatti la ragione per cui le banche centrali hanno improvvisamente fatto ricorso al QT, a partire dalla FED, è quella di ricostituire frettolosamente la loro rosa di opzioni. Ma è troppo tardi. Distruggeranno la bolla azionaria molto prima che tornino a tassi d'interesse e bilanci "normali", anche se temono che dopo il prossimo crash saranno impotenti nell'invertire la carneficina finanziaria.

Tuttavia, uno degli scheletri all'interno della bolla azionaria mondiale da $80,000 miliardi è il corollario economico degli utili inaspettati sugli asset finanziari esistenti. Al margine i guadagni in termini di ricchezza derivanti dall'inflazione degli asset finanziari, hanno sradicato i risparmi.

Se l'obiettivo degli investitori è un determinato stock di ricchezza rispetto al reddito attuale, tre decenni d'inflazione degli asset finanziari hanno costantemente attenuato l'incentivo e la necessità di risparmiare e rinunciare ai consumi correnti.
Ad esempio, anche se nel 2004 i mercati azionari globali si erano gonfiati ad un ritmo molto più rapido rispetto alla crescita dei redditi in oltre due decenni, i $30,000 miliardi di capitalizzazione di borsa all'epoca rappresentavano circa il 68% del PIL globale, che era circa $44,000 miliardi.

Al contrario, la capitalizzazione azionaria mondiale a $80,000 miliardi al picco di pochi mesi fa rappresentava circa il 100% del PIL mondiale. Quindi, anche se la porzione di PIL mondiale nel 2004 era indubbiamente troppo capitalizzata nei mercati azionari, ora è arrivata a livelli folli dopo la stampa monetaria post-2008.

Di conseguenza, anche se volessimo essere buoni ed utilizzare il livello di capitalizzazione del 2004 al 68%, oggi i mercati azionari mondiali varrebbero circa $55,000 miliardi. È quindi possibile definire l'eccedenza di $25,000 miliardi come il regalo per risparmiatori ed investitori fatto dalla repressione finanziaria della banca centrale. Ma siamo abbastanza fiduciosi che la corsa all'acquisto di obbligazioni da parte delle banche centrali e le conseguenti bolle azionarie degli ultimi decenni abbiano fatto schiantare il tasso del risparmio reale.

Ciò significa che il risparmio di denaro reale è straordinariamente basso e che, quindi, governi, famiglie ed imprese che hanno acceso prestiti affronteranno la madre di tutti gli shock quando dovranno rifinanziare i loro enormi carichi di debito a rendimenti costantemente più alti.

Infatti non vi è alcun dubbio sulla scarsità dei risparmi tra le famiglie degli Stati Uniti ed è semplicemente sintomatico delle condizioni mondiali. Ad esempio, i leggendari risparmiatori giapponesi, che quarant'anni fa mettevano da parte il 20% del proprio reddito, stanno attualmente risparmiando a tassi ad una singola cifra.

Allo stesso modo, in base al metodo di conteggio del Dipartimento del Commercio, il tasso di risparmio delle famiglie statunitensi è variato storicamente nell'intervallo tra il 10-15% (è un residuo statistico dopo che tutte le spese sono state sottratte dalle entrate correnti). Ma il tasso di risparmio è poi sceso nella zona dell'8-10% durante l'era di Reagan e ha continuato a diminuire ulteriormente da allora, attestandosi al 6.4% nel terzo trimestre del 2018.

È una miseria quando le banche centrali non assorbono più migliaia di miliardi di bond ogni anno. I rendimenti del decennale USA supereranno il 4.0% entro la fine dell'anno fiscale 2019 e continueranno a salire costantemente da lì, raggiungendo facilmente il 5.0% negli anni successivi.

Infatti è difficile vedere un qualsiasi altro risultato quando il tasso di risparmio delle famiglie negli Stati Uniti è ancora nel sottosuolo della storia e quando le banche centrali stanno raggiungendo il bordo del campo; e quando l'inesorabile aumento del tasso di cambio del dollaro USA (dovuto all'aumento dei rendimenti statunitensi) renderà la copertura della valuta eccessivamente onerosa per gli investitori stranieri privati.


Una delle menzogne più insidiose di Wall Street nell'era della Finanza delle Bolle è che le azioni devono essere acquistate perché i tassi d'interesse sono bassi. La parte non dichiarata di questa proposizione è che gli dei finanziari hanno ordinato che rimangano bassi per sempre, un mondo senza fine.

Ma quella era una grande bugia ed è esattamente il motivo per cui l'economia di Main Street è in grossi guai... guai che sono stati incommensurabilmente peggiorati dalla dissolutezza fiscale Trump/GOP.

La verità è che anche i mutuatari statunitensi, famiglie ed imprese, hanno abbracciato implicitamente la proposta di tassi d'interesse perennemente bassi. Così facendo hanno guidato in modo costante e sistematico il rapporto d'indebitamento complessivo dell'economia americana ad altezze senza precedenti.

Ciò equivale ad un LBO nazionale che è andato avanti sin dai primi anni '80 e che ora costituisce un edificio finanziario fatiscente, il quale è incapace di resistere allo shock di tassi d'interesse (quasi) normali.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


martedì 27 novembre 2018

Smettere di usare i segnali stradali ci renderebbe più sicuri

In un ambiente capitalistico, la scarsità è l'incentivo alla base dell'inventiva dell'imprenditore il quale vede un'opportunità e la vuole cogliere. E al giorno d'oggi un certo tipo di scarsità attanaglia le strade, ovvero, scarsità di sicurezza. A quanto pare, infatti, siamo a pochi anni di distanza dalla realizzazione di auto che praticamente si guidano da sole. Ciò di cui i pochissimi possono godere all'inizio, è solo un'anteprima di ciò che alla fine potremo apprezzare grazie all'incentivo del profitto. La ricchezza è un effetto della produzione di massa di quelle cose che inizialmente erano ad esclusivo appannaggio dei ricchi. In questo campo, quindi, un numero crescente di auto avrà caratteristiche di controllo della velocità adattative che andranno a rimuovere parzialmente l'elemento umano alla guida. Il traffico diventerà più leggero semplicemente perché gli errori che possono portare al traffico saranno ridotti. Una volta che le auto senza conducente diventeranno standard, immaginate come saranno le strade. Il tutto ci ricorda che una delle più grandi virtù del capitalismo è trasformare la scarsità in abbondanza. Dove c'è poco o non c'è affatto capitalismo, ci sono code. E il capitalismo non cerca il modo migliore per fare le cose che già facciamo (come ad esempio migliorare la segnaletica stradale), bensì crea modi rivoluzionari e del tutto nuovi di approcciarsi al problema; e il risultato sarà che l'ennesimo inconveniente viene cancellato dall'incentivo del profitto.
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di Jeffrey Tucker


Stamattina ero in coda davanti ad un semaforo per lavori in corso e ho sentito uno stridore terrificante. Una berlina nera nella corsia opposta stava sbandando e alla fine è finita contro un palo. Il terrore ha percorso gli occhi di tutti coloro che si trovavano nelle vicinanze.

Cos'è successo? La donna al volante stava andando a 45 miglia all'ora e aveva visto luce verde davanti a lei. Il verde significa andare. Il problema era che c'erano delle macchine sulla corsia opposta. Quando se n'è accorta, era troppo tardi. Ha perso il controllo della sua auto e poi solo auto della polizia, vigili del fuoco e ambulanze ovunque. Era molto brutto, ma avrebbe potuto andare molto peggio.

Doveva stare più attenta, ovviamente, ma come la maggior parte degli automobilisti, la sua attenzione era totalmente focalizzata sulla luce verde che le dava il diritto di precedenza, indipendentemente da ciò che le stava intorno. Il verde le dava il diritto legale di procedere. Non garantisce che sarà al sicuro.

Gli ingegneri del traffico devono attrezzare il sistema di segnalazione per ricordare alle persone la condizione basilare di guida: per il vostro bene e quello degli altri, siate prudenti. Sempre più spesso, in Europa, si sta affrontando il problema in un modo insolito: meno luci, meno stop, meno regole e meno segnali. Alcune città stanno eliminando completamente segnali alle intersezioni principali, basandosi sulla razionalità individuale che funziona meglio delle regole top-down.



Traffico e libertà

Negli anni '60, quando il libertarismo stava diventando realtà come prospettiva politica, la gente si divertiva di fronte alla nostra ossessione per le leggi e le regole. Dicevano che invece di salvare la civiltà dai barbari, passavamo tutto il nostro tempo a discutere sul segnale di stop in fondo alla strada.

È una caricatura divertente, ma ogni caricatura contiene la sua dose di verità. Segnali di stop e semafori fatti rispettare da agenti dello stato, possono in realtà nascondere caratteristiche di forza coercitiva. Una volta presi una multa, mi dimenticai di pagarla e mi ritrovai in gattabuia durante il brunch domenicale. Mentre languivo in prigione, mi fu chiaro di come alla fine di ogni legge dello stato inizia la canna di una pistola.

Ecco cosa c'è di interessante: sembra che i libertari non abbiano trascorso abbastanza tempo a discutere dei segnali di stop. La teoria moderna riguardo il traffico sta arrivando alla conclusione che segnali, regole e istruzioni hanno reso le strade molto meno sicure. Se li rimuovete, i risultati indicheranno un paradosso: meno si dice cosa fare alle persone, più saranno brave a capirlo da sole.

Vox, nota pubblicazione politica di centro-sinistra, ha pubblicato un video interessante su questa teoria. Lo presentano come un punto puramente ingegneristico. Gli automobilisti hanno bisogno di segnali visivi per sapere quanto veloce stanno andando. Questi segnali sono chiamati “edge friction”. Se si eliminano tutti, il traffico accelera e gli automobilisti diventano meno interessati e cauti sui possibili segnali di pericolo che li circondano. Ma quando si aggiungono segnali casuali, come la presenza di pedoni, gli automobilisti di ogni genere diventano più attenti agli altri.

Con lo spazio condiviso e senza regole formali, tutti rimangono in movimento ma con un'attenzione alta a causa di possibili ostacoli. Ciò può indurre il traffico a scorrere meglio.



Forse l'avete già sperimentato nella vostra città. Il semaforo principale nel centro della città crea intasamenti tutti i giorni. Poi un giorno l'elettricità va via. Gli automobilisti intuitivamente rimangono lo stesso in movimento, ma con una cautela maggiore.



Le implicazioni più grandi

Il video non affronta l'argomento, ma considerate le implicazioni per il sistema americano fatto di luci rosse e verdi. La cosa che ho visto questa mattina illustra il punto. Quante volte avete avuto una corsia libera con una luce rossa che diventa improvvisamente verde? Naturalmente pensiamo che questo significhi spingere sul pedale dell'acceleratore. Se non ci fosse affatto una luce, ci approcceremmo alla situazione in modo molto diverso.

Lo stesso concetto vale col problema dei telefonini mentre si guida. Gli automobilisti hanno bisogno di un motivo per smettere di mandare messaggi, qualcosa di più di una legge. Se le strade fossero davvero multiuso e piene di incertezze, le persone dovrebbero iniziare a prestare attenzione piuttosto che rispettare semplicemente i segnali e le regole. Dovrebbero impegnare i loro cervelli sul compito a portata di mano.

Il problema dei telefonini alla guida deriva dalla percezione che regole e segnali stradali ci tengono al sicuro, quindi perché non trovare qualcos'altro a cui prestare attenzione? Se noi automobilisti avessimo un lavoro da svolgere, gli incentivi cambierebbero completamente.

Il video di Vox mi ha solo frustrato, poiché non ha tratto le implicazioni più grandi: gli schemi evolutivi del comportamento adattativo sono socialmente più funzionali delle leggi e dei segnali stradali. In altre parole, più i sistemi sono strutturati per suscitare l'intelligenza decentralizzata dei conducenti, più è probabile che essi servano al benessere umano.

Questo è il punto di tale microcosmo che ha implicazioni gigantesche sul macrocosmo. Se le intersezioni stradali funzionano meglio senza la gestione top-down e l'imposizione, cosa possiamo dire riguardo il resto dell'ordine sociale? Ci sono altre forme di incidenti che si verificano ogni giorno nel mondo degli affari, il tutto a causa di una gestione troppo coercitiva invece di affidarsi alle persone affinché capiscano le cose da sole.

Il punto principale di F. A. Hayek contro la pianificazione centrale è il seguente: è impossibile per le menti che operano al di fuori del sistema superare la conoscenza decentralizzata insita nel processo sociale di scoperta, con tutte le sue condizioni in continua evoluzione, innumerevoli menti al lavoro e l'enorme diffusione dei piani. Ciò che emerge in uno stato di libertà sono le istituzioni adattative e le regole empiriche che rendono la società più efficace delle leggi e della legislazione statale.

La graduale comprensione di un modo migliore di gestire il traffico ha implicazioni che vanno ben oltre il modo in cui le auto attraversano gli incroci. Dovrebbe dirci qualcosa di molto più grande: la libertà funziona sempre meglio rispetto all'ingegneria sociale ed economica gestita dalle burocrazie. Non si tratta solo di "edge friction"; si tratta di una filosofia di vita.






[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 26 novembre 2018

Perché la concorrenza perfetta non è così perfetta





di Frank Shostak


Secondo il punto di vista popolare, un ambiente competitivo adeguato deve emulare il modello della concorrenza perfetta.

Nel mondo della concorrenza perfetta, un mercato è caratterizzato dalle seguenti caratteristiche:

  • Ci sono molti compratori e venditori sul mercato
  • Vengono scambiati prodotti omogenei
  • Acquirenti e venditori sono perfettamente informati
  • Non ci sono ostacoli o barriere per entrare nel mercato

Inoltre acquirenti e venditori non hanno alcun controllo sul prezzo del prodotto.



Nessuno spazio per gli imprenditori

Presumere un'informazione perfetta ed una certezza perfetta implica che non ci sia spazio per l'attività imprenditoriale. Visto che nel mondo della certezza non ci sono rischi, allora non c'è bisogno di imprenditori.

Tuttavia, se le cose stanno così, chi introduce nuovi prodotti e come? Secondo i sostenitori del modello della concorrenza perfetta, qualsiasi situazione che si discosti da questo modello è considerata non ottimale per il benessere dei consumatori.

Si raccomanda che lo stato intervenga ogni volta che si riscontra una tale deviazione per imporre nuovamente un modello competitivo più vicino ad uno stato di concorrenza perfetta.

Sempre secondo il punto di vista popolare, lo stato deve intervenire per prevenire l'emergere di una situazione in cui un produttore domina o monopolizza un mercato ed imposta un prezzo al di sopra di un livello realmente competitivo. Questo si presume che vada ad indebolire il benessere dei consumatori.



Neanche i potenziali monopolisti possono chiedere qualsiasi prezzo vogliano

Nella vita reale, tuttavia, la capacità di un produttore di monopolizzare un mercato è limitata da diversi fattori.

Innanzitutto dobbiamo notare che l'obiettivo dell'attività imprenditoriale è di realizzare profitti. Questo, tuttavia, non può essere raggiunto senza offrire ai consumatori un prezzo adeguato.

È nell'interesse di ogni imprenditore proporre un prezzo a cui la quantità prodotta possa essere venduta ad un profitto. Nell'impostare questo prezzo, l'imprenditore/produttore dovrà considerare la quantità di denaro che i consumatori probabilmente spenderanno per il suo prodotto. Dovrà considerare i prezzi di vari prodotti competitivi. Dovrà anche considerare i suoi costi di produzione.

Qualsiasi tentativo da parte del presunto produttore dominante di ignorare questi fatti, gli causerà perdite. Oltre a questo, come possono i funzionari statali stabilire se il prezzo di un prodotto creato da un produttore dominante sia superiore al cosiddetto livello competitivo?

Come possono sapere quale dovrebbe essere il prezzo competitivo? Secondo Murray Rothbard:
Non c'è modo di definire il "prezzo di monopolio" perché non c'è nemmeno modo di definire il "prezzo competitivo" al quale il primo debba riferirsi.[1]

Se i funzionari statali tentano di imporre un prezzo inferiore, questo prezzo potrebbe spazzare via l'incentivo a produrre il prodotto. Quindi, anziché migliorare il benessere dei consumatori, le politiche statali peggioreranno le cose.



La varietà dei prodotti è più importante della varietà dei produttori

Contrariamente al modello della concorrenza perfetta, ciò che genera un ambiente competitivo più ampio non è un gran numero di partecipanti in un particolare mercato, ma piuttosto una grande varietà di prodotti competitivi. Maggiore è la varietà, maggiore sarà la concorrenza e quindi maggiore beneficio per il consumatore.

Le politiche statali, nello spirito del modello della concorrenza perfetta, distruggeranno la differenziazione dei prodotti e quindi la concorrenza.

L'idea che vari fornitori dovrebbero competere per offrire un singolo prodotto o servizio omogeneo, non è sostenibile. Perché se questo fosse il motivo, allora perché un acquirente dovrebbe preferire un venditore ad un altro? L'intera idea di rafforzare l'omogeneità dei prodotti al fine di emulare il modello della concorrenza perfetta non porterà a nessuna concorrenza.

Poiché la differenziazione del prodotto è ciò in cui consiste la concorrenza del libero mercato, ogni fornitore di un prodotto ha il monopolio sul suo prodotto specifico che produce. Dopotutto, in un mercato senza ostacoli, non esistono due prodotti esattamente uguali, e ogni fornitore è quindi, in un certo senso, un monopolista.

Ciò che dà origine alla differenziazione del prodotto è che ogni imprenditore ha idee e talenti diversi. Questa differenza di idee e talenti si manifesta nel modo in cui il prodotto viene confezionato, nel luogo in cui viene venduto, nel modo in cui viene offerto al consumatore, ecc.

Ad esempio, un hamburger venduto in uno splendido ristorante è un prodotto diverso da un hamburger venduto in un negozio d'asporto. Quindi, se il proprietario di un ristorante guadagna il predominio nelle vendite di hamburger, dovrebbe essere limitato per questo?

Dovrebbe quindi modificare il suo modo di operare e convertire il suo ristorante in un fast food per conformarsi al modello della concorrenza perfetta? Quello che abbiamo qui è che i consumatori esprimono una preferenza maggiore per cenare nel ristorante piuttosto che acquistare dal negozio d'asporto. Quindi cosa c'è di sbagliato?

Supponiamo ora che i consumatori abbiano completamente abbandonato i negozi d'asporto e acquistino hamburger solo dal ristorante, questo significa che i governanti debbano intervenire?

Suggeriamo che l'intera questione di un monopolio dannoso non abbia rilevanza in un mercato libero.

Un monopolista dannoso può emergere solo quando lo stato, mediante licenze, limita il numero di fornitori in un particolare settore.

Imponendo restrizioni e limitando così la varietà di beni e servizi offerti ai consumatori, è lo stato che riduce le scelte dei consumatori, riducendo in tal modo il loro benessere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Murray N. Rothbard, Man Economy and State (Auburn, Ala.: Mises Institute), pp. 606–07.

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venerdì 23 novembre 2018

Le tre lezioni del crash del 1937





di Francesco Simoncelli


Qualche tempo fa l'amico Marco Dal Prà mi ha proposto di leggere il seguente articolo di Craig Wright sul crash del 1937. In esso si parla della cosiddetta "politica delle buone intenzioni" in ambito economico, una tesi già sostenuta da F.A. Hayek nel libro The Road to Serfdom, e di come rappresenti l'inizio di una spirale distruttiva che culmina sempre con (tanto) dolore economico. Questo è vero soprattutto quando si aggiunge a suddetta politica anche la centralizzazione degli interventi, creando il substrato per conseguenze non intenzionali le quali presenteranno il conto in un lasso di tempo imprecisato ed emergendo in sordina per poi esplodere improvvisamente. La previdenza sociale è cruciale in questo contesto come ci ricorda Wright, perché rappresenta il modo stupido in cui lo stato porta avanti i suoi affari: prende in prestito a breve e spende a lungo. Infine i nodi vengono al pettine e la pianificazione dell'economia, con tutta la buona volontà che si voglia associare agli interventisti, deve affrontare le contraddizioni e le distorsioni che si lascia dietro. Inutile sottolineare come la presa dei pianificatori si fa sempre più stringente man mano che perdono il controllo e devono ampliare il loro bacino di finanziamenti attraverso una base clientelare sempre maggiore.

Ecco il perché della nascita del settore militare/industriale citato da Wright. Finché si può contare sull'assegno in bianco firmato involontariamente dai contribuenti attraverso il contributo fiscale, è decisamente logico che coloro che avranno accesso alla refurtiva fiscale potranno farci ciò che vogliono senza badare alle conseguenze. Ma come ben sappiamo dall'omonimo libro di Richard Weaver, le scelte hanno conseguenze e sebbene siano inizialmente invisibili alla fine fanno valere la loro inevitabilità. La maggior parte delle persone si trincera dietro l'adagio "tanto il sistema può andare avanti per decenni", ma in questo modo si ignorano due cose: i costi e le soluzioni. Riguardo queste ultime, fa bene Wright a concludere il suo pensiero in questo modo:
Questo è uno dei motivi per cui abbiamo bisogno di Bitcoin. Con il libro mastro consultabile da tutti e immutabile come sottostante, esso ci fornisce i mezzi per monitorare tutte le spese del governo ed individuare i responsabili. Questo non è solo qualcosa che ci consente di inchiodare sui fatti i governi corrotti, ma anche di garantire che nessun governo possa nascondere gli sprechi che crea.

Il testo di Wright presenta sostanzialmente tre spunti di riflessione interessanti che val la pena di elaborare ulteriormente.



LEZIONE N°1: PAREGGIARE IL BILANCIO

In Italia di questi giorni non si fa altro che parlare di come l'attuale governo, eletto sulla scia di una certa fiducia nelle sue radici popolari, voglia cercare di far "ripartire" il Paese attraverso una manovra di bilancio espansiva. Mettere i conti a posto non equivale a lasciare spazio al settore privato affinché gestisca le meccaniche di mercato che porteranno poi ad una crescita genuina dell'economia (eventualmente). No, per la macchina statale "far crescere l'economia" significa intervenire pesantemente in essa per adoperare "politiche di crescita". Queste sciocchezze vengono avallate dal fatto che la maggior parte della popolazione sostiene l'analogia "stato gestito come un'impresa", non comprendendo che quest'ultima deve agire in base alle leggi economiche (es. domanda/offerta, costi/benefici, profitti/perdite, ecc.) pena il fallimento. Lo stato, attraverso la coercizione, può estrarre coattamente le risorse monetarie di cui ha bisogno per portare avanti i suoi progetti. In questo modo si scavalca completamente il calcolo economico in accordo con le forze di mercato, distorcendo la rete dei prezzi nel contempo e intorbidendo segnali economici fondamentali.

Pareggiare il bilancio dovrebbe significare una minore presenza dello stato nel tessuto economico, in modo che i segnali economici trasmessi siano quanto più genuini possibili. E soprattutto lasciar fallire quelle imprese che non rispettano la volontà degli attori di mercato. La storia del 1937, come quella del 1932, ci racconta ciò che succede quando un governo cerca di far quadrare i conti, aumentando le tasse o la spesa, o facendo entrambe le cose. Analizziamo il seguente grafico sull’andamento di tasse e spese federali negli Stati Uniti durante la Grande Depressione:


La linea rossa mostra l’andamento, in rapporto al PIL, delle entrate fiscali mentre la linea blu quello delle spese federali. Ora andiamo a controllare alcuni “passaggi delicati” che spesso vengono citati come pistola fumante che pareggiare il bilancio sia recessivo. Krugman sul 1932-33: “Nessun moderno Presidente americano potrebbe ripetere l’errore di politica fiscale di Hoover del 1932, quando il governo federale tentò di far quadrare il bilancio seppure in mezzo ad una severa recessione”. In realtà il tentativo di “far quadrare il bilancio” si riferisce ad un aumento di spesa federale accompagnato da un aumento massiccio delle tasse (in termini relativi, la tassazione quasi raddoppiò in un anno).

Sul 1937 va avanti la tesi che la politica fiscale e monetaria restrittive prolungarono la recessione. La lezione della storia che i nostri amici di sempre traggono è quindi che far quadrare il bilancio dello Stato mentre la Banca Centrale sta attuando una politica monetaria restrittiva sia un suicidio. Il pareggio di bilancio venne raggiunto accompagnando un taglio della spesa (in gran parte dovuto al taglio dei sussidi ai veterani della Prima Guerra Mondiale) ad un aumento delle tasse (quell’anno vennero per la prima volta vennero riscosse le tasse sulla previdenza sociale).

In virtù di ciò, passiamo adesso a dare un'occhiata a cosa accadde nel 1946-47. Durante la guerra mondiale gli Stati Uniti mantennero un livello di spesa in deficit molto elevato per finanziare lo sforzo bellico nel Pacifico ed in Europa. Terminato il conflitto, però, l’Amministrazione decise di pareggiare il bilancio tagliando in fretta ed in modo sostanziale la spesa pubblica e contemporaneamente riducendo l’imposizione fiscale.

Gli economisti keynesiani preannunciavano la catastrofe economica:
Quando questa guerra giungerà alla fine, più di metà dei lavoratori dipenderà direttamente o indirettamente da ordini  militari. Avremo una decina di milioni di uomini in servizio da ricollocare nel mercato del lavoro. Dovremo affrontare un difficile periodo di riconversione durante il quale alcuni beni non saranno più prodotti e ci potrebbero essere molti licenziamenti. Non è neanche detto che la necessità tecnica di riconversione debba necessariamente generare un flusso di investimenti sufficiente nel periodo che stiamo considerando. La conclusione finale che possiamo trarre dall’esperienza della guerra precedente è inevitabile – dovesse la guerra finire improvvisamente nei prossimi sei mesi, dovessimo progettare di esaurire i programmi di guerra con la massima fretta, smobilitare le forze armate, eliminare il controllo sui prezzi, passare da deficit astronomici anche solo agli elevati deficit degli anni ’30, allora questo verrebbe accompagnato dal più grande periodo di disoccupazione e dislocazione industriale che l’economia ha mai affrontato.

La smobilitazione di dieci milioni di soldati americani, accompagnata da una drastica riduzione della spesa pubblica, la rimozione del controllo dei prezzi  ed una rapida riconversione dell’apparato bellico a scopi civili portarono ad un tasso di disoccupazione massimo, nel 1947, del 3.6%.

L’espressione “pareggiare il bilancio” può voler dire molte cose. Può significare che il governo decida di realizzare il pareggio di bilancio aumentando le tasse oppure può agire in senso opposto, tagliando innanzitutto la spesa, anche ridimensionando in modo significativo il peso dello stato ed accompagnando queste misure con un alleggerimento fiscale. In entrambi i casi i keynesiani parleranno di politica fiscale restrittiva (alcuni semplicemente di “stretta fiscale” facendo una confusione di termini) e cercheranno di convincere tutti dell’ineluttabilità di una recessione in seguito al tentativo dei governi europei di mettere a posto i loro conti.

Se questo nel 2019 sarà seguito da un aggravamento della situazione macroeconomica, però, la responsabilità dei governi non sarà data dal fatto di aver ricercato un pareggio di bilancio (dato aggregato), ma di aver tentato di raggiungerlo aumentando le tasse ed evitando di tagliare le spese in maniera significativa e strutturale. Questa è la prima lezione che dobbiamo apprendere dal crash del ‘37.



LEZIONE N°2: POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA

I monetaristi incolpano la FED per la crisi del '29 e per la crisi del '37, affermando che in entrambe le occasioni la politica monetaria restrittiva abbia innescato processi economici correttivi. Questa tesi è stata portata avanti da Anna Schwartz e Milton Friedman, e successivamente è stata utilizzata per presentare politiche monetarie anti-cicliche non appena le recessioni avrebbero alzato la loro brutta testa. In una delle sue conferenze più famose, Ben Bernanke fece riferimento allo stesso Friedman affermando di aver ben compreso la lezione. E questa base è stata utilizzata per dare vita ad una delle politiche monetarie più espansive mai viste nella storia economica. I vari giri di quantitative easing, infatti, non hanno fatto altro che seppellire sotto una montagna di denaro creato ex novo problemi ciclici che si sono metastatizzati diventando ormai cronici.

I tre round di QE avviati dalla FED nel 2013 hanno fornito iniezioni di liquidità non solo nei depositi delle grandi banche commerciali degli Stati Uniti, ma anche nelle banche estere. Questa operazione, infatti, è stata possibile grazie a mercati dei capitali mondiali altamente collegati. Dopo che il QE3 si è concluso nell'ottobre 2014 e il dollaro ha iniziato ad apprezzarsi, è stato il turno della BCE e subito dopo della BOJ. Le economie emergenti si sono unite alla festa e hanno compensato il deflusso di capitali con l'espansione del credito interno, al fine di evitare che le loro valute salissero e danneggiassero le esportazioni, o permettessero un leggero aumento dei loro rendimenti dei titoli di stato rispetto a quelli USA. I Paesi si sono allineati ad un livello di "inflazione globale", mantenendo i tassi d'interesse più bassi possibile.

Ma quando le "politiche monetarie iniziano ad essere divergenti", e le banche centrali sembrano non coordinare più inflazione monetaria ed espansione del credito, ecco che emergono gli errori economici. Se alcuni bilanci delle banche centrali si espandono a ritmi più elevati di altri, un deprezzamento più netto della loro valuta renderà l'inflazione dei prezzi più visibile sul mercato interno, il debito estero più oneroso e produrrà turbolenze nei mercati finanziari. Ma la causa della prossima recessione non può essere la divergenza delle politiche monetarie, bensì l'iniziale espansione del credito: le banche centrali che agiscono all'unisono in questa espansione in tutto il mondo non fanno che peggiorare ed aumentare i suoi effetti distorsivi. Pertanto la divergenza delle politiche monetarie, o una posizione monetaria ristretta, tutt'al più può servire da catalizzatore per un tracollo finanziario. E questo fatto si riverbera nelle entità che incarnano la trasmissione della politica monetaria delle banche centrali nell'economia più ampia: il settore bancario commerciale. Tutto questo comparto sta cadendo a pezzi.





Il punto più importante è che il tentativo di evitare che suddetto catalizzatore prenda fuoco, attraverso un rinnovato coordinamento tra banche centrali, è futile nel lungo termine. Il dominio delle banche centrali sulle questioni monetarie non solo ha scatenato una maggiore inflazione dei prezzi, ma ha trasformato in bische clandestine i mercati finanziari e gli strumenti finanziari, non più collegati al sound money o all'economia "reale". Ha trasformato i settori industriali in zombie affamati di maggiore denaro facile per portare avanti i loro progetti improduttivi, privi di domanda genuina di mercato.

I bassi tassi di interesse/bassi rendimenti obbligazionari hanno permesso una baldoria di indebitamento societario in cui il debito non finanziario totale è salito di oltre $2,500 miliardi, ovvero il 40% dal suo picco nel 2008. La baldoria d'indebitamento ha fatto salire il debito societario statunitense totale ben oltre il 45% del PIL, che è persino peggiore del livello raggiunto durante i passati cicli del credito.


Le società statunitensi hanno utilizzato gran parte del capitale preso in prestito per riacquistare le proprie azioni, aumentare i dividendi e finanziare fusioni/acquisizioni, attività note per l'aumento dei prezzi delle azioni e dei bonus. Sfortunatamente le società statunitensi si sono concentrate su queste attività che premiano gli azionisti, trascurando gli investimenti aziendali a più lungo termine, un comportamento spregiudicato tipico di una bolla. Il grafico qui sotto mostra come i riacquisti di azioni proprie e i dividendi pagati siano aumentati drasticamente dal 2009.


Però i keynesiani considerano un rafforzamento degli ordini di beni capitali, qualunque sia la loro natura, una prova del fatto che le società stanno investendo sia nella sostituzione di beni capitali esistenti che in nuovi beni capitali al fine di espandere la propria crescita. Non c'è dubbio che un aumento della qualità e della quantità di strumenti e macchinari, cioè i beni capitali, sia la chiave per l'espansione di beni e servizi. Ma è sempre un bene per il processo di creazione di ricchezza reale?

Quando la banca centrale avvia un pompaggio monetario e un abbassamento artificiale della struttura dei tassi d'interesse, alimenta varie attività non produttive. Per sopravvivere queste attività hanno bisogno di finanziamenti reali, i quali vengono deviati dal bacino della ricchezza reale tramite la politica monetaria allentata. Le attività in bolla, come qualsiasi attività non in bolla, richiedono strumenti e macchinari, ovvero beni capitali. Pertanto i beni capitali generati per queste attività sono in realtà uno spreco di ricchezza reale.

Gli strumenti ed i macchinari che vengono generati verranno impiegati nella produzione di beni e servizi che per i consumatori hanno una bassa priorità. Queste attività, quindi, non generano ricchezza reale, ma la drenano. Quanto più è aggressivo è l'allentamento monetario della banca centrale, tanto maggiore sarà il drenaggio della ricchezza reale e minore sarà la ricchezza reale a disposizione di coloro che la creano. La Scuola Austriaca si distingue dal resto delle altre scuole di pensiero economico proprio perché dispone di una teoria del capitale, le cui basi poggiano sulla solida metodologia della prasseologia. e in base a quanto esposto fin qui, è chiaro che invece una politica monetaria restrittiva va ad indebolire il parassitismo del bacino della ricchezza reale da parte di suddette attività che sprecano ricchezza. Di conseguenza comprendiamo benissimo che il problema non è la politica monetaria ristretta, bensì la precedente politica monetaria allentata ad innescare il futuro bust; non solo, ma anche che quest'ultimo nascerà dal settore delle grandi aziende che hanno tratto vantaggio dalla manna monetaria.

Più ci spostiamo lungo il canale della trasmissione della politica monetaria, più aumenta la probabilità di trovare il probabile innesco della successiva fase di crisi. Le grandi banche commerciali ad esempio si trovano all'inizio del canale e quindi, nonostante i problemi che potranno affrontare, verranno salvate attraverso l'ulteriore crocifissione dei contribuenti (anche perché il mandato ufficioso delle banche centrali è quello di salvaguardare il settore delle grandi banche commerciali). Ma le con le imprese è diverso, perché la loro esistenza è molto più influenzata dalle decisioni degli attori di mercato e una volta rimossa la politica monetaria allentata devono tornare a fare i conti con questa verità. Durante gli anni della manna monetaria e della ZIRP, le distorsioni all'interno del tessuto economico societario sono state tante: dalle fusioni/acquisizioni finanziate con livelli crescenti di debito agli LBO che hanno fatto a pezzi la produttività delle imprese.

Non dimenticate che con il tightening avviato dalla FED, una carenza di dollari è sinonimo di liquidità in via di estinzione, il che significa che possiamo aspettarci violenti ed improvvisi crash di mercato, proprio come abbiamo visto nelle ultime settimane. I mercati azionari (e quelli obbligazionari) in tutto il mondo hanno subito gravi perdite. Il timore di un rialzo dei tassi d'interesse "reali" negli Stati Uniti e il rallentamento della crescita economica (soprattutto in Cina) sta inducendo gli investitori a rivalutare le loro posizioni. Per non parlare del costo di accendere un prestito a breve termine in dollari tramite il LIBOR: ai massimi di quest'anno.


L'indebitamento a breve termine in dollari sta diventando molto costoso. E gli investitori, soprattutto all'estero, scoprono che è più difficile e costoso entrare in possesso di dollari. Le imprese in tutto il mondo che prendono in prestito dollari per operazioni commerciali e anche i normali cittadini con mutui e carte di credito, dovranno far fronte a pagamenti di interessi più elevati.


La tendenza è stata trascurata dal mercato negli ultimi tre anni, principalmente perché molti ritengono che la crescita degli Stati Uniti compenserà i pagamenti degli interessi in salita. Ma una cosa è certa: con le attuali politiche di quantitative tightening, il costo di prendere in prestito dollari a breve termine continuerà a salire molto più in alto. Per i mutuatari e le istituzioni che dipendono dal debito a breve termine è un disastro. Le passività diventano difficili da gestire e gli attivi diventano vulnerabili. L'idea di una carenza di dollari sembra strana per molti, soprattutto a causa di quanto le banche centrali hanno stampato sin dal 2008. Ma il problema è che il mondo ha creato molto più debito dei dollari creati dalla FED, ad esempio: per ogni dollaro che è stato stampato, è stato creato circa 20 volte l'ammontare del debito in circolazione.

Ma dal dicembre 2015 la FED ha iniziato il percorso di normalizzazione dei tassi. E se guardate gli ultimi due grafici qui sopra, vedrete che è quello il momento in cui i costi di prestito sono saliti. Se aggiungiamo al QT della FED anche l'aumento del deficit degli Stati Uniti, un dollaro più forte e tassi più alti, il servizio di tutto questo debito sta diventando impossibile. Sulla stessa linea delle grandi imprese ci sono anche gli hedge fund, i quali soffrono degli stessi guai finanziari.

Il marciume dell'attuale sistema è stato esposto solo brevemente nel 2008, ma i salvataggi degli anni seguenti hanno temporaneamente calmato le acque. Ma questo non può durare per sempre ed è ingenuo pensare che le radici corrose dell'odierno sistema finanziario dureranno a lungo; c'è sempre un costo da pagare quando si aggirano le leggi dell'economia.


E come vediamo dal grafico qui sopra, in cui viene conteggiata l'inflazione dei prezzi degli ultimi 20 anni secondo le stime ufficiali (soppresse), chi ha pagato il prezzo più salato è stata la classe media. Anche perché, come ho detto prima, anche se il denaro creato ex novo è stato incanalato nelle obbligazioni statali, quest'ultimo spende e di conseguenza parte del denaro finisce inevitabilmente per inondare l'economia più ampia. Sebbene la maggior parte sia rimasto confinato nel circuito finanziario, vediamo dal grafico qui sopra che i prezzi più soggetti ad un aumento sono stati quelli legati al settore scolastico, in particolare quello universitario. Perché? Perché una delle bolle subprime più virulente, oltre a quella per i prestiti auto, è quella dei prestiti agli studenti alimentata dalle politiche sociali dello zio Sam. Ciononostante ci sono ancora alcuni tipi strambi che prevedono una deflazione di massa. L'hanno predetta per due o più decenni e ogni volta hanno sbagliato. "Deflazione" significa "diminuzione dell'offerta di moneta". I prezzi in calo sono un risultato della deflazione, ma sono anche il risultato di un aumento della produzione di beni e servizi. Il prezzo dei computer continua a scendere, ma questo non è il risultato della deflazione, è invece il risultato della Legge di Moore: la capacità del chip del computer raddoppia ogni 12 mesi.

Coloro che prevedono una deflazione di massa non hanno affrontato la realtà della politica monetaria espansiva della FED negli ultimi dieci anni. Coloro che prevedono deflazione di massa continuano a parlare delle banche commerciali che non sono disposte a prestare denaro (reso disponibile dalla FED). Questa è una sciocchezza, a meno che i tassi d'interesse non siano negativi. Le banche fanno soldi con i prestiti. Possono prestare solo allo stato, ma prestano. Se prestano allo stato, quest'ultimo spende i soldi e di questo potete esserne sicuri.

I destinatari depositano questo denaro nelle loro banche. Le banche poi prestano i soldi. Vengono utilizzate tutte le riserve monetarie disponibili. I deflazionisti si rifiutano di commentare questo fatto ovvio. Il loro mondo è un mondo ipotetico in cui i banchieri, che fanno soldi prestando denaro, si rifiutano di farlo. Si potrebbe pensare quindi, leggendo le discussioni dei deflazionisti, che le banche commerciali non abbiano prestato denaro. Vi sbagliereste. Le banche non hanno prestato denaro alle piccole/medie imprese. E l'inflazione dei prezzi di oggi non è altro che il risultato di questa catena di eventi, innescata dall'iniziale inflazione monetaria della banca centrale, la quale l'ha costretta a rialzare i tassi d'interesse.

Gli investitori, durante gli ultimi dieci anni, hanno acquistato obbligazioni societarie in enormi quantità. Stanno venendo fatti a pezzi da tassi in aumento e dall'inflazione dei prezzi. In una parola, sono degli sciocchi perché hanno creduto nella falsa promessa di stabilità dei prezzi quando invece le politiche perseguite portano inevitabile ad un'instabilità dei prezzi.

Le compagnie di assicurazione sono cariche di obbligazioni e mutui a lungo termine. Questo è il motivo per cui gli asset delle compagnie di assicurazione sono a rischio quando le banche centrali mettono mano alla stampante. Una grande percentuale dell'intera struttura del capitale nel mondo occidentale si basa su un presupposto illusorio: la solvibilità degli stati. Per impedire che vadano in default, le banche centrali devono mettere mano alla stampante. Ma per evitare che il valore patrimoniale dei mercati dei mutui e delle obbligazioni collassi, le banche centrali dovranno smettere di interferire coi mercati. Le banche centrali servono gli stati, non l'investitore in obbligazioni quindi metteranno mano alla stampante.

I mercati azionari, come quelli obbligazionari, sono ora sostenuti da persone ottimiste che credono che i deficit non contano. Impareranno quanto hanno torto. Lo stato mente e le persone amano le bugie convenienti. Coloro che credono in queste menzogne alla fine pagano un prezzo pesante.



LEZIONE N° 3: SISTEMA PENSIONISTICO

Finora abbiamo appreso che la politica restrittiva in ambito monetario e fiscale non è affatto la causa delle crisi, bensì la strada per tornare a fondamentali di mercato genuini. Impedire questo processo vuol dire lasciar che nell'ambiente economico si accumulino più errori al prezzo di dover pagare un maggiore dolore economico successivamente, quando diventeranno impossibili da gestire attraverso una politica monetaria e fiscale accomodanti. E l'impossibilità di tale gestione sta maturando nell'ultimo pilastro che tiene in piedi l'attuale sistema statale e il sistema bancario centrale: il sistema pensionistico. Come abbiamo detto in precedenza in questo saggio, le imprese che hanno gozzovigliato con il credito facile e dedicato la loro vita all'ingegneria finanziaria saranno l'epicentro della prossima crisi. A causa dell'ambiente economico distorto dagli interventi delle banche centrali e reso affamato per rendimenti decenti, i prodotti finanziari emessi o legati a suddette imprese hanno ricevuto un grado di rischio fasullo.

Sempre più pattume finanziario è finito nei bilanci di entità che dovrebbero salvaguardare i risparmi di coloro che ve li affidano. Ma questo significa anche raggiungere un obiettivo di resa annuale stringente per far fruttare tali depositi, e in un ambiente economico distorto dalla ZIRP ciò è stato sempre più difficile. L'unico aspetto finanziario su cui la gente non transige e non transigerà mai sono le pensioni, e questo i fondi pensione lo sanno. È per questo che si sono esposti ad una quantità incredibile di pattume finanziario per raggiungere il loro obiettivo di rendimento annuale. Hanno scommesso sulle banche centrali, che ancora una volta faranno la magia.


Ma non hanno fatto i conti con la realtà. Perché? Perché non hanno una teoria solida e coerente con cui sondare l'ambiente economico. Non comprendono come l'attuale ambiente economico sia pervaso da una disconnessione messa in atto dall'epocale stampa di denaro portata avanti dalle principali banche centrali del mondo. Non comprendono come la Legge dei Rendimenti Decrescenti sia alla base di questa disconnessione.


Ma ciò che è più importante, è la seconda parte del paragrafo precedente perché rappresenta uno degli elefanti nella stanza che la maggior parte delle persone non vede quando riscuote la pensione. Questo perché ci si focalizza sulle cifre nominali e si trascurano quelle reali. Quindi se da una parte si dice che il reddito medio è ai massimi di sempre e le pensioni vengono rivalutate nel futuro, non si dice che il denaro fiat di domani non compra affatto ciò che invece compra il denaro fiat di oggi. Di conseguenza questo effetto "non visto" è stato compensato attraverso il credito, impedendo alle persone di riuscire a mettere da parte qualcosa per conto loro.


Ovviamente guardando solo al patrimonio netto delle famiglie, non si sospetterebbe che esista un problema. Attualmente, le famiglie degli Stati Uniti sono le più ricche. L'aumento della loro ricchezza negli ultimi anni deriva dall'aumento dei valori immobiliari e dall'aumento di vari asset finanziari collegati al mercato azionario come le azioni societarie, i fondi comuni ed i fondi pensione. Tuttavia questo è quello che si vede. Quello che non si vede è che praticamente tutto il patrimonio netto, e il relativo aumento, è andato a beneficio solo di una manciata di americani più ricchi.

Nonostante la convinzione dei media generalisti che l'aumento dei prezzi degli asset, alimentato dagli interventi monetari della FED, abbia fornito una spinta all'economia globale, le cose stanno diversamente. Dato che gran parte della popolazione non partecipa, o partecipa solo marginalmente, ai mercati finanziari, la "spinta" è rimasta concentrata nel 10% della popolazione totale. I tanti rapporti riguardo la "prosperità economica" (come il rapporto debito/reddito, i salari, gli asset, ecc.) è che essi sono fortemente inclinati al rialzo dal 20% della popolazione totale. La solvibilità della stragrande maggioranza degli americani è altamente discutibile.


Mentre gli interventi da parte della FED hanno sicuramente aumentato i prezzi degli asset, l'unico risultato reale è stato un ampliamento del divario di ricchezza tra il 10% della popolazione totale che ha investito dollari nei mercati finanziari e tutti gli altri. Ciò che gli interventi monetari non sono riusciti a realizzare è un aumento della produzione per favorire livelli più alti di prosperità economica. È difficile affermare che l'economia si sia ripresa e le dinamiche sottostanti suggeriscono uno scenario più terribile. In questo contesto, la concatenazione di fenomeni economici come il boom fasullo del mercato azionario, il marciume finanziario all'interno dei fondi pensione, la costante e continua erosione del denaro fiat e l'assenza di risparmi, rappresentano una reazione a catena che porterà alla fine del sistema finanziario così come lo conosciamo.

La struttura del debito è come una fila di domino. Se un tassello si rovescia, potrebbe far cadere il sistema. Supponiamo che ci siano sistemi di sicurezza che impediranno che ciò accada. La domanda è: funzioneranno? Di solito funzionano, ma quando la maggior parte della gente si affida ad essi per proteggersi in tutte le situazioni, non fa altro che giocare col fuoco. Nessun sistema è protetto da tutte le eventualità. Fin dal 1937 nessuna delle lezioni analizzate in questo saggio è stata appresa e ognuna di esse è stata portata adesso alle estreme conseguenze.

Ricordate: se non vi occupate dell'economia, sarà l'economia ad occuparsi di voi.



CONCLUSIONE

La fame di rendimenti decenti ha spinto l'ultimo baluardo che sorregge l'attuale sistema statale e il sistema bancario centrale, i fondi pensione, a gettarsi a capofitto in asset sempre più rischiosi per riuscire a tenere fede ai loro obiettivi di rendimento annuali. La ZIRP delle banche centrali ha distorto sempre più il rischio degli asset che venivano incamerati dai fondi pensione e ha permesso a quelle entità che li emettevano di gozzovigliare con l'ingegneria finanziaria, abbandonando settori d'investimento cruciali (come quelli della R&S) per rincorrere invece i vari carry trade nei mercati finanziari. Sono diventati praticamente degli zombi, come li definisce anche la BRI, e la loro improduttività rappresenterà il catalizzatore della prossima crisi finanziaria.

L'epicentro della prossima crisi saranno le grandi imprese che hanno giocato con l'ingegneria finanziaria (es. Bayer, CVS, Cygna, AT&T, Caterpillar, IBM, ecc.). Bond e prestiti legati a queste aziende sono stati successivamente cartolarizzati dal settore bancario commerciale e sono finiti nei vari bilanci di altre entità: banche commerciali stesse, hedge fund, società d'assicurazione e soprattutto fondi pensione. Secondo le stime ufficiali quello attuale è il secondo periodo di ripresa più lungo della storia economica e gli stessi media generalisti sono molto preoccupati. Ciò che ignorano, o preferiscono ignorare, è l'ammontare di pattume finanziario nei bilanci di quelle entità che vengono definite "sicure" dalle loro stesse stime. Sono schizofrenici e spargono confusione nel pubblico, il quale è sprovvisto di una teoria solida e coerente con cui sondare l'ambiente economico.

La loro fiducia è riposta nelle promesse di un apparato marcio e truffatore. Inutile dire che sperimenteranno un brusco e amaro risveglio. In questo contesto le criptovalute fungeranno da ottima riserva di valore e hedging contro la tempesta finanziaria in arrivo. Sono la risposta del libero mercato alla centralizzazione dell'economia e alla svalutazione silenziosa del potere d'acquisto delle valute fiat. In base a quello che si profila all'orizzonte, una parziale esposizione al mondo elle criptovalute è fondamentale.

Un sistema finanziario sano e sostenibile è possibile solo col sound money, la cui produzione non può essere arbitrariamente e politicamente determinata. In questo viaggio, le criptovalute ci aiuteranno a ricordare tali principi, ristrutturando nei nostri pensieri l'importanza dei diritti di proprietà e della responsabilità individuale. Il sound money inizia dapprima nella mente degli individui e solo dopo si manifesta nelle azioni.