venerdì 30 agosto 2019

Tassi nominali profondamente negativi stanno facendo il loro corso





di Alasdair Macleod


La crescente evidenza di una grave recessione globale provocherà sicuramente politiche monetarie più aggressive da parte delle banche centrali. Speravano di avere margine di manovra per tagliare significativamente i tassi d'interesse dopo averli normalizzati e invece non è stato così. Di conseguenza, mentre la recessione si intensifica, le banche centrali non vedranno alcuna alternativa a tassi nominali negativi più profondi per mantenere a galla i loro stati e le loro banche commerciali attraverso una combinazione di eliminazione dei costi di prestito e inflazione dei prezzi delle obbligazioni. Sarà l'ultimo lancio dei dadi del denaro fiat e finirà con la loro morte. I prezzi dell'oro e di bitcoin stanno ora iniziando a rilevare tassi negativi più profondi e le conseguenze negative per le valute fiat.



Il problema

Le banche centrali affrontano un dilemma: come possono tagliare i tassi d'interesse abbastanza da impedire ad un'economia di scivolare in recessione? Un banchiere centrale noterà che il taglio medio richiesto per rimettere in piedi un'economia è dell'ordine del 5%, a giudicare dall'esperienza del 2001/02 e 2008/09 e da ciò che dicono i loro modelli economici. Tuttavia in Eurolandia il punto di partenza è -0,4% e in Giappone -0,1%. Negli Stati Uniti era del 2,5% prima del taglio più recente e nel Regno Unito dello 0,75%. La soluzione che favoriranno quasi sicuramente è tassi d'interesse nominali negativi più profondi.

Alla luce delle prove crescenti che l'economia globale sta entrando in recessione e si sta spostando verso una crisi ciclica del credito, questo argomento è diventato improvvisamente rilevante. I lettori regolari dei miei articoli sanno come io abbia messo in evidenza prove empiriche che una combinazione di protezionismo commerciale e una svolta nel ciclo del credito sono la ricetta per una crisi economica. Insieme questi eventi furono i due fattori che fecero crollare il mercato azionario americano nel 1929 e portarono alla grande depressione degli anni '30. La teoria economica alla base è chiara: oggi i dazi americani arrivano alla fine del periodo più lungo e più aggressivo di espansione del credito mai visto. Non è una sopravvalutazione aspettarsi che una crisi creditizia, insieme al protezionismo commerciale americano, abbia il potenziale per essere peggiore di quella di nove decenni fa.

Inoltre siamo arrivati ​​a questo punto aumentando le iniezioni di denaro fiat e di credito, poiché le banche centrali non consentono la correzione delle distorsioni economiche. Invece, nella loro missione di proteggere le banche commerciali dalle inadempienze, incoraggiano i malinvestment. Non si tratterà solo di correggere le distorsioni a seguito della crisi della Lehman, c'è anche una lunga eredità proveniente da precedenti cicli creditizi.

A seguito del crollo di Bretton Woods nel 1971, la libertà concessa alle banche centrali di stampare denaro incarna il quadro delle attuali politiche monetarie. Oltre a finanziare i disavanzi pubblici, l'espansione monetaria è stata utilizzata per proteggere l'establishment finanziario e commerciale a spese di tutti gli altri. Ci viene detto che una moderata inflazione dei prezzi faccia bene all'economia, quando invece impoverisce la società. Il vero scopo è consentire l'espansione monetaria e creditizia. Inoltre l'inflazione dei prezzi è sempre richiesta da stati desiderosi di sopprimerne l'evidenza sfavorevole.

È una politica che ha inasprito il ciclo del credito, portando a crisi creditizie sempre più frequenti. Pensereste che i fallimenti della politica monetaria nei vari cicli del credito indurrebbero le persone razionali a fermarsi ed a riflettere, ma i banchieri centrali tendono a pensare che non sia la loro politica ad essere sbagliata e piuttosto sia cola delle imprese. La soluzione? Più interventismo.

Gli individui razionali sanno che c'è un'altra crisi creditizia ed economica dietro le quinte, e sanno già come risponderanno i banchieri centrali: abbassare i tassi d'interesse per salvare le loro economie, il che significa avere margine di manovra per abbassarli di almeno il 5%. Ciò che suddetti individui presumibilmente razionali devono capire è che la politica monetaria conduce a tassi profondamente negativi. Intere curve dei rendimenti delle obbligazioni con rating AAA finiranno in territorio negativo (come già accaduto per USA, Germania e Svizzera). La negazione del valore del tempo significherà che un bond statale senza data di rimborso sarà considerato tecnicamente un vero affare. Questa è la misura dell'attuale distorsione economica.

Non vi è dubbio che i banchieri centrali si sentano sempre più intrappolati. Leggendo tra le righe, è stato difficile non arrivare a questa conclusione a seguito del recente abbassamento del Fed Funds Rate. Mario Draghi sarà lieto di consegnare le redini della sua presidenza il 1° novembre. Il suo sostituto è un avvocato e un politico socialista che si è reinventato come capo del FMI. L'unica qualifica di Christine Lagarde per questo lavoro è la stessa di Mark Carney: è considerata una dell'establishment e si prevede che segua la stessa via finora tracciata.

Sa poco di economia; peggio ancora, è stata un ministro delle finanze francese, dove la conoscenza dell'economia del libero mercato è un handicap. Guarda caso, poi, il FMI ha pubblicato di recente un documento di lavoro che mostra come abilitare tassi d'interesse nominali fortemente negativi.

Questo documento di lavoro, su cui torneremo più avanti, ne segue un altro scritto nel 2015 dagli stessi autori, pubblicato sempre dall'FMI ed intitolato Breaking Through the Zero Lower Bound. Il primo documento presenta quindici "idee sbagliate" riguardo lo sforamento del limite zero e nessuno di questi affronta il problema della preferenza temporale, né il fatto che tassi profondamente negativi mettano in backwardation l'intero complesso delle commodity e possano scatenare una corsa agli sportelli bancari da parte di grandi depositanti. Né ci sono riferimenti ai veri obiettivi dei tassi negativi: facilitare i finanziamenti pubblici e salvare le banche.

Le questioni economiche più importanti vengono semplicemente evitate.



L'origine della politica dei tassi negativi

I due autori menzionano la storia di Silvio Gessel (1862-1930), che nel suo The Natural Economic Order propose l'introduzione di un'imposta di bollo sulla valuta cartacea fisica: la moneta cartacea avrebbe mantenuto il suo valore solo se ogni mese fossero stati incollati su di essa francobolli acquistati presso un ufficio postale. Ciò avrebbe costituito un rendimento negativo sul contante impostato dal costo dei francobolli.

Dando un rendimento negativo al contante, Gessel riteneva che i tassi d'interesse sui prestiti potessero essere portati a zero. L'ovvio difetto era che i tassi d'interesse erano collegati a prestiti in oro, che all'epoca sostenevano la maggior parte delle valute. Avrebbe richiesto un'azione coordinata da parte di tutti gli emittenti di sostituti dell'oro ed era qualcosa di poco pratico ancor prima che si considerassero le trasgressioni alla teoria dei prezzi.

Infatti l'interesse ha sempre avuto una brutta nomea, definito dalla chiesa cristiana usura e bandito in varie occasioni. È ancora vietato dalla fede musulmana. Le persone non riescono ad accettare l'idea che il denaro possa essere una fonte di guadagno senza alcuno sforzo per il suo proprietario. Anche Keynes fu tormentato da questo problema e dedicò a Gessel oltre cinque pagine della sua Teoria Generale, dopo aver inizialmente liquidato il suo lavoro e poi ammesso di esserne rimasto profondamente colpito. Sembra che Gessel abbia fornito a Keynes le basi per la sua tesi secondo cui i risparmiatori non meritano la remunerazione degli interessi e possono essere cancellati dal futuro come fornitori di capitale monetario.

Mentre Gessel proponeva solo tassi d'interesse negativi sulla liquidità fisica, Keynes ha sottolineato che "una lunga lista di sostituti avrebbe fatto meglio: denaro bancario, debiti, denaro estero, gioielli e metalli preziosi, e così via". Nei loro documenti Argarwal e Kimball si concentrano sull'emissione di denaro bancario.

Dati i riferimenti a Gessel e Keynes, non dovremmo essere sorpresi dal fatto che i due documenti di lavoro dell'FMI non menzionino la preferenza temporale. Gli economisti classici, che considerano fondamentale la Legge di Say, hanno capito che il ruolo del denaro è quello di fungere da struttura intermedia per trasformare la produzione (o il lavoro) in consumo. Stando così le cose, e dato che le persone tendono a valutare più prezioso il possesso presente rispetto al possesso futuro, il denaro deve riflettere queste caratteristiche. Ne consegue che per un economista post-keynesiano suggerire il contrario rappresenta la negazione della teoria dei prezzi.

Questo è il motivo per cui Keynes ha dovuto respingere la Legge di Say definendola deliberatamente in modo ambiguo e spacciando come vera la sua versione. Ma ciò ci lascia con una condizione innaturale di tassi d'interesse negativi e rendimenti obbligazionari negativi. Una volta imboccata questa strada non si può tornare indietro, perché farlo scatenerà forze distruttive represse.



Come gestire tassi profondamente negativi

L'ovvio problema con tassi profondamente negativi è che incoraggiano l'accumulo di contante (cartaceo). Il più recente dei documenti di lavoro di Argarwal e Kimball offre due approcci di base ed entrambi implicano il rendere costoso il possesso di denaro contante.

Il loro metodo preferito lo definiscono l'approccio pulito, in base al quale una banca centrale introduce un tasso di sconto sui prelievi di contanti nelle banche commerciali. Per implementarlo la banca centrale dovrebbe definire la moneta elettronica come unità di conto, non il denaro fisico. Se l'approccio pulito dovesse sollevare difficoltà legali, raccomandano un secondo metodo, che chiamano l'approccio del canone di locazione: un tasso negativo di rendimento sulla valuta cartacea sarebbe espresso da una commissione sui prelievi delle banche presso la finestra di finanziamento della banca centrale.

Entrambi i metodi avrebbero l'effetto di chiudere la finestra dell'arbitraggio tra l'accumulo di contanti e tassi negativi sui depositi presso le banche. In teoria, ciò consentirebbe ad una banca centrale di imporre tassi negativi più profondi, eliminando qualsiasi limite e ottenendo la flessibilità di impostare tassi nominali negativi secondo i livelli suggeriti dai loro modelli economici in modo da stabilizzare un'economia che scivola in recessione.

I tassi d'interesse profondamente negativi sarebbero molto impopolari tra i depositanti ed i documenti di lavoro suggeriscono che le banche centrali possono proteggere la loro immagine pubblica come custodi del denaro dello stato scaricando l'intero problema alle banche commerciali. Avrebbero la discrezione di non addebitare tassi negativi su piccoli depositi. I rivenditori commerciali, secondo gli autori, sono già abituati ad assorbire le commissioni sulle carte di credito e ad aggiungere imposte sulle vendite, quindi dovrebbero essere in grado di assorbire il costo aggiuntivo di accettare pagamenti in contanti.

Nel complesso, non si può fare a meno di essere colpiti dall'attitudine degli autori nei confronti della proprietà dei clienti delle banche, proponendo soluzioni ai problemi derivanti da tassi d'interesse negativi. Non considerano minimamente la distruzione della ricchezza che deve affrontare la popolazione a causa di politiche dannose. Coloro che sono stati maggiormente danneggiati sono gli anziani, i poveri e gli unbanked. Queste sono le persone che ogni stato dovrebbe aiutare.



Conseguenze non volute

Il motivo alla base della preoccupazione per il corso futuro della politica monetaria è che non vi sono prove del fatto che la manipolazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali funzioni, per non parlare della politica più estrema di tassi d'interesse nominali negativi. I tassi d'interesse possono essere determinati solo dagli attori economici sulla base della loro valutazione soggettiva della preferenza temporale e della posizione della loro controparte. Questo non era ovvio per gli economisti post-keynesiani che hanno accettato la negazione di Keynes della Legge di Say, nonché la convinzione dietro la supposizione di Gessel che i tassi d'interesse possano essere eliminati. Il nostro sistema monetario e finanziario contemporaneo presuppone che l'interesse sia semplicemente il costo del denaro e quindi un ostacolo al progresso economico.

I mutuatari vedono l'interesse come un costo, perché devono incorporarlo nei loro calcoli. Le persone che vivono con i loro risparmi, come gli anziani, sono disinteressate alle preferenze temporali mentre si concentrano esclusivamente sul far quadrare i conti. Ma è dovere degli economisti approfondire la questione, cosa che non fanno come dimostrano i due documenti di lavoro scritti dagli esperti del FMI. Non contengono analisi economiche e nessun tentativo di discernere le conseguenze catallattiche.

Laddove esistono ancora tassi d'interesse nominali positivi, sono in realtà negativi se aggiustati alla perdita del potere d'acquisto delle valute sottostanti. Ma quando si incorporano stime indipendenti dell'inflazione dei prezzi (laddove esistono), si dimostrano ancora più negativi in termini reali.

Vista da questa prospettiva, la proposta di tassi nominali fortemente negativi è davvero scioccante. La somma del trasferimento di ricchezza attraverso l'inflazione dei prezzi e, diciamo, un tasso d'interesse negativo del 5% può essere considerata economicamente distruttiva. Supponendo che Shadowstats e l'Indice Chapwood forniscano una ragionevole approssimazione della perdita annuale di potere d'acquisto per il dollaro, l'imposizione di tassi d'interesse negativi significa che la popolazione e le sue attività produttive potrebbero perdere fino al 15% della loro ricchezza ogni anno. Sembra che nessuno faccia caso alla vastità della distruzione economica che sta venendo sparsa. Invece i banchieri centrali e gli economisti chiudono un occhio sulla natura distruttiva delle loro politiche monetarie, di conseguenza l'intero sistema finanziario è costruito su una bugia.

Si pone quindi la questione di quanto tempo possano essere imposti tassi profondamente negativi. Un intervento monetario moderato rimane generalmente indiscusso, data la convinzione mainstream che tutte le azioni provenienti dallo stato e dalle sue istituzioni siano nell'interesse nazionale. Questo è il motivo per cui Argarwal e Kimball riconoscono che sia necessario prendere provvedimenti per deviare le critiche dalle banche centrali alle banche commerciali quando i tassi d'interesse diventeranno profondamente negativi.

Volendo proteggere le relazioni con i clienti, gli autori presumono che le banche commerciali trasmetteranno tassi di deposito negativi solo ai loro depositanti più grandi. Le banche sono già sotto stress a causa della compressione dei loro margini, cosa che può solo peggiorare notevolmente con queste proposte. Se una banca deve sopravvivere, dovrà trasferire tutta la forza dei tassi d'interesse negativi ai suoi depositanti più grandi. Ciò che gli autori non riescono a prendere in considerazione è che i grandi depositanti non resteranno a guardare accettando passivamente una detrazione annuale del tre, quattro o cinque per cento sui loro conti. Non capiscono nemmeno che l'intero complesso delle commodity finirà in backwardation.

I grandi depositanti tendono ad agire allo stesso modo e in sintonia. Avendo tagliato altre strade, come la possibilità di richiedere denaro fisico senza penalità, un depositante è costretto a comprare asset o beni. Molto rapidamente ne deriverà una fuga di depositi bancari e crollerà il potere d'acquisto della valuta di riferimento. La banca centrale sarà tentata di bilanciare il livello dei tassi negativi scambiando depositi per asset al fine di mantenere i prezzi di questi ultimi in lieve aumento.



Il gioco pericoloso di mantenere gonfiata la bolla degli asset

Se verranno valutati seriamente i pericoli di tassi profondamente negativi, i banchieri centrali potrebbero adottare un approccio più cauto, cercando di abbassarli a livelli moderatamente negativi, quanto basta per sostenere i prezzi delle obbligazioni e delle azioni. Anche i prezzi degli immobili residenziali potrebbero essere stabilizzati in questo modo. Non vi è dubbio che l'inflazione degli asset, purché non alimenti indebitamente l'inflazione dei prezzi al consumo, è considerata dai banchieri centrali un obiettivo desiderabile. Ma equivale ad un difficile atto di bilanciamento, un passaggio tra gli Scilla della depressione economica e i Cariddi dell'inflazione monetaria.

Abbiamo visto l'inefficacia della soppressione dei tassi d'interesse in un normale ciclo del credito, ma ora ne affrontiamo uno violento, la conseguenza del protezionismo commerciale americano che coincide con la fine di una fase espansiva senza precedenti dell'attuale ciclo del credito. Tassi nominali negativi del due o tre per cento non riusciranno ad ottenere un risultato economico positivo, tranne forse alimentare l'inflazione degli asset. Finché l'inflazione dei prezzi al consumo sembrerà essere sotto controllo (molto probabilmente in una fase di recessione economica), si spingerà per tassi negativi ancora più profondi affinché si continui a tenere gonfiata la bolla degli asset.

È praticamente una certezza che chiunque cercherà di cacciare fuori il proprio denaro dal sistema bancario man mano che i tassi d'interesse nominali diventeranno più negativi. Se le banche centrali continueranno a seguire la strada di tassi d'interesse negativi più profondi, la fuga di depositi in qualsiasi altra cosa indebolirà il potere d'acquisto delle valute coinvolte. L'inflazione degli asset andrà fuori controllo e, nonostante lo stato depressivo dell'economia, saliranno anche i prezzi al consumo. Tutte le prove indicano quindi una cosa: non sono i prezzi ad aumentare, ma il potere d'acquisto delle valute che stanno precipitando.

L'unico modo in cui una valuta potrebbe essere stabilizzata è seguire tassi nominali fortemente negativi con rapidi e sostanziali rialzi dei tassi. Ma ciò porterà semplicemente ad una crisi del debito e come politica deliberata può essere esclusa. I mercati imposteranno invece tassi d'interesse più alti.



Quando verranno introdotti tassi profondamente negativi?

Nonostante i documenti di lavoro dell'FMI, possiamo essere ragionevolmente sicuri che i banchieri centrali saranno inizialmente riluttanti ad introdurre tassi profondamente negativi. In passato hanno comprensibilmente mostrato cautela quando si sono avventurati in politiche sconosciute e vorranno vedere solo un'inflazione moderata dei prezzi degli asset.

Invece, poiché l'economia globale mostra segni di una recessione profonda, possiamo aspettarci che le banche centrali espandano le quantità della loro base monetaria. È probabile che la priorità sia il finanziamento dei disavanzi pubblici e il sostegno dei bilanci delle banche. Laddove i tassi d'interesse sono già negativi, spingerli più in basso è probabile che sarà considerata una scelta secondaria. Pertanto, in assenza di una crisi del credito che minaccia il sistema bancario, sembra improbabile che vengano applicati tassi nominali oltre il -2% o -3%, a meno che l'economia globale non subisca un vero crollo.

Tutto ciò cambia in caso di crisi creditizia e sistemica. Finché esiste un sistema bancario a riserva frazionaria, le crisi del credito sono endemiche al sistema. Non importa quanto una banca sia ben capitalizzata, all'inizio di una crisi del credito rischia di essere rapidamente sopraffatta da crediti inesigibili e dal calo dei prezzi delle garanzie. In questo caso la priorità immediata per una banca centrale è stabilizzare il sistema bancario nazionale e sostenere i prezzi degli asset. Ciò è stato conseguito con successo in seguito alla crisi della Lehman e, soprattutto, l'aumento senza precedenti della quantità di denaro e credito non sembra aver portato ad un'inflazione significativa dei prezzi al consumo.

È quest'ultimo esito, che ha messo a tacere i monetaristi e altri critici, che interessa di più ai policymaker. Possiamo aspettarci che i banchieri centrali pensino di poter espandere significativamente le loro basi monetarie senza effetti negativi. Ciò consente loro di tagliare i tassi d'interesse più profondamente in territorio negativo. È probabile che tali tagli avvengano per primi nell'Eurozona, dove sono già negativi e le banche sono maggiormente sottocapitalizzate, alcune delle quali stanno già affrontando problemi di solvibilità. Inoltre i funzionari dell'FMI hanno già spianato la strada a Christine Lagarde per implementare tassi negativi profondi pubblicando i due documenti citati in questo articolo.

A seguito di una crisi del credito, le finanze pubbliche finiscono sempre sotto pressione. La Lagarde avrà un obiettivo primario: finanziarle attraverso un quantitative easing, probabilmente molto maggiore di quanto visto finora. Adottando un approccio aggressivo nei confronti dei tassi d'interesse, i finanziamenti pubblici saranno al sicuro... almeno nel breve termine. Allo stesso tempo, i tassi d'interesse negativi faranno salire il valore dei titoli di stato esistenti, dando l'impressione che le banche siano in qualche modo solvibili. Ma i tassi d'interesse negativi indurranno i depositanti a cercare alternative per i motivi sopra descritti. In breve, è probabile che portino ad un crack-up boom, in cui i depositanti grandi e piccoli cercheranno di acquistare qualsiasi cosa solo per sbarazzarsi dei soldi in deposito.

Abbiamo già ricevuto avvertimenti di questi potenziali sviluppi nei prezzi in rapido aumento di oro e bitcoin. Data la trappola che Argarwal e Kimball sembrano aver involontariamente piazzato per le banche centrali e in particolare la BCE, è improbabile che la distruzione del valore del denaro depositato sarà un processo elaborato. Un crack-up boom non è affatto un boom, ma un crollo della valuta. E dato che arriverà una crisi sistemica, che probabilmente inizierà nella zona Euro ma che sicuramente diventerà rapidamente globale, i tassi d'interesse nominali profondamente negativi assicureranno un collasso delle valute fiat.

Data la rapidità con cui l'economia globale sta attualmente rallentando, saremo fortunati se una crisi del credito che porta a tassi nominali profondamente negativi non arriverà entro la fine dell'anno. Il ritmo con cui i depositanti nelle banche saranno quindi consapevoli di ciò che sta accadendo alla loro valuta fiat determinerà la velocità e l'entità del crollo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 29 agosto 2019

Il mito della Curva di Phillips





di Frank Shostak


È abbastanza noto che, grazie alla politica monetaria, la banca centrale possa influenzare il tasso d'espansione dell'economia reale. Si ritiene inoltre che questa influenza abbia un prezzo, il quale si manifesta in termini d'inflazione.

Ad esempio, se l'obiettivo è raggiungere un tasso di crescita economica più veloce e un tasso di disoccupazione più basso, allora i cittadini dovrebbero essere pronti a pagare un prezzo per questo in termini di un tasso d'inflazione più alto.

Si ritiene che vi sia un compromesso tra inflazione e disoccupazione, il quale è rappresentato dalla Curva di Phillips. (William Phillips descrisse una relazione storica tra i tassi di disoccupazione e i corrispondenti tassi di aumento dei salari nel Regno Unito, 1861-1957, pubblicata sulla rivista trimestrale Economica, 1958).

La correlazione inversa tra il tasso d'inflazione e il tasso di disoccupazione è diventata un elemento importante nella teoria dell'inflazione dei prezzi. Più basso è il tasso di disoccupazione, maggiore sarà il tasso d'inflazione. Viceversa, maggiore è il tasso di disoccupazione, minore sarà il tasso d'inflazione.

Gli eventi degli anni '70 sono stati uno shock per la maggior parte degli economisti. Le loro teorie basate sul presunto compromesso divennero improvvisamente inutili. Durante il periodo 1974-75 emerse una situazione in cui il ritmo di crescita dei prezzi si rafforzò mentre, allo stesso tempo, il ritmo dell'attività economica reale era in calo. Questo evento inaspettato venne etichettato come stagflazione.

Nel marzo 1975 la produzione industriale statunitense calò di quasi il 13%, mentre il tasso di crescita annuale dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) salì a circa il 12%.

Allo stesso modo, durante il 1979 si osservò un forte calo dell'attività economica e un'inflazione galoppante dei prezzi. A dicembre di quell'anno, il tasso di crescita annuale della produzione industriale era vicino allo zero, mentre il tasso di crescita dell'IPC era superiore al 13%.

La stagflazione degli anni '70 fu una grande sorpresa per la maggior parte degli economisti tradizionali, i quali ritenevano che un calo della crescita economica reale e un aumento del tasso di disoccupazione dovessero essere accompagnati da una diminuzione del tasso d'inflazione e non da un suo aumento.

Alcuni economisti, come Milton Friedman e Edmund Phelps, misero in discussione il punto di vista popolare sostenendo che non ci può essere un compromesso tra crescita economica ed inflazione nel lungo periodo. Stavano suggerendo che questo potesse accadere solo nel breve termine. Sulla base di questo modo di pensare formularono la teoria della stagflazione.



La spiegazione della stagflazione secondo Friedman-Phelps

Partendo da una situazione di parità tra tasso d'inflazione attuale e quello atteso, la banca centrale decide di stimolare il ritmo della crescita economica alzando il tasso di crescita dell'offerta di moneta.

Di conseguenza una maggiore quantità di denaro entra nell'economia e ogni individuo ha ora più denaro a sua disposizione. A causa di questo aumento, ogni individuo crede di essere diventato più ricco.

Ciò aumenta la domanda di beni e servizi, cosa che a sua volta mette in moto un aumento della produzione di beni e servizi. Tutto ciò a sua volta aumenta la domanda dei produttori per i lavoratori e di conseguenza il tasso di disoccupazione scende al di sotto del tasso di equilibrio, che sia Friedman e Phelps etichettarono come tasso naturale.[1]

Secondo Friedman-Phelps, l'aumento della domanda complessiva di beni e servizi e il conseguente aumento della produzione di beni e servizi è di natura temporanea. Una volta che il tasso di disoccupazione scende al di sotto del tasso di equilibrio, ciò inizia ad esercitare pressioni al rialzo sul tasso d'inflazione dei prezzi.[2]

Per questo motivo le persone cominciano a rendersi conto che si è verificato un allentamento generale della politica monetaria. In risposta a questa comprensione, iniziano a formulare aspettative d'inflazione più elevate.

Gli individui si rendono conto che il loro precedente aumento del potere d'acquisto inizia a ridursi. Di conseguenza tutto ciò indebolisce la domanda complessiva di beni e servizi.

Un indebolimento della domanda complessiva, a sua volta, rallenta la produzione di beni e servizi mentre la disoccupazione sale ed emerge un rallentamento economico.

Osserviamo che ora siamo tornati dove eravamo prima della decisione della banca centrale di allentare la sua posizione monetaria, ma con un tasso d'inflazione molto più alto.

Quello che abbiamo qui è un calo della produzione di beni e servizi, un aumento del tasso di disoccupazione e un aumento dell'inflazione dei prezzi, cioè stagflazione.

Da questo Friedman e Phelps hanno concluso che finché l'aumento del tasso di crescita dell'offerta di moneta è inaspettato, la banca centrale può programmare un aumento del tasso di crescita dell'economia.

Tuttavia, una volta che le persone apprendono dell'aumento dell'offerta di moneta e valutano le implicazioni di questo aumento, adeguano di conseguenza la loro condotta. Di conseguenza scompare la spinta all'economia reale attraverso l'aumento del tasso di crescita dell'offerta di moneta.

Per superare questo ostacolo e rafforzare il tasso di crescita dell'economia, la banca centrale dovrebbe sorprendere le persone attraverso un pompaggio monetario molto più elevato.

Tuttavia, dopo un certo periodo di tempo, le persone riconosceranno anche questo aumento e adatteranno di conseguenza la loro condotta. Di conseguenza l'effetto di un pompaggio monetario più alto rischia di svanire di nuovo e tutto ciò che rimarrà sarà un tasso d'inflazione molto più alto.

Da ciò Friedman e Phelps conclusero che, attraverso politiche monetarie allentate, la banca centrale può solo creare temporaneamente una crescita economica reale e nel corso del tempo tali politiche determineranno solo un aumento dell'inflazione dei prezzi. Quindi secondo Friedman e Phelps non vi è alcun compromesso a lungo termine tra inflazione, crescita economica e disoccupazione.



Il denaro può far crescere l'economia?

Abbiamo visto che, secondo Friedman e Phelps, la politica monetaria accomodante può solo far crescere l'economia a breve termine, ma non a lungo termine. Secondo questo modo di pensare, a causa dell'aumento del ritmo di crescita dell'offerta di moneta, una maggiore quantità di denaro entra nell'economia e ogni individuo ha più denaro a sua disposizione. Questa, tuttavia, non è una proposizione sostenibile.

Quando il denaro viene iniettato, deve sempre esserci qualcuno che ottiene i soldi per primo e qualcuno che li ottiene per ultimo. Il denaro passa da un individuo ad un altro e da un mercato ad un altro.

I beneficiari di questo aumento sono i primi destinatari del denaro. Con più denaro in loro possesso (supponendo che la domanda di denaro rimanga invariata) e per una data quantità di beni disponibili, ora possono assicurarsi una porzione maggiore di beni disponibili rispetto a prima. Ciò significa che meno beni sono ora disponibili per quegli individui che non hanno ancora ricevuto il nuovo denaro (destinatari ultimi del denaro creato ex novo).

Ciò ovviamente significa che la domanda effettiva di questi ultimi deve diminuire, poiché sono ora disponibili meno prodotti. Si noti che a causa del fatto che le persone non sono identiche, anche se le loro rispettive disponibilità monetarie sono aumentate della stessa percentuale, come implica l'analisi di Friedman-Phelps, la loro risposta a questo non sarà identica. Ciò a sua volta significa che quelle persone che spendono i nuovi soldi per primi, traggono un vantaggio a spese di coloro che li spendono in seguito.[3]

Quindi un aumento dell'offerta di moneta non può causare un aumento generale della domanda complessiva effettiva di beni. Solo attraverso un aumento della produzione di beni si può raggiungere questo esito. Più beni un individuo produce, più ne potrà acquistare. Ciò significa che la domanda effettiva di un individuo è limitata dalla sua produzione di beni, a parità di tutte le altre condizioni. La domanda quindi non può reggersi da sola ed essere indipendente: è limitata dalla produzione, che serve come mezzo per assicurarsi vari beni e servizi.



Gli aumenti dell'offerta di moneta indeboliscono la crescita economica

Il denaro consente di scambiare il prodotto di uno specialista con il prodotto di un altro specialista. In alternativa, possiamo dire che uno scambio di "qualcosa per qualcosa" avviene per mezzo del denaro. Tuttavia le cose non sono esattamente le stesse una volta che il denaro viene generato "dal nulla" a causa delle politiche allentate delle banche centrali e della riserva frazionaria. Una volta che il denaro viene creato "dal nulla" ed immesso nell'economia, mette in moto uno scambio di "niente per qualcosa". Ciò equivale ad una deviazione della ricchezza reale dai creatori di ricchezza reale ai possessori del denaro creato ex novo. Nel processo i creatori di ricchezza reale si ritrovano con meno risorse a loro disposizione, il che a sua volta indebolisce la capacità dei creatori di ricchezza di far crescere l'economia. Quindi, contrariamente al modo di pensare di Friedman-Phelps, il denaro non può far crescere l'economia nemmeno nel breve periodo. Al contrario, un aumento del denaro indebolisce solamente la crescita economica reale.



Quali sono le cause della stagflazione?

Abbiamo visto che un aumento dell'offerta di moneta "dal nulla" si traduce in uno scambio di "niente per qualcosa". Di conseguenza il processo di formazione della ricchezza reale si indebolisce e questo a sua volta indebolisce il tasso di crescita dell'economia. L'aumento del tasso di crescita dell'offerta di moneta, unito al rallentamento del tasso di crescita dei beni prodotti, si traduce nell'aumento dell'inflazione dei prezzi. (Si noti che un prezzo è l'importo pagato per un'unità di un bene.) Ciò che si verifica è un aumento più rapido dell'inflazione dei prezzi e un calo del ritmo di crescita della produzione di beni. Tuttavia questa è esattamente la stagflazione, ovvero, un aumento dell'inflazione dei prezzi e un calo della crescita economica reale. La stagnazione è il risultato naturale del pompaggio monetario, il quale indebolisce il ritmo della crescita economica e al tempo stesso fa salire i prezzi di beni e servizi.

Il fatto che un rafforzamento della crescita monetaria non si manifesti sempre come una stagflazione visibile, non confuta ciò che abbiamo concluso riguardo le conseguenze del pompaggio monetario sulla crescita economica e sui prezzi.

Si consideri la seguente situazione. A causa dei precedenti aumenti del ritmo di crescita dell'offerta di moneta e del conseguente indebolimento del tasso di crescita delle merci prodotte, sale il tasso d'inflazione dei prezzi.

Ora, poiché l'economia è ancora forte nonostante il danno inflitto da un più forte ritmo di crescita dell'offerta di moneta, il tasso di crescita della produzione di beni si attenua solo leggermente. In tale situazione, il tasso di disoccupazione potrebbe continuare a scendere. Quello che abbiamo qui è un aumento dell'inflazione dei prezzi e un calo del tasso di disoccupazione.

Qualsiasi teoria, che da questa correlazione inversa sostiene che esiste un compromesso tra inflazione e disoccupazione, sarà falsa in quanto ignora le conseguenze reali dell'aumento del ritmo di crescita dell'offerta di moneta. Quindi possiamo concludere che la Curva di Phillips non può essere una base per una solida teoria sull'inflazione.



Conclusione

Gli eventi degli anni '70 hanno turbato il punto di vista secondo cui ci può essere un compromesso tra inflazione e disoccupazione.

Durante il periodo 1974-79 è emersa una situazione in cui il ritmo di crescita dei prezzi si rafforzò mentre, allo stesso tempo, calò il ritmo dell'attività economica reale. Questo evento inaspettato venne etichettato come stagflazione.

Milton Friedman e Edmund Phelps hanno dimostrato che un compromesso tra inflazione e disoccupazione può esistere a breve termine, ma non a lungo termine. Secondo Friedman e Phelps il fenomeno della stagflazione descrive la mancanza di un compromesso a lungo termine.

Dato che il pompaggio monetario indebolisce il processo di formazione della ricchezza reale, non è possibile ottenere un compromesso né a lungo termine né a breve termine. Quindi possiamo concludere che la Curva di Phillips non può essere una base per una teoria solida per capire ciò che mette in moto l'inflazione dei prezzi.


[*] traduzione di Francesco Simoncellihttps://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Milton Friedman, Inflation and Unemployment, Nobel Memorial Lecture, 13 dicembre 1976.

[2] Edmund S. Phelps, Scapegoating the Natural Rate, The Wall Street Journal online, 6 agosto 1996.

[3] Ludwig von Mises, Human Action 3rd revised edition pp. 416-417.

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mercoledì 28 agosto 2019

Il problema più grande della Cina non è Trump, ma il suo sistema bancario fallito





di Tho Bishop


Questa settimana la Bank of China ha annunciato una svalutazione dello yuan fino a ¥7 al dollaro, pari a quella dell'aprile del 2008. L'amministrazione Trump si è vendicata incolpando la Cina come d'essere un manipolatore della valuta.

L'ironia qui è che la Cina ha sostenuto artificialmente la sua valuta per anni, con alcuni analisti che sostenevano che lo yuan sarebbe sceso del 30-40% se gli fosse stato permesso di fluttuare sul mercato. Come ci si può aspettare da un conflitto politico, la mossa è stata poco supportata dai fatti e verteva più sul posizionamento, mentre la guerra commerciale tra Trump e il Partito Comunista Cinese (PCC) continua ad intensificarsi.

La reazione del mercato a questa battaglia tra le due maggiori economie del mondo era telefonata: l'enorme cascata di vendite di lunedì suggerisce che il mercato si aspettava una sorta di grande accordo tra i due Paesi. Forse Wall Street pensava che Trump fosse alla disperata ricerca di un accordo per la stagione delle elezioni, o che le pressioni politiche provenienti da Hong Kong avrebbero ammorbidito Pechino. In ogni caso, i mercati finanziari evidenziano un problema più importante: pensano ancora che le politiche commerciali di Trump rappresentino il rischio maggiore per l'economia cinese.

I dazi di Trump sono state una spina nel fianco per Xi, non solo hanno influenzato le esportazioni cinesi negli Stati Uniti (in calo di quasi l'8% a luglio), ma i dazi di ritorsione sui beni americani (in particolare prodotti agricoli come soia e maiale) hanno contribuito all'aumento dell'inflazione alimentare all'interno del Paese. Questo aumento del costo della vita, unito al rallentamento della crescita economica che Xi ha soprannominato "la nuova normalità", comporta pressioni sul Partito Comunista.

Ma questa è una storia di poco conto rispetto al vero problema della Cina: un sistema bancario in crisi.

Due mesi fa il governo cinese ha rilevato Baoshang Bank, una piccola istituzione con sede in Mongolia. Ciò che è degno di nota non è l'atto in sé, ma il fatto che sia stato riportato come notizia. Sebbene il Partito Comunista avesse la capacità di mantenere segrete le proprie azioni, poiché circolano molte ipotesi che in passato ci siano state acquisizioni simili, si è assicurato di avvisare la stampa finanziaria. I funzionari pubblici hanno persino scelto la Reuters, piuttosto che una pubblicazione cinese, per l'annuncio.

Alcuni hanno ipotizzato che le azioni del governo fossero destinate ad inviare un segnale: il PCC è a conoscenza di problemi più grandi nelle sue banche regionali ed è pronto ad agire in caso di necessità. Di fatto il governo ha seguito questa acquisizione con l'istituzione di un nuovo programma di assicurazione sui depositi al fine di "aiutare gli istituti finanziari a far fronte ai rischi e introdurre un meccanismo di uscita".

Alla fine di luglio un'altra banca si è trovata in difficoltà, questa volta la più grande banca regionale di Jinzhou. Sebbene progettata diversamente dall'acquisizione esplicita di Baoshang, ancora una volta il governo cinese è dovuto venire in soccorso tramite istituti finanziari sostenute dallo stato acquistando quote dell'istituto finanziario in fallimento.

Sebbene sia possibile che Baoshang e Jinzhou siano episodi isolati all'interno del Paese, molti analisti cinesi ritengono che questo sia solo il primo tremito di un sistema finanziario che inizia a subire le conseguenze di anni di espansione artificiale del credito.

Dal 2008 il debito totale della Cina rispetto al PIL è quasi raddoppiato, superando il 300% nel 2019. Dato che il mondo è inondato da elevati livelli di debito, potrebbe essere considerata una "situazione normale", ma ci sono una serie di ragioni perché i livelli di debito della Cina sono particolarmente preoccupanti.

Il principale fattore di indebitamento cinese non è tanto il debito pubblico, ma quello aziendale. Nel 2017 il debito societario non finanziario era quasi il 160% del PIL secondo il FMI. (Per fare un confronto, il debito delle società statunitensi, a sua volta elevato, si attesta al 48% del PIL.) Ancora più preoccupante, le imprese sostenute dallo stato sono state le più aggressive nell'assunzione del rischio, rappresentando l'85% di tutti i prestiti tradizionali nel Paese.

Fonte: The Economist

Simile alle GSE americane, il sostegno statale di queste aziende ha dato loro un vantaggio competitivo nei rating di credito, aiutandole a scavalcare le altre imprese nell'accesso ai prestiti. Naturalmente sono proprio queste aziende sostenute dallo stato che sono meno interessate alla redditività, volendo piuttosto soddisfare i desideri dei leader del governo locale. Il risultato è che molti di questi prestiti sono stati stipulati per progetti che non sarebbero mai stati redditizi. È semplicemente un debito che non verrà mai ripagato.

Vi sono altri motivi per cui la situazione del debito cinese è potenzialmente più volatile rispetto a quella di altri Paesi.

Come ha osservato Diego Santizo dell'UFM l'anno scorso:
Il debito cinese è schiacciante non a causa del volume (oltre $34.000 miliardi), ma perché la cifra è quadruplicata in sette anni (2007-2014) [...]. Non solo la velocità della crescita del debito, ma anche la composizione del debito è parte del problema. Quasi la metà proviene dal settore immobiliare e dalle industrie correlate, e almeno un altro 30% è il prodotto di intermediari del settore bancario ombra, la cui discrezione finanziaria è altamente dubbia.

Il summenzionato sistema bancario ombra è un altro problema che preoccupa da tempo i funzionari del PCC.

Il sistema bancario ombra coinvolge istituti finanziari, spesso banche tradizionali, che offrono ai clienti al dettaglio rendimenti più elevati convogliando i depositi in quelli che vengono chiamati prodotti di gestione patrimoniale. Questo denaro viene quindi raggruppato e prestato a società che non sono state in grado di ottenere un prestito. Questi prodotti hanno ottenuto fama nel Paese grazie alla loro capacità di fruttare più dei conti bancari tradizionali.

La natura stessa del sistema bancario ombra comporta un rischio maggiore rispetto al sistema bancario tradizionale. Dato il predominio statale nei mercati dei prestiti tradizionali, le banche ombra sono state una fonte di credito necessaria per le imprese private, ma a costi più elevati. Mentre Pechino ha tentato di rallentare la crescita del settore lo scorso anno, ha abbandonato questi sforzi di fronte all'attuale guerra commerciale che ha portato alla crescita nel 2019.

Gran parte del settore bancario ombra si presenta sotto forma di progetti fiduciari da parte di banche regionali, come le banche di Baoshang e Jinzhou. Al momento della loro acquisizione, si ritiene che gli investimenti nel settore bancario ombra costituissero il 25% degli attivi di Baoshang. Nel frattempo Moody's avverte che gli asset rischiosi stanno crescendo rapidamente all'interno di quella classe.

Fonte: Bloomberg

Inoltre i bilanci delle banche cinesi sono particolarmente contorti. Come ha fatto notare Bloomberg, a complicare il salvataggio di Jinzhou c'è il fatto che "i libri contabili sono così confusi che non è ancora stato possibile capirne i dati finanziari del 2018". Ulteriori complicazioni sono la sfiducia generale all'interno delle società di revisione cinesi e l'affidabilità dei bilanci all'interno il Paese, come riportato dal Wall Street Journal all'inizio di questo mese. Quindi la qualità di questi prestiti, sia nel sistema bancario tradizionale che in quello ombra, è un enorme punto interrogativo che i regolatori cinesi devono risolvere.

Tutto ciò aiuta a spiegare perché esista una maggiore preoccupazione per il sistema bancario cinese.

Inoltre il fallimento di queste aziende avrà conseguenze per i loro pari. All'indomani del salvataggio di Baoshang, abbiamo assistito ad un aumento dei tassi di prestito interbancari ed ai requisiti di garanzia, poiché le grandi banche sono diventate più caute con prestiti ad istituzioni di dimensioni simili. Infatti le quattro banche cinesi più grandi hanno visto scendere le loro valutazioni a livelli minimi quando sono cresciute le aspettative sul fatto che sarebbe stato chiesto loro di salvare istituti più piccoli.

Quante di queste istituzioni sono nei guai?

Kyle Bass, un gestore di hedge fund che a lungo ha avvertito che il sistema bancario cinese fosse sottofinanziato, ha affermato che ci sono "quasi 500 banche in Cina che sono etichettate "in difficoltà" dal governo stesso. Se vero, è possibile che il PCC potrebbe presto essere di fronte alla sua più grande crisi finanziaria nell'era moderna.

Mentre è particolarmente difficile per un esterno avere un punto di vista chiaro della vera forza economica della Cina, abbiamo ragione di credere che il Paese si trovi di fronte ad un sistema bancario ad alta leva pieno di prestiti di qualità discutibile e crescenti inadempienze. Mentre gran parte dei media generalisti rimane concentrata su Trump e il commercio, la più grande minaccia per l'economia cinese potrebbe essere una gigantesca bolla finanziaria interna.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


martedì 27 agosto 2019

Il capitalismo significa meno spreco, perché più spreco significa meno profitti





di Gary Galles


In "Come i capitalisti abbiano creato una guerra allo spreco", Chris Calton ha fatto un ottimo lavoro nel definire come la "spinta del profitto incoraggi la riduzione naturale dello spreco" senza la necessità della coercizione dello stato. La vendita di una parte dell'output di un processo produttivo, che altrimenti verrebbe buttata via o richiederebbe uno smaltimento costoso, è tanto una fonte di profitto quanto qualsiasi altro modo per aumentare le entrate o ridurre i costi. Inoltre ha illustrato il potere di quegli incentivi ambientali positivi con molteplici esempi sorprendenti. In altre parole, ha insegnato ai lettori qualcosa di importante.

Tuttavia l'articolo di Calton spinge a porci una domanda: perché gli studenti che hanno frequentato corsi di economia non hanno già familiarità con questo argomento? Sembra essere un'applicazione naturale del mondo imprenditoriale e dell'analisi dei processi di produzione per sfornare più output (prodotti congiunti o complementari).

Credo che la ragione principale sia che l'argomento venga trattato molto raramente nei principi della microeconomia o dei testi di microeconomia intermedia.

A ogni studente di economia viene mostrato come esistano relazioni "sia-sia" sul lato della domanda (ad esempio, caffè e ciambelle) e come un aumento del prezzo degli "altri" beni farà diminuire la domanda dei loro complementari. Tuttavia agli studenti viene mostrato molto meno spesso in che modo esistano relazioni "sia-sia" sul lato della produzione o dell'offerta (ad es. carne bovina e pelli come output congiunto dall'allevamento di bestiame) e come un aumento del prezzo degli "altri" beni farà aumentare l'offerta dei loro complementari produttivi.

In un articolo intitolato "Complementi produttivi: troppo spesso trascurati nel corso sui principi?", io ed i miei co-autori abbiamo esaminato una serie di testi sui principi economici per vedere quanti parlassero dei complementi produttivi. Abbiamo scoperto che quattro testi importanti ne parlavano, ma diciotto no. Siamo persino tornati alla prima edizione del libro Principles of Economics di Paul Samuelson e abbiamo scoperto che non li menzionava affatto. Abbiamo anche esteso la nostra ricerca ad una serie ridotta di testi di microeconomia intermedia, nessuno dei quali discute l'argomento.

Non insegnare agli studenti come i complementi produttivi siano fattori di cambiamento importanti dell'offerta e della domanda, significa accecarli e questo spesso significa non riconoscere l'applicazione ovvia dei principi analitici, come l'incentivo intrinseco del mercato a ridurre gli sprechi.

Quasi un secolo fa, nel suo testo del 1920, Alfred Marshall parlava di "prodotti congiunti: cioè cose che non possono essere facilmente prodotte separatamente; ma sono unite in un'origine comune e pertanto si può dire che abbiano un'offerta congiunta", fornendo numerosi esempi. Analizzò le applicazioni che coinvolgono non solo manzo e pelli, ma anche grano e paglia, lana e montone, e olio di cotone e semi di cotone. Propose persino una regola per il prezzo d'offerta di un complemento produttivo nei mercati competitivi.

Ancora prima William Stanley Jevons, nel 1871, sosteneva che "questi casi di produzione congiunta, lungi dall'essere casi particolari, rappresentano una regola generale, alla quale è difficile evidenziare una qualsiasi eccezione". E si contano sulle dita di una mano i processi produttivi che abbiano un solo output potenzialmente prezioso e non generino nulla che debba essere eliminato o esternalità negative, come l'inquinamento di una forma o dell'altra.

Viviamo in un mondo in cui le affermazioni di "fallimento del mercato" sono onnipresenti (anche se si guardano bene dal dimostrare come i meccanismi basati sul potere coercitivo dello stato possano fare meglio). Tuttavia le persone sembrano poco consapevoli di come gli incentivi al profitto spingano i produttori a ridurre costi e danni, anche se potremmo definirli "senza cuore" perché si preoccupano dei loro profitti. Per questo motivo gli studenti di economia dovrebbero apprendere di più sui complementi produttivi. Ciò non solo eliminerebbe i loro paraocchi facendo emergere una cornucopia di utili applicazioni imprenditoriali, ma amplierebbe anche i loro orizzonti verso l'ambientalismo di libero mercato e sgonfierebbe una delle diffamazioni più comuni che impediscono alle persone di ponderare correttamente i vantaggi degli accordi volontari rispetto alla coercizione dello stato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 26 agosto 2019

Lo stato incoraggia l'indebitamento e distrugge il capitale

Il problema principale è che il sistema monetario fiat impone incentivi perversi. Le società vengono spinte ad accendere nuovi prestiti per acquistare beni capitali, perché il credito è artificialmente sottocosto e ognuno fatica a ripagare il proprio debito. E sotto tale pressione, i dirigenti aziendali trascurano le cose che sanno che dovrebbero fare: non riescono a mantenere il proprio patrimonio di capitali e alla fine falliscono come amministratori del capitale dei loro investitori. Quindi questo è un sistema che facilita eccessivamente l'acquisto di beni capitali e troppo difficile farci manutenzione (accantonando i costi di sostituzione). Queste sono facce della stessa medaglia: se è troppo facile acquistare un bene capitale, le imprese saranno sovrastimolate ad acquistarlo e inondare il mercato di sovraccapacità. Se c'è sovraccapacità, i prezzi si abbasseranno ed i ricavi di queste imprese tenderanno a diminuire. Possono tagliare i prezzi per aumentare il volume delle vendite, ma poi saranno i loro margini di profitto a calare. A parte questo, questa dinamica è molto apprezzata da consumatori ed economisti visto che tende a spingere i prezzi verso il basso. Chi non ama i prezzi più bassi? E i propagandisti del sistema monetario fiat possono rivendicare una bassa inflazione. (Occhio a non confondere la disinflazione e le distorsioni economiche che si espandono a raggiera sulla scia degli interventi centrali con la deflazione dei prezzi.) Ma qualcos'altro non regge. Per vederlo, chiedi cosa fanno i manager aziendali quando i ricavi sono deboli? Rinviano la manutenzione, gli aggiornamenti di capitale e non ripagano il debito che ha finanziato i loro capitali. Quindi cosa succede quando il bene di capitale raggiunge la fine della vita, ma il debito rimane (o è cresciuto)? Bancarotta. E tutti i beni capitali hanno una vita limitata: si consumano man mano che vengono utilizzati per produrre il bene di consumo o il servizio per il quale sono stati realizzati. In conclusione, i pianificatori centrali è come se stessero mangiando i propri semi piuttosto che piantarli, impoverendo nel processo la loro base fiscale e distruggendo la valuta.
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di Bill Bonner


POITOU, FRANCIA - Oh no... Ecco che ci risiamo...

Ieri Donald J. Trump ha rincarato la dose sulla sua guerra commerciale.

Non da ritardati totali... ma con un ritardo mentale come minimo di 3/4. Barron's:
Le azioni hanno perso terreno e sono scese in territorio negativo giovedì quando il presidente Donald Trump ha twittato che imporrà dazi del 10% su ulteriori $300 miliardi di importazioni dalla Cina.

Abbiamo predetto (tra le altre cose) che Trump non sarebbe mai agito da "Ritardato Totale" nella sua guerra commerciale contro la Cina.

Ha troppo da perdere: la sua reputazione di commerciante, le prossime elezioni... e la sua fortuna personale.

Tutti dipendono da una maggiore inflazione, vale a dire, da una quantità maggiore di denaro in tutto il mondo per pompare i prezzi degli asset e gli standard di vita dei consumatori. Ecco perché sta facendo pressione sulla Federal Reserve affinché abbassi i tassi sempre più velocemente.

Ma l'Europa, la Gran Bretagna, il Giappone, la Cina e gli Stati Uniti, tutte le principali economie mondiali, stanno già rallentando e sforzandosi di andare avanti. È una questione di "Inflaziona o Muori" per tutti.

Si dice che Trump stia cercando di mettere in ginocchio l'economia cinese, quindi sarà costretto a fare un accordo... Ma che tipo di bar avvelena il suo miglior cliente? Che tipo di truffatore si mette contro il proprio partner?

Abbattete la Cina ed il commercio mondiale rallenterà, i prezzi scenderanno, l'inflazione calerà e anche il mercato azionario statunitense calerà... trascinando l'economia verso il baratro.

Le persone non possono pagare le bollette e gli asset vengono scaricate sul mercato a centesimi. L'economia globale potrebbe finire in una depressione profonda.

La nostra tesi nell'articolo di ieri era quella di descrivere cosa abbia causato un calo dei tassi di crescita del PIL, proprio mentre i pianificatori centrali stavano facendo di tutto per spingerli verso l'alto.

Mai prima d'ora abbiamo avuto così poca crescita e pagato così tanto per averla. Perché?

E perché i salari dell'uomo della strada sono diminuiti, in termini reali, proprio quando il capitalismo stava raggiungendo il suo apice?

È stata colpa dei cinesi? O di quegli stupratori ed assassini dei messicani? Gli dei si sono rivoltati contro di noi? O i nostri stessi pianificatori centrali ci hanno pugnalato alle spalle?

Il capitalismo, ovviamente, richiede capitale reale. Risparmio reale di tempo e output, non solo foglietti colorati o cifre digitali.

Senza risparmi reali, un'economia non ha nulla su cui lavorare, niente su cui basarsi, nessun surplus che può essere utilizzato per creare più output.

Il debito non è capitale; il debito è l'antitesi del capitale. Rappresenta i risparmi di domani, sono soldi che non sono nemmeno stati ancora guadagnati...

Ogni dollaro di debito annulla un dollaro di risparmio. Più debito si ha, meno risparmi netti reali ci sono per far avanzare l'economia.

E oggi il debito mondiale è di circa $250.000 miliardi, più del triplo del PIL mondiale.

Perché così tanto? Perché le banche centrali lo hanno incoraggiato... e hanno scoraggiato i risparmi. Ma questo è solo l'inizio...

I pianificatori centrali, compresa l'amministrazione di Donald J. Trump, per anni hanno indebolito il capitalismo. Contiamo i modi:

In primo luogo, hanno reso inutili i risparmi offrendo pensioni garantite, assistenza medica gratuita, indennità di disoccupazione, welfare e credito facile.

Nei mercati finanziari hanno offerto la Greenspan Put, poi la Bernanke Put, la Yellen Put e la Powell Put... rassicurando gli investitori che i prezzi non sarebbero mai rimasti bassi tanto a lungo.

Quindi perché mettere da parte il capitale quando i pianificatori centrali dicono di aver messo fine alla scarsità? I tassi di risparmio netti sono scesi dal 10% negli anni '60 al 3% di oggi.

In secondo luogo, i pianificatori centrali hanno reso non redditizio il risparmio. Ieri la FED ha abbassato il tasso chiave al livello dell'inflazione dei prezzi al consumo, appena sopra il 2%.

A questo ritmo un risparmiatore guadagna zero. Potrebbe anche spendere i suoi soldi, ma è questa ovviamente l'idea (errata) alla base dell'abbassamento dei tassi d'interesse: spingere consumatori e aziende a sprecare capitale anziché accumularlo.

Terzo, i pianificatori centrali incoraggiarono la distruzione del capitale. I bassi tassi a breve termine della FED, negativi in ​​termini reali per la maggior parte degli ultimi 10 anni, hanno portato le imprese ad aumentare il carico del debito del 50%, a oltre $9.000 miliardi. Cosa hanno fatto con i soldi? Riacquistato le proprie azioni!

Quando una società riacquista le proprie azioni, non fa altro che far estinguere il capitale: usa i suoi guadagni per riacquistare le azioni.

O può accendere prestiti... In entrambi i casi trasferisce il capitale proprio agli azionisti.

Ecco le ultime novità dalla CNBC:
Le società statunitensi sono in procinto di battere un altro record nel 2019 per quanto riguarda i riacquisti di azioni, utilizzando una combinazione di liquidità e debito per spingere il totale a quasi $1.000 miliardi.

Per la prima volta sin dalla crisi finanziaria, secondo i calcoli di Goldman Sachs, le società hanno restituito agli azionisti più di quanto non stiano guadagnando al netto delle spese in conto capitale e dei pagamenti degli interessi o del flusso di cassa.

I tassi d'interesse bassissimi della FED inducono anche gli speculatori ad investire capitali reali in società strampalate, come Beyond Meat, Tesla o WeWork. Il credito a basso costo mantiene vivi questi morti e gli zombi distruggono sempre più capitale.

Quando un'azienda subisce una perdita, richiede preziose risorse vitali (soprattutto, risparmi) e le utilizza per realizzare prodotti che valgono meno delle risorse che vi sono investite.

In altre parole distruggono il capitale. Oggi il 29% delle piccole imprese sta subendo perdite, il tasso più alto sin dal 2008.

In quarto luogo, lo stato ha distrutto direttamente il capitale. Prende risparmi e li usa per pagare stipendi, sussidi agli agricoltori, guerre salariali e altri progetti dispendiosi.

Ai politici e ai loro sostenitori ingenui piace parlare di "investimenti" dello stato, ma è raro che la spesa pubblica produca un qualche ritorno positivo.

In quinto luogo, la FED ha distorto le informazioni sui prezzi. Come sottolinea George Gilder nel suo libro The Scandal of Money: Why Wall Street Recovers but the Economy Never Does, i prezzi impostati dal mercato sono cruciali per un sistema capitalista. Distorcete le informazioni e l'intero processo viene a cadere come un castello di carte.

E oggi, grazie al denaro fasullo, ai tassi d'interesse fasulli ed ai prezzi fasulli, alcune delle aziende più grandi del pianeta non stanno più nemmeno cercando di aumentare il capitale. Il loro modello di business mira a distruggerlo.

Avete mai sentito parlare di N26? No? Beh, nemmeno noi, fino a quando il nostro collega David Stockman ha citato il suo CEO all'inizio di questa settimana:
[...] in tutta onestà, la redditività non è una delle nostre metriche principali [...]. Negli anni a venire non vedremo la redditività. Non miriamo a raggiungere la redditività.

Non mirare a raggiungere la redditività? Che tipo di compagnia è questa? Che tipo di capitalismo folle supporta una cosa del genere?

E che tipo di stato mira a distruggere sistematicamente l'unica cosa da cui dipende la prosperità: il capitale?

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 23 agosto 2019

Quattrocento anni di efficienza dinamica





di Jesus Huerta de Soto


[Questo discorso è stato tenuto al Summit dei sostenitori del Mises Institute 2009: "Il luogo di nascita della teoria economica: un viaggio a Salamanca, in Spagna."]

Grazie mille per la cortese presentazione. Per me è un grande onore e un privilegio essere qui oggi; prima di tutto vorrei ringraziare il Mises Institute ed il professor Gabriel Calzada per avermi invitato a Salamanca per parlare della "Teoria dell'efficienza dinamica" in questa meravigliosa città.

Dividerò la mia presentazione in tre parti. Parlerò prima delle radici spagnole dell'economia Austriaca; poi introdurrò, secondo la tradizione Austriaca, un concetto dinamico di efficienza economica; e infine cercherò di dimostrare la relazione tra etica ed efficienza nel sistema capitalista.

Lasciatemi iniziare sottolineando alcuni punti sull'origine della Scuola Austriaca, che dovrebbe essere fatta risalire alle opere degli scolastici spagnoli di quella che è nota come "Siglo De Oro Espanol" (l'età d'oro spagnola), dalla metà del XVI secolo al XVII secolo. Nel 1974 il grande studioso Austriaco, Murray N. Rothbard, sviluppò per la prima volta la tesi secondo cui la Scuola Austriaca è di origine spagnola. Il premio Nobel Friedrich von Hayek condivideva questo punto di vista, in particolare dopo aver incontrato Bruno Leoni, studioso italiano e autore del libro Freedom and the Law. I due si incontrarono negli anni '50 e Leoni convinse Hayek che le origini intellettuali del liberalismo economico classico risiedevano nell'Europa mediterranea e non in Scozia.

Ho una lettera di Hayek del 7 gennaio 1979 in cui scriveva a Rothbard: "I principi di base della teoria del mercato competitivo sono stati elaborati dagli scolastici spagnoli del 16° secolo e il liberalismo economico non è stato nato dai calvinisti, ma dai gesuiti spagnoli". Hayek conclude la sua lettera dicendoci: "Posso rassicurarti sulle fonti, sono estremamente affidabili".

Chi erano questi antenati intellettuali spagnoli del movimento di libero mercato? Molti di loro erano scolastici che insegnavano morale e teologia all'Università della Città di Salamanca. Questi scolastici erano principalmente domenicani, o gesuiti, e furono in grado di articolare la tradizione soggettivista, dinamica e libertaria che, 250 anni dopo, fu riproposta da Carl Menger e dai suoi seguaci nella Scuola Austriaca. Ricordiamo alcuni dei principali contributi di questi primi scolastici.

Forse il primo autore da menzionare dovrebbe essere Diego de Covarrubias Y Leyva. Covarrubias, figlio di un famoso architetto, nacque nel 1512 e divenne vescovo della città di Segovia e ministro del re Filippo II. Se avete l'opportunità di visitare la città di Toledo, vi consiglio di visitare il museo del grande pittore spagnolo El Greco. Lì vedrete uno straordinario ritratto di Covarrubias che, nel 1554, presentò meglio di chiunque altro prima di lui la teoria soggettivista del valore, il fondamento di tutti i principi del libero mercato.

In particolare, Covarrubias disse che "il valore di un articolo non dipende dalla sua natura, ma dalla stima soggettiva degli uomini, anche se tale stima è sciocca". Aggiunse che "nelle Indie il grano è più caro che in Spagna perché gli uomini lo valutano di più, sebbene la natura del grano sia la stessa in entrambi i luoghi".

Un altro autore importante è Luis Saravia de la Calle, il primo scolastico spagnolo a dimostrare che i prezzi determinano i costi, non viceversa. Saravia de la Calle ha anche il merito di aver scritto la sua opera principale in spagnolo, non in latino. Il titolo è Instruccion De Mercaderes (Istruzioni per i commercianti), e qui leggiamo che "coloro che misurano il giusto prezzo per lavoro, costi e rischi sostenuti dalla persona che si occupa della merce sono in errore. Il giusto prezzo non lo si trova nel costo, ma in una stima comune".

Saravia de la Calle è anche un grande critico del sistema bancario a riserva frazionaria. Sostiene che la riscossione degli interessi da parte di una banca è incompatibile con la natura di un deposito cauzionale e che, in ogni caso, dovrebbe essere pagata una tassa al banchiere per la custodia del denaro a lui affidato.

Una conclusione simile viene raggiunta da un altro famoso scolastico spagnolo, Martin Azpilcueta. Azpilcueta era anche noto come Dr. Navarro, perché era nato a Navarra, la regione autonoma nord-orientale della Spagna, famosa per gli Encierros, un festival che si tiene nella capitale della regione di Pamplona ​​dove ogni luglio le persone corrono davanti ai tori. Azpilcueta nacque l'anno successivo alla scoperta dell'America (1493), visse fino a 49 anni ed è particolarmente famoso per aver spiegato per la prima volta la teoria quantitativa del denaro, nel 1556. Azpilcueta spiegò gli effetti sui prezzi spagnoli del massiccio afflusso di metalli preziosi dall'America:
L'esperienza dimostra che in Francia, dove c'è meno denaro che in Spagna, pane, vino, stoffa e manodopera costano molto meno; e quando c'erano meno soldi in Spagna, gli oggetti vendibili e il lavoro degli uomini venivano negoziati per molto meno rispetto a quando sono state scoperte le Indie e hanno coperto la Spagna d'oro e argento. Il motivo è che il denaro vale di più quando è scarso rispetto a quando è abbondante.

Gli scolastici spagnoli hanno anche acquisito una visione chiara della natura dei prezzi di mercato e dell'impossibilità di raggiungere un equilibrio economico. Il cardinale gesuita Juan de Lugo, chiedendosi quale fosse il prezzo di equilibrio già nel 1643, giunse alla conclusione che l'equilibrio dipende da un numero così elevato di circostanze specifiche che solo Dio può conoscerlo: "Pretium Iustum Mathematicum Licet soli Deu notum". Un altro gesuita, Juan de Salas, in merito alla possibilità che un'autorità potesse conoscere le informazioni specifiche del mercato, affermò che il mercato è così complesso che: "Quas Exact Comprehendere et ponderare Dei est non hominum". ("Solo Dio, non gli uomini, può capirlo esattamente.")

Inoltre gli scolastici spagnoli sono stati i primi ad introdurre il concetto dinamico di concorrenza (in latino, concurrentium), che è meglio inteso come un processo di rivalità tra gli imprenditori. Ad esempio, Jeronimo Castillo de Bovadilla (1547–?) scrisse che "i prezzi scenderanno per l'abbondanza di venditori e per la rivalità e la competizione tra di loro".

Come Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e la maggior parte dei membri della Scuola Austriaca, inclini ad essere liberali classici, gli scolastici soggettivisti spagnoli tendevano a difendere forti posizioni libertarie in materia politica. Ad esempio, il fondatore del diritto internazionale, il domenicano Francisco de Vitoria, di cui abbiamo visitato ieri il luogo di sepoltura, iniziò la tradizione scolastica spagnola di denunciare la conquista e in particolare l'asservimento degli indiani da parte degli spagnoli nel Nuovo Mondo, rilanciando così l'idea che la legge naturale è moralmente superiore alla mera potenza dello stato.

Questa legge naturale è stata ulteriormente sviluppata dal grande gesuita libertario Juan de Mariana, che dà il nome al nostro istituto. Nel suo libro, On the Alteration of Money (De Monetae Mutatione), pubblicato nel 1609, condanna come rapina qualsiasi svalutazione delle monete da parte dello stato. Mariana sosteneva anche nella sua ben nota teoria delle tirannie che ogni singolo cittadino può giustamente assassinare un governatore che impone tasse senza il consenso del popolo, si impadronisce delle proprietà degli individui e lo sperpera, o impedisce una riunione di un parlamento democratico.

Lasciate che vi ricordi che nel XVI secolo l'imperatore Carlo V, che era il re di Spagna, mandò suo fratello Ferdinando I a diventare il re, o meglio, l'arciduca d'Austria. Etimologicamente "Austria" significa "parte orientale dell'Impero". L'Impero spagnolo all'epoca comprendeva quasi tutta l'Europa continentale, con la sola eccezione della Francia, che rimase "un'isola" circondata dalle forze spagnole. Ora potete capire meglio l'origine dell'influenza intellettuale esercitata dagli scolastici spagnoli sulla Scuola Austriaca.

Questa non fu una coincidenza, o un semplice capriccio della storia, ma ebbe origine dalle relazioni storiche, politiche e culturali sorte nel 1500 tra Spagna e Austria e che sarebbero continuate per diversi secoli. Anche l'Italia svolse un ruolo importante in questo contesto, fungendo da ponte culturale, economico e finanziario sul quale scorrevano le relazioni tra i due punti più lontani dell'Impero (Spagna e Austria). Quindi, come vedete, ci sono argomenti molto forti a sostegno della tesi secondo cui, almeno alle sue radici, la Scuola Austriaca è una scuola spagnola.

Infatti penso che il più grande merito del fondatore della Scuola Austriaca, Carl Menger, sia stato quello di riscoprire e riprendere questa tradizione cattolica continentale del pensiero scolastico spagnolo, quasi dimenticata a causa dell'influenza negativa di Adam Smith e dei suoi seguaci della Scuola Classica Britannica. Per citare il professor Leland Yeager nella sua "Recensione" dell'ultimo libro di Rothbard sulla storia del pensiero economico:
Adam Smith abbandonò i contributi precedenti sul valore soggettivo, l'imprenditorialità e l'enfasi sui mercati e sui prezzi del mondo reale e li sostituì con una teoria del valore del lavoro e un'attenzione sull'equilibrio a lungo termine del "prezzo naturale", un mondo in cui l'imprenditoria era stata cancellata. Adam Smith mescolò il calvinismo con l'economia, sostenendo il divieto all'usura e distinguendo tra occupazioni produttive e non produttive. Adam Smith sminuì il laissez-faire di diversi economisti francesi, italiani e spagnoli del XVIII secolo, introducendo molte eccezioni e arzigogoli inutili. E il lavoro di Smith non era sistematico ed era pieno di contraddizioni.

Fortunatamente nonostante il travolgente imperialismo intellettuale della Scuola Classica Britannica, la tradizione continentale, soggettivista e di libero mercato non è stata mai completamente dimenticata. Diversi economisti, come Cantillon, Turgot e Say, hanno acceso la fiaccola del soggettivismo e dell'analisi imprenditoriale. Anche in Spagna, durante gli anni di declino nei secoli XVIII e XIX, l'antica tradizione scolastica è sopravvissuta, nonostante il tipico complesso di inferiorità dell'epoca nei confronti del mondo intellettuale britannico.

Ne abbiamo la prova in quanto un altro scrittore cattolico spagnolo ha risolto il "paradosso del valore" e ha esposto la teoria dell'utilità marginale 27 anni prima di Carl Menger: Jaime Balmes.

Balmes nacque in Catalogna nel 1810 e morì nel 1848. Durante la sua breve vita, divenne il più importante filosofo tomista spagnolo del suo tempo. Pochi anni prima della sua morte, il 7 settembre 1844, pubblicò un articolo intitolato "L'idea di valore o pensieri sull'origine, la natura e la varietà dei prezzi", in cui risolse il paradosso del valore ed espose l'idea dell'utilità marginale. Balmes si chiese: "Perché una pietra preziosa vale più di un pezzo di pane?" E rispose:
Non è difficile da spiegare: il valore di una cosa è determinato dalla sua utilità [...]. Se il numero di mezzi per soddisfare un bisogno aumenta, il bisogno di uno di essi in particolare diminuisce; poiché è possibile scegliere tra molti, nessuno di questi è indispensabile. Per questo motivo esiste una relazione necessaria tra un aumento o una diminuzione del valore e la carenza o l'abbondanza di una cosa.

In questo modo Balmes fu in grado di chiudere il cerchio della tradizione continentale del soggettivismo cattolico, completato alcuni anni dopo da Carl Menger e arricchito dai suoi seguaci nella Scuola Austriaca.

Possiamo concludere che dobbiamo a questi grandi pensatori della "età d'oro spagnola" l'attuale rinascita del liberalismo di libero mercato e della Scuola Austriaca.



Il concetto Austriaco di efficienza dinamica

Ora procediamo con la seconda parte della mia presentazione e parlerò del concetto di efficienza statica, che propongo di sostituire con un concetto tipicamente Austriaco di efficienza dinamica.

Il termine "efficienza" deriva etimologicamente dal verbo latino ex facio, che significa "ottenere qualcosa da". L'applicazione all'economia di questo concetto di efficienza come la capacità di "ottenere qualcosa", precede il mondo romano e può anche essere fatto risalire all'antica Grecia, dove il termine Oeconomia è stato usato per la prima volta per indicare la gestione efficiente della casa di una famiglia.

Ricordiamo che Senofonte, nel suo lavoro in Economia, scritto nel 380 a.C., spiega che ci sono due modi diversi per aumentare il patrimonio familiare; ognuna delle sue vie equivale ad un diverso concetto di efficienza. Il primo corrisponde al concetto statico di efficienza e consiste nella sana gestione delle risorse disponibili (o "date"), per evitare che vengano sprecate. Secondo Senofonte, il modo migliore per raggiungere questa efficienza statica è mantenere la casa in ordine.

Tuttavia insieme al concetto di efficienza statica, Senofonte introduce un concetto diverso, quello di efficienza "dinamica", che consiste nel tentativo di aumentare il proprio patrimonio attraverso la creatività imprenditoriale, vale a dire, attraverso il commercio e la speculazione più che mediante lo sforzo di evitare sprecare risorse già disponibili. Questa tradizione di chiara distinzione tra i due diversi concetti di efficienza, statica e dinamica, è sopravvissuta fino al Medioevo. Ad esempio, San Bernardino da Siena scrisse che i profitti dei commercianti erano giustificati non solo dalla sana gestione delle loro risorse (già fornite), ma anche, e soprattutto, dall'assunzione di rischi e pericoli (in latino, pericula) presenti in qualsiasi speculazione imprenditoriale.

Sfortunatamente lo sviluppo della fisica meccanica, che iniziò con l'Età Moderna, ebbe un'influenza molto negativa sull'evoluzione del pensiero economico, specialmente dopo il XIX secolo, quando l'idea di efficienza dinamica fu quasi completamente dimenticata in economia.

Sia l'austriaco Hans Mayer, prima della seconda guerra mondiale, sia Philip Mirowski, al giorno d'oggi, hanno sottolineato che l'economia neoclassica tradizionale si è sviluppata come una copia della fisica meccanica del XIX secolo: usando lo stesso metodo formale, ma sostituendo il concetto di energia con quello di utilità e applicando gli stessi principi di conservazione, massimizzazione del risultato e minimizzazione degli sprechi. L'autore più rappresentativo di questa tendenza negativa fu Leon Walras, che, nel suo articolo del 1909, "Economia e meccanica", affermò che le formule matematiche nel suo libro Elements of Pure Economics erano identiche a quelle della fisica matematica.

In breve, l'influenza della fisica meccanica ha sradicato la dimensione creativa, speculativa e dinamica che era implicita nell'idea di efficienza economica fin dall'inizio, e tutto ciò che è rimasto è l'aspetto riduzionista e statico, che consiste esclusivamente nel ridurre al minimo lo spreco delle risorse economiche (già esistenti). Questo cambiamento è avvenuto nonostante il fatto che né le risorse, né la tecnologia siano "date" nella vita reale, ma variano continuamente a causa della creatività imprenditoriale.

Il concetto riduzionista di efficienza statica ebbe un'immensa influenza teorica e pratica nel XX secolo. I socialisti Fabian Sydney e Beatrice Webb incarnano un esempio calzante. Questa coppia di sposi era scioccata dagli "sprechi" che credevano fossero prodotti nel sistema capitalista e fondarono la London School of Economics nel tentativo di sostenere la riforma socialista del capitalismo. L'obiettivo di tale riforma socialista sarebbe quello di eliminare gli sprechi e rendere "efficiente" il sistema economico. I Webb ammiravano "l'efficienza" che credevano di osservare nella Russia sovietica, al punto che Beatrice dichiarò persino: "Mi sono innamorata del comunismo sovietico".

Un altro autore influenzato dal concetto statico di efficienza economica fu lo stesso John Maynard Keynes, che, nell'introduzione all'edizione tedesca della Teoria Generale, affermava che le sue proposte di politica economica tipicamente keynesiane "si adattano più facilmente alle condizioni di uno stato totalitario". Keynes elogiò anche il libro Soviet Communism che Sidney e Beatrice Webb avevano pubblicato tre anni prima.

Inoltre negli anni '20 e '30 il concetto statico di efficienza economica divenne il punto focale di una disciplina completamente nuova che divenne nota come "economia del benessere" e che crebbe da approcci alternativi, tra cui l'approccio di Pareto è il più noto. Dal punto di vista paretese, un sistema economico è in uno stato di efficienza se nessuno può migliorarsi senza peggiorare qualcun altro.

La nostra critica principale all'economia del benessere è che riduce il problema dell'efficienza economica ad un semplice problema matematico di massimizzazione, in cui si presume che tutti i dati economici siano dati e costanti. Tuttavia entrambi i presupposti sono del tutto errati: i dati cambiano continuamente a causa della creatività imprenditoriale.

E proprio per questo motivo dobbiamo introdurre un nuovo concetto, quello dell'efficienza dinamica, inteso come la capacità di promuovere la creatività imprenditoriale e il coordinamento. In altre parole, l'efficienza dinamica consiste nella capacità imprenditoriale di scoprire opportunità di profitto, nonché nella capacità di coordinare e superare eventuali disadattamenti o disordini sociali.

In termini di economia neoclassica, l'obiettivo dell'efficienza dinamica non dovrebbe essere quello di spostare il sistema verso la frontiera delle possibilità di produzione, ma piuttosto di rafforzare la creatività imprenditoriale e quindi "spostare" continuamente la curva delle possibilità di produzione verso destra.

La parola "imprenditorialità" deriva etimologicamente dal termine latino in prehendo, che significa "scoprire", "vedere", "realizzare" qualcosa. In questo senso, possiamo definire l'imprenditorialità come la capacità tipicamente umana di riconoscere opportunità di profitto soggettivo che appaiono nell'ambiente e di agire di conseguenza per trarne vantaggio.

L'imprenditorialità implica quindi una particolare vigilanza, la capacità di essere vigili. Completamente applicabile all'idea dell'imprenditorialità è anche il verbo "speculare", che deriva dalla parola latina specula e si riferisce alle torri di guardia da cui si avvistavano eventuali nemici.

Ogni azione imprenditoriale non solo crea e trasmette nuove informazioni, ma coordina anche il comportamento precedentemente disordinato degli agenti economici. Ogni volta che qualcuno scopre o crea un'opportunità di profitto e acquista una certa risorsa a buon mercato e la vende a prezzo più alto, armonizza il comportamento precedentemente ignaro dei proprietari della risorsa (che molto probabilmente la sperperavano e lo sprecavano) con il comportamento di coloro che ne hanno bisogno. Pertanto la creatività e il coordinamento sono le due facce della stessa medaglia (aggiungerei "imprenditoriale").

Da un punto di vista dinamico, un individuo, una società, un'istituzione o persino un intero sistema economico, saranno più efficienti quanto più promuoveranno la creatività e il coordinamento imprenditoriali.

E da questa prospettiva dinamica, l'obiettivo veramente importante non è tanto quello di prevenire lo spreco di alcuni mezzi considerati noti e "dati" quanto quello di scoprire e creare continuamente nuovi fini e mezzi.

Per un trattamento più approfondito dell'intera questione, vi consiglio le principali opere di Mises, Hayek, Kirzner e Rothbard sull'idea del mercato come processo dinamico guidato dall'imprenditoria e sulla nozione di concorrenza come processo di scoperta e creatività.

A mio avviso, questi autori Austriaci ci forniscono il concetto più esatto di efficienza dinamica, che contrasta con il concetto più imperfetto di efficienza dinamica sviluppato da Joseph A. Schumpeter e Douglass North.

North e Schumpeter offrono prospettive totalmente opposte. Mentre Schumpeter considera esclusivamente l'aspetto della creatività imprenditoriale e il suo potere distruttivo (che chiama il processo di "distruzione creativa"), Douglass North si concentra sull'altro aspetto, che chiama "efficienza adattativa" o capacità coordinativa dell'imprenditoria. Il concetto Austriaco di efficienza dinamica, sviluppato da Mises, Hayek e Kirzner, combina la dimensione creativa e coordinata, che Schumpeter e North hanno studiato solo in modo separato, parziale e riduzionista.



Efficienza dinamica ed etica

E ora concentriamoci sulla relazione tra etica e concetto di efficienza dinamica. La teoria economica neoclassica tradizionale si basa sull'idea che l'informazione sia oggettiva e data (in termini certi o probabilistici), e che le questioni della massimizzazione dell'utilità non abbiano assolutamente alcuna connessione con considerazioni morali.

Inoltre il punto di vista statico ha portato alla conclusione che le risorse sono in un certo senso date e conosciute, e quindi che il problema economico della loro distribuzione fosse separato dal problema della loro produzione. Se le risorse sono date, è di vitale importanza indagare sul modo migliore di allocare sia i mezzi di produzione disponibili sia i beni di consumo che ne derivano.

Questo approccio crolla come una pila di carte se ci focalizziamo sul concetto dinamico di processi di mercato, sulla teoria dell'imprenditorialità e sulla nozione di efficienza dinamica che ho appena spiegato. Da questo punto di vista ogni essere umano ha una capacità creativa unica che gli consente continuamente di percepire e scoprire nuove opportunità di profitto. L'imprenditorialità consiste nella capacità tipicamente umana di creare e scoprire nuovi fini e mezzi, ed è la caratteristica più importante della natura umana.

Se fini, mezzi e risorse non vengono dati ma creati continuamente dal nulla a seguito dell'azione imprenditoriale degli esseri umani, chiaramente il problema etico fondamentale non è più come distribuire giustamente ciò che già esiste, ma invece come promuovere la creatività imprenditoriale e il coordinamento.

Di conseguenza, nel campo dell'etica sociale, arriviamo alla conclusione fondamentale che l'idea degli esseri umani come attori creativi e coordinatori implica l'accettazione assiomatica del principio secondo cui ogni essere umano ha il diritto naturale di appropriarsi di tutti i risultati della sua creatività imprenditoriale. Cioè, l'appropriazione privata dei frutti della creazione e della scoperta imprenditoriale è un principio della legge naturale.

Ed è un principio della legge naturale perché se una persona che agisce non fosse in grado di rivendicare ciò che crea o scopre, la sua capacità di rilevare opportunità di profitto sarebbe completamente bloccata e il suo incentivo ad agire scomparirebbe. Inoltre il principio è universale, nel senso che può essere applicato a tutte le persone in tutti i tempi possibili e in tutti i luoghi immaginabili.

Costringere la libera azione umana, compromettendo il diritto delle persone a possedere ciò che creano imprenditorialmente, non solo è dinamicamente inefficiente poiché ostacola la loro creatività e capacità di coordinamento, è anche fondamentalmente immorale poiché tale coercizione impedisce agli esseri umani di sviluppare ciò che per natura è molto importante per loro, cioè l'innata capacità di creare e concepire nuovi fini e mezzi per tentare di raggiungere i propri scopi ed obiettivi. Proprio per questi motivi, non solo il socialismo e l'interventismo, ma anche qualsiasi forma di statalismo sono dinamicamente inefficienti ed eticamente ingiusti e immorali.

Bisogna tener conto del fatto che la forza della creatività imprenditoriale si manifesta anche nel desiderio di aiutare i poveri e nella ricerca sistematica di situazioni in cui aiutare gli altri. Infatti l'intervento coercitivo dello stato, attraverso i meccanismi tipici del cosiddetto "stato sociale", neutralizza e in larga misura blocca lo sforzo imprenditoriale per aiutare coloro (vicini e lontani) in difficoltà. E questa è un'idea che, per esempio, Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato nella Sezione 49 della sua Enciclica del 1991, Centesimus Annus.

Inoltre, secondo la nostra analisi, nulla è più (dinamicamente) efficiente della giustizia (inteso nel suo senso proprio). Se pensiamo al mercato come ad un processo dinamico, allora l'efficienza dinamica, intesa come coordinamento e creatività, deriva dal comportamento degli esseri umani che seguono determinate leggi morali (principalmente per quanto riguarda il rispetto della vita, della proprietà privata e l'adempimento dei contratti).

Solo l'esercizio dell'azione umana soggetta a questi principi etici dà origine a processi sociali dinamicamente efficienti. Ed ora è facile capire perché, da un punto di vista dinamico, l'efficienza non è compatibile con diversi modelli di equità o giustizia (contrariamente al secondo teorema fondamentale dell'economia del benessere), ma invece l'efficienza deriva solo da un'idea di giustizia (basata sul rispetto della proprietà privata, sull'imprenditorialità e, come vedremo tra poco, anche sui principi della moralità personale). Pertanto la contraddizione tra efficienza e giustizia è falsa.

Ciò che è giusto non può essere inefficiente e ciò che è efficiente non può essere ingiusto. Un'analisi dinamica rivela che giustizia ed efficienza sono due facce della stessa medaglia, il che conferma anche l'ordine coerente e integrato che esiste nell'universo sociale spontaneo delle interazioni umane.

Ora concludiamo con alcune idee sul rapporto tra efficienza dinamica e principi di moralità personale, specialmente nel campo delle relazioni familiari e sessuali.

Fino a questo punto abbiamo esaminato l'etica sociale e discusso i principi chiave che rendono possibile l'efficienza dinamica. Al di fuori di questo regno si trovano i principi più intimi della moralità personale. Raramente è stata studiata l'influenza dei principi della moralità personale sull'efficienza dinamica e, in ogni caso, sono considerati separati dall'etica sociale. Tuttavia ritengo che questa separazione sia ingiustificata.

Infatti ci sono principi morali di grande importanza per l'efficienza dinamica di qualsiasi società, soggetti al seguente apparente paradosso: l'incapacità di sostenerli a livello personale comporta un costo enorme in termini di efficienza dinamica, ma il tentativo di imporre questi principi morali usando la forza dello stato genera inefficienze ancora più gravi. Pertanto alcune istituzioni sociali sono necessarie per trasmettere e incoraggiare l'osservanza di questi principi morali personali, che per loro stessa natura non possono essere imposti con la violenza e la coercizione, ma sono comunque di grande importanza per l'efficienza dinamica di ogni società.

È principalmente attraverso la religione e la famiglia che gli esseri umani, generazione dopo generazione, sono in grado di interiorizzare questi principi e quindi trasmetterli ai loro figli. I principi che riguardano la moralità sessuale, la creazione e la conservazione dell'istituzione familiare, la fedeltà tra i coniugi e la cura dei figli, il controllo dei nostri istinti atavici e il superamento e la moderazione dell'invidia, sono tutti d'importanza cruciale per il successo di ogni processo sociale di creatività e coordinamento.

Come ci ha insegnato Hayek, sia il progresso della civiltà sia lo sviluppo economico e sociale richiedono una popolazione in costante espansione in grado di sostenere la crescita costante del volume di conoscenza sociale generata dalla creatività imprenditoriale. L'efficienza dinamica dipende dalla creatività delle persone e dalla capacità di coordinamento e, a parità di condizioni, tenderà ad aumentare con l'aumentare del numero di esseri umani, cosa che può avvenire solo all'interno di un determinato quadro di principi morali a sostegno delle relazioni familiari.

Tuttavia, come ho già affermato, questo è una sorta di paradosso. Il quadro dei principi morali personali non può essere imposto con la coercizione. L'imposizione di principi morali con la forza o la coercizione darebbe origine ad una società chiusa e inquisitoria che priverebbe gli esseri umani delle libertà individuali, le quali costituiscono il fondamento dell'imprenditorialità e dell'efficienza dinamica.

Questo fatto rivela precisamente l'importanza di metodi alternativi e non coercitivi di guida sociale che espongano le persone ai principi morali  ne incoraggino l'interiorizzazione e l'osservanza. Possiamo concludere che, a parità di condizioni, più i principi morali personali di una società sono solidi e duraturi, maggiore sarà la sua efficienza dinamica.

Grazie mille per la vostra pazienza ed attenzione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/