sabato 31 luglio 2010

Il libertarianismo è una parte della destra o della sinistra? Nessuna delle due. Noi siamo UNICI #2





di Walter Block




Ci sono molti problemi con gli argomenti precedenti.

  1. Questo forse il più importante. Dobbiamo ritornare alla storia della bibbia dove le persone erano pagate con differenti importi di denaro per fare esattamente lo stesso lavoro; o similmente, lo stesso compenso per fare differenti quantità di lavori. Perchè ciò è ingiusto da un punto di vista libertario? Non lo è infatti. Queste disparità possono essere interpretate come una concessione di doni differenti. Cioè, il datore di lavoro paga ognuno equamente per eguale produttività, ma poi fa una donazione spontanea per qualcuno e non per altri. Finchè tutte queste azioni sono volontarie, non c'è niente per cui un libertario debba porre obiezione. Se ci si basa solo su tale considerazione, Long dovrebbe decidere se la sua primaria fedeltà è verso il femminismo o il libertarianismo. Questo autore di fatto tocca un aspetto di ciò, quando parla della possibilità che il divario di salario tra uomini e donne possa essere dovuto all'effetto finale del datore di lavoro: pagare gli uomini più delle donne solo per il proprio piacere di fare ciò. Se le coste stanno così, non è forse un diritto del datore di lavoro? E se le cose stanno così, da dove scaturisce ogni possibile obiezione libertaria al divario dei salari?


  2. Muoviamoci dall'economia normativa a quella positiva e consideriamo le obiezioni di Long sulla tesi che nel libero mercato i salari tendono a basarsi sulle produttività marginali. Qui notiamo che questo autore ipotizza che c'è "una tendenza" per i datori di lavoro a pagare i lavoratori al livello del loro prodotto marginale in entrata (PME), ma in accordo con la tradizione Austriaca, si noti il fatto che ciò non è istantaneo. Comunque, egli sembra pensare che le donne sono sempre pagate meno rispetto al loro PME e che il mercato sia in effetti "pigro" a partare le due somme all'eguaglianza. Se il processo di mercato sarebbe istantaneo, il che ovviamente non è e nemmeno sarà mai, allora i salari delle donne aumenterebbero istantaneamente ai consoni livelli del loro PME, e non ci sarebbe nessuna ingiustizia almeno in questo caso. Ma perchè dovrebbe esserci un'inclinazione nel mercato, cosìcche l'imprenditorialità risulti necessariamente, negli stipendi bassi delle donne, in squilibrio? Perchè non i salari più alti del PME quando il mercato non è nel suo equilibrio o in egual misura a turni? Long lascia tutto in sospeso non fornendoci una risposta per questa sua ipotesi implicita ed assolutamente cruciale, però non sembra accorgersi nemmeno che non ce n'è bisogno.


  3. Forse il fatto che le lesbiche guadagnino di più rispetto alle donne eterosessuali convincerebbe Long che i salari di mercato tendono a non essere determinati da uomini sessisti che hanno pregiudizi verso le donne, sulla base di questa propensione. Poichè se gli uomini porci sessisti fossero invece in carica di prendere decisioni sui pagamenti, ed avessero dei pregiudizi in questa direzione ed inoltre non fossero fermati da considerazioni dettate dal profitto che li rendesse indulgenti in questi gusti, sicuramente riserverebbero la loro estrema ira verso le lesbiche le quali, presumibilmente, violano molto di più valori tradizionali rispetto alle donne eterosessuali.


  4. Long è su una fune scivolosa. Se dubita della teoaria della produttività marginale applicata al divario del salario tra uomini/donne, la logica lo obbliga ad articolare gli stessi contrasti anche alla stessa analisi del salario minimo di cui l'economia di libero mercato tratta. Cioè deve dire qualcosa circa le seguenti linee: si, il salario minimo porta alla disoccupazione per lavoratori poco abili; ma ciò è vero solo all'equilibrio e non siamo mai all'equilibrio. Per opporsi duramente alla legislazione del salario minimo, come fanno molti libertari di destra, si deve basare la propria analisi sugli orrori e la drammaticità dell'economia neoclassica. In contrasto noi sofisticati Austro-libertari di sinistra siamo molto simpatizzanti verso la legislazione del salario minimo dal momento che essa impiega molto tempo, tempo che i poveri semplicemente non hanno, a far salire i salari dei non specializzati ai loro livelli d'equilibrio in accordo col PME. Nel frattempo, la legge sul salario minimo può giocare un ruolo positivo. Il suo sostegno per le unioni in questo riguardo è molto più che poco allarmante, in ciò loro sono, e per una buona ragione, tra i sostenitori più forti della legislazione sul salario minimo nella società, eccetto i completi illetterati d'economia. Potrebbe essere che mentre Long è un libertario fedele quando si parla di libertà personali, ma lo sia di meno, molto meno, quando si parla di libertà economica, ciò dovuto alle sue equivocazioni economiche. E' molto più che curioso poi vedere un eminente libertario come Long sostenere un'istituzione che si occupa dei "furfanti" con la violenza.


  5. Cos'è questa cosa di criticare le decisioni prese liberamente da parte delle donne di stare a casa e prendersi cura dei figli? Non importa se ciò è fatto "su motivi morali (o) motivi di prudenziali". Il libertario semplicemente non deve avere a che fare con la critica " (della scelta della) donna di dare più importanza per le responsabilità casalinghe". Non è affare del libertario, ne di chicchessia, "combattere" il "sessismo" implicito nelle "aspettative culturali che portano le donne ad assumersi simili respondabilità".
  6. Si consideri l'affermazione di Long e Johnson secondo cui c'è una falsa ma "assai diffusa supposizione nel mondo dei datori di lavoro per cui" la produttività delle donne è più bassa rispetto a quella degli uomini. Probabilmente questa falsa supposizione non solo è assai diffusa, ma è di lunga data. Altrimenti difficilmente si potrebbe giustificare il continuo divario del salario. Se così fosse, ciò non assomiglierebbe a nulla se non ad un "grappolo d'errore" della teoria Austriaca del Ciclo degli Affari (TACA). Ma, come sappiamo dai nostri studi dei cicli finanziari, ogni simile conglomerato di errori non può durare a lungo senza la continuata interferenza statalista nei mercati. Sarebbe dissipato dal processo dei profitti ed eliminazione delle perdite di mercato.


  7. Riprendendo i nostri autori: "...datori di lavoro...non possono essere creduti se ci provano...stimando la produttività dei loro lavoratori...(il problema dello stimolo)". Con ciò si riferiscono al fatto che alcuni datori di lavoro potrebbero rinunciare ad una politica discriminatoria non-sessista al di fuori di motivazioni consumistiche. Ma se facessero così, lo starebbero facendo rigorosamente come consumatori, sebbene sia sulla proprietà della compagnia. Cioè non lo starebbero facendo come datori di lavoro, come questi autori sostengono.


  8. Dal mio punto di vista non è del tutto "errato" "pensare...che il potere politico (sia) l'unico problema", cioè, fin da quando il libertarianismo se ne è occupato. Considero il potere politico secondo le linee guida di Oppenheimer, per includere tutti ed i diversi inizi della violenza, o minaccia di questa, contro le persone innocenti. Ciò includerebbe, ovviamente, il governo; ma incorporerebbe anche altri comportamenti non civili come quelli perpetrati da bande di ladri o, perfino, dai singoli che brutalizzano vittime innocenti per motivi propri. Certamente ci sono altri problemi per cui i libertari si battono: cattivo respiro, scoppio di psoriasi, perdere a scacchi, cancro, ela lista va avanti. Ma, così, i libertari che fanno ciò non stanno agendo come libertari. Questa è una distinzione che è cruciale per una chiara comprensione di questa filosofia.


  9. Che dobbiamo farci con questa affermazione: "Sappiamo – indipendentemente dall'esistenza di un divario del salario – che il mondo degli affari è strapieno di sessismo (Quelli che non conoscono ciò possono verificarlo da loro stessi spendendo del tempo in quel mondo o parlando con quelli che hann ofatto ciò)". In un certo senso, ciò non lascia adito ad obiezioni. Potrebbe essere archiviato sotto la categoria "tutti lo sanno", nessuna persona ragionevole potrebbe obiettare qualcosa. Comunque se andiamo per vie aneddotiche, lasciate che anche io aggiunga il mio piccolo contributo. Si, tutti abbiamo sentito dei giochi sessisti nel mondo del business ed ,anche, i numerosi commenti sugli attributi fisici femminili. Ma quando si arriva a fine mese, la mia valutazione ufficiosa è quella che va principalmente nella direzione opposta all'aumento del divario di paga tra uomini e donne. Piuttosto si sposta del tutto verso un'incremento della paga di donne attraenti, come una sorta di ricompensa verso la bellezza. E questa osservazione non dovrebbe essere una grande sorpresa. Che altro potremmo ragionevolmente aspettarci da vigorosi maschi eterosessuali, se si trovano in una posizione in cui posso appagare i loro gusti? I loro veri gusti, che si senta forte e chiaro, non li portano contro le donne, ma, se sono in competizione con qualcuno, contro altri uomini che sono visti come invasori. In verità, il primo aneddoto era altamente obiezionabile. Dopo tutto stiamo discutendo di una questione importante: c'è un divario di salario tra maschi-femmine dal momento che la produttività è presa in considerazione, e se così, ciò è ingiusto da un punto di vista libertario? Ricorrendo ad aneddoti di tale sorta diventa inammissibile una qualsiasi seria analisi.


c. New Age


Secondo Long:

«è un dibattito aperto se le idee della New Age proveranno di essere favorevoli o sfavorevoli al libertarianismo. Io le considero favorevoli, nel complesso...Se l'espressione politica dell'etica cattolica era la monarchia e l'espressione politica naturale dell'etica protestante era la democrazia, allora l'espressione politica naturale dell'etica della New Age è l'anarchismo del libero mercato. Questo non significa che i seguaci della New Age odierna sono libertari. Alcuni lo sono; ma la maggior parte, sospetto, sono statalisti moderati della variante eco-sinistroide. Allo stesso modo anche i primi protestanti ne avevano qualcuno. Se il modello storico si ripete, comunque, allora alla continua crescita del movimento New Age i suoi aderenti troveranno la sua struttura organizzativa anarchica sempre più naturale, e graviteranno verso manifestazioni di quella stessa struttura nel regno politico. Da qui, suggerisco, che noi che speriamo di fondare una Nazione Libera dovremmo vedere il clima religioso emergente come una ragione d'ottimismo.»

Trovo ciò più che curioso. Da un lato mi unisco a Long nella speranza che i seguaci della New Age si convertiranno in massa al libertarianismo. Dall'altro sono tentato di scommettere che più gli ex-nazisti ed ex-comunisti abbracceranno un giorno la libertà rispetto ai persuasi della New Age. In ogni caso, non vedo nessuna prova che qualcuno tra i seguaci della New Age sia ora libertario. Sarei felice se qualcono, poi, mi potesse smentire su questo fatto. Ma da come stanno le cose, questo gruppo di persone sembra più associato con pratiche sessuali libertine, con la cultura della droga, con il vestiario hippie e, come per il resto, oscurantismo, relativismo ed altri tipi di irrazionalità, troppo impenetrabili per una discussione.

Ipotizziamo, comunque, che Long è totalmente corretto nella sua valutazione. Un giorno, forse presto, i nostri ranghi libertari saranno presi d'assalto da mille, anzi no, decine o centinaia di migliaia di Austro-libertari ex-seguaci della New Age, tutti che stringono forte volumi di Atlas Shrugged e Human Action, sentendosi razionali per la prima volta nella loro vita. Che c'è? Perchè dovremmo allearci con loro adesso? Anche peggio, quale è la ragione per cui ora dovremmo considerarli alleati? Ancora peggio di questo, qual è la ragione per considerarci parte di un movimento che ora (brividi e lamenti) include loro?

Non può essere negato che i punti di vista di queste persone, quando comprensibili, sono abbastanza allineati con i nostri quando si parla di libertà personali (fumare la marijuana e tutti i tipi e le varietà di fornicazioni che dovrebbero essere legali, particolarmente le più stravaganti) e di politica estera (benchè molti di loro siano pacifisti, i libertari sicuramente non hanno bisogno di aderire a questa dottrina). Ma quando si arriva alla libertà economica, queste persone alla sola idea gli viene la schiuma alla bocca per la rabbia.

Uno potrebbe ipottizarla come una cosa tra singoli contro una squadra, come esempio più compatibile per il libertarianismo. Cioè, i corridori su pista sono più libertari che i giocatori di basket, dal momento che i primi competono da soli ed i secondi sono parte di una impresa collettiva. Questa è una pretesa analogamente inverosimile con nessun sostegno di nessun genere. No, i secondi non sono, a causa di questo fatto, più libertari rispetto ai primi e gli hippie della New Age non sono ne libertari ne noi siamo associati con loro dalla volontà di assimilarli nella nostra filosofia, nemmeno in piccola parte.


d. Uguaglianza


Secondo Long:

«"In breve, l'uguaglianza di cui Locke e Jefferson parlano è un'uguaglianza nell'autorità: la proibizione di qualsiasi "subordinazione o sottomissione" di una persona su un'altra. Dal momento che qualsiasi interferenza di A sulla libertà di B costituisce una subordinazione o sottomissione di B su A, il diritto alla libertà segue apertamente dall'uguaglianza di "potere e giurisdizione".
"Come Locke spiega: essendo tutti uguali ed indipendenti, nessuno dovrebbe procurare danno ad un altro nella salute, nella libertà, nella vita, nei possedimenti....Ed essendo forniti di simili facoltà, condividendole tutte nella natura della comunità, non può essere accettata una qualsiasi subordinazione tra di noi che possa autorizzarci (sic) a distruggere un altro individuo, come se noi fossimo fatti per gli usi di un altro, come i ranghi delle creature inferiori sono per noi".
"Questa è una famosa frase pre-kantiana del principio secondo cui gli esseri umani non devono essere trattati come semplici mezzi per i fini degli altri (si osservi, inoltre, come entrambi Locke e Jefferson invochino l'indipendenza come un corollario di uguaglianza nell'autorità)".

"Ora possiamo vedere come entrambe le uguaglianze, quella socioeconomica e quella legale, non raggiungano lo scopo del radicalismo dell'uguaglianza Lockeana. Per nessuna di queste forme di uguaglianza si chiama in questione l'autorità di quelli che amministrano il sistema legale; tali amministratori sono tristemente necessari per assicurare l'uguaglianza tra quelli amministrati. Così l'eguaglianza socioeconomica, a dispetto delle baldanzose affermazioni dei suoi aderenti, non cabatte più la struttura esistente di potere rispetto a quanto faccia nei confronti dell'eguaglianza legale. Entrambe le forme di eguaglianza si rivolgono a questa struttura di potere per compiere determinate cose; ma facendo ciò, entrambe ammettono, e di fatto richiedono, una ineguaglianza nell'autorità tra quelli che amministrano la struttura legale e tutti gli altri".

"La versione libertaria dell'eguaglianza non è circoscritta in questo modo. Come Locke osserva, l'eguaglianza nell'autorità implica la negazione agli amministratori del sistema legale – e così al sistema legale stesso – ogni potere oltre quelli posseduti dai singoli dittadini:

L'esecuzione della legge di natura è in quella forma che si trova nelle mani di ogni uomo, con cui ognuno ha il diritto di punire i trasgressori di quella legge ad un livello tale che può impedirne la sua violazione....Poichè in questo stato di perfetta uguaglianza, dove naturalmente non c'è nessuna superiotà o giurisdizione di uno su un altro, ciò che chiunque può fare per la continuazione di quella legge, deve avere diritto a farlo.
"L'eguaglianza Lockeana coinvolge non solo l'eguaglianza davanti i giudici, legislatori e polizia, ma, di più importanza cruciale, l'eguaglianza con legislatori, giudici e polizia".

"Seguendo questo standard Murray Rothbard, nel suo appoggio all'anarco-capitalismo, risulta essere stato uno dei più consistenti e risoluti teoristi egualitari di tutti i tempi. Come autore di Egalitarianism as a Revolt Against Nature, Rothbard potrebbe rigirarsi nella tomba all'udire una simile descrizione di se stesso; ma, come possiamo vedere, ciò che Ayn Rand era solito dire del capitalismo si applica a maggior ragione all'eguaglianza: quest'ultima, correttamente compresa, è in molti modi un ideale sconosciuto – sconosciuto ad entrambi i suoi difensori e detrattori".»

Sono solo d'accordo con Long su una questione, ovvero che di fatto Rothbard si starebbe rigirando nella tomba all'udire i suoi punti di vista descritti come "egualitari", in tutti gli aspetti, e cose del genere. Poichè se c'è qualcosa di chiaro circa i punti di vista di Rothbard, è che lui era un oppositore, e non un sostenitore, di questa dottrina. Long "ha successo" nell'adattamento di Rothbard in questa posizione solo grazie ad una definizione stipulativa: egli ridefinisce l'egualitarianismo, o l'eguaglianza, come non-aggressione e poi, correttamente, insiste che sotto il libertarianismo tutti vorremmo, ricchi e poveri, nati fortunati e non, avere diritti uguali contro i quali non bisognerebbe essere aggrediti. Vero, ma non c'è bisogno di sforare nell'egualitarianismo o uguaglianza per affermare questo eminente punto libertario.

Long, comunque, erra nella sua analisi delle autorità. Il datore di lavoro ha autorità sull'impiegato. Come il direttore d'orchestra con i musicisti. Questo tipio di autorità non è del tutto problematica, in ciò si va dall'adesione volontaria per sottomettersi poi all'autorità di questi altri; per esempio, al datore di lavoro, al capo, il direttore, al caposquadra, etc. Se Long sta usando la parola "autorità" per presentare una qualsiasi altra relazione rispetto a questa, altrimenti lui sta solamente esprimendo, ancora una volta, l'assioma libertario della non-aggressione.


e. Femminismo


Secondo Long e Johnson:

«"...le tradizioni politiche del libertarianismo e femminismo sono entrambe principalmente corrette, acute, e di prima importanza in ogni battaglia per costruire una società giusta, libera e compassionevole. Non intendiamo provare a giustificare il significato di entrambi i termini, nemmeno provare la correttezza o l'acutezza del principio di non-aggressione, la critica libertaria sulla coercizione statale, la realtà e la diffusione della violenza maschile e la discriminazione contro le donne, o la critica femminista sulla società patriarcale".»

Rothbard si sarebbe rivoltato nella tomba alla possibilità che il femminismo fosse appoggiato dai "libertari". Altrimenti come avrebbe potuto scrivere queste parole: "...il perfetto non-senso della Liberazione delle Donne".

Si, alcuni uomini violentano alcune donne e le suddette guadagnano meno degli uomini, in generale, ma c'è veramente una lunga strada da fare prima che il libertarianismo da questi discernimenti abbracci il femminismo, in tutti gli aspetti. Non può essere negato, inoltre, che se le donne soffrono al paragone con gli uomini in queste situazioni, loro sono su un piano nettamente superiore per ciò che concerne il suicidio, la depressione, la carcerazione, la malattia mentale e la lunghezza della vita.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


(1). Link alla Prima Parte

(2). Link alla Terza Parte

(3). Link alla Quarta Parte

(4). Link alla Quinta Parte




venerdì 30 luglio 2010

Il libertarianismo è una parte della destra o della sinistra? Nessuna delle due. Noi siamo UNICI #1



Saggio profondo ed articolato in cui vengono revisionate alcune posizioni di "noti" libertari, per evidenziare le caratteristiche di un buon libertario senza influenza alcuna da parte di contaminazioni esterne al movimento stesso.

Prima parte di cinque.


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di Walter Block

Recentemento ho pubblicato questo articolo: Block, Walter. 2010. "Il libertarianismo è unico; non appartiene nè alla destra nè alla sinistra: una critica sulle visioni di Long, Holcombe e Baden per la sinistra, Hoppe, Faser e Paul per la destra". Giornale degli Studi Libertari; Vol. 22: 27-70. E' lungo 44 pagine, pieno di note a piè pagina, riferimenti e tanto altro materiale scolastico di simile natura. Il saggio qui presente è una versione per non esperti dell'intero scritto. Molte persone sono troppo occupate e leggerebbero a fatica il brano saltando anche l'analisi dell'intera faccenda, oppure molte altre questioni. Ma questo argomento è fondamentale per i libertari, quindi ho pensato che avrei offerto il presente saggio come una versione più accessibile di quel lungo documento. Se avete domande, obiezioni, critiche su qualsiasi cosa che sto per dire qui, per favore date prima uno sguardo al documento completo pubblicato sul GSL, per le elaborazioni, le qualifiche, le restrizioni, che appaiono nelle note a piè pagina, nei riferimenti o all'appendice.

La politica economica libertaria è una filosofia unica. Non appartiene nè alla destra nè alla sinistra. Questa tesi è in chiaro contrasto con le visioni dei libertari di sinistra come Long, Holcombe e Baden i quali sostengono che il libertarianismo è una parte reale della sinistra, oppure del movimento femminista di sinistra, stesso dicasi con la prospettiva opposta dei libertari conservatori come Hoppe, Feser e Paul, nelle quali visioni il libertarianismo è un elemento costituente il movimento conservatore di destra.

Il presente documento difende la posizione del libertarianismo di centro, o la purità libertaria o la linea di piombo del libertarianismo, faccia a faccia contro gli altri due competitori per il mantello libertario: libertarianismo di sinitra e di destra. Scrivendo su LewRockwell.com non c'è nessun bisogno di definire accuratamente termini come "libertario", diversamente se fosse stato altrove. Incredibilmente tutti i partiti in questo dibattito sono dei fidati libertari. Non ci sono differenze tra di noi sull'assioma principale della non-aggressione, associato con i diritti sulla proprietà privata basati sull'homesteading. Tutte le parti cardinali di questa discussione si accordano a queste tre premesse di base. Le differenze sono nei termini e le relative implicazioni logiche di questi assiomi fondamentali. Nella seconda sezione prendiamo in analisi Long, Holcombe, Baden ed altri libertari New Age, femministi ed hippie. La terza sezione è dedicata allo svisceramento, simile al gruppo precedente, della destra conservatrice e tradizionalista di libertari come Hoppe, Feser e Paul. Concluderemo con la sezione quattro, tentando di corteggiare entrambi gli schieramenti a tornare nella corrente principale libertaria.


II. Contro il libertarianismo di sinistra


A. Roderick Long

a. violenza

Ecco una visione indicativa di Long:
«"Quando femministe radicali dicono che la supremazia maschile risieda in larga parte nei fatti di stupro – come quando Susan Brownmiller caratterizza lo stupro come "un conscio processo di intimidazione col quale tutti gli uomini mantengono in uno stato di paura tutte le donne" – i libertari di solito scartano questa opzione sulla base che non tutti gli uomini sono letteralmente stupratori e non tutte le donne sono letteralmente stuprate. Ma quando il loro stesso Ludwig von Mises dice che "l'interferenza del governo significa sempre azione violenta o la minaccia della stessa", il che consiste "come ultima risorsa" nell' "impiego di uomini armati, poliziotti, gendarmi, soldati, secondini e carnefici", e questa sua "caratteristica portante" porta "al rafforzamento dei suoi decreti di poter picchiare, uccidere ed imprigionare", i libertari applaudono ciò come una benvenuta demistificazione dello Stato. I libertari giustamente riconoscono che la violenza emanata con una legge è il significato che tutti i membri della classe dirigente mantengono tutti i cittadini in uno stato di paura, anche se non utti i funzionari di governo personalmente picchino, uccidano o imprigionino qualcuno, ed anche se non tutti i cittadini siano picchiati, uccisi o imprigionati; la stessa interpretazione solidale all'analisi del movimento femminista sullo stupro, non che ci sia tanta differenza".»

Sebbene Feser non abbia scritto come questa specifica citazione, avrebbe benissimo potuto dire:

«"...è l'essenza della moderna vita intellettuale che alcuni proclami, e molti altri che sono ancora più bizzarri – per esempio, che il matrimonio sia paragonabile allo stupro e ai rapporti sessuali è un'espressione di disprezzo per le donne (Andrea Dworkin), che il comunismo sovietico abbia funzionato avendo ucciso un'ammontare di 20 milioni di persone (Eric Hobswan), che la civiltà greca fosse rubata dall'Africa (Martin Bernal) – siano considerati come privi di interesse in una discussione. Ai più fetidi sproloqui è data la maggiore importanza, mentre il buon senso e la tradizione sono accantonati senza riserve".»

Ovviamente sono troppo erudito di carattere per qualificare i punti di vista di Long e Johnson a questo riguardo come "i più fetidi sproloqui". Invece, mi accontento di far notare che c'è una forte disanalogia tra uomini e donne da un lato ed il rispetto che lo Stato ci dovrebbe da un altro.

Si sa, ogni governo senza eccezioni è un violatore di diritti ma non tutti gli uomini sono stupratori o picchiatori di donne. E' interamente giustificato che tutti i membri della classe politica spargano la paura del governo. Lo Stato è il più grande violatore di diritti conosciuto all'uomo. La questione è totalmente differente quando si ritiene sensato che tutte le donne sono mantenute in un continuo stato di terrore da parte di tutti gli uomini. Brownmiller e Dworkin stesse forniscono un contro-esempio: durante la loro vita di tutti i giorni in cui lavorano, fanno compere, insegnano, scrivono, tengono conferenze; sarebbe complicato per loro fare tutte queste cose in un continuo stato di paura. La loro "paura" è più che altro teorica, politica e poetica. Ovviamente anche i comuni cittadini vanno incontro ai loro affari quotidiani senza mostrare la paura del governo, addirittura senza nessuna paura; sono stati educati fin dalla tenera età che "il poliziotto (di Stato) è nostro amico". La differenza è che i tirapiedi dello Stato comandano su di loro senza che le loro vittime se ne accorgano o meno. Questo semplicemente non è il caso riguardante tutti gli uomini e tutte le donne per ciò che concerne lo stupro. Questa non è tanto una differenza nella sostanza ma ultimamente si è dimostrata una differenza nella forma; una differenza nella forma sin dall'inizio. Come prova tutto ciò che dobbiamo fare è riflettere sul fatto che non c'è mai stato un governo che non abbia violato i diritti. Sicuramente la maggior parte degli uomini non ha mai stuprato nessuno, o nemmeno si è avvicinato a farlo.


b. La differenza del salario


Long e Johnson sono preparati circa "la realtà e la diffusione della...discriminazione verso le donne..."

Secondo Long:

«Le donne nel mercato del lavoro, di norma, guadagnano 75 centesimi per ogni dollaro che un uomo guadagna in un equivalente lavoro».


«Come si spiega questa differenza di salario? Sono state suggerite varie spiegazioni. Ma alcuni austriaci hanno dichiarato che esiste un'unica possibile spiegazione: le donne sono meno produttive degli uomini».
«Così è stato impostato l'argomento: se i datori di lavoro pagano un dipendente più del valore marginale della produzione in entrata di quel lavoratore, la compagnia perderà denaro e così sarà penalizzata (sic) dal mercato. Se i datori di lavoro pagano un dipendente meno del valore marginale della produzione in entrata di quel lavoratore, allora altre compagnie possono approfittarne offrendo salari più competitivi ed attirando il dipendente verso altri posti. Da qui i valori dei salari che sono impostati sia al di sopra che al di sotto della produzione in entrata marginale del dipendente, tendono a diminuire la competizione (vedi Mises e Rothbard su tale argomento). Il risultato è che ogni persistene disparità tra i salari di uomini e donne deve essere riportata ad una corrispondente disparità tra la loro produttività marginale».

«Come Walter Block dice: si consideri un uomo ed una donna con una produttività di 10$ l'ora e si supponga, a causa della discriminazione o per qualsiasi altra ragione, che l'uomo venga pagato 10$ l'ora e la donna 8$ l'ora. E' come se la donna avesse un piccolo cartello sulla fronte che dice "Assumimi e guadagnerai un extra di 2$ l'ora". Ciò la renderebbe una dipendente desiderabile anche per un capo sessista».

«Il fatto che la differenza del salario non sia stata ridotta dalla competizione in questo modo mostra che il divario si debba basare, quindi l'argomentazione scema via, su una reale differenza di produttività tra i sessi. Ciò non necessariamente deve essere preso come una relativa differenza nelle capacità, ma potrebbe invece essere ricondotto al carico sproporzionato dei lavori domestici che gravano sulle spalle delle donne – il che spiegherebbe anche il perchè il divario del salario è più grande per le donne sposate rispetto alle nubili (Walter Block riprende anche questo argomento). Da qui le preoccupazioni femministe circa la differenza del salario sono infondate».

«Non sono sicuro sul perchè questo argomento, se avesse successo, debba mostrare che il turbamento sul divario del salario sia sbagliato, piuttosto che mostrare gli sforzi per riequilibrare tale divario si dovrebbe prestare meno attenzione all'influenzamento dei datori di lavoro e più attenzione all'influenzamento delle norme meritocratiche (forse la risposta sarebbe che dal momento che le mogli possano liberamente scegliere se attenersi a tali norme, gli estranei non avrebbero le basi per condannare le norme. Ma dal momento che non possono scegliere liberamente le dipsosizioni saranno criticate (sic) – su basi morali, su basi giudiziose, o entrambe?)».

«Comunque non sono persuaso da questo argomento, che mi colpisce [pausa ad effetto] più da neoclassico...che da austriaco, poichè si ignora informazione imperfetta, il passaggio del tempo, etc. Certamente sono d'accordo con Mises e Rothbard che c'è una tendenza per i lavoratori ad essere pagati in accordo con la loro produzione marginale in entrata, ma la tendenza non riconosce (sic) se stessa istantaneamente o senza affrontare tendenze controbilancianti, e così, per come la vedo io, non permette l'inferenza che i salari dei lavoratori siano verosimilmente approssimati al valore della loro produzione marginale in entrata – proprio come l'esistenza di tendenze equilibrative non significa che l'economia stia per o sia vicina ad un equilibrio. Vorrei applicare a questo concetto l'osservazione che Mises fa sullo stato finale di quiete – benchè "il mercato si muova in ogni istante verso uno stato finale di quiete", questo stato "non sarà mai raggiunto" perchè "nuovi fattori disturbanti emergeranno prima che tale stato si realizzi».

«Prima di tutto molti datori di lavoro non sanno con massima precisione la produttività marginale in entrata dei loro dipendenti. Le aziende, dopo tutto, sono isole di pianificazione centrale – su scala ridotta in modo che i guadagni dalla coordinazione centrale generalmente superino le perdite, ma loro ancora sono epistemicamente (sic) impacciati dall'assenza di mercati interni...Un'azienda affronta il test sulla profittabilità su un'unità, non dipendente per dipendente, e quindi c'è un giusto spazio per un'ipotesi che coinvolge il pagamento dei lavoratori in accordo al loro profitto. Precisamente questo punto, in un altro contesto, è affrontato da Block stesso: "fare una stima della produzione marginale in entrata in atto e potenza degli impiegati...è difficile: ci sono prodotti combinati; la produttività dipende da come il lavoratore "si concilia" con gli altri; è impossibile mantenere un'occhio su una determinata persona per tutto il giorno; etc." Ma Block pensa che questo poco importi, perchè "ci sono quegli imprenditori che possono eseguire tali compiti e prosperare; e quelli che non possono raggiungerli affatto". Bè abbastanza vero, ma un imprenditore non deve risolvere quei problemi perfettamente per prosperare – come chiunque abbia speso tempo nell'attuale folle mondo industriale, un pò alla Dilbert, può testimoniare...».

«Anche se le donne generalmente non sono meno produttive degli uomini, poi, potrebbe ancora esserci un'assai diffusa supposizione nella parte dei datori di lavoro che esse lo siano ed alla luce della difficile determinazione della produttività di specifici soggetti questa supposizione potrebbe non essere facilmente nascosta, così qualsiasi distinzione nel salario basata su tale supposizione sarebbe resa più difficile per le forze di mercato da diminuire (simili supposizioni potrebbero altrettanto spiegare la differenza di salario tra le donne sposate e le nubili)».

«Da qui una differenza del salario potrebbe persistere anche se i datori di lavoro si concentrerebbero solamente sulla profittabilità, non avendo interesse alcuno nella discriminazione, e facciano del loro meglio per pagare salari esclusivamente sulla produttività marginale. Ma non c'è nessuna ragione di escludere anche la possibilità di discriminazione intenzionale ed indifferenza nel profitto. La discriminazione potrebbe essere un bene di consumo per i manager e questo bene potrebbe essere offerto nel pacchetto salari e benefeci dei manager; qualsiasi costo derivante dalle pratiche discriminatorie dei manager potrebbe così essere visto come un vero e proprio costo del libro paga. Forse alcuni manager ordinano rivestimenti di legno estrosi per i loro uffici ed altri manager pagano meno le donne per ragioni legate al sessismo; se la precedente categoria di comportamento può sopravvivere al test di mercato, perchè non la seconda?».

«Dovrei aggiungere che non penso che il mio scetticismo sulla teoria della produttività dei salari sia un qualsiasi tipo di critica al mercato. La tendenza per cui il punto di vista degli Austriaci è vero, vuol dire che i mercati sono verosimilmente più vicini a trovare accordi tra produttività/salari rispetto a cosa possa fare un sistema rivale (dal momento che la neoclassica competizione perfetta è incoerente ed impossibile, di conseguenza non conta come un rivale rilevante). Se i datori di lavoro si trovano in difficoltà a stimare la produttività dei loro lavoratori (il problema della conoscenza), o qualche volta non possono affidarsi alla prova (il problema dell'incentivo), non c'è nessuna ragione per sostenere che il governo possa fare meglio. I datori di lavoro sono certamente in una posizione (seppur imperfetta) migliore per valutare la produttività dei loro dipendenti piuttosto che alcuni remoti legislatori o burocrati, ed allo stesso modo loro hanno molte più ragioni di preoccuparsi del profitto della loro compagnia (anche se non è tutto ciò di cui si preoccupano) rispetto al governo. Quindi non c'è nessuna ragione per pensare che trasferendo l'autorità della facoltà di decidere dai datori di lavoro allo Stato, ciò possa portare i salari ad un qualunque migliore allineamento con la produttività. Le persone nel governo sono anch'esse degli alberi storti, e (data l'efficenza superiore della democrazia economica in paragone con la democrazia politica) sono anche meno costretti da qualsiasi sorta di attendibilità rispetto alle aziende private».

«Niente di ciò che ho detto mostra che uomini e donne sono egualmente produttivi; si voleva solo mostrare che, data la prevalenza delle norme culturali ed il potere delle connessioni, potremmo aspettarci di vedere una differenza tra i guadagni di uomini e donne anche se ci fosse uguaglianza nella produttività (il che è almeno una ragione per lo scetticismo sui vari proclami che loro non sarebbero ugualmente produttivi)».

«Vorrei aggiungere che anche se ci sono persistenti problemi – non da parte del governo, ma nondimeno connessioni potenzialmente dannose e simili – che i processi di mercato non eliminano automaticamente, non vuol dire che non si possa fare nulla per questi problemi senza un ricorso alla costrizione del governo. Questa è una ragione per cui simpatizzo di più per i movimenti del lavoro e i movimenti femministi rispetto a molti altri libertari di oggi. Nel diciannovesimo secolo i libertari videro un'oppressione politica come componente di fattori interconnessi al sistema politico, economico e culturale; non fecero ne l'errore di pensare che il potere politico fosse stato l'unico problema, ne l'errore di pensare che il potere politico potesse essere usato efficacemente e in sicurezza per combattere gli altri problemi...».
«Sappiamo – indipendentemente dall'esistenza della differenza del salario – che il mondo del lavoro è saturo di sessismo (quelli che ignorano ciò possono verificarlo da loro stessi spendendo del tempo in quel mondo o parlando con quelli che hanno fatto ciò). Una volta che abbiamo visto il perchè della teoria della produttività legata ai salari, sebbene corretta da come esposta, fa meno strada rispetto ai suoi sostenitori che di solito la supportano, non sembra quindi non plausibile sostenere che quel sessismo gioca un qualche ruolo nella spiegazione della differenza del salario e tale sessismo deve essere combattuto (ed anche se i divari nei salari fossero fondati su un divario genuino della produttività derivante dalla maggiore responsabilità delle donne per i lavori di casa, le aspettative culturali che portano le donne ad assumersi tali responsabilità dovrebbero focalizzarsi sul combattimento del sessismo). Ma non c'è nessuna ragione per lamentarsi di un "fallimento del mercato". Tale fallimento è tristemente un nostro fallimento. Invece dobbiamo combattere il potere – pacificamente, ma non sommessamente».


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


(1). Link alla Seconda Parte

(2). Link alla Terza Parte

(3). Link alla Quarta Parte

(4). Link alla Quinta Parte



La "marea caffeinica" della BP

Parodia (tristemente) divertente sui vari tentativi di contenimento della fuoriuscita di petrolio da parte della BP nel Golfo del Messico, evidenziandone inoltre i lati scellerati della gestione delle operazioni e gli inevitabili "scaricabarili":





giovedì 29 luglio 2010

L'uomo che modellava la scienza

Un documentario che sviscera l'intera vita dello scienziato più geniale e sottovalutato del secolo scorso, Nikola Tesla. Dalle prime invenzioni fino a quegli appunti scomparsi nella sua camera d'albergo prima della sua morte, presi molto probabilmente da agenti del governo. Denigrato per le sue idee "stravaganti", in questo mini-film viene presentata la figura di un uomo che determinava, con le sue idee genialmente "stravaganti", il corso della scienza:





Parte #2
Parte #3
Parte #4
Parte #5


mercoledì 28 luglio 2010

Libertà di Associazione


Un articolo che arriva puntuale in un momento in cui lo Stato tenta di fare maggiori pressioni sulla popolozaione, propagandando l'aggregazione forzata degli individui in nome della cosidetta "coesione sociale".

Privati da quel diritto fondamentale che rappresenta la libertà di associazione, ci si vede spinti l'uno contro l'altro in una lotta contro la promiscuità coatta; senza però additare il vero nemico dietro a tale spregevole azione.

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di Llewellyn H. Rockwell, Jr.


Sembra incredibile che negli ultimi giorni, un fondamentale diritto di tutta l'umanità, la libertà di associazione, è stata biasimata dal New York Times e da tutte le maggiori fonti di opinione, come anche da una figura politica nazionale che era riluttante a difendere le proprie dichiarazioni in favore di quell'idea e prendendo poi le distanze dalla nozione stessa. Tale principio fondamentale di libertà è divenuto praticamente impronunciabile?

O forse non è così incredibile. Un governo presuntuoso, in un'età dispotica come la nostra, deve screditare un tale diritto fondamentale semplicemente perchè è una di quelle questioni cardinali che parla a chi è al comando: lo Stato o gli individui.

Viviamo in tempi anti-liberali, dove la scelta individuale è vista con enorme sospetto. L'etica legislativa imperante è orientata verso azioni necessarie o vietate, con meno e meno spazi per la volontà umana. Mettendola semplicemente, noi non ci fidiamo più dell'idea stessa di libertà. Non potremmo nemmeno immaginare come possa funzionare. Quanto tempo abbiamo percorso dall'Età della Ragione fino ai giorni nostri.

Facendo riferimento alla grande controversia sul'Atto dei Diritti Civili del 1964, Karen De Coster mise la questione a tacere ritorcendo contro Rachel Maddow la sua stessa domanda. Quest'ultima chiese di conoscere se un uomo d'affari bianco avesse il diritto di rifiutare i servizi di un uomo nero. Karen domandò: un'uomo d'affari nero ha il diritto di rifiutare i servizi di un membro del Ku Klux Klan?

Non penso che qualcuno volesse discutere quel diritto. Come una persona usi il diritto di associazione (che necessariamentre implica anche il diritto di non associarsi) è una questione di scelta personale profondamente influenzata dal contesto culturale. Che una persona abbia il diritto di fare queste scelte da se stesso non può essere negato da chicchessia che crede nella libertà.

Il diritto di esclusione non è qualcosa di fortutio. E' il nucleo del funzionamento della civiltà. Se io volessi usare un softaware riservato, non potrei scaricarlo senza firmare un accordo contrattuale. Se rifiutassi di firmare l'accordo, la compagnia non dovrebbe vendermelo. E perchè? Perchè è il loro software e loro dispongono dei termini d'uso. Punto e basta. Non c'è nient'altro da dire.

Se si possiede un blog che accetta commenti, si conosce quanto importante sia questo diritto. Si deve essere in grado di escludere spammatori o bannare indirizzi IP di troll o altrimenti adottare criteri di esclusione ed inclusione basati sul valore dei commenti che una persona condivide. Ogni luogo su internet che richiama la partecipazione pubblica deve conoscere ciò. Senza questo diritto, qualsiasi forum potrebbe collassare, essendo soverchiato da cattivi elementi.

Ci esercitiamo nel diritto di esclusione ogni giorno. Se si va a pranzo, alcune persone vengono ed altre no. Quando si organizza una cena, si è attenti ad includere alcune persone e necessariamente ad escluderne altre. Alcuni ristoranti richiedono ed esigono determinate scarpe e maglie e perfino giacche e cravatte. Il New York Times include alcuni articoli e ne esclude altri, include alcune persone nei suoi incontri editoriali e ne esclude altre.

Quando il mondo del business ingaggia, alcune persone fanno tagli ed altre no. E' lo stesso per le ammissioni nelle università, appartenenza alla chiesa, confraternite, club e qualsiasi altra associazione. Tutte queste esercitano il diritto di esclusione. E' un fatto centrale all'organizzazione di ogni aspetto della vita. Se questo diritto fosse negato, cosa avremo al suo posto? Coercizione ed obbligatorietà. Le persone sono forzate assieme dallo Stato, con un gruppo sottoposto a servirne un altro puntandogli la pistola in faccia. Questi sono lavori forzati non volontari, espressamente proibiti dal tredicesimo emendamento. Uno presume che le persone amanti della libertà saranno per sempre contro ciò.

Come Larry Elder dice: "Questa è libertà 101".

E che dire del proclama secondo cui il governo dovrebbe regolare i motivi dell'esclusione? Diciamo, per esempio, che non neghiamo il diritto generale alla libera associazione, ma in particolare al possibile indirizzamento verso una serie di specifiche ingiustizie. E' plausibile ciò? Bè, la libertà è un pò come la vita, a volte lo è ed a volte non lo è. Troncarla e giocarsela a dadi in accordo con le priorità politiche è estremamente pericoloso. Perpetra divisione sociale, porta al potere dispotico, autorizza una forma di schiavitù e ribalta le cose di chi precisamente è al comando nella società.

Infatti ritenere, per il governo, di regolare i "motivi" di ogni scelta è raggelante. Si suppone il diritto e l'abilità dei burocrati di governo di leggere le menti, come se loro potessero conoscere la motivazione reale dietro ogni azione, a prescindere da cosa richieda colui che prende la decisione. Questo è come le banche nelle ultime decadi hanno potuto dare mutui ipotecari promiscuamente: stavano provando a togliersi di dosso gli enti di vigilanza in cerca di un qualsiasi segno di discriminazione razziale.

E, ovviamente, questa trucco della lettura della mente non è arbitrario. E' dettato dalla pressione politica. E' a mala pena sorprendente, poi, che dal momento che l'Atto fu promulgato nel 1964, i motivi su cui i regolatori dicono che loro possono discutere, capire e perciò proibire sono aumentati ed ora sono completamente fuori controllo. Questa strategia ha veramente incrementato il benessere sociale, o ha inasprito il conflitto tra gruppi che lo Stato ha sfruttato per i suoi fini?

Ma oseremo lasciare che i proprietari prendano simili decisioni da soli? Da un punto di vista storico, l'ingiustizia contro i neri era perpetrata per la maggiore dai governi. Attività private non seguivano politiche basate sulle razze, poichè ciò significava escludere clienti paganti.

E questo è precisamente il perchè razzisti, nazionalisti e bigotti intransigenti si sono sempre opposti al capitalismo liberale: esso include ed esclude basandosi su connessioni monetarie e senza riguardo verso caratteristiche che collettivisti di ogni sorta ritengono importanti. Nell'utopia immaginata dai nazional socialisti, i campioni del commercio sono impiccati ai lampioni come i traditori della razza ed i nemici della nazione.

Questo perchè il mercato tende verso una continua evoluzione e continuo cambiamento della tappezzeria dell'associazione, con modelli che non possono essere conosciuti in anticipo e non dovrebbero essere regolati dai padroni federali. In contrasto a ciò, i tentativi del governo di regolare l'associazione portano al disordine ed alle calamità sociali.

Come Thomas Pain spiegò: "In quelle associazioni che gli uomini promiscuamente formano per scopi legati al commercio o per altra faccenda, nelle quali il governo è totalmente estraneo, ed in cui agiscono soltanto sui principi della società, vediamo come spontaneamente le varie parti si uniscono; e ciò mostra, col confronto, che i governi, lungi dall'essere causa o via di mezzo per l'ordine, sono di solito la distruzione di questa associazione".

Questo è precisamente il perchè i libertari erano nel giusto ad opporsi a quei provvedimenti dell'Atto dei Diritti Civili nel 1964. Colpivano il cuore della libertà e con un costo sociale estremamente alto. Uno non si sorprenderebbe che organi d'opinione senza cervello ed anti-intellettuali vorrebbero negare ciò. Ma ciò che mi ha sorpreso è la velocità con cui sedicenti libertari, specialmente dalle parti di DC, hanno preso velocemente le distanze dal principio della libertà d'associazione. Non prendo ciò come una sorta di bancarotta intellettuale, ma come un segno della paura che molti hanno, in un periodo di controllo dispotico, di dire in faccia al potere la verità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


domenica 25 luglio 2010

Videogiochi e Violenza

A cosa portano più regolamentazioni? A maggiori regolamentazioni. Un argomento sempre di moda in cui si chiedono sempre più catene sono i videogiochi, a lungo martoriati dalle critiche circa la loro eccessiva influenza sul comportamento dei/delle ragazzi/e.
Il punto è che si è solo parlato (e sempre a quanto pare, dare fiato a parole vuote non costa nulla), ma evidenti correlazioni tra violenza reale e videogiochi ancora si devono trovare.

Però più gioGhi per la mandria non fanno mai male.

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di Art Carden


Come le nostre scelte di divertimento influiscono sui nostri comportamenti ed, in più, sulla società? Ogni qual volta nuovi e più violenti videogiochi sono commercializzati, alcuni cronisti inevitabilmente chiedono regolamentazioni da parte del governo visto che ci sono studi che connetono videogiochi e violenza. Questa è diventata una questione all'inizio di questo anno quando alcuni funzionari chiedevano l'etichettatura di linee guida federali di condotta.

Qualche tempo fa ho ascoltato una parte di un programma radio in cui il radiocronista ed i suoi ospiti discutevano di come la musica, i film ed i videogiochi influenzassero il comportamento delle persone. Non riuscii a sentire l'intero programma, ma ci furono un paio di cose durante quello sprazzo che reputai degne di approfondimento.

Primo, il conduttore chiese se il fatto di commettere indirettamente crimini nei videogiochi per qualcuno -- per esempio, impersonando il ruolo di un criminale in Grand Theft Auto -- potesse influenzarne il carattere nella vita di tutti i giorni.

Secondo, uno degli ospiti chiese se l'attività fisica delle persone che svolgono con la Nintendo Wii è veramente buona per la salute. Legislare ciò che bambini ed adulti fanno col loro tempo libero è spesso corroborata dalle analisi di "esperti" con i loro consigli. Perciò tentare di regolare i videogiochi non avrà nessuna importante implicazione per la nostra sicurezza e libertà.

L'effetto dei videogiochi basati sul crimine non è tanto ovvio come di solito suggerito. Lo stesso ospite menzionò che i perpetratori delle sparatorie nella scuola di Columbine nel 1999 erano videogiocatori incalliti e riferì che, secondo alcune voci, uno di quelli implicati nel fatto creò una simulazione della loro scuola usando un'editor di mappe di un FPS (sparatutto in prima persona). Statisticamente le persone che giocano a giochi violenti sono anche quelli più inclini a commettere atroci delitti rispetto ad altri ed alcuni esperti deducono da questa connessione che i videogiochi violenti incoraggiano ad essere violenti. Guardando la faccenda da questo lato, il tutto sembra chiaro.

Comunque, semmai ci sia qualcosa di reale, il rapporto casuale tra videogiochi e violenza, o più che rapporto meglio dire correlazione, è una questione più profonda e più complessa. Per esempio, un'altra plausibile spiegazione potrebbe essere che le persone che presumibilmente possono commettere crimini, sono anche presumibilmente attratte dalla violenza dei videogiochi. Dunque, ciò che osserviamo è semplicemente una correlazione, con entrambi i fenomeni che potrebbero essere spiegati da un comune terzo fattore.

L'ipotesi che i videogiochi possano causare crimini è complicata oltre dall'idea che i videogiochi violenti potrebbero realmente servire come una sostituzione per un crimine violento -- cioè, le persone che probabilmente possono commettere crimini violenti potrebbero essere in grado di "regolare" la loro violenza giocando ai videogiochi invece di commettere crimini. La regolazione dei videogiochi quindi curerebbe un sintomo della malattia, non la malattia stessa. In più se i viodeogiochi sono di fatto una sostituzione per la violenza nella vita reale, la regolazione dei giochi potrebbe anche costituire un peggioramento della violenza stessa.

Studi sulla relazione tra pornografia e stupro suggeriscono che questa tesi è più plausibile di quanto possa sembrare a primo sguardo. Studi empirici separati di Winal Wongsurawat e Todd Kendall mostrerebbero che l'aumentato accesso alla pornografia verosimilmente condurrebbe a riduzioni nei tassi di divorzi e stupri. Wongsurawat cita la disponibilità di cassette postali, le quali aumenterebbero l'accesso a riviste pornografiche ma non avrebbero un effetto indipendente sui crimini, per identificare l'effetto della pornografia sui crimini sessuali e sui divorzi. Kendall guarda specificamente alla diffusione della pornografia in internet e mostrerebbe come l'accesso ad internet e (presumibilmente) alla pornografia su internet siano associati con la riduzione dei crimini sessuali. L'ipotesi di Kendall che questa sia una relazione casuale è rafforzata dal fatto che l'effetto raddoppia per crimini commessi dal gruppo, il cui consumo di pornografia è per la maggiore dettato da un accesso ad internet: giovani maschi che vivono coi loro genitori.

Non sono a conoscenza di alcuno studio che usa simili metodi per analizzare l'effetto dei videogiochi sul crimine. Comunque se le persone stanno per chiedere restrizioni sulla libertà l'onere della prova spetta a loro, di dimostrare che la loro relazione ipotizzata è vera ed assai diffusa al punto da scatenare preoccupazione per la faccenda. Pertanto se è mostrato che videogiochi violenti portano a commettere crimini, il caso per un intervento governativo è complicato da questioni di misura, faccende di libertà personale e privacy, e la tendenza alla regolazione porta sempre a più regolamentazione.

Scegliendo un approccio "quando vedo, credo" per identificare il livello di inaccettabilità della violenza nei videogiochi -- come gli standard generalmente usati per determinare la pornografia -- potrebbe introdurre sostanziale insicurezza sulle decisioni di produzione, perchè non ci sono parametri oggettivi che la possano definire "accettabile" o "inaccettabile". Regole fatte dai politici sono anche soggette a manipolazione politica ed il gioco del gatto e del topo, a cui giocano regolatori e regolati per creare regolamentazioni ed evaderle poi, è sempre dietro l'angolo. Ciò porterà al dispendioso consumo di risorse ed a più invasione della libertà individuale, come gli attuali parametri standard sono contestati.

Tentare di regolare beni culturali come i videogiochi potrebbe coinvolgere molto di più che solo considerazioni sulle libertà individuali. Regolamentazioni che limitano l'accesso alla pornografia, per esempio, potrebbero verosimilmente aumentare problemi sociali che sono intesi ad essere corretti. Regolamentazioni che limitano l'accesso a videogiochi violenti potrebbero avere lo stesso effetto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


sabato 24 luglio 2010

Contadini, sollevatevi! I Croquant del 17esimo secolo


Un'esempio dalla storia di come le persone all'epoca avevano a cuore la propria autonomia ed indipendenza, lottando con unghie e denti contro l'invasività di uno Stato centralizzatore e le relative tasse opprimenti.
Una preziosa lezione di cui fare tesoro.

Questo articolo è un'estratto de "An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, vol. 1, Economi Thought before Adam Smith". Un file mp3 di questo articolo, letto da Jeff Riggenbach, è disponibile per il download.
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di Murray N. Rothbard

I re francesi del diciassettesimo secolo ed i loro tirapiedi non imposero un fardello incalzante di assolutismo senza provocare una profonda, pesante e continua opposizione. Infatti ci furono ripetute ribellioni da parte di gruppi di contadini e nobili in Francia dal 1630 al 1670. Generalmente il motivo del malcontento e della sommossa era l'innalzamento delle tasse, come anche la perdita di diritti e privilegi. C'erano anche ribellioni simili in Spagna nella metà del secolo e nell'autocratica Russia attraverso tutto il diciassettesimo secolo.

Si considerino, per esempio, le rimostranze dei contadini nella prima grande ribellione francese del diciassettesimo secolo, la rivolta dei croquant (letteralmente, "croccanti") nel 1636 nel sud ovest della Francia. La ribellione dei croquant fu aggravata da un'immediato quasi-raddoppio di imposte dirette sulla classe contadina per raccogliere fondi per la guerra contro la Spagna. L'intendente La Force, mandato ad investigare sui disordini, riferì circa i risentimenti e le richieste dei contadini. I contadini concetravano l'attenzione sull'eterna ed incalzante aumento della tassazione. Indicarono che sotto il regno di Enrico IV più tasse fossero state riscosse rispetto a qualsiasi altro precedente regno della monarchia e che in due anni di regno di Luigi XIII pagarono di più che in tutti gli anni di Enrico IV.

I contadini protestavano anche perchè gli esattori delle tasse si portarono via i loro bovini, vestiti ed utensili, soltanto per coprire i costi dell'aplicazione della tassazione, cosìcche l'ammontare principale delle tasse non potesse essere ridotto. Il risultato fu un disastro. Privati dei loro mezzi di lavoro, i contadini furono forzati a lasciare i loro campi incolti ed anche lasciare le loro antiche terre per mendicare il pane. In una lettera al suo superiore La Force si sentiva obbligato ad appoggiare le loro proteste: "Monseigneur, non è che non sono toccato da un sentimento naturale di grande compassione, quando vedo l'estrema povertà in cui queste persone vivono".

I contadini obiettavano che loro non erano dei sovversivi; loro avrebbero voluto pagare le vecchie tasse ordinarie, fu l'introduzione dei nuovi aumenti ad essere rigettata. Le nuove tasse dovevano essere imposte solo in casi di estrema emergenza e poi solo dagli Stati Generali (che non si erano visti sin dal 1615 e non si sarebbero visti fino alla vigilia della Rivoluzione Francese). Come cittadini delusi da tutto e tutti, i contadini non incolparono il re per le loro condizioni ma i suoi ministri malvagi e tiranni, che avevano lasciato che il sovrano andasse fuori strada. I contadini insistevano che erano stati costretti a ribellarsi in modo che "le loro urla potessero raggiungere l'orecchio del re stesso e non più solo quello dei suoi ministri, che lo consigliarono male". Sia esso presidente o monarca, è conveniente per il dirigente preservare la sua popolarità deviando proteste ed ostilità su consiglieri e primi ministri che lo circondano.

Ma nonostante le sfortunate limitazioni, i croquant avevano il senno e lo spirito pari a zero per quanto riguardava il mito dell' "interesse pubblico" propagandato dai ministri reali. I contadini dichiararono che i "bisogni dello Stato" erano solo un "pretesto per far arricchire una minoranza di persone" -- gli odiati appaltatori di tasse, che avevano comprato il privilegio dalla corona di riscuotere le tasse, le quali finivano nelle loro tasche; e le "creature dell'uomo che governava lo Stato", ovvero Richelieu e la sua cerchia. I contadini chiedevano l'abolizione dei sussidi ai cortigiani, come anche i salari di tutti quegli ufficiali creati da poco.

L'anno successivo, il 1637, i croquant della vicina regione di Périgord si sollevarono in protesta. Rivolgendosi al re Luigi XIII, la Comune di Périgord mise in chiaro le sue ragione della rivolta: "Sire...abbiamo fatto un passo inusuale nel modo in cui abbiamo espresso le nostre rimostranze, ma questa è l'unica via in cui possiamo essere ascoltati da Sua Maestà". La loro incrementante rimostranza era contro gli appaltatori di tasse e gli esattori delle tasse ufficiali, che "hanno mandato tra di noi un migliaio di ladri che mangiano la carne dei poveri agricoltori fino alle ossa e sono stati loro a forzarli a prendere le armi, cambiando i loro vomeri con spade, in modo da chiedere a Vostra Maestà giustizia oppure morire da uomini".

Scossa dalla ribellione, la Corona organizzò i suoi leali servitori. Il tipografo reale, F. Mettayer, pubblicò un'esposto da parte degli "abitanti della città di Poitiers", in cui si denunciava la "sediziosa" Comune di Périgord. Gli uomini di Poitiers dichiaravano che "noi sappiamo, come cristiani e leali francesi, che la gloria dei re è di comandare, mentre la gloria dei cittadini, chiunque essi siano, è di obbedire in tutta umiltà e cosciente sottomissione...seguendo il comando espresso da Dio". Tutte le persone di Francia sapevano che il re era la vita e l'anima dello Stato. Il re era direttamente guidato dallo Spirito Santo, ed in più, "dalle decisioni sovrumane della vostra mente reale e dai miracoli compiuti nel vostro felice regno noi percepiamo distintamente che Dio tiene il vostro cuore nella sua mano". C'era solo un'ulteriore spiegazione per la ribellione, conclusero i fedeli di Poitiers: i ribelli dovevano essere degli strumenti di Satana.

Non tutti i cattolici furono d'accordo, nemmeno il clero cattolico di Francia. Nel 1639 una ribellione armata scoppiò in Normandia basandosi su due motivi: un'opposizione ad una tassazione oppressiva ed una richiesta d'autonomia per la Normandia, come contrasto al regime centralizzato parigino. Era un movimento multiclasse di gente relativamente povera, raggruppata in un' "armata della sofferenza" e si facevano chiamare Nu-Pieds -- gli scalzi --, dopo che i venditori di sale nella regione sud-occidentale normanna di Avranches camminarono scalzi sulla sabbia. Il generale dell'armata era un figura leggendaria chiamata Jean Nu-Pieds; l'effettivo direttorato dell'armata era composto da quattro preti dell'area di Avreanches, dei quali il leader era Padre Jean Morel, prete parigino di Saint-Gervais. Morel si faceva chiamare "Colonnello Dune di Sabbia", ma era un poeta propagandista come anche un comandante dell'armata. Nel suo "manifesto all'Alto Insuperabile Capitano Jean Nu-Pieds, Generale dell'armata della Sofferenza", indirizzato contro gli "uomini arrichitisi dalle loro tasse", Padre Morel scrisse:

«Ed io, dovrei io lasciare le persone a languire

Al di sotto del tallone della tirannia e permettere ad una folla di stranieri [non normanni]

Di opprimere queste persone giornalmente con le loro imposte?»


Il riferimento a "stranieri" mostrava la continua forza dei movimenti nazionali particolaristi o separatisti in Franzia, ed in questo caso della Normandia. I normanni ed i movimenti dei croquant si stavano sollevando contro l'imperialismo centralizzato di Parigi imposto solo da poco su nazioni indipendenti o autonome, come anche contro la stessa tassazione elevata.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


venerdì 23 luglio 2010

Fondamenti base dell'economia Austriaca

Segnalato da un amico, condivido questa serie di slide che in pochi passaggi elencano le caratteristiche delle teorie della scuola Austrica e le sue posizioni su argomenti molto spesso equivocati:




[*] Fonte originale


Perchè non voto

Articolo illuminante che illustra in poche righe contraddizioni ed angherie del sistema democratico che nostro malgrado dobbiamo quotidianamente sciropparci.
In questo panorama il "non-voto" diventa un'azione di partenza, fondamentale, per l'emancipazione personale.
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di Robert P. Murphy


Oggi è appropriato che io sintetizzi le ragioni per cui non voto. In parole povere, la democrazia è un sistema ripugnante e ridicolo e quindi non ho alcun obbligo etico per votare. E poi il mio voto da solo quasi certamente non avrà alcun effetto sulle elezioni e per questo non ho nessun interesse pragmatico nel votare. Quindi, perché dovrei fare qualcosa di moralmente incerto se nemmeno fa qualche differenza?

Anche se sono sicuro che si sia già sentito qualcosa di simile prima, rivediamo proprio perché il singolo voto NON conta. Affinché il voto possa fare qualche differenza (nella corsa presidenziale), l'elezione in uno Stato dovrebbe essere decisa con un margine esattamente di uno. In altre parole, si metta il caso che uno non vota. Se il candidato che vince in quello Stato lo fa con un margine di due o più persone, allora la tua decisione di astenerti non è valsa a nulla.

Ma la cosa peggiora. Si pensi contro tutte le bizzarrie che nel tuo Stato il voto popolare si risolva in un pareggio, considerando anche tutti gli altri votanti, e poi tu assegni il voto decisivo a favore del tuo candidato (sappiamo già che un'eventualità simile non accadrà mai). Anche così il tuo voto influisce solo sull'identità del presidente successivo, se il margine nel collegio elettorale è abbastanza vicino affinché il tuo Stato decida per l'esito.

OK, ora dovrei disporre di alcune obiezioni obbligatorie.

* "Ciò non ha senso. Se si dice con non è razionale votare, allora nessuno dovrebbe votare. Ma poi tu vai a candidarti come presidente. Allora poi tutti dovrebbero votarti. Duh, voi economisti siete stupidi".
=> No, non c'è nulla di male a fare un'analisi tra costi/benefici, a patto che l'elaborazione tra costi e benefici sia fatta correttamente. La ragione per cui sono praticamente sicuro che il mio voto non influenzerà l'esito delle elezioni, è che sono praticamente sicuro che milioni di americani voteranno stupidamente. Quando Free Advice guadagnerà 10 milioni di lettori giornalieri, forse rivedrò le mie previsioni sugli aderenti al voto.

(Tecnicamente si può provare a costruire un modello formale con la "strategia combinata" del simmetrico equilibrio di Nash; chiunque è indifferente nel votare o meno e, di conseguenza, ognuno che lo desideri è in grado di scegliere una strategia di voto con una probabilità X, dove X è molto piccolo. Così X volte l'intera popolazione significa che ci si aspetta una certa somma di persone che si presentino e votino, e questa aspettativa è già sufficiente a renderti indifferente. Ma nel mondo reale non siamo regolati dall'equilibrio di Nash (almeno), non se tutti abbiano un tornaconto nell'influenzare l'esito delle elezioni -- quindi traggo rigorosamente più vantaggio non votando. Dovrei aggiungere anche che non vedo il mondo come se fossi "in" un modello teorico di gioco, sto solo mostrando che non c'è niente di contraddittorio circa la struttura analitica).

* "Come sarebbe se tutti la pensassero come te?"
=> Se tutti la pensassero come me sarebbe grandioso. Nessuno voterebbe e così 535 persone a Washington DC direbbero "Mandateci metà dei vostri stipendi cosicché possiamo bombardare le persone e salvare le banche", sarebbe un gioco divertente. Se si vuole fare un accordo kantiano e scegliere le azioni che uno desidera che gli altri prendano, allora perché votare per una persona che già si ammette sia il "minore dei due mali"? Non ha alcun senso. Un conto sarebbe compiere un'azione moralmente odiosa affinché fornisca benefici tangibili ed utili; per esempio, far deviare un autobus cosìcche colpisca 3 persone invece che 30. Ma perché partecipare nella votazione di un tizio che commetterà atti malvagi, quando la tua partecipazione non fa niente per limitare quella malvagità? Se si pensa che Obama/McCain sia il peggior candidato, il voto per McCain/Obama non farà nulla per frenarlo. Obama/McCain potrebbe vincere/perdere con o senza il vostro voto, con una sicurezza stimata al 99,9999%.

* "Se non voti, allora non hai nessun diritto a lamentarti del nostro governo".
=> Questa è la scemenza più cretina che abbia mai sentito e c'è una grande competizione in questa categoria. Siamo tutti d'accordo che il nostro governo è diretto da bugiardi e ladri, giusto? OK, allora come ci arrivano lì? Perché è chi vota che ci li mette lì. Quindi mi state dicendo che sono molto più responsabile per quelle persone orribili a Washington rispetto alle persone che li hanno praticamente votati?

* "E' a causa dell'apatia di persone come te che il nostro sistema non funziona propriamente".
=> Questo è legato all'obiezione di sopra. Mi piacerebbero le persone che credono in ciò, proprio per riflettere sulle implicazioni di frasi come questa. Ciò vuol praticamente dire che le persone che votano sono (in generale) babbei e/o malvagi, mentre le persone che non votano sono (in generale) sagge e virtuose. Dovete crederci, se si sostiene che l'aumento della percentuale dei votanti possa migliorare i politici andremo a finire male. Vi ringrazio per le belle parole, ma penso che siete in errore. Se (come in alcuni paesi) il governo forza le persone a votare, non penso che i nostri politici diventerebbero di colpo uomini (e donne) di Stato onesti. La ragione per cui la democrazia produce risultati terribili è perché è un sistema ridicolo, ripugnante, e non perché noi siamo troppo pigri per "farla funzionare".


PERCHÉ LA DEMOCRAZIA È UN SISTEMA RIDICOLO, RIPUGNANTE
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Chiuderò con la difesa di queste parole dure. Immagina di dover riparare i tuoi freni rotti, ma tu non abbia il permesso di chiamare la compagnia per fare questo lavoro. Invece c'è un'elezione per scegliere il meccanico della città e tutti nella vostra città hanno l'opzione di votare e decidere quale persona debba riparare i tuoi freni. Quella persona può anche decidere poi quanto farti pagare e tu nemmeno puoi scegliere l'opzione di andare con l'autobus -- devi andare con la tua macchina ogni giorno dopo che il lavoro è stato ultimato. Vi piacerebbe un sistema come questo?

Se si è genitori, ne ho un'altra anche migliore. Mettiamo il caso che tu non possa scegliere chi faccia da babysitter a/ai tuo/tuoi figlio/figli, ma la scelta è presa dalla maggioranza che comanda. Se state ignorando ciò probabilmente non vi sta entrando in testa il concetto. Seriamente, immaginate che uno non possa controllare chi guardi suo/suoi figlio/figli, ma quei perfetti estranei hanno più voce in capitolo del genitore. E non solo questo, ma la rosa dei possibili candidati sarebbe ristretta a quei potenziali babysitter a cui non ci si è preoccupati di stilare un'indagine nelle loro vite di un intero anno, con i sostenitori di altri potenziali babysitter che danno adito a malevole voci e così via. Pensate che l'esito sarebbe buono? Oppure preferireste la libertà di poter scegliere il/la vostro/a babysitter, usando i vostri propri criteri?

Bè spero che ora possiate vedere ciò che intendevo quando ho detto che la democrazia è un sistema ridicolo e ripugnante. E' vero, potreste ribattere che ci sono alcune cose come la difesa nazionale o il sistema legale dove praticamente è impossibile avere quella libertà, che, siamo tutti d'accordo, è ideale nei casi come la riparazione dei freni o l'ingaggio di un/una babysitter. Se questo è il vostro punto di vista, vi incoraggio a vedere questo pamphlet [in pdf].

In conclusione, io non voto perché non vedo nessuna ragione per cui partecipare alla consacrazione collettiva di qualcuno che violerà i diritti di proprietà e finirà con uccidere persone innocenti, quando il mio voto non ha nemmeno la più flebile possibilità di influenzare l'esito della votazione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


Come ci si ribella dentro una gabbia?





di Johnny Cloaca


Stasera riflettevo su come fosse facile comandare una mandria con una bacchetta e dei fogli di carta. Su come fosse facile privare qualcuno delle virtù fondamentali della sua esistenza, costringendolo ad arrabattarsi con mille voli pindarici per compensare la voragine che suo malgrado si è trovato a fronteggiare. Ma nonostante si tenti compulsivamente di riuscire in questo compito, il fine non viene mai raggiunto.

A quel punto un'immagine nella folla di alcuni "individui" che si litigavano un mero oggetto, pregno del materialismo più becero, mi ha fatto tornare alla memoria un pensiero che condivisi su un altro forum:

«[...] L'atteggiamento di cui parli fa sempre parte del grande progetto democratico. Altrimenti da tempo le poltrone sarebbero volate per aria. C'è troppo da perdere, ciò che deteriora la volontà di prendere a randellate chi ci spacca la schiena dalla mattina alla sera sono le illusioni a buon mercato con cui sono state abbelite le nostre gabbie. Come puoi ribellarti dentro una gabbia? Siamo riusciti ad abbellirla così tanto che assomiglia ad una casa confortevole, ma alla fine della fiera è un monolocale celebrale fatto di mattoni su mattoni.

Siamo solo lo specchio delle nostre cose, esseri consumatori compulsivi. E come mai questo consumismo ha attecchito così bene nell'indole umana? Siamo pazzi? Oppure siamo stati privati di qualcosa? La rimozione di ciò ha lasciato un vuoto enorme e per colmarlo facciamo di tutto; ma la brutta notizia è che non si riempirà mai, perchè la cosa tolta è così grande e fondamentale per l'essere umano che al confronto le buche keynesiane si riempirebbero con un cucchiaino.

E visto che chi si preoccupa di mantenere i gioghi non è scemo, ha ideato sapientemente un luogo in cui rimbecillire l'essere umano. Inutile dire che il martellamento della giovane materia celebrale è irrimediabilmente pericoloso al fine del libero pensiero (fortunatamente non in tutti i casi), la deresponsabilizzazione è solo una inevitabile conseguenza.

Con queste premesse, come ci si ribella dentro una gabbia?

Per quanto mi riguarda cerco il più possibile di rifiutare il pastone dei carcerieri....ma per tanti che cercano di vivere dignitosamente, ce ne sono tanti altri che richiedono fervidamente il bis della sbobba giornaliera".»

Siamo ancora consci? Perchè azzannarsi la gola a vicenda, quando chi muove le fila degli arti, delle gambe e, soprattutto ormai, della testa nella massa sguazza nel proprio potere, acquisito legittimamente come democrazia comanda. Chi è in carcere vorrebe vedere anche gli altri nella stessa condizione...ed eccovi accontentati! Tutti nel fango, e di forza anche; i porci ormai hanno dimore di diamanti ed il resto della fattoria gode nel marcire nella propria commiserazione.
Abbiamo abbandonato i nostri corpi tempo fa, troppo interessati a volere i paradisi degli altri, aspettando il messia di turno che a buon mercato ci offre uno spiraglio di luce dalla gabbia, che ci acceca e ci fa ignorare che quella finestra ha ancora le sbarre.

Ormai è tardi? Non lo so, ma finchè le persone lasceranno i loro problemi nelle mani di chicchessia (ed incazzandosi anche con loro perchè non glieli risolvono), l'artificilità di questa messinscena continuerà ad oltranza consentendo ai nostri carcerieri di disporre della chiave delle varie celle; rubando, di conseguenza, anima e corpo alle persone che disperate combattono, futilmente, battaglie contro un muro di mattoni.


giovedì 22 luglio 2010

La cospirazione della Marijuana: la ragione per cui la canapa è illegale


Se ne è parlato molto, se ne parla e se ne parlarà. Ma il problema è proprio questo: se ne parla come? Preconcetti e pregiudizi ogni volta che si introduce appena l'argomento. Il muro di cinta propagandato da oltre 80 anni regge ancora...e bene anche.

Ma come "qualcuno" diceva, l'informazione rende liberi.



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di Doug Yurchey


Dicono che la marijuana sia pericolosa. L'erba non è nociva al corpo o alla mente umana. La marijuana non rappresenta un modello che può minacciare il pubblico. La marijuana è più una minaccia per le compagnie petrolifere, l'alcohol, le industrie del tabacco ed un grande numero di corporazioni chimiche. I grandi affari, seguiti da vagonate di denaro e propaganda, hanno insabbiato la verità alle persone. La verità è che se la marijuana fosse utilizzata nella sua vasta esposizione di prodotti commerciali, potrebbe costituire una bomba atomica industriale! I super ricchi hanno cospirato per diffondere disinformazione circa la pianta che , se usata propriamente, distruggerebbe le loro compagnie.

Da dove la parola "marijuana" deriva? Nel 1930 la parola con la M fu creata per infangare la buona immagine e la storia fenomenale della canapa -- come leggerete. I fatti citati qui, con i riferimenti, sono ampiamente verificabili nell'Encilopedia Britannica che fu stampata sulla canapa da oltre 150 anni:

  1. Tutti i libri di scuola furono creati dalla canapa o dal lino fin al 1880. (Jack Frazier, Hemp Paper Reconsidered, 1974)


  2. Era legale pagare le tasse con la canapa in America dal 1631 fino ai primi anni del 1800. (LA Times, 12/8/1981)


  3. Rifiutarsi di coltivare la canapa in America durante il 17esimo ed il 18esimo secolo era contro la legge! Si poteva anche andare in prigione in Virginia per aver rifiutato di coltivare la canapa dal 1763 al 1769. (G.M. Herdon, Hemp in Colonial Virginia)


  4. George Washington, Thomas Jefferson e gli altri padri fondatori coltivavano la canapa. (Diari di Washington e Jefferson; Jefferson contrabbandava i semi di canapa dalla Cina alla Francia e poi in America)


  5. Benjamin Franklin possedeva uno dei primi mulini per la carta in America ed in esso trattava la canapa. Anche la guerra del 1812 fu combattuta per la canapa. Napoleone voleve tagliare le esportazioni di Mosca all'Inghilterra. (Jack Herer, Emperor Wears No Clothes)


  6. Per migliaia di anni il 90% di tutte le corde e le vele delle navi era fatto di canapa. La parola "canvas (grossa tela di canapa)" significa cannabis in olandese. (Webster's New World Dictionary)


  7. L'80% dei materiali tessili, dei vestiti, delle stoffe, dei fili, delle lenzuola, dei tendaggi, etc. era fatto di canapa fino al 1820, quando fu introdotto il cotone.


  8. Le prime bibbie, mappe, carte nautiche, la bandiera di Betsy Ross (la creatrice della prima bandiera americana), le prime bozze della Dichiarazione d'Indipendenza e della costituzione furono create dalla canapa. (Archivi Governativi degli Stati Uniti)


  9. Il primo raccolto che cresceva in molti Stati era quello della canapa. Nel 1850 fu un anno in cui il Kentucky raggiunse il picco di 40,000 tonnellate. La canapa era la più grande coltura di vendita immediata fino al 20esimo secolo. (Archivi di Stato)


  10. I più vecchi dati conosciuti di coltivazione della canapa risalgono a 5000 anni fa in Cina, anche se l'industrializzazione della canapa probabilmente risalirebbe agli antichi egizi.


  11. I quadri di Rembrandt, Van Gogh, Gainsborough, come anche la maggior parte dei primi dipinti su tela, erano principalmente ritratti su tela di canapa e lino.


  12. Nel 1916 il governo degli Stati Uniti predisse che dal 1940 tutti i fogli di carta sarebbero derivati dalla canapa e che nessun altro albero sarebbe dovuto essere abbattuto. Studi governativi riferiscono che 1 acro di canapa equivale a 4,1 acri di alberi. Progetti erano in opera per attuare simili programmi. (Archivi del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti)


  13. Colori e vernici di qualità erano derivati dall'olio dei semi di canapa fino al 1937. 58,000 tonnellate di canapa furono usate in America per prodotti coloranti nel 1935. (Testimonianza della Sherman Williams Paint Co. davanti il Congresso degli Stati Uniti contro la tassa sulla marijuana nel 1937)


  14. Il primo modello-T di Henry Ford fu costruito per camminare con carburante derivato dalla canapa e la stessa macchina fu costruita con la canapa! Nella sua grande tenuta, Ford fu fotografato tra i suoi campi di canapa. La macchina, "cresciuta dal terreno", aveva pannelli in plastica derivati dalla canapa che avevano una resistenza agli impatti 10 volte superiore all'acciaio. (Popular Mechanics, 1941)



15. Nel 1938 la canapa era chiamata "raccolto da miliardi di dollari". Era la prima volta che una coltura di vendita immediata aveva un giro d'affari che potenzilamente sforava il miliardo di dollari. (Popular Mechanics, febbraio 1938)
16. Il Mechanical Engineering Magazine (febbraio 1938) pubblicò un articolo intitolato "Il più desiderabile e redditizio raccolto che possa essere coltivato". Dichiarava che se la canapa fosse stata coltivata usando la tecnologia del 20esimo secolo, sarebbe stata l'unico grande raccolto agricolo negli Stati Uniti e del resto del mondo.

La seguente informazione deriva direttamente dal Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, un film di 14 minuti del 1942 che incoraggia ed istruisce "i patriottici contadini americani" al fine di far crescere 350,000 acri di canapa ogni campi per sostenere gli sforzi di guerra:
«...[Quando] i templi greci erano nuovi, la canapa era già vecchia negli usi dell'uomo. per migliaia di anni, ed anche dopo, questa pianta è stata coltivata per cordame e vestiti in Cina ed in altri luoghi dell'oriente. Per secoli precedentemente il 1850, tutte le navi che salpavano per i mari occidentali erano attrezzate con corde e vele di canapa. Per il marinao, e nondimeno per il boia, la canapa era indispensabile...Ora con le fonti di canapa delle Filippine e dell'India orientale in mano ai giapponesi...la canapa americana deve incontrare i bisogni del nostro esercito e della nostra marina...La marina rapidamente sta diminuendo le sue riserve. Quando ciò sarà fatto, la canapa americana andrà in missione di nuovo; canapa per le navi ormeggiate; canapa per i cavi da rimorchio; canapa per equipaggiamento ed abiti; canapa per gli innumerevoli usi navali sia sulle stesse navi che sulla costa. Proprio come nei giorni in cui la Old Ironsides solcava i mari vittoriosa con i suoi manti di canapa e vele di canapa. Canapa per la vittoria!»

Una prova certificata dalla biblioteca del Congresso, trovata dalle ricerche di Jack Herer, confuta le dichiarazioni di altre agenzie del governo secondo cui il film del 1942, Canapa per la vittoria, non esisteva:



La coltivazione e la produzione di canapa non fanno del male all'ambiente. Il bollettino USDA #404 concluse che la canapa produce quattro volte tanta pasta di cellulosa, con almeno dalle 4 alle 7 volte meno inquinamento.

Da Popular Mechanics, febbraio 1938:
«Ha una crescita stagionale breve...Può crescere in ogni Stato...Le lunghe radici penetrano e rompono il terreno per lasciarlo poi in perfette condizioni per il raccolto dell'anno successivo. Il fitto fogliame, dagli 8 ai 12 piedi al di sopra il terreno, soffoca le erbaccie...La canapa, questo nuovo raccolto può aggiungere inconmensurabile ricchezza all'agricoltura ed all'industria americana". Nel 1930, le innovazioni nei macchinari agricoli avrebbero scatenato una rivoluzione industriale qualora applicati alla canapa. Questa singola risorsa avrebbe potuto creare milioni di nuovi lavori generando migliaia di prodotti di qualità. la canapa, se non fosse stata resa illegale, avrebbe condotto l'America fuori dalla grande Depressione.»


LA COSPIRAZIONE


William Randolph Hearst (Citizen Kane) e la Hearst Divisione Manifatturiera della Carta di Kimberly Clark possedevano vasti acri di terreno piantato ad alberi da legname. La Hearst Company riforniva la maggior parte dei prodotti in carta. Il nonno di Patty Hearst, un demolitore della natura per suo profitto personale, stava perdendo miliardi a causa della canapa.

Nel 1937 DuPont brevettò i processi per fare la plastica dal petrolio e dal carbone. Il Rapporto Annule di DuPont stimolava gli azionisti ad investire nella sua nuova divisione petrolchimica. Materiali sintetici come plastiche, celophane, celluloide, nylon, raion, dacron, etc. potevano ora essere fatti con il petrolio. L'industria naturale della canapa avrebbe rovinato circa l'80% degli affari di DuPont.

Andrew Mellon divenne il Segretario del Tesoro di Hoover ed il primo investitore di DuPont. Egli nominò il suo futuro nipote, Harry J. Anslinger, capo del Federal Bureau dei narcotici e delle droghe pericolose.

Incontri segreti si tennero tra questi tifoni finanziari. La canapa fu dichiarata pericolosa ed una minaccia per le loro imprese miliardarie. Affinchè le loro dinastie rimanessero intatte, la canapa sarebbe dovuta sparire. Questi uomini presero un'oscura parola dialettale messicana: "marijuana" e la spinsero dentro le coscienze degli americani.


LA MANIPOLAZIONE DEI MEDIA

Una guerra mediatica di "giornalismo di cronaca" iniziò tra il 1920 ed il 1930. I giornali di Hearst pubblicavano storie che enfatizzavano gli orrori della marijuana. La minaccia della marijuana divenne il titolo principale. I lettori impararono che era responsabile per tutto dagli incidenti d'auto alla perdita della moralità.

Film come Reefer Madness (1936), Marijuana: Assassin of Youth (1935) e Marijuana: the Devil's Weed (1936) furono concepiti dalla propaganda di questi industriali per creare un nemico. Il loro scopo era quello di guadagnarsi il favore del popolo cosìcche leggi contro la marijuana potessero passare.

Si esaminino le seguenti citazioni da The Burning Question (conosciuto anche come Reefer Madness):
  • un violento narcotico;
  • atti di estrema violenza;
  • pazzia incurabile;
  • effetti deleteri sull'anima;
  • sotto l'influenza della droga ha ucciso la sua famiglia con un'ascia;
  • più malefica, più mortale anche delle altre droghe deleteree per l'anima (eroina, cocaina) è la minaccia della marijuana!
Reefer Madness non finiva col classico titolo "fine". Il film si concludeva con queste parole a caratteri cubitali: "Ditelo ai vostri bambini".

Nel 1930 le persone erano molto ingenue, perfino ignoranti. Le masse erano come pecore in attesa di essere condotte dai pochi al potere. Non contrastavano l'autorità. Se le notizie fossero stampate o dette alla radio, credevano automaticamente che fossero vere. Lo dissero ai loro figli e questi crebbero divenendo genitori babyboomer.

Il 14 aprile 1937 la tassa proibitiva sulla marijuana, o per meglio dire la legge che rese fuorilegge la canapa, fu direttamente portata alla Commissione House Ways and Means. Questa commissione è l'unica che può introdurre una legge alla Camera senza che essa possa essere dibattuta da altre commissioni. Il presidente del Senato statunitense, della Commissione Ways and Means, che al tempo era Robert Doughton, era un sostenitore di DuPont. Assicurò che la legge sarebbe stata approvata dal Congresso.

Il dottor James Woodward, un medico ed avvocato, testimoniò troppo tardi per conto dell'Associazione Medica Americana. Disse alla commissione che la ragione per cui l'AMA non aveva denunciato tempestivamente la tassa sulla marijuana, era perchè l'associazione aveva da poco scoperto che la marijuana era la canapa.

Poche persone, all'epoca, riconobbero che la minaccia mortale di cui lessero sui titoli di prima pagina dei giornali Hearst era in realtà l'innocua canapa. L'AMA capì che la cannabis era quella medicina che si trovava in numerosi prodotti curativi venduti nell'arco degli ultimi cento anni.

Nel settembre del 1937 la canapa divenne illegale. Il raccolto più utile conosciuto divenne una droga ed il nostro pianeta da allora ne ha sofferto.

Il Congresso proibì la canapa perchè si diceva che fosse la droga più scatenante violenza conosciuta. Harry Anslinger, capo della Commissione sulla Droga per 31 anni, promosse l'idea che la marijuana facesse diventare le azioni dei suoi utilizzatori estremamente violente. Nel 1950, sotto la minaccia comunista del McCartismo, Anslinger disse l'esatto opposto: la marijuana pacificherebbe a tal punto che i soldati non avrebbero voglia di combattere.

Oggi il nostro pianeta è in guai tremendi. La Terra sta soffocando man mano che larghi tratti di foresta pluviale scompaiono. Inquinamento, veleni ed agenti chimici stanno uccidendo le persone. Questi grandi problemi potrebbero essere risolti se si industrializzasse la canapa. le biomasse naturali potrebbero provvedere ai bisogni d'energia di tutto il pianeta che al momento sono riforniti da carburanti fossili. Abbiamo consumato l'80% delle nostre riserve di gas e petrolio. Abbiamo bisogno di risorse rinnovabili. La canapa potrebbe essere la soluzione all'incremento dei prezzi del gas.


LA PIANTA MERAVIGLIOSA

La canapa ha una qualità migliore di fibre rispetto a quelle del legno. Molte meno sostanze chimiche pericolose sono richieste per fare la carta dalla canapa rispetto a quella fata con gli alberi. La carta di canapa non diventa gialla ed è molto durevole. La pianta cresce a maturazione velocemente ed in una stagione, mentre gli alberi ci impiegano una vita.

Tutti i prodotti di plastica dovrebbero essere fatti dall'olio del seme della canapa. Le plastiche di canapa sono biodegradabili! Nel tempo si romperebbero e non danneggerebbero l'ambiente. Le plastiche fatte col petrolio, quelle con cui abbiamo molta familiarità, aiutano a distruggere la natura. Non si rompono col tempo e faranno grossi danni all'ambiente in futuro. Il processo per produrre i vari tipi di plastiche naturali (derivate dalla canapa) non rovinerebbero i fiumi come DuPont ed altre compagnie petrolchimiche hanno fatto. L'ecologia non rientra nei piani delle industrie petrolifere e dell'apparato politico. I prodotti di canapa sono sicuri e naturali.

Le medicine dovrebbero essere fatta con la canapa. Dovremmo ritornare ai giorni in cui l'AMA sosteneva le cure con la cannabis.La "marijuana medica" è venduta legalmente solo ad un pugno di persone mentre il resto di noi è forzato in un sistema che si basa su sostanze chimiche. L'erba rappresenta solo benessere per il corpo umano.

La fame nel mondo potrebbe aver termine. Una grande varietà di vettovaglie può essere generata dalla canapa. I semi contengono una delle più alte risorse di proteine in natura. Inoltre: hanno due essenziali acidi grassi che ripuliscono il nostro corpo dal colesterolo. Questi acidi grassi essenziali non si trovano da nessuna altra parte in natura! Consumare i semi della marijuana è la migliore cosa che possiate fare per il vostro corpo. Mangiate semi di canapa crudi.

I vestiti potrebbero essere fatti con la canapa. Capi d'abbigliamento in canapa sono estremamente resistenti e durano nel tempo. Potete lasciare i capi d'abbigliamento, fatti di marijuana, ai vostri nipoti. Oggi ci sono compagnie americane che fanno capi d'abbigliamento in canapa; di solito col 50% di canapa. I tessuti di canapa dovrebbero trovarsi ovunque. Invece sono per di più abusive. I prodotti superiori di canapa non hanno il permesso di pubblicizzare questa meraviglia nella televisione fascista.

Il Kentucky, che una volta era lo Stato con la più alta produzione di canapa, ha reso illegale vestire con abiti di canapa! Riuscite ad immaginare che potete essere incarcerati perchè indossate jeans di qualità?

Il mondo è folle. Ma ciò non significa che voi dovete unirvi sul carro dei pazzi. Unitevi. Diffondete la notizia. Dite alle persone, e ciò include anche i vostri figli, la verità. Usate prodotti di canapa. Eliminate la parola "marijuana". Capite la storia della sua creazione. Fate in modo che la parola con la M sia illegale da pronunciare e da scrivere. Combattete contro la propaganda (ideata per favorire i programmi dei super ricchi) e le stronzate! La canapa deve essere utilizzata nel futuro. Abbiamo bisogno di una risorsa di energia pulita per salvare il nostro pianeta. Industrializzate la canapa!

I liquori, il tabacco e le compagnie petrolifere spendono più di un milione di dollari al giorno in una collaborazione per un'America libera dalle droghe ed altre simili agenzie. Tutti noi abbiamo visto i loro spot pubblicitari. Ora, il loro motto è questo: "E' più pericoloso di quello che pensiamo". Bugie delle potenti corporazioni, che iniziarono con Hearst, sono ancora vive ed in buona salute oggi.

Il lavaggio del cervello continua. Ora gli spot pubblicitari dicono: se compri uno spinello, contribuisci agli omicidi ed alle guerre fre gang. L'ultimo spot pubblicitario anti-erba dice: se compri uno spinello...stai promuovendo i lterrorismo! Il nuovo nemico (il terrorismo) ha lastricato la strada per un lavaggio del cervello molto efficente da parte della loro propaganda.

C'è un solo nemico: le care persone a cui versate le vostre tasse, fautori di guerre e demolitori della natura. Con i vostri fondi stanno uccidendo il mondo proprio sotto i vostri occhi.

Mezzo milione di morti ogni anno sono causati dal tabacco. Mezzo milione di morti ogni anno sono causati dall'alcohol. Nessuno è mai, mai morto per aver fumato la marijuana!!

Nell'intera storia della razza umana, nemmeno un morto può essere attribuito alla cannabis. La nostra società ha reso fuorilegge l'erba ma permette l'uso di assassini: tabacco ed alcohol.

La canapa dovrebbe essere declassificata e piazzata nelle farmacie per alleviare lo stress. L'indurimento e la costrizione delle arterie sono due malanni seri, ma l'uso di canapa verosimilmente allarga le arterie, il che costituisce un benessere. Siamo stati talmente condizionati da pensare che il fumo sia privo di pericoli. Ciò non vale per quello passivo di marijuana.

L'ingestione di THC, il principio attivo della canapa, ha un effetto positivo: allevia i sintomi dell'asma e del glaucoma. Uno spinello tende ad alleviare la nausea causata dalla chemioterapia. Viene fame a mangiare la canapa. E' un modo sano di vivere.

[una nota personale. Durante la gravidanza di mia moglie, lei aveva qualche difficoltà a guadagnare peso. Andammo in ospedale. Un'infermiera ci chiamò da parte e ci disse: "Lasciate stare i dati, se fuma l'erba...poi prendi qualcosa da sgranocchiare e gudagnerai peso". Lo giuro questa è una storia vera.]

Lo stereotipo del fumatore di marijuana è simile a quello dell'ubriaco, che sciocchi. Ancora una volta la verità è che le abilità creative di una persona sono incrementate sotto l'influenza della stessa. La percezione del tempo rallenta leggermente e si diventa più sensibili. Potete apprezzare di più tutte le arti, sentirvi vicino alla natura e generalmente provare più sensibilità sotto l'influenza della cannabis. E', di fatto, lo stato di mente esattamente opposto a quello dell'ubriaco. Si è più attenti con la marijuana.

La marijuana è una pianta aliena. C'è un'evidenza fisica che la cannabis non sia come tutte le altre piante su questo pianeta. Uno potrebbe concludere che fosse stata portata qui per il bene dell'umanità. La canapa è l'unica pianta dove gli esemplari maschi appaiono in un modo e gli esemplari femmine appaiono in modo differente, fisicamente!

Nessuno parla mai di maschi e femmine nel regno vedetale perchè le piante non mostrano il loro sesso. Eccezion fatta per la cannabis. Per determinare, normalmente, che sesso una certa pianta terrestre abbia, bisogna guardare all'interno della stessa, nel suo DNA. Un filo d'erba maschio (fisicamente) assomiglia esattamente ad un filo d'erba femmnile. La pianta della canapa ha un'intensa sessualità. I coltivatori sanno come uccidere i maschi prima che fertilizzino le femmine. Si, ragazzi, l'erba più potente deriva dalle "donne allupate".

La ragione per cui questa incredibile, e molto sofisticata, pianta extraterrestre del futuro è illegale non ha niente a che fare con come interagisce con noi fisicamente.

La marijuana è illegale perchè i miliardari vogliono rimanere miliardari!

«E farò crescere per loro una pianta di grande fama e loro non saranno più consumati dai morsi della fame sulla terra." -- Ezechiele 34:29»

P.S. : penso che la parola "droga" non dovrebbe essere usata come una parola-ombrello che consideri tutti gli agenti chimici. Le droghe sono conosciute come qualcosa di cattivo. Sareste preoccupati se ci fossero negozi di droghe legali? Si, in ogni città. incredibile. Ogni cosidetta droga dovrebbe essere considerata singolarmente. La cannabis è una medicina e non una droga. Dovremmo osare e diffondere la verità, senza preoccuparsi di quello che dice la legge.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/