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venerdì 12 settembre 2025

La grande battaglia del nostro tempo non è Oriente contro Occidente, bensì globalisti contro sovranisti

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-battaglia-del-nostro-tempo)

Di recente mi è capitato di vedere questo video su uno dei bari più famosi in Italia. Niente di correlato con la mia attività divulgativa... almeno all'apparenza. Poi ho capito. Quando ho scritto i miei primi due libri, L'economia è un gioco da ragazzi e La fine delle fallacie economiche, ho esposto ai lettori le regole del gioco, quelle che tutti di base dovrebbero seguire. La metodologia Austriaca, da questo punto di vista, è ottima nella descrizione e nell'approccio. Ma rimane un mondo ideale, distaccato dalla realtà delle cose. Così come rimane distaccato dalla realtà il sito web del Mises Institute, poiché immagina che tutti seguano le regole del gioco e che queste ultime puniscano chi si discosta eccessivamente da esse. Infatti il problema è il tempo: quanto tempo passa prima di una correzione violenta e inarrestabile del sistema in questione? Non si sa... le stesse regole descritte con dovizia di particolari, logica e rigore si rivoltano contro chi le spiega dato che il tempo è un concetto fondamentale nell'analisi Austriaca.

E se barare fa parte dell'azione umana, bisogna prendere in considerazione questo aspetto nella propria metodologia d'indagine e analisi. Quindi ho innovato il modello iniziale e l'ho riproposto secondo la mia ottica, la mia evoluzione della teoria. L'ho condensato infine nell'ultimo libro pubblicato, Il Grande Default. L'ho applicato anche sul blog e su tutti gli spazi di divulgazione in cui opero, compreso questo, sin da quando, nel 2021, mi sono posto la domanda: “E se la FED stesse iniziando a proteggere il dollaro, adesso, piuttosto che distruggerlo?” Questa semplice domanda ha spiegato con coerenza tutti gli eventi successivi: il SOFR, il ciclo di rialzo dei tassi di Powell, i dazi, Tether, la liquidità dei titoli sovrani americani, l'inclusione di Bitcoin e oro a protezione del dollaro e dei Treasuries, ecc.

Il mio metodo, quindi, la mia lettura della realtà, la mia area di consulenza, non si pone come obiettivo l'arrogante e ridicola invettiva, con tanto di dito indice alzato e scosso nell'aria, di “far rispettare le regole”; invece rallenta la mano dei bari e cerca, quanto più accuratamente possibile, di suggerire a chi legge, e cerca consulenza, il modo per trarre un vantaggio competitivo rispetto a chi scioccamente agita il dito in aria pretendendo che l'intera umanità aderisca al suo mondo ideale. Un nobile obiettivo da perseguire, senza dubbio, ma nel frattempo... occhio al portafoglio perché è questo, invece, il mondo che abbiamo.


DAL DOGMA ALLA STRATEGIA

Se le basi della dottrina Austriaca sono radicate profondamente nell'azione umana, è altresì vero che il sistema bancario centrale di per sé è solo uno strumento. Ciò che conta sono gli esseri umani e ciò che ne fanno. Inutile dire che esso incentiva all'arbitrio sconsiderato, ma un conto è usare un coltello per attaccare solamente... un altro è usarlo per difendersi. Ripeto si tratta del mondo che abbiamo e in cui dobbiamo vivere, lavorare per renderlo un posto migliore per noi stessi è sacrosanto, nel frattempo è altrettanto sacrosanto cogliere quelle vittorie che ci portano un passo in più verso l'obiettivo finale: la sostituzione del sistema bancario centrale con qualcosa di più sostenibile. Perché se è vero che la bancarotta è un fenomeno che avviene dapprima lentamente e poi improvvisamente, allo stesso modo la solvibilità è qualcosa che si manifesta dapprima lentamente solo infine improvvisamente. Con il colpo di stato perpetrato dai globalisti durante la pandemia Covid, era evidente che ci fosse un cambio di linea di politica al vertice; qualcosa era cambiato e bisognava capire cosa. All'inizio non è stato facile mettere insieme i puntini, visto che il piano è stato svelato a mano a mano e soprattutto c'era la chiave di lettura da cambiare: dal mondo che vorrei/vorremmo al mondo che ho/abbiamo.

Nel momento in cui ho capito che tutta quella storia verteva sullo smantellamento del sistema bancario commerciale così come lo conosciamo e l'implementazione della sorveglianza finanziaria (es. CBDC) per impedire alla popolazione di protestare nel momento in cui il “vecchio” debito sarebbe stato sottoposto a pesante haircut per poterne emettere di nuovo tramite i perpetual bond, riciclando quindi il “vecchio” sistema in quello “nuovo”, mi è stato chiaro quale fosse la guerra globale che si stava combattendo. Applicando questa visione delle cose agli eventi che accadevano, mi ha colpito l'ovvietà con cui Powell ha iniziato a restringere l'offerta di denaro americana ben prima delle altre banche centrali mettendo fine a una linea di politica coordinata tra queste istituzioni durata per più di dieci anni. Non solo, ma anche il modo con cui ha lottato per essere riconfermato per il secondo mandato: una realtà che si sarebbe manifestata solo con l'appoggio di istituti bancari come JP Morgan, Goldman Sachs, ecc.

Una volta che si accetta questo background, ed è stato relativamente facile accettarlo visto che per anni ho denunciato l'UE su queste pagine come la seconda venuta dell'URSS, si capisce che la vera minaccia era la centralizzazione progressiva messa in campo da questa presunta unione di stati. Una volta che questo background si applica al resto del mondo, si nota che la conformità con la regolamentazione selvaggia messa in campo dall'UE altro non è che un gigantesco colpo di stato mondiale affinché tutti si conformino ai suoi dettami. Non mancano ovviamente infiltrati nelle stanze dei bottoni dei governi esteri per facilitare questa progressione, come ad esempio lo è stata l'amministrazione Obama, prima, e quella Biden, dopo. L'effetto centripeta dell'UE si è dimostrato, di fatto, un modello predittivo a sé stante, in grado da fungere da proverbiale “palla di vetro” per gli eventi futuri. Se infatti si ha un modello è facile scremare il grano (fenomeni che contano) dalla pula (titoli dei giornali).

È così, quindi, che il mondo deve essere visto: un adattamento alla realtà della serie di romanzi Il Trono di Spade. Questo ovviamente serve a catturare l'attenzione delle giovani leve, per così dire, dato che esiste un adattamento migliore a livello di letteratura ed è rappresentato dai romanzi di Dune, i quali sono un manuale eccellente per chi volesse capire l'emergere della geopolitica moderna negli anni '50 e '60 del secolo scorso. Oltre agli aspetti sociologici, è assolutamente affascinante notare come la religione sia il primum movens che motiva la gente comune a scendere in battaglia e viene costantemente tenuta sotto controllo attraverso di essa mentre le fazioni al vertice della piramide sociale si danno battaglia per il potere politico. E visto che siamo in tema di letteratura, come non citare il Ciclo delle Fondazioni sull'ascesa e la caduta degli imperi, e le opere di Philip K. Dick sul takeover della tecnologia rispetto all'umanità delle persone e l'ascesa della tecnocrazia. Oltre a fornire il modello attraverso cui leggere le informazioni che arrivano dall'esterno, e non adattare le conclusioni alle proprie idee, tutti questi manoscritti servono anche a essere un buon comunicatore piuttosto che ad “avere ragione su tutto”.

Infatti le informazione che arrivano dalla sfera geopolitica sono talmente fungibili che praticamente tutti, soprattutto coloro senza un modello, giocano al gioco delle probabilità e delle percezioni plausibili.A tal proposito diventa enigmatico per queste stesse persone farsi un'idea di cosa stiano combinando Trump e Powell, rimanendo sulla chiave di lettura superficiale in cui il primo vuole far fuori, politicamente, il secondo. Poi, però, ci sono fatti come il licenziamento di Lisa Cook e lo smantellamento di quella cupola di infiltrati alla FED che nel 2021 aveva cercato di sabotare la riconferma di Powell e mettere al suo posto un pupazzo della cricca di Davos. L'emarginazione dei fidati di Powell (Clarida, Rosengren e Kaplan) mirava a spiazzare la presa sulla banca centrale americana di quella parte del FOMC che voleva rialzare i tassi e iniziare a prosciugare il mercato degli eurodollari, avvantaggiando personaggi come la Cook che invece volevano che il dollaro continuasse a essere svuotato. Quello che Powell ha fatto sin dal 2021 è stato preparare la scena per quello che poi avrebbe fatto Trump una volta in carica, o per meglio dire, i NY Boys una volta che il loro rampollo avrebbe preso la carica appoggiato dall'elettorato americano.

Alla fine, tutto si riduce a porsi le giuste domande... un buon modello, tutto sommato, non credete? Chiaramente la parte ardua è arrivare alle suddette e su questo vi da una mano uno spazio divulgativo come questo che ha accumulato negli anni esperienza su esperienza. Sostenere questo lavoro vi permette di risparmiare tempo, oltre all'originalità delle tesi proposte. Perché è importante? Presto detto. Torniamo un attimo alla FED, quindi, e poniamoci la domanda: come fa Powell, a capo di un'istituzione il cui mandato è un obiettivo d'inflazione al 2%, prezzi stabili e piena occupazione, a tagliare i tassi nel momento in cui il compito di Trump è introdurre l'economia americana in un periodo di prosperità economica? Lo stesso Powell non è mai stato d'accordo con un obiettivo specifico d'inflazione, ma è una linea di politica sedimentata ormai; così come prezzi stabili e piena occupazione sono chimere keynesiane usate per giustificare un intervento costante nell'economia. Se l'economia americana sta andando bene, come si evince dalla tesi di Trump, allora il lavoro della FED è quello di continuare a rialzare i tassi... perché questo è esattamente il suo lavoro. A meno che, ovviamente, non si cambia il ruolo della FED. 

E qui ritorniamo al ruolo di questo blog nella lettura del mondo: la maggior parte degli investitori, dei broker e dei consulenti finanziari guarda agli indicatori principali (es. Phillips Curve, ecc.) e ritiene, per formazione professionale, che la FED deve “impostare” il “prezzo” del denaro affinché tutti questi altri rapporti vengano “coordinati” e “armonizzati”. Come fa quindi ad abbassare i tassi quando, per definizione stessa del sistema attuale, c'è praticamente piena occupazione, i mercati azionari sono vicini ai picchi assoluti e le commodity sono ancora a prezzi inferiori rispetto a quando Powell è stato riconfermato? Fino allo scorso luglio la situazione fiscale e geopolitica era ancora in subbuglio... come avrebbe potuto tagliare i tassi Powell? Come avrebbe potuto farlo se prima Trump non avesse mostrato qualcosa di concreto al pubblico americano? Il petrolio stava schizzando in alto durante la crisi tra Iran e Israele, e la percezione comune, data dalla stampa internazionale, era che a Trump stavano sfuggendo le cose di mano. Powell doveva essere la voce della stabilità, far capire che avesse le cose sotto controllo. Poi Trump ha iniziato a segnare alcune vittorie sul suo tabellone: l'approvazione della Big Beautiful Bill, la pacificazione di varie aree in Medio Oriente (dal fondo della penisola arabica fin alla pace tra azeri e armeni), ha disinnescato l'escalation tra Israele e Iran, sta dimostrando che i dazi non sono inflazionistici, ecc. In sintesi, è ora di abbattere i miti keynesiani (piantati accuratamente dagli inglesi) nella testa di tutti quegli investitori e consulenti prima di procedere con il cambiamento strutturale del ruolo della FED.

Non è tanto una questione di “poliziotto buono” e “poliziotto cattivo”, bensì di “poliziotto caotico” e “poliziotto stabile”. Ma una domanda che segue naturalmente quella che ci siamo posti prima è: se Trump vuole i tassi bassi perché si preoccupa dell'economia nazionale, perché tutti gli altri si stracciano le vesti affinché segua questo percorso? L'eco che il resto del mondo fa a Trump sul taglio dei tassi da parte della FED equivale a uscire allo scoperto riguardo le loro vere intenzioni: hanno bisogno come l'acqua di liquidità in dollari. E qui casca l'asino keynesiano: è sempre servito per scopi diversi da quelli spacciati ai gonzi che hanno studiato questo ciarpame sui libri di testo. È questo il famoso redde rationem di cui si è tanto parlato su queste pagine in passato. E tutto ciò, ironia della sorte, supporta la tesi di Trump sui dazi! “L'indebolimento” del dollaro sin da quando s'è insediata la nuova amministrazione non è stato altro che una ri-dollarizzazione dell'economia mondiale perché le nazioni del mondo hanno rimpatriato i fondi quando la FED ha iniziato il ciclo di rialzi e Trump ha avviato le nuove politiche commerciali della nazione. Un doppio dazio per tuttiun ribilanciamento veloce del commercio mondiale! Se Powell avesse tagliato in precedenza, l'euro, ad esempio, sarebbe finito a 1.1 col dollaro e il comparto industriale tedesco avrebbe ottenuto un sollievo per quanto riguarda il suo languire.

L'altro lato dei dazi sono i tassi di cambio: davvero credete che la BCE non si preoccupi del tasso di cambio dell'euro? Non piace affatto che sia a 1.17 al momento della stesura di questo saggio. Quindi gli USA stanno fortificando il mercato dei titoli sovrani, indebolendo (strategicamente) il dollaro nel breve termine, stanno tenendo i tassi di riferimento alti forzando una stretta nel mercato delle garanzie collaterali, mentre il resto del mondo si arrabatta per impedire alle proprie divise di salire (vendere dollari e comprare titoli sovrani americani).


UN ASSET IN RAPIDO DEPREZZAMENTO: LA FED

Il mondo in divenire così come si sta configurando in base alle nuove necessità degli Stati Uniti non ha più bisogno di una Federal Reserve onnipresente per tutto e per tutti. Ritengo che Powell sia il primo a sostenere che la FED così com'è nel contesto attuale non è affatto necessaria e la campagna di relazioni pubbliche di Trump, che ha messo al centro dell'attenzione pubblica lo stesso Powell, rappresenta un modo per spiegare alla vulgata il motivo per cui non è necessaria una FED che salva tutto e tutti. Piuttosto che una Coordinated central banks policy, come accaduto fino al 2021, adesso abbiamo una Coordinated central banks submission, dove viene usato il potere della banca centrale americana per emanciparla dalle influenze estere che erano felici di ingrassare a scapito della ricchezza reale americana. Il post-Powell sarà caratterizzato da un dollaro onshore e da uno offshore; massima liquidità in patria, minima liquidità all'estero. La querelle Trump-Powell è una sceneggiata per impostare il dibattito pubblico lungo questi binari e introdurre le necessità di questo assetto al grande pubblico, giustificando la contrazione del mercato dell'eurodollaro e la sostituzione dello stesso con Tether.

Infatti l'infrastruttura messa in campo per le stablecoin esistenti e stablecoin emesse dalle banche commerciali rappresenterà il mezzo attraverso il quale gli USA vogliono tornare a una forma di “denaro privato” e una forma di “sistema bancario comunitario”. È così che si struttura una transizione da un mondo finanziario in cui la FED è la banca centrale del mondo a uno in cui è la banca centrale degli Stati Uniti. Il segno distintivo è stata la transizione dal LIBOR che prezzava il dollaro a livello mondiale in termini di eurodollari, al SOFR, che prezza il dollaro in termini di mercato americano.

La traiettoria è quella in cui la FED imposterà il valore del dollaro all'estero, mentre servirà per sostenere i mercati interni. Un ritorno alla sua concezione originale, un'istituzione eretta per fornire liquidità d'emergenza al commercial paper market, non una rete di salvataggio per istituti finanziari/bancari sull'orlo del fallimento. Infatti se l'economia americana è in buona salute, non ha bisogno di alcuna liquidità aggiuntiva dato che è in grado di fornirla da sé tramite suddetto commercial paper market, un'esclusività dell'economia statunitense. Inutile dire che questo a sua volta significa una decentralizzazione dell'emissione dei dollari.

Per il dollaro, ormai, essere una valuta di riserva mondiale è un peso; non lo è, invece, essere la valuta di saldo internazionale. Per l'appunto, le leggi incentrate sulle stablecoin vanno a rafforzare esattamente questo effetto di rete. Tutte le chiacchiere relative a un'ascesa dei BRICS e di una loro eventuale valuta di riserva mondiale sono gossip, esattamente perché gli USA non cercano più di imporre la propria valuta come riserva. Quel modello era stato creato per innescare cicli di boom/bust più violenti e trasferire, a prezzi stracciati, la ricchezza reale verso coloro che davvero gestiscono il sistema bancario centrale: la cricca di Davos, o più precisamente la City di Londra (il vecchio conglomerato di colonialisti londinese/olandese). L'imposizione di un fiat standard si riduce esclusivamente a questo: non erano gli americani a farlo, bensì questa rete di vecchi interessi bancari che per sostenere le varie valute fiat hanno soppresso il potenziale di oro, prima, e Bitcoin, poi, in modo da mantenere vivo un apparato di sottrazione di risorse in grado di soddisfare la sempiterna massima “vivere al massimo col minimo sforzo”. In fin dei conti è quel che fanno i colonialisti, solo che a lungo andare questo assetto finisce sempre in un declino per tutti, come scrisse anche Chodorov in uno dei suoi migliori libri. Emergono inevitabilmente i cosiddetti accordi vicendevolmente svantaggiosi (“lose-lose”) e c'è un fuggi-fuggi per dirigersi anticipatamente verso le uscite con quanto rimane del “malloppo”. L'euro digitale, per l'appunto, è la strategia d'uscita della cricca di Davos, dove la “exit liquidity” sono i risparmiatori europei.

Per farvi capire meglio cari lettori, attualmente il DAX tedesco viaggia intorno ai 24.000 perché gli investitori europei stanno vendendo Bund e comprano azioni tedesche. È una scommessa su quanto la BCE stamperà in futuro e quanto di questo denaro finirà nei bilanci dell'industria della difesa. Il rapporto P/E del DAX è circa 18; l'ultima volta che era a 16 si trattava del 2008 quando l'intero sistema finanziario era sottoposto a massiccia leva finanziaria. Pensate, quindi, che il mercato azionario tedesco sia sostenibile? Certo, il Dow Jones è trattato a un rapporto P/E superiore ma gli USA hanno prospettive a loro favore, vedono capitali scorrere verso di essi. Nessuno vuole inaugurare una nuova fabbrica in Germania, mentre invece tutti vogliono farlo negli Stati Uniti (il miglior paradiso fiscale “in chiaro” al mondo).

Oltre alla posizione fiscale, c'è anche quella normativa le cui prospettive di snellimento non fanno che migliorare con il lavoro messo in atto dal DOGE. Se a questo ci aggiungiamo che i dazi terminano anche il rent seeking estero tramite l'arbitraggio sulle valute, l'invito a delocalizzare negli USA è decisamente forte. Quello che stiamo osservando è una riorganizzazione del modello di business degli Stati Uniti e un'espressione dei propri vantaggi competitivi attraverso un dollaro più efficiente, ecco perché i vari stati del mondo stanno staccando accordi commerciali secondo i termini proposti da Trump. Questo renderà più facile il compito della FED e Powell ha fatto il suo lavoro: evidenziare il problema e buttare giù quel sistema che ha deformato l'economia statunitense. Ciò che arriverà dopo richiederà tutta una serie di altre capacità. Questo perché non sempre chi distrugge, prima, è anche un buon costruttore, poi, come ci ricordano anche Herbert, Tolkien, ecc.


LA NUOVA MAPPA DEL MONDO

La maggior parte delle volte che viene presentata la mappa del mondo, l'Europa è sempre il punto di partenza. Ora invece di aprire la mappa del mondo in questo modo predefinito, fatelo sull'oceano Pacifico. Per quanto possa essere noiosa la visuale ci sono tre grandi Paesi che si interconnettono: Russia, Cina e Stati Uniti. Questo nuovo assetto emergente serve a porre fine al sistema di estrazione di ricchezza che faceva confluire tutto a Londra e in Europa. Dopo Azerbaijan e Armenia, anche India e Cina si sono riappacificati. Cosa ha a che fare questo con suddetto nuovo assetto? Tutta la parte dell'Asia centrale è fondamentale perché la politica estera inglese ha tenuto sotto scacco la zona per centinaia di anni affinché non si integrasse. I titoli dei giornali si concentrano sul fatto che l'India, a causa della nuova politica commerciale americana, viene spinta “tra le braccia” della Cina, non che essa viene allontanata dalla sfera d'influenza inglese ed europea. Anche qui, il piano degli USA è quello di spingere l'UE e la cricca di Davos a mettere in gioco i propri di capitali per ricostruire ciò che resterà della demolizione “controllata” del tessuto socio-economico che hanno avviato nel 2020 (sulla scia della decisione epocale degli Stati Uniti di ridimensionare il mercato degli eurodollari, per la precisione la leva finanziaria spropositata in esso).

Il gioco di estrarre ricchezza dal contribuente americano e ottenere “pasti finanziari gratis” con cui controllare capillarmente il mondo è finito: la Francia sta vedendo sbriciolarsi il suo impero in Africa centrale, la Germania è stata tagliata fuori dall'accesso a energia a basso costo per la sua industria, il Regno Unito sta perdendo il controllo sulle assicurazioni nel commercio navale e sui saldi nel mercato del Forex, ecc. Per la ricostruzione dell'Europa o la cricca di Davos mette sul tavolo i propri capitali stipati in banche offshore, oppure Russia-Cina-USA l'affamerà dal punto di vista dei finanziamenti tanto che non potrà far altro che ricorrere alla predazione dei risparmiatori europei... almeno inizialmente. Ecco perché sono importanti gli asset congelati russi per la stabilità dei bilanci europei. Finché la Lagarde rimarrà a capo della BCE sarà questo il piano: introdurre l'euro digitale e cambiare il modo in cui hanno sinora funzionato i mercati dei titoli sovrani europei per implementare l'integrazione fiscale e la nuova emissione degli stessi sotto il comando della Commissione europea.

I mercati, però, si stanno rivoltando contro l'idea di una Germania al centro dell'UE come evidenziano soprattutto i rendimenti dei titoli sovrani. Il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello italiano, ad esempio, adesso ammonta a 87. Questo significa che alla Meloni viene data la possibilità, se “ripulisce” Roma, di far diventare l'Italia il nuovo centro dell'Unione Europea; oppure di guidare il nuovo blocco del Mediterraneo che si staccherà dagli stati europei del Nord dividendo in due ciò che rimarrà dell'attuale UE.

La cricca di Davos, comunque, è composta da gente che non si da per vinta tanto facilmente. Ancora hanno operazioni sul suolo americano: Newsom è una di queste, Mamdani è un'altra. È una guerra che non finirà tanto presto, perché nel frattempo Trump sta usando la NATO come leva per stringere il cappio al collo di UE/UK. Adesso devono pagare se vogliono armi da inviare il quel buco nero chiamato Ucraina; così come Israele ha dovuto vedersela da solo quando ha attaccato l'Iran. Niente più pantani bellici per gli Stati Uniti in cui avrebbero speso enormi capitali solo per finanziare gli altri. E questa spero sia la miglior interpretazione di ciò che sta accadendo ora: Putin sta verificando se gli USA possono davvero tenere al guinzaglio l'UE, ricostruendo una fiducia andata persa a causa di tutte le macchinazioni nell'ombra ordite dallo Stato profondo americano.

Cina, Russia e Stati Uniti non saranno “grandi amiconi”, ma nemmeno nemici: saranno semplicemente quelle nazioni che rimodelleranno il mondo in quella che verrà ricordata come Yalta 2.0.


EFFETTI DI RETE E VALUTE

Nel campo monetario ognuno avrà il proprio sistema monetario e tale sistema sarà interoperabile. Non voglio essere qui colui che fa propaganda per altre crittovalute, ma non si può ignorare un fatto: Ripple sta emergendo come l'asset digitale da usare come mezzo di pagamento e mezzo per fornire liquidità. Ma quale sarà il collaterale? Titoli sovrani affidabili, oro, Bitcoin e altre commodity. Perché c'è questa frenesia intorno all'oro a livello di banche centrali? Perché oro e avanzo/disavanzo commerciale verranno tokenizzati a un certo punto, o attraverso una stablecoin ancorata al dollaro o attraverso Bitcoin. Per costruire un sistema del genere c'è bisogno di tempo. Perché Bitcoin ha vinto nel corso del tempo rispetto alla “concorrenza”? Effetto di rete. Perché il dollaro è la migliore valuta del mondo? Effetto di rete. Perché Tether è la stablecoin preferita per digitalizzare il dollaro a livello mondiale? Effetto di rete (400 milioni di utenti in tutto il mondo e in crescita). Qualunque sistema verrà scelto in Oriente (es. mBridge) e in Occidente essi saranno interoperabili.

Se i gold bug vogliono davvero che l'oro ritorni a essere centrale nell'attuale società, devono ficcarsi in testa che non si possono muovere centinaia di tonnellate d'oro. È per questo, tra gli altri motivi, per cui l'oro ha smesso di essere mezzo di pagamento ed è stato spostato, durante la Seconda guerra mondiale, dall'Europa agli Stati Uniti. Man mano che il mondo si sposta verso un sistema diverso, uno in cui le riserve saranno tokenizzate, la fiducia nei partner commerciali sarà determinata da cosa si deterrà in tali riserve. È, in sostanza, quello che stanno facendo adesso i cinesi: non stanno più riciclando i loro avanzi commerciali nei titoli sovrani americani, bensì in altre parti del mondo (es. comprano il nickel dall'Indonesia, ferro e carbone dall'Australia, ecc.). La Cina ha ancora una avanzo della bilancia commerciale nei confronti degli Stati Uniti, ma il suo peso nei titoli di stato americani detenuti all'estero è diminuito negli ultimi 3 anni. Dove stanno finendo quei soldi? Circolano nel resto del mondo, e più è interoperabile il sistema meno c'è bisogno di detenere riserve in valute locali... e una volta che la tokenizzazione degli asset farà il suo corso scompariranno anche le restanti frizioni che ancora si porta dietro il mondo analogico (spostare grandi capitali a livello digitale costa spiccioli).

Di nuovo, agli americani non interessa che il dollaro sia detenuto in riserva; interessa principalmente che il biglietto verde sia usato come mezzo di saldo principale nel commercio internazionale.

Bitcoin sarà collaterale, l'oro sarà collaterale, per il prestito locale e quello internazionale; entrambi saliranno di prezzo in relazione al valore nominale degli asset finanziari dove i flussi di denaro hanno imperversato per anni (es. mercato immobiliare, azionario, ecc.). Non credo che assisteremo a una deflazione dei prezzi di massa in questo sistema che si sta spostando verso una minore leva finanziaria come tutti si aspettano: gli hard asset saliranno in termini di prezzo nominale. Ora immaginate la loro inclusione nel circuito di Tether che sta integrando a più livelli gli asset del mondo reale: ciò farà lievitare anche i salari e quegli asset che da tempo immemore sono stati inseriti nelle scelte delle famiglie come “salvadanaio” (es. immobili). Infatti la possibilità di permettersi una casa è un guaio che le neonate famiglie si portano dietro da due decenni ed è qualcosa che si può risolvere o aumentando i salari, o aumentando il valore del collaterale a garanzia, o abbassando le tasse (Lutnick ha fatto sapere che uno degli obiettivi dell'attuale amministrazione è cancellare l'imposta sul reddito per coloro al di sotto dei $150.000 all'anno).


CONCLUSIONE

I mercati dei capitali rappresentano una sorta di pensiero orientato al futuro: a loro non importa del passato. Il meccanismo di prezzo dei mercati dei capitali è scontare il futuro. Quindi gli Stati Uniti mettono in ordine i loro bilanci fiscali e i soldi si muoveranno verso di essi. È una questione di domanda: chi ha gridato allo scandalo quando nella Big Beautiful Bill è stato alzato il tetto del debito non ha pensato al fatto che i $5.000 miliardi in più di titoli emessi verranno venduti e il deficit di bilancio sarà sempre più esiguo. Questa domanda arriverà sulla scia di un miglioramento delle condizioni fiscali, un rafforzamento dello Stato di diritto, un ridimensionamento dello Stato amministrativo, un abbassamento delle imposte sul reddito, uno snellimento delle normative burocratiche, un vantaggio competitivo per coloro che investiranno negli USA (detrazioni fiscali, niente dazi), ecc.

Siamo stati raggirati quando ci è stato fatto credere che quello che ci stiamo lasciando alle spalle è il migliore sistema economico di sempre. L'era del colonialismo tramite l'arbitraggio delle valute è al tramonto e sarà un mondo completamente diverso. I mercati dei metalli (oro, argento e rame principalmente) sono un indicatore potente a tal proposito, non solo il loro aumento di prezzo, ma anche la decentralizzazione delle borse valori di riferimento. Dopo il SOFR, che ha mandato in pensione i tassi d'interesse mondiali gestiti dalla City di Londra, il nuovo exchange di San Pietroburgo manderà in pensione la LBMA e la relativa manipolazione pluridecennale del mercato dell'oro fisico tramite quello sintetico. Il compito arduo che s'è sobbarcata l'amministrazione Trump è quello di smantellare la piovra della cricca di Davos mediante una determinazione dei prezzi genuina in ogni ambito economico.

È una cosa per cui rallegrarsi. Non il mondo perfetto, ma uno migliore in cui vivere e costruire.


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lunedì 18 agosto 2025

Accordo o crollo: i termini dell'accordo UE-USA erano l'unica alternativa realistica

Il panorama mondiale è cambiato. Gli anni '90 e i primi anni 2000 sono stati caratterizzati dall'ottimismo riguardo al globalismo, alla governance sovranazionale e all'integrazione senza confini: una finestra di opportunità per il “progetto europeo”. Il mondo di oggi è più frammentato, più conflittuale e più concentrato sulla sovranità nazionale. Dalla Brexit a Trump, dall'Europa orientale all'Asia, cittadini e leader stanno rivendicando l'autonomia nazionale. L'integrazione, un tempo considerata il futuro, è ora messa in discussione. Una riorganizzazione coraggiosa richiede non solo trattati, ma anche persuasione, da parte dei cittadini, non solo delle élite. E in questo clima i sistemi che non riescono a muoversi finiscono per essere lasciati indietro. Questa è la vera storia dietro l'accordo commerciale UE-USA: non si tratta solo di dazi, si tratta della differenza tra avere peso e avere forza. La “Power politics” ha sostituito la “Consensus politics”. Si continua a minimizzare la strategia di Trump, ma è un fatto che la sua comunicazione sia volutamente camaleontica e ricca di sotterfugi. Sa con che tipo di stampa ha a che fare. Ciononostante esiste un piano e può essere valutato oggettivamente su più livelli: diplomatico (accordi con i Paesi mediorientali, i “leader” delle altre nazioni che vanno alla Casa Bianca o che si recano dove sta giocando a golf e non il contrario), economico (accordo col Giappone, Apple che investe nella manifattura americana, maggiori entrate dal commercio mondiale), militare (spartiacque tra Iran-Israele, spartiacque in Siria, spartiacque tra Ucraina- Russia, lotta ai cartelli della droga). Come ha avuto modo di ricordare la Gabbard, la linea di politica di voler mettere in primo piano gli Stati Uniti non deve essere confusa con un ritiro della nazione dalle scene mondiali. Gli USA si stanno semplicemente riorganizzando e lo stanno facendo ai loro termini rispetto al passato in cui, invece, erano infiltrati da player ostili che facevano il bene di altre nazioni. Se davvero anche l'UE avesse intenzione di percorrere lo stesso percorso, in modo da resistere alla prova del tempo, dovrebbe, come minimo, seguire due indicazioni fondamentali iniziali. 1. Ricreare un flusso di capitale dinamico: non può esserci “capitalismo” senza capitale, senza fondi di venture capital. Quando NVIDIA, TSMC e altri investono centinaia di miliardi di dollari, quei fondi devono essere stati prima accumulati senza essere confiscati dallo stato a ogni passo, e i loro investitori devono credere che il loro investimento produrrà a un certo punto un profitto soddisfacente. Le moderne innovazioni tecnologiche richiedono ingenti somme di denaro, non più disponibili per la maggior parte degli europei. I risparmi europei esistono, ma confluiscono in immobili, polizze assicurative sulla vita, o nei mercati degli investimenti statunitensi. Un passaggio a sistemi pensionistici privati invece dell'attuale sistema pensionistico pubblico spingerebbe il continente nella giusta direzione. 2. Smantellare il Green Deal europeo: l'energia europea costa già cinque volte di più di quella americana. Questa singola variabile è sufficiente a giustificare l'esodo dell'industria europea verso mercati energetici più favorevoli, in particolare gli Stati Uniti. Rispetto alla crisi energetica autoinflitta dal Green Deal europeo, i dazi di Donald Trump sono solo una piccola nota a piè di pagina.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/accordo-o-crollo-i-termini-dellaccordo)

Gli accordi che gli Stati Uniti hanno firmato con i loro principali partner commerciali sono positivi e realistici.

Dimostrano che, nel 2024, il mondo non era un paradiso commerciale di cooperazione spontanea tra aziende in un libero mercato, come auspicato da David Ricardo, bensì un sistema statalista pieno di barriere contro le imprese statunitensi e di sforzi politici per scegliere vincitori e vinti.

La controversia che circonda l'accordo tra Stati Uniti e Unione Europea può essere spiegata in tre motivi: l'animosità verso qualsiasi risultato dell'amministrazione Trump, l'ignoranza riguardo all'unica alternativa realistica, o il fatto che i critici dell'accordo erano sinceramente soddisfatti del protezionismo e delle barriere europee in vigore nel 2024.

I critici dell'accordo devono rispondere a due domande:

Qual era l'unica vera alternativa?

L'unica vera alternativa era il crollo delle esportazioni europee, la perdita di competitività rispetto a Giappone, Regno Unito, Corea del Sud e altri partner, una maggiore delocalizzazione delle aziende e, soprattutto, il mantenimento delle attuali barriere commerciali europee.

Cosa avrebbero fatto i critici?

I critici devono spiegare come avrebbero potuto raggiungere accordi presumibilmente migliori quando i leader mondiali dell'export hanno firmato accordi come quello dell'Unione Europea. Devono condividere con noi quelle informazioni in loro possesso che i negoziatori dell'UE non hanno, permettendo quindi a questi ultimi di ottenere condizioni migliori rispetto a Giappone, Regno Unito, Corea del Sud, Indonesia, Vietnam, Filippine, Arabia Saudita, Qatar, Australia, Cina e altri. È ragionevole pensare che i negoziatori dell'UE siano stati stupidi, o imprudenti, e non abbiano valutato tutte le opzioni per raggiungere un accordo vantaggioso?

Affermare che l'accordo con gli Stati Uniti sia dannoso equivale a difendere le barriere commerciali del suo principale partner globale, come se fossero meravigliose e dovessero essere preservate. Ciò deriva anche da una visione fantasiosa del commercio globale, che immagina che il mercato statunitense possa essere sostituito da altri.

Quel che è peggio è che alcuni credono che tutto questo sia colpa di Trump – una delle posizioni preferite nelle analisi economiche odierne – e che tra quattro anni un presidente democratico o uno repubblicano più moderato riporteranno tutto come era nel 2024. Questa è una visione errata. Biden ha mantenuto tutti i dazi delle amministrazioni Trump e Obama, e ne ha aumentati diversi.

Perché non si è levato lo stesso polverone quando l'UE ha introdotto barriere commerciali, o quando i presidenti democratici hanno introdotto dazi? L'indignazione spesso nasconde pregiudizi contro Trump e trascura opportunamente la persistente imposizione di nuove barriere da parte dell'Europa sui prodotti statunitensi. Perché non si è levato un clamore per i dazi dell'UE su prodotti chimici, agricoltura, bestiame, automobili e attrezzature manifatturiere statunitensi, o per l'Agenda 2030, il New Green Deal, la tassa sulla CO₂ e tutta la costante regolamentazione europea? C'è voluto Draghi per ricordarci che l'UE impone più dazi nascosti di quanti ne impongano gli Stati Uniti.

Molti sostengono che se l'UE e altri Paesi istituissero barriere commerciali, la risposta degli Stati Uniti dovrebbe essere quella di rimuovere, non aggiungere, dazi. Ciò sembra vantaggioso in teoria, ma non prende in considerazione il quadro geopolitico, monetario e commerciale completo. Gli Stati Uniti non solo perderebbero in termini di produzione e di ruolo del dollaro con deficit commerciali eccessivi, ma finirebbero anche per assorbire la sovracapacità produttiva e sovvenzionare i problemi di capitale circolante di altri Paesi. Il deficit commerciale americano non deriva dalla cooperazione di libero mercato, ma in gran parte dalle barriere imposte politicamente alle aziende statunitensi. Per questo motivo molti Paesi preferirebbero un dazio del 15% alla rimozione di tutte le barriere non tariffarie.

Non possiamo ignorare le barriere tariffarie e non tariffarie che sono state esplicitamente istituite per escludere i prodotti statunitensi, le quali vengono poi utilizzate a vantaggio di Paesi politicamente collegati, come la Turchia o il Marocco, nei confronti dell'UE, o persino la Cina.

Il numero di settori a dazi zero è chiaramente positivo e si prevede che l'elenco aumenterà nel tempo. Anche l'eliminazione di alcune barriere non tariffarie dell'UE è un risultato positivo e in linea con le raccomandazioni della relazione Draghi.

Accettando un dazio del 15% invece di eliminare tutte le barriere non tariffarie, i partner commerciali degli Stati Uniti ammettono che preferirebbero pagarne il costo piuttosto che rinunciare al potere normativo e riconoscono che non esiste un modo semplice per sostituire il consumatore statunitense.

È anche disonesto affermare che acquistare energia americana sia più costoso che acquistare energia russa. Tali argomentazioni rivelano l'enorme parzialità e contraddizione, soprattutto considerando le importazioni europee record di GNL russo nel 2024. Questo accordo contribuisce a diversificare l'approvvigionamento e garantisce la sicurezza durante i periodi di crisi.

Alcuni organi di stampa hanno travisato la componente relativa agli equipaggiamenti militari dell'accordo. È falso che esso imponga all'UE di acquistare solo equipaggiamenti militari statunitensi. Si tratta di due argomenti distinti ed esso non riduce gli investimenti nelle aziende europee. L'impegno è positivo per i piani di riarmo dell'UE e non compromette i progetti di investimento nazionali.

Gli analisti keynesiani europei, che hanno osservato silenziosamente massicci aumenti delle tasse e aumenti dei costi del lavoro di oltre il 50%, non possono affermare che un dazio del 15% sia devastante quando solo di recente hanno insistito sul fatto che dazi del 30% avrebbero avuto un impatto minimo. Le stime di consenso indicavano che l'impatto per l'UE sarebbe stato solo tra lo 0,3% e lo 0,5% in tre anni. La BCE e altre istituzioni hanno descritto gli effetti come “gestibili”, “sopportabili” e con un impatto limitato sull'inflazione.

Il consenso keynesiano non può, da un lato, affermare che un dazio del 30% avrebbe un impatto limitato e sopportabile e un effetto inflazionistico minimo, e poi, qualche mese dopo, insistere che un dazio del 15% sarebbe disastroso. Questo non fa che rafforzare la narrazione secondo cui qualsiasi accordo raggiunto da Trump sarebbe necessariamente dannoso.

L'UE avrebbe potuto negoziare l'azzeramento dei dazi se avesse accettato di eliminare tutte le barriere non tariffarie; invece ha scelto un compromesso per mantenere gran parte del suo quadro normativo. In ogni caso, questo risultato è molto più favorevole rispetto alla perdita del surplus commerciale e dell'accesso al mercato statunitense. Pertanto l'UE non “ci perde”; accetta invece un dazio modesto, simile a quello di Giappone, Regno Unito e Corea del Sud, perché preferisce mantenere la maggior parte delle sue barriere non tariffarie.

L'alternativa davvero devastante sarebbe stata quella di perdere quote di mercato a favore di altri Paesi e di mantenere barriere che perpetuano la stagnazione economica europea, per non parlare della perdita di un accordo chiave per la difesa, la tecnologia e l'energia.

Tutti traggono vantaggio dagli accordi che stabiliscono un quadro commerciale più equo e aperto rispetto a quello esistente nel 2024. Stime prudenti stimano il beneficio per l'UE a circa €150 miliardi all'anno, supponendo il rispetto degli impegni.

Sia gli Stati Uniti che l'Unione Europea traggono vantaggio da un accordo che rafforza i legami commerciali, corregge un deficit commerciale ingiusto, rimuove le barriere e aumenta il numero di settori a dazi zero. Inoltre entrambe le parti ottengono un'alleanza cruciale nei settori della difesa, dell'energia e della tecnologia, il tutto senza limitare gli investimenti nelle rispettive industrie nazionali.

L'unica vera alternativa era la mancanza di un accordo, che avrebbe rovinato l'economia e il commercio dell'UE. I negoziatori europei e americani hanno riconosciuto questa situazione e hanno raggiunto con successo un accordo significativo che ha portato benefici a entrambe le parti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 13 agosto 2025

Gli europei lamentosi si lagnano per l'accordo commerciale

Il GENIUS Act così come la Big Beautiful Bill non sono leggi perfette, ma il loro scopo è quello di fermare il sanguinamento affinché poi si possa davvero intervenire con l'intervento chirurgico vero e proprio. Ecco perché in questo frangente storico ritengo che criticare sia appropriato, ma lo sia di più costruire. L'evoluzione di Tether a tal proposito è quanto di meglio ci si potesse auspicare per ottenere un cambiamento a livello di denaro e sistema bancario centrale: collateralizzazione delle proprie emissioni + decentralizzazione delle operazioni di mercato aperto. L'architettura che sta costruendo Tether è una in cui se si vuole accedere al mercato statunitense (consumo, investimenti, finanziamenti) bisognerà avere un “biglietto d'ingresso” (titoli di stato americani) e solo dopo si otterranno i dollari digitali al pari. Chi invece viene etichettato come “nemico” (a questo serve, sostanzialmente, la politica dei dazi), otterrà lo stesso i dollari di cui HA BISOGNO ma al di sopra della parità: pagherà una commissione (5%?) per avere il privilegio di usare il biglietto verde. Il ruolo della FED, in futuro, sarà di arbitro di chi dovrà pagare questa “commissione”, oltre a badare esclusivamente al commercial paper market americano e non più nel mercato dei titoli sovrani americani. Ruolo interno, non più esterno. Inoltre al primo sintomo di incertezza il decennale americano si dimostra nuovamente scelta privilegiata dagli investitori mondiali. Non quelli europei ovviamente. Il decennale tedesco, rispetto al mese scorso, è salito di 10 punti base, quello americano è sceso di 10 punti base. Questo a sua volta aiuta a spiegare come mai l'asticella del debito americano è stata alzata: oltre a dover tenere ancora in conto la legge di bilancio della precedente amministrazione, gli USA si stanno preparando ad accogliere grandi quantità di capitali. Non è una questione di spesa in deficit, è una questione di domanda estera che si appresta a essere rilasciata sul suolo americano e poi impiegata nell'industria americana. Una scommessa azzardata, vero, ma finora interpretata correttamente in base ai numeri del mercato obbligazionario americano. Quindi, sì, come con la teoria quantitativa della moneta, l'offerta conta, ma conta anche la domanda. Un conto sarebbe se la FED inondasse i mercati americani di liquidità che finirebbe per essere rigettata dai mercati stessi poiché foriera di distorsioni della struttura del capitale e di malinvestment; un altro è un ambiente in cui la FED prosciuga il mondo di dollari offshore man mano che strumenti denominati in dollari a livello internazionale raggiungono la data di scadenza e devono essere saldati. Il lato dell'equazione della domanda dei titoli di stato americani sta cambiando ed è qualcosa che gli USA non avevano mai sperimentato finora in questi termini.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/gli-europei-lamentosi-si-lagnano)

Lo shock si trasforma in indignazione. Gli europei si sentono ingannati da Donald Trump, ma l'accordo commerciale non fa che mettere a nudo la crescente perdita di potere dell'UE.

Chiunque abbia familiarità con la politica tedesca sa da tempo che Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, non è un peso massimo della politica. Il suo curriculum come Ministro della Famiglia e della Difesa tedesco parla da solo: le mancano le capacità intellettuali e strategiche per orientarsi o riformare sistemi complessi.

Sì, è stata surclassata da Trump durante i negoziati commerciali, come previsto, ma questo non coglie il punto. Ciò che gli europei lamentano a gran voce non è solo un cattivo accordo, ma l'espressione della loro debolezza geopolitica. La Von der Leyen è andata in Scozia a mani vuote e non ha avuto altra scelta che andarsene a mani vuote.


L'ora della lamentela in Europa

È tempo di postumi da sbornia nel mondo fantasioso europeo. Accuse di sottomissione, negoziati disastrosi e catastrofe economica dominano i titoli dei giornali. L'ex-cancelliere tedesco Scholz mette in guardia dalle enormi sfide che attendono l'economia tedesca.

Guy Verhofstadt, ex-Primo Ministro belga e beniamino dei media generalisti, lo definisce un negoziato scandaloso e una catastrofe per l'Europa. Il Primo Ministro francese, François Bayrou, lo descrive come un giorno buio, un giorno in cui un'unione di popoli liberi ha scelto la sottomissione.

L'Europa è sbalordita dalle dure tattiche negoziali di Trump e dal modo spietato in cui gli Stati Uniti cercano di risolvere il deficit commerciale e il problema della deindustrializzazione.


Benvenuti nel mondo della realpolitik

In questo mondo non ci sono amici, solo interessi strategici. E nessuno continuerà a sottomettersi ai mandati climatici dell'Europa, ora che gli Stati Uniti, attraverso questo accordo commerciale, hanno di fatto dichiarato una seconda indipendenza da Bruxelles.

Ciò che è accaduto in Scozia è stato esattamente questo: l'emancipazione dell'America dal controllo eurocratico.

La drammatica reazione dell'UE rivela che finalmente la verità è chiara ed è giunto il momento di dissipare alcune illusioni di vecchia data sulle relazioni transatlantiche.


Due idee sbagliate

Primo: l'idea che l'America abbia a lungo dominato l'Europa attraverso politiche imperialiste. Al contrario, le amministrazioni statunitensi Biden e Obama hanno seguito un'agenda globalista in salsa europea.

Insieme ai loro alleati a Bruxelles, Londra e Davos, hanno attuato programmi climatici distruttivi, hanno perseguito una politica monetaria inflazionistica e hanno creato Stati sociali modellati sull'Europa.

Le radici di tutto questo risalgono a 100 anni fa, al New Deal di Roosevelt. L'America non è mai stata completamente libera dall'influenza europea.

Secondo: la convinzione che l'UE sia un progetto di libertà legato ai principi di mercato e alla proprietà privata. L'UE è stata fondata come baluardo contro l'impero sovietico, ma fin dall'inizio ha avuto una natura statalista, soprattutto sotto la guida franco-tedesca.

Le critiche alla sua traiettoria socialista sono ancora bollate come teorie del complotto, ma i fatti parlano chiaro: indici di spesa pubblica superiori al 50%, la guerra di Bruxelles alla libertà di parola, la nazionalizzazione del settore energetico, una regolamentazione soffocante; l'Europa sta correndo verso un nuovo socialismo.

Il motivo per cui questo fenomeno non è ampiamente riconosciuto? I media generalisti hanno fatto un lavoro magistrale nel nasconderlo.

Agiscono come sostenitori dell'agenda socialista-climatica verde, mascherando il collasso dell'Europa con pennellate idealistiche.


L'America prende una strada diversa

Eleggendo Donald Trump, gli Stati Uniti hanno scelto un'altra strada. Ciò è particolarmente evidente nella tanto discussa Big Beautiful Bill, un pacchetto di deregolamentazione e tagli fiscali.

I media europei si sono avventati come un branco di lupi ubriachi sulle critiche di Elon Musk secondo cui non avrebbe effettuato tagli significativi alla spesa.

Ma questo non coglie il punto. Il disegno di legge fa molto di più: dalla sicurezza delle frontiere alla deregolamentazione energetica, rimodella la politica statunitense per gli anni a venire.

I tagli al bilancio saranno visibili a partire da ottobre, con il nuovo anno fiscale. La spesa sociale sta già diminuendo in modo significativo.

Con una crescita economica del 3%, le entrate fiscali si stanno stabilizzando. Con grande costernazione dei funzionari dell'UE, la narrazione del collasso fiscale degli Stati Uniti non reggerà.

Gli Stati Uniti non sono in bancarotta. La domanda di titoli del Tesoro rimane forte. Bruxelles, Berlino e Londra avranno bisogno di una nuova scusa per le loro crisi del debito. Il default degli Stati Uniti non le salverà.


Un mercato dei capitali indipendente

Mentre la Germania sprofonda sempre più nel debito, gli Stati Uniti stanno creando un mercato di capitali sovrani.

Mentre l'Europa si aggrappa al suo euro digitale per arginare la fuga dei capitali, gli Stati Uniti vanno avanti con stablecoin private, un sistema di tassi rigoroso e un mercato interbancario collateralizzato (SOFR).

Il credito in dollari ha ora un prezzo definito dagli Stati Uniti. Il mercato dell'eurodollaro, un tempo utilizzato per abbassare artificialmente i costi del credito, è ormai tramontato.

Questo cambiamento darà i suoi frutti in caso di crisi. La FED detiene tutte le leve: fissa i prezzi delle linee di swap e usa il dollaro come arma geopolitica. Tassi di interesse pari a zero, QE e denaro a basso costo per capricci politici sono storia passata. Così come il Green Deal.


Il Green Deal è morto

Il direttore dell'EPA, Lee Zeldin, ha appena annunciato che la CO2 verrà rimossa dall'elenco degli inquinanti pericolosi, sfatando la narrativa del “cambiamento climatico provocato dall'essere umano” e aprendo spazio al dibattito.

Come prevedibile, i fanatici del clima in Europa hanno avuto un crollo, ma la mossa di Zeldin apre la strada a una massiccia deregolamentazione e a investimenti nel settore energetico, annullando i danni degli anni Obama-Biden.

Gli Stati Uniti, già il maggiore esportatore mondiale di petrolio, diventano una superpotenza energetica, spingendo l'Europa, che ne è dipendente, ancora più in difficoltà. L'uranio africano della Francia, i legami dell'Europa con il Medio Oriente: tutto questo sta svanendo.


Un colpo alla macchina mediatica

Poi è arrivata un'altra bomba: l'amministrazione Trump ha tagliato i finanziamenti pubblici alla USAID, lo sponsor globale dei media di sinistra e delle ONG.

Bruxelles sa cosa è in gioco: perdere il sostegno dei media statunitensi e perdere il controllo della narrazione.

L'America sta tornando al suo tradizionale ruolo di paladina della libertà di parola.

Questa è una buona notizia per i cittadini dell'UE che si oppongono alla macchina della censura di Bruxelles. Con il Digital Services Act e le misure repressive del Regno Unito, la libertà di espressione è sotto assedio. Ogni aiuto è benvenuto.


Crepe nell'edificio europeo

Il firewall multimediale è ancora in piedi, ma si stanno formando delle crepe.

L'Eurozona perde ogni anno €110 miliardi in investimenti diretti che invece volano negli Stati Uniti.

E mentre Francia, Germania e l'Europa meridionale si indebitano sempre di più, centinaia di migliaia di  giovani europei fuggono. La Germania, un tempo fulcro dei mercati dei capitali dell'UE, ora sta annegando nei debiti.

Si tratta di qualcosa di più di un fallimento interno: è una minaccia all'intera struttura di finanziamento del debito dell'UE.

Incolpare gli Stati Uniti per il declino dell'Europa è disonesto. È un diversivo e non dobbiamo lasciargliela passare liscia.

È tempo di una vera riforma.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 23 luglio 2025

La ricchezza mineraria della Groenlandia potrebbe aprirgli la strada verso un futuro indipendente

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-ricchezza-mineraria-della-groenlandia)

Taatsi Olsen sa cosa serve per iniziare la ricerca di minerali in Groenlandia.

In un magazzino alla periferia della capitale Nuuk, ha esaminato i dettagli dell'esplorazione mineraria in un Paese freddo e scarsamente popolato: attrezzi, imbracature e piccoli rimorchi trasportati in elicottero verso siti remoti, essenziali in un luogo dove non ci sono strade che collegano le città.

Olsen ha sottolineato che il modello di insediamento unico della Groenlandia, costituito da villaggi di pescatori isolati sparsi su centinaia di chilometri di isole rocciose e fiordi, può presentare dei vantaggi per i minatori.

“Se vi trovate in una zona remota, ci sono buone probabilità che ci sia un piccolo villaggio nelle vicinanze”, ha detto a The Epoch Times.

Olsen è direttore operativo di X-Ploration Services Greenland. L'azienda, che supporta l'esplorazione mineraria sull'isola, potrebbe prosperare se i giacimenti di terre rare del territorio danese si rivelassero una vera e propria manna.

Conosce bene le difficoltà del successo individuale. Olsen stima che solo uno su mille progetti esplorativi in Groenlandia dia origine a una miniera.

“È semplicemente difficile trovare qualcosa che abbia senso dal punto di vista economico”, ha affermato.

Il presidente Donald Trump ha citato le terre rare della Groenlandia, stimate in 1,5 milioni di tonnellate, come una delle ragioni principali per incorporare questo Paese negli Stati Uniti.

I minerali essenziali sono utilizzati in molte tecnologie avanzate, tra cui telefoni cellulari e sistemi di difesa. Il settore è attualmente dominato dalla Cina.

Per ora in Groenlandia sono operative solo due miniere, nessuna delle quali estrae terre rare.

Eppure l'attività mineraria non è una novità per la Groenlandia. Fa parte di una lunga storia che lega l'isola più grande del mondo alla Danimarca e agli Stati Uniti.

I sostenitori dell'estrazione delle terre rare sperano che possa contribuire all'indipendenza della Groenlandia. Molti cercano fonti di reddito aggiuntive in un territorio dominato dall'esportazione di prodotti ittici, dall'impiego pubblico e da una sovvenzione annuale forfaittaria dalla Danimarca.

“Dobbiamo rafforzare l'economia”, ha detto a The Epoch Times Svend Hardenberg, un groenlandese coinvolto negli sforzi per sviluppare l'estrazione delle terre rare.


Estrazione mineraria, passato e futuro

L'attività mineraria in Groenlandia ha radici che risalgono al 1720, quando un pastore luterano, Hans Egede, giunse in Groenlandia alla ricerca dei Vichinghi scomparsi dopo essersi stabiliti lì più di mille anni fa. Il pioniere danese-norvegese fondò una nuova colonia sull'isola. Pochi decenni dopo iniziò l'attività mineraria su piccola scala.

Un sito risalente al 1850, la miniera di criolite di Ivittuut, si è rivelato di vitale importanza nel XX secolo.

La criolite era necessaria per la produzione di alluminio e Ivittuut era l'unica fonte commerciale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Ivittuut si dimostrò cruciale per lo sforzo bellico alleato, tanto che gli Stati Uniti istituirono una base navale nelle vicinanze per proteggerla. Ancora oggi gli Stati Uniti mantengono una base militare nell'estremo nord di Pituffik.

L'estrazione di criolite a Ivittuut si esaurì con l'avvento della criolite sintetica e infine chiuse i battenti nel 1987. La base, allora danese, chiuse i battenti nel 2012. I cinesi tentarono di acquistare l'impianto abbandonato nel 2016, ma il governo danese glielo impedì.

Nel frattempo la società australiana Eclipse Metals ha acquisito una licenza per un sito che comprende l'ex-base e la miniera.

La promessa delle terre rare ha attirato l'attenzione anche sul progetto Tanbreez, un giacimento nei pressi della città di Narsaq, nella Groenlandia meridionale.

Nel 2024 i funzionari statunitensi fecero pressioni sull'azienda australiana Tanbreez Mining affinché negasse i permessi alle società legate alla Cina che cercavano di acquisirla.

A marzo la società di sviluppo minerario, Critical Metal Corp., ha stimato il valore dell'1% della roccia ospitante di Tanbreez a circa $3 miliardi.

La società, che detiene una quota di proprietà nel progetto, ha stretto una partnership per il progetto Tanbreez con GreenMet, un'azienda statunitense di minerali essenziali guidata da Drew Horn.

Horn ha dichiarato a The Epoch Times che Tanbreez ha suscitato l'interesse di una delegazione del settore privato da lui guidata. Il gruppo comprende dirigenti delle società minerarie Critical Metals Corp, American Renewable Metals, Refracture e Cogency Power.

Horn ha inoltre stretto una partnership con Hardenberg per un progetto di trattamento delle alghe, una sorta di operazione di proprietà statale sviluppata da Royal Greenland.

La guida turistica Pakkutannguaq Larsen ha affermato che, pur essendo favorevole all'indipendenza della Groenlandia, non è favorevole a un'ulteriore industria estrattiva.

“Vogliamo mantenere la natura così com'è”, ha dichiarato a The Epoch Times.

Olsen, il cui studio non è stato coinvolto in Tanbreez, ha affermato che l'attenzione di Trump verso il suo Paese d'origine ha alimentato sia entusiasmo che incertezza.

Le aziende statunitensi non si sono ancora messe in fila per collaborare con X-Ploration Services, specializzata in logistica, pianificazione e settori correlati.

“La maggior parte dei nostri clienti sono canadesi”, ha aggiunto Olsen.

Nikoline Ziemer, una biologa coinvolta nel progetto sulle alghe marine della Royal Greenland, ha affermato di sperare che il governo groenlandese non ritiri le licenze come ha fatto in passato.

“Dobbiamo avere una politica stabile in merito, perché ciò danneggia la credibilità della Groenlandia come potenziale fonte di estrazione mineraria”, ha affermato.

Nel 2021 il Paese ha revocato a un'azienda cinese la licenza per l'estrazione di ferro. Nello stesso anno il territorio ha smesso di offrire nuove licenze per l'esplorazione petrolifera.

Olsen ha affermato di ritenere che il governo groenlandese, ora sotto una guida diversa, potrebbe cambiare rotta su quest'ultima decisione.


Un'economia dipendente

Olsen, Hardenberg, Ziemer e Larsen non sono anomalie.

Quasi tutti i groenlandesi intervistati da The Epoch Times intravedono all'orizzonte una richiesta di indipendenza dalla Danimarca, sebbene i tempi siano incerti dopo le elezioni di marzo. L'indipendenza potrebbe anche aiutare i groenlandesi a stringere legami più stretti con gli Stati Uniti, se lo desiderassero.

Hardenberg ha affermato che le terre rare rappresentano uno dei mezzi per far avanzare il territorio verso una maggiore autonomia.

Ziemer concorda. Parlando a titolo personale, e non per Royal Greenland, ha affermato che la dipendenza del territorio dalla pesca “non è un modello economico sostenibile”.

Oggi gamberetti e pesce costituiscono oltre il 90% delle esportazioni del territorio. Più della metà del bilancio del governo groenlandese e un quinto del prodotto interno lordo della Groenlandia provengono dal governo danese. La Groenlandia riceve inoltre un contributo annuale a fondo perduto dalla Danimarca, pari a circa $500 milioni.

Questa concessione potrebbe intaccare le entrate minerarie per l'amministrazione locale. Se la Groenlandia generasse entrate superiori a 75 milioni di corone danesi (circa $11,3 milioni), metà di queste commissioni andrebbe a compensare la sopraccitata concessione.

Il settore pubblico ha un'influenza enorme sull'isola: i dipendenti pubblici rappresentano il 42% dell'occupazione, rispetto al 28% in Danimarca e al 13,4% negli Stati Uniti.

Hardenberg, che in passato ha ricoperto un incarico governativo, ha affermato di ritenere che la Groenlandia sarebbe più dinamica se “liberasse più persone dal settore pubblico per dedicarle a lavori più produttivi”.

Non tutte le attività legate al settore minerario si tradurranno in lavoro per la gente del posto.

Olsen ha affermato che la piccola popolazione della Groenlandia (meno di 60.000 persone) implica che l'esplorazione mineraria debba attingere a qualche talento straniero.

“Non ci sono molti geologi ed esperti [qui]”, ha detto.

Ha affermato che se l'attività mineraria passerà dall'esplorazione allo sfruttamento, ci saranno più posti di lavoro per i lavoratori groenlandesi.


A terra

A Nuuk, dove vivono circa 20.000 persone, il quadro economico appare eterogeneo.

Mentre alcune strade sono fiancheggiate da quartieri residenziali fatiscenti, altre brillano per le nuove costruzioni.

In città un aeroporto internazionale ospiterà presto voli della Scandinavian Airlines e della United Airlines, alimentando le speranze di turismo.

In un “Fight Club” finanziato dal governo, dove i giovani pugili si allenano davanti a una folla festante, Ethan Ingholt ha raccontato a The Epoch Times di essere arrivato a Nuuk dalla Danimarca.

In Danimarca lavorava come arboricoltore; ora, in una terra senza alberi, è direttore dei lavori.

“Se si è disposti a lavorare, il lavoro lo si trova sempre”, ha detto.

Inunnguaq Korneliussen, uno studente presente all'evento, ha dichiarato a The Epoch Times che l'economia “sta andando abbastanza bene in questo momento”, ma “è in continuo peggioramento”. Ha citato l'aumento dei prezzi dei generi alimentari.

A poche strade di distanza, Jens Smith vende pesce in una bancarella del mercato. Un prodotto molto popolare sono le uova di lompo, una prelibatezza simile al caviale di storione.

Mentre Smith parlava, un uomo è entrato e ha acquistato due sacchi di uova.

Smith ha dichiarato a The Epoch Times che molti clienti rivendono i suoi prodotti in Danimarca, dove i frutti di mare della Groenlandia possono essere venduti a prezzi elevati.

Ha detto che l'inverno è stato duro per la pesca.

“L'acqua è troppo fredda adesso”, ha affermato.

Larsen, contraria all'attività mineraria, ha dichiarato di sperare di aprire una propria agenzia di viaggi. Ha affermato che il turismo potrebbe aiutare la Groenlandia a seguire la propria strada, come accaduto con l'Islanda.

Ex-territorio danese divenuto indipendente, l'Islanda, un Paese con meno di 400.000 abitanti, ha attirato quasi 2,3 milioni di visitatori con pernottamento nel 2024, secondo l'Ente per il turismo islandese.

La Groenlandia, che dipende in larga parte dal turismo basato sulle crociere, ha accolto 76.477 crocieristi nel 2023, un numero record e il 640% in più rispetto al 2019, l'anno migliore precedente.

Hardenberg ha affermato che le recenti elezioni hanno rivelato un punto in comune in tutta la Groenlandia: “Tutti concordano sul fatto che dobbiamo creare il nostro futuro. Dobbiamo dirigere e controllare il nostro destino”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 16 luglio 2025

L'oro protagonista: una strategia per facilitare l'eccellenza degli Stati Uniti nel XXI secolo

Il DXY ha un'importanza marginale nei mercati. È policy. Quello che sta accadendo ora nel mercato del Forex è il precursore di una crisi del debito sovrano. L'attacco al SOFR ad aprile ottiene adesso risposta con la rottura del peg del dollaro di Hong Kong. L'altro peg importante, quello del riyal saudita, non sta soffrendo affatto. Questo mi suggerisce che Bessent & Co. stanno rispondendo per le rime a Londra e Bruxelles. Infatti il punto di vantaggio americano, in questo momento storico, è che per quanto possano essere grandi le passività statunitensi, esse sono localizzate e non più internazionalizzate. Adesso gli asset non contabilizzati (es. risorse minerarie, home equity, stato di diritto americano, sistema “idraulico” finanziario americano, ecc.) possono essere messi a esclusiva copertura dell'economia statunitense (diversamente dal passato quando c'era il LIBOR) per resistere ai venti contrari provenienti da decenni di distorsioni economiche e finanziarie. E questo riguarda anche la politica monetaria e questo mese possiamo aspettarci un tagli dei tassi di 50 punti base da parte della FED. Tagliare nel mezzo di un confronto bellico acceso, che rischiava di trascinarsi dietro gli USA, non era saggio. Trump e Powell vogliono la stessa cosa, ma per ragioni diverse. Powell vuole distruggere il mercato del dollaro offshore restringendo la liquidità in dollari. E lo sta facendo supportando l'obiettivo finale di Trump: rompere l'Europa. Per quanto Trump voglia affrontare il rollover del debito di questa estate con tassi più agevolati, non era affatto automatico che un taglio prematuro dei tassi avrebbe fatto scendere il back-end della curva dei rendimenti. Invece adesso, con il cessate il fuoco tra Israele e Iran, e uno potenziale tra Israele e Palestina, oltre al rinnovato afflusso di capitali negli USA, Powell può tagliare i tassi. Il front-end è coadiuvato da una crescita dell'economia statunitense e il back-end sentirà la pressione alleviarsi. Chi in questo contesto ha le carte peggiori da giocare, proprio perché non ha niente per coprirsi, è l'Europa. Ecco perché verrà forzata ad accettare qualsiasi accordo verrà partorito dall'amministrazione Trump. Per quanto i giornali vogliano far passare come “capricci” gli andirivieni di Trump riguardo la questione commerciale, l'incertezza che ha creato attorno all'UE e al Regno Unito è essa stessa uno strumento negoziale. Ecco perché i capitali volano negli USA: i mercati hanno prezzato questa incertezza e stanno capendo che UE e Regno Unito non hanno niente per sostenere le loro posizioni negoziali. Non bastano la BCE o la BOE che tagliano i tassi, è una questione di equity e a parte la “voce grossa” questi Paesi non ne hanno.

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di Vincent Lanci

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/loro-protagonista-una-strategia-per

Sintesi: Questa relazione esplora la rinascita dell'oro non solo come riserva di valore, ma anche come strumento monetario strategico per eludere le sanzioni, supportare la diplomazia commerciale e gestire il debito. Basandosi su precedenti storici, sviluppi contemporanei e quadri teorici come l'Accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran, questo saggio propone che gli Stati Uniti siano in grado di riprendere a operare in un mercato dell'oro a livello sovrano al fine di ridurre il debito, premiare i partner commerciali e ripristinare la base manifatturiera ed esportatrice statunitense. Questo meccanismo, un tempo dominato dalle bullion bank e ora imitato dagli stati sanzionati, consente la monetizzazione dell'oro senza una liquidazione immediata. Le coperture forward sull'oro offrono agli Stati Uniti l'opportunità di indebolire strategicamente il dollaro, al fine di rimanere competitivi nelle economie globali trainate dalle esportazioni, ridurre gli oneri di debito e sostenere gli alleati commerciali attraverso un sostegno monetario mirato. Questa relazione sostiene che la trasformazione dell'oro nell'ambito di Basilea III, unita a un cambiamento nella strategia monetaria statunitense, segna un ritorno alla funzione geopolitica fondamentale dell'oro.

I. Introduzione. L'oro è una riserva di valore; è denaro. Grazie alle sue proprietà fisiche immutabili, al riconoscimento universale e all'assenza di rischio di controparte, l'oro rappresenta un asset straordinariamente efficace nelle operazioni monetarie sovrane. Questo articolo esplora come gli Stati Uniti possano rendere operativo l'oro come strumento monetario per gestire il debito, influenzare le dinamiche dei cambi e perseguire una leva geopolitica in un mondo in via di deglobalizzazione.

II. Fondamenti storici: il carry trade delle bullion bank. A partire dagli anni '90 le bullion bank hanno adottato un modello di carry trade sull'oro che ne ha consentito la monetizzazione senza vendita. Ciò comportava:

• Detenere oro fisico di proprietà, o in prestito, da un'altra parte (posizione spot)

• Vendere quell'oro a termine (creando una potenziale passività futura)

• Investire i proventi in asset ad alto rendimento (ad esempio, titoli del Tesoro, azioni, od obbligazioni estere)

Questa struttura commerciale forniva reddito mantenendo intatte le riserve fisiche e limitando la pressione al rialzo sui prezzi dell'oro. È diventato un pilastro della strategia di gestione delle aspettative delle banche centrali e uno strumento di proiezione di un dollaro statunitense stabile e affidabile.

III. L'accordo di Mar-a-Lago. L'accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran offriva un modello per sfruttare l'oro e gestire il debito e gli squilibri commerciali degli Stati Uniti. Tale proposta prevedeva:

• Vendita delle riserve auree degli Stati Uniti

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere con rendimenti più elevati

• Riduzione dell’onere effettivo degli interessi sulle passività statunitensi

Sebbene politicamente tossici, l'ESF e strumenti simili erano già stati utilizzati nelle crisi di stabilizzazione monetaria. Sebbene l'Accordo di Miran sia stato pubblicamente accantonato, alcuni dei suoi meccanismi fondamentali rimangono praticabili.

Flusso per il carry trade di titoli sovrani statunitensi (Tesoro → Vendita a termine → Acquisto di valuta)

IV. Oro ed elusione delle sanzioni: il modello Russia-Iran. Stati sanzionati come Russia e Iran hanno sfruttato l'oro per accedere alla liquidità in dollari tramite controparti fidate. Detenendo e coprendo l'oro tramite Paesi come la Cina, generano proventi liquidi in valute locali o globali che vengono infine convertiti in dollari. Ciò consente loro di finanziare le operazioni evitando le sanzioni SWIFT e statunitensi.

L'accordo petrolio-oro tra Russia e Cina, descritto per la prima volta dall'autore di questo articolo nel 2017, ha creato un precedente. Inizialmente liquidato come una voce di corridoio, ha guadagnato terreno quando è stato successivamente riconosciuto da analisti bancari credibili. Più di recente è stato annunciato un seguito tra Cina e Arabia Saudita, in base al quale i sauditi avrebbero ricevuto il pagamento del loro petrolio in yuan con l'opzione dell'oro. Il metallo giallo sarebbe stato detenuto dalla Cina, come era avvenuto per gli accordi con la Russia. Ciò dimostra che l'oro può fungere da riserva neutrale rispetto alle sanzioni e da meccanismo di trasferimento, fungendo allo stesso tempo da ponte monetario (mBridge) verso il dollaro statunitense o altre valute, se necessario.

Flusso di evasione delle sanzioni sostenuto dall'oro (Russia → Cina → Commercio → Dollari)

V. Cambiamenti strutturali nel mercato dell'oro. Il contesto macroeconomico e normativo è cambiato:

• Basilea III riclassifica l'oro come asset di livello 1

• Recente riclassificazione dei derivati OCC Gold presso le banche

• Queste banche detenevano oltre il 90% dell’esposizione derivata all’oro degli Stati Uniti

• I Paesi BRICS ora danno priorità all’oro rispetto ai titoli del Tesoro per le riserve commerciali

Nel complesso questi cambiamenti segnalano una rivalutazione dell'oro nei bilanci sia privati ​​che sovrani.

VI. Una nuova strategia statunitense: diplomazia commerciale basata sull'oro. Gli Stati Uniti possono ora perseguire un carry trade sull'oro:

• Vendita a termine di oro a banche di fiducia

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere o debito dei mercati emergenti

• Sostegno alle valute alleate, riduzione della forza del dollaro

• Stimoli monetari evitando una cattiva gestione dell’inflazione

Questo quadro consente l'integrazione delle politiche commerciali e monetarie. Nell'ambito dei negoziati commerciali bilaterali, gli Stati Uniti possono offrire la stabilizzazione delle valute dei mercati emergenti, riducendo la resistenza alla riforma tariffaria e rafforzando i legami politici.

VII. Conclusione. L'oro sta tornando al centro della scena come strumento versatile per la politica finanziaria del XXI secolo. Adottando meccanismi di carry trade sperimentati dalle bullion bank e replicati da stati avversari, gli Stati Uniti hanno l'opportunità di allineare la gestione del debito, la strategia monetaria e la diplomazia commerciale. La convergenza tra cambiamenti normativi, rimpatrio dell'oro e frammentazione geopolitica rende questo momento particolarmente propizio per la reintegrazione strategica dell'oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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