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lunedì 21 luglio 2025

In che modo l'oro può arrivare a $10.000 l'oncia

Il motivo per cui Wall Street ha iniziato a pompare la narrativa di oro e Bitcoin è perché “ha scoperto” d'essere a corto di collaterale solido. Essendo entrambi degli asset finiti, non ce ne sono abbastanza per coprire le falle emerse nel sistema finanziario nel corso del tempo. Questo significa a sua volta che i loro prezzi dovranno saliere a un livello a cui le istituzioni si troveranno a loro disagio: più il prezzo sale in fretta, più il senso di allarme e panico si diffonderà. L'obiettivo degli Stati Uniti adesso è quello di lasciar salire i prezzi di oro e Bitcoin in modo che non dia luogo a effetti dirompenti e che non dia luogo a un altro giro di grande inflazione dei prezzi. Io sono dell'idea che la FED abbia smesso di sopprimere il prezzo dell'oro circa 5 anni fa; chi invece sta perseverando lungo questo percorso è Londra, la LBMA in particolare. Perché? Perché il metallo giallo sta volando da Londra a New York. Con Scott Bessent al Dipartimento del Tesoro che ne può usare il Conto Generale e Powell alla Federal Reserve, queste due istituzioni americane, in mano a chi fa gli interessi della nazione adesso, hanno a disposizione strumenti di “persuasione” convincenti. Il problema con i colonialisti europei è che vogliono una CBDC con cui smantellare il sistema bancario commerciale e far interfacciare le persone solo ed esclusivamente con la banca centrale, il cui denaro programmabile servirà a diffondere controllo capillare con cui far sopravvivere un giorno in più un continente privo di qualsivoglia collaterale. Da qui è facile capire come mai JP Morgan, Bank of America, Goldman Sachs, ecc. ha iniziato questo braccio di ferro contro i colonialisti europei: sono azionisti della NYFED e per estensione della FED stessa, quindi non avrebbero mai potuto accettare una loro dipartita. Come ho spiegato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, gli infiltrati nelle stanze dei bottoni americane puntavano a questo esito per poi trasferire gli asset in Europa. Quindi Wall Street ha individuato la minaccia diretta nei propri confronti e ha assecondato la creazione del SOFR per emanciparsi dal LIBOR. Gli USA hanno la valuta più forte e credibile del mondo, perché gli investitori dovrebbero andare a Hong Kong o a Singapore per ricercare rendimenti piuttosto che essere pagati per il privilegio di avere il sistema “idraulico” finanziario più affidabile del mondo? Lo stesso vale per il commercio al consumo. Ed è su queste basi che verranno creati “due dollari”: uno a circolazione interna che agevolerà gli americani e l'altro a circolazione esterna che verrà trattato a sconto, ovvero chi vorrà fare affari dovrà pagare una “commissione” per accedere al mercato più liquido e credibile del mondo. Non fraintendetemi, un giorno il dollaro sarà probabilmente sostituito come valuta di riserva mondiale, ma ciò accadrà quando il DXY arriverà a un'altezza tale che gli altri saranno costretti a scegliere un'alternativa. Fino ad allora, però, il dollaro rimarrà il Re.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/in-che-modo-loro-puo-arrivare-a-10000)

Lo scorso aprile il mercato dell'oro ha continuato la sua impennata senza precedenti di consegne fisiche dalle borse a termine, segnalando un cambiamento significativo nelle dinamiche finanziarie globali. Il COMEX ha registrato la consegna di 64.514 contratti sull'oro, equivalenti a circa 6,45 milioni di once o $21,3 miliardi in valore, segnando il secondo volume di consegne più alto mai registrato.

Il CME Comex è un mercato chiave per la negoziazione a termine su oro, argento e altre materie prime, dove i contratti possono anche essere convertiti in metallo fisico tramite consegna.

In genere i contratti aperti diminuiscono drasticamente prima dell'inizio della consegna, ma questa volta le posizioni sono aumentate inaspettatamente e sono state in gran parte liquidate in contanti anziché consegnate, alimentando speculazioni su potenziali carenze latenti e forti incentivi per la liquidazione in contanti. Ciononostante la domanda di consegna immediata è rimasta forte, con oltre 10.000 nuovi contratti aperti, la seconda cifra più alta mai registrata.

Contemporaneamente le scorte di oro sono diminuite dall'inizio di aprile, probabilmente a causa di questi accordi insoliti e dei successivi prelievi fisici. Nonostante le previsioni secondo cui le modifiche ai dazi ridurrebbero l'arbitraggio e rallenteranno i flussi di oro da Londra agli Stati Uniti, la domanda di futures e consegne fisiche rimane robusta con l'avvicinarsi di maggio.

Questo straordinario movimento ha suscitato speculazioni sulle cause sottostanti. Le tensioni geopolitiche, come i conflitti in corso tra Russia e Ucraina, Iran e Israele, e le complesse dinamiche tra India e Pakistan, hanno indubbiamente contribuito a un aumento della domanda di beni rifugio come l'oro. Inoltre l'intensificarsi delle controversie commerciali tra le principali economie ha ulteriormente alimentato l'incertezza, rendendo l'oro un'opzione interessante per preservare la ricchezza.

Tuttavia, al di là di questi fattori immediati, si cela una trasformazione più profonda nel sistema finanziario globale. Dal 2008 circa Paesi come Russia e Cina hanno attivamente ridotto la loro dipendenza dal dollaro statunitense. Questa tendenza è stata accelerata da recenti sviluppi, tra cui la decisione dell'Arabia Saudita di regolare le transazioni petrolifere in valute diverse dal dollaro. Tali iniziative indicano un passaggio collettivo verso un quadro monetario più diversificato.

In una recente intervista Luke Gromen sostiene che l'attuale sistema incentrato sul dollaro è insostenibile a causa dei crescenti deficit e livelli di debito negli Stati Uniti e suggerisce che la transizione all'oro come asset di riserva neutrale potrebbe facilitare una struttura economica globale più equilibrata. Questo approccio consentirebbe di quotare le materie prime in più valute, riducendo la dipendenza dalle politiche economiche di ogni singola nazione.

Gromen osserva inoltre che il conflitto in Ucraina ha messo in luce i limiti delle strategie militari convenzionali, sottolineando la necessità di strumenti economici per affermare la propria influenza. Adottando l'oro come risorsa di riserva, le nazioni possono affrontare le sfide geopolitiche senza ricorrere allo scontro militare diretto, sempre più insostenibile in un mondo con capacità nucleari ed economie profondamente interconnesse.

Le implicazioni di un simile cambiamento sono profonde. La rivalutazione dell'oro a livelli di $7.500 e persino $10.000 l'oncia potrebbe consentire al Dipartimento del Tesoro statunitense di rafforzare significativamente la propria posizione finanziaria, qualora si verificasse un cambiamento. Adeguando il prezzo ufficiale delle sue riserve auree, il Dipartimento del Tesoro potrebbe generare un valore compreso tra i $2.000 e i $3.000 miliardi, fornendo una consistente iniezione nel Conto Generale del Tesoro senza aumentare il debito.

In questo contesto le massicce consegne di oro osservate ad aprile potrebbero non essere una coincidenza, osserva Gromen. Potrebbero rappresentare mosse strategiche da parte di attori statali, inclusi gli stessi Stati Uniti, per prepararsi a una ridefinizione del panorama monetario.

La portata di queste transazioni suggerisce un coinvolgimento ai massimi livelli, poiché movimenti così significativi normalmente attirerebbero l'attenzione degli enti regolatori se non fossero effettuati da entità dotate di autorità sovrana.

Sta iniziando a sembrare chiaro che, mentre l'economia globale si trova sull'orlo di un potenziale reset monetario, il ruolo dell'oro viene rivalutato. Non posso fare a meno di pensare che dovrei continuare a monitorare attentamente questi sviluppi, poiché potrebbero annunciare una nuova era nell'architettura della finanza globale.

Potrebbe esserci qualcosa di grosso in cantiere...


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 16 luglio 2025

L'oro protagonista: una strategia per facilitare l'eccellenza degli Stati Uniti nel XXI secolo

Il DXY ha un'importanza marginale nei mercati. È policy. Quello che sta accadendo ora nel mercato del Forex è il precursore di una crisi del debito sovrano. L'attacco al SOFR ad aprile ottiene adesso risposta con la rottura del peg del dollaro di Hong Kong. L'altro peg importante, quello del riyal saudita, non sta soffrendo affatto. Questo mi suggerisce che Bessent & Co. stanno rispondendo per le rime a Londra e Bruxelles. Infatti il punto di vantaggio americano, in questo momento storico, è che per quanto possano essere grandi le passività statunitensi, esse sono localizzate e non più internazionalizzate. Adesso gli asset non contabilizzati (es. risorse minerarie, home equity, stato di diritto americano, sistema “idraulico” finanziario americano, ecc.) possono essere messi a esclusiva copertura dell'economia statunitense (diversamente dal passato quando c'era il LIBOR) per resistere ai venti contrari provenienti da decenni di distorsioni economiche e finanziarie. E questo riguarda anche la politica monetaria e questo mese possiamo aspettarci un tagli dei tassi di 50 punti base da parte della FED. Tagliare nel mezzo di un confronto bellico acceso, che rischiava di trascinarsi dietro gli USA, non era saggio. Trump e Powell vogliono la stessa cosa, ma per ragioni diverse. Powell vuole distruggere il mercato del dollaro offshore restringendo la liquidità in dollari. E lo sta facendo supportando l'obiettivo finale di Trump: rompere l'Europa. Per quanto Trump voglia affrontare il rollover del debito di questa estate con tassi più agevolati, non era affatto automatico che un taglio prematuro dei tassi avrebbe fatto scendere il back-end della curva dei rendimenti. Invece adesso, con il cessate il fuoco tra Israele e Iran, e uno potenziale tra Israele e Palestina, oltre al rinnovato afflusso di capitali negli USA, Powell può tagliare i tassi. Il front-end è coadiuvato da una crescita dell'economia statunitense e il back-end sentirà la pressione alleviarsi. Chi in questo contesto ha le carte peggiori da giocare, proprio perché non ha niente per coprirsi, è l'Europa. Ecco perché verrà forzata ad accettare qualsiasi accordo verrà partorito dall'amministrazione Trump. Per quanto i giornali vogliano far passare come “capricci” gli andirivieni di Trump riguardo la questione commerciale, l'incertezza che ha creato attorno all'UE e al Regno Unito è essa stessa uno strumento negoziale. Ecco perché i capitali volano negli USA: i mercati hanno prezzato questa incertezza e stanno capendo che UE e Regno Unito non hanno niente per sostenere le loro posizioni negoziali. Non bastano la BCE o la BOE che tagliano i tassi, è una questione di equity e a parte la “voce grossa” questi Paesi non ne hanno.

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di Vincent Lanci

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/loro-protagonista-una-strategia-per

Sintesi: Questa relazione esplora la rinascita dell'oro non solo come riserva di valore, ma anche come strumento monetario strategico per eludere le sanzioni, supportare la diplomazia commerciale e gestire il debito. Basandosi su precedenti storici, sviluppi contemporanei e quadri teorici come l'Accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran, questo saggio propone che gli Stati Uniti siano in grado di riprendere a operare in un mercato dell'oro a livello sovrano al fine di ridurre il debito, premiare i partner commerciali e ripristinare la base manifatturiera ed esportatrice statunitense. Questo meccanismo, un tempo dominato dalle bullion bank e ora imitato dagli stati sanzionati, consente la monetizzazione dell'oro senza una liquidazione immediata. Le coperture forward sull'oro offrono agli Stati Uniti l'opportunità di indebolire strategicamente il dollaro, al fine di rimanere competitivi nelle economie globali trainate dalle esportazioni, ridurre gli oneri di debito e sostenere gli alleati commerciali attraverso un sostegno monetario mirato. Questa relazione sostiene che la trasformazione dell'oro nell'ambito di Basilea III, unita a un cambiamento nella strategia monetaria statunitense, segna un ritorno alla funzione geopolitica fondamentale dell'oro.

I. Introduzione. L'oro è una riserva di valore; è denaro. Grazie alle sue proprietà fisiche immutabili, al riconoscimento universale e all'assenza di rischio di controparte, l'oro rappresenta un asset straordinariamente efficace nelle operazioni monetarie sovrane. Questo articolo esplora come gli Stati Uniti possano rendere operativo l'oro come strumento monetario per gestire il debito, influenzare le dinamiche dei cambi e perseguire una leva geopolitica in un mondo in via di deglobalizzazione.

II. Fondamenti storici: il carry trade delle bullion bank. A partire dagli anni '90 le bullion bank hanno adottato un modello di carry trade sull'oro che ne ha consentito la monetizzazione senza vendita. Ciò comportava:

• Detenere oro fisico di proprietà, o in prestito, da un'altra parte (posizione spot)

• Vendere quell'oro a termine (creando una potenziale passività futura)

• Investire i proventi in asset ad alto rendimento (ad esempio, titoli del Tesoro, azioni, od obbligazioni estere)

Questa struttura commerciale forniva reddito mantenendo intatte le riserve fisiche e limitando la pressione al rialzo sui prezzi dell'oro. È diventato un pilastro della strategia di gestione delle aspettative delle banche centrali e uno strumento di proiezione di un dollaro statunitense stabile e affidabile.

III. L'accordo di Mar-a-Lago. L'accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran offriva un modello per sfruttare l'oro e gestire il debito e gli squilibri commerciali degli Stati Uniti. Tale proposta prevedeva:

• Vendita delle riserve auree degli Stati Uniti

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere con rendimenti più elevati

• Riduzione dell’onere effettivo degli interessi sulle passività statunitensi

Sebbene politicamente tossici, l'ESF e strumenti simili erano già stati utilizzati nelle crisi di stabilizzazione monetaria. Sebbene l'Accordo di Miran sia stato pubblicamente accantonato, alcuni dei suoi meccanismi fondamentali rimangono praticabili.

Flusso per il carry trade di titoli sovrani statunitensi (Tesoro → Vendita a termine → Acquisto di valuta)

IV. Oro ed elusione delle sanzioni: il modello Russia-Iran. Stati sanzionati come Russia e Iran hanno sfruttato l'oro per accedere alla liquidità in dollari tramite controparti fidate. Detenendo e coprendo l'oro tramite Paesi come la Cina, generano proventi liquidi in valute locali o globali che vengono infine convertiti in dollari. Ciò consente loro di finanziare le operazioni evitando le sanzioni SWIFT e statunitensi.

L'accordo petrolio-oro tra Russia e Cina, descritto per la prima volta dall'autore di questo articolo nel 2017, ha creato un precedente. Inizialmente liquidato come una voce di corridoio, ha guadagnato terreno quando è stato successivamente riconosciuto da analisti bancari credibili. Più di recente è stato annunciato un seguito tra Cina e Arabia Saudita, in base al quale i sauditi avrebbero ricevuto il pagamento del loro petrolio in yuan con l'opzione dell'oro. Il metallo giallo sarebbe stato detenuto dalla Cina, come era avvenuto per gli accordi con la Russia. Ciò dimostra che l'oro può fungere da riserva neutrale rispetto alle sanzioni e da meccanismo di trasferimento, fungendo allo stesso tempo da ponte monetario (mBridge) verso il dollaro statunitense o altre valute, se necessario.

Flusso di evasione delle sanzioni sostenuto dall'oro (Russia → Cina → Commercio → Dollari)

V. Cambiamenti strutturali nel mercato dell'oro. Il contesto macroeconomico e normativo è cambiato:

• Basilea III riclassifica l'oro come asset di livello 1

• Recente riclassificazione dei derivati OCC Gold presso le banche

• Queste banche detenevano oltre il 90% dell’esposizione derivata all’oro degli Stati Uniti

• I Paesi BRICS ora danno priorità all’oro rispetto ai titoli del Tesoro per le riserve commerciali

Nel complesso questi cambiamenti segnalano una rivalutazione dell'oro nei bilanci sia privati ​​che sovrani.

VI. Una nuova strategia statunitense: diplomazia commerciale basata sull'oro. Gli Stati Uniti possono ora perseguire un carry trade sull'oro:

• Vendita a termine di oro a banche di fiducia

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere o debito dei mercati emergenti

• Sostegno alle valute alleate, riduzione della forza del dollaro

• Stimoli monetari evitando una cattiva gestione dell’inflazione

Questo quadro consente l'integrazione delle politiche commerciali e monetarie. Nell'ambito dei negoziati commerciali bilaterali, gli Stati Uniti possono offrire la stabilizzazione delle valute dei mercati emergenti, riducendo la resistenza alla riforma tariffaria e rafforzando i legami politici.

VII. Conclusione. L'oro sta tornando al centro della scena come strumento versatile per la politica finanziaria del XXI secolo. Adottando meccanismi di carry trade sperimentati dalle bullion bank e replicati da stati avversari, gli Stati Uniti hanno l'opportunità di allineare la gestione del debito, la strategia monetaria e la diplomazia commerciale. La convergenza tra cambiamenti normativi, rimpatrio dell'oro e frammentazione geopolitica rende questo momento particolarmente propizio per la reintegrazione strategica dell'oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 7 marzo 2025

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #3): la fine del carry trade sullo yen e lo sgretolamento della LBMA

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-7ed)

In questa serie di saggi collegati tra loro, e che esplorano il mondo creato dall'eurodollaro, abbiamo inizialmente fatto una panoramica generale di tale mercato e di come si sia evoluto nel corso del tempo; poi abbiamo dato la nostra risposta alla domanda più importante di tutte: chi ha alimentato il mercato dell'eurodollaro per i propri scopi. La risposta: la creatura di Threadneedle Street. Ora c'è un altro tassello da inserire nel mosaico dell'eurodollaro: la BoJ e il carry trade sullo yen che ha caratterizzato l'era della ZIRP. L'incredibile deformazione economica e finanziaria partorita dalla Banca del Giappone, la più attiva durante la cosiddetta era del “consenso delle principali banche centrali del mondo”, ha permesso a Bruxelles e a Londra di attingere da un'ulteriore fonte di finanziamento facile per portare avanti i propri imperi e far guadagnare tempo all'euro e alla sterlina. Quest'ultima è ancora più sotto pressione oggi a causa dello sgretolamento della LBMA, ma questo è un argomento che affronteremo nella seconda parte del saggio di oggi. Il punto fondamentale qui è uno: invertire decenni di ramificazioni del mercato dell'eurodollaro, i quali hanno dato vita a tutta una serie di mostri monetari utili solamente alla City di Londra e alla cricca di Davos per sostenere i loro piani di “ristrutturazione mondiale” e uscirne come punti di riferimento nel sistema successivo. Questo, inutile dirlo, a scapito di quelle nazioni che mettevano “involontariamente” sul piatto la propria ricchezza reale: Stati Uniti e Giappone.


LA FINE DEL CARRY TRADE SULLO YEN

La Banca del Giappone ha infine concluso la sua linea di politica di tassi negativi durata otto anni e ha invertito la maggior parte delle sue strategie di quantitative easing non convenzionali, affermando che il Giappone si sta avvicinando a una nuova era di “inflazione stabile”. Il governatore della BoJ, Kazuo Ueda, ha anche affermato che le linee di politica della banca hanno “raggiunto i loro obiettivi” e ha aggiunto il motivo per cui l'aumento era giustificato: salari e prezzi stanno aumentando costantemente in Giappone. La BoJ sta, quindi, aggiustando il suo obiettivo primario riguardo i tassi d'interesse a breve termine e l'anno scorso ha fatto segnare il suo primo rialzo dei tassi sin dal 2007.

Nel 2016 la Banca del Giappone aveva adottato la NIRP con l'obiettivo di “stimolare i prestiti” per rivitalizzare l'economia stagnante della nazione. Questo approccio, utilizzato anche dalla BCE in Europa, significa fondamentalmente che i depositanti pagano commissioni alle banche per detenere il loro denaro e consente ai mutuatari di ottenere prestiti a costi molto bassi, incoraggiando così la spesa. Una deformazione “necessaria” nel mondo capovolto dell'economia moderna, dove il debito pubblico delle varie nazioni in percentuale del PIL è fuori scala e la bomba demografica continua a ticchettare insistentemente (pensionati in aumento + tassi di natalità in calo). La soppressione dei tassi è andata avanti eseguendo quella che viene chiamata Yield Curve Control: stampare yen per acquistare obbligazioni e abbassarne i rendimenti quando essi salivano troppo in alto e venderle se i rendimenti scendevano troppo in basso.

Utilizzando la YCC il governatore della BoJ, Kuroda, aveva sperato di passare da un QE estremamente accomodante a una posizione monetaria meno accomodante. Per quanto c'abbia provato, ha finito lo stesso per essere accomodante, poiché c’era un’offerta permanente su qualsiasi JGB. La BoJ ha divorato obbligazioni giapponesi giorno dopo giorno, sia attraverso le convenzionali operazioni di “acquisto fisso” sia attraverso le “operazioni di acquisto non programmate”. Entrambi questi strumenti sono stati utilizzati per mantenere bassi i tassi e hanno tenuto operativo il QE come effetto collaterale. 

Ciò è chiaramente visibile nel bilancio della BoJ, dove possiamo osservare la crescita costante delle attività dal 2012 in poi.

In quel periodo accaddero diverse cose importanti. Shinzo Abe assunse il ruolo di Primo Ministro e, subito dopo l'insediamento, svelò la sua strategia economica, nota come “le tre frecce”. Ogni freccia simboleggiava una componente del suo piano economico: la prima rappresentava l'allentamento monetario, la seconda la politica fiscale adattiva e la terza mirava a rappresentare strategie per la crescita e le riforme strutturali. Il 2012 fu anche una pietra miliare nel regno degli obiettivi monetari: sia la FED che la BoJ adottarono un obiettivo di inflazione al 2%. Di conseguenza queste due banche centrali si misero a capo di quel collettivo di banche centrali del mondo che avrebbero adottato una linea di politica identica e sincronizzata, inaugurata dalla Nuova Zelanda nel 1990.

Il Monetary Policy Meeting tenutosi nell'aprile 2013 segnò il debutto di Haruhiko Kuroda come Governatore della Banca del Giappone. Durante quell'incontro fu annunciato qualcosa chiamato Quantitative and Qualitative Monetary Easing: il suo obiettivo primario era di raggiungere un tasso di inflazione del 2% entro un lasso di tempo di circa due anni. La strategia era progettata per combattere la deflazione nella nazione espandendo le dimensioni del suo bilancio e migliorandone la qualità attraverso sia una crescita “quantitativa” che miglioramenti “qualitativi”. In pratica questo significava che la BoJ si sarebbe concentrata non solo sull'acquisto di più asset, ma nello specifico sull'acquisto di più asset illiquidi e rischiosi, rimuovendo di fatto questi titoli “tossici” dal sistema bancario e mettendoli nel bilancio della banca centrale. Ciò avrebbe aumentato il rischio di perdite mark to market per la BoJ, ma questo “non aveva importanza” poiché avrebbe potuto sempre stampare più yen per coprire eventuali perdite.

La BoJ si sarebbe impegnata a proseguire con il suo programma e a potenziarlo se necessario. Il focus si spostò dal tasso d'interesse di riferimento (l'uncollateralized overnight call rate) alla base monetaria. Il piano QQE del 2013 comportava l'espansione annuale della base monetaria di un ammontare compreso tra i ¥60.000 miliardi e i ¥70.000 miliardi. Le componenti principali di questi acquisti includevano:

• JGB: scadenza fino a 40 anni e con una scadenza media di 6-8 anni;

• Fondi negoziati in borsa (ETF): ¥1.000 miliardi;

• Titoli d'investimento nel mercato immobiliare (J-REIT): ¥30 miliardi.

Il piano fu poi ampliato a ¥80.000 miliardi. Questo programma è durato un decennio e nel 2018 gli asset detenuti dalla banca centrale giapponese crebbero fino a diventare più grandi dell'economia giapponese stessa!

Quando la FED ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi nel marzo 2022, abbiamo visto un'enorme pressione accumularsi sul sistema finanziario giapponese, e questo ha portato la loro valuta a esplodere.

Tale pressione s'è accumulata per tutta la primavera e l'estate dello scorso anno. A fine aprile 2024 la BoJ ha tenuto una conferenza stampa che ha visto il pair USDJPY salire di ¥3 solo durante il corso delle discussioni. I funzionari sono andati rapidamente nel panico e hanno autorizzato due interventi: uno dopo l'altro in rapida successione. Il Ministero delle finanze, in collaborazione con la banca centrale, ha speso ¥9.000 miliardi in interventi monetari. Le autorità giapponesi di solito non confermano immediatamente se sono intervenute nei mercati valutari, ma spesso avvertono che sono pronte a intervenire se ci sono troppe “operazioni speculative”. Inoltre non bisogna scordarsi di una cosa: il Giappone ha superato la Cina in quanto a possedimenti dei titoli di stato americani ($1.000+ miliardi), oltre a valuta estera pari a $100 miliardi, ed entrambe le cose possono essere utilizzate per difendere lo yen mantenendolo intorno al livello 140-150.

L'obiettivo di questi interventi era semplice: far saltare le posizioni short con quanta più potenza di fuoco possibile, nel modo più casuale possibile, per incutere paura e impedire ai nuovi carry trader di aprire posizioni. Ricordate che i carry trade prendono in prestito in una valuta e prestano, o investono, in un'altra, guadagnando la differenza tra le due operazioni. In genere i carry trader copriranno uno o entrambi i lati della loro operazione in modo che le possibilità di margin call siano basse o inesistenti; tuttavia il costo di impostazione e mantenimento degli swap per farlo erode i profitti.

A tal proposito il Giappone ha rappresentato un gigantesco meccanismo di finanziamento per i carry trader a causa dei suoi tassi d'interesse sotto lo zero: era estremamente economico prendere in prestito in yen, senza contare che a un certo punto i tassi dei depositi a tempo erano addirittura negativi, il che significava che i mutuatari venivano pagati per accendere prestiti.

Ma l'altro motivo per cui il Giappone ha creato un carry trade così grande (che gli analisti di Deutsche Bank hanno stimato in un equivalente sbalorditivo di $20.000 miliardi!) era dovuto alla mancanza di volatilità nella politica monetaria stessa. La Banca del Giappone stava aggiustando il suo QE, le sue bande YCC, ma il tasso d'interesse di base, quello addebitato per i prestiti di riserva dalla banca centrale stessa, non era cambiato. Tenete a mente che il tasso di riferimento della BoJ è il parametro di riferimento su cui vengono giudicati tutti gli altri tassi: quando si muove, si muove l'intero complesso dei tassi... almeno in teoria. Poiché questo tasso è rimasto a -10 punti base sin dal 2016, c'è stata essenzialmente zero volatilità su un'intera gamba, quella del finanziamento del carry trade. Ciò lo ha reso molto più redditizio di quanto non sarebbe stato altrimenti, poiché i trader non dovevano pagare per coprire questo rischio. La stabilità fornita dalla BoJ ha incoraggiato sempre più carry trader a buttarsi a capofitto in questa operazione, cosa che alla fine ha messo straordinaria pressione sullo yen, tanto che si è svalutato del 50% in due anni.

Il risparmiatore medio giapponese è ovviamente quello che ha pagato il prezzo. E i banchieri centrali, che non devono rendere conto a nessuno, hanno continuato questa linea di politica folle per anni.

La BoJ, però, ha annunciato piani per ridurre gradualmente i suoi acquisti di titoli di stato della metà, fino a ¥3.000 miliardi al mese entro l'inizio del 2026. Ha inoltre dichiarato di aver cessato le sue politiche di controllo della curva dei rendimenti e di allentamento qualitativo e quantitativo. Prevede inoltre di ridurre gradualmente i suoi acquisti di obbligazioni societarie e commerciali con l'obiettivo di eliminare gradualmente queste operazioni nel giro circa di un anno. Sotto la guida di Ueda, la BoJ ha rialzato i tassi di un totale di 50 punti base in meno di un anno. L'aumento ha avuto conseguenze immediate: lo yen ha immediatamente iniziato ad apprezzarsi rispetto al dollaro, scendendo costantemente a 146. Tutti i carry trader USDJPY sono finiti sotto il proverbiale rullo compressore. Viene smantellata tutta quella leva finanziaria che stava spingendo lo yen sopra i 160, con grande approvazione di Ueda che voleva disperatamente fermare la crisi monetaria sul nascere.

Ma niente avviene senza pagarne il prezzo, soprattutto quando si tratta di interventismo economico. Dover raddrizzare la situazione significa imboccare la strada del dolore economico, scelta obbligata quando si tratta di dover correggere anni e anni di deformazioni economiche. Ma qui ci viene incontro la lezione dell'Argentina, noto laboratorio statunitense da quando Milei è salito al potere per vedere a cosa avrebbe portato una terapia shock: dolore nel breve termine, sollievo/prosperità nel lungo termine. Anzi, è passato poco più di un anno e l'Argentina sta già vedendo i benefici che ha avuto la cura Milei nel Paese. La stessa cosa accadrà negli Stati Uniti, soprattutto lungo la scia dei tagli alla spesa pubblica come sta accadendo con lo smantellamento della USAID. Oltre a tagliare la spesa pubblica questo approccio permetterà anche di offrire sollievo alla popolazione in generale attraverso misure fiscali direzionate a puntellare la resilienza degli americani e rafforzare la loro fiducia nel futuro della nazione.

La stessa cosa può accadere in Giappone, visto che la BoJ adesso si muove in sintonia con la FED. Il dolore economico si presenterà alle porte della nazione nipponica sotto forma di un pagamento di interessi per il suo gigantesco debito pubblico pari al 13% del PIL. Ma questo non deve spaventare le autorità giapponesi, dato che la partnership con gli USA avrà i suoi vantaggi adesso che questi ultimi si sono liberati dal giogo del LIBOR e possono indirizzare la politica monetaria/fiscale in base alle loro reali esigenze. Per quanto possano essere seri i problemi economici di Stati Uniti e Giappone, a questo punto, non lo saranno di più di quelli di Europa e Inghilterra che hanno svuotato le loro economie della manifattura per finanziarizzarle, forti del fatto che avrebbero avuto un accesso privilegiato alla stampante della FED con cui drenare ricchezza reale americana e quindi sostenersi nel tempo. Non avrebbero potuto rendere ipertrofici i loro Stati sociali altrimenti.

Adesso sono loro a dover metter mano alla stampante o vendere i propri asset, ma con quale collaterale?


LO SGRETOLAMENTO DELLA LBMA

Il mese scorso i caveau della Banca d'Inghilterra hanno assistito a un esodo di oro, poiché i trader si sono affrettati a spostare i lingotti negli Stati Uniti, temendo gli effeti di potenziali dazi sul commercio mondiale. Circa $82 miliardi in oro, il 2% delle riserve totali della BoE, sono stati spediti oltreoceano riducendo l'offerta sul mercato di Londra e facendo schizzare i tassi di prestito a breve termine per l'oro dal 2-3% a quasi il 10%. L'enorme volume di prelievi ha persino causato colli di bottiglia logistici, con tempi di attesa per i prelievi di oro che si sono estesi da pochi giorni un mese fa a 4-8 settimane ora. Questo processo continuerà fino a quando gli acquirenti non si saranno esauriti, o un catalizzatore fondamentale non interverrà per fermare il riscatto indotto dalla paura.

Questa corsa all'oro fisico è un altro segno che la fiducia nei sistemi monetari fiat si sta erodendo, ma non è la prima volta che i mercati mettono alla prova la Banca d'Inghilterra. Prima della recente corsa all'oro, il mercato dei titoli di stato aveva già messo a nudo la fragilità del sistema finanziario del Regno Unito. Anni di politica monetaria ultra-elastica, prestiti governativi senza freni e una banca centrale intrappolata tra la lotta all'inflazione e il mantenimento a galla dei mercati hanno creato la tempesta perfetta. Inoltre i lingotti d'oro conservati presso la Banca d'Inghilterra sono stati scambiati a un prezzo scontato rispetto al mercato generale, poiché i ritardi nei prelievi li rendono meno desiderabili dell'oro conservato in caveau più accessibili... oppure il mercato sta iniziando a valutare il fatto che la BoE potrebbe non avere effettivamente l'oro dichiarato ufficialmente.

La Banca d'Inghilterra svolge un ruolo fondamentale nel mercato dell'oro di Londra, il più grande hub mondiale per il commercio di lingotti. Detiene conti in oro per altre banche centrali, le quali scelgono Londra per la sua convenienza nel prestito o nella vendita di oro. La BoE consente inoltre a determinate entità commerciali (come le bullion bank) di detenere conti in oro presso di essa, il che fornisce liquidità alle banche centrali, e i caveau conservano una parte significativa dei lingotti d'oro “London Good Delivery” che soddisfano gli standard LBMA. L'oro conservato presso la BoE può essere utilizzato per prestiti e swap, il che ovviamente va a cambiare la struttura del mercato. L'oro conservato presso la Banca d'Inghilterra viene quotato a sconti superiori a $5 l'oncia rispetto al prezzo spot di Londra. Questo divario di prezzo potrebbe sembrare piccolo, ma in realtà è enorme, poiché l'oro presso la BoE in genere viene scambiato esattamente in linea con il mercato più ampio di Londra. Dal punto di vista storico eventuali premi o sconti sono sempre risultati minimi, solitamente solo pochi centesimi l'oncia, quindi l'attuale sconto di $5 l'oncia è centinaia di volte più grande del normale!

La Banca d'Inghilterra detiene oltre 400.000 lingotti d'oro, per un valore di oltre $450 miliardi ai prezzi correnti. Questa è solo una frazione delle oltre 8.000 tonnellate di oro immagazzinate a Londra, secondo la LBMA. Tuttavia una parte significativa di tale stock è di proprietà di fondi negoziati in borsa (ETF), altre banche centrali e investitori a lungo termine che potrebbero non essere disposti a vendere. Ciò significa che il mercato è estremamente stretto.

Le banche centrali in particolare non sembrano essere disposte a vendere, anzi sono state impegnate in una frenesia di acquisti di lingotti negli ultimi anni. Nel 2024 gli acquisti di oro sono rimasti forti, confermando una tendenza di aumento a cui abbiamo assistito nell'ultimo decennio, ma soprattutto dopo la crisi sanitaria. Le banche centrali hanno aggiunto 1.045 tonnellate metriche nette alle loro riserve auree, segnando il terzo anno consecutivo di acquisti superiori a 1.000 tonnellate. Questo accumulo è stato alimentato da un gruppo eterogeneo di Paesi, con la Banca nazionale di Polonia in testa che ha aggiunto 90 tonnellate portando le sue riserve totali a 448 tonnellate (il 17% delle sue riserve internazionali totali). Altri acquirenti degni di nota erano la Banca centrale di Ungheria, che ha aumentato le sue riserve di 16 tonnellate, e la Banca nazionale di Serbia, che ha aggiunto 8 tonnellate (grandi cifre per Paesi piccoli in termini di popolazione e PIL).

Il primo trimestre del 2024 aveva anche stabilito un nuovo record per la domanda di oro delle banche centrali, con acquisti netti per un totale di 290 tonnellate. Questa impennata è stata in gran parte attribuita ai grandi acquisti da parte di Cina, Turchia e India, con l'India in testa. Alla fine del 2024 le riserve auree totali delle banche centrali mondiali avevano raggiunto circa 36.699 tonnellate metriche, pari a un enorme 17% di tutto l'oro estratto.

Le banche centrali stanno effettuando una svolta strategica verso l'oro come copertura contro la volatilità economica e un mezzo per diversificare le loro riserve.

A causa di questa massiccia corsa a rispedire l'oro negli Stati Uniti e nel COMEX, i mercati hanno iniziato a lanciare segnali di stress: il tasso di locazione a 1 mese a Londra ha iniziato a salire a dicembre e poi ha superato i massimi di 5 anni a gennaio. Esso rappresenta il rendimento che gli individui che detengono lingotti nei caveau di Londra possono guadagnare prestando il loro metallo a breve termine. L'impennata di questo tasso significa che la domanda è più forte che in qualsiasi altro periodo degli ultimi anni, e di molto anche. Sono principalmente le bullion bank ad alimentare questa domanda, le quali stanno cercando di prendere in prestito più oro possibile per arbitrare la differenza di prezzo tra Londra e New York. Non solo, ma devono passare dalla Svizzera per fondere i lingotti: le barre standard da 400 once scambiate a Londra non possono essere spedite direttamente a New York per la consegna al COMEX, visto che i contratti denominati in tale peso, inaugurati nel 2020, raramente vengono usati. Invece i trader devono “ri-raffinare” i lingotti in barre da 100 once a Zurigo prima di spedirle negli Stati Uniti. Di conseguenza i premi sono saliti fino a $50 per oncia, rendendo l'operazione altamente redditizia per gli arbitraggisti.

Un altro segnale che il mercato è sotto stress è il fatto che i futures sono entrati in backwardation: i prezzi forward a 1 mese vengono scambiati al di sotto dello del livello spot, il che indica che i trader vogliono l'oro subito, e pagheranno un premio per averlo, piuttosto che aspettare un mese per la consegna. La domanda di oro fisico sta salendo alle stelle. La backwardation è più marcata per l'argento. I tassi di locazione a un mese sono saliti all'8%, ben al di sopra di quelli dell'oro.

In ogni caso, le tensioni sul mercato stanno chiaramente preoccupando i funzionari della BoE, così come altre importanti bullion bank. Londra sta venendo prosciugata e i caveau di New York (gestiti da COMEX o banche affiliate al COMEX come JPM) stanno facendo incetta. Mentre questo panico attanaglia Londra e le tempistiche di consegna si allungano a 1-2 mesi, le bullion bank continueranno a darsi da fare per ottenere quanto più oro fisico possibile. Ecco perché lo stanno prendendo in prestito dal mercato (i tassi di locazione stanno esplodendo), ecco perché hanno iniziato a riscattare l'oro detenuto nei caveau della BoE, ecco perché tutti i certificati cartacei legati all'oro hanno iniziato a essere scambiati a un prezzo scontato. L'Imperatore (inglese) è nudo. 

Nel frattempo il COMEX sta importando tutto l'oro su cui riesce a mettere le mani, forse per anticipare le richieste di riscatto dei propri clienti. Se questo processo continua al ritmo attuale, in poche settimane supereranno persino i precedenti record durante la crisi sanitaria. Queste tensioni si manifestano anche in altri mercati dell'oro sintetico: il GLD, il più grande ETF sull'oro negli Stati Uniti, ha visto i suoi tassi di prestito salire alle stelle. L'ETF SPDR Gold conserva il suo oro in diversi caveau, ma quello principale si trova a Londra. L'oro è detenuto sotto forma di lingotti allocati, il che significa che ognuno di essi è specificamente assegnato all'ETF e non può essere utilizzato per altri scopi.

Molti scrittori, tra cui ANOTHER e FOFOA, hanno costantemente messo in evidenza come sarebbe andata a finire la manipolazione dell'oro cartaceo presso la LBMA e una conseguente rivalutazione reale del metallo giallo. Le rivendicazioni cartacee sono rappresentazioni senza valore e man mano che il capitale si riversa nell'oro fisico, ciò fa schizzare in alto il prezzo di quest'ultimo. Per quanto anche il COMEX non sia un player senza macchie, almeno ha delle regole; la LBMA, invece, non applica alcun freno alla creazione sintetica di oro da investimento. La LBMA e la Banca d'Inghilterra sono l'epicentro della truffa dell'oro sintetico, insieme a molte altre, attirando la domanda verso i derivati e sopprimendo il prezzo dell'oro fisico in modo che i player istituzionali potessero ottenere lingotti a basso costo, e in modo da non sconvolgere l'ordine monetario fiat. Questo schema di Ponzi poteva solo finire in un disastro.


CONCLUSIONE

Il SOFR, la contrazione dell'offerta degli eurodollari, la fine del carry trade sullo yen, la rimarginazione del mercato dell'oro: vengono chiuse tutte quelle scappatoie che possono essere ancora utilizzate da Londra e Bruxelles per attingere indirettamente al bacino della ricchezza reale degli USA. A questo proposito entrambe sono come delle galline senza testa che corrono su e già per l'aia, si notano per lo spettacolo grottesco che danno e per il sangue che schizza ovunque imbrattando qualunque cosa al loro passaggio... ma finisce qui, non hanno alcun peso economico e geopolitico ormai. La rottura del cartello di Davos diventa più palpabile nel momento in cui, in Europa, vengono indetti vertici che non concludono niente e vengono date risposte da “cartolina vacanza” a eventi geopolitici significativi (come quello recente alla Casa Bianca). La velocità con cui l'amministrazione Trump e il DOGE hanno smantellato la USAID era propedeutica a chiudere i rubinetti a tutte quelle ONG e think tank che, con la patina della filantropia, fomentano caos sociale e disordini. Questo significa che gli USA solo adesso si possono focalizzare sulla questione Ucraina, perché in caso di sconfitta della cricca di Davos sul tema della guerra, la risposta successiva di quest'ultima è la violenza per le strade, il terrorismo.

La Germania ad esempio lo sa, il nuovo cancelliere tedesco ha recepito il messaggio. Questa è gente che è disposta a far saltare il tavolo da gioco pur di non cedere le armi, perché sa che sarà destinata all'irrilevanza altrimenti. Togliere finanziamenti a quella coorte di attori eterodiretti all'estero era fondamentale per colpire duramente un potenziale fronte aperto (e di ricatto). Adesso gli agenti infiltrati devono spendere i loro soldi, vendere i loro asset per finanziarsi. E questo causa dolore economico, nonché fratture più marcate nei loro di mercati, quindi lenirli diventa imprescindibile e questo passaggio obbligato passa anche dal rivolgersi direttamente alla fonte che in precedenza si stava fregando indirettamente. La visita di Starmer alla Casa Bianca la scorsa settimana era molto probabilmente dovuta al tipico atteggiamento inglese che vuole rispettati accordi presi sottobanco in precedenza. La vicenda con la Apple è un caso di questo genere, ad esempio. Ma non credo sia andata molto bene...

Ora vediamo grossi movimenti sui mercati. In particolare, il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello americano è in caduta libera nelle ultime settimane, dopo un rally artificiale sostenuto dall'illusione di una compiacenza dell'amministrazione Trump con l'establishment europeo e prospettive commerciali “alternative” a quella americana. Inutile dire che questa illusione è stata spacciata dalla stampa inglese... La BoJ, sussidiaria nell'effettivo della FED, continua a lasciar rafforzare lo yen per chiudere eventuali finestre di opportunità a player che possono sfruttare turbolenze sui mercati per “attaccare” gli USA in queste settimane delicate in cui deve passare il Budget Reconciliation affinché i tagli alla spesa pubblica possano andare avanti. E il fatto che siano stati gli USA ad avviare la corsa agli sportelli dell'oro è stata una mossa eccellente per difendersi da eventuali attacchi, in questo modo i nemici vengono spiazzati e hanno altro a cui pensare. Senza contare che il pair USDEUR è sceso ultimamente principalmente perché è stato detto ai singoli stati europei che possono escludere le spese militari dai bilanci ufficiali. Come se le conseguenze della misallocation del capitale possano essere cancellate dalla sigla “off-bufget” (a tal proposito vi invito a leggere il Capitolo 2 del mio ultimo libro, Il Grande Default, per un'analisi approfondita di questo tema).

Infatti la stampa ortodossa e non ortodossa ha sempre posto sotto la propria attenzione il COMEX, “scordandosi” convenientemente della LBMA, il mercato over the counter per eccellenza dove avvengono rehypothecation per ordini di grandezza superiori a quelli degli altri mercati. Gli inglesi sono maestri in questo: dicono cosa c'è che non va e poi sviano la colpa da loro e la danno a qualcun altro. Come fanno a essere efficaci? Perché controllano la maggior parte della stampa finanziaria. Quando si hanno diverse generazioni di persone che sono cresciute immerse in queste consuetudini, è difficile romperle e vedere il mondo con occhi diversi.

Di conseguenza, più che una guerra cinetica o commerciale, quella di oggi è una guerra economica in cui l'obiettivo principale di Washington è bonificare i mercati statunitensi dall'influenza della City di Londra. Ecco perché, ad esempio, è stato messo Bessent al Dipartimento del Tesoro; ecco perché, come contromossa, la City ha cercaro di creare un mercato sintetico dei titoli del Tesoro americani il cui settlement sarebbe avvenuto a Londra;  ecco perché Trump ha detto che l'Europa “serve per fregarci”.


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venerdì 9 febbraio 2024

Le meccaniche alla base di una crsi del credito

 

 

di Alasdair Macleod

Gli squilibri nel sistema mondiale del credito fiat sono enormi. Nel frattempo le speranze keynesiane e monetariste, che si possano abbassare i tassi d'interesse per mantenere le cose a galla, stanno accecando gli investitori rispetto ai rischi reali.

Quasi tutti credono erroneamente che tassi d'interesse più bassi siano in arrivo e rimarranno bassi. A parte il fatto che un lieve calo non è una profezia che si autoavvera, in pratica la riluttanza delle banche a concedere prestiti alle imprese manterrà i tassi elevati. E il reindirizzamento del credito bancario verso il governo degli Stati Uniti, che finanzia i suoi enormi deficit di bilancio attraverso l’emissione di titoli di stato, è altamente inflazionistico.

Ciò è destinato a portare nel tempo a tassi d'interesse significativamente più alti, cosa che minaccerà di far crollare l’intero sistema creditizio.

Potrebbe entrare in gioco anche il collateral doom-loop di Irving Fisher, per cui il calo dei valori delle garanzie porta a un’ulteriore liquidazione delle stesse. Gli scambi regolamentati a bassa capitalizzazione costituiranno un punto debole, richiedendo che l’intero registro DTC venga bloccato per mantenerli in funzione. Niente sarà più una certezza.

E coloro che pensano di potersi proteggere acquistando ETF sull’oro probabilmente scopriranno che i lingotti sottostanti vengono dirottati “nell’interesse dello stato”, lasciandoli con vacue promesse cartacee come unico conforto.

Non c’è da stupirsi se tutti pensino che i tassi d'interesse debbano scendere. Se non accade, il risultato è troppo orribile da contemplare.


La dinamica alla base del valore del dollaro

Nei mercati di oggi è difficile per i non addetti ai lavori comprenderne il funzionamento. Si è sempre trattato di credito bancario, sia a livello di banche centrali che di banche commerciali, e non deve mai essere confuso con il denaro reale, che fin dagli albori della storia è stato il metallo fisico. Oggi possiamo dire che si tratta quasi principalmente di oro, ma questo è il mezzo di scambio di ultima istanza, temuto dai singoli individui e, negli ultimi decenni, sempre più dalle banche centrali e dagli interessi asiatici.

Inoltre la differenza tra credito e denaro reale è ulteriormente minata dalla propaganda statale che possiamo far risalire alla sospensione del gold standard in America nel 1933, che de facto durava sin dal 1850 e de jure sin dal 1900. A ciò fece seguito il tentativo palese di espellere completamente l’oro dal sistema monetario ponendo fine all’accordo di Bretton Woods nel 1971. Gli eventi successivi hanno intensificato la disinformazione monetaria, portando a un sistema monetario fiat mondiale basato sul dollaro ma completamente svincolato dall’oro in termini di valore.

Per dare a tutti noi l’illusione della stabilità dei prezzi, l’accordo di Breton Woods era stato concepito per promuovere il dollaro come sostituto dell’oro per tutte le altre valute. Dopo la sua sospensione per preservare la credibilità del dollaro, il governo statunitense ha fatto sempre più ricorso alla manipolazione dei mercati. In primo luogo, all’inizio degli anni settanta tentò di vendere l’oro che fu prontamente acquistato e non riuscì a fermarne il continuo aumento del prezzo. Il tentativo successivo fu quello di creare una domanda artificiale di dollari per sostenerne il potere d’acquisto, misurato rispetto alle materie prime e ad altre valute. Ciò portò all’espansione dei mercati dei derivati, che deviarono la domanda speculativa dalle materie prime, sopprimendone così i prezzi al di sotto dei livelli che altrimenti sarebbero emersi. Facevano parte dell'inganno anche l’espansione del mercato dei lingotti a Londra, che creò oro sintetico, e la domanda di dollari non solo per regolare il commercio transfrontaliero e i prezzi delle materie prime, ma anche per sostituire l’oro nelle riserve delle banche centrali.

Nel corso dei cinquantadue anni trascorsi dalla sospensione di Bretton Woods, si sono accumulati enormi squilibri. Di seguito è riportata una tabella delle recenti stime dei saldi in dollari delle banche e delle banche ombra, onshore e offshore.

L’elemento offshore è considerevolmente maggiore di quello registrato nei numeri TIC del Tesoro statunitense per i titoli onshore, il che di per sé ci dice che l’interesse estero negli investimenti onshore in dollari e nei saldi bancari supera il PIL statunitense. L’elemento offshore si basa sull’analisi della Banca dei Regolamenti Internazionali dei depositi in dollari e delle obbligazioni a breve termine al di fuori del sistema finanziario statunitense, a cui possiamo far riferimento come mercato dell’eurodollaro. Si tratta principalmente di contratti a termine e swap su valuta in cui una gamba è in dollari. Al contrario gli asset in valuta estera dei residenti negli Stati Uniti sono notevolmente minori, ma questo accade perché i titoli a lungo termine sono detenuti prevalentemente sotto forma di ADR: essi sono denominati in dollari e le loro vendite da parte degli investitori statunitensi non danno luogo ad esposizione in valuta estera.

Ora che la bolla finanziaria gonfiata da tassi d'interesse a zero e negativi comincia a dare segni di cedimento, questi equilibri sono destinati a diminuire. Ai titoli onshore a lungo termine dobbiamo aggiungere i $10.700 miliardi stimati di obbligazioni a lungo termine in eurodollari, si tratta di $35.000 miliardi in investimenti a lungo termine di proprietà straniera in obbligazioni e azioni che sovrastano i mercati finanziari statunitensi, i cui valori sono a rischio a causa dei rendimenti obbligazionari più elevati. Includendo ulteriori depositi offshore a breve termine e posizioni in valuta estera in dollari, il totale di $127.700 miliardi è 175 volte le valute estere detenute dai residenti statunitensi.

L’importanza di questa sbilanciamento non potrà mai essere sottolineata abbastanza. Una crisi bancaria, un mercato ribassista nei titoli, sviluppi geopolitici o, più probabilmente, una sorta di combinazione dei tre potrebbero portare ad un rapido collasso dell’intero sistema creditizio. Il futuro di questa struttura dipende dal fatto che i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari scendano rispetto ai livelli attuali, e che l’inflazione rimanga contenuta.

Questa è fantasia, non la realtà.


Le prospettive per i tassi d'interesse

Come se fossero consapevoli di questo pericolo, quasi tutte le analisi dei broker prevedono tassi d'interesse più bassi. Questa è una visione comune basata sulla teoria macroeconomica keynesiana e monetarista a fronte di una recessione economica ampiamente anticipata. I keynesiani sostengono che il calo della domanda dei consumatori porta a prezzi più bassi – un eccesso generalizzato – ignorando il fatto che la produzione diminuisce sempre per prima; i monetaristi collegano la contrazione dell’offerta di denaro ai futuri tassi d'inflazione dei prezzi. Queste teorie matematiche dominano il pensiero contemporaneo e in una certa misura possono agire come profezie a breve termine che si auto-avverano, almeno finché le contraddizioni economiche non le correggono, di solito violentemente.

Entrambe le discipline ignorano il fattore soggettività, che è inerente al valore di qualsiasi valuta fiat e dipende interamente dalla fiducia che hanno in esse coloro che le utilizzano. Non riescono a comprendere la realtà del mercato legata alla contrazione del credito delle banche commerciali, che anche in un gold standard costituisce la maggior parte del mezzo circolante. E commettono il semplice errore di non capire che in una recessione non è la domanda di credito a diminuire, portando a tassi d'interesse più bassi, ma i banchieri che percepiscono un aumento del rischio di prestito e limitano la disponibilità di credito, portando a tassi di prestito più alti.

La realtà è semplice: se le banche limitano l’espansione del credito, i mutuatari si troveranno a dover pagare di più per ottenerlo. E per far fronte all’aumento del rischio di prestito, le banche ampliano i propri margini facendo salire il meno possibile gli interessi pagati ai depositanti. Questo non descrive le attuali condizioni del credito bancario? Finché le cose stanno così, qualunque cosa gli investitori e i loro broker desiderino, i tassi d'interesse rimarranno ostinatamente alti.

Tuttavia la situazione relativa al credito bancario richiede un esame più approfondito, in parte perché i cambiamenti normativi hanno distorto le statistiche sull’offerta di denaro.

Dobbiamo iniziare con una semplice definizione di offerta di denaro: è costituita da credito sotto forma di passività creditizie delle banche centrali e commerciali verso individui e imprese. Ma di recente la FED ha preso credito da fondi monetari che altrimenti sarebbero registrati come depositi bancari in circolazione pubblica. Ciò è avvenuto perché, secondo le regole di Basilea 3 sul finanziamento stabile, i depositi di grandi dimensioni devono affrontare un haircut del 50% allo scopo di finanziare gli attivi di bilancio, rispetto a solo il 5% per i piccoli depositi assicurati. E le banche commerciali non sono comunque disposte a tagliare i margini sui tassi d'interesse per competere per questi depositi.

Di conseguenza la FED ha esteso la possibilità di accedere al mercato pronti contro termine inverso ai fondi monetari: ha usato i suoi titoli del Tesoro USA e le garanzie collaterali delle agenzie governative in cambio dei depositi di fondi monetari. Ciò ha avuto l’effetto iniziale di ridurre la crescita apparente dell’offerta di denaro al di sotto di quanto sarebbe stato altrimenti, e poi di accelerarne il declino quando i fondi monetari hanno ridotto le loro posizioni di riacquisto a favore dei titoli del Tesoro USA. Per cogliere la vera situazione, dobbiamo considerare i depositi bancari e i saldi pronti contro termine in modo olistico: la somma dei depositi bancari e dei pronti contro termine è illustrata nel grafico seguente.

Tra il 2020 e la fine del 2022 l’aumento dei pronti contro termine è servito a nascondere un tasso di crescita molto più elevato del credito bancario. Nella convinzione che la crisi fosse temporanea, e avendo comunque poche opzioni, le banche concessero enormi quantità di credito, maggiori di quelle indicate dalle stesse statistiche sui depositi bancari.

Gran parte del successivo calo era dovuto al calo dei pronti contro termine, che sono scesi da $2.240 miliardi nel dicembre 2022 a $681 miliardi di recente, mentre M2 è calato di soli $340 miliardi nello stesso periodo. Da allora i fondi vincolati in pronti contro termine sono migrati verso il mercato dei titoli del Tesoro USA, attratti dalle scadenze a 1 mese con un rendimento del 5,4%. In sostanza sono scomparsi nelle finanze del governo federale, senza dubbio ulteriormente rafforzati dalle banche che hanno convertito i propri portafogli di prestiti e obbligazioni in titoli del Tesoro USA a breve scadenza in fuga dal rischio di prestito. Inoltre i fondi monetari totali sono aumentati di circa $1.400 miliardi sin dallo scorso marzo fino a quasi $6.000 miliardi, tutti finiti nei titoli del Tesoro USA.

La misura in cui l'amministrazione Biden sta risucchiando credito dal sistema finanziario statunitense è davvero notevole. Pur indicando che le sue finanze sono in crisi, mostra che il livello di avversione al rischio da parte del sistema bancario nei confronti del settore privato è notevolmente maggiore di quanto generalmente previsto.

Sebbene la carenza di credito per il settore privato sia acuta, una combinazione di flussi dai fondi monetari e di riduzione del rischio nei bilanci delle banche ha consentito al governo degli Stati Uniti di prendere in prestito $2.600 miliardi l'anno scorso. Questi fondi ritornano nell’economia attraverso la spesa pubblica. In altre parole, lungi dall’essere deflazionistico come suggeriscono i monetaristi, essendo tolto dal sistema bancario commerciale e reindirizzato nelle mani del governo federale, l’apparente contrazione dei depositi bancari e dei pronti contro termine è in realtà un utilizzo del credito in modo più inflazionistico.

Ciò spiega anche perché il PIL nominale non sta diminuendo nella misura indicata da rapporti aneddotici.

Queste sono precisamente le dinamiche creditizie che alimentarono le condizioni di stagflazione negli anni ’70. A quel tempo l’establishment macroeconomico non riusciva a trovare una spiegazione e oggi è altrettanto all’oscuro. Pertanto lungi da una prospettiva di tassi d'interesse e rendimenti obbligazionari stabili e più bassi, si prospetta il contrario. E con il peggioramento delle prospettive economiche, si prospettano condizioni di credito ancora più restrittive per imprese e consumatori e una spesa pubblica maggiore. Queste condizioni di stagflazione porteranno sicuramente a tassi d'interesse e rendimenti obbligazionari più elevati, al fallimento di società zombi, a rischi sistemici che diventeranno evidenti nell’intero sistema bancario e a un grave mercato ribassista anche per le azioni.

Queste condizioni diventeranno sicuramente sempre più evidenti nei prossimi mesi. Meno ovvio è il ruolo delle garanzie senza le quali l’intera struttura creditizia crolla. Vale la pena dedicare un po’ di tempo a considerare la minaccia derivante da significative cadute nel valore degli asset finanziari.


Il ruolo delle garanzie nella crisi degli LDI

Ciò che generalmente i non addetti ai lavori non comprendono è che gli investimenti con valori gonfiati sono alla base di molte posizioni in derivati over-the-counter fungendo da garanzia. Un problema sorge inevitabilmente quando il valore di tali garanzie diminuisce, innescando richieste di garanzie aggiuntive. Il sistema bancario statunitense si trova attualmente ad affrontare un incidente di percorso nel settore immobiliare, in cui il valore dell'equity viene spazzato via dalle attuali diminuzioni di valore e le banche si ritrovano per le mani garanzie invendibili. Il problema è ormai noto, ma non finisce qui.

Il problema delle garanzie ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica nel Regno Unito quando l’aumento dei rendimenti dei titoli di stato inglesi ha minacciato i cosiddetti LDI (liability driven investment), un esempio che possiamo utilizzare per migliorare la nostra comprensione del ruolo delle garanzie nei contratti derivati e dei pericoli presentati da un collasso del sistema delle garanzie stesse.

Gli LDI venivano utilizzati dai fondi pensione britannici per aumentare i propri rendimenti. I sistemi a benefici definiti, dovendosi confrontare con costosi oneri finali nei confronti dei loro beneficiari, non sono stati in grado di far fronte a essi quando le banche centrali hanno azzerato i tassi d'interesse e, attraverso il QE, i rendimenti obbligazionari sono stati ridotti a livelli minimi. L’unica soluzione per questi schemi pensionistici era aumentare i loro rendimenti attraverso la leva finanziaria.

In genere ciò avveniva attraverso uno schema LDI fuori bilancio, permettendo a un fondo pensione di proteggersi dal calo dei tassi d'interesse e aumentandone le passività future attraverso il calcolo del valore attuale netto. Uno schema LDI forniva leva finanziaria, in modo che il reddito su un titolo di stato inglese venisse moltiplicato fino a cinque o sei volte, consentendo a un fondo pensione di dimostrare una copertura attuariale per le sue passività future.

Un fondo pensione che investe in uno schema LDI stipula di fatto uno swap sui tassi d'interesse a leva con il fornitore dell'LDI. Un tasso d'interesse in aumento conferisce un valore negativo allo swap e il flusso di reddito fisso diventa inferiore al rendimento offerto sul mercato. Ciò richiede che il fondo pensione fornisca ulteriori garanzie al fornitore dell'LDI e la leva finanziaria moltiplica la quantità di garanzie richieste. Ma i fondi pensione tendono a essere completamente investiti e, non avendo liquidità a portata di mano, sono esposti a un aumento radicale dei rendimenti obbligazionari.

La crisi è stata innescata quando i mercati sono stati spaventati dalla proposta di budget di Liz Truss nel settembre 2022. Durante il suo mandato i rendimenti del decennale inglese salirono rapidamente dal 3,88% al 4,5% e per quelli con scadenza a 30 anni dal 2,7% al 4,8%. In quest'ultimo caso il suo valore è crollato del 13% in pochi giorni.

Ciò ha costretto i fondi pensione a liquidare gli attivi, compresi i loro titoli di stato inglesi, motivo per cui la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire per sostenere il mercato obbligazionario. E solo quando è diventato evidente che le autorità stavano acquistando titoli di stato per stabilizzarne i prezzi, il panico tra i gestori dei fondi pensione e i fornitori di LDI si è calmato.

Successivamente i rendimenti dei Gilt sono saliti a livelli ancora più alti, con il rendimento del decennale che ha toccato il 4,75% lo scorso agosto e il rendimento di quello a 30 anni al 5,07%. Ovviamente questo episodio ha messo in guardia i gestori dei fondi pensione e hanno messo in atto tentativi per mettersi al riparo; lo stesso non si può dire per l’uso più ampio delle garanzie sui mercati internazionali, per i quali i decennali americani rappresentano il parametro “privo di rischio”.


Il problema delle garanzie sta diventando globale

I contratti LDI sono essenzialmente swap sui tassi d'interesse: scambiano un tasso variabile (nel nostro caso i rendimenti volatili dei titoli di stato inglesi) con un tasso fisso, solitamente potenziato attraverso la leva finanziaria. Queste caratteristiche sono simili a quelle del mercato globale degli swap sui tassi d'interesse, che è enorme. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, a metà del 2023 ammontava a un valore nominale di $465.900 miliardi, di cui $167.800 miliardi in dollari e $129.300 miliardi in euro.

Fino al recente calo dei rendimenti obbligazionari, aveva il potenziale per innescare una grave crisi che probabilmente avrebbe richiesto molto più dell’intervento delle banche centrali, come quello messo in atto dalla Banca d’Inghilterra nel 2022. Si stava rapidamente trasformando in un circolo vizioso, simile a quello messo in luce dalla crisi LDI del Regno Unito, ma che avrebbe coinvolto il dollaro, l’euro e tutte le altre principali valute. Le banche statunitensi si stavano dirigendo verso migliaia di miliardi in perdite mark to market sulle loro posizioni obbligazionarie, e poiché i costi di finanziamento continuavano ad aumentare, anche il danno ai loro conti profitti/perdite stava aumentando.

Forse questo ha convinto la FED ad andarci piano con la sua linea di politica riguardo i tassi d'interesse, dato che il FOMC ha segnalato che la sua lotta contro l’inflazione è finita ed è iniziata quella per preservare i valori delle garanzie. Ma come notato sopra, la ridistribuzione di massicce quantità di fondi monetari e credito bancario dal settore privato a quello pubblico è altamente inflazionistica e indebolisce il potere d’acquisto di una valuta. I tassi d'interesse dovranno salire nuovamente, altrimenti il dollaro si indebolirà, o al limite accadranno entrambe le cose. Ma tassi d'interesse più elevati mineranno il valore dei titoli e porteranno a una nuova crisi delle garanzie e sistemica nelle banche. E con gli Stati Uniti e altre economie che si trovano ad affrontare una recessione, l’equilibrio tra la lotta all’inflazione e il mantenimento del valore degli asset non potrà durare a lungo. Sebbene i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari pare abbiano arrestato la loro salita, allentando la pressione sulle valute e sui valori degli asset finanziari, ciò si rivelerà temporaneo.

Nella loro pianificazione a lungo termine le autorità hanno previsto una possibile crisi delle garanzie di questo tipo e hanno intrapreso azioni anticipate per affrontarla nel caso in cui diventasse realtà? La risposta sembra essere affermativa. Tale domanda, ma forse non la motivazione, è affrontata in un recente libro di David Rogers Webb intitolato The Great Taking.


La ridistribuzione dei titoli in una crisi sistemica

L’analisi di Webb si concentra sulla dematerializzazione dei titoli dalla forma di certificato alla scrittura contabile sul Depository Trust and Clearing Corporation (precursore di Clearstream ed Euroclear in Europa). Si tratta di depositari centrali di titoli, strettamente collegati alle controparti centrali di compensazione. Senza che la popolazione degli investitori sia a conoscenza delle implicazioni, la proprietà certificata dei titoli è stata sostituita da un “diritto al titolo”.

Il Depository Trust and Clearing Corporation dispone inoltre di una struttura di compensazione di quelle transazioni alla cui base ci sono finanziamenti tramite titoli. Dal suo sito web leggiamo che:

Il servizio di compensazione SFT [Securities Financing Transaction] introduce la compensazione centrale per le transazioni alla cui base c'è un finanziamento tramite titoli azionari, inclusi prestiti e pronti contro termine, per:

• Supportare la compensazione centralizzata delle SFT azionarie dei clienti istituzionali intermediate dai membri sponsor.

• Supportare la compensazione centralizzata delle SFT azionarie tra i membri NSCC.

• Massimizzare l’efficienza del capitale e mitigare i rischi sistemici introducendo più adesioni e opportunità di transazioni autorizzate per i partecipanti al mercato.

Ciò conferma che il bacino di garanzie è messo a disposizione dell’intero sistema. Generalmente presupponiamo che questa disponibilità richieda l’accordo di coloro che hanno un diritto sugli asset finanziari, ma non è chiaro se sia così. Inoltre la stragrande maggioranza dei titoli è gestita e amministrata da entità regolamentate su cui le autorità possono fare affidamento in caso di crisi. La posizione non viene certamente resa chiara alla popolazione degli investitori.

Da quando è stato introdotto l’Uniform Commercial Code negli Stati Uniti, che ha adottato questi cambiamenti, altre giurisdizioni come l’Unione Europea e il Regno Unito hanno seguito l’esempio. Oltre all’erosione dei diritti dei proprietari di titoli, l’obiettivo sembra essere quello di garantire alle istituzioni e agli hedge fund il più ampio accesso agli asset finanziari a fini collaterali. E in caso di perdite, ad esempio in caso di fallimento sistemico, invece di farsi carico delle perdite il depositario centrale potrebbe scaricarle su di voi.

Indubbiamente gli autori dell’Uniform Commercial Code avevano in mente la protezione delle borse a bassa capitalizzazione nei mercati regolamentati, ma in una crisi finanziaria che porta al fallimento di numerose controparti, essi non possono estendere questa protezione. La soluzione sembra essere quella di togliere loro questo rischio e trasferirlo ai depositari centrali di titoli, dando loro il potere di utilizzare il bacino di titoli sotto il loro controllo per garantire che le consegne possano continuare in tutte le circostanze. Ciò non solo facilita il prestito di titoli, ma trasferisce il rischio sistemico dagli scambi regolamentati ai bacini di diritti sui titoli.

Sembra che la corruzione dei diritti dei detentori di titoli non si fermi qui, poiché può applicarsi anche la clausola Safe Harbor contenuta nella legislazione statunitense sui fallimenti. Ciò è possibile grazie al rapporto tra depositari centrali di titoli, come il Depository Trust and Clearing Corporation, e controparti centrali di compensazione, come una banca d'importanza sistemica.

In un caso da manuale a New York tra i creditori di Lehman Brothers e JPMorgan Chase, che agiva come agente di compensazione della Lehman, i creditori cercarono di recuperare $8,6 miliardi da JPMorgan Chase. Questo era l'importo che, nei giorni precedenti al fallimento della Lehman, fu sequestrato dalla banca nonostante non fosse una garanzia. Prima del sequestro si trattava di un obbligo nei confronti della Lehman sotto forma di depositi e titoli senza pegno. Nelle 92 pagine della sentenza, infatti, vi erano molti riferimenti allo status giuridico di tali obblighi. Tecnicamente JPMorgan non ha adempiuto ai propri obblighi nei confronti dei creditori della Lehman.

Chiaramente senza le disposizioni sulla clausola Safe Harbor previste dalla legge fallimentare statunitense, il sequestro di questi beni sarebbe stato illegale. Questa è la situazione dimostrata dalla legge britannica, quando nel giugno 2010 l'ufficio londinese di JPMorgan è stato multato di £33,32 milioni dalla Financial Services Authority per non aver garantito che il denaro dei clienti, in altre parole i fondi depositati, non fosse adeguatamente separato dalle passività della banca.

Impariamo due cose da queste diverse sentenze. La prima è che, seguendo il precedente del tribunale americano di New York, JPMorgan ha il potere d'ignorare la distinzione tra asset detenuti come garanzia e asset che la banca ha l'obbligo di liberare dal depositante. E in secondo luogo, questa banca statunitense, che risulta essere la più grande e il canale principale della FED nel settore bancario commerciale, non è riuscita a distinguere tra tale relazione nella legge statunitense e i suoi obblighi legali e normativi in altre giurisdizioni, come il Regno Unito.

Tutto questo è fondamentale quando si tratta della custodia del denaro reale, ovvero l’oro, e potrebbe risucchiare in questo pantano anche il più grande ETF sul metallo giallo (GLD).


Il rapporto di JPMorgan con l’oro

Innanzitutto vale la pena di ricordare che gli organismi di regolamentazione tendono a concedere alle grandi banche il beneficio del dubbio, esaminando attentamente i loro asset di conformità solo quando queste non possono più essere ignorati. Di conseguenza è noto che le grandi banche agiscono come se le normative non esistessero. L'esempio di cui sopra, in cui era assolutamente chiaro che JPMorgan Chase violava le norme relative alla custodia del denaro dei clienti a Londra, potrebbe essere stato un'eccezione, ma abbiamo il diritto di presumere che alcuni degli avvocati e dei responsabili della conformità fossero impiegati da JPMorgan Chase e che, quindi, avessero la facoltà di muoversi tra le pieghe del sistema.

Questa mancanza di rispetto per la legge è stata dimostrata in un caso importante nel mercato dell'oro, quando il capo del trading desk associato ai metalli preziosi di JPMorgan Chase, e membro del consiglio della London Bullion Market Association, venne dichiarato colpevole di tentata manipolazione dei prezzi, frode sulle materie prime, frode telematica e falsificazione dei prezzi dei futures su oro, argento, platino e palladio. E non si tratta di un caso isolato: andava avanti da otto anni con migliaia di operazioni commerciali illecite. E anche un altro suo collega a capo del Gold Desk a New York venne giudicato colpevole. Ciò accadde nel luglio 2019, poi alla fine del 2020 la banca stessa si dichiarò colpevole di commercio illegale sui mercati dei futures sui metalli preziosi e fu pesantemente multata.

Con questo background alle sue spalle, JPMorgan Chase Bank è stata di recente nominata depositaria congiunta di SPDR Gold Shares (GLD) insieme a HSBC. Questo ETF è di gran lunga il più grande esistente e il suo sponsor è una filiale del World Gold Council. È un mistero il motivo per cui il WGC abbia sancito la nomina di una banca i cui senior dealer in metalli preziosi sono stati giudicati colpevoli di aver manipolato i prezzi dell'oro e incarcerati. Inoltre HSBC conserva tutti i lingotti GLD nei suoi caveau di Londra, in modo che siano soggetti alla legge inglese sulla proprietà e sulla regolamentazione dei titoli.

Si dice che JPMorgan Chase stia considerando il trasferimento dei lingotti GLD nei suoi depositi a New York. A quanto pare il suo caveau è collegato sottoterra a quello della FED, con quest'ultima sul lato nord di Liberty Street e la Chase Bank dall'altra parte della strada. È in questo contesto che torniamo all'analisi di David Webb delle controparti centrali, la proprietà di titoli che viene sostituita con un “diritto sulla garanzia” e il libero utilizzo della garanzia depositata all'insaputa degli aventi diritto. E secondo la sentenza del tribunale di New York che estende di fatto questa struttura a JPMorgan Chase come controparte centrale di compensazione, potremmo mettere insieme un quadro che le consentirà di utilizzare i lingotti di GLD come garanzia, o forse di affittarli o scambiarli, o in alternativa disporne in cambio di un credito a livello contabile.

I nostri sospetti aumentano se consideriamo le implicazioni della vicinanza del caveau di JPMorgan Chase a quello della FED e le prove circostanziali di un tunnel di collegamento tra i due. Conservato nel caveau della banca centrale americana c’è l’oro per conto della FED di New York, destinato alle banche centrali estere. E quando ricordiamo le difficoltà incontrate dalla Germania nel convincere la FED di New York a restituire le sue misere 300 tonnellate, senza dubbio i nostri sospetti diventano ancora più fondati.

Indubbiamente il fiduciario del GLD, la Bank of New York Mellon e il World Gold Council, hanno diverse domande a cui rispondere sul motivo per cui JPMorgan Chase è stata nominata custode. Eccone alcune:

• Il fiduciario del World Gold Council ha subito pressioni da parte di qualche organizzazione governativa, o autorità monetaria, affinché nominasse JPMorgan Chase custode dell'SPDR Trust?

• Il fiduciario e il Consiglio non erano a conoscenza del fatto che JPMorgan Chase ha una storia di manipolazione del mercato sintetico dell'oro e che la banca si era dichiarata colpevole? Secondo l’Office of Public Affairs del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: “Nel settembre 2020 JPMorgan ha ammesso di aver commesso una frode telematica in relazione a: (1) commercio illegale nei mercati dei contratti futures sui metalli preziosi; (2) negoziazione illegale nei mercati dei contratti futures del Tesoro statunitense e nel mercato secondario delle obbligazioni del Tesoro statunitense. JPMorgan ha stipulato un accordo di prosecuzione differita di tre anni attraverso il quale ha pagato più di $920 milioni a titolo di sanzione pecuniaria penale e risarcimento delle vittime, con risoluzioni parallele della Commodity Futures Trading Commission (CFTC) e della Securities Exchange Commission annunciate lo stesso giorno”.

• Il fiduciario e il Consiglio non erano a conoscenza del fatto che due dei dipendenti senior di JPMorgan Chase erano sotto processo quando quest'ultima è stata nominato custode, uno dei quali faceva parte del consiglio di amministrazione della LBMA e gestiva il dipartimento metalli preziosi di JPMorgan, mentre l'altro era direttore esecutivo del dipartimento metalli preziosi a New York? Non erano neanche a conoscenza che entrambi sono stati successivamente incarcerati e multati per manipolazione del mercato in agosto?

Quasi certamente il fiduciario e il management del World Gold Council non saranno chiamati a rispondere a queste domande, ma la posizione giuridica dei beni sottostanti degli azionisti GLD sembra essere compromessa stando a questi sviluppi. Finora solo 1.824 lingotti LBMA da 400 once su un totale di 34.818 lingotti GLD sono in possesso presso JPMorgan (15 gennaio), ma se il totale inizierà ad aumentare materialmente sarà interessante osservare la misura in cui verranno aggiunti alla custodia di JPMorgan e la misura in cui tale accumulo finirà nel suo caveau a New York.

Inoltre i partecipanti autorizzati possono prendere in prestito le loro azioni da un depositario centralizzato di titoli e convertirle in oro fisico. Coprendo la loro posizione nei futures o nei mercati a termine di Londra, non hanno alcuna pressione per restituire l’oro e chiudere il prestito. Data questa struttura, e lungi dall’essere un investimento sicuro in lingotti d’oro, il GLD viene già utilizzato come fonte di liquidità per le bullion bank.


Come si svilupperà la fine dei giochi

Una crisi del credito è incombente: per il momento rinviata dalle speranze diffuse che i tassi d'interesse scendano quest’anno, consentendo ai rendimenti obbligazionari di stabilizzarsi. Nel momento in cui ci si renderà conto che non vi sarà alcun ulteriore ribasso nei tassi d'interesse e nei rendimenti obbligazionari, ne deriverà una crisi nei mercati azionari.

Il grafico seguente illustra la disparità che si è accumulata tra i rendimenti obbligazionari e quelli azionari. Il rapporto è già molto teso ed è improbabile che sopravviva alla prospettiva che i rendimenti dei titoli a lungo termine non scendano.

L'uscita dalle azioni potrebbe iniziare con la vendita all’estero dei circa $14.500 miliardi investiti in azioni statunitensi. Ed è improbabile che si tratti solo di un brutto mercato ribassista a causa del ruolo che le garanzie finanziarie svolgono nel sistema bancario e della massiccia struttura dei derivati.

Abbiamo avuto un assaggio di ciò che potrebbe accadere quando i programmi d'investimento LDI nel Regno Unito sono stati indeboliti dall’aumento dei rendimenti, costringendo i fondi pensione a liquidare le loro partecipazioni in Gilt. Si tratta di un problema globale, che quasi certamente tornerà a perseguitarci quando i tassi d'interesse ricominceranno a salire.

Il modo in cui le autorità affronteranno la situazione richiederà il massimo livello d'immaginazione mai raggiunto finora. In nome della protezione di tutti noi, una possibilità è quella di isolare le borse regolamentate e i loro utenti istituzionali da una crisi sistemica dando loro accesso a garanzie aggiuntive, in definitiva il possesso degli investitori ordinari – cioè voi e io. E sembra non fermarsi qui. Chiunque acquisti ETF sull’oro, in particolare GLD, potrebbe pensare di avere un’assicurazione contro una crisi del credito. Non è così. Sembra che, attraverso JPMorgan e la vicinanza del suo caveau di New York a quello della FED di New York e la nomina a sorpresa della prima come secondo custode, le autorità statunitensi avranno accesso ai lingotti della GLD detenuti per conto dei suoi azionisti.

E, infine, fu Irving Fisher che negli anni ’30 sottolineò che il calo dei valori delle garanzie porta alla liquidazione del credito e a ulteriori cali dei valori degli asset, in quello che diventa un circolo vizioso indistruttibile. Questo è il caos che potremmo dover affrontare, aggravato dall’elevata leva finanziaria, dai prestiti improduttivi agli stati e alle aziende zombi, dall’eccessivo debito al consumo e da una montagna di proprietà estera di dollari e asset denominati in dollari. Eppure siamo diventati collettivamente così illusi da non comprendere l’importanza di possedere, a livello fisico, la riserva di valore per eccellenza e senza rischio di controparte: l’oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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