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martedì 3 giugno 2025

Il ritorno dei rendimenti reali negativi nell’area Euro

Ho già documentato su queste pagine come l'Europa sia stata la prima a sparare il primo colpo nella guerra commerciale attualmente in atto, e precedentemente è stata la prima a sparare il primo colpo nella guerra finanziaria contro gli Stati Uniti come avete letto nel mio ultimo libro “Il Grande Default”. Tenendo a mente queste premesse, si può meglio interpretare l'ultimo capitolo in materia dazi che ha visto protagonisti l'UE e gli USA. La chiave di lettura è solo una: lo scopo dell'UE, e la “cricca di Davos” dietro di essa, è quello di fare la cresta alle banche americane e affibbiare a queste ultime il costo della ristrutturazione del debito insostenibile europeo. Tutto il resto sono ragionamenti a valle di questo. Alla luce di ciò, non sorprende che i negoziatori dell'Unione Europea non siano interessati a rimuovere le barriere commerciali, preferendo mantenerle a tutti i costi, anche se ciò comporta l'indebolimento dell'economia di molti stati membri. Sono più preoccupati di trovare un capro espiatorio per la stagnazione dell'UE nell'amministrazione Trump piuttosto che promuovere un accordo che avvantaggi le aziende europee. Ora è facile capire perché la BCE stia abbassando i tassi d'interesse (indipendentemente dall'obiettivo del 2%): gli stati dell'area Euro fanno affidamento sulla stampa di denaro, sull'inflazione, e la BCE sta agendo di conseguenza. Aumentare le tasse e tagliare la spesa è politicamente impopolare. È molto più facile emettere nuovo debito, che poi viene monetizzato dalla BCE. Inoltre le “situazioni di emergenza” sono esattamente ciò che è nell'interesse dei politici: in questo modo possono espandere i loro poteri facendo cose che non sarebbero possibili in tempi normali. Adesso l'emergenza per eccellenza è la guerra. Chi detiene il potere ha un forte incentivo a esagerare o inventare minacce di guerra, perché la paura spinge la popolazione a soccombere ai dettami della burocrazia. L'incentivo è naturalmente maggiore se si è sull'orlo del fallimento e se è politicamente indesiderabile risanare le finanze pubbliche in modo onesto. Quanto detto finora dovrebbe fornire una spiegazione ragionevole di ciò che sta accadendo attualmente in Europa: si alimenta la minaccia della guerra, si chiede maggiore spesa militare, si prepara l'opinione pubblica alla guerra contro la Russia. Mentre le forze politiche in Europa – a Londra, Berlino e Parigi – rimangono incrollabilmente fedeli all'idea di un Nuovo Ordine Mondiale, i “globalisti” hanno subito una grave battuta d'arresto negli Stati Uniti. Ciò che rimane loro sono i contribuenti europei. I paesi dell'UE proseguiranno con i loro piani di riarmo finanziati dal debito, indipendentemente da un accordo di pace in Ucraina; la conseguente espansione dell'offerta di moneta sarà accompagnata da una spesa che aggiungerà poco o nulla alla produttività, infatti tali spese sono per lo più inutili e portano a una crescente corruzione e cattiva gestione. Ciò porterà a una significativa pressione al rialzo sui prezzi dei beni e quindi i dati ufficiali sull'inflazione torneranno a salire. L'aumento dell'inefficienza eroderà ulteriormente la competitività internazionale dell'Europa, soprattutto perché capitali e persone di talento emigreranno negli Stati Uniti. L'amministrazione Trump si sta assicurando che l'UE venga tagliata fuori da qualsiasi fonte di capitale fisico rimanente a livello internazionale. La BCE, non potendo far altro che ricorrere alla repressione finanziaria, prosciugherà gradualmente i risparmiatori europei fino all'arrivo di una crisi del debito sovrano.

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di Thorsten Polleit

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ritorno-dei-rendimenti-reali-negativi)

Sebbene i rendimenti reali negativi pare non siano più un problema per molti investitori, stanno tornando a essere un tema urgente, soprattutto per chi di noi è concentrato sulla costituzione e la conservazione dei risparmi. La causa principale di questo problema è l'inflazione.

Prima di continuare a discutere dell'inflazione futura e dell'emergere di rendimenti reali negativi, chiariamo innanzitutto cosa significa realmente il termine “inflazione”. Esso, infatti, è spesso utilizzato in modo poco chiaro e le persone ne danno interpretazioni diverse.

Nel linguaggio comune inflazione fa riferimento all'aumento dei prezzi dei beni di consumo: quando gli articoli acquistati nei negozi diventano più costosi mese dopo mese, anno dopo anno. In altre parole, si ottiene di meno in cambio dei propri soldi.

Tuttavia, per comprendere veramente il fenomeno, è importante distinguere tra il sintomo e la causa.

Dal punto di vista economico, la causa dell'inflazione è l'aumento dell'offerta di moneta: questo è ciò che chiamiamo “inflazione monetaria”. Il sintomo di questa causa è l'aumento dei prezzi dei beni, noto anche come “inflazione dei prezzi dei beni”.

Per dirla in parole povere, l'inflazione dei prezzi dei beni è sempre e comunque un fenomeno monetario, come affermò giustamente l'economista americano Milton Friedman.

Tuttavia, se vogliamo essere davvero precisi, dovremmo dire che l'inflazione dei prezzi dei beni è il risultato di un aumento dell'offerta di moneta rispetto alla relativa domanda.

L'inflazione è un problema economico, soprattutto per risparmiatori e investitori, e può essere decisamente distruttiva. Questo vale non solo quando l'inflazione raggiunge livelli così elevati che il denaro perde letteralmente valore, ma anche quando è relativamente bassa ma comunque superiore ai tassi d'interesse nominali.

Ecco un esempio: supponiamo che abbiate un rendimento del 2% sul vostro deposito bancario, ma l'inflazione è del 3%. In questo caso il vostro tasso d'interesse reale – quello aggiustato all'inflazione – diventa -1% (ovvero, il tasso d'interesse nominale del 2% meno il 3% di inflazione). Ciò significa che il potere d'acquisto del vostro deposito bancario diminuisce dell'1% all'anno. E non dimenticate le imposte sulle plusvalenze, le quali vengono applicate ai rendimenti nominali e aggravano ulteriormente le vostre perdite.

Ora, potreste chiedervi: “”Chi è responsabile dell'inflazione come fenomeno monetario”?

La risposta: le banche centrali. Hanno il monopolio sulla creazione del denaro e, su questa base, le banche commerciali sono autorizzate a piramidare le loro riserve.

E ora capite perché è assurdo quando la gente afferma che le banche centrali (o i loro organi di governo) “combattono l'inflazione”.

In realtà, le banche centrali non combattono mai l'inflazione: la creano. A volte creano più inflazione, a volte meno, ma non la combattono mai.

Se prendiamo in considerazione l'area Euro, si potrebbe sostenere che la massa monetaria è cresciuta solo del 4% a febbraio 2025 rispetto all'anno precedente.

Non sembra un numero eccessivamente alto e i prestiti bancari – attraverso i quali viene creato nuovo denaro – sono cresciuti solo del 2% circa. Quindi, com'è possibile che l'inflazione sia in aumento, soprattutto senza una significativa ripresa economica in vista?

Questa argomentazione ha un certo fondamento. Tuttavia, guardando al futuro, ci sono solide ragioni per aspettarsi un massiccio aumento del debito pubblico nei Paesi dell'area Euro. Questo debito non sarà utilizzato solo per acquistare nuove attrezzature militari, ma anche per sostenere uno “Stato sociale” sempre più insostenibile e strutture politiche in crisi.

Per raggiungere questo obiettivo, gli stati dell'area Euro, soprattutto quelli più grandi, emetteranno ingenti quantità di nuovi titoli di stato. Questi ultimi saranno acquistati dalla Banca Centrale Europea. Allo stesso tempo, la BCE abbasserà i tassi d'interesse e conterrà i rendimenti obbligazionari a livelli artificialmente bassi.

Il denaro appena creato verrà speso per trasferimenti sociali, appalti governativi e altre attività politiche.

È noto che i politici tendono a spendere soldi per progetti che non comportano alcun aumento di produttività o ne comportano pochi. Di conseguenza l'aumento della massa monetaria, combinato con la spesa pubblica, farà inevitabilmente aumentare i prezzi dei beni, causando un aumento dell'inflazione.

Proviamo a mettere le cose in prospettiva con qualche numero.

Se i disavanzi pubblici nell'area Euro si attestassero intorno al 5% del PIL e la BCE acquistasse nuove obbligazioni, l'offerta di moneta potrebbe aumentare di circa €800 miliardi. Ciò rappresenterebbe un ritmo di crescita annuo di M3 di circa il 5%. Inoltre l'offerta di moneta aumenterebbe a seguito dell'indebitamento bancario del settore privato.

Nel complesso questo potrebbe spingere l'inflazione nell'area Euro a circa il 4% o più. Se la BCE mantenesse i tassi d'interesse a lungo termine intorno al 3%, il tasso d'interesse reale scenderebbe a -1% (3% del tasso di interesse nominale meno il 4% di inflazione). Ciò significa che gli stati europei ridurrebbero il loro debito reale a spese dei creditori, ovvero risparmiatori e investitori.

Per le obbligazioni a breve termine e i depositi bancari, che solitamente offrono tassi d'interesse più bassi, l'espropriazione attraverso tassi d'interesse reali negativi sarebbe ancora più grave.

In sintesi, questa situazione equivale a quella che viene definita “repressione finanziaria”.

Ma potreste pensare: “Non abbiamo già sperimentato di recente tassi d'interesse negativi”?

Esatto. Dalla fine del 2018 alla fine del 2020, ad esempio, il rendimento nominale del titolo di stato tedesco a 10 anni è stato negativo.

All'epoca l'inflazione rimase relativamente contenuta fino a metà del 2021, quindi non fu l'aumento dell'inflazione a causare il calo del tasso d'interesse reale, bensì il calo dei tassi d'interesse nominali. Successivamente l'inflazione aumentò vertiginosamente, in gran parte a causa dell'aumento del 25% di M3 e l'aumento dell'inflazione spinse ulteriormente i tassi d'interesse reali in territorio negativo.

Guardando al futuro, la situazione sarà probabilmente diversa. L'inflazione sarà la forza trainante dei tassi d'interesse reali negativi.

Nel contesto attuale la BCE avrà difficoltà a riportare i tassi d'interesse nominali allo zero o al di sotto dello zero. I rendimenti obbligazionari in tutto il mondo sono aumentati significativamente e le obbligazioni denominate in euro devono offrire tassi d'interesse sufficientemente interessanti per mantenere vivo l'interesse degli investitori.

Pertanto è probabile che la BCE manipoli il tasso d'interesse nel mercato dei capitali affinché risulti basso ma positivo, garantendo al contempo un'inflazione più elevata. Ciò spingerebbe i tassi d'interesse nominali al di sotto del tasso d'inflazione, facendo sì che i tassi d'interesse reali diventino negativi, con i debitori che ne trarrebbero beneficio a scapito di risparmiatori e obbligazionisti.

La repressione finanziaria derivante dall'aumento dell'inflazione avrà conseguenze economiche e sociali di vasta portata.

I tassi d'interesse reali negativi continueranno a trasformare le economie dell'area Euro in sistemi sempre più di comando e controllo, in cui gli stati dettano legge su produzione, consumi e ogni aspetto della vita economica. Ciò erode le libertà residue di cittadini e imprenditori, rendendo il sistema statale sempre più onnipotente.

I segnali di questo cambiamento sono già visibili. Si pensi, ad esempio, alla palese decisione dell'Unione Europea di sequestrare i risparmi dei cittadini per finanziare spese dettate dalla politica.

L'area Euro sta scivolando in una situazione estremamente precaria: gli stati non riescono più a finanziare la loro insaziabile fame di denaro con le sole entrate fiscali. Di conseguenza i politici faranno sempre più affidamento sul finanziamento tramite debito.

Gli investitori privati ​​acquistano titoli di stato europei perché sanno che la BCE non permetterà ai Paesi dell'area Euro di dichiarare default. La BCE continuerà a sostenerli con denaro di nuova emissione quando necessario. Per mantenere il debito accessibile agli stati in difficoltà finanziarie, la BCE abbasserà artificialmente i tassi d'interesse.

Ciò ci porta alla situazione attuale: la BCE sta espandendo l'offerta di moneta acquistando debito pubblico, l'inflazione sta aumentando e i rendimenti nominali delle obbligazioni rimangono artificialmente bassi, con tassi d'interesse reali negativi per risparmiatori e investitori.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 28 ottobre 2024

Il sistema monetario fiat è come un vampiro: come funziona e cosa significa per la vostra ricchezza

 

 

di Thorsten Polleit

Chi non li conosce i vampiri succhiasangue, gli inquietanti non morti immortalati in innumerevoli film e ispirati principalmente dal romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker. Basti pensare a film iconici come Nosferatu - Una sinfonia di orrori (1922), Dracula (1958) con Christopher Lee, la parodia di Roman Polanski The Fearless Vampire Killers (1967), o Nosferatu - Il fantasma della notte (1979), con Klaus Kinski nel ruolo del conte Dracula.

I vampiri sono demoni che si risvegliano dalle loro tombe di notte, cercando di drenare il sangue di vittime innocenti. Non solo rubano la forza vitale altrui, ma diffondono anche la loro maledizione: molte vittime, morse dai vampiri, vengono “trasformate” e diventano esse stesse non-morte.

I nemici e i cacciatori di vampiri affrontano una sfida formidabile: questi demoni possono travestirsi, trasformandosi in creature come lupi o pipistrelli, e spesso mostrano una forza immensa e sovrumana. Possono essere respinti solo dalle difese tradizionali: spicchi d'aglio, rosari, acqua santa, o la croce cristiana. Ma distruggere veramente un vampiro richiede la decapitazione, conficcare un paletto di legno nel suo cuore, o la luce solare che li trasforma in polvere.

Il vampiro è un mito antico. L'immagine di una creatura non morta succhiasangue, o concetti simili, è esistita in molte culture. Questo demone incarna la superstizione, agendo come proiezione di paure primordiali, dell'inspiegabile e del male come controparte del bene. L'idea di una creatura che emerge di notte, prosciuga il sangue delle sue vittime e le trascina dalla luce all'oscurità è senza dubbio profondamente minacciosa.

Se si riflette un po' più a fondo sulla storia del demone vampiro, si comincerà inevitabilmente a vedere dei parallelismi (o almeno dei punti di contatto) con l'attuale sistema monetario fiat.


Sotto la copertura dell'oscurità

Esiste sotto la copertura dell'oscurità: è giusto dire che la stragrande maggioranza delle persone non è a conoscenza di come è strutturato l'attuale sistema monetario fiat, di come funziona, o di quali sono i suoi effetti. Gli studenti nelle scuole e nelle università sono, per la maggior parte, lasciati all'oscuro a riguardo e le conseguenze del sistema monetario fiat colgono la maggior parte delle persone di sorpresa. Infatti quante persone sanno che il nostro attuale sistema monetario fiat è un sistema in cui la banca centrale detiene un monopolio coercitivo sulla creazione di denaro, mentre le banche commerciali emettono la propria moneta fiat?

Chi sa che la moneta fiat è letteralmente creata dal nulla, rappresentando una forma di creazione di denaro che non ha alcuna connessione col “risparmio reale”? E chi spiega alla gente che, da una prospettiva economica, espandere l'offerta di moneta fiat è inflazionistico, portando a prezzi più alti e irregolari per beni e servizi rispetto a una situazione in cui l'offerta di moneta viene aumentata arbitrariamente? È anche sconosciuto a molti che l'emissione di moneta fiat tramite il mercato del credito provoca un'allocazione errata del capitale, innescando inizialmente un boom, solo per trasformarsi poi in bust; cosa che spinge le economie verso un debito eccessivo e che consente allo stato di crescere sempre di più a spese delle libertà dei cittadini e degli imprenditori.

In breve, per la maggior parte delle persone, i danni causati dalla moneta fiat sono sconosciuti; si insinuano sotto la copertura dell'oscurità, come un vampiro.


Vittime vulnerabili e vita risucchiata

Le vittime sono spesso indifese e inconsapevoli, con i frutti del loro lavoro che vengono silenziosamente sottratti. Il denaro fiat ha qualcosa di vampiresco: consente a un gruppo (quelli autorizzati a crearlo) di vivere a spese di altri (quelli costretti a usarlo). I primi destinatari del denaro fiat sono i beneficiari: possono usarlo per acquistare beni e servizi i cui prezzi non sono ancora aumentati, diventando più ricchi.

Man mano che il denaro passa di mano, aumenta la domanda e i prezzi dei beni aumentano di conseguenza. I destinatari tardivi del nuovo denaro possono acquistare beni solo a prezzi più alti, il che li pone in una posizione di svantaggio. I primi destinatari migliorano la loro posizione a spese dei destinatari tardivi. Gravemente colpiti sono coloro che non lo ricevono affatto: sono, di fatto, quelli cui viene “risucchiata” la vita.

L'effetto ridistributivo della moneta fiat, che opera nell'ombra, avvantaggia in particolar modo le banche commerciali e lo stato, dato che è in grado di contrarre nuovi prestiti.

Lo stato finanzia una parte significativa delle sue spese con moneta fiat di nuova creazione, usandola per pagare i suoi rappresentanti, i suoi dipendenti e le loro pensioni, così come le aziende da cui acquista beni e servizi. Lo stato e i suoi beneficiari sono tra i primi destinatari della moneta fiat di nuova creazione, il che li rende i principali beneficiari a spese dei molti che non sono strettamente collegati alla sfera pubblica.

Si potrebbe sostenere che una ridistribuzione del reddito e della ricchezza, provocata dall'aumento della moneta fiat, si verificherebbe anche in un sistema monetario basato su merci o metalli preziosi. Ciò è vero in linea di principio, ma l'aumento, ad esempio, in un sistema monetario basato sull'oro, sarebbe meno pronunciato rispetto a un sistema monetario fiat. Il fatto è che quest'ultimo è stato scelto deliberatamente per la sua natura da vampiro. Ne traggono vantaggio lo Stato, le banche e le grandi aziende a spese della popolazione generale, mantenendola al di sotto del suo potenziale economico.


Creazione di sottoposti

Come un vampiro, la moneta fiat infetta le sue vittime, trasformandole in complici del sistema. La moneta fiat schiavizza letteralmente chi la usa. Ad esempio, la moneta fiat incentiva le aziende e le famiglie a contrarre debiti e a vivere al di sopra delle proprie possibilità, cosa resa possibile da tassi d'interesse artificialmente bassi. Le persone sono anche incoraggiate a investire in asset (come case e aziende) perché la natura inflazionistica cronica della moneta fiat assicura un continuo aumento dei prezzi dei suddetti. Una volta che le persone sono attirate dall'esposizione alla moneta fiat, il loro benessere economico e finanziario diventa dipendente dalla continuazione di tale sistema e dal fatto che venga “salvato” dallo stato e dalla sua banca centrale durante i periodi di crisi, anche a spese di coloro che non ne beneficiano, o ne beneficiano molto meno.

Politici, burocrati, impiegati di banca e aziende che ricevono contratti governativi sviluppano tutti un interesse personale nel garantire che il sistema monetario fiat sopravviva. In questo senso diventano schiavi del denaro fiat vampirico, nutrendosi della linfa vitale di coloro che sono impegnati in un lavoro produttivo e reclamandone una quota del reddito.

Inoltre i risparmiatori sono quelli che ci rimettono, poiché la moneta fiat perde continuamente il suo potere d'acquisto. La banca centrale si assicura che i tassi d'interesse siano mantenuti artificialmente bassi, spesso negativi dopo aver tenuto conto dell'inflazione, in modo che i risparmi in depositi a termine, conti di risparmio e obbligazioni siano effettivamente erosi.


Avversione alla luce

Il vampiro e il sistema monetario fiat non possono resistere alla luce del giorno; entrambi si sbriciolerebbero se esposti al sole. Se le persone comprendessero veramente gli effetti negativi del denaro fiat e il danno che causa al mondo, probabilmente lo rifiuterebbero, insieme alle strutture di produzione e occupazione che crea. Questo è probabilmente il motivo per cui si insegna poco sul denaro fiat nelle scuole e nelle università. I ​​suoi aspetti più oscuri sono nascosti, con il sistema educativo statalista come particeps criminis che si assicura che la luce della conoscenza non brilli sul sistema monetario fiat.

Ricordate che i consigli delle banche centrali sono solitamente definiti “i guardiani della valuta” e si dice che “combattano” l'inflazione. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità, proprio come un vampiro che accoglie i suoi ospiti e si impegna in una conversazione spiritosa senza rivelare la sua vera natura. Proprio come la luce del sole uccide un vampiro, una solida conoscenza economica distruggerebbe il sistema monetario fiat, specialmente se abbinata a un'etica “fai agli altri ciò che vorresti che fosse fatto a te”.

Fino a quel giorno gli investitori dovrebbero essere consapevoli dei gravi difetti economici ed etici della moneta fiat. La scomoda verità è che la prosperità e la pace a lungo termine non possono essere sostenute in un sistema a moneta fiat, pertanto è nell'interesse di tutti che la luce della verità ponga fine al sistema monetario fiat. Ma come si può ottenere questo risultato?

Informando in modo proattivo e onesto le persone sui mali della moneta fiat; consigliando loro di ridurre la loro dipendenza da essa, sia nelle loro vite che nei loro risparmi; promuovendo un libero mercato per la moneta, incoraggiando al contempo innovazioni tecnologiche nella sfera monetaria che vanno oltre il controllo dello stato. Insieme, questi sforzi, agiranno come un raggio di sole che colpisce il sistema monetario fiat, riducendolo infine in polvere come accadrebbe con un vampiro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 17 settembre 2024

Nel mondo delle valute fiat, l'euro è come Frankenstein

 

 

di Thorsten Polleit

Nel 1818 la scrittrice inglese, Mary W. Shelley (1797-1851), pubblicò il suo raccapricciante romanzo Frankenstein: The Modern Prometheus che divenne famoso in tutto il mondo. Nella storia lo scienziato Victor Frankenstein assembla, nel suo laboratorio, una creatura simile all'uomo da parti di cadaveri e riesce a dare vita al suo corpo. Ma Frankenstein vorrebbe immediatamente eliminare il mostro che ha creato, lo vede come un demone definendolo un “mostro disgustoso”, un “Satana maledetto”. Il mostro si rende immediatamente conto di essere escluso, emarginato dalla società umana; è risentito e diventa vendicativo, portando grande sfortuna, morte e distruzione.

Il Frankenstein della Shelley ha subito molte interpretazioni nel corso degli anni. Una è che la trasgressione dei confini, come l'impulso empio di Frankenstein di voler creare la vita come Dio, finisce in un disastro. Collegato a questo tema, l'elevazione dell'essere umano al di sopra di ciò che gli è assegnato, la sua arroganza, l'incontrollabilità della creazione umana contraria alla natura, finiscono in un brutto finale.

Se ci si sofferma un attimo a riflettere e a guardare al passato recente, il libro della Shelley ci ricorda in qualche modo l'euro, la moneta unica sovranazionale “uscita dal laboratorio” il 1° gennaio 1999.

L'euro è stato creato artificialmente dichiarando i tassi di cambio precedentemente fissi delle valute partecipanti irrevocabili tra loro e nei confronti dell'“euro” come unità artificiale, e poi fondendoli in esso. Le valute nazionali, come il marco tedesco, il franco francese, lo scellino austriaco, ecc., sono state assorbite nell'euro ed è stato ricomposto da esse, per così dire.

Le valute nazionali stesse erano tutte valute fiat, rappresentavano denaro monopolizzato dallo stato letteralmente creato dal nulla. Tutte erano innaturali, o contrarie alla natura, soprattutto nel senso che non erano nate attraverso una cooperazione volontaria. Infatti erano imposte dall'alto verso il basso, dal monopolio dello stato. E i difetti economici ed etici delle valute fiat sono ora inerenti all'euro, il conglomerato delle valute fiat sottostanti.

È vero che i creatori dell'euro hanno fatto ogni genere di promesse e hanno elaborato regole e leggi per far credere alla popolazione che la loro creatura sarebbe stata una moneta affidabile. Ad esempio, il Trattato di Maastricht ha stabilito che la Banca centrale europea (BCE), che da quel momento in poi avrebbe monopolizzato la massa monetaria, avrebbe dovuto essere politicamente indipendente. Inoltre si diceva che la BCE avrebbe dovuto garantire la “stabilità dei prezzi” (un eufemismo per “bassa inflazione dei prezzi”) e che non avrebbe dovuto finanziare i deficit di bilancio dei Paesi partecipanti.

Gli stati membri dell'area Euro dovevano anche indossare una sorta di “camicia di forza fiscale”: non era loro consentito di contrarre nuovo debito oltre il 3% del PIL all'anno ed esso non poteva superare il 60% del PIL. Ma tutte le “cose buone” che i creatori dell'euro avevano promesso alla popolazione non si sono materializzate; al contrario, la loro creatura ha causato un problema dopo l'altro, portando a una miseria economica diffusa. Ad esempio, la crescita economica nei Paesi che hanno adottato l'euro fin dall'inizio è stata molto più bassa in media rispetto al periodo precedente.

Inoltre gli stati membri dell'area Euro non hanno rispettato le regole del debito. Al contrario, i loro livelli di debito hanno continuato a crescere negli ultimi 25 anni. I contribuenti nei Paesi che sono ancora relativamente più ricchi devono pagare per la cattiva gestione dei Paesi meno prosperi economicamente. È stata realizzata una mutualizzazione del debito. Ad esempio, il cosiddetto Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato istituito nel 2013 e il suo scopo è quello di rendere i contribuenti responsabili ostaggi di quegli stati membri finanziariamente irresponsabili. La BCE sta ora adattando la sua linea di politica sui tassi d'interesse alle esigenze delle finanze statali in difficoltà, ovvero sta finanziando le emissioni di debito degli stati membri attraverso programmi di acquisto di titoli di stato.

L'unione monetaria dell'euro è ora profondamente divisa, come dimostrano gli aumentati saldi TARGET2, i quali documentano una ridistribuzione mozzafiato della ricchezza: i Paesi in deficit sono finanziati a spese dei cittadini produttivi di quei Paesi in surplus. L'inibizione ad accendere la stampante monetaria si è sempre più ridotta; se necessario, la BCE fornisce di fatto quantità illimitate di credito a tassi d'interesse favorevoli, in particolare agli stati in difficoltà finanziarie e alle banche commerciali.

Nel corso dei lockdown imposti tra il 2020 e il 2022, la BCE ha ampliato drasticamente la massa monetaria nelle mani della popolazione, provocando un'inflazione dei prezzi molto elevata che ha svalutato il potere d'acquisto e i risparmi delle persone.

In sintesi, l'euro, quasi subito dopo essere uscito dal laboratorio, ha causato gravi problemi, persino un disastro economico. Ha assunto una vita propria e incontrollata, proprio come il mostro di Frankenstein. La moneta unica crea una crisi dopo l'altra perché, sempre come il mostro di Frankenstein, è letteralmente innaturale.

L'euro è moneta fiat ed essa è nota per avere evidenti difetti economici ed etici: è inflazionistica, socialmente ingiusta, causa crisi finanziarie ed economiche, spinge le economie verso un indebitamento eccessivo e consente allo stato di crescere senza controllo a spese delle libertà dei cittadini e degli imprenditori. Si può persino dire che l'euro ha notevolmente esacerbato i difetti insiti in qualsiasi moneta fiat.

La teoria economica, se fosse stata consultata, avrebbe potuto diagnosticare questa malattia fin dall'inizio: non si può creare denaro migliore, affidabile ed eticamente valido unendo singole parti di monete fiat. Al contrario, unendole si crea qualcosa di ben peggiore e il tentativo di preservare la creatura a tutti i costi non fa che renderla ancora più malvagia. Il danno che causa rovinerà la popolazione dell'Eurozona.

Il mostro del dottor Victor Frankenstein è nato da un'aberrazione che lo stesso dottore riconobbe immediatamente poco dopo il suo atto. Tuttavia non riuscì a disfare la sua opera; i creatori dell'euro, a differenza del dottor Frankenstein, non mostrano segni di pentimento. Questo perché non lo riconoscono per quello che è: denaro cattivo che sta gradualmente distruggendo l'economia e la società libera (o ciò che ne resta). Anzi sono piuttosto soddisfatti delle conseguenze dell'euro e non lo vedono come una mostruosità, non lo riconoscono come un disastro e non lo ritengono responsabile dei danni che causa.

Alla fine Mary Shelley fa morire il mostro di Frankenstein in Antartide e lo fa andare a fuoco. Frankenstein stesso muore poco dopo, dopo aver tramandato la sua storia ai posteri. Da questo non si può dedurre la fine della creatura dell'euro, ma da un punto di vista economico è chiaro: non avrà un lieto fine.

Ora potreste dire: l'euro non è una creatura simile all'essere umano come lo era il mostro di Frankenstein, quindi non dovremmo associarlo alla storia di Mary Shelley. In risposta a questa obiezione, si può dire che il paragone non è sbagliato se ci si rende conto che entrambi i casi riguardano in ultima analisi atteggiamenti umani, idee umane. Sono alla base delle azioni “non autorizzate”, come l'arroganza di voler creare qualcosa di innaturale, o forse portare qualcosa di disastroso nel mondo con il pretesto del bene.

Vista sotto questa luce, la radice del male è rappresentata dalle cattive idee e il mostro di Frankenstein e l'euro sono solo i rispettivi sintomi che produce l'azione umana istigata da cattive idee. Per porre fine alla creatura dell'euro, le persone devono cambiare il loro modo di pensare rendendosi conto che una moneta fiat uniforme, politicizzata e centralizzata non è una buona idea, ma piuttosto che le persone devono avere libertà illimitata nella loro scelta di cosa usare come denaro. Quindi ha senso collegare il mostro di Frankenstein e la creatura dell'euro, affinché chi legge possa avere un altro punto di vista che rifiuta di accettare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 7 agosto 2024

Un manuale sul valore — per chi investe e non investe

 

 

di Thorsten Polleit

“Il valore è [...] l’importanza che singoli beni, o quantità di beni, hanno ai nostri occhi, perché siamo consapevoli di dipendere da essi per la soddisfazione dei nostri bisogni.”[1]

Il concetto di “valore” è l’elemento centrale di una teoria generale del comportamento umano, trascende i confini tradizionali della scienza economica.

Il valore è un concetto soggettivo – il che significa: il valore sta negli occhi di chi guarda; non esiste un “valore oggettivo”.

I beni o le cose (libri, mele, computer, ecc.) non hanno valore di per sé. È sempre l'individuo che attribuisce loro valore (o meno).

Il valore non è un concetto inventato artificialmente, è invece una categoria dell'azione umana ed è un concetto prasseologico (o una logica dell'azione umana).

L'azione umana significa, in generale, sostituire uno stato di cose a un altro stato di cose, che si prevede sarà più vantaggioso per l'attore di mercato.

È un fatto primordiale che gli esseri umani agiscano.

E l’affermazione “l’essere umano agisce” non può essere negata senza provocare una contraddizione logica, cioè dire qualcosa di falso.

L’affermazione “l’essere umano agisce” è apoditticamente vera, è un a priori (nel senso kantiano): la negazione di un’affermazione a priori ne presuppone la validità.

Se dite qualcosa del tipo: “Dai, gli esseri umani non agiscono”, allora agite, dimostrando la verità della stessa affermazione che desiderate negare.

Dall’affermazione apoditticamente vera “l’essere umano agisce” possiamo dedurre altre affermazioni vere.

Ad esempio, l'azione umana implica che il comportamento di un attore di mercato abbia uno scopo, che sia diretto verso obiettivi. Anche questa affermazione non può essere negata senza causare una contraddizione logica.

Un attore di mercato deve impiegare i mezzi per raggiungere i suoi fini. L'azione senza mezzi è logicamente impossibile da immaginare.

L'azione umana implica che l'attore di mercato abbia scelto consapevolmente determinati mezzi per raggiungere i suoi obiettivi.

E poiché l'attore di mercato desidera raggiungere questi obiettivi (qualunque essi siano), devono essere preziosi ai suoi occhi e di conseguenza deve avere un set di valori che governa le sue scelte.

Inoltre ogni scopo dell'azione umana dev'essere considerato superiore al suo costo e capace di produrre un profitto (risultato il cui valore è superiore a quello dell'opportunità mancata).

E che ogni azione è anche invariabilmente minacciata dalla possibilità di una perdita se un attore di mercato scopre in retrospettiva che, contrariamente alle sue aspettative, il risultato raggiunto ha un valore inferiore a quello che avrebbe avuto l’alternativa a cui ha rinunciato.

Per ribadire: il valore è un concetto prasseologico e questa affermazione non può essere contestata senza causare una contraddizione logica (e quindi dire qualcosa di falso).

In questo contesto è facile capire cosa succede in uno scambio volontario. Considerate il caso in cui acquistate, ad esempio, 1 Krugerrand per $3.000 l'oncia nel vostro negozio di monete preferito, gestito da Mr. Rich.

In una transazione del genere cederete qualcosa che considerate meno prezioso ($3.000) rispetto a qualcosa che apprezzate di più (1 Krugerrand).

Allo stesso modo Mr. Rich riceve qualcosa che apprezza di più ($3.000) rispetto alla cessione di qualcosa (1 Krugerrand) che apprezza di meno.

Lo scambio volontario avvantaggia voi e Mr. Rich. Non è un gioco a somma zero (ovvero, una persona trae vantaggio a scapito di un’altra). Anzi!

Lo scambio volontario è vantaggioso per entrambe le parti coinvolte, aumentando così il loro stato di soddisfazione rispetto a una situazione in cui non si sarebbe affatto svolto lo scambio volontario.

Va sottolineato che lo scambio volontario non avviene per volontà di armonia da parte vostra e di Mr. Rich. Avviene a causa di scale di valore opposte: voi volevate 1 Krugerrand in cambio di $3.000 mentre Mr. voleva $3.000 in cambio di 1 Krugerrand.

Lo scambio volontario ha portato ad un risultato pacifico e reciprocamente vantaggioso. Non è meraviglioso?

Affrontiamo ora più nel dettaglio la questione del “valore” e dell'”utilità”.

Si assegna valore alle cose perché ne si trae la cosiddetta utilità (possedendole, vedendole, toccandole, mangiandole, ecc.).

Il valore e l’utilità non possono essere misurati.

Potete misurare, ad esempio, una distanza in metri o miglia, o un peso in grammi o libbre, o una temperatura in gradi Celsius o Fahrenheit. In questi casi abbiamo a che fare con grandezze estese e sono aperte ai numeri cardinali.

Valore e utilità, invece, non sono grandezze estensive, ma intensive. Possono essere concettualizzati solo in termini ordinali (ma non in termini cardinali) come “più è meglio che meno” o “mi piace A più di B”.

Un attore che assegna valore alle cose (e ne trae utilità) significa che le classifica in base a una “scala di valori”.

Tutto ciò che un attore di mercato può dire è “mi piace A più di B”, oppure “mi piace C meno di D”. Non può dire “mi piace A due volte più di B”, o “mi piace C cinque volte meno di D”. Dirlo non avrebbe senso.

Inoltre il valore soggettivo non può essere confrontato tra persone diverse.

Come notato in precedenza, il valore e l'utilità associata non possono essere misurati, possono solo essere classificati sulla scala ordinale di un individuo.

In questo contesto è importante ricordare la legge dell’utilità marginale decrescente (anch'essa può essere derivata dalla logica dell’azione umana ed è quindi un a priori).

Cosa dice la legge dell’utilità marginale decrescente? Murray N. Rothbard (1926–1995) ce lo spiega:

Ci sono [...] due leggi dell’utilità, entrambe derivanti dalle condizioni apodittiche dell’azione umana: in primo luogo, data la dimensione di un’unità di bene, l’utilità (marginale) di ciascuna unità diminuisce all’aumentare dell’offerta; in secondo luogo, l’utilità (marginale) di un’unità di dimensioni maggiori è superiore all’utilità (marginale) di un’unità di dimensioni inferiori. La prima è la legge dell’utilità marginale decrescente; la seconda è stata chiamata legge dell’utilità totale crescente. Il rapporto tra le due leggi e tra gli elementi considerati in entrambe è puramente di rango, cioè ordinale.

Per illustrare la spiegazione di Rothard della legge dell'utilità marginale decrescente, si consideri la seguente scala di valori di un attore di mercato (ad esempio, Mr. Schulz):

Scala dei Valori[2]

3 uova

2 uova

1 uovo

2° uovo

3° uovo
Quanto più in alto si trova un elemento in questa scala individuale per le uova, tanto più alto sarà il valore. Per la seconda legge 3 uova hanno un valore più alto di 2 uova e 2 uova hanno un valore più alto di 1 uovo.

Per la prima legge, invece, il 2° uovo sarà classificato sotto il primo uovo sulla scala dei valori[3] e il 3° uovo sotto il 2° uovo.

Non esiste alcuna relazione matematica tra, ad esempio, l'utilità marginale di 3 uova e l'utilità marginale del terzo uovo, tranne per il fatto che la prima è maggiore della seconda.

Diamo una breve occhiata a un altro esempio di scala di valori di un attore di mercato: Mr. Smith ha dieci obiettivi che desidera raggiungere, classificati sulla linea verticale nel grafico qui sotto. Il suo scopo più importante è mostrato in cima alla linea verticale (1) e quello meno importante in basso (10). L'asse orizzontale mostra il numero di mezzi (unità) disponibili per raggiungere i suoi scopi.

La scala di valori di Mr. Smith (dieci scopi, sei mezzi)

Se Mr. Smith ottiene, diciamo, sei unità di mezzo (ad esempio, unità monetarie) per soddisfare i suoi scopi, allora i primi 6 fini possono essere soddisfatti mentre quelli classificati da 7 a 10 rimangono insoddisfatti.

La prima unità dei suoi mezzi va a soddisfare il fine 1, la seconda unità il fine 2, ecc. La sesta unità viene utilizzata per soddisfare il fine 6.

Il diagramma illustra ciò che dice la legge dell'utilità marginale decrescente: l'utilità (valore) di più unità è maggiore dell'utilità di meno unità (poiché più unità aiutano a raggiungere più obiettivi) e l'utilità di ciascuna unità successiva diminuisce all'aumentare della loro quantità.

Supponiamo ora che Mr. Smith debba rinunciare a un'unità dei suoi mezzi. Con 5 unità può soddisfare solo 5 dei suoi 10 scopi. Data l'intercambiabilità (presunta in questo esempio) delle unità, rinuncia a soddisfare il 6° fine classificato e continua a soddisfare i fini più importanti dall'1 al 5.

La cosa importante è: l'attore di mercato rinuncia al bisogno di rango più basso che lo stock originale (in questo caso sei unità) era in grado di soddisfare.

Questa è chiamata unità marginale, o unità al margine. Questo fine meno importante raggiunto dalle azioni è noto come la soddisfazione fornita dall’unità marginale, o l’utilità dell’unità marginale. Nel grafico sopra l'utilità marginale è classificata al 6° posto tra i fini.

Finora abbiamo preso in considerazione i beni di consumo, ma che dire dei cosiddetti beni di produzione – beni che vengono prodotti e poi utilizzati per produrre beni di consumo e/o altri beni di produzione?

I beni di produzione (quei fattori che cooperano alla produzione di beni di consumo) non hanno alcuna connessione immediata con la soddisfazione dei bisogni umani. Tuttavia attraverso il processo di produzione incidono indirettamente sul processo di soddisfazione di tali bisogni.

L'imprenditore tenterà di impiegare un bene/fattore di produzione al prezzo che sarà inferiore al suo prodotto a valore marginale. Quest'ultimo è il ricavo monetario che può essere attribuito, o “imputato”, a un’unità del bene di produzione.

Il punto importante è: il valore di un bene di consumo (dal punto di vista dei consumatori) è imputato ai beni di produzione impiegati nella sua creazione, perché questi ultimi sono una causa necessaria, anche se indiretta, della soddisfazione che è direttamente attribuibile alla quantità di beni di consumo.

Supponiamo, ad esempio, che un’impresa combini i fattori nel modo seguente:

4X + 10Y + 2Z → 100 once d'oro

Quattro unità di X più 10 unità di Y più due unità di Z producono un prodotto che può essere venduto per 100 once d'oro.

Supponiamo ora che l’imprenditore stimi che quanto segue accadrebbe se un’unità di X venisse eliminata:

3X + 10Y + 2Z → 80 once d'oro

La perdita di un'unità di X, a parità di altri fattori, comporta la perdita di 20 once d'oro di entrate lorde.

Questo, quindi, è il prodotto a valore marginale dell'unità in questa posizione e con questo utilizzo.

Possiamo anche invertire questo processo. Supponiamo che l'impresa produca nelle ultime proporzioni e raccolga 80 once d'oro. Se aggiunge una quarta unità di X alla sua combinazione, mantenendo costanti le altre quantità, guadagna 20 once d'oro in più. Quindi anche in questo caso il prodotto a valore marginale di questa unità è di 20 once d'oro.

In quest'ultimo esempio, un produttore sarebbe disposto a pagare fino a 20 once d’oro per un’unità di X, ovvero il prodotto a valore marginale di X.

Passiamo ora al denaro e chiediamoci: e il valore del denaro?

Il denaro è un bene come un altro. È “speciale” solo nel senso che ha la massima commerciabilità/liquidità.

Essendo un bene come qualsiasi altro, il valore della moneta (dal punto di vista individuale) rientra nella legge dell'utilità marginale decrescente (la legge economica delineata in precedenza).

Tenendo presente questo punto, possiamo capire cosa succede se il numero di unità monetarie nelle mani di un singolo attore di mercato aumenta: l’utilità marginale dell’unità monetaria diminuisce.

E cosa succede se si verifica un aumento della quantità di moneta nell’economia nel suo complesso? Ludwig von Mises (1881–1973) ci dà la risposta:

Un aumento dello stock di moneta in una determinata comunità significa sempre un aumento della quantità di moneta detenuta da un certo numero di agenti economici, siano essi coloro che emettono la moneta fiat, o il credito, o i produttori della sostanza di cui è fatta la moneta-merce. Per queste persone il rapporto tra la domanda di moneta e la sua disponibilità è alterato; hanno una eccedenza di denaro e una carenza di altri beni economici. La conseguenza immediata di entrambe le circostanze è che per loro l’utilità marginale dell’unità monetaria diminuisce. Ciò influenza necessariamente il loro comportamento sul mercato. Sono in una posizione più forte come acquirenti. Esprimeranno sul mercato la loro domanda per gli oggetti che desiderano in modo più intenso di prima; sono in grado di offrire più denaro per le merci che desiderano acquistare. La conseguenza evidente sarà che i prezzi delle merci in questione aumenteranno e che, al confronto, il valore di scambio oggettivo del denaro diminuirà. Ma questo aumento dei prezzi non sarà in alcun modo limitato al mercato dei beni desiderati da coloro che originariamente hanno a disposizione la nuova moneta. Inoltre coloro che hanno portato questi beni sul mercato vedranno aumentare i loro redditi e le loro scorte di moneta e, a loro volta, saranno in grado di domandare più intensamente i beni che desiderano, in modo che anche questi ultimi aumenteranno in termini di prezzo. L'aumento dei prezzi continua così con effetto decrescente finché esso non raggiunge tutte le merci, alcune in misura maggiore, altre in misura minore. L’aumento della quantità di moneta non significa un aumento del reddito per tutti gli individui. Al contrario, quelle fasce della comunità che sono le ultime ad essere raggiunte dalla quantità addizionale di moneta vedono ridurre i loro redditi, come conseguenza della diminuzione del valore della moneta provocata dall’aumento della sua quantità [...]. La riduzione del reddito di queste classi avvia una controtendenza che si oppone alla tendenza originale di diminuzione del valore del denaro.[4]

Ricorrendo alla legge del valore marginale decrescente, Mises spiega che:

  1. un aumento della quantità di moneta riduce il valore di scambio dell'unità monetaria;
  2. colpisce i diversi attori di mercato in modo diverso, arricchendone alcuni a scapito di altri;
  3. provoca distruzione nel processo economico (e finanziario) innescando cicli di boom/bust.[5]

Infine va notato che il valore soggettivo della moneta è condizionato dal suo valore di scambio, o potere d'acquisto: “Per quanto riguarda la moneta il valore d'uso soggettivo e il valore di scambio soggettivo coincidono”.[6] Il denaro non ha utilità per l'attore di mercato, o valore, se non quello che deriva dalla possibilità di scambiarlo con altri oggetti vendibili.

Passiamo ora alla prossima domanda: che dire del valore dell'impresa o del prezzo delle azioni di un'impresa?

Come abbiamo visto, quando un bene viene valutato soggettivamente, qualcuno lo classifica in relazione ad altri beni in base alla sua scala di valori.

Tuttavia quando un bene viene “valutato” nel senso di determinarne il suo “valore di mercato”, il valutatore stima il prezzo in termini di denaro (in futuro) in cui il bene potrebbe essere venduto.

Questo tipo di attività è nota come valutazione e dev'essere distinta dalla valutazione soggettiva.

Se X dice: “Potrò vendere queste azioni la prossima settimana a $250”, egli “valuta” il potere d’acquisto delle azioni, o il suo prezzo in denaro, a $250.

Non classifica le azioni e il dollaro sulla propria scala di valori, ma valuta il prezzo monetario delle azioni in un determinato momento futuro.

Potreste chiedervi: come fa X a formulare la sua stima di $250 per le azioni?

Ebbene, potrebbe avere un “modello” in mente – come, ad esempio, il modello dei flussi di cassa (secondo il quale un’azienda “vale” il valore attuale di tutti i suoi flussi di cassa futuri, attualizzati al giorno d’oggi); oppure può moltiplicare il profitto annuale di un'impresa per un multiplo; oppure ha semplicemente avuto una sensazione viscerale.

La valutazione (di un bene come un'azione, una merce) implica un'azione individuale e una valutazione di successo richiede spirito imprenditoriale, talento e acume: alcune persone sono brave in questa attività (in termini di comprensione del prezzo di mercato futuro di un'azione), mentre altri falliscono.

Detto questo, non c'è da meravigliarsi se nel mondo reale ci siano grandi differenze di opinione riguardo il valore stimato di un'azienda, e quindi il valore stimato di ciascuna delle azioni di tale azienda.

Se X giunge alla conclusione che il prezzo di mercato di un titolo dovrebbe essere, diciamo, $250, mentre esso attualmente viene scambiato a, diciamo, $500, potrebbe voler venderlo (impedendogli così una perdita di capitale).

Ma torniamo alla questione del valore soggettivo non appena X vende le sue azioni sul mercato per, diciamo, $250. Ciò dimostra che egli valuta le azioni, in base alla sua scala di valori personale, meno della quantità di dollari che riceve in cambio delle stesse (allo stesso modo l’acquirente valuta l’azione più dei $250 che cede).

Concludiamo questo saggio sul valore con una citazione istruttiva di Carl Menger:

Il valore non è quindi nulla di inerente ai beni, nessuna proprietà di essi, né una cosa indipendente esistente di per sé. È un giudizio che gli esseri umani danno all'importanza dei beni a loro disposizione per il mantenimento della loro vita e del loro benessere. Il valore non esiste al di fuori della coscienza degli esseri umani. È quindi del tutto errato chiamare “valore” un bene che ha valore per gli individui, o che gli economisti parlino dei “valori” come di cose reali indipendenti e li oggettivizzino. Infatti gli enti che esistono oggettivamente sono sempre solo cose particolari o quantità di cose, e il loro valore è qualcosa di fondamentalmente diverso dalle cose stesse; è un giudizio espresso dagli individui sull'importanza che il loro controllo sulle cose ha per il mantenimento della loro vita e del loro benessere. L’oggettivazione del valore dei beni, che è di natura del tutto soggettiva, ha contribuito moltissimo alla confusione sui principi fondamentali della nostra scienza.[7]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Menger (1871), Principles of Economics, p. 115 – Secondo Menger il valore è una relazione bilaterale tra l'individuo e il bene economico. Per Mises, invece, come sottolinea anche Hülsmann (2003, pp. xxxvi–xxxvii), il valore è una relazione trilaterale che coinvolge l'attore di mercato e due beni economici: il valore del bene è determinato dalla preferenza dall'attore di mercato in quanto egli valuta un bene (come minimo) rispetto a un altro e sottoposto alla stessa scelta; in tal contesto vi basti pensare alla situazione in cui un attore di mercato riflette se spendere la sua banconota da $1 (primo bene) per una mela (secondo bene) o no.

[2] Si veda Hoppe (1999), Murray N. Rothbard: Economics, Science, And Liberty, pp. 227–8.

[3] Si veda Rothbard (2009), Man, Economy, and State, pp. 21–33, esp. p. 25 ff.

[4] Si veda Mises (1953), The Theory of Credit and Money, p. 139–140.

[5] Ciò sarebbe particolarmente vero se l’aumento della quantità di denaro avvenisse attraverso i mercati del credito.

[6] Si veda Mises (1953), The Theory of Credit and Money, p. 97.

[7] Si veda Menger (2007), Principles of Economics, pp. 120–1.

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mercoledì 5 giugno 2024

Osservazioni critiche sul libro Denationalization Of Money di Hayek

 

 

di Thorsten Polleit

Denationalization Of Money è un libro scritto dall'economista e filosofo sociale Friedrich August von Hayek.

Nato nel 1899 a Vienna, in Austria, è stato uno dei rappresentanti più importanti della cosiddetta Scuola Austriaca di economia. Hayek ricevette nel 1974 il “Premio della Sveriges Riksbank per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel” (insieme all’economista svedese Gunnar Myrdal) per il suo lavoro sulla “teoria della moneta e delle fluttuazioni economiche” e le sue “analisi approfondite sull’interdipendenza delle economie e i fenomeni sociali e istituzionali”.

In poche parole, Hayek, nel suo libro Denationalization Of Money chiede di porre fine al monopolio statale sulla produzione monetaria, sostituendolo con un libero mercato.

A prima vista questa potrebbe sembrare una proposta piuttosto radicale. A una seconda occhiata, invece, ci rendiamo conto che in realtà esiste un forte sostegno economico ed etico per l'idea di Hayek.

E lui in realtà non è solo. Molti economisti hanno messo in discussione e addirittura si sono opposti allo status quo, vale a dire la produzione monetaria monopolizzata dallo stato/dagli stati.

In questa slide trovate un po' di letteratura sulla questione di cui discuteremo stasera. Troverete, ovviamente, Denationalization Of Money del 1976, ma potreste essere interessati anche alla versione precedente dello studio, vale a dire Scelta della moneta, un modo per fermare l’inflazione del 1975.

Vi rimando anche al lavoro di Ludwig von Mises e Murray N. Rothbard sulla moneta e sul free banking. Potrebbe anche essere interessante la mia critica alle considerazioni più tecniche di Hayek del 2016. Anche Free Banking: Theory, History, and a Laissez-Faire Model di L. J. Sechrest del 1993 potrebbe essere una lettura interessante per voi.

Nel suo Denationalization Of Money Hayek propone di dare alle persone la libertà di scelta negli affari monetari: voi e io, tutti noi, dovremmo essere liberi di scegliere il tipo di moneta che riteniamo migliore per i nostri scopi; e, allo stesso tempo, le persone dovrebbero essere libere di fornire ai propri simili “cose” che desiderano utilizzare come forma di denaro.

Detto questo, Hayek rifiuta lo status quo monetario. Giusto per ricordarvi: oggi in tutto il mondo troviamo sistemi monetari controllati dallo stato. Le banche centrali, istituzioni pubbliche, detengono il monopolio sulla produzione di moneta.

Le banche commerciali private hanno ricevuto una licenza statale, per così dire, che consente loro di produrre la propria moneta oltre a quella delle banche centrali.

Poniamoci quindi la domanda: perché Hayek avanza la sua proposta di porre fine ai monopoli statali sulla produzione di moneta, sostituendola con un libero mercato?

Ebbene, quando Hayek pubblicò il suo libro negli anni ’70, l’inflazione dei prezzi era molto alta, inaccettabilmente alta.

L’amministrazione statunitense aveva posto fine alla rimborsabilità del dollaro in oro il 14 agosto 1971.

Questa decisione unilaterale da parte dell’amministrazione statunitense istituì di fatto un sistema monetario fiat mondiale – un sistema in cui ogni valuta non era più convertibile in nulla.

Di conseguenza la quantità di denaro poteva essere aumentata di qualsiasi ammontare ritenuto politicamente opportuno in qualsiasi momento. Molti stati hanno fatto uso di questa capacità: hanno accumulato enormi deficit finanziati dalla moneta fiat.

Il forte aumento della quantità di denaro fece salire l’inflazione dei prezzi. Gli Stati Uniti, ad esempio, vissero quella che venne poi chiamata la “Grande Inflazione”, con un’inflazione annuale dei prezzi a due cifre. Sviluppi simili si verificarono in molti Paesi europei, più evidenti nel Regno Unito.

Essendo un economista nella tradizione della Scuola Austriaca, Hayek aveva un interesse speciale per la teoria monetaria e, naturalmente, per la teoria del ciclo economico, vale a dire le cause del ripetersi di boom e bust.

Inoltre Hayek era profondamente consapevole delle forze distruttive messe in moto dall’inflazione, quindi non c'è da meravigliarsi se avesse reagito in modo più sensato alle tendenze inflazionistiche di quel periodo.

Gli Austriaci considerano l’inflazione – ovvero l’aumento cronico dei prezzi dei beni come conseguenza di un aumento incessante della quantità di denaro – come un male economico e sociale.

L’inflazione distrugge il potere d’acquisto del denaro. Se i prezzi dei beni aumentano, ne potete acquistare sempre meno con la vostra unità monetaria.

Inoltre l’inflazione è socialmente ingiusta: arricchisce alcuni (vale a dire i primi destinatari del denaro appena creato) a scapito di molti (gli ultimi destinatari del denaro appena creato). In questo senso possiamo addirittura dire che l’inflazione è socialmente ingiusta.

Inoltre l’inflazione mina l’efficacia dell’uso del denaro nel calcolo economico: induce consumatori e imprenditori a prendere decisioni sbagliate, interrompendo il processo di creazione di ricchezza.

Ancora più importante, l’inflazione – causata da un’espansione della quantità di denaro fiat – porta a cicli di espansione e contrazione, crisi economiche e finanziarie, che, a loro volta, si traducono in difficoltà socioeconomiche per molte persone.

Infine l’emissione di moneta fiat aiuta lo stato a espandersi – a scapito della libertà delle persone e delle imprese.

Infatti Hayek – nella sua critica al monopolio statale sulla produzione monetaria – sottolinea che l’inflazione è tipicamente il risultato della spesa pubblica eccedente le entrate fiscali e dell’aumento dell’emissione di denaro fiat per finanziare il deficit pubblico.

Hayek lo spiega in modo succinto quando scrive: “Con l’eccezione solo del periodo del gold standard, praticamente tutti i governi della storia hanno usato il loro potere esclusivo di emettere moneta per frodare e saccheggiare la gente”.

Quindi ora sappiamo perché Hayek chiede una “denazionalizzazione del denaro”: avanza una proposta per dare alla gente una forma di denaro migliore, buona o valida – rispetto a quella prodotta sotto il monopolio statale.

A proposito: sapete cos'è il denaro? La maggior parte di voi lo sa, immagino: sapete che il denaro è il mezzo di pagamento universalmente accettato, ma c’è altro da sapere.

Ludwig von Mises sottolineò che (e questo forse potrebbe sorprendere molti) la moneta ha una sola funzione e cioè quella di mezzo di scambio.

La funzione dell'unità di conto e la funzione della riserva di valore sono solo derivati ​​della funzione del mezzo di scambio.

Il denaro è la merce più commerciata di tutte, ha la più alta liquidità per così dire. Ma è davvero “speciale”?

Gli Austriaci risponderebbero di no. Oltre a essere la merce più commerciata, il denaro è una merce come tutte le altre. E, cosa più importante in questo contesto, il valore del denaro è determinato dalla legge dell’utilità marginale decrescente – come lo sono tutti i beni.

A livello individuale questa legge dice che

  1. uno stock di moneta più elevato è preferibile a uno stock più piccolo, poiché il primo consente di raggiungere più obiettivi rispetto al secondo;
  2. l'utilità marginale dell'unità monetaria diminuisce quanto più unità monetarie sono a disposizione dell'attore di mercato.

Detto questo, un cambiamento nella quantità di denaro nelle mie mani porta a (a parità di tutte le altre condizioni) cambiamenti nell'utilità marginale delle unità monetarie e di tutti gli altri elementi non monetari vendibili.

Se siete d’accordo, allora la conclusione è: un aumento della quantità di denaro riduce il potere d’acquisto dell’unità monetaria (rispetto a una situazione in cui non vi è alcun aumento dello stock di moneta).

Arriviamo anche alla seguente conclusione: non importa quale sia la grandezza della moneta nell’economia, qualsiasi stock monetario prevalente è per così dire “ottimale”.

Una grande quantità di denaro è altrettanto positiva o negativa nel fornire servizi monetari quanto una piccola quantità. Un’offerta di moneta, ad esempio, di €15 miliardi è tanto buona o cattiva quanto un’offerta di moneta, ad esempio, di €5 miliardi. Se la quantità di moneta è elevata, i prezzi dei beni saranno relativamente alti; se è piccola, i prezzi dei beni saranno relativamente bassi. Ancora una volta, qualsiasi quantità di denaro è tanto utile o dannosa per finanziare una determinata transazione di beni e servizi quanto qualsiasi altra.

In sintesi, possiamo dire che un aumento della quantità di moneta non conferisce – a differenza dell’aumento di tutti gli altri beni – un beneficio sociale; e che un'economia in crescita non ha necessariamente bisogno di una quantità di denaro in espansione – un'intuizione della Scuola Austriaca, la quale è diametralmente opposta al pensiero economico tradizionale di oggi.

Torniamo alla proposta di Hayek e poniamoci la domanda: come funzionerebbe un “libero mercato” nel campo monetario?

Immagino che alla maggior parte di voi piaccia la libera scelta – quando acquistate, ad esempio, cibo, scarpe, libri, computer, mobili, automobili, case, ecc. E immagino che non ci voglia molto per convincervi che un libero mercato si adatta meglio alle esigenze dei consumatori, fornendo loro beni della massima qualità ai prezzi più bassi possibili.

Ma quando si tratta di denaro, forse vi potreste chiedere: come potrebbe funzionare un libero mercato? Beh, presumibilmente funzionerebbe così...

Le persone, facendo scambi, utilizzerebbero preferibilmente quel tipo di mezzo che è più ampiamente accettato, che ha la più alta commerciabilità.

Io, ad esempio, cercherei di procurarmi un mezzo che, dal punto di vista del mio partner commerciale (ad esempio un fornaio), è molto apprezzato. E il mio fornaio, a sua volta, cercherebbe di conservare un mezzo che possa essere scambiato più facilmente dal calzolaio. E così via.

In altre parole, in un libero mercato sarebbe la domanda di moneta a determinare cosa sia denaro; sarebbero le persone a operare questa scelta.

E per quanto riguarda l’offerta di denaro? Quando cercano una moneta buona o sana, le persone si renderanno conto che una “cosa” che dovrebbe fungere da moneta sana/onesta deve soddisfare determinate caratteristiche.

Ad esempio, dev'essere scarsa, omogenea, durevole, divisibile, coniabile, trasportabile, deve rappresentare un valore di scambio unitario relativamente elevato, ecc.

Se esaminiamo la storia del denaro, vediamo che la maggior parte delle persone, se aveva la libertà di farlo, optava per i metalli preziosi come forma di denaro preferita, in particolare oro e argento, e in una certa misura anche il rame – perché i metalli preziosi erano considerati, dal punto di vista di chi li usava, l'opzione migliore.

Naturalmente non sapremmo che tipo di denaro emergerebbe se aprissimo a un libero mercato. Esso è un processo di scoperta, come diceva Hayek, e il suo esito non può essere previsto con certezza.

Tuttavia, alla luce di quanto abbiamo appena detto, è molto probabile che, se aprissimo a un libero mercato, le persone opterebbero per l’oro e l’argento, forse anche a Bitcoin.

Ma prima di esplorare ulteriormente questa idea, lasciatemi porre la seguente domanda: la proposta di Hayek per la denazionalizzazione della moneta, per l'apertura a un libero mercato, è convincente?

È giusto dire che lo studio di Hayek abbia suscitato molte critiche. Molti sostenevano che il suo concetto era irrealistico e indesiderabile. Tra gli economisti l'idea di Hayek è infatti rimasta un fenomeno secondario per molti anni.

Ciò potrebbe essere stato dovuto ad alcune incoerenze che permeano la sua linea argomentativa. Lasciate che vi faccia alcuni esempi.

Esempio 1: Hayek confonde la moneta vera e propria con i sostituti del denaro. Ritiene che in un libero mercato ci sarebbe concorrenza tra gli emittenti privati, ciascuno dei quali farebbe circolare la propria valuta – e questo potrebbe portare a un caos monetario.

In questo contesto è importante distinguere tra moneta vera e propria e sostituti della stessa. In un libero mercato le persone con una libera scelta deciderebbero quali merci diventerebbero denaro vero e proprio (come, ad esempio, oro o argento o Bitcoin). Poi, con il free banking, sorgerebbero depositi di denaro, i quali offrirebbero servizi in termini di deposito, saldo e salvaguardia del denaro vero e proprio.

Se, ad esempio, Mr. Smith decide di depositare 10 once d'oro in un istituto di deposito, riceverà in cambio una ricevuta (un sostituto del denaro vero e proprio). Detto questo, i depositi competeranno in termini di sostituti del denaro, non di denaro vero e proprio. In un mercato monetario veramente libero, le persone scelgono il tipo di moneta che desiderano utilizzare e, una volta deciso, la concorrenza è tra sostituti della moneta emessi da istituti di deposito concorrenti.

Esempio 2: Hayek non tiene conto di una lezione cruciale della teoria Austriaca del ciclo economico. Pensa che in un libero mercato la nuova moneta possa essere prodotta

  1. stampando letteralmente nuove unità;
  2. prestandola tramite riserva frazionaria.

La nuova moneta non può essere creata ex machina. Questo lo sappiamo dal Teorema della regressione di Ludwig von Mises. Pensate a uno scenario in cui prendo piccoli biglietti di carta, ci scrivo sopra il nome "Polleit" e il numero 100. Nessuno che sia sano di mente accetterà il mio biglietto di carta come denaro. Nessuno saprebbe quale sarebbe il valore di scambio di quei pezzi di carta, quindi nessuno li accetterebbe. È il Teorema della regressione a dirci che la moneta (cartacea) scoperta non può emergere volontariamente e spontaneamente.

Se il nuovo denaro venisse creato tramite prestiti, le valute concorrenti di Hayek equivarrebbero fondamentalmente a denaro creato “dal nulla”. Soffrirebbero delle stesse carenze economiche ed etiche delle valute fiat controllate dallo stato. Questi fondi sarebbero inflazionistici e metterebbero in moto un ciclo di boom/bust.

È vero, tuttavia, che la moneta prodotta attraverso l’espansione del credito in condizioni di libero mercato potrebbe essere meno dannosa rispetto alla moneta fiat monopolizzata dallo stato: le persone avrebbero una scelta in termini di denaro e in un libero mercato l’incentivo per chi lo emette sarebbe ridurre al minimo l'uso della riserva frazionaria in quanto non esisterebbe una banca centrale che agisce da “prestatore di ultima istanza”.

Comunque sia, le idee di Hayek di creare nuova moneta stampandola o prestandola o non funzionano, oppure causano danni economici e sociali – e devono quindi essere rigettate perché non aprirebbero la strada verso forme di denaro migliori, o sane.

Alla luce delle critiche che ho mosso contro il libro di Hayek, Denationalization Of Money, mi affretto a chiarire che le mie critiche si riferiscono ad aspetti tecnici e non implicano in alcun modo un totale rifiuto dell'idea di denazionalizzare la moneta.

Tuttavia le numerose incongruenze tecniche e teoriche che troviamo nello studio di Hayek sembrano essersi ritorte contro di lui: non si può non sospettare che abbiano fatto più male che bene per rendere popolare l’idea di sostituire il monopolio monetario coercitivo dello stato con un libero mercato.

Comunque sia, ci sono ancora lezioni importanti che possiamo apprendere oggi da Denationalization Of Money.

Hayek ci ricorda che non esiste alcuna ragione economica o etica convincente per cui lo stato dovrebbe detenere il monopolio monetario; infatti fornirgli (e fornire ai gruppi con interesse speciali che usano il potere coercitivo dello stato per i loro scopi) l'autorità sul denaro porterà all'inflazione e ai mali economici e sociali che l'accompagnano.

Hayek sottolinea giustamente che un libero mercato è possibile – e che è, senza dubbio, economicamente ed eticamente superiore ai regimi di monopolio monetario controllato degli stati.

Il libero mercato può essere messo in moto

  1. abrogando lo “status di corso legale” delle valute fiat;
  2. abrogando le tasse sulle plusvalenze e l’IVA su potenziali candidati monetari come oro, argento e Bitcoin;
  3. abrogando tutte le restanti normative che impediscono l'utilizzo di mezzi di pagamento diversi dalle valute fiat.

Hayek porta alla nostra attenzione ciò che Carl Menger (il 'padre fondatore' degli Austriaci) aveva già sottolineato nel suo libro Principi di economia del 1871: la moneta è un fenomeno di libero mercato, emerso spontaneamente dal libero mercato e da una merce (come, ad esempio, oro e argento).

Secondo Carl Menger la moneta non è emersa, e Ludwig von Mises lo spiegò nel 1912 con il suo Teorema della regressione, attraverso l’azione dello stato. Non era necessario e non è necessario nemmeno adesso uno stato affinché il denaro potesse nascere. E questa intuizione, a sua volta, dovrebbe farci comprendere meglio gli sviluppi nei mercati delle criptovalute: le persone sono disilluse di fronte alle valute fiat, le quali sono inflazionistiche e provocano boom e bust, oltre a incoraggiare politiche che rendono gli stati sempre più grandi e quindi distruggono sempre più le libertà individuali e la ricchezza delle nazioni.

Spero che le mie osservazioni critiche siano state incoraggianti e stimolanti per il lettore, aumentando il suo interesse per l'idea di Hayek di “denazionalizzazione la moneta”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 4 aprile 2023

Pensate che l'economia mondiale stia reggendo il colpo? Fate attenzione, perché non abbiamo ancora visto niente

Come spiegò Mises, il boom è causato dalle banche centrali e commerciali che creano denaro dal nulla. Ciò abbassa artificialmente i tassi d'interesse, cosa che a sua volta incoraggia le imprese ad accendere nuovi prestiti per finanziare progetti d'investimento ad alta intensità di capitale. Il bust è innescato quando rallenta il processo di creazione di denaro; è in questa fase che le aziende scoprono che non ci sono abbastanza risorse scarse per completare i loro progetti, quindi questi ultimi devono essere liquidati per consentire l'allocazione del capitale (es. manodopera e altre risorse) dov'è più desiderato da parte dai consumatori. Il periodo di riassestamento causa enormi difficoltà a breve termine, ma se il processo di spreco di capitale scarso continua, allora abbassa anche gli standard di vita a lungo termine. L'unico modo per evitare che il ciclo economico si ripeta è impedire in primo luogo alle banche di creare denaro dal nulla. Questa spiegazione del ciclo boom/bust è nota come teoria Austriaca del ciclo economico, in onore di Mises e di coloro che svilupparono ulteriormente la sua rivoluzionaria teoria. Gli stati e le banche centrali hanno una scelta: o rallentare la creazione di denaro dal nulla e innescare un bust, o accelerarne la creazione e innescare inflazione di massa. A causa del recente rallentamento della crescita dell'offerta di denaro nelle principali economie del mondo, anche gli indicatori economici stanno segnalando una recessione. Questi ultimi, però, sono indicatori in ritardo data la loro natura empirica ed eventualmente confermativa; quell'indicatore che invece è anticipatore, è la logica su cui si fonda la teoria Austriaca del ciclo economico.

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di Thorsten Polleit

Una certa sensazione di sollievo si sta diffondendo tra gli analisti economici e gli esperti di borsa. I prezzi dell'energia stanno diminuendo notevolmente e l'approvvigionamento energetico di questo inverno non ha avuto intoppi; in Europa, se necessario, è disponibile il sostegno statale a consumatori e produttori. La Cina si è allontanata dalla sua politica zero-Covid e la produzione sta di nuovo aumentando. L'elevata inflazione dei prezzi delle merci è ancora una delle principali preoccupazioni per consumatori e produttori, ma le banche centrali stanno rialzando i tassi d'interesse per ridurre, si spera, la svalutazione della valuta. Quindi dovremmo dire addio alle preoccupazioni di crisi e recessione? Sfortunatamente no.

Perché c'è uno sviluppo economico complessivo che equivale a una tempesta, ma che viene ignorata da molti esperti e investitori. E questa è la contrazione mondiale dell'offerta reale di denaro. Che cosa significa? L'offerta reale di denaro rappresenta l'effettivo potere d'acquisto del denaro stesso. Ad esempio: se avete dieci dollari e una mela costa un dollaro, i vostri dieci dollari possono comprare dieci mele. Se il prezzo della mela sale, diciamo, a due dollari al pezzo, il potere d'acquisto dei dieci dollari scende a cinque mele. Diventa ovvio che l'offerta reale di denaro è determinata dall'interazione tra l'offerta nominale di denaro e i prezzi dei beni.

L'offerta reale di denaro in un'economia può diminuire quando l'offerta nominale diminuisce, o i prezzi delle merci aumentano. Questo è esattamente ciò che sta accadendo attualmente in tutto il mondo. Il grafico seguente mostra il tasso di crescita annuale dell'offerta reale di denaro nell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) dal 1981 all'ottobre 2022. L'offerta reale di denaro si è contratta del 7,3% su base annua. Non c'è mai stato niente di simile prima. Qual è il motivo?

L'enorme aumento dei prezzi delle merci, cioè l'elevata inflazione dei prezzi, è una conseguenza della politica monetaria delle banche centrali. Nel corso dei lockdown, le banche centrali hanno aumentato enormemente l'offerta di denaro: ad esempio, la Federal Reserve ha ampliato lo stock di M2 di circa il 40% sin dalla fine del 2019 e la Banca centrale europea ha aumentato l'offerta di M3 del 25%. Poiché la crescita dell'offerta di beni non ha tenuto il passo, è emerso un enorme eccesso di offerta di denaro; senza contare la spinta sui costi, come le conseguenze delle politiche ecologiche, i lockdown e la guerra in Ucraina.

Nel frattempo la crescita dell'offerta nominale di denaro è nettamente diminuita. Negli Stati Uniti è diminuita dell'1,3% su base annua nel dicembre 2022 e del 4,1% nell'area Euro. Il motivo: la domanda di prestiti è in calo, le banche commerciali concedono meno prestiti e, di conseguenza, la nuova offerta di denaro generata dai prestiti bancari sta diminuendo. Inoltre le banche centrali non acquistano più titoli di stato, motivo per cui l'afflusso di nuovo denaro nell'economia si sta prosciugando.

Può sembrare paradossale, ma in termini economici, l'attuale elevata inflazione dei prezzi delle merci sta riducendo l'eccesso di offerta di denaro e la pressione al ribasso sull'inflazione futura sta già salendo.

Tuttavia se l'offerta reale di denaro continua a ridursi così bruscamente, i segnali indicano almeno un rallentamento economico e, più probabilmente, una recessione. Quando l'offerta reale di denaro si riduce, coloro che usano il denaro diventano più poveri. Non possono più acquistare le quantità di beni che acquistavano in precedenza e devono adeguare la loro spesa: smettere di acquistare beni più costosi, o continuare ad acquistare beni più costosi rinunciando ad altre cose. Il risultato è un calo della domanda aggregata.

Questo fenomeno è, tra l'altro, noto come "effetto di equilibrio reale". Risale all'economista israelo-americano Don Patinkin (1922-1995). Quest'ultimo voleva dimostrare che l'economia nazionale può, per così dire, auto-rigenerarsi durante le crisi senza bisogno dell'intervento statale. Se, ad esempio, i prezzi dei beni scendono in una depressione, ciò rafforza il potere d'acquisto degli attori di mercato se e quando l'offerta di denaro rimane invariata. Possono espandere la loro domanda di beni e l'economia esce dalla crisi più o meno automaticamente.

Se applichiamo queste tesi alle condizioni attuali, possiamo vedere che si sta manifestando un effetto monetario negativo piuttosto potente: l'aumento iniziale della quantità di denaro si traduce in un aumento dell'offerta reale di denaro, cosa che a sua volta alimenta il consumo e la produzione. Quindi l'inflazione dei prezzi decolla e, allo stesso tempo, l'espansione monetaria rallenta. Il risultato è un forte calo dello stock reale di denaro, che, a sua volta, porta a una minore attività economica, persino alla recessione.

La contrazione della produzione e dell'occupazione, a sua volta, esercita una pressione al ribasso sull'aumento dei prezzi dei beni, stabilendo un nuovo rapporto tra la massa monetaria in circolazione e i prezzi dei beni in accordo con le preferenze delle persone. Una volta che questo aggiustamento fa il suo corso e lo stock nominale di denaro rimane invariato, l'inflazione dei prezzi si estingue. L'economia finisce con l'avere un livello più alto dei prezzi rispetto alla situazione prima che venisse aumentata l'offerta nominale di denaro.

Allora perché le banche centrali vogliono rialzare ulteriormente i tassi d'interesse? Le autorità monetarie temono che non fare nulla e aspettare possa erodere la fiducia delle persone nelle valute cartacee scoperte. Ciò, a sua volta, aumenterebbe le aspettative d'inflazione degli attori di mercato (cosa che, per inciso, sta già accadendo) e creerebbe una crisi inflazionistica ancora più grande. Inoltre i consigli direttivi delle banche centrali di solito basano la loro politica monetaria sull'inflazione corrente; in genere hanno poca o nessuna considerazione per lo sviluppo dell'offerta reale di denaro.

Le banche centrali quindi, consapevolmente o inconsapevolmente, innescano una recessione, una contrazione economica per spezzare l'ondata inflazionistica. A prima vista il loro piano potrebbe funzionare, perché se la domanda di beni diminuisce, le aziende possono ridurre le scorte solo tagliando i prezzi. Diminuisce il margine di manovra per il trasferimento dei costi e la speculazione sugli aumenti futuri dei prezzi. Richieste di salari più elevati non si concretizzano e, cosa più importante, la crescita del credito e dell'offerta di denaro diminuiscono, mitigando la pressione inflazionistica futura. Questo, comunque, è un approccio esplosivo nell'attuale ambiente monetario.

Una recessione probabilmente metterà sotto forte stress le economie fortemente indebitate. Molti debitori non saranno più in grado di onorare i propri debiti. Aumentando le insolvenze sui prestiti, le banche diventeranno riluttanti a concedere nuovi prestiti e chiederanno il rimborso dei prestiti in scadenza. Già adesso la fiducia degli investitori nelle economie e nei mercati finanziari gravati dal debito sta diminuendo, il risultato sarebbe una fulminante crisi del credito, come minimo della portata di quella del 2008/9 (se non superiore). Gli investitori temono che i loro interessi e il pagamento del capitale non verranno onorati; i mercati del credito si congeleranno e il sistema monetario fiat sarà destinato al collasso.

Il dolore economico sarebbe enorme e sarebbe scontata la pressione politica sulle banche centrali affinché abbassino nuovamente i tassi d'interesse, e mantengano a galla l'economia con nuovo credito. Nell'ora del bisogno stati e popolazione in generale considereranno molto probabilmente un rinnovato aumento dell'offerta di denaro come il male minore. Anche una politica d'inflazione alle stelle diventerebbe accettabile dal loro punto di vista per sfuggire a un male ancora più grande. Ci sono parecchi esempi storici riguardo questa tragica gestione della cartamoneta scoperta.

Basti pensare al 2008/9 (la crisi finanziaria ed economica mondiale) e al 2020/21 (la crisi dopo i lockdown). Per scongiurare le crisi, o contenerle il più possibile, le banche centrali hanno abbassato i tassi d'interesse e ampliato drasticamente l'offerta di denaro. Il risultato è stata l'inflazione dei prezzi: sia quella degli asset finanziari sia quella dei prezzi dei beni di consumo. Da questa prospettiva non è improbabile che la storia si ripeta.

Se alle banche centrali non viene impedito di fare ciò che stanno facendo (es. provocare boom/bust, manipolare i tassi d'interesse al ribasso, aumentare incessantemente la quantità di denaro creata dal nulla), le loro azioni alla fine porteranno a un livello d'inflazione ben al di là di quello a cui abbiamo assistito nell'ultimo anno e mezzo. Da questo punto di vista lo stock reale di denaro in forte contrazione nell'economia mondiale è il presagio di un nuovo ciclo di politica monetaria super-allentata e di un'inflazione altissima più avanti lungo la strada.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 22 novembre 2022

Inflazione, inflazione di massa e iperinflazione

 

 

di Thorsten Polleit

La parola "inflazione" è sentita e letta ovunque in questi giorni.

Tuttavia, poiché persone diverse a volte hanno una comprensione molto diversa dei fenomeni, ecco una definizione: “L'inflazione dei prezzi è l'aumento sostenuto dei prezzi delle merci in generale”.

Questa definizione indica che l'aumento dei prezzi dei beni non è solo una tantum, ma permanente; e che non salgano solo i prezzi di alcuni beni, ma tutti.

Come nasce l'inflazione? Gli economisti hanno due spiegazioni: la prima è la spiegazione "non monetaria", ovvero il forte aumento dei prezzi dell'energia porta all'inflazione dei prezzi (indicata anche come inflazione spinta dai costi), o quando la domanda di beni supera l'offerta, provocando un aumento dei prezzi; la seconda spiegazione è monetaria: “L'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario”, come affermò l'economista statunitense Milton Friedman.

Ed è vero, perché in un'economia senza soldi non c'è inflazione. Quindi, come si può vedere, l'inflazione ha qualcosa a che fare con il denaro.

Si può dimostrare teoricamente che un aumento dell'offerta di denaro porta ad un aumento dei prezzi dei beni: i prezzi saranno più alti rispetto a una situazione in cui l'offerta di denaro non è stata ampliata.

Esistono prove empiriche che l'aumento nel tempo della quantità di denaro è associato all'aumento dei prezzi dei beni, sia che si tratti di beni di consumo e/o di prezzi di asset come azioni e immobili.

In vista degli attuali sviluppi nel mondo, entrambe le spiegazioni possono essere collegate.

Lo shock dei prezzi dell'energia innescato dalle politiche "green", che ha fatto salire alle stelle i prezzi di molte altre materie prime, combinato con le carenze legate ai lockdown, è stato rinforzato da un enorme eccesso monetario che le banche centrali hanno accumulato negli ultimi anni.

Ed è proprio questo eccesso monetario che sta permettendo allo shock dei prezzi dei beni di tradursi in inflazione dei prezzi, cioè in ulteriori aumenti dei prezzi su tutta la linea.

Da questo punto di vista, è l'eccesso monetario che è responsabile dell'inflazione dei prezzi delle merci. Senza di esso, questo tipo d'inflazione non sarebbe stato possibile; senza di esso, non ci sarebbe un continuo aumento dei prezzi di tutti i beni.

Va quindi sottolineato che quando si parla d'inflazione, ha senso distinguere tra inflazione dei prezzi dei beni e inflazione dell'offerta di denaro. L'inflazione dei prezzi delle merci è il sintomo e l'inflazione dell'offerta di denaro ne è la causa.

Sappiamo che l'inflazione significa una perdita di potere d'acquisto del denaro: quando c'è inflazione, si ottengono sempre meno beni in cambio del proprio denaro. Nell'odierno sistema monetario cartaceo scoperto – il sistema monetario fiat – l'inflazione è cronica, una piaga quotidiana, per così dire.

Il motivo: le banche centrali, che hanno il monopolio sulla produzione di denaro, si sono prefissate l'obiettivo di fornire un'inflazione al 2% annuo. Questo può sembrare un parametro accettabile a prima vista, ma non a una seconda.

Perché così facendo le banche centrali non preservano nel tempo il potere d'acquisto del denaro, lo riducono deliberatamente! Non sono guardiani della valuta, ma suoi distruttori.

Un'inflazione al 2% può sembrare "piccola", ma nel tempo porta a una notevole riduzione del potere d'acquisto del denaro.

Ad esempio, con un tasso d'inflazione al 2% annuo, la perdita di potere d'acquisto del denaro è del 9% dopo cinque anni e del 18% dopo 10 anni.

Un'inflazione al 5% avrà già distrutto il potere d'acquisto del denaro del 22% dopo cinque anni e del 39% dopo dieci anni.

E con un'inflazione al 10%, il 38% del potere d'acquisto viene cancellato dopo cinque anni e il 61% dopo dieci anni.

Cos'è l'inflazione elevata? Ebbene, non esiste una definizione univoca ma ha senso parlare di inflazione di massa quando i prezzi dei beni aumentano del 5, 10 o 15% all'anno.

Si parla d'iperinflazione quando il ritmo di aumento del prezzo dei beni è molto, molto alto e continua a salire nel tempo; potremmo anche dire quando inizia a galoppare.

La maggior parte dei libri di testo di economia moderna afferma che l'iperinflazione si verifica quando i prezzi aumentano del 50% o più al mese. Questa definizione risale al lavoro dell'economista statunitense, Phillip Cagan.

Tuttavia tenete presente che un aumento dei prezzi del 50% al mese implica un tasso d'inflazione annuale di quasi il 12.900%. È spaventosamente alto. Significherebbe, ad esempio, che il prezzo di una tazzina di caffè aumenterebbe da $3 a $390 in un anno.

In considerazione dell'effetto devastante dell'iperinflazione sul potere d'acquisto del denaro in un tempo molto breve, ha senso dal punto di vista economico fissare la soglia molto più in basso e parlare d'iperinflazione già quando c'è un aumento permanente dei prezzi, diciamo, del 3% al mese.

Come si verifica?

Il fenomeno dell'iperinflazione è nato quando è venuto al mondo il denaro cartaceo scoperto, o denaro fiat. L'iperinflazione era ed è indissolubilmente legata al denaro fiat.

Il motivo è che la banca centrale statale può, in poche parole, aumentare la quantità di denaro fiat in qualsiasi momento e di qualsiasi importo.

E questo di solito accade, come mostra dolorosamente la storia, quando lo stato è in guerra o quando è così sovraindebitato da non vedere altro modo per finanziare le sue spese se non quello di far stampare nuova moneta alla sua banca centrale.

L'iperinflazione è solitamente innescata per motivi politici. L'economista Ludwig von Mises lo espresse succintamente quando scrisse nel 1923:

Abbiamo visto che se uno stato non è in grado di negoziare prestiti e non osa imporre tasse aggiuntive per paura che gli effetti finanziari ed economici generali si manifestino troppo presto e in modo troppo chiaro, così da perdere il sostegno politico, ritiene sempre necessario adottare misure inflazionistiche. L'inflazione diventa così uno dei più importanti aiuti psicologici ad una politica economica che cerca di camuffarne gli effetti. In questo senso, può essere descritto come uno strumento di politica anti-democratica. Ingannando l'opinione pubblica, permette di allungare la vita a un sistema di governo che non avrebbe alcuna speranza di ricevere l'approvazione del popolo se gli si spiegasse francamente le condizioni.

Descriverò ora brevemente come l'inflazione si possa trasformare in inflazione di massa e iperinflazione.

Supponiamo che lo stato sia fortemente indebitato e si trovi in ​​difficoltà finanziarie, perché, ad esempio, l'economia è in recessione. Le entrate si stanno prosciugando e c'è un grosso divario nel suo budget. Per chiuderlo, lo stato emette nuove obbligazioni che poi la banca centrale acquista e paga con denaro di nuova creazione.

Lo stato spende questi soldi (in programmi di occupazione, pagamenti tramite welfare state, ecc.) e aumenta la quantità di denaro nelle mani di consumatori e produttori. I destinatari del nuovo denaro lo scambiano quindi con beni, provocando di conseguenza un aumento dei prezzi di quest'ultimi.

Tuttavia le persone sono state letteralmente colte di sorpresa dall'improvviso aumento dell'offerta di denaro e dal conseguente aumento dell'inflazione dei prezzi dei beni: l'inflazione effettiva è più alta di quanto originariamente previsto, cioè più alta dell'inflazione promessa loro dalla banca centrale.

L'inflazione "a sorpresa" ha fatto aumentare il prezzo dei beni più dei salari e delle pensioni, impoverendo la popolazione in generale. I salari e redditi reali, quando aggiustati all'inflazione, calano.

Le persone vedono la truffa e si rendono conto di essere state ingannate dall'inflazione "a sorpresa", di conseguenza adeguano i loro contratti salariali, di affitto e di prestito rinegoziandoli sulla base di aspettative d'inflazione più elevate.

Se in questa situazione lo stato non taglia la sua spesa, ma la aumenta ulteriormente, ad esempio perché i pagamenti tramite il welfare state (sussidi abitativi, sussidi alimentari, ecc.) continuano ad aumentare a causa della maggiore inflazione dei prezzi dei beni, la conseguenza sarà una maggiore espansione dell'offerta di denaro per gentile concessione della banca centrale.

Supponiamo che la banca centrale aumenti ancora l'offerta di denaro (ad esempio, acquistando più titoli di stato), in tal caso le persone saranno nuovamente colpite dall'inflazione "a sorpresa" e il potere d'acquisto del loro denaro sarà eroso ancora di più.

La frode perpetrata della banca centrale prima o poi eroderà la fiducia nella valuta, di conseguenza le persone riducono le proprie disponibilità liquide: iniziamo a domandare sempre più beni in cambio del loro denaro. Questo, a sua volta, amplifica l'aumento generale dei prezzi dei beni e l'aumento dei prezzi dei beni in concomitanza con la diminuzione della domanda di denaro si rafforzano a vicenda.

Non passerà molto tempo prima che sorga l'aspettativa che la banca centrale amplierà l'offerta di denaro a ritmi sempre più rapidi: diciamo, dal 10% quest'anno al 15% l'anno prossimo, poi al 25% l'anno successivo, quindi al 40%, e così via, e che non finisca mai. Alla fine le persone iniziano a scappare, letteralmente, dal denaro.

Si sviluppa un "crack-up boom", dove le persone sono desiderose di scambiare i propri soldi con tutti gli oggetti di valore ancora disponibili (es. azioni, immobili, orologi, metalli preziosi, ecc.). In casi estremi, il potere d'acquisto del denaro fiat crolla, cessa di essere utilizzato come denaro e i risparmiatori subiscono una perdita totale.

Il processo d'iperinflazione può essere fermato? La risposta è: teoricamente sì. La banca centrale deve solo smettere di espandere l'offerta di denaro, ma è proprio questa misura che di solito incontra una feroce resistenza politica, soprattutto quando l'inflazione elevata è già stata avviata.

La gente teme soprattutto la bancarotta nazionale, la crisi economica/sociale e il caos che ne deriverebbe. I consigli delle banche centrali, nominati dallo stato, considerano loro dovere non lasciare che lo stato fallisca in caso di emergenza, anche se ciò distruggerà il valore del denaro.

Negli stati altamente indebitati e burocraticamente ipertrofici, il pericolo d'iperinflazione è particolarmente grande, perché moltissime persone dipendono dalle sovvenzioni statali e preferiscono, almeno inizialmente, che lo stato rimanga liquido, anche se ciò significa un aumento dell'inflazione.

Ad un certo punto, tuttavia, i costi economici dell'iperinflazione diventeranno insopportabili. In questo senso l'iperinflazione non può durare per sempre: o finisce con l'arresto di ogni ulteriore aumento dell'offerta di denaro, consentendo a una crisi di ripulire l'ambiente economico come accadde in Austria all'inizio del 1923, oppure finisce con la completa distruzione del potere d'acquisto del denaro e la sostituzione della valuta distrutta con una nuova come parte di una riforma monetaria (come nella Repubblica di Weimar, quando nel nomvebre del 1923 il marco tedesco fu sostituito dal rentenmark). Oppure togliendo letteralmente molti zeri dalle banconote – come accadde in Turchia nel 2005, ad esempio, quando furono eliminati sei zeri dalle banconote e i conti bancari furono aggiustati di conseguenza (ad esempio, un milione di lire turche divenne una lira turca).

Ora vi starete chiedendo: l'iperinflazione è imminente?

Non si può trascurare che l'inflazione si è già trasformata in inflazione di massa. A luglio 2022 i prezzi dei beni di consumo statunitensi sono saliti dell'8,5% rispetto all'anno precedente e di un bel 9% nell'area Euro ad agosto. I prezzi alla produzione tedeschi sono saliti di un bel 37% nell'agosto 2022.

Ciò è diventato possibile principalmente perché, come ho detto prima, le banche centrali hanno creato un enorme eccesso monetario. Negli Stati Uniti è stimato al 15% e nell'area Euro è di una grandezza simile.

Come regola generale, ciò significa che i prezzi dei beni continueranno ad aumentare all'incirca a questo ritmo, nel senso che i prezzi dei beni saliranno del 15% in totale, o di circa il 7% all'anno nei prossimi due anni.

L'aumento dell'offerta di denaro in passato e il conseguente eccesso monetario culminano in un'inflazione elevata (che è già abbastanza grave), ma non ancora nell'iperinflazione.

Non c'è alcun motivo per pensarla diversamente, perché le politiche delle banche centrali negli ultimi anni hanno reso inequivocabilmente chiaro che stampare nuova moneta è visto come il male minore in tempi di difficoltà.

E questo è inequivocabilmente l'atteggiamento dell'inflazionismo, il quale promuove ovviamente politiche inflazionistiche.

L'inflazionismo diventa dilagante in un momento in cui le principali economie del mondo sono fortemente indebitate, dopo decenni di sconsiderata espansione del denaro fiat.

Le imminenti difficoltà e le tentazioni politiche possono fin troppo facilmente innescare un'inflazione sempre più incontrollata, che, a un certo punto, potrebbe diventare politicamente incontrollabile e alla fine trasformarsi in iperinflazione.

Guardandola in questo modo, si può dire che l'inflazione elevata è qui per restare. L'iperinflazione potrebbe non essere ancora alle nostre porte, ma si sta avvicinando ogni giorno – se la mentalità attualmente prevalente sulle questioni economiche e sociopolitiche non cambierà e presto, l'iperinflazione verrà a bussare – e alla fine sfonderà la porta.

Mentre è impossibile dire quando ciò potrebbe accadere, il verificarsi di un'iperinflazione nel sistema monetario fiat è molto probabile; anzi, temo sia quasi inevitabile.

Il mio consiglio è di non fidarsi delle valute fiat. Il loro potere d'acquisto sarà drasticamente svalutato, alcune addirittura lo perderanno completamente.

Tenete meno soldi possibile. È meglio riassegnare le somme di denaro non necessarie per i pagamenti correnti in oro/argento (monete e lingotti) e azioni (se non siete esperti, acquistate azioni di un fondo o ETF azionari).

E sì, ci sono altre opzioni d'investimento e anche una maggiore diversificazione del portafoglio può avere senso, ma investire in capitale produttivo (ad esempio, azioni) e detenere metalli preziosi in forma fisica (ad esempio, monete o lingotti) è una strategia d'investimento facile, praticabile e poco costosa per molte persone, la quale le aiuterà, almeno in parte, a sfuggire alle conseguenze dellla distruzione del potere d'acquisto del denaro fiat.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/