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martedì 15 aprile 2025

Soros e la USAID: un matrimonio diabolico

Le ultime settimane sono state caratterizzate da manifestazioni di dissenso nei confronti dell'amministrazione Trump. Dagli attacchi vandalici alle Tesla in giro per strada agli incendi degli stabilimenti industriali della stessa casa automobilistica, il sentimento contrario e di protesta sta emergendo con una certa violenza. Non solo, ma due fine settimana fa abbiamo sentito dai canali informativi ufficiali che in gran parte delle grandi città americane erano scesi in piazza manifestanti per esprimere il loro dissenso nei confronti di Trump. Giornali, telegiornali e giornalisti hanno subdolamente fatto intendere che tutte queste cose sono squisitamente “spontanee”. Lasciatemi essere campanilista nei confronti del lavoro che svolgo su queste pagine (virtuali): senza la voce analitica di uno come me, non ci sarebbe scampo dai megafoni della propaganda mainstream; spazi divulgativi come i miei dovrebbero essere supportati affinché possano continuare a operare nonostante i venti contrari provenienti da mancanza di sponsor e dalla facilità con cui potrebbero essere perfidamente silenziati (“shadow ban”, spinta più in basso nei risultati di ricerca, ecc. cosa già accaduto dal 2021 al 2024). Detto questo, ecco servita l'ennesima confutazione dell'informazione generalista: si scopre infatti che c'è coordinamento nel sottobosco dell'estrema sinistra per quanto riguarda la devastazione mirata di Tesla. Non solo, ma ciò vale anche per le altre manifestazioni di protesta contro Trump e la sua amministrazione, in America e nel resto del mondo (oltre alle “rivoluzioni colorate” in Georgia, Moldavia, Serbia, Romania). Infatti la realtà è ben diversa da quella disegnata e diffusa dai canali d'informazione ufficiali. Sto esagerando? Allora leggetevi questo lungo articolo del Time dove si riporta, prove estese alla mano, l'esistenza di una rete sotterranea di coordinamento e finanziamento facente riferimento alla sinistra e allo Stato profondo. Lo smantellamento della USAID, quindi, e il licenziamento di fannulloni nella macchina pubblica sono passi nella giusta direzione. Sebbene lo Stato profondo non resterà a guardare, una pubblico attento e con spirito critico nei confronti di ciò che legge è essenziale affinché esso non riacquisti forza e attiri dalla sua parte anche chi è stato accuratamente fuorviato da un'informazione mainstream distorta e (convenientemente) omissiva.

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di Matthew Palumbo

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/soros-e-la-usaid-un-matrimonio-diabolico)

La recente attenzione rivolta alla USAID e le rivelazioni esplosive sulla reale destinazione delle sue spese rappresentano sicuramente un regalo di Natale anticipato per Rand Paul, quando arriverà il momento di preparare il suo rapporto annuale Festivus.

Dal finanziamento dell'insegnamento ai giornalisti dello Sri Lanka su come evitare il “linguaggio binario di genere” ai cambiamenti di sesso in Guatemala, all'attivismo LGBT in Armenia, Giamaica, America Latina, Uganda, tra innumerevoli altri, l'agenzia si comportava più come un'organizzazione di attivisti che altro. C'è anche dell'ironia nella rivelazione che molte cosiddette “Organizzazioni non governative” (ONG) ottengono la maggior parte dei loro finanziamenti dal governo federale.

Altre cose che saltano all'occhio includono il finanziamento di Sesame Street in Iraq, laboratori di drag show per migranti venezuelani in Ecuador, la promozione del turismo in Tunisia ed Egitto, la sensibilizzazione degli africani sui cambiamenti climatici e l'insegnamento alla popolazione del Kazakistan su come difendersi dai troll su Internet.

L'elenco potrebbe continuare per centinaia di pagine, ma il concetto è chiaro.

Anche i progetti di aiuti che potrebbero essere considerati più legittimi sono macchiati dalla politica e questo grazie a George Soros. Nel 2017 la Heritage Foundation ha svelato come Soros avesse sfruttato la sua influenza per mettere vincoli agli aiuti umanitari erogati dalla USAID, tutti i quali richiedevano ai destinatari di sottoscrivere un'agenda politica di estrema sinistra, specialmente nei Paesi che non la volevano:

[...] ma stanno emergendo prove che negli ultimi otto anni [a partire dal 2009], Soros, la sua Open Societies Foundations (OSF) e le loro numerose affiliate più piccole hanno ricevuto denaro dei contribuenti statunitensi tramite USAID e che quest'ultima ha reso OSF il principale esecutore dei suoi aiuti.

Fu nel 2009 che la USAID iniziò a vincolare i fondi per lo sviluppo ai Paesi che assumevano posizioni progressiste sui diritti gay/transgender, tra le altre cause di sinistra, tra cui anche la legalizzazione della prostituzione e la depenalizzazione delle droghe (non nel modo in cui molti libertari vorrebbero, ma piuttosto secondo il modello “San Francisco”). Ciò accadde ai Paesi africani e ai Paesi europei “dall'Irlanda alla Macedonia”.

Heritage ha anche scoperto che, nonostante alcuni aiuti da parte della USAID siano aiuti umanitari, abbiamo decenni di dati che dimostrano che non hanno migliorato la crescita economica e lo sviluppo nei Paesi finanziati. Quindi non c'è davvero alcun problema a buttare via il proverbiale bambino con l'acqua sporca quando si tratta di eliminare la USAID.

Per quanto scandalosi siano alcuni dei progetti progressisti e caricaturali in cui la USAID ha investito, dare fuoco ai soldi non è nemmeno lontanamente una delle loro attività più distruttive.

Ecco alcuni esempi.


Albania

L'Albania è la nazione più colpita dalla corruzione amministrativa nella regione, con il 57% dei cittadini a cui vengono richieste tangenti occasionalmente e il 47% che prende parte a transazioni corrotte. In collaborazione con USAID, la Open Society Foundations (OSF) di Soros ha contribuito con $60 milioni tra il 2000 e il 2015 ai cosiddetti sforzi di riforma della giustizia in Albania, e l'OSF ha stanziato i fondi.

Gli sforzi di riforma hanno ampiamente aiutato il Partito Socialista a consolidare il potere. Esso è guidato dal Primo Ministro Edi Rama, fotografato con Alex Soros quasi ogni mese, e che lo chiama suo “fratello”. Un documento dell'OSF redatto nel 2013, l'anno in cui Rama ha assunto il potere come Primo Ministro, ha delineato come riformare la Costituzione albanese. La riforma giudiziaria USAID-Soros-Rama è stata completata nel 2016.

Una revisione degli sforzi per quanto riguarda la riforma giudiziaria nel luglio 2021, esattamente cinque anni dopo la sua promulgazione, mostra come siano stati scarsamente all'altezza del linguaggio roseo che l'OSF e i socialisti hanno usato per promuoverla. I risultati sono stati devastanti:

• I tentativi dell'OSF e del Partito Socialista di impadronirsi della Corte Costituzionale e dell'Alto Ispettorato della Giustizia albanesi hanno lasciato l'opinione pubblica senza di essi per quasi quattro anni.

• Le Corti d'appello e le Corti di primo grado hanno solo un quarto dei giudici di cui hanno bisogno, e la Corte Suprema metà. Di conseguenza si stima che ci vorranno due decenni per smaltire l'arretrato di oltre 100.000 casi legali, 36.000 dei quali sono in attesa di essere esaminati dalla Corte Suprema.

• L'High Judicial Council ha esternalizzato l'amministrazione dei fascicoli della Corte Suprema all'East-West Management Institute, finanziato da Soros e USAID, gestito dall'ex-moglie di Rama, che è anche ex-presidente dell'OSF. L'East-West Management ha ricevuto oltre $270 milioni dalla USAID.

• Le riforme pongono le reti delle ONG sotto la competenza del Partito Socialista.

• La corruzione è aumentata. Il prezzo delle opere pubbliche con denaro del bilancio statale in Albania costa tra 6 e 8 volte di più rispetto alle opere pubbliche eseguite in “campi simili” con il finanziamento delle banche europee.

Si può solo immaginare quanto disastrosa sia stata a livello locale l'ingerenza di Soros nel sistema giudiziario americano: all'estero è stata ben peggiore.


La rivoluzione colorata nella Macedonia del Nord

Nella piccola nazione della Macedonia del Nord (formalmente Macedonia), che ha una popolazione di poco meno di 2 milioni, Soros, attraverso la sua Fondazione Open Society Macedonia (FOSM) e le sue attività sostenute dalla USAID, ha creato canali di informazione per promuovere la propaganda di sinistra e ha fondato 80 organizzazioni con lo stesso obiettivo, tra cui think tank, associazioni di giornalisti, gruppi che promuovono l'aborto, la droga e gli elementi più stravaganti dell'agenda LGBT. La FOSM era composta in gran parte da persone provenienti dall'ala “riformista” del partito comunista.

Sul tavolo erano previsti anche metodi diretti per un cambio di governo.

Nel 2015 l'Unione socialdemocratica di Macedonia e Soros (con l'aiuto della USAID) hanno finanziato gruppi per avviare una Rivoluzione colorata e rovesciare il partito conservatore al potere VMRO-DPMNE, in carica sin dal 2006. Durante le proteste gli attivisti di sinistra hanno apertamente esultato per il loro sostegno a Soros, indossando magliette con la scritta “esercito di Soros”. Un giornalista che ha posato per una foto indossando una delle magliette ha anche condotto uno show televisivo che promuoveva la rivoluzione colorata nella Macedonia del Nord, e alla fine della trasmissione è stato esposto il logo della USAID.


Guatemala

Una relazione di Judicial Watch ha rivelato come la USAID abbia incanalato milioni di dollari in programmi allineati con gli obiettivi di OSF in Guatemala. Le reti di Soros hanno speso oltre $100 milioni in America Latina dal 2015, con la “riforma della giustizia” come interesse principale. Rispetto al PIL OSF spende in Guatemala oltre il doppio di quanto spende la USAID nel Paese, cosa che ha fortemente allineato le iniziative di ritorno di Soros e ne ha finanziate direttamente alcune, come la Commissione internazionale contro l'impunità.

Come molte cosiddette organizzazioni anti-corruzione finanziate da Soros, tale Commissione è stata trasformata in un'arma contro i leader di destra del Paese e promuove “riforme” di estrema sinistra. Le loro azioni hanno portato alle dimissioni di un presidente a cui Soros si opponeva, Otto Perez Molina del partito di centro-destra Patriot Party, e hanno anche preso di mira il suo successore, Jimmy Morales del partito di destra National Convergence Front.


Negare, negare, negare

Cosa ha da dire OSF a riguardo? “Le affermazioni secondo cui le Open Society Foundations, fondate da George Soros, ricevono finanziamenti dalla USAID, o dirigono il finanziamento di un'agenzia governativa statunitense multimiliardaria, sono palesemente false”.

I bugiardi mentono, ma la documentazione no.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 10 marzo 2025

È ora di far fuori anche gli sprechi nell'FBI

La tesi contro lo stato amministrativo ha molte giustificazioni. Quella principale è che esso è fuori controllo, andando ben oltre di quanto il Congresso gli ha strettamente richiesto di fare, aiutato inoltre da sentenze giudiziarie mal concepite come la dottrina Chevron che richiedeva ai giudici di rimettersi alle interpretazioni delle agenzie governative. Lo stato amministrativo ha raggiunto il suo apice durante la crisi sanitaria; ora le cose stanno cambiando. Prima dell'elezione di Trump, la Corte Suprema aveva avviato il processo di ripristino del governo costituzionale in una serie di decisioni, la più importante delle quali è stato il ribaltamento della dottrina Chevron, rimuovendo la deferenza giudiziaria di fronte all'interpretazione della legge da parte delle agenzie governative. Ciò di cui c'era bisogno era un'amministrazione disposta ad agire su questi nuovi principi legali e ciò si è concretizzato con il DOGE. Il suo assalto alla USAID ha reso evidente che i burocrati avevano un immenso potere clientelare, concedendo sovvenzioni col denaro dei contribuenti a molti destinatari immeritevoli che erano ideologicamente allineati con le amministrazioni precedenti. I contratti presso altre agenzie avevano uno scopo simile. Non solo, ma il DOGE ha continuato la sua campagna di individuazione degli sprechi tagliando il numero dei burocrati e riducendo il numero dei dipendenti pubblici dovunque si potesse fare. Queste prime due misure (annullamento di sovvenzioni e riduzione della forza lavoro pubblica) sono solo un preludio a quello che dovrebbe essere il vero lavoro del DOGE, ovvero ridurre il numero e l'onere delle normative. Se il DOGE dovesse avere successo in questo processo, allora si tratterebbe del più grande risultato di deregolamentazione mai visto nel mondo moderno.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/e-ora-di-far-fuori-anche-gli-sprechi)

Stanno sudando freddo nella palude di Washington. Kash Patel è stato confermato con un voto del Senato di 51-49 come direttore dell'FBI e questo significa che ci sarà una carovana di camion DOGE che trasporterà fuori i licenziati molto presto.

Soprattutto dopo che l'FBI è andata all-in nella campagna per defenestrare Donald Trump nel 2016 e in seguito; il livello di illegalità e di attacchi sfacciati ai processi costituzionali provenienti dall'Edgar Hoover Building non ha letteralmente conosciuto limiti. Presto avremo una documentazione in bianco e nero che dimostrerà che l'FBI non solo sapeva fin dall'inizio che la storia dell'interferenza russa nelle elezioni era una bufala, ma che i funzionari di alto livello dell'FBI erano in realtà complici nella sua fabbricazione/diffusione.

Ma l'illegalità presso la presunta principale agenzia di polizia della nazione non è una novità. Il Federal Bureau of Investigation è un'istituzione canaglia della palude di Washington immersa in una vita di ignominia e disprezzo per la libertà costituzionale e la democrazia.

Il suo predecessore fu creato durante le orribili retate del Procuratore generale Mitchell nel 1918-1919, quando migliaia di cittadini furono arrestati senza mandato, semplicemente per il crimine di avere opinioni socialiste o di sinistra o per simpatizzare con la Germania.

Poi prosperò durante il periodo del proibizionismo negli anni '20. L'abrogazione di quest'ultimo nel 1933 aprì la strada a una corsa ancor più malefica durante l'era di J. Edgar Hoover: una caccia alle streghe comunista e feroce persecuzione di leader per i diritti civili e la pace come Martin Luther King. Infatti la campagna di Hoover per esporre la vita personale del dottor King fu così odiosa da rendere il fatto che la sede centrale dell'FBI sia ancora chiamata “Edgar Hoover Building” è una vergogna nazionale, e una che supera di gran lunga gli oscuri tribunali del sud che prendono il nome da alcuni defunti generali confederati.

Hoover morì nel maggio del 1972, al suo 48° anno di mandato, ma aveva accumulato un dossier così vasto di informazioni compromettenti su tutti i politici e i leader nazionali di Washington che la sua segretaria personale, Helen Gandy, si mise immediatamente a distruggerli per paura che gli uomini di Nixon li potessero usare.

Infatti l'FBI di Hoover aveva archivi di decine di migliaia di americani senza una buona ragione, se non quella di avere opinioni o convinzioni politiche che il direttore dell'FBI disdegnava. Il sottoscritto ci è persino entrato dentro da giovane, non interessato a essere mandato nelle giungle del Sud-est asiatico per massacrare i “gook” che non avevano offeso la gente della nostra contea rurale nel Michigan. A tal proposito mi sono guadagnato un “archivio” all'FBI, qualcosa che considero ancora un distintivo d'onore.

Sfortunatamente la scomparsa di Hoover non portò alla purificazione dell'istituzione che era attesa da tempo. Invece durante la Guerra al Terrorismo divenne una fonte di falsi allarmismi, inganni e stratagemmi di intrappolamento. Ecco solo tre delle più note operazioni dell'FBI durante quel periodo, tutte ovviamente progettate per creare paura nell'opinione pubblica, sollecitare i legislatori e far sì che i budget e i livelli di personale dell'FBI si espandessero inesorabilmente.

  1. The Newburgh Four Case (2009): in questo caso quattro uomini vennero condannati per aver complottato per far esplodere sinagoghe e abbattere aerei militari. L'FBI usò un informatore per incoraggiare e facilitare il complotto, fornendo bombe e armi finte. In realtà non c'era uno straccio di prova che gli imputati fossero predisposti a commettere tali atti, ma furono sistematicamente attirati nella trappola dell'FBI.

  2. The Fort Dix Plot (2007): qui sei uomini vennero arrestati per aver pianificato un attacco a Fort Dix, una base dell'esercito americano nel New Jersey. L'FBI usò un informatore che si infiltrò nel gruppo, li incoraggiò a portare a termine il complotto e piazzò le prove che portarono alla loro condanna.

  3. The Michigan Militia Case (2020): questa truffa coinvolse un piano elaborato per rapire il governatore del Michigan, Gretchen Whitmer. L'FBI usò diversi informatori e agenti sotto copertura per incoraggiare e facilitare il piano. In questo caso il piano si concluse con assoluzioni e un processo nullo perché la facilitazione dell'FBI era goffa e ovvia.

Ciò che alla fine ha portato alla conferma di Kash Patel è stata la palese militarizzazione dell'FBI da parte della nomenklatura dello Stato profondo determinata a distruggere il Presidente degli Stati Uniti nel 2016 e dopo. In tale impresa hanno davvero oltrepassato ogni limite. La vendetta di Donald per l'oltraggiosa incursione dell'FBI nella sua stessa casa dopo aver lasciato l'incarico sarà spietata e senza riserve, e non potrebbe avere uno strumento di rivendicazione più capace e potente del suo direttore dell'FBI appena confermato.

In breve, la conferma di Patel segna la fine di 100 anni di aggressioni allo stato di diritto, non la sua promozione. E, come ho scritto nell'articolo “Come tagliare $2.000 miliardi dal bilancio federale americano”, quella storia è motivo sufficiente per abolire completamente l'FBI.

Il fatto è che non ce n'è mai stato bisogno in primo luogo di questa agenzia, al di fuori dell'opportunismo politico e della promozione di crociate che non rientrano nella competenza del governo federale. Tuttavia, in questa sfera di ingrandimento dello stato, i cosiddetti “conservatori” repubblicani condividono gran parte della colpa a causa della loro visione fuorviante che “legge e ordine” siano un legittimo obiettivo del governo federale.

D'altra parte c'è una ragione valida per cui abbiamo 90.000 unità in governi statali e locali: per decentralizzare, disperdere e silenziare l'esercizio del potere governativo centrale. Quindi l'applicazione delle leggi penali è proprio una di quelle funzioni che è meglio tenere il più lontano possibile dalla capitale della nazione, come dimostra a palate la storia dell'FBI.

In ogni caso l'azione penale e l'applicazione delle sanzioni penali sono già condotte dalle forze di polizia e dai tribunali statali e locali. Ad esempio, attualmente negli Stati Uniti si verificano circa 7,5 milioni di arresti ogni anno, ma solo circa 10.000 di questi vengono eseguiti dall'FBI. Si tratta solo dello 0,14%.

Allo stesso modo, ci sono attualmente 1.214.000 tra poliziotti e personale delle forze dell'ordine nelle buste paga dei governi statali e locali negli Stati Uniti. Ciò si confronta con solo 15.000 ufficiali dell'FBI (su 37.300 dipendenti) coinvolti nell'applicazione della legge penale nazionale. Ciò include tutti gli agenti e il personale di supporto che lavorano su un'ampia gamma di questioni come la criminalità informatica, il traffico di droga, i crimini violenti e i reati dei colletti bianchi, ma è una cifra che ammonta solo all'1,2% del livello delle forze di polizia statali e locali.

 In fin dei conti solo $2,5 miliardi del budget da $11,4 miliardi dell'FBI sono coinvolti in ciò che classifica generosamente come “antiterrorismo”. Direi di tagliare quella cifra del 60% e di trasferire personale e attività a un'unità antiterrorismo da $1 miliardo all'anno nel Dipartimento di Giustizia. Qualsiasi minaccia reale di terrorismo negli Stati Uniti, al contrario di azioni egoistiche escogitate dall'FBI come il complotto sopra menzionato per rapire il governatore del Michigan, può essere facilmente gestita con un budget annuale da $1 miliardo.

Dopodiché il vero mandato di Kash Patel dovrebbe essere quello di raccogliere e rivelare tutti i crimini e gli abusi della storia dell'FBI; creare un museo per disonorarla da qualche parte nell'entroterra americano, forse l'Alabama, come anch'egli ha suggerito; infine chiudere tutto il resto con una riduzione di 34.000 dipendenti e un risparmio sui costi di compensazione diretta di $5,4 miliardi all'anno, insieme ad altri $5 miliardi di risparmi sulle spese generali dell'FBI, sui contratti, sull'occupazione, sui viaggi e altri costi.

Il fatto è che, al di fuori di una funzione antiterrorismo, l'America non ha bisogno dell'FBI per mantenere sicure le comunità, le strade e le case della nazione. Le forze dell'ordine locali possono gestire benissimo tali funzioni.

Dopotutto, non c'è alcuna correlazione tra i tassi di criminalità in America e l'implacabile aumento del budget dell'FBI. Si consideri l'arco di 64 anni del tasso di omicidi negli Stati Uniti raffigurato nel grafico qui sotto.

Il numero di omicidi di 4,7 ogni 100.000 è lo stesso oggi di quello nel 1960; i giovani tra i 16 e i 40 anni commettono la maggior parte dei crimini violenti, quindi è stato essenzialmente il passaggio dall'epoca dei baby boomer al più recente calo demografico nella popolazione a causare l'aumento e la successiva diminuzione del tasso di criminalità come mostrato di seguito.

Tuttavia l'FBI ha sfruttato la paura pubblica della criminalità per giustificare i bilanci che continuavano ad espandersi, soprattutto durante le amministrazioni repubblicane desiderose di sfruttare la questione di legge e ordine. Ad esempio, il budget dell'FBI in dollari costanti (2024) è aumentato del 54% durante l'amministrazione Reagan e del 42% durante gli otto anni di Bush jr.: entrambi gli aumenti hanno superato di gran lunga quello durante le amministrazioni precedenti o successive.

Ovviamente l'implacabile aumento di 7 volte della spesa pro-capite dell'FBI tra il 1960 e il 2024 non ha avuto alcuna correlazione con il grafico demografico di cui sopra. Quindi, alla fine, l'occasione di sradicare finalmente questa agenzia canaglia dalla palude di Washington potrebbe essere finalmente arrivata.

Budget dell'FBI pro-capite in dollari costanti:

• 1960: $5,00

• 1980: $9,00

• 1988: $13,85

• 2000: $20,65

• 2008: $29,25

• 2024: $35,00


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 8 gennaio 2025

Siria: un caso di follia a palate del cosiddetto “Empire First”

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/siria-un-caso-di-follia-a-palate)

Se mai c'è stato un momento che ha messo a nudo l'assoluta stupidità e futilità della politica “Empire First” di Washington, è sicuramente quello delle rovine fumanti della Siria. Quest'ultima è stata il culmine inconcludente dei 13 anni di sforzi di Washington nel voler distruggere il suo legittimo governo, sostenendo che Assad era un brutale tiranno e un saccheggiatore della misera ricchezza del Paese.

Il fatto è che probabilmente era proprio questo, e potrebbe benissimo essere stato tra i peggiori delle decine di tiranni che opprimono i loro cittadini in nazioni grandi e piccole in tutto il mondo, ma forse Dio Onnipotente ha consacrato Washington come una specie di Buon Pastore planetario incaricato di portare un governo giusto e gentile a tutti i popoli del pianeta?

Penso proprio di no. Infatti il mantenimento di una Repubblica costituzionale sostenibile, prospera e libera richiede fedeltà all'opposto: un sistema di governo piccolo e solvente, anche lato Pentagono. Di conseguenza l'unico scopo della politica estera dovrebbe essere la salvaguardia della sicurezza e della libertà della patria, non il controllo dell'etichetta di governanti dall'altra parte del globo che non rappresentano alcuna minaccia militare alla sicurezza della nostra patria.

Eppure Washington ha ritenuto opportuno, nell'ultimo decennio e mezzo, di pompare più di $40 miliardi in aiuti militari palesi e segreti, sostegno economico e assistenza umanitaria a una pletora di forze di opposizione siriane senza alcuno scopo evidente in merito a sicurezza nazionale. Al contrario, la spesa di tutto questo capitale politico è stata progettata solo per effettuare un cambio di regime a Damasco ed espellere il governo di Assad dal suo controllo su quelle che, fino a poche settimane fa, erano le restanti aree bianche della mappa qui sotto.

Eppure le regioni colorate che circondano quello che ora è il vuoto della caduta di Assad vi dicono tutto quello che c'è da sapere sulla follia di questa impresa e sul perché in verità Washington ha dato alla luce un altro stato fallito; e lo ha fatto ancora una volta con il pretesto di combattere il terrorismo, questa volta la banda di jihadisti dell'ISIS che hanno piantato le loro bandiere nere nelle polverose città dell'Alto Eufrate con al centro Raqqah (area viola).

La verità è che le aree bianche, tra cui la regione di Damasco precedentemente controllata dal governo di Assad, erano il vero baluardo contro una rinascita dei tagliagole dell'ISIS, emersi nel 2014 dalle ceneri del fallito intervento di Washington per il cambio di regime in Iraq. Quindi anche se la scelta fosse stata tra il male minore, chiunque avesse avuto la testa sulle spalle avrebbe potuto vedere che rafforzare, o almeno tollerare tacitamente, il regime laico e pluralista alawita di Damasco era di gran lunga preferibile ai fanatici del Califfato dell'ISIS.

Detto in altri termini, una debacle in Iraq avrebbe sicuramente dovuto giustificare un ripensamento sul continuare a perseguire un secondo tentativo di cambio di regime nella vicina Siria. Dopo tutto, la minaccia dell'ISIS che aveva afflitto la Siria orientale era stata la progenie del disastroso intervento di Washington contro Saddam Hussein. Infatti, come nel caso di Assad, Hussein non aveva rappresentato alcuna minaccia per la sicurezza nazionale americana, ma era stato comunque trattato con la terapia “shock and awe” di un massiccio attacco militare e la forca perché era stato accusato di essere un tiranno saccheggiatore degli avidi emiri che governavano i giacimenti petroliferi della porta accanto.

Ahimè, i geni del cosiddetto “Empire First” sulle rive del Potomac non hanno capito niente di tutto questo. Il loro piano geniale era di sbarazzarsi sia dei jihadisti dell'ISIS che del regime di Assad allo stesso tempo. Ma nel tentativo di farlo hanno finito per creare due nuovi mostri militarizzati dalle dislocazioni economiche e dagli scontri tribali che sono derivati ​​dalla stessa guerra civile che avevano scatenato.

Il precedente territorio controllato dall'ISIS in viola è ora controllato dalle milizie curde SDF (Syrian Democratic Forces) finanziate dagli Stati Uniti. Queste ultime sono il nemico mortale del presunto alleato NATO di Washington, la vicina Turchia, la quale combatte i curdi da decenni.

Infatti, a causa di questa minaccia, la Turchia ha sostenuto e finanziato l'SNA (Esercito Nazionale Siriano) anti-curdo, il quale occupa le terre di confine in giallo. Qualche anno fa l'SNA si chiamava FSA (Esercito Siriano Libero), un'idea sostenuta e gestita dalla CIA e del defunto senatore John McCain, il quale non ha mai incontrato un Paese in Medio Oriente che non desiderasse invadere e occupare.

Nel frattempo neanche i jihadisti erano stati eliminati, come aveva trionfalmente affermato Trump quando Washington aveva bombardato Raqqa e le aree circostanti nel 2017, e aveva anche finito il suo leader terrorista, Abu Bakr al-Baghdadi, nel 2019. Come l'SNA il contingente jihadista si era semplicemente trasformato. Due volte.

Quello che oggi è HTS (Hay'at Tahrir al-Sham), che apparentemente controlla il corridoio rosso da Aleppo fino a Damasco, era precedentemente noto come Fronte Nusra. Questo quando il suo attuale leader, Abu Mohammad al-Julani, era un jihadista. Nel 2011 era stato inviato nella Siria orientale per fomentare una rivolta dal suo mentore e terrorista, il già citato al-Baghdadi. Entrambi erano laureati in quella scuola di formazione carceraria per jihadisti sunniti a Camp Bucca in Iraq, in seguito soprannominata “Washington's Jihadi University”. Questa mostruosità da 20.000 prigionieri era stata fondata dai proconsoli di Washington dopo la caduta di Saddam come parte della folle campagna di de-batificazione nel 2003.

Alla fine del decennio scorso Washington aveva inasprito la sua campagna di liberazione dell'Iraq e stava tentando di liberarsi dalla sua fallita disavventura militare multimiliardaria. Di conseguenza si impegnò a svuotare suddetta prigione sovraffollata in quella che è diventata nota come la “Grande liberazione carceraria del 2009”, rimettendo in libertà 5.700 detenuti di massima sicurezza dalla prigione di Bucca. Tra questi c'erano Baghdadi e Julani.

Mentre il primo organizzava e guidava la rivolta sunnita a Mosul e nella provincia di Anbar nell'Iraq occidentale, il Fronte al-Nusra fu fondato come entità separata in Siria da al-Julani. Inizialmente era una propaggine di al-Qaeda in Iraq, ma nell'aprile 2013 al-Baghdadi annunciò che il Fronte al-Nusra si era fuso con l'ISIS per formare lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL).

Tuttavia al-Julani e il Fronte al-Nusra rifiutarono questa fusione e presero strade separate, assumendo il ruolo di forza jihadista indipendente con base nella Siria occidentale e roccaforti a Idlib e Aleppo. In seguito il suo Fronte al-Nusra guidò la conquista di questa regione nel 2015 sotto la bandiera di Jaish al-Fatah (l'Esercito della Conquista). Quest'ultimo fu, a sua volta, descritto all'epoca dalla rivista Foreign Policy come una “sinergia” di jihadisti e armi occidentali.

Anni dopo il funzionario statunitense Brett McGurk non esitò a definire la base di Idlib di al-Julani come “il più grande rifugio sicuro di Al-Qaeda sin dall'11 settembre”. Naturalmente il ruolo cruciale delle armi e degli aiuti strategici statunitensi nel favorire questo successo jihadista non venne menzionato.

Allora perché gli USA hanno fornito armamenti al Fronte al-Nusra? Un rapporto della Defense Intelligence Agency (DIA) dell'agosto 2012, scritto sotto gli auspici del generale Michael Flynn, fece uscire la verità: i neoconservatori e gli egemonisti di Washington avevano deciso di sostenere l'istituzione di un “principato salafita” nella Siria orientale e nell'Iraq occidentale come parte dello sforzo per deporre il presidente Bashar al-Assad e dividere il Paese.

Il rapporto della DIA affermava che l'obiettivo degli Stati Uniti era un mini-stato religioso del tipo istituito in seguito dall'ISIS come suo “califfato”, pur ammettendo che la cosiddetta rivoluzione siriana che cercava di rovesciare il governo di Assad era guidata da “salafiti, Fratelli Musulmani e al-Qaeda”.

Infatti, come indicato sopra, i semi di questo principato salafita erano stati piantati quando l'allora leader dell'ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, aveva inviato Julani in Siria nell'agosto 2011. Il famoso giornalista libanese, Radwan Mortada, che era incorporato con i combattenti di Al-Qaeda dal Libano in Siria, incontrò Julani nella città centrale siriana di Homs in quel periodo. Mortada informò i suoi lettori che Julani era ospitato dalle Brigate Farouq, una fazione dell'FSA con sede nella città, e che era un gruppo salafita settario che includeva combattenti che avevano combattuto per al-Qaeda in Iraq dopo l'invasione statunitense del 2003.

Pochi mesi dopo Julani e i suoi combattenti entrarono in guerra contro il governo siriano eseguendo molteplici attacchi terroristici. A Damasco, nel dicembre 2011, Julani inviò attentatori suicidi per colpire la Direzione generale della sicurezza del governo siriano, uccidendo 44 persone, tra cui civili e personale di sicurezza. Due settimane dopo, nel gennaio 2012, Julani inviò un altro attentatore suicida per far esplodere degli esplosivi vicino a un autobus nel distretto di Midan a Damasco, uccidendo circa 26 persone.

Questi fatti sanguinosi, che coincidono con la fondazione del “Fronte di supporto al popolo del Levante”, o Fronte al-Nusra, furono rivelati dopo che al giornalista Mortada fu fornito un video in cui Julani e altri uomini mascherati annunciavano l’esistenza del gruppo e rivendicavano la responsabilità degli attacchi. Questa è quindi la discendenza del leader e del gruppo che presumibilmente ha “liberato” la Siria dalle grinfie della famiglia Assad.

In ogni caso, quando l'epicentro dell'ISIL con sede a Raqqah fu demolito dopo il 2017, il Fronte al-Nusra resistette, cambiando il suo nome in Hayat Tahrir al-Sham (HTS) nell'ottobre 2017. Questo rebranding faceva parte di uno sforzo per prendere le distanze da al-Qaeda e ristrutturare il gruppo fondendosi con diverse altre fazioni jihadiste.

Per diversi anni HTS è rimasta confinata nella sua ristretta base territoriale di Idlib, anche se assalita da continui attacchi da parte delle forze di Assad e dei suoi alleati russi nella zona.

Tuttavia al-Julani ha resistito, reinventando sé stesso di recente come Ahmed al-Sharaa, che è il suo vero nome. Ora porta una barba ancora più corta rispetto alla seconda foto qui sotto e a volte indossa persino una cravatta, mentre afferma di essere un “amico della diversità” di tutti i siriani: cristiani, alawiti, drusi ecc. Vale a dire, gli stessi ex-nemici infedeli del Califfato che in precedenza al-Julani aveva decretato di dover mandare a morte per antico ordine dello stesso Profeta.

In breve, la Siria è ora destinata a diventare un caos ben peggiore di quello della Libia dopo la sua liberazione da parte di Hillary Clinton nel 2011. Come è evidente da quanto sopra, è necessario un elenco di giocatori per iniziare a comprendere la follia che si sta svolgendo lì, ma la sempre astuta Moon of Alabama ha riassunto lo stato delle cose nel miglior modo possibile:

Ora è altamente probabile che il Paese crollerà. Attori esterni e interni cercheranno di catturare e/o controllare quante più parti del cadavere possibile.

Ne seguiranno anni di caos e conflitti.

Israele sta prendendo un'altra grande quantità di terra siriana. Ha preso il controllo della città siriana di Quneitra, insieme alle città di Al-Qahtaniyah e Al-Hamidiyah nella regione di Quneitra. È anche avanzato nel monte Hermon siriano e ora è posizionato a soli 30 chilometri dalla capitale siriana.

Sta inoltre smilitarizzando la Siria bombardando ogni sito di stoccaggio militare nel suo raggio d'azione. Le posizioni di difesa aerea e le attrezzature di sollevamento sono i suoi obiettivi principali. Per anni a venire la Siria, o qualsiasi cosa possa evolversi da essa, sarà completamente indifesa contro gli attacchi esterni.

Israele è per ora il grande vincitore in Siria, ma con gli inquieti jihadisti ora proprio sul suo confine, resta da vedere per quanto tempo durerà.

Gli USA stanno bombardando il deserto centrale della Siria. Sostengono di colpire l'ISIS, ma il vero obiettivo è qualsiasi resistenza locale (araba) che potrebbe impedire una connessione tra l'Est della Siria controllato dagli USA e il Sud-ovest controllato da Israele. Potrebbero esserci dei piani per costruire ulteriormente questa connessione in un Eretz Israel, uno stato controllato dai sionisti “dal fiume al mare”.

La Turchia ha avuto e ha un ruolo importante nell'attacco alla Siria. Sta finanziando e controllando l'Esercito nazionale siriano (in precedenza Esercito siriano libero) e che sta principalmente usando per combattere i separatisti curdi in Siria.

Ci sono circa 3-5 milioni di rifugiati siriani in Turchia che l'aspirante sultano Erdogan vuole, per ragioni di politica interna, far tornare in Siria. Il caos in evoluzione non lo permetterà.

La Turchia aveva nutrito e spinto Hayat Tahrir al-Sham, derivato da al-Qaeda, a prendere Aleppo. Non si aspettava che andasse oltre. La caduta della Siria sta diventando un problema per la Turchia, poiché gli Stati Uniti ne stanno prendendo il controllo. Washington cercherà di usare HTS per i propri interessi che, detto con moderazione, non sono necessariamente compatibili con qualsiasi cosa la Turchia voglia fare.

Un obiettivo primario per la Turchia sono gli insorti curdi in Turchia e il loro sostegno da parte dei curdi in Siria. Organizzati come SDF, i curdi sono sponsorizzati e controllati dagli Stati Uniti. SDF sta già combattendo SNA di Erdogan e qualsiasi ulteriore intrusione turca in Siria sarà affrontata da loro.

SDF, supportato dall'occupazione statunitense della Siria orientale, ha il controllo dei principali giacimenti di petrolio, gas e grano nell'Est del Paese. Chiunque voglia governare a Damasco avrà bisogno di accedere a quelle risorse per poter finanziare lo stato.

Nonostante abbia una taglia da $10 milioni sulla sua testa, il leader di HTS, Abu Mohammad al-Golani, è attualmente descritto dai media occidentali come il nuovo leader unificante e tollerante della Siria. Ma HTS è di per sé una coalizione di jihadisti intransigenti provenienti da vari Paesi. C'è poco da saccheggiare in Siria e non appena quelle risorse saranno esaurite, inizieranno i combattimenti all'interno di HTS. Al-Golani riuscirà a controllare gli impulsi settari dei suoi compagni quando questi inizieranno a saccheggiare i santuari sciiti e cristiani di Damasco?

Negli ultimi anni la Russia ha investito meno nel governo di Assad di quanto sembrasse. Sapeva che Assad era diventato un partner per lo più inutile. La base russa nel Mediterraneo a Khmeimim nella provincia di Latakia è il suo trampolino di lancio verso l'Africa. Ci saranno pressioni da parte degli Stati Uniti su qualsiasi nuova leadership in Siria per cacciare i russi. Tuttavia, qualsiasi nuova leadership in Siria, se intelligente, vorrà tenere i russi dentro. Non è mai male avere una scelta alternativa se alla fine ce ne fosse bisogno. La Russia potrebbe benissimo rimanere a Latakia per anni a venire.

Con la caduta della Siria, l'Iran ha perso il principale anello del suo asse di resistenza contro Israele. Le sue difese avanzate, fornite da Hezbollah in Libano, sono ora in rovina.

Ma ecco la domanda cruciale: qual era esattamente il punto nel voler distruggere un piccolo Paese in gran parte senza sbocchi sul mare in Medio Oriente, con una popolazione di appena 20 milioni di persone, un PIL di soli $40 miliardi, un reddito pro capite di appena $2.000, nessuna risorsa naturale significativa oltre una miseria di 2,5 miliardi di barili di riserve di petrolio (pari a circa 30 giorni di produzione globale di petrolio), nessuna capacità siderurgica o industriale, nessun settore tecnologico, nessuna capacità di proiettare alcun potere militare oltre i propri confini e un settore dei consumatori così devastato dalle guerre civili istigate da Washington che le vendite totali di auto nel 2022 sono state di 478 unità?

Esatto. Nessuno!

In fin dei conti, nemmeno Washington è così stupido da sprecare $40 miliardi in questo fazzoletto di terra. Quello che è realmente successo qui è che, secondo i fanatici della dottrina “Empire First”, Assad doveva essere rimosso perché aveva gli alleati sbagliati e i vicini sbagliati. La demonizzazione della sua tirannia era solo una storia di copertura per il vero obiettivo: indebolire il suo alleato iraniano.

In quanto minoranza alawita, che è una branca dell'Islam sciita, Assad si era allineato con i suoi parenti sciiti a Teheran e aveva permesso che il territorio siriano venisse utilizzato da questi ultimi per trasportare armi e materiali agli alleati iraniani di Hezbollah nel Libano meridionale, il che rientrava pienamente nei suoi diritti sovrani, soprattutto perché Hezbollah aveva svolto un ruolo di primo piano nel governo di coalizione del Libano. Quindi distruggere quel nesso sciita è stata la vera ragione della guerra implacabile di Washington contro Assad e del suo incessante abbraccio e finanziamento di tutti i detriti e i rottami sgradevoli che filtravano dalla devastante guerra civile siriana.

Non esiste che la sicurezza interna dell'America fosse stata messa in pericolo dall'alleanza sciita Iran-Siria-Hezbollah, o dal fatto che uno stato sovrano membro di quell'alleanza (la Siria) abbia permesso che il suo territorio fosse utilizzato per trasportare armi e materiale. L'unica possibile ragione per la follia ventennale di Washington in Siria, quindi, è la proposizione che l'Iran sia una minaccia esistenziale per la libertà e la sicurezza della patria americana... a 6.400 miglia da Teheran.

È una barzelletta assurda, tanto per usare un eufemismo. Il PIL iraniano di $400 miliardi equivale a solo l'1,5% o cinque giorni di PIL degli Stati Uniti. Allo stesso modo, il suo budget militare di $25 miliardi è solo il 2,5% del mostro da $1.000 miliardi domiciliato al Pentagono.

La piccola Marina iraniana è composta per lo più da 67 motovedette costiere e imbarcazioni d'attacco veloci, nessuna delle quali può operare molto al di fuori del Golfo Persico. Inoltre non ha aerei a lungo raggio e il suo missile a più lungo raggio, il missile da crociera Soumar, non è nucleare e ha una gittata massima di 1850 miglia. Vale a dire, riesce a malapena a raggiungere il bacino del Mediterraneo e non riesce nemmeno a raggiungere città europee come Parigi, Berlino, Copenaghen, Londra, Stoccolma o Oslo, per non parlare di quelle che si trovano dalla nostra parte del fossato atlantico.

Infine l'Iran non è una potenza nucleare canaglia o una minaccia nucleare intenzionale, nemmeno secondo le 17 agenzie di intelligence dello Stato profondo che scrivono i cosiddetti NIE o National Intelligence Estimates. Questi hanno detto più e più volte che l'Iran ha abbandonato persino il suo programma di ricerca nucleare nel 2003, ha rispettato alla lettera l'accordo nucleare di Obama prima che Trump lo abbandonasse unilateralmente nel 2018, e anche ora sta solo arricchendo modeste quantità di uranio a livelli legali, come è sua prerogativa in quanto firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare.

In breve, l'Iran è la pignatta politica di Bibi Netanyahu, non un nemico della libertà e della sicurezza dell'America.

Se Washington non si fosse occupata dell'Impero al primo posto e, soprattutto, non si fosse lasciata trascinare, da alleati e clienti, in conflitti che non hanno alcuna attinenza diretta con la sicurezza della sua patria, Washington avrebbe sempre seguito il consiglio di Thomas Jefferson: perseguire un commercio pacifico con l'Iran e la Siria, anziché punirli con sanzioni paralizzanti e infiniti attacchi alla loro sovranità e al loro diritto di perseguire accordi di politica estera secondo i loro principi.

Cosa farebbe oggi una legittima politica estera improntata al principio “America First”?

Semplice: chiuderebbe le basi in Medio Oriente, rimanderebbe la Quinta Flotta al porto di origine in America, toglierebbe le sanzioni all'Iran e alla Siria, e riprenderebbe il commercio pacifico con tutte le nazioni disponibili nella regione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 23 dicembre 2024

Provoked: la lunga serie di abusi che hanno portato alla guerra in Ucraina

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Carus Michaelangelo

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/provoked-la-lunga-serie-di-abusi)

Una volpe sa molte cose, ma un riccio ne sa una davvero grande”. Scott Horton è il riccio della politica estera nel circolo del movimento per la libertà, il quale si sforza di convincere il popolo americano di una verità critica: la follia della guerra. Ma in questa stessa sfera Horton è anche una volpe e tesse una conoscenza enciclopedica di vari conflitti in un elaborato e convincente arazzo che accusa élite, intellettuali, il complesso militare-industriale e, con il suo caratteristico vetriolo, i neoconservatori, i quali hanno spinto gli Stati Uniti verso guerre inutili.

Provoked: How Washington Started the New Cold War with Russia and the Catastrophe in Ukraine si adatta perfettamente a questo schema, non perché Horton distorca i fatti in una narrazione preconcetta ma perché sono spesso le stesse persone che spingono un conflitto dopo l'altro e ricorrono allo stesso, logoro manuale. Il tomo di Horton è avvincente, dall'inizio alla fine. Oggi mi concentrerò sui primi anni della Guerra Fredda, poiché questa parte della storia è spesso trascurata nei dibattiti contemporanei sulle origini della guerra in Ucraina.

Con la fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell'URSS, gli USA si trovarono di fronte a una crisi: a cosa serviva l'alleanza militare NATO senza più il nemico sovietico contro cui schierarsi? Più in generale, quale grande strategia avrebbero dovuto adottare gli USA ora che contenere il comunismo era obsoleto? Per i neoconservatori, la cui risposta dopo la Guerra Fredda fu un'egemonia globale benevola, la soluzione era adattare la NATO: assorbire gradualmente più nazioni europee, lasciando la Russia contenuta e accerchiata, in una posizione persino peggiore rispetto alla Guerra Fredda. La NATO doveva espandere la sua missione per mantenere la pace europea ed espandere la democrazia occidentale.

Da George H. W. Bush a oggi, il resoconto meticolosamente compilato da Horton dimostra che gli USA e altri leader occidentali hanno comunicato ai leader e ai funzionari russi che la NATO non si sarebbe espansa a Est e avrebbe persino consentito l'adesione della Russia alla NATO. Vari sforzi come il Partenariato per la Pace e l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa sono stati promossi per alimentare questa impressione che la Russia sarebbe stata inclusa negli affari, nelle alleanze e nelle istituzioni europee, piuttosto che formare un allineamento contro di essa. I leader statunitensi e occidentali hanno assunto posizioni praticamente opposte internamente, con il risultato che i russi sono stati deliberatamente tratti in inganno. Ciò a cui abbiamo assistito è, in termini con cui gli americani hanno familiarità, “una lunga serie di abusi e usurpazioni che hanno seguito invariabilmente lo stesso Obiettivo".

Tutto cominciò con George H. W. Bush che promise a Mikhail Gorbachev, dopo la caduta del Muro di Berlino e mentre l'Unione Sovietica precipitava, che gli USA non avrebbero approfittato della situazione. Ciò si rifletteva anche in una risoluzione della NATO del 7 giugno 1991. Bush e i suoi consiglieri promisero che la NATO non si sarebbe espansa se l'Unione Sovietica si fosse ritirata e avesse consentito la riunificazione tedesca. L'accordo del 1990 specificava solo che gli USA non avrebbero schierato truppe nella Germania dell'Est, una sfumatura che i falchi in Russia sfruttarono per sostenere che non c'era alcuna promessa di non espandere la NATO. Horton si pone la seguente domanda retorica: che senso avrebbe avuto per l'Unione Sovietica estorcere una promessa di non schierare truppe nella Germania dell'Est, se gli USA avessero avuto mano libera per portare il resto dell'Europa orientale in un'alleanza militare? Questo accordo aveva senso solo sullo sfondo di un accordo di non espandere la NATO.

I peccati degli anni Clinton erano legione. Nei primi anni '90 gli Stati Uniti inviarono economisti dell'Harvard Institute of International Development in Russia per attuare quella che venne chiamata una politica economica di “terapia d'urto”. Era così mal progettata ed ebbe risultati talmente scarsi che molti russi pensarono che dovesse essere deliberata. Non sorprende che anche ciò non abbia spinto i russi a vedere l'Occidente favorevolmente. Per tutto quel decennio Clinton e i suoi consiglieri offrirono in modo ingannevole alla Russia la promessa che sarebbe stato perseguito un processo di “Partenariato per la pace” piuttosto che l'espansione della NATO, e che quest'ultima avrebbe perso il suo carattere militare, il tutto pianificando di espanderla in modo subdolo.

L'amministrazione Clinton fu pesantemente coinvolta nelle guerre nei Balcani di Bosnia e Kosovo, la cui connotazione era tutt'altro che “umanitaria”. Il risultato per la Bosnia fu che la NATO si dimostrò capace di portare a termine una nuova missione, mentre gli USA si consolidarono alla guida degli affari europei, ognuno dei quali era necessario per la successiva espansione della NATO. Il Kosovo consolidò ulteriormente il nuovo ruolo della NATO nel continente, intervenendo persino nelle guerre civili, mentre la campagna di bombardamenti contro la Serbia convinse i russi che gli USA erano una grande potenza aggressiva e spietata, e che avrebbe violato le regole internazionali quando gli faceva comodo. Gli USA si impegnarono in questa guerra aggressiva, in violazione della Carta delle Nazioni Unite, senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (di cui faceva parte la Russia). Tanti saluti all'ordine internazionale basato sulle regole. La frequente revisione delle regole da parte degli USA era una lamentela della Russia, anche durante la guerra in Iraq.

Inoltre quando la Russia entrò in guerra contro la Cecenia separatista, la CIA e gli alleati degli Stati Uniti sostennero i ribelli ceceni e i combattenti mujaheddin separatisti che combattevano dalla parte della Cecenia con l'obiettivo di interrompere un oleodotto russo. Anche questo evento è stato citato da Putin quando ha invaso l'Ucraina (come se tutto ciò non bastasse, Horton mostra come l'amministrazione Clinton sostenne i terroristi di bin Laden nelle guerre nei Balcani e in Cecenia; infatti più della metà dei dirottatori dell'11 settembre erano coinvolti in quelle guerre).

L'ascesa di Putin è stata essa stessa una conseguenza degli interventi clintoniani degli anni Novanta: dalla politica economica della “terapia d'urto”, all'aiuto a Eltsin per la rielezione nel 1996, al Kosovo e alla Cecenia. Come sottolinea Horton, Putin ha invocato il precedente del Kosovo per “proteggere” una minoranza etnica e giustificare l'invasione dell'Ucraina. In un esempio della guerra del Kosovo, Horton ha raccontato di come l'amministrazione Clinton ordinò il bombardamento di una stazione televisiva serba. Queste azioni influenzano ancora oggi i pensieri di Putin sull'Occidente: il suo attacco a una torre televisiva a Kiev nel febbraio 2022 ha riportato alla mente quel conflitto.

Il NATO-Russia Founding Act del maggio 1997 fu un'altra pietra miliare nella doppiezza di standard degli Stati Uniti nei confronti della Russia. Garantiva che la NATO non avrebbe schierato armi nucleari o “ingenti” truppe nei territori delle nuove nazioni NATO. È importante notare che l'amministrazione Clinton indusse la Russia a credere che il Founding Act avrebbe dato alla Russia un ruolo autentico nelle deliberazioni della NATO, sebbene non avrebbe avuto voce in capitolo all'interno dell'alleanza stessa; infatti, stando alle parole del consigliere di Clinton, Strobe Talbott, il punto di vista degli Stati Uniti era che “tutto ciò che promettiamo loro sono riunioni mensili”.

L'amministrazione Clinton diede in pasto alla Russia solo bugie: la missione della NATO stava diventando politica piuttosto che militare. Venne persino detto che la porta era aperta alla possibilità che la Russia sarebbe entrata nella NATO, ma Horton dimostra che non c'era alcuna intenzione di fare nulla di tutto ciò. A peggiorare le cose nel luglio 1997 la NATO e l'Ucraina firmarono un accordo che avrebbe previsto l'addestramento dell'esercito ucraino e migliorato la loro interoperabilità con la NATO; nell'agosto 1997 venne pianificata un'esercitazione militare che coinvolse diversi ex-stati del Patto di Varsavia e repubbliche sovietiche per simulare l'intervento militare degli Stati Uniti in un conflitto etnico in Crimea.

E non era tutto. Gli USA cercarono di escludere la Russia dal petrolio del bacino del Caspio rifiutandosi di far passare un oleodotto dall'Azerbaijan attraverso la Russia, spingendolo invece verso una rotta occidentale attraverso la Turchia. Gli USA sostennero anche il raggruppamento GUAM (Georgia, Ucraina, Azerbaijan e Moldavia) per “accelerare l'integrazione europea ed escludere l'influenza della Russia dal Caucaso meridionale”, come racconta Horton, a cui la Russia si oppose fortemente definendolo un “Asse del male” nel 2005. Nel 1999 l'amministrazione Clinton violò anche il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa siglato da Bush e Gorbachev, sostenendo che le “basi militari permanenti degli USA in Bulgaria e Romania” erano in realtà solo temporanee.

La fine degli anni Clinton diede inizio a un'ondata di “rivoluzioni colorate” nel cortile di casa della Russia. La cosa fondamentale di queste “rivoluzioni” era una: ampiamente finanziate e supportate da governi stranieri o ONG, come i gruppi di George Soros. Invece di rovesciare direttamente o segretamente un sistema esistente, queste organizzazioni operano “alla luce del sole”, il che significa che evitano di sostenere specifici candidati, poiché ciò sarebbe illegale, e invece finanziano e assistono gruppi che promuovono sforzi più generici e non partigiani come la “democrazia”. Le loro attività sono orientate ad “avvantaggiare [...] un certo candidato o un certo partito”. Una tattica preferita è quella di usare la “tabulazione parallela dei voti” o gli exit poll, utilizzati per contestare i risultati ufficiali delle elezioni. La disputa in genere si riversa in manifestazioni di piazza con l'obiettivo di estromettere il presunto vincitore.

Le “rivoluzioni” iniziarono in Serbia nel 2000 con l'estromissione della bestia nera di Clinton, Slobodan Milošević. Come commenta Horton, quell'evento culminò col “saccheggio e incendio dell'edificio del parlamento [serbo] in quella che potremmo edfinire una violenta insurrezione orchestrata dagli americani”. Nei decenni successivi numerosi altri stati sarebbero stati presi di mira per rivoluzioni colorate dagli Stati Uniti e dai loro alleati nelle ONG sostenuti da Soros.

Quanto descritto finora scalfisce solamente la superficie delle provocazioni post-Guerra Fredda nei confronti della Russia che Horton documenta, per non parlare delle follie e delle malefatte avvenute durante la presidenza di George W. Bush e in seguito. Horton sostiene in modo convincente che gli Stati Uniti hanno provocato la Russia nel corso di tre decenni, sapendo che quest'ultima avrebbe risposto con ostilità all'espansione della NATO. Ciononostante i leader e i funzionari degli Stati Uniti hanno continuato, realizzando i loro sogni più sfrenati di espansione della NATO e puntando a quello che è sempre stato il gioiello della corona: l'Ucraina. Non doveva andare così, ma il tempo stringe. Contro ogni aspettativa razionale l'amministrazione Biden è riuscita a raggiungere nuove vette di assurdità nella sua politica di escalation contro la Russia, spuntando una casella sul pericoloso piano di “pace” in cinque punti di Zelensky. Questa guerra non finirà tanto presto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 27 novembre 2023

Woodrow Wilson, colui che aprì le porte della guerra infinita: l'espansione dell'impero americano verso l'Ucraina e Taiwan — Parte #3

 

 

di David Stockman

Quando la Guerra Fredda finì ufficialmente nel 1991, Washington ebbe un’altra possibilità di tornare allo status quo pre-1914: ad una politica di sicurezza nazionale chiamata Fortezza americana, perché sul pianeta non era letteralmente rimasta alcuna minaccia militare significativa.

La Russia post-sovietica era un caso disperato dal punto di vista economico, non riusciva nemmeno a far fronte ai suoi salari militari e si stava sciogliendo vendendo i carri armati e l'artiglieria dell'Armata Rossa come rottami. La Cina stava appena emergendo dalle depredazioni economiche, politiche e culturali del cosiddetto Grande Timoniere e aveva abbracciato il proclama di Deng Xiaoping secondo cui “arricchirsi è glorioso”.

Le implicazioni del crollo fiscale dell’Armata Rossa e della scelta della Cina sulla via del mercantilismo e del capitalismo rosso furono profonde.

La Russia non avrebbe potuto invadere la patria americana nemmeno in un milione di anni e la Cina aveva scelto d'inondare l’America con scarpe, lenzuola, camicie, giocattoli ed elettronica. Così facendo ha reso il governo delle élite comuniste a Pechino dipendente dalla consuetudine di 4.000 Walmart in America, non dal bombardarli per farli sparire.

In parole povere, il dono originale di Dio all'America – i grandi fossati degli oceani Atlantico e Pacifico – avrebbe potuto diventare nuovamente la pietra angolare della sua sicurezza nazionale.

Dopo il 1991, quindi, non c’era nazione sul pianeta che avesse la minima capacità di organizzare un attacco militare convenzionale contro il territorio statunitense; o che non avrebbe fallito nel tentativo di creare le necessarie capacità di proiezione di energia aerea e marittima – un drenaggio di risorse che sarebbe stato di gran lunga maggiore anche dei $900 miliardi che gli Stati Uniti attualmente spendono per la propria armata globale.

Infatti nel mondo post-Guerra fredda, l’unica cosa di cui gli Stati Uniti avevano bisogno era una modesta capacità convenzionale di difendere le coste e lo spazio aereo nordamericano da ogni possibile assalto non autorizzato e un affidabile deterrente nucleare contro qualsiasi stato abbastanza stupido da tentare il ricatto nucleare.

Inutile dire che tali capacità erano già state acquistate e pagate durante la Guerra fredda. La triade composta da missili balistici intercontinentali, missili Trident SLBM (sottomarini con missili nucleari) e bombardieri stealth a lungo raggio costa attualmente $52 miliardi all’anno per operazioni e manutenzione, sostituzioni e aggiornamenti ed era più che adeguata per il compito di deterrenza nucleare.

Allo stesso modo, la difesa convenzionale della costa e dello spazio aereo degli Stati Uniti contro i criminali non avrebbe richiesto una frazione degli attuali $1,3 milioni in forze attive in uniforme – per non parlare delle 800.000 riserve aggiuntive e delle forze della guardia nazionale e dei 765.000 civili in più nel Dipartimento della difesa.

Invece di finanziare $2,9 milioni di dipendenti, il lavoro della sicurezza nazionale secondo il concetto di Fortezza americana poteva essere svolto con meno di 500.000 dipendenti militari e civili. Al massimo.

Infatti gran parte dei 475.000 uomini dell'esercito americano potrebbero essere licenziati e la maggior parte dei gruppi d'attacco delle portaerei e delle capacità di proiezione di potenza della Marina potrebbero essere messi fuori servizio. Allo stesso modo, le missioni di difesa nazionale dell’Aeronautica potrebbero essere portate a termine con meno di $100 miliardi all’anno rispetto all'attuale budget di $200 miliardi.

Nel complesso, il bilancio in dollari costanti della difesa nazionale ammontava a $660 miliardi ($ 2022) quando la Guerra fredda finì e l’Unione Sovietica scomparve dalla faccia della terra nel 1991. Se all’epoca Washington si fosse concentrata su una linea d'azione basata sulla Fortezza americana, la spesa per la difesa avrebbe potuto essere ridimensionata a circa $500 miliardi all’anno ($ 2022), o potenzialmente molto meno.

Invece la Washington imperiale è andata nella direzione opposta e ha finito per abbracciare una linea d'azione che ha privilegiato l'Impero. Quest’ultimo costerà $900 miliardi quest’anno e si dirigerà verso i $1.200 miliardi all’anno tra pochi anni.


L'Impero al primo posto – La ragione per cinquecento mila miliardi di dollari in più per la difesa

In parole povere, aver messo l'Impero al primo posto consuma facilmente cinquecento mila miliardi di dollari in più in risorse di bilancio annuali rispetto a una linea d'azione basata sul concetto di Fortezza americana. E quel gigantesco barile di contratti di armi, lavori di consulenza e di supporto, bottino della pressione politica al Congresso spiega tutto ciò che bisogna sapere sul motivo per cui la proverbiale Palude a Washinton è profonda e intrattabile.

Ovviamente è anche il motivo per cui la Washington imperiale si è nominata poliziotto del mondo. Fungere da gendarme del pianeta è l’unica giustificazione possibile per il costo aggiuntivo di $500.000 miliardi all’anno.

Ad esempio, perché gli Stati Uniti schierano ancora 100.000 soldati americani e i loro dipendenti in Giappone e Okinawa e 29.000 in Corea del Sud?

Queste due contee hanno un PIL combinato di quasi $7.000 miliardi – ovvero 235 volte superiore a quello della Corea del Nord e sono anni luce avanti a quest’ultima in termini di tecnologia e capacità militare. Inoltre non vanno in giro per il mondo impegnandosi in cambi di governo, spaventando così la parte nord della zona demilitarizzata.

Di conseguenza il Giappone e la Corea del Sud potrebbero più che provvedere alla propria sicurezza nazionale nel modo che ritengono opportuno, senza alcun aiuto da parte della Washington imperiale. Ciò è particolarmente vero perché, in assenza della minaccia militare statunitense nella regione, la Corea del Nord cercherebbe sicuramente un riavvicinamento e un aiuto economico da parte dei suoi vicini, compresa la Cina.

Infatti sessantacinque anni dopo la fine dell’inutile guerra in Corea, c’è solo una ragione per cui la famiglia Kim è ancora al potere a Pyongyang e perché periodicamente brandisce rumorosamente le sue armi nucleari e missili: l’Impero occupa ancora la penisola coreana e circonda le sue acque con una potenza di fuoco più letale di quella usata contro la potenza industriale della Germania nazista durante l’intera Seconda Guerra Mondiale.

Naturalmente queste forze massicce e costose sono giustificate anche con il sostegno agli impegni di Washington nella difesa di Taiwan, ma questo impegno è sempre stato obsoleto e non necessario per la sicurezza interna dell’America.

Il fatto è che Chiang Kia-Shek perse la guerra civile cinese nel 1949 e non c’era motivo di perpetuare il suo regime quando si ritirò negli ultimi chilometri quadrati del territorio cinese – la provincia insulare di Taiwan. Quest'ultima fu sotto il controllo della dinastia cinese Qing per 200 anni fino al 1895, quando fu occupata dal Giappone imperiale per 50 anni, per poi essere liberata dai patrioti cinesi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Vale a dire, una volta espulso il Giappone imperiale dall’isola, i cinesi non “invasero”, né occuparono o presero il controllo del proprio Paese. Per dirla tutta, Taiwan era stata Han per secoli e, nel bene e nel male, i comunisti erano ora i governanti della Cina.

Di conseguenza Taiwan è oggi separata dalla terraferma solo perché Washington ne ha fatto arbitrariamente un protettorato e un alleato quando il perdente della guerra civile aprì una filiale in un piccolo residuo della Cina moderna, creando così una nazione artificiale che, ancora una volta, non aveva alcuna rilevanza per la sicurezza interna dell’America.

In ogni caso, il nascente Partito della Guerra negli Stati Uniti alla fine degli anni ’40 decretò diversamente, generando 70 anni di tensione con il regime di Pechino non ottenendo altro che una grande Marina e vaste operazioni di polizia nella regione del Pacifico senza alcun risultato per la difesa della patria.

Vale a dire, senza il sostegno di Washington al regime nazionalista di Taipei, l’isola sarebbe stata riassorbita nel sistema politico cinese dove è stata per secoli. Probabilmente ora assomiglierebbe a Shanghai – qualcosa che Wall Street e i principali politici statunitensi celebrano da anni.

Inoltre non è ancora troppo tardi. In assenza delle armi e delle minacce di Washington, i taiwanesi preferirebbero sicuramente una prosperità pacifica come 24esima provincia della Cina piuttosto che una guerra catastrofica contro Pechino alla quale non avrebbero alcuna speranza di sopravvivere.

Allo stesso modo, l’alternativa – l’intervento militare degli Stati Uniti per aiutare Taiwan – significherebbe la Terza Guerra Mondiale. Allora qual è lo scopo della pericolosa linea di politica di “ambiguità strategica” di Washington quando il risultato a lungo termine è assolutamente inevitabile?

In breve, l’unica linea di politica sensata per Washington è quella di ritrattare 70 anni di follia portata avanti dalla lobby cinese e dai produttori di armi e dare il via libera ad una riconciliazione di Taiwan con la terraferma. Anche così i banchieri di Wall Street che vendono operazioni finanziarie a Taipei non noterebbero la differenza rispetto a Shanghai.

E parlando di storia, sono ormai trascorsi 78 anni da quando Hitler morì nel suo bunker. Allora perché Washington ha ancora 50.000 soldati e i loro dipendenti di stanza in Germania?

Certamente con le sue stesse azioni la Germania sta dicendo di non essere militarmente in pericolo. Il suo modesto bilancio per la difesa, pari a $55 miliardi, ammonta solo all’1,3% del PIL, il che non indica certo il timore che le forze russe arrivino presto alla Porta di Brandeburgo.

Infatti finché Washington non ha convinto il governo Scholz a unirsi alla sua idiota guerra delle sanzioni contro la Russia, la Germania vedeva quest'ultima come un mercato vitale per le sue esportazioni e come una fonte di approvvigionamento di gas naturale, altre risorse naturali e prodotti alimentari. Inoltre, con un PIL di $4.200 miliardi, o più del doppio dei $2.100 miliardi di PIL della Russia, la Germania potrebbe più che gestire le proprie difese se Mosca dovesse mai diventare così sciocca da minacciarla.

Da qui si arriva al caso ancora più assurdo degli avamposti NATO nell’Europa orientale, ma i libri di storia sono assolutamente chiari sul fatto che nel 1989 George H. W. Bush e il suo Segretario di Stato, James Baker, promisero a Gorbaciov che la NATO non si sarebbe espansa ad est di un “solo pollice” in cambio della sua acquiescenza all’unificazione tedesca.


L'obsoleta follia degli obblighi di mutua difesa previsti dall'Articolo 5 della NATO

All’epoca la NATO contava 16 Paesi membri vincolati dall’obbligo di mutua difesa previsto dall’Articolo 5, ma quando l’Unione Sovietica e l’Armata Rossa svanirono, non rimase più nulla da cui difendersi. La NATO avrebbe dovuto dichiarare la vittoria e sciogliersi. L’ex-paracadutista allora alla Casa Bianca, infatti, doveva paracadutarsi sulla base aerea di Ramstein e annunciare “missione compiuta!”

Invece la NATO è diventata un martello pneumatico politico e un agente di vendita di armi aderente alla visione Impero al primo posto, espandendosi in 30 nazioni, molte delle quali alle porte della Russia.

Tuttavia se la vostra percezione non è distorta dalla propganda di Washington, la domanda è ovvia: che ci guadagnano per la sicurezza e l’incolumità i cittadini di Lincoln, NE, o Springfield, MA, ottenendo i servizi dei piccoli eserciti di Lettonia (6.000), Croazia (14.500), Estonia (6.400), Slovenia (7.300), o Montenegro (1.950)?

Infatti l’espansione della NATO post-1991 è così assurda come questione di sicurezza nazionale che la sua vera funzione di foglia di fico per l'Impero al primo posto è piuttosto evidente. Nessuna di queste piccole nazioni avrebbe importanza per la sicurezza degli Stati Uniti se decidessero di avere un rapporto più intimo con la Russia – volontariamente o meno.

Ma il punto è che non esiste alcuna minaccia per l’America nell’Europa orientale a meno che Montenegro, Slovenia, o Lettonia non diventino la via d'invasione di Putin per effettuare l’occupazione russa di Germania, Francia, Benelux e Inghilterra.

E questo è a dir poco stupido!

A parte questo scenario del tutto inverosimile ed economicamente/militarmente impossibile, non c’è alcun motivo per cui gli Stati Uniti debbano stipulare un patto di mutua difesa con uno qualsiasi dei nuovi e, del resto, vecchi membri della NATO.

E questo ci porta alla guerra per procura contro la Russia, in cui la nazione dell’Ucraina viene demolita e la sua popolazione, composta da giovani e anziani, viene fatta marciare verso il tritacarne russo.

Come documentato anche in altri articoli, questa è una guerra civile in una nazione artificiale confezionata dai più grandi tiranni della storia: Lenin, Stalin e Krusciov. Non è mai stata costruita per durare e sicuramente non dopo che il colpo di stato a Maidan nel febbraio 2014, sponsorizzato, finanziato e immediatamente riconosciuto da Washington, ha deposto il presidente filo-russo legittimamente eletto.

Da allora in poi le azioni della Russia nel recuperare la sua ex-provincia della Crimea nel marzo 2014 e nel venire in aiuto delle repubbliche separatiste di lingua russa del Donbass (Ucraina orientale) nel febbraio 2022 non hanno minacciato la sicurezza della patria americana o la pace del mondo. Neanche un po'.

Il conflitto post-febbraio 2014 in Ucraina è una disputa “territoriale”, etnica e religiosa sulle profonde differenze tra i russofoni nell’est e nel sud del Paese e i nazionalisti ucraini del centro e dell’ovest che affondano le loro radici in secoli di storia.

La conseguente carneficina, per quanto tragica sia stata, non prova minimamente che la Russia sia un’aggressiva espansionista che dev'essere contrastata dalla Nazione Indispensabile. Al contrario, Washington è completamente cieca nei confronti della storia e della logica geopolitica.

In primo luogo, i libri di storia chiariscono che Sebastopoli in Crimea era stato il porto di origine della flotta navale russa sia sotto gli zar che sotto i commissari sovietici. La Crimea era stata acquistata dagli Ottomani per un buon prezzo da Caterina la Grande nel 1783 e fu il luogo di uno dei più grandi eventi patriottici della Russia: la sconfitta degli invasori inglesi nel 1854, resa famosa dalla Carica della Brigata Leggera di Tennyson.

Dopo 171 anni come parte integrante della madrepatria russa ed essendo diventata per oltre l’80% di lingua russa, la Crimea divenne tecnicamente parte dell’Ucraina solo durante un rimescolamento ispirato da Krusciov nel 1954. E anche allora, l’unica ragione di questo trasferimento era premiare gli alleati di Krusciov a Kiev per averlo sostenuto nella sanguinosa lotta per il potere dopo la morte di Stalin.

Il fatto è che solo il 10% della popolazione della Crimea parla ucraino. È stato il colpo di stato nelle strade di Kiev del febbraio 2014 da parte di nazionalisti ucraini estremisti anti-russi e proto-fascisti a provocare il panico tra i russofoni in Crimea e ad allarmare Mosca per lo status della sua storica base navale, per la quale ancora ha un contratto di locazione fino al 2040.

Nel referendum sponsorizzato da Mosca che si tenne poco dopo, l’83% degli aventi diritto si recò a votare e il 97% di quelli approvarono la cancellazione del già citato editto sovietico del 1954 e il ricongiungimento alla madre Russia. Non c’è assolutamente alcuna prova che l’80% dei crimeani che hanno votato per recidere la loro affiliazione, storicamente di breve durata, con l’Ucraina siano stati minacciati o costretti da Mosca.

Infatti ciò che realmente temevano – sia in Crimea che nel Donbass, dove furono presto dichiarate anche le Repubbliche separatiste – erano gli editti anti-russi emanati da Kiev all’indomani del rovesciamento orchestrato da Washington del governo legalmente eletto.

Dopotutto la brava gente di quella che le mappe storiche designavano come Novorussiya (Nuova Russia) popolava quello che era stato il granaio industriale dell’ex-Unione Sovietica. Il Donbass e la sponda meridionale del Mar Nero sono sempre stati parte integrante delle industrie russe del ferro, dell'acciaio, della chimica, del carbone e delle munizioni, essendo state colonizzate, sviluppate e investite dai russi sotto gli zar da Caterina la Grande in poi. E in epoca sovietica molti dei loro nonni erano stati mandati lì da Stalin da altre parti della Russia per rafforzare il suo governo sanguinario.

Allo stesso modo, questi coloni russi e trapiantati in Novorussiya odiavano da sempre i nazionalisti ucraini provenienti dall’ovest, i quali imperversarono nelle loro città, fattorie, fabbriche e case fianco a fianco con la Wehrmacht di Hitler sulla strada per Stalingrado.

Quindi la terribile verità della questione è questa: secondo l’editto di Washington i nipoti e le nipoti dell’esercito industriale di Stalin nel Donbass dovevano essere governati dai nipoti e dalle nipoti dei collaboratori di Hitler nella Seconda Guerra Mondiale a Kiev, che gli piacesse o no. Ahimè, un tal ripudio della storia non poteva reggere.

Non è possibile tenere in piedi $500 miliardi in false ragioni per una politica di sicurezza nazionale incentrata sull'Impero al primo posto, senza inventare missioni, mandati e minacce che siano stupide (come la guerra per procura contro la Russia in Ucraina) o menzognere ​​(come le presunte armi di distruzione di massa di Saddam).

Infatti è necessario inventare, nutrire e applicare un’intera narrativa universale basata su proposizioni del tutto non plausibili e non valide, come il meme della “Nazione Indispensabile” e l’affermazione secondo cui la pace e la stabilità mondiali dipendano dalla leadership di Washington.

Esiste uno scherzo più crudele di questo?

La carneficina e il genocidio inflitti da Washington in Vietnam – che hanno provocato la morte di oltre un milione di persone – sono stati un caso di “leadership americana” atta a rendere il mondo più pacifico o stabile?

E dopo aver perso questa guerra costosa, sanguinosa e insensata nel 1975, com'è possibile che quello che è ancora il Vietnam comunista sia diventato il luogo di riferimento per approvvigionarsi di prodotti manifatturieri a basso costo necessari a decine di migliaia di camion di Amazon?

Allo stesso modo, le due guerre contro l’Iraq hanno portato a qualcosa se non alla distruzione della fragile pace tra sunniti, sciiti e curdi, aprendo così le porte dell’inferno e la sanguinosa furia dell’Isis?

I miliardi che Washington ha incanalato illegalmente nelle forze ribelli e jihadiste in Siria non hanno fatto altro che distruggere il Paese, creare milioni di rifugiati e incoraggiare il regime di Assad a impegnarsi in brutalità “occhio per occhio”, così come a chiedere aiuto all'Iran, ai russi e a Hezbollah.

La distruzione del governo di Gheddafi da parte dei bombardieri americani non ha forse trasformato la Libia in un inferno di guerra civile, abusi umani e perfino schiavitù basati sui signori della guerra?

In parole povere, le narrazioni della Washington imperiale e gli esempi dei suoi interventi specifici poggiano su basi logore e non plausibili; e il più delle volte consistono in invenzioni e affermazioni arroganti che sono un insulto all'intelligenza di chiunque presti anche solo una scarsa attenzione ai fatti.

In questo contesto c’è solo un modo per spostare significativamente l’ago della bilancia sia sulla politica estera egemonica di Washington che sul suo gigantesco flusso d'inchiostro rosso sul bilancio: l’impero militare americano dev'essere smantellato in blocco. Come? Seguendo le linee guida dell’idea di Fortezza americana e "difesa minima" di Eisenhower.

Quando quest'ultimo espose il suo monito sul complesso militare-industriale nel discorso di addio del 1961, il bilancio della difesa statunitense ammontava a $52 miliardi e a $64 miliardi se si aggiungono gli elementi collaterali della sicurezza nazionale (es. Dipartimento di Stato, AID, l’assistenza alla sicurezza, il NED, le operazioni di propaganda radiotelevisiva internazionale e voci correlate, nonché i costi differiti delle operazioni militari riflessi nell’amministrazione dei veterani, l'assistenza sanitaria e altri servizi).

Alla fine della Guerra fredda, nel 1991, questo bilancio complessivo per la sicurezza nazionale era salito a $340 miliardi di dollari, ma non poteva essere smentito dal semplice fatto che quell’anno l’Unione Sovietica scomparve nella pattumiera della storia. I neoconservatori si sono presto infiltrati in entrambi i partiti e, grazie alle loro Guerre Infinite e alle linee di politica egemoniche, il totale è salito a $822 miliardi durante la fine della presidenza del “pacifista” Obama nel 2016.

Eppure l’Unipartito della guerra si stava appena riscaldando. Dopo essere stata manipolata sia da Trump che da Biden, la stima attuale per l’anno fiscale 2024 ammonta all’incredibile cifra di $1.304 miliardi. Vale a dire, il costo complessivo dell’Impero è ora a un livello 20 volte superiore a quello che il grande generale orientato alla pace, Dwight D. Eisenhower, riteneva adeguato per contenere la minaccia posta dalla vecchia Unione Sovietica al culmine della sua crescita militare-industriale nel 1960.

Sì, a 64 anni dal discorso di addio di Ike c'è stata molta inflazione, che è incorporata nella base NIPA leggermente diversa per i numeri della difesa nel grafico qui sotto. Ma anche se aggiustato all’attuale livello dei prezzi, il bilancio della difesa nel 1960 ammonta a soli $440 miliardi rispetto ai $900 miliardi di oggi; e il bilancio complessivo per la sicurezza nazionale ammonta a soli $590 miliardi, ovvero solo il 45% degli attuali $1.304 miliardi.

Spesa per la difesa nazionale, base NIPA dal 1960 al 2022

Come abbiamo indicato in precedenza, la "Difesa minima" di Eisenhower, arrotondata a $500 miliardi in termini di potere d’acquisto odierno, è molto più che adeguata in un mondo in cui la sicurezza interna dell’America non è minacciata da una superpotenza tecnologica e industriale che ha anche una remota parità con essa e i suoi Paesi alleati della NATO. Il PIL combinato da $45.000 miliardi di questi ultimi è 20 volte più grande di quello della Russia e quasi 3 volte quello della Cina, che è essa stessa un castello di carte sepolto dal debito che non durerebbe un anno senza i suoi $3.500 miliardi in esportazioni verso l’Occidente.

Detto in modo diverso, la vecchia Unione Sovietica era autarchica, ma internamente fragile e grottescamente inefficiente e insostenibile. La Cina rossa, al contrario, è molto più efficiente dal punto di vista industriale, ma ha anche $50.000 miliardi di debiti interni ed esterni e un modello economico profondamente mercantilista che la rende totalmente dipendente dai mercati occidentali.

In fin dei conti, né la Russia né la Cina hanno la capacità economica – diciamo $50.000 miliardi in PIL – o la motivazione per attaccare la patria americana con mezzi militari convenzionali. La vasta armata invasiva di forze terrestri e aeree, capacità di trasporto aereo e marittimo e massicci gasdotti di approvvigionamento logistico che sarebbero necessari per colmare i due fossati oceanici è praticamente oltre ogni immaginazione razionale.

Quindi ciò che alla fine mantiene l’America al sicuro è il suo deterrente nucleare. Finché ciò sarà intatto ed efficace, non esiste alcuna forma concepibile di ricatto nucleare che possa essere utilizzato per mettere a repentaglio la sicurezza e la libertà della patria americana.

Secondo l’ultimo studio del CBO, l’attuale costo annuale del deterrente strategico è di soli $52 miliardi. Ciò include $13 miliardi per la forza sottomarina missilistica balistica, $7 miliardi per i missili balistici intercontinentali terrestri e $6 miliardi per la forza di bombardieri strategici. Oltre a ciò ci sono anche $13 miliardi per mantenere le scorte di armi nucleari, le infrastrutture e i servizi di supporto e $11 miliardi per il comando/controllo nucleare strategico, le comunicazioni e i sistemi di allarme rapido.

Nel complesso, e tenendo conto della normale inflazione e dei costi di sviluppo delle armi, la stima decennale del CBO per il deterrente nucleare strategico è di soli $756 miliardi. Si tratta di solo il 7,0% dei $10.000 miliardi per il costo decennale dell’attuale bilancio della difesa e solo del 5,0% dei $15.000 miliardi per la sicurezza nazionale se si includono le operazioni internazionali e i veterani.

Un ritorno all'idea di Eisenhower di $500 miliardi all’anno per la difesa vera e propria nel prossimo decennio consentirebbe quindi di risparmiare oltre $4.000 miliardi in suddetto periodo. E questi tagli sarebbero facilmente estraibili dalla linea di base da $9.000 miliardi del CBO per la spesa per la difesa, escludendo le forze strategiche.

Come indicato sopra, ad esempio, non ci sarebbe bisogno di 11 portaerei, comprese i loro velivoli, navi di scorta e supporto e infrastrutture di supporto, nell’ambito di una linea di politica incentrata sulla Fortezza americana. Queste forze sono comunque dei bersagli facili al giorno d’oggi, ma sono necessarie solo per la proiezione della forza all’estero e per le guerre d'invasione e occupazione. La costa americana e l’interno, al contrario, possono essere protetti dall’aria.

Tuttavia, secondo un altro studio del CBO, il costo di base in 10 anni per le 11 portaerei della Marina si avvicinerà a $1.000 miliardi. Allo stesso modo, le forze di terra dell’esercito americano costeranno $2.000 miliardi e anche questo principalmente allo scopo di proiettare le forze all’estero.

Come il senatore Taft e i suoi sostenitori riconobbero molto tempo fa, una superiorità aerea sul continente nordamericano è ciò che è necessario per la sicurezza nazionale. Ma anche ciò richiederebbe solo una piccola parte degli attuali $1.500 miliardi di costo decennale delle operazioni dell’aeronautica americana, che sono fortemente alimentate dalle capacità di proiezione della forza a livello globale.

In fin dei conti, una riduzione da $4.000 miliardi nella spesa per la sicurezza nazionale nel prossimo decennio è più che fattibile. Basta gettare il mito della Nazione Indispensabile nella pattumiera della storia, a cui appartiene da sempre.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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