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martedì 13 agosto 2024

Come la ricerca di rendite corrompe l'anima della imprese

Molte aziende oggi, soprattutto nel settore tecnologico, sono strutturate di più per catturare i benefici dell'inflazione piuttosto che funzionare come imprese che generano profitti. Cercano guadagni rapidi, non dividendi stabili, che si trovano tipicamente in asset come azioni e immobili, causando un afflusso innaturale di fondi in questi settori. Questo spiega perché i giganti del mondo tecnologico crescono in modo sproporzionato: sono orientati per attrarre l'interesse di quelle persone con denaro fresco di stampa. La produttività e la creazione di valore diventano meno preziose  e questo processo distorce i segnali di mercato, distribuisce male le risorse e perpetua un ambiente economico in cui il successo è più legato alle manovre finanziarie che a un output produttivo. Inutile dire che il primo anello della catena inflazionistica è lo stato e l'accentramento/internventismo con cui “compra” influenze tramite denaro fresco di stampa. L'ultimo settore industriale in ordine cronologico a finire in questa rete è quello dei chip. Più un'azienda è vicina al motore dell'inflazione, più può essere redditizia. In un'economia che premia la ricerca di rendite creare valore è diventato poco saggio e l'economia si protrae “spontaneamente” verso la fonte del denaro facile, come un fungo verso un nutriente, piuttosto che soddisfare i bisogni delle persone. Ciò significa che le decisioni economiche sono prese da ciò che le élite decidono di finanziare piuttosto che dal mercato. Molti super ricchi di oggi sono stati semplicemente fortunati proprietari iniziali di asset popolari che sono stati gonfiati da questo afflusso innaturale di nuovo denaro. Attrarre tale flusso verso i propri asset è diventato un mezzo importante per generare ricchezza rispetto a un'operazione davvero redditizia. Ed è quello che fanno tutte le grandi aziende oggigiorno, cercando di abbagliare gli investitori. I marxisti hanno diagnosticato male la causa della disuguaglianza economica: non è l'estrazione di plusvalore dai lavoratori, come suggerito dalla teoria del valore-lavoro, che dà ai capitalisti una ricchezza ingiusta, bensì è il continuo afflusso di denaro facile attraverso l'aumento dell'offerta di denaro. La loro analisi inverte la realtà di come nasce la disuguaglianza. Karl Marx identificò il libero mercato come il problema e chiedeva l'intervento dello stato per risolverlo, quindi la sua cura era LA malattia. L'interventismo perpetua ironicamente la stessa disuguaglianza che denunciano. L'egemonia culturale marxista mantiene un ambiente interventista che avvantaggia le élite finanziarie attraverso politiche inflazionistiche e salvataggi centrali, perpetuando disparità economica. In un libero mercato, invece, l'accumulo di ricchezza si baserebbe più sull'iniziativa produttiva che sulla ricerca di rendite, con conseguente distribuzione più equa della ricchezza in base alla produttività. Il lavoro sarebbe più altamente ricompensato e persino un impiego modesto avrebbe un potere d'acquisto sostanziale, riducendo la necessità di uno stato sociale. Il sistema attuale perpetua una disuguaglianza che favorisce i ricchi (ammanicati) a spese del resto della popolazione.

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di Kimberlee Josephson

Ogni volta che sono presenti assistenza finanziaria, od opportunità per ottenere guadagni privilegiati, spesso ciò che ne segue è la ricerca di rendita. Come spiegato da Robert Tollison, stiamo parlando di “dispendio di risorse scarse per ottenere un trasferimento artificiale”. In poche parole, la ricerca di rendita “implica il tentativo di aumentare la propria quota di ricchezza esistente senza crearne di nuova”. Chi sono i donatori e chi riceve è molto importante, così come chi determina i requisiti per i guadagni – stabilendo così le “regole del gioco”.

Gordon Tullock presentò il concetto di ricerca di rendita nel suo saggio del 1967, “The Welfare Costs of Tariffs, Monopolies, and Theft”, ma non venne sistematizzato fino allo studio di Anne Krueger del 1974, “The Political Economy of the Rent-Seeking Society”. La Krueger scoprì che i requisiti per le licenze di importazione generavano un comportamento di ricerca di rendita e riteneva che la sua presenza “influenzi la percezione delle persone nei confronti del sistema economico”. La Krueger affermò che la ricerca di rendita fa sì che la distribuzione economica venga vista come “il risultato di una lotteria”, con vincitori e perdenti. Cinquant’anni dopo le sue affermazioni sono ancora vere e, sfortunatamente, la ricerca di rendite è persistita e proliferata.

Ottimi esempi di ricerca di rendite si possono trovare nel Congressional Pig Book del 2024 che cita come il senatore Bernie Sanders sia riuscito a garantire uno stanziamento di $500.000 per il Teatro dell’Opera di Vergennes nel Vermont:

Il sito web del teatro dell'opera contiene una lunga lista di necessità che vanno da una nuova caldaia a nuovi posti a sedere e stima che il costo totale sia di $178.000. Grazie al sostegno del senatore Sanders, il Teatro dell'Opera di Vergennes può affrontare tutto e intascare $322.000 extra.

La ricerca di rendite è un processo di acquisizione e accumulazione piuttosto che di innovazione e creazione. A dire il vero lo sviluppo delle risorse e dell’ingegno non sono necessari quando è possibile competere per le rendite esistenti.

Se c'è la possibilità di richiedere un sussidio, una borsa di studio, o un credito d’imposta, sarebbe razionale farlo. Se si può (o è necessario) ottenere una licenza, un permesso, o una legislazione favorevole, avrebbe senso fare appello per ottenerli. Se si potessero richiedere donazioni, sponsorizzazioni e contributi per promuovere una certa causa, sarebbe ragionevole sollecitare fondi. La maggior parte di noi è impegnata in questi atti, ma dobbiamo ricordarci che l'assistenza non è mai veramente “gratuita” né illimitata. Fredric Bastiat nel suo saggio del 1848, Lo Stato, lo spiega perfettamente:

Tutti noi facciamo qualche richiesta simile allo Stato, ma esso non può soddisfarle senza aumentare il lavoro degli altri. Lo Stato è quella grande finzione attraverso la quale ognuno cerca di vivere sulle spalle di tutti gli altri. Tutti, più o meno, mirano a trarre profitto dal lavoro degli altri.

La ricerca di rendite non sembra essere una preoccupazione per il senatore Sanders che sostiene che il popolo americano vuole la garanzia dell’assistenza statale. Durante una recente apparizione su Face the Nation, il senatore Sanders ha fornito la lista dei bisogni dell'America ed è risultato un sostenitore della cancellazione dei prestiti studenteschi e del Medicare per tutti. Dovrebbe essere informato che la ricerca di rendite non è un’attività isolata: sono necessarie risorse e sforzi per mantenere le rendite e quindi devono essere presi in considerazione i costi opportunità, soprattutto per quei tentativi che falliscono. Tuttavia anche le forme di ricerca di rendite di successo genereranno effetti negativi, poiché tale comportamento produce costi netti per la società nel suo complesso.

Lasciatemi spiegare. I trasferimenti pecuniari che mettono in discussione l’efficacia di un libero mercato, indurranno gli altri a ricercare rendite. Più persone in cerca di rendite significano più concorrenza e più concorrenza significa che è necessario fare di più per arrivare alle rendite. Inoltre maggiori sforzi e risorse vengono indirizzati verso l’acquisizione delle rendite e ciò significa che ce ne saranno di meno per scopi produttivi o imprenditoriali.

I costi per acquisire le rendite aumenteranno nel tempo e la produttività economica diminuirà, e ciò andrà avanti finché il costo della concorrenza non diventerà troppo elevato o le rendite non si esauriranno. E quando arriverà quel momento, rilanciare un’economia basata sul mercato sarà un compito difficile poiché le rendite esistenti diminuiranno gli incentivi a cercare forme nuove o alternative per la creazione di reddito o per lo scambio produttivo. Il principio dello scambio vicendevolmente vantaggioso decade quando si deve limitare la propria scelta alle disposizioni e alle aspettative di coloro che controllano gli assegnamenti.

Piuttosto che il coordinamento della conoscenza attraverso segnali di prezzo e acquisti, o l’uso di strategie competitive per sfruttare le opportunità di mercato, le ambizioni saranno reindirizzate verso ciò che è disponibile. E quando la domanda di rendite supera l’ammontare che può essere distribuito, i creatori di ricchezza saranno chiamati a contribuire in misura maggiore – presupponendo che ci siano ancora capitalisti a cui si possa fare appello. Il senatore Sanders punta su questi aspetti dato che ha firmato una lettera, indirizzata al presidente Biden e al segretario al Tesoro Janet Yellen, sollecitando il sostegno a un’imposta patrimoniale globale.

I capitalisti, coloro che cercano di trarre profitto dagli scambi volontari, vengono costretti a cedere la loro giusta quota per aiutare con le rendite e se l’importo atteso diventa troppo grande (si consideri la curva di Laffer), o va contro i propri valori (leggete Atlas Shrugged), allora i capitalisti (e il loro capitale) potrebbero essere difficili da trovare nel tempo.

Lasciami spiegare. Il capitalismo nella sua forma più vera non è mai stato pienamente sperimentato data la presenza di un sistema economico misto che integra la sfera politica ed economica. Gli interessi dello stato e la sua ingerenza nel mercato hanno soffocato il capitalismo e ci hanno invece  dato clientelismo e corporativismo.

In un sistema di vero capitalismo le imprese dipenderebbero dal processo di scambio produttivo e avrebbero un governo che sostiene la protezione della proprietà privata. Ciò che le aziende hanno oggi è il diritto di possedere proprietà ma con lo stato che interviene sul modo in cui tale proprietà opera e viene usata nelle transazioni. Lo stato dirige l’uso della proprietà invece di proteggerla, pertanto l’innovazione senza autorizzazioni sembra essere una cosa del passato e qualsiasi azienda che diventa troppo grande si ritroverà inevitabilmente limitata.

Nel sistema attuale le imprese operano con meno certezze data la natura soggettiva di alcuni standard, l’applicazione retroattiva di norme selezionate e l’oscurità di varie giurisprudenze consolidate. La crescita del potere delle agenzie governative che supervisionano le questioni aziendali va a scapito del potere di mercato e del dinamismo imprenditoriale; e, nel tempo, ciò genererà una maggiore disparità tra chi ha e chi non ha, poiché le posizioni di status comprenderanno chi dà, chi riceve e ciò che potrebbe essere classificato come non-realizzato (coloro che hanno perso la fiducia nel mercato e non hanno mezzi per concorrere per le rendite). Per coloro che non riescono a ottenere risultati ci sarà una persistente caduta verso il basso, perché semmai dovesse essere concessa assistenza per aiutare coloro che ne hanno più bisogno, essi dovrebbero dimostrare di essere all’altezza dei requisiti. E alla fine un numero maggiore di “beneficiari” rientrerà nella categoria dei “non idonei”, o perché la concorrenza per le rendite è diventata troppo elevata o perché la loro distribuzione è stata troppo ridotta.

In sintesi, quanto più lo stato viene coinvolto negli affari quotidiani tanto più ci muoviamo verso una società in cerca di rendite, alimentando una dinamica di potere basata su ciò a cui è possibile accedere piuttosto che su ciò che può essere guadagnato. Quando i nostri mezzi per avanzare dipenderanno dalle rendite, anziché da uno scambio reciproco vantaggioso, l’economia di mercato cesserà di esistere. La ricerca delle rendite appiattisce i comportamenti individuali e le pratiche dei produttori alle rendite stesse e quando le attività di acquisizione o distribuzione delle rendite diventeranno maggiori di quelle che possono derivare dai produttori, saremo tutti responsabili di ciò che ne consegue.

L’anima dell’impresa sarà sostituita da rapporti di potere e dipendenza. Le preoccupazioni economiche sono quindi solo un lato dell’equazione, l’altro è il degrado sociale. La capacità di trarre profitto da uno scambio, o da un'attività, dev'essere sempre maggiore di quella che può essere concessa dallo stato. E dobbiamo esserne tutti consapevoli.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 12 agosto 2024

MMT: la ricetta per alimentare una macchina economicamente inferiore

 

 

di Rudolph Kohn

Immaginate di essere il caposquadra in una fabbrica. All'interno ci sono due macchine ed entrambe consumano materiali, energia e lavoro e producono lo stesso prodotto, forse automobili, tostapane o matite. Tuttavia una delle macchine, dati gli stessi input, produce molto meno; supponiamo che gli input per mantenere le macchine in funzione a tempo indeterminato siano inclusi nei numeri del consumo. La domanda a cui dovete rispondere come caposquadra è come dividere le risorse tra le due macchine.

La risposta sembra ovvia: mettete tutte le risorse nella macchina migliore! Una parte delle risorse immesse nella macchina inefficiente verrà sprecata, quindi a meno che i vostri input non siano estremamente abbondanti e la domanda di prodotti sia estremamente disperata, lasciate stare la macchina inefficiente e usate quella più efficiente!

Quindi se i profitti vi consentono di acquistare più macchine, espandete la vostra capacità con più macchine efficienti!

Questo ci porta al nostro vero argomento, l’affermazione di alcuni sostenitori della MMT, come Bill Mitchell e Joan Muysken, secondo cui l’inflazione è un modo per trasferire beni dalla sfera privata a quella pubblica. Ciò che questa affermazione elude è la differenza di efficacia che i beni hanno nella sfera privata rispetto a quella pubblica.

Ciò che i sostenitori della MMT non dicono è che ci sono diverse buone ragioni per presumere che i beni vengano sprecati e utilizzati in modo improprio molto più di frequente nella sfera pubblica. Il nostro scopo qui è quello di delineare molte di queste ragioni in modo che i sostenitori della MMT non possano farla franca presentando tali trasferimenti come innocui.


Inferiorità paretiana

A prima vista un concetto come “utilità sociale”, inteso come una sorta di rappresentazione macroeconomica distillata di tutto il valore della società, sembra una buona idea. Tuttavia l’impossibilità di confrontare le utilità interpersonali rende impossibile anche solo il calcolo dell’utilità sociale totale.

Ciò non significa che non sappiamo nulla dell’utilità sociale. Vilfredo Pareto descrisse nel 1906 qualcosa che venne chiamata come Regola di Pareto. Nella sua forma più elementare ci dice che sappiamo che le transazioni volontarie aumentano l’utilità sociale, perché le parti coinvolte nella transazione concordano tutte che staranno meglio una volta conclusa. Tali transazioni sono paretianamente superiori.

Al contrario, le interazioni forzate, come quelle imposte dallo stato, sono paretianamente inferiori perché una o più delle parti vengono penalizzate nell’interazione.

Per riportare questo alle nostre macchine, le transazioni paretianamente superiori sono equivalenti alla macchina più efficiente.


Il problema del calcolo economico di Mises

Le economie complesse richiedono la capacità di calcolare profitti e perdite per funzionare. I prezzi fluttuanti di vari beni consentono agli imprenditori di cercare opportunità di profitto, trasformando gli input da una forma con un valore monetario relativamente basso a una forma con un valore monetario più elevato.

Nel 1920 Ludwig von Mises pubblicò un saggio in cui spiegava che la proprietà statale di beni o industrie ostacola o elimina tali segnali di prezzo. Se lo stato possiede tutti i tipi di beni, per essi non può esistere un prezzo di mercato reale e gli imprenditori non possono calcolare le differenze di rendimento tra i diversi processi di produzione.

Ciò si traduce in un utilizzo inefficiente dei beni, nel senso che altri usi servirebbero molto meglio il consumatore. Senza i prezzi non è possibile misurare queste differenze.

In un’economia pienamente socialista, ciò la metterebbe rapidamente in ginocchio. Le economie parzialmente socialiste subirebbero gravi perdite, ma potrebbero riuscire a rimanere a galla per qualche tempo. Le economie parzialmente socialiste sono quelle con poche industrie nazionalizzate e quelle pienamente socialiste a livello locale ma con economie limitrofe non socialiste.

Nelle economie parzialmente socialiste i pianificatori centrali possono utilizzare i dati sui prezzi provenienti da industrie non nazionalizzate, o da vicini non socialisti, per tentare la pianificazione economica, ma i numeri sarebbero lo stesso carenti e ci si aspetterebbe che l’efficienza diminuisca comunque dato che suddetti numeri non sono prezzi reali ma vacui punti di riferimento. L’economia di mercato, con dati sui prezzi completi e dinamici per tutti i beni, rappresenta la macchina più efficiente.


Il problema della conoscenza di Hayek

Un altro problema con la pianificazione centrale è stato illustrato da Friedrich Hayek in “L’uso della conoscenza nella società” e in molti altri scritti. Il punto cruciale dell’argomentazione di Hayek è che la conoscenza di cui un pianificatore centrale avrebbe bisogno per pianificare in modo efficiente l’economia – anche quella conoscenza che non è direttamente correlata ai prezzi, come nel problema del calcolo economico di Mises – è talmente dispersa tra così tanti individui diversi che non esiste nessuna speranza di raccoglierla, comprenderla e utilizzarla tutta.

Hayek sostiene che i prezzi di mercato inviano segnali su tale conoscenza più facilmente all’interno di un’economia di mercato, in modo che i singoli detentori di informazioni importanti e beni capitali di valore possano portare avanti o modificare i loro piani in modo da aiutare l’economia a funzionare in modo efficiente. Al contrario i pianificatori centrali spesso ignorano queste informazioni distribuite e prendono le proprie decisioni sull’uso dei beni capitali e sulla distribuzione dei beni di consumo.

È facile capire perché i pianificatori centrali sono meno efficienti. Ancora una volta, l’economia di mercato rappresenta la macchina più efficiente.


L’argomentazione della public choice

La public choice è il tentativo di applicare i metodi dell’economia per comprendere meglio come funzionano la politica e gli organi politici. Per i nostri scopi quello che ci interessa maggiormente è l’argomentazione della public choice sulle motivazioni dei politici.

In sostanza essa sostiene che i politici sono generalmente incentivati ​​a utilizzare i beni nella sfera pubblica a proprio vantaggio e non a vantaggio delle persone, nella misura in cui possono farla franca. I politici potrebbero utilizzare i beni pubblici per acquistare voti da vari gruppi d'interesse, indipendentemente dal fatto che tali beni vengano utilizzati in modo efficiente.

Gli stati, avendo la possibilità di imporre tasse, sono molto più liberi di ignorare i profitti e le perdite rispetto agli imprenditori. Ciò ha effetti ad ampio raggio sul modo in cui vengono utilizzati i beni pubblici rispetto ai beni privati. Da una prospettiva neoclassica gli imprenditori ​​sono generalmente meno monopolistici e quindi più efficienti dello stato; da una prospettiva Austriaca l’argomentazione secondo cui il decentramento porta a un maggiore benessere sociale non è valida, ma la Regola di Pareto sì.

Nel libro “Burocrazia” di Mises uno dei suoi punti riguarda le dimensioni relative delle burocrazie nelle imprese di mercato rispetto a quelle dello stato. Nelle imprese di mercato i profitti e le perdite pongono limiti alla dimensione della burocrazia, e le imprese più piccole e competitive incoraggiano le imprese più grandi a ridurre il proprio carico burocratico. Tuttavia lo stato è isolato dai profitti e dalle perdite e dalla concorrenza, pertanto ci si aspetta che le burocrazie siano più grandi e meno efficienti, consumando più input e producendo risultati peggiori. Ancora una volta la sfera privata rappresenta la macchina più efficiente.


Conclusione

Il trasferimento di beni dalla sfera privata a quella pubblica non è la conversione innocua suggerita dai sostenitori della MMT e da altri sostenitori di uno stato ampio. Quando dicono che vogliono rendere pubblici solo pochi beni in più, quello che non stanno dicendo è che quei beni saranno molto probabilmente, se non certamente, utilizzati per servire molti meno consumatori e per soddisfare bisogni molto meno urgenti e preziosi. Spostare i beni nella sfera pubblica significa che saranno utilizzati in transazioni paretianamente inferiori, che i loro utenti soffriranno per la mancanza di prezzi utili e di altre informazioni, e saranno meno capaci di giudicare gli usi più efficienti e che, in assenza di motivazioni di profitto, probabilmente non li utilizzeranno affatto per la soddisfazione dei consumatori.

Ciò che accade quando lo stato decide di inflazionare è che le persone si ritrovano con più strumenti finanziari, ma meno ricchezza in termini reali.

Invece i beni dovrebbero rimanere il più possibile nella sfera privata dove saranno più utili e la sfera pubblica dovrebbe essere il più possibile priva di risorse. Le organizzazioni nella sfera pubblica dovrebbero essere sciolte, o convertite in organizzazioni della sfera privata, esponendole a conseguenze quando commettono errori, richiedendo loro di effettuare transazioni  paretianamente superiori e impedendo loro di oscurare o ignorare le informazioni fornite dai mercati.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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giovedì 11 gennaio 2024

I veri progressisti sosterrebbero Bitcoin, non cercherebbero invece di regolamentarlo

 

 

di Yaël Ossowski

Quando i progressisti affrontano argomenti come l’inflazione, le tasse, o gli illeciti aziendali, affermano di parlare a nome della gente. Che si tratti della classe operaia o delle minoranze, i progressisti mirano a modellare la politica dello stato per proteggere coloro che sono costantemente a rischio di sfruttamento.

Ma quando questi stessi individui, come la senatrice statunitense Elizabeth Warren (D-MA), rivolgono la loro attenzione a tecnologie innovative come Bitcoin preferiscono il rullo compressore alla mano amica.

Molti ideali progressisti potrebbero essere raggiunti con Bitcoin: emancipazione dalle banche, nessun intermediario, commissioni basse, transazioni veloci e un’ancora di salvezza da una vita intrappolata nel debito e nella povertà.

Chiunque può scaricare un wallet col proprio smartphone, generare un indirizzo Bitcoin e ricevere immediatamente piccole porzioni di esso in modo affidabile e crittograficamente sicuro, indipendentemente dalla razza, dal sesso, dall'orientamento, dallo stato economico, o persino dalla posizione sociale.

L’autore Alex Gladstein ha scritto molte storie su Bitcoin che fornisce una vera alternativa, dando potere ai cittadini in Paesi con valute in rapida svalutazione, o in nazioni autoritarie con controlli sui capitali.

Per i quasi 6 milioni di americani che non hanno accesso a un conto bancario (unbanked), l’utilizzo di Bitcoin potrebbe essere una manna dal cielo. Non ci sono requisiti di reddito per utilizzarlo, non è necessario un indirizzo fisico e non è necessario utilizzare un documento d'identità.

Tra i milioni di americani che inviano rimesse all'estero, un numero crescente di essi utilizza transazioni Bitcoin invece dei tradizionali servizi di bonifico bancario, che spesso prevedono commissioni a due cifre.

Cash App, una delle app finanziarie più popolari, ha integrato Bitcoin affinché gli utenti possano inviare e ricevere fondi da amici e familiari, e un numero crescente di commercianti sia online che di persona ora accetta Bitcoin.

Anche se ci saranno inevitabilmente sfide tecniche, soprattutto per gli anziani non innamorati della tecnologia, l’esperienza della crescente adozione nei Paesi in via di sviluppo alimenta la speranza che Bitcoin possa essere un trionfo progressista.

La disintermediazione dalle multinazionali o dalle entità politicamente connesse dovrebbe entusiasmare un campione populista come la senatrice Warren, che si è fatta una reputazione combattendo i salvataggi dei banchieri e criticando i rapporti intimi tra le istituzioni finanziarie e la Federal Reserve.

Sfortunatamente, sulla scia del crollo di FTX, uno dei più grandi exchange al mondo, progressisti come la senatrice Warren vogliono eliminare l'ecosistema di Bitcoin, piuttosto che semplicemente applicare le leggi per liberarlo dai cattivi attori.

Le azioni del CEO di FTX ci hanno portato a questo momento: Sam Bankman-Fried, considerato un tempo un prodigio nel mondo delle criptovalute e il secondo più grande donatore politico dei democratici, è ora ritenuto il perno di una frode da $8 miliardi o di uno schema Ponzi. Le accuse includono contabilità confusa tra i conti dei clienti e quelli dell'azienda, fondi mancanti e token per miliardi di dollari dati al suo hedge fund Alameda Research per sfruttarne il potere economico nei mercati delle criptovalute.

La senatrice Warren ha il diritto d'indignarsi, così come milioni di clienti di FTX con fondi mancanti, o in bancarotta, ma come ella ha affermato in un recente editoriale, questi crimini vengono affrontati dalle forze dell’ordine e dalle agenzie di regolamentazione esistenti, siano esse l’FBI o la SEC. La frode, l'abuso d'informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato non sono improvvisamente diverse perché si verificano con i token crittografici.

Il punto in cui il senatore si spinge troppo oltre è cercare di smantellare completamente le alternative crittografiche e l’economia che le sostiene.

Una delle sue obiezioni è l’industria del mining basato sulla Proof-of-work che utilizza elettricità e potenza di calcolo per confermare nuovi blocchi e proteggere la blockchain di Bitcoin. A suo avviso queste aziende sono “inquinatrici” e mettono a dura prova le reti elettriche. In qualsiasi altra epoca progressista, queste aziende sarebbero state considerate come start-up innovative a supporto del sogno americano.

La quota crescente di miner che utilizzano energie rinnovabili e riconvertono l’inquinamento da metano proveniente dai pozzi di gas e petrolio per alimentare le macchine, limitando così le emissioni di gas serra, sarebbe sufficiente per essere il titolo di qualsiasi conferenza mondiale sui cambiamenti climatici. Ma negli stati progressisti come New York, i legislatori preferiscono ignorare questa realtà.

Questa stessa mentalità guida il desiderio della senatrice Warren di aumentare la sorveglianza su ogni singola transazione di Bitcoin e questo risulterebbe un precedente pericoloso.

Donare criptovalute a un ente di beneficenza pro-choice o a un gruppo di attivisti per l'ambiente potrebbe rendere qualcuno un bersaglio facile per politici che si oppongono a queste cause. Le nonne esperte di tecnologia che inviano regali in Bitcoin ai loro nipoti, o i lavoratori che scelgono di ricevere i loro stipendi in Bitcoin, verrebbero trattati come criminali. Elevare il potere dello stato a questo livello, riducendo al contempo le nostre libertà individuali, è tutt’altro che progressista.

Anche se non è affatto così mainstream come speravano i suoi sostenitori, Bitcoin è stato creato a causa dei difetti insiti nel sistema bancario tradizionale. Usare regolamenti e leggi per strangolare il sistema bancario 2.0 non solo non coglie il punto, ma cancella l’opportunità per milioni di americani che desiderano un’alternativa.

I nostri funzionari politici dovrebbero moderare il loro istinto di regolamentare una nuova tecnologia come Bitcoin; il progresso tecnologico dovrebbe essere una parte inestricabile di un’agenda pro-crescita nelle aule politiche e Bitcoin ne è solo un esempio. Le criptovalute potrebbero raggiungere un’adozione più ampia, oppure potrebbero fallire, ma meritano l’opportunità di provarci. Lo stato dovrebbe in ogni circostanza essere neutrale dal punto di vista tecnologico: non dovrebbe cercare di scegliere i vincitori o i perdenti in una qualsiasi industria nascente.

I legislatori progressisti potrebbero non aver bisogno di Bitcoin quotidianamente, ma ci sono milioni di altri che trarrebbero grande beneficio dalla possibilità di poterlo utilizzare.

Usare i crimini di exchange politicamente connessi come FTX per raffreddare l’innovazione in questo settore e regolamentarlo, priverebbe molti americani di una nuova tecnologia che potrebbe cambiare le loro vite in meglio. Questa è la cosa più lontana dal progresso e limiterebbe gravemente la nostra capacità d'imprenditorialità, innovazione e prosperità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 22 agosto 2023

Stato e controllo dell'inquinamento: storia di un fallimento

 

 

di Timothy D. Terrell

In oltre venticinque anni di insegnamento agli studenti universitari, ho sentito innumerevoli volte lo stesso ritornello: il libero mercato ha molti problemi che tocca allo stato risolvere. Infatti gli studenti si aspettano che stato "intervenga" così spesso che i mercati occupano un ruolo periferico nel loro sistema economico idealizzato. Anche gli studenti con una predilezione ideologica verso il libero mercato saranno pronti a sostenere che alcuni problemi, come l'inquinamento, richiedono un'ampia regolamentazione statale e probabilmente un'abbondante spesa pubblica.

Ciò non sorprende affatto, dato che gli studenti universitari sono stati bombardati da racconti di soluzioni statali a problemi sociali da parte di mezzi d'informazione, insegnanti e genitori. Quando sentono parlare di "fallimento del mercato" nella loro prima lezione di economia, non ci vuole molto affinché si convincano che il libero mercato sia nel migliore dei casi impraticabile e nel peggiore una debole motivazione per lo sfruttamento capitalista. I libri di testo di economia più venduti a livello universitario fanno poco per contrastare queste percezioni e la maggior parte dei professori non si discosterà molto da tali testi.

La maggior parte dei libri di testo sui principi della microeconomia e della microeconomia intermedia dedica almeno un capitolo al fallimento del mercato, il quale include tipicamente il "potere di mercato" (si pensi al monopolio), la fornitura inadeguata di "beni pubblici" (beni che il settore privato presumibilmente non produrrà a sufficienza perché incapace di far pagare gli utenti) e le "esternalità" (gli effetti collaterali non intenzionali dell'attività umana sugli astanti, come l'inquinamento). Mentre i libri di testo di solito contengono qualche riconoscimento del fatto che gli stati non sono all'altezza dei modelli di efficienza idealizzati, è raro che venga dedicato spazio proporzionale al "fallimento dello stato" ed è facile per gli studenti concludere che l'intervento statale è la risposta alle carenze quasi onnipresenti dei mercati.


Gli apologeti della regolamentazione ambientale

I problemi con la teoria del monopolio e gli errori del pensiero mainstream sui beni pubblici sono stati affrontati altrove. Nella mia esperienza, le esternalità, in genere i problemi ambientali, si sono rivelate una delle sfide più difficili per gli studenti che cercano di comprendere i mercati e lo stato. I problemi di inquinamento non richiedono l'intervento dello stato?

Tipicamente la sezione sulle esternalità contiene alcuni diagrammi che mostrano la differenza tra costi (o benefici) privati ​​e costi (o benefici) sociali. Il diagramma delle esternalità negative di solito è simile al Grafico 1, con il costo privato marginale (MPC), il costo sociale marginale (MSC) e il beneficio privato marginale (MPB). Gli studenti sono quindi indirizzati ad osservare la differenza tra la quantità ottimale di output (Q*) del bene che si traduce nell'esternalità negativa e la quantità di output prodotta nel mercato (QM). Qualsiasi produzione eccedente Q* aggiunge più costi che benefici, creando una perdita netta denominata "perdita secca". La presenza di questa perdita secca è ritenuta una prova del fallimento del mercato e gli autori normalmente procedono a valutare vari modi in cui lo stato può spingere il mercato verso Q*.

Grafico 1: la differenza tra costi e benefici nella quantità di output risultante in esternalità negative

Walter Block ha sostenuto che ci sono problemi con il consueto trattamento delle esternalità come fallimento del mercato. Se il destinatario dell'inquinamento non è in grado d'essere indennizato dai danni o ottenere un'ingiunzione da un tribunale — il rimedio tipico prima della metà del diciannovesimo secolo circa — allora non si tratta di un fallimento del mercato, ma del fallimento dello stato nel difendere i diritti di proprietà. Una volta diligenti nella protezione dei diritti di proprietà, i tribunali iniziarono a indebolire queste protezioni a metà del 1800. Un esempio è il caso del 1866, Ryan v. New York Central Railroad Co. (35 NY 210), in cui una ferrovia non era ritenuta responsabile per la perdita di una casa che era stata incendiata dalle scintille della vicina legnaia della ferrovia, bruciata per negligenza della compagnia. La protezione del tribunale mostrò la sua forza solo molto tempo dopo. Come sottolineò Jonathan Adler riguardo un famoso caso del 1913 a New York, Whalen v. Union Bag and Paper Co. (208 NY 1): “La più alta corte dello stato ha confermato un'ingiunzione che chiudeva una cartiera da $1 milione che impiega diverse centinaia di lavoratori al fine di proteggere i diritti ripariali di un singolo agricoltore”.

Poiché la legge emanata dai tribunali per risolvere i conflitti su problemi come l'inquinamento è stata sempre considerata inadeguata per affrontare le esternalità, gli interventi dello stato hanno generalmente assunto tre forme:

  1. regolamentazione di comando e controllo;
  2. tasse sulle emissioni;
  3. sistemi cap-and-trade (permessi scambiabili).

La regolamentazione di comando e controllo è impopolare presso molti economisti a causa della sua tendenza a richiedere riduzioni delle emissioni in modi poco flessibili e quindi più costosi. È anche particolarmente suscettibile al "capitalismo clientelare", poiché i lobbisti del settore possono spingere le burocrazie normative a imporre tecnologie che tengano fuori i concorrenti. Molto più attraenti per gli economisti sono le tasse sulle emissioni e i permessi scambiabili.

Le tasse sulle emissioni (a volte chiamate tasse pigouviane dal nome dell'economista di Cambridge Arthur Cecil Pigou, uno studente di Alfred Marshall) hanno guadagnato nuova attenzione come parte della politica climatica. Negli ultimi anni sono apparse numerose proposte per una tassa federale sull'anidride carbonica, incluso il "Green New Deal", e anche alcuni che affermano di essere libertari le hanno spalleggiate. I sistemi di permessi scambiabili sono in uso negli Stati Uniti da decenni, in particolare con l'Acid Rain Program dell'Environmental Protection Agency che ha iniziato a mettere all'asta i permessi sull'anidride solforosa nel 1993. I sistemi di permessi scambiabili suscitano un certo fascino nei confronti degli economisti favorevoli al mercato perché, dopo tutto, vengono scambiati in un mercato. Peccato però che sia un finto mercato, dato che l'offerta dei permessi viene dettata dai regolatori.

La maggior parte degli economisti sembra favorire l'una o l'altra di queste linee di politica, tuttavia sia le tasse sulle emissioni che i sistemi di permessi scambiabili soffrono di problemi critici.


Il problema del calcolo dell'inquinamento

In primo luogo, lo stato non ha modo di determinare i costi causati dall'inquinamento, né ai fini dell'imposizione di una tassa né per la creazione di un limite alle emissioni. Facendo riferimento al diagramma nel Grafico 1, non c'è modo di trovare MSC, il che significa che lo stato non può sapere a quanto fissare la tassa e un sistema di permessi scambiabili non avrà informazioni utili su quanti permessi dovrebbero essere creati.

Questo problema di calcolo è stato a lungo trattato e James Buchanan lo spiegò in Cost and Choice:

Si consideri, in primo luogo, la determinazione dell'importo dell'imposta correttiva da imporre. Tale importo dovrebbe essere pari ai costi esterni che altri oltre al decisore devono sostenere in conseguenza della decisione. Questi costi sono sostenuti da persone che possono valutare le proprie perdite di utilità risultanti. [...] Per stimare l'entità dell'imposta correttiva, tuttavia, è necessario porre alcune misurazioni oggettive su questi costi esterni. Ma l'analista non ha punti di riferimento con cui poter proporre stime plausibili. Poiché le persone che sopportano questi “costi” – quelle che sono esternamente interessate – non partecipano alla scelta che genera i “costi”, non c'è modo di determinare, anche indirettamente, il valore che attribuiscono alla perdita di utilità che potrebbe essere evitato.

Come afferma succintamente Art Carden: “Le informazioni necessarie per sapere se una particolare normativa 'funziona' non esistono, e la differenza fondamentale tra aziende e stati è che le aziende [...] hanno test di mercato affinché possano prendere le loro decisioni. Gli stati no”.

Tuttavia economisti e policymaker continuano a fingere che le informazioni necessarie siano alla loro portata, o che tale criticità possa essere tranquillamente ignorata. William Baumol, scrivendo sulla prestigiosa American Economic Review nel 1972, ammise i problemi d'informazione nelle tasse pigouviane:

Nonostante la validità, in linea di principio, dell'approccio agevolativo della tradizione pigouviana, in pratica esso soffre di serie criticità. Dato che non sappiamo come stimare l'entità dei costi sociali, non abbiamo nemmeno i dati necessari per attuare le proposte pigouviane di agevolazioni fiscali. Ad esempio, una parte molto consistente del costo dell'inquinamento è psichico; e anche se sapessimo valutare il costo psichico di un individuo, abbiamo poche speranze di affrontare effetti così diffusi sulla popolazione.

In seguito osserò anche: “Non sappiamo come calcolare le tasse e i sussidi richiesti e non sappiamo come approssimarli per tentativi ed errori”.

Sfortunatamente Baumol ignorò questi problemi e propose di agire “sulla base di una serie di standard minimi di accettabilità”, in modo da trovare “un livello massimo di un dato inquinante che fosse considerato soddisfacente”. Ovviamente stava nascondendo il problema dell'informazione (quanto è "accettabile" o "soddisfacente"?) sotto il tappeto, cosa che ammise anche. “Ma”, sosteneva Baumol, “se ci lasciamo paralizzare dai consigli di perfezione, potremmo avere più motivi per rammaricarci”. In altre parole, è meglio fare qualcosa per ridurre l'inquinamento piuttosto che non imporre alcun limite. Baumol, e coloro che ancora oggi propugnano tasse sulle emissioni o permessi scambiabili, non riescono a vedere che anche all'interno del loro quadro analitico problematico, è facilmente possibile sovrastimare MSC e quindi "correggerlo eccessivamente" con tasse troppo alte o limiti di emissione troppo bassi, aumentando (invece di diminuire) la dimensione del triangolo di perdita secca (si veda il Grafico 2). Inoltre non riescono ad apprezzare l'efficacia della legge sulla responsabilità civile e sul fastidio nella prevenzione delle violazioni ambientali. Murray Rothbard ci ricordò il valore di questo approccio decentralizzato e basato sui tribunali (la common law) nel suo saggio del 1982: Law, Property Rights, and Air Pollution.

Grafico 2: Gli effetti sulla quantità di produzione di sovraimposte sulle esternalità negative


(In)giustizia ambientale

La seconda grande criticità è che né le tasse sulle emissioni né i permessi scambiabili hanno un modo chiaro per risarcire le vittime dell'inquinamento per le perdite che continuano a subire. Le multe, o i proventi delle aste sui permessi, vanno allo stato, non a chi sta subendo l'inquinamento. Infatti tutto l'apparato del diritto ambientale autoritario che si è sviluppato nel corso degli anni, che si tratti di comando e controllo o di qualche altro tipo di regolamentazione, non è riuscito a proteggere i diritti di proprietà dei vicini di chi inquina. Obbligare uno scrubber su una centrale elettrica a carbone, o tassare l'anidride solforosa, non fa nulla per compensare qualcuno che potrebbe ancora essere influenzato negativamente dalle emissioni rimanenti. Inoltre se i permessi di emissione nell'ambito di sistemi di permessi scambiabili vengono scambiati tra inquinatori in aree diverse, le emissioni si sposteranno dai vicini di un inquinatore a quelli di un altro senza alcuna compensazione per questi ultimi. La giustizia richiederebbe che l'impresa acquisisca i permessi per aumentare il risarcimento ai suoi vicini proporzionalmente all'aumento dell'inquinamento che emetterà, mentre l'impresa che li vende dovrebbe ridurlo ai suoi vicini. Quindi se i diritti di proprietà sono protetti, l'impresa che acquisisce i permessi verrebbe pagata dall'impresa che li vende, poiché l'acquirente accetta l'onere di risarcire i suoi vicini. Tuttavia i sistemi di permessi di emissione scambiabili producono l'opposto: l'impresa che acquisisce i permessi paga l'impresa che li vende. I guadagni per alcuni attori e le perdite per altri sono considerati irrilevanti.

Ciò presenta problemi etici significativi, sebbene la maggior parte degli economisti sembri disposta a ignorarli e perseguire il punto sfuggente della cosiddetta "efficienza sociale". Come scrisse Murray Rothbard in Law, Property Rights, and Air Pollution: “Anche se il concetto di efficienza sociale fosse significativo, non risponde alle domande sul perché l'efficienza dovrebbe essere la considerazione prevalente nello stabilire i principi giuridici, o perché le esternalità dovrebbe essere interiorizzate al di sopra di ogni altra considerazione”. Alla stessa conclusione sono giunti Robert McGee e Walter Block: i permessi di emissione scambiabili, nonostante alcuni vantaggi in termini di efficienza rispetto alla regolamentazione di comando e controllo, “comportano una violazione fondamentale e pervasiva dei diritti di proprietà” e questa forma di "socialismo di mercato" dovrebbe essere sostituita con la common law che invece li tutela rigorosamente.


A chi interessa l'efficienza?

Anche se mettiamo da parte il problema dell'informazione e il problema etico, non è chiaro perché dovremmo aspettarci che lo stato persegua il risultato più efficiente. I politici e le burocrazie hanno i propri obiettivi: in genere i politici vogliono essere eletti e i burocrati vogliono budget più ampi con cui giocare. Di fronte alla pressione implacabile dei gruppi di pressione che non si preoccupano particolarmente dell'efficienza economica complessiva, i politici ignoreranno volentieri qualsiasi cosa i professori di economia abbiano detto sul costo sociale marginale; le organizzazioni ambientaliste non saranno inclini a smettere di chiedere tagli alle emissioni anche quando Q* — anche se sapessimo di cosa si tratta — verrà raggiunto; i produttori di gas naturale vorranno tasse sull'anidride carbonica tanto alte da svantaggiare i loro concorrenti, ma non abbastanza alte da spingere i servizi elettrici verso l'energia nucleare. In un tale ambiente di gruppi d'interesse in competizione, il risultato Q* da manuale si manifesterebbe solo in rari casi.

Faremmo bene, quindi, a scartare le teorie "basate sull'efficienza" che impongono richieste d'informazioni impossibili e che si basano sull'altruismo da parte dei policymaker. Come hanno sottolineato Ed Stringham e Mark White, seguendo Murray Rothbard:

Le teorie utilitaristiche in generale soffrono di questi problemi di calcolo, ma le teorie deontologiche, come i sistemi etici basati sui diritti, no. In tali teorie le decisioni giuridiche verrebbero prese sulla base di nozioni di giustizia piuttosto che di efficienza, e i giudici non dovrebbero affrontare il non invidiabile compito di calcolare le conseguenze economiche, in tutti i possibili stati del mondo, in tutte le loro possibili azioni.

Ci sono altri problemi con le tasse sulle emissioni e gli schemi dei permessi scambiabili oltre ai molti che ho menzionato in questo articolo. Ad esempio, Bob Murphy ha dimostrato che anche una carbon tax “neutrale rispetto alle entrate” è “probabile [...] che imponga una perdita secca maggiore, compensando parte dei potenziali benefici ambientali”. Inoltre le proposte per una tale tassa — che nell'effettivo è una patrimoniale — sono piene di affermazioni fuorvianti e sarebbe distruttiva per la crescita economica. Inoltre dato che molte di queste proposte hanno lo scopo di prevenire danni che potrebbero teoricamente verificarsi in un lontano futuro, possiamo sapere ancora meno sulle capacità e sulle priorità dei nostri remoti discendenti, e i costi potrebbero ancora gravare sulle generazioni future prima che si possano materializzare i presunti benefici.

Lo stato non può realizzare un miglioramento, rispetto ai risultati del libero mercato, con le tasse sulle emissioni e i permessi scambiabili sulle emissioni, anzi potrebbe facilmente peggiorare le cose. Come abbiamo visto, lo stato non ha le informazioni di cui avrebbe bisogno per identificare quale livello d'inquinamento è efficiente per un'intera società, e comunque i funzionari statali non hanno gli incentivi per essere particolarmente interessati all'efficienza. Affrontare le ricadute ambientali sulla base dei diritti, piuttosto che di un'incoerente “efficienza sociale”, è una posizione più difendibile, sia sul piano pratico che etico. Un rinnovato apprezzamento per la libertà e la common law farebbero molto per recuperare le tutele dei diritti di proprietà e ridurre i problemi dell'inquinamento.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 15 settembre 2021

A volte aiutare le persone è la peggior cosa che possiate fare

 

 

di Jeffrey Tucker

Nell'affascinante stazione ferroviaria di Hudson a New York, alcuni volontari vendono tazze di caffè a $1. L'idea è quella di raccogliere fondi per un'organizzazione benefica dedicata ai bambini. Accettano solo contanti, ma non tutti portano con sé contanti.

"Lasciate mai che le persone prendano un caffè con la promessa che vi pagheranno più tardi?", ho chiesto.

"Sì, e la maggior parte lo fa, ma alcune persone no", dice il cassiere. "Scopriamo chi è chi e quando qualcuno approfitta della nostra generosità, gli diciamo: 'Niente tazza di caffè, la prossima volta porta i contanti'. La volta dopo li portano".

Ho tagliato lì la conversazione, ma c'era una verità universale: aiutare le persone non è sempre una buona cosa. Spesso l'aiuto è ottimo, ma altrettanto spesso no. A volte non bisogna dare quell'aiuto per ispirare le persone a fare la cosa giusta. Gli incentivi contano, ma impostateli in modo errato ed i vostri tentativi di aiutare le persone possono effettivamente ferirle a lungo termine.

L'economista James Buchanan coniò il concetto del "Dilemma del samaritano", ispirato dalla parabola biblica in cui un generoso mercante aiutava un uomo ferito. Gli pagava le spese mediche e lo rimetteva in sesto. Un buon uomo.

Ma immaginiamo una seconda parte. La voce si sparge e la prossima volta che il samaritano percorre la stessa strada, ci sono tre, quattro e cinque persone che hanno bisogno di denaro, cure mediche e un posto sicuro dove passare la notte. Li aiuta e poi si moltiplicano per dieci durante il viaggio successivo. Ben presto il problema diventa evidente: per riaggiustare gli incentivi, il samaritano deve dire di no. Deve negare l'aiuto: per aiutare, deve smettere di aiutare.

Questa è una decisione molto difficile. L'aiuto non può essere illimitato e non ci si può aspettare altrimenti perché diventerebbe abuso del buon cuore della persona in questione e contrario agli interessi del ricevente.

I genitori lo capiscono quando devono crescere i figli. Ad un certo punto bisogna negare l'aiuto finanziario per ispirarli all'indipendenza. È uno dei momenti più difficili nella vita di un genitore: andare controcorrente. Bisogna terminare il supporto in modo che il figlio possa trovare modi creativi per vivere in modo indipendente. A loro non piace, inizialmente, ma li ringrazieranno più tardi per aver fatto la cosa giusta.

L'aiuto non può essere illimitato se si vuole veramente che sia utile. Sapere quando e come farlo è un'arte, non una scienza. Richiede un'attenta sperimentazione caso per caso. C'è un momento nel flusso dell'assistenza finanziaria in cui si smette di aiutare e si inizia a sovvenzionare l'ozio e gli abusi. Per la maturità, per la decenza umana, per il rispetto di sé, alla fine bisogna assolutamente arrivare al punto in cui l'aiuto deve smettere del tutto.

La lezione si applica ad una vasta gamma di attività umane.

Avete due fratelli. Uno è bravo con i soldi, paga i suoi debiti e ha bisogno di un prestito veloce. Nessun problema. L'altro spreca soldi ed è indietro con le bollette. Prestargli denaro perpetua il problema. Li amate entrambi, abbastanza da non consentire scelte sbagliate.

La stessa cosa vale con le politiche pubbliche. Se si sovvenziona l'assicurazione contro le catastrofi per le aree soggette ad inondazioni, si finisce per disincentivare le persone dal sostenere l'intero costo dei rischi. Se si garantisce un'assicurazione indipendentemente dai rischi in qualsiasi area della vita, si rimuove la ricompensa per la riduzione dei rischi. Se si garantisce che i depositanti riceveranno sempre indietro i loro soldi tramite finanziamenti statali, si renderanno le banche meno simili alle imprese soggette a profitti e perdite. Aiuti esteri: è lo stesso.

Tutto ciò che viene reso troppo grande per fallire, diviene inefficiente e privo di fattibilità indipendente.

Oppure pensate al problema dei senzatetto. Molte città hanno scoperto che cercare di aiutarli è fantastico, ma troppo aiuto ne attrae di più. Il problema che si cerca di risolvere peggiora. La prossima cosa che succede è un'intera tribù che viene da ogni parte per vivere della benevolenza della città. Anche il socialista più convinto finisce per ripensare a questo approccio incondizionato.

Aiutare va bene, ma come dice il proverbio il troppo stroppia.

Questo concetto vale anche nella vita spirituale. San Giovanni della Croce scriveva della lunga notte oscura dell'anima. Quando siamo nuovi nella fede, Dio ci tratta come bambini provvedendo a tutti i nostri bisogni. È amorevole. Man mano che maturiamo nella fede, quella vicinanza e quella cura vengono gradualmente ritirate. Dobbiamo stare in piedi da soli. Alla fine arriva il giorno in cui viene tolto il sostegno, proprio per poter crescere nella forza della fede che abbiamo sviluppato da soli. È una lunga notte buia. Madre Teresa lo sperimentò, forse anche voi.

Questa non è un'idea radicale, tanto meno crudele. Se state sempre a pulire dopo che i vostri coinquilini sporcano, non si assumeranno mai la responsabilità dei propri pasticci. Se le persone che corrono rischi scalando l'Everest vengono sempre salvate a spese pubbliche, gli avventurosi non calcoleranno correttamente i costi dei rischi che si stanno assumendo. Questo è il motivo per cui gli escursionisti dovrebbero pagare per i propri salvataggi.

Sembra crudele? Non proprio. A volte bisogna negare l'aiuto per incentivare un corretto processo decisionale.

Non esiste una regola ferrea su quanto aiuto sia troppo, nessun punto preciso in cui si va oltre e peggiorate il problema che state cercando di risolvere.

Tuttavia è assolutamente sciocco non ammettere che il dilemma del samaritano sia reale. Fa parte della vita come la conosciamo ed è il grande problema che deve affrontare chiunque cerchi di fare del bene.

Il che ci porta alla propensione della sinistra a promettere tutto gratis: assistenza sanitaria gratuita, scuola gratuita, reddito gratuito, lavori illimitati. Nessun problema, grazie alle tasse illimitate e alla stampante monetaria del sistema bancario centrale. Nessun limite. Generosità onnipresente, illimitata, per sempre! Se siete contrari, siete cattivi e crudeli.

Non è così, siete invece una persona razionale. Riconoscete che il problema di negare l'aiuto è una delle decisioni più difficili che affrontiamo nel trattare con gli altri. Lo stato è terribile in questo. Non è che stia giocando a fare Dio, perché, come disse San Giovanni della Croce, anche Dio ci dice di no. Questo parlare di aiuto senza fine deriva da una fonte diversa.

Non dovremmo buttare via il nostro buon senso quando l'argomento è la politica statale. L'approccio dell'aiuto incondizionato, indipendentemente dai risultati, non funziona nella vita privata. Quanto è peggio quando i contribuenti pagano il conto?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 7 giugno 2021

Le premesse farlocche per espandere lo stato amministrativo

 

 

di Ethan Yang

Negli Stati Uniti ci sono due modi in cui il governo esercita il potere sui suoi cittadini. Il primo è attraverso il processo legislativo: i rappresentanti eletti nella legislatura votano un disegno di legge e il presidente lo approva o pone il veto. Questo è principalmente il modo in cui le leggi dovrebbero essere approvate in una democrazia rappresentativa. Poi c'è il processo amministrativo di regolamentazione, gestito principalmente da burocrati non eletti che forniscono un livello di competenza tecnocratica. Tali agenzie includono organizzazioni come l'Environmental Protection Agency, il Department of Education, il Department of Motor Vehicles e così via. Queste agenzie esistono per stabilire regole marginali ed assicurarsi che le leggi approvate dal Congresso, che è composto da rappresentanti democraticamente eletti, adempiano al loro scopo previsto.

Ovviamente oggi non è così. Le agenzie amministrative sono praticamente diventate un organo di governo che opera in modo indipendente, esercitando il controllo sulla popolazione senza responsabilità democratica o trasparenza. Philip Hamburger, nel suo lavoro intitolato Is Administrative Law Unlawful?, osserva che:

Il diritto amministrativo ha ormai sminuito il diritto statutario ed è diventato la modalità pervasiva del governo federale di trattare con il pubblico. Pertanto, piuttosto che un semplice mezzo per completare il lavoro del Congresso e dei tribunali ai margini, il potere amministrativo è diventato centrale.

In un precedente articolo ho riassunto l'ascesa dello stato amministrativo da una manciata di agenzie all'inizio della repubblica alla sua struttura attuale dove ci sono più agenzie federali che funzionari eletti nella Camera dei Rappresentanti. L'ascesa dello stato amministrativo risale alle visioni progressiste di uomini come Woodrow Wilson e Franklin Roosevelt, mentre ha sperimentato una rapida espansione negli anni '70. Gran parte dello stato amministrativo moderno è un prodotto dell'amministrazione Obama. Peter Wallison cita l'illustre giurista Christopher DeMuth quando scrive che:

Negli anni della presidenza Obama, osserva DeMuth, l'espansione del potere esecutivo è diventata essenzialmente illegale: "La partenza più drammatica dal governo esecutivo negli anni successivi al 2008 è stato l'unilateralismo: le agenzie esecutive, e spesso il presidente Obama personalmente, hanno effettuato una serie di cambiamenti in violazione di requisiti legali ragionevolmente chiari, spesso per il fatto che il Congresso non li aveva messi in atto".

L'espansione dello stato amministrativo ne avrebbe inevitabilmente giovato. La crescita dell'apparato normativo si è basata sull'idea che a volte il legislatore è troppo lento e troppo diviso per approvare leggi per una società migliore. In pratica, la sua crescita unilaterale e il suo potere sono semplicemente un modo rapido di stipare un'agenda politica dal più alto livello di governo.

Questa spiegazione è supportata dalla recensione di un libro in difesa dello stato amministrativo, pubblicata dalla Harvard Law Review e che si apre con la seguente dichiarazione:

Parlando alla Yale Law School nel 1938, il preside James Landis espose una potente difesa del New Deal del presidente Franklin Roosevelt, e in particolare della sua innovazione di nuove agenzie amministrative federali. "Il processo amministrativo", dichiarò Landis, "è, in sostanza, la risposta della nostra generazione all'inadeguatezza del processo giudiziario e legislativo".

L'articolo include la contro-argomentazione scrivendo:

L'eminente Dean Roscoe Pound, allora presidente di una commissione speciale dell'American Bar Association che valutava l'ascesa dello stato amministrativo sulla scia del New Deal, considerava la mescolanza di funzioni legislative, esecutive e arbitrali in agenzie come la Securities and Exchange Commission (SEC) – che Landis stesso aveva progettato e poi presieduto – come l'equivalente di un "assolutismo amministrativo".

Oggi, con l'ampia autorità normativa che le agenzie amministrative possiedono, le paure di Dean Pound sini pienamente materializzate. Ecco un articolo pubblicato da Ascent sulla regolamentazione finanziaria:

Il 50% degli intervistati in un sondaggio della Risk Management Association ha dichiarato di spendere il 6-10% delle proprie entrate in costi di conformità. Le grandi aziende riferiscono che il costo medio per continuare ad essere conformi con le norme è di circa $10.000 per dipendente. Le banche commerciali e le grandi società di brokeraggio con oltre 20.000 dipendenti potrebbero finire per spendere oltre $200 milioni in conformità ogni anno [...].

Sebbene sorprendenti, anche questi numeri mostrano solo un'istantanea. Non riescono a catturare l'accelerazione del cambiamento normativo e il livello di complessità normativa, entrambi esplosi nell'ultimo decennio. Il cambiamento normativo è aumentato del 500% sin dalla crisi finanziaria del 2008 e, senza sorprese, ha aumentato i costi normativi nel processo.

E questo solo sulla regolamentazione finanziaria. Lo stato amministrativo continua ad espandersi in vasti settori dell'economia, imponendo regole spesso complicate, costose e controproducenti. In una recensione del libro dello studioso di diritto Richard Epstein, The Dubious Morality of Administrative Law, la Federalist Society scrive:

Questo fallimento è strettamente connesso al moderno clima normativo, in quanto gli statuti federali impongono "sistemi globali di controllo statale sull'ambiente, sullo sviluppo di farmaci, sulle telecomunicazioni e sui rapporti di lavoro, ecc.", dando alle agenzie governative ampi poteri di intervento. Debole tutela dei diritti di proprietà e ampie concessioni di autorità normativa consentono alle agenzie governative di regolamentare ampie aree dell'economia senza un sufficiente riguardo per gli interessi delle entità regolamentate.

Nel suo libro, Simple Rules for a Complex World, Epstein delinea i gravi problemi causati dall'espansione dello stato amministrativo in tutti i settori della vita economica e sociale. Sostiene il passaggio netto ad un insieme più semplicistico di regole primarie (es. protezione dei contratti, degli scambi e dei diritti individuali), consentendo al contempo alla discrezione privata di funzionare ininterrottamente nella misura in cui non viola tali regole. Questo punto di vista è anche congruo con quello del Premio Nobel Elinor Ostrom, il cui lavoro pluripremiato ha coperto il modo in cui la distribuzione condivisa del potere tra attori privati ​​e pubblici porti a risultati di gran lunga migliori rispetto a quando è esercitata da una singola entità. Il governo dovrebbe stabilire alcune regole operative di base, ma il processo decisionale dovrebbe essere ampiamente disperso nel settore privato e lasciato alle interazioni volontarie.


La tesi discutibile per l'espansione dello stato amministrativo

Oggi c'è un dibattito simile a quello che c'era nel XX secolo sul pericolo o sulla necessità di potenziare il braccio burocratico dello stato. Oggi sembra che la necessità di un apparato normativo in continua crescita si riduca di giorno in giorno man mano che il danno si fa più evidente. Per riassumere questa tesi, K. Sabeel Rahman scrive per la Harvard Law Review:

Se siamo nel bel mezzo di una “Terza Ricostruzione” che cerca di realizzare le aspirazioni per l'inclusione economica, razziale e di genere dopo gli alti e bassi del ventesimo secolo, lo stato amministrativo sarà una fonte istituzionale di potere e politica.

È chiaro che lo stato amministrativo non rende la società più efficiente e non la rende più innovativa. Si può sostenere che non lo renda nemmeno più sicura, ma può modellarla in modo "più democratico" e raggiungere gli obiettivi politici.

Questa tesi è viziata in due punti, una pratica e l'altra filosofica. Il difetto pratico è che spesso la maggior parte dei regolamenti non funziona come previsto e non raggiunge l'obiettivo di rendere la società un luogo più equo. In genere inducono solo maggiori costi e difficoltà per gli individui che devono conformarsi, andando invece a beneficio di interessi economici radicati come le grandi società ed i sindacati.

Basta guardare ai sindacati dei taxi per vedere quali pressioni sono state esercitate affinché venissero regolamentate le app come Uber. Questo ha poco a che fare con il miglioramento della sicurezza pubblica e invece serve ad incrementare il potere dello stato amministrativo in modo che elimini la concorrenza a spese della società. Chris Edwards, uno studioso del Cato Institute, cita uno studio condotto dalla National Association of Manufacturers:

Nel settore manifatturiero si è scoperto che i costi normativi per dipendente per le piccole imprese sono del 152% superiori ai costi per le grandi imprese.

Una tale dinamica è emblematica negli effetti regressivi di politiche progressiste. C'è anche la consapevolezza derivante dalla teoria della public choice, secondo cui lo stato non è composto da angeli ma da esseri umani con limitazioni su ciò che possono realizzare e limitazioni sulla loro integrità. Dare un potere sempre maggiore alle agenzie di regolamentazione credendo che raggiungeranno i loro obiettivi e gestiranno la società meglio di quanto si possa gestire da sé è un'idea profondamente sbagliata.

Il secondo, e forse il più importante difetto della tesi secondo cui lo stato amministrativo è necessario per modellare democraticamente la società, è il fatto che un tale mandato non solo è imperfetto, ma non esiste. Lo stato amministrativo è spesso basato sull'idea che gli interessi economici debbano essere combattuti in modo da promuovere l'interesse pubblico; tuttavia il nocciolo della questione è che l'interesse pubblico è solo una parola vuota che invece sottende un interesse politico arbitrario. Non si può assolutamente giustificare l'idea che la vasta espansione dello stato amministrativo nella vita economica e sociale sia nell'interesse del pubblico in generale. Sia che la causa sia l'applicazione della parità di genere o razziale, la ridistribuzione del reddito, lo scoraggiamento del consumo di zucchero, l'obbligo di pregare, il divieto del mentolo o la forzatura delle persone a fare esercizio, tali "interessi pubblici" sono semplicemente l'obiettivo di coloro che sono al potere e dei gruppi con interessi specifici che li sostengono.

Gli interessi politici arbitrari dovrebbero essere messi in atto attraverso il processo legislativo in cui possono essere discussi, controllati e i loro architetti alla fine ritenuti responsabili. Rivolgersi allo stato amministrativo, che può agire come giudice, giuria e carnefice, per far passare la propria visione politica non solo mostra un disprezzo per la vita dei singoli cittadini, ma è anche tirannico. È un segno rivelatore di una prospettiva filosofica che valorizza la democrazia liberale solo nella misura in cui promuove i propri obiettivi politici piuttosto che come un sistema che esiste per costruire consenso nella governance proteggendo la libertà individuale. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


martedì 16 marzo 2021

I pericoli insiti nello stato amministrativo

L'articolo di oggi, sebbene sia incentrato sugli Stati Uniti, è universale ed applicabile ad ogni burocrazia del mondo. Soprattutto quella italiana. Il cancro del diritto amministrativo è stato già trattato su queste pagine, andando ad evidenziare come sia l'arma per eccellenza con cui lo stato erode libertà e crea clientes tra la popolazione bassa. Le condizioni "straordinarie" dell'ultimo anno l'hanno praticamente reso chiaro anche a coloro che lo ignoravano. Pensate per un momento alla natura della normativa con cui si sono attuate le peggio nefandezze sulla scia del virus C; pensate anche alla natura delle sanzioni ad esse legate. È sempre stato il diritto amministrativo la fonte del "potere" dello stato, è attraverso di esso che vengono create le illusioni per alimentare lo status quo. Una di queste è il desiderio di entrarvi a far parte, perenne specchietto per le allodole con cui si acquistano consensi e si mantengono "buone" le persone. Le ripercussioni sono evidenti: un popolo di schiavi, incapaci di prendersi la libertà e ridotti a "chiederla". La nota positiva è che questo apparato elefantico, sebbene cresca a dismisura, alla fine imploderà sotto il peso delle sue contraddizioni. Una di queste è mantenere in piedi un sistema improduttivo che fagocita risorse economiche scarse e le spreca; l'ultimo esempio in merito è lo SPID in Italia. Se lo scopo è la semplificazione e la digitalizzazione, ciò significa anche il licenziamento e l'alleggerimento di quei dipartimenti che vengono migliorati. Ma questa è solo una foglia di fico a coprire la verità: sono l'obsolescenza, la staticità e la farraginosità gli elementi che fanno prosperare lo stato ed essi verranno sempre promossi.

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di Ethan Yang

I lockdown avrebbero dovuto mostrare ad ogni americano quanto possono essere tirannici e irragionevoli i nostri leader. Gente come il governatore Cuomo che hanno agito come veri e propri tiranni, alienando tutti, anche quelli del suo stesso partito. Poi ci sono i burocrati non eletti che con efficienza tecnocratica scacciano le nostre libertà con un tratto di penna. Questa è ovviamente una riduzione improvvisa e drammatica delle nostre libertà; non sarei sorpreso se con tanta attenzione da parte della popolazione ormai, verrà fatto un qualche sforzo per annullare gran parte di ciò che è stato approvato sinora. Sebbene i lockdown siano certamente una minaccia esistenziale per le nostre libertà, c'è stato un altro spettro sul quale molti esperti hanno lanciato l'allarme per decenni: la crescita dello stato amministrativo.

La narrativa agghiacciante sulla crescita dello stato amministrativo, che è essenzialmente l'apparato normativo del ramo esecutivo, è solitamente limitata alle professioni specialistiche. Il pericolo sempre presente di un apparato di burocrati in lenta espansione ed irresponsabile che minaccia di strappare la vita alla società e di annegarla in un mare di scartoffie, è tipicamente una preoccupazione che tiene svegli la notte solo gli esperti di politica e gli avvocati. Anche se molti avvocati probabilmente celebrano questa visione distopica, perché beneficiano dai tassi di conformità. Lo stato amministrativo non solo minaccia di rendere la società molto più lenta e tetra con il suo zelante slancio nei confronti della regolamentazione, ma ci rende anche più poveri. Robert Samuelson scrive per il Washington Post che:

Nessuno sa veramente da quanto, ma "ci sono tante prove che la regolamentazione si sia espansa e che questa espansione abbia limitato la crescita economica", come hanno scritto di recente Ted Gayer e Philip Wallach della Brookings Institution. Uno studio stima che la regolamentazione abbia ridotto dello 0,8% il tasso di crescita annuale degli Stati Uniti, il che, se confermato da altri studi, sarebbe una cifra enorme.

Lo stato amministrativo fa riferimento ad organizzazioni come l'Environmental Protection Agency, i Centers for Disease Control, la Federal Trade Commission, il Department of Education, il Department of Justice, l'Internal Revenue Service e tutte le altre agenzie governative a Washington, DC. Se volete vedere quanto è lungo l'elenco delle agenzie, date un'occhiata al Federal register, dove ce ne sono 455. Questo numero è assolutamente sbalorditivo e non avete bisogno di una laurea in scienze politiche come me per dire che la società può funzionare senza la loro supervisione. Un documento di Peter Strauss della Columbia Law School rileva che attualmente ci sono oltre 2 milioni di civili impiegati solo nel governo federale, mentre invece in passato:

Il primo Congresso che si riunì una volta che la Costituzione venne ratificata creò un ufficio postale e dipartimenti della guerra, della marina, degli affari esteri e del Tesoro, ciascuno adatto alle proprie responsabilità; questo nuovo governo impiegava pochi funzionari pubblici per gestire tutti i suoi affari. Il primo conteggio serio di funzionari pubblici federali, nel 1816, riferiva che erano 4.837.

La drastica espansione dello stato amministrativo ha avuto un costo non solo per la nostra libertà, che viene lentamente erosa da un mare di scartoffie e regolamenti, ma indebolisce anche la nostra democrazia. Secondo l'articolo 1 della costituzione, il ramo legislativo o il Congresso dovrebbe essere il principale organo legislativo del nostro governo. Questo perché se ci sono cattive leggi o leggi che alla società non piacciono, possiamo ritenere responsabili persone specifiche. Tuttavia è stato trasferito sempre più potere al ramo esecutivo a causa della crescita dello stato amministrativo. Persino il sistema giudiziario sta perdendo potere a favore dello stato amministrativo dopo l'istituzione di una dottrina legale nota come Chevron Deference, la quale vincola il sistema giudiziario a rimettersi all'interpretazione di una norma da parte dell'agenzia amministrativa, non all'interpretazione costituzionale di un giudice in carica. È facile presumere, quindi, che l'interpretazione favorirà le ambizioni dell'agenzia, non l'integrità della costituzione. Queste e altre questioni costituiscono la base dell'affermazione dello studioso di diritto Richard Epstein secondo cui lo stato amministrativo non è congruo con lo stato di diritto.

La parte peggiore di tutto questo è che la società continua a dire a sé stessa che quelli nello stato amministrativo sono semplicemente umili dipendenti pubblici. Anche se sono sicuro che molti di loro lo siano, la dura realtà è che alla fine è una fonte di reddito e di avanzamento per i burocrati, proprio come i lavori nel settore privato lo sono per tutti gli altri. Questa è l'intuizione di base della teoria public choice: la consapevolezza che i funzionari pubblici non sono angeli, sono umani e seguono la natura umana. Ciò significa che sebbene molti di essi possano pensare di servire il Paese, sono limitati dalle proprie capacità come esseri umani e dai loro desideri. Ciò è dimostrato da un fenomeno noto come sindrome del monumento di Washington: quando un'agenzia governativa è minacciata di un taglio di bilancio o di un congelamento delle assunzioni, evita le restrizioni fiscali per proteggere i propri interessi. La "sindrome del monumento di Washington" prende questo nome perché quando il National Park Service ha dovuto affrontare tagli di bilancio, invece di razionalizzare le sue finanze come una normale azienda privata, ha protestato chiudendo il monumento di Washington piuttosto che adottare misure ragionevoli per ridurre i costi. Nel settore privato c'è un controllo naturale su quanto i lavoratori possono richiedere, come la minaccia di cessazione dell'attività; nel settore pubblico non esistono restrizioni di questo tipo. Questo è uno dei motivi per cui la burocrazia cresce e cresce, prendendo la nostra libertà così come la nostra ricchezza.

Infine c'è il fatto, spesso ignorato, delle persone ambiziose nello stato amministrativo che vogliono farsi un nome a spese dei loro concittadini. Se non ci sono problemi da risolvere, i regolatori cercano di scalare la catena gerarchica creando problemi da risolvere prendendo di mira attori privati ​​innocenti o cercando di pompare i loro curriculum con sanzioni non necessarie. Questo problema è ben noto quando si tratta del sistema di giustizia penale, poiché i pubblici ministeri fanno leva sui patteggiamenti per aumentare le proprie statistiche sulla detenzione, indipendentemente dalla colpevolezza dell'imputato e senza dover mai portare un caso in giudizio, che invece è un diritto costituzionale. Tuttavia questo sistema di incentivi perversi per accumulare vittorie a scapito della società è molto presente nello stato amministrativo, così come quelle agenzie governative che pestano i piedi alle imprese che cercano solo di fornire un buon servizio.

Ho avuto un'esperienza personale con questa dinamica quando ho svolto un tirocinio presso uno studio legale che fornisce servizi pro bono ad entità private perseguite da regolatori dal grilletto facile. Il caso su cui ho lavorato è stato FTC v. D-Link Systems, risolto non trovando alcuna responsabilità per eventuali violazioni. La FTC in questo caso affermava che D-Link Systems era impegnata in pratiche ingannevoli. Tuttavia, a seguito delle indagini è venuto fuori che nessuna normativa era stata violata, né erano stati riscontrati reclami diffusi da parte dei consumatori. La FTC stava essenzialmente facendo di tutto, e soprattutto stava facendo leva su regole vaghe, per perseguire una società in nome dell'avanzamento di carriera. Questo perché non ci sono ricompense quando non si fa nulla. Purtroppo non tutte le aziende private hanno le risorse per combattere contro i regolatori statali zelanti. Peggio ancora, si fa poco per controllare i poteri dello stato amministrativo: infatti molti politici lo vedono come un modo per scaricare le proprie colpe.

Se i lockdown sono un attacco improvviso e brutale alle nostre libertà, l'ascesa dello stato amministrativo è l'assassino silenzioso. Si tiene lontano dai riflettori, sollevando solo allarmi per le comunità che colpisce direttamente e per i fanatici della politica che si divertono ad inveire tutto il giorno su tasse e codici federali. Per la persona media lo stato amministrativo non è un problema finché non lo diventa a tutti gli effetti. Ogni anno cresce e cresce, con pochi incentivi a prendersi cura dei problemi che ha causato al resto della società. È la vera incarnazione del leviatano illustrato da Hobbes. Sebbene ci siano un tempo e un luogo per le agenzie di regolamentazione, oggi hanno superato i loro limiti al punto da diventare giudice, giuria e boia non eletti. Quello che all'inizio della repubblica era una manciata di agenzie esecutive è ora diventato un ampio elenco di dipartimenti senza senso, alcuni con le proprie squadre SWAT e sistemi giudiziari. Lo stato amministrativo non solo prosciuga la nostra ricchezza e soffoca la nostra creatività, ma prosciuga il nostro spirito. Se lasciato incontrollato, trasformerà sicuramente questo Paese di ambiziosi innovatori ed imprenditori in uno in cui pullulano scartoffie ed impiegati pubblici.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/