lunedì 30 novembre 2020

La tempesta di stupidaggini giornalistiche sul virus C

Più a lungo una narrativa fasulla viene portata avanti, più emergono crepe al vaglio critico della stessa. Nell'articolo di oggi Tucker ci parlerà degli USA, in questo cappello io vi parlerò di Inghilterra. Ci viene detto che in Inghilterra, la nazione che spesso viene citata a livello di media mainstream come esempio per far credere agli italiani di non essere soli "nel disastro", ha ospedali e terapie intensive al collasso. Ebbene, ecco i numeri reali (che tra l'altro non vengono snocciolati nemmeno per l'Italia o avviene senza fare distinzione tra capacità "iniziale", "di riserva" e il motivo per cui i degenti sono lì). Continuiamo a smontare la narrativa mainstream riguardo la presunta gravità della situazione. Nel seguente grafico vedrete l'andamento attuale delle morti in UK rispetto ai modelli degli "esperti". Non solo, si potrebbe immaginare che in base alle notizie snocciolate le morti CON virus C siano fuori scala, giusto? Sbagliato. Sono esattamente in trend rispetto a quelle degli ultimi 5 anni. Infine, il paragone tra i tamponi, aumentati del 300% sin dal picco di aprile, e le morti CON virus C che invece sono calate del 60%. Date queste confutazioni, cosa rimane a giustificare il livello di terrore sparso dai media? Con le stesse bugie del primo lockdown, stanno vendendo il secondo. Per ogni omissis o notizia parzialmente vera a livello di media mainstream rappresenterà un chiodo nella bara della loro credibilità.

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di Jeffrey Tucker

Questa ossessione per i casi Covid ha raggiunto l'apice dell'assurdità, specialmente nei media.

Date, ad esempio, un'occhiata al seguente articolo: "I supermercati sono il posto più comune per prendersi il Covid, lo rivelano nuovi dati". È la storia di uno "studio" della Public Health England (PHE) utilizzando la NHS Test and Trace App. Ecco la conclusione: nei sei giorni di novembre studiati "di coloro che sono risultati positivi è stato riscontrato che il 18,3% aveva visitato un supermercato".

Ora, se non capite dove sta l'inganno, significa che dormivate durante l'ora di scienze alle scuole medie. Se l'app avesse incluso anche farsi la doccia, mangiare e respirare, avrebbe scoperto una correlazione del 100%. Sì, le persone che sono risultate positive probabilmente hanno fatto acquisti, così come la maggior parte delle altre persone. Ciò non significa che lo shopping vi faccia prendere il Covid e di certo non significa che lo shopping vi uccida.

Anche se lo shopping è un modo per prenderselo, questo è un virus molto diffuso e per lo più lieve per il 99,8% della popolazione, con un tasso di mortalità per infezione fino allo 0,05% per i minori di 70 anni. Esperti competenti in malattie infettive lo hanno affermato più volte: fare i tamponi, monitorare e isolare sono strategie praticamente inutili per controllare virus come questo.

Lo studio sopraccitato era così scadente ed assurdo che era troppo anche per Isabel Oliver, direttrice del National Infection Service della Public Health England. Infatti ha fatto notare:

Grazie. Uno in meno, ne rimangono altri mille.

Tra di essi c'è anche il New York Times con il seguente articolo: "Gli stati che hanno imposto poche restrizioni ora hanno le situazioni epidemiologiche peggiori". Questa sarebbe un'enorme notizia se fosse vera, perché implicherebbe non solo che i lockdown salvano vite umane (cosa che nessuno studio serio è stato finora in grado di documentare), ma anche che la concessione delle libertà fondamentali alle persone è la ragione delle loro cattive condizioni di salute.

Il pezzo, messo insieme da due grafici e apparentemente molto scientifico, parla di "focolai", cosa che suona abbastanza male: morti ovunque. È strano perché chiunque può guardare i dati e vedere che New York, New Jersey, Massachusetts e Connecticut sono in testa con i decessi per milione di abitanti, principalmente a causa delle vittime nelle case di riposo. Questi erano gli stati che hanno bloccato il più duro e il più lungo. E infatti si stanno chiudendo di nuovo! Le morti per milione di abitanti in stati come il South Dakota sono ancora in basso nella lista.

Come può il NYT affermare che gli stati che non si sono bloccati hanno avuto i peggiori focolai? L'affermazione dipende interamente da una banale scoperta. Qualcuno "intelligente" ha scoperto che se si rimescolano i dati per casi per milione di abitanti invece che per morti per milione di abitanti, si ottiene un risultato opposto. Le ragioni:

  1. Quando il Nordest ha sperimentato l'apice dell'epidemia, c'erano pochissimi tamponi in corso, quindi la malattia non è stata documentata anche se le morti sono aumentate;
  2. Quando il virus ha raggiunto il Midwest, i tamponi erano ampiamente disponibili;
  3. La mania dei tamponi è cresciuta al punto che i non vulnerabili vengono testati a catena, generando alti positivi in ​​aree a bassa popolazione.

Concentrandosi sulla parola "focolaio", il Times può oscurare la differenza tra un risultato positivo della PCR (inclusi molti casi di falsi positivi e forse metà o più asintomatici) e un esito grave. In altre parole, il Times ha documentato un "focolaio" di persone per lo più non malate in aree a bassa popolazione.

Esistono centinaia di modi per esaminare i dati Covid-19. Il Times ha scelto l'unico parametro – il meno importante per discernere se e in che misura le persone sono malate – al fine di generare il risultato che voleva, vale a dire, che gli stati aperti stanno male rispetto agli altri. Il risultato è un grafico che travisa enormemente qualsiasi realtà. Fa sembrare gli stati peggiori fantastici e quelli migliori terribili. La narrativa mainstream è costruita per far sembrare che gli stati aperti stiano sanguinando in modo incontrollabile.

Quanti lettori lo sapranno? Pochissimi, sospetto. La cosa più sorprendente è che lo stesso Times aveva già ridimensionato l'intera narrativa a settembre:

Alcuni dei principali esperti di salute pubblica della nazione stanno sollevando una nuova preoccupazione nel dibattito senza fine sui tamponi: i test standard stanno diagnosticando un numero enorme di persone che potrebbero essere portatrici di quantità relativamente insignificanti del virus.

È improbabile che la maggior parte di queste persone sia contagiosa e identificarle può contribuire a colli di bottiglia che impediscono a coloro che sono contagiosi di essere trovati in tempo [...].

In tre serie di dati che includono soglie di ciclo, compilati da funzionari in Massachusetts, New York e Nevada, fino al 90% delle persone risultate positive al test non portava quasi nessuna traccia del virus.

Tutto ciò porta a chiedersi cosa stia succedendo precisamente in questa relazione tra casi ed esiti gravi. Il Covid Tracking Project ci presenta il seguente grafico, dove i casi sono in blu mentre i decessi sono in rosso.

Nonostante questa storia e questi dati, gli imbonitori del Times si sono messi al lavoro per generare una presentazione altamente fuorviante che porta ad una conclusione: più blocchi.

(Il mio collega Phil Magness ha notato ulteriori problemi metodologici anche nel quadro utilizzato dal Times, ma lascerò che sia lui a scriverlo.)

Affrontiamo infine l'attacco di Salon alla co-creatrice della Dichiarazione di Great Barrington, Jayanta Bhattacharya. Ecco un pezzo in cui si afferma quanto segue riguardo il tasso di mortalità del virus: "La cifra accettata è del 2-3% o superiore". Questo è un numero sorprendente, e fondamentalmente folle: 10 milioni di persone moriranno solo negli Stati Uniti.

Ecco cosa dice il CDC riguardo ai fattori di rischio estremamente disparati in base all'età.

Questi dati non sono in contraddizione con l'Organizzazione mondiale della sanità secondo cui il tasso di mortalità del virus per le persone sotto i 70 anni di età è più vicino allo 0,05%.

L'articolo di Salon afferma inoltre che "l'immunità collettiva potrebbe non essere nemmeno possibile per il COVID-19 dato che l'infezione sembra conferire solo un'immunità transitoria". Eppure il New York Times ha scritto che: "Quanto può durare l'immunità al coronavirus? Anni, forse addirittura decenni, secondo un nuovo studio: la risposta più promettente ad una domanda che ha offuscato i piani per una vaccinazione diffusa".

Otto mesi dopo l'infezione, la maggior parte delle persone che sono guarite ha ancora abbastanza cellule immunitarie per respingere il virus e prevenire la malattia, e lo mostrano i nuovi dati. Un lento tasso di declino a breve termine suggerisce, fortunatamente, che queste cellule possono persistere nel corpo per un tempo molto, molto lungo.

Com'è possibile che le persone prendano decisioni razionali con questo tipo di giornalismo? In verità, a volte sembra che il mondo sia impazzito a causa di una tempesta di false informazioni. Solo la scorsa settimana un intero stato australiano ha chiuso completamente, mettendo tutti i suoi cittadini agli arresti domiciliari, a causa di una falsa denuncia di un caso in una pizzeria. Una persona ha mentito e il mondo intero è crollato.

Nel frattempo una scienza seria mostra quotidianamente che non esiste alcuna relazione, e non c'è mai stata, tra lockdown e vite salvate. Questo studio esamina tutti i fattori legati alla morte CON Covid e trova molte relazioni tra età e salute, ma assolutamente nessuna col rigore dei lockdown. "Il rigore delle misure stabilite per combattere l'epidemia, compreso il lockdown, non è collegato al tasso di letalità", afferma lo studio, facendo eco ad una conclusione di dozzine di altri studi già a marzo.

È diventato tutto... troppo. Davvero, basta adesso. Il mondo è stato fuorviato dai principali organi dei media. I politici continuano a farsi prendere dal panico e ad imporre controlli draconiani, dopo nove mesi, nonostante le montagne di prove del danno che i lockdown stanno causando a tutti. Se a questo punto non avete perso la fiducia nei politici e nei media generalisti, non avete prestato attenzione a ciò che hanno fatto per la maggior parte di questo anno catastrofico. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 27 novembre 2020

Le nazioni unite e l'origine del “Great Reset”



di Antony P. Mueller

Circa 2400 anni fa il filosofo greco Platone descrisse l'idea di uno stato e società in base ad un piano elaborato. Platone voleva "uomini saggi" (filosofi) al timone del governo, ma chiarì anche che il suo tipo di stato avrebbe avuto bisogno di una trasformazione degli umani. Nei tempi moderni i promotori dello stato onnipotente vogliono sostituire i filosofi di Platone con i proverbiali esperti e creare l'uomo nuovo attraverso l'eugenetica, che ora si chiama transumanesimo. Le Nazioni Unite e le sue varie organizzazioni secondarie giocano un ruolo centrale in questo progetto, il quale ha raggiunto la sua fase attuale nell'Agenda 2030 e nel Grande Reset.


Lo sforzo per realizzare un governo mondiale

Il Grande Reset non è arrivato dal nulla. I primi tentativi di creare un'istituzione globale con una funzione governativa furono avviati dal governo di Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti dal 1913 al 1921. Con l'ispirazione del colonnello Mandell House, primo consigliere del presidente e migliore amico, Wilson voleva istituire un forum mondiale per il periodo successivo alla prima guerra mondiale. Tuttavia il piano di partecipazione americana alla Società delle Nazioni fallì e la spinta verso l'internazionalismo e la creazione di un nuovo ordine mondiale venne ritirato durante i ruggenti anni Venti.

Una nuova spinta verso la gestione di una società come un'organizzazione avvenne durante la Grande Depressione. Franklin Delano Roosevelt non lasciò passare la crisi senza portare avanti tale agenda con il suo "New Deal". FDR era particolarmente interessato ai privilegi esecutivi che derivarono dalla seconda guerra mondiale. La resistenza fu quasi nulla quando gettò le basi per una nuova Società delle Nazioni, che ora sarebbe stata chiamata Nazioni Unite.

Sotto la guida di Stalin, Churchill e Roosevelt, ventisei nazioni accettarono nel gennaio 1942 l'iniziativa di istituire un'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che entrò in vigore il 24 ottobre 1945. Sin dal suo inizio, le Nazioni Unite e le sue filiali, come la Banca Mondiale e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), hanno preparato i Paesi del mondo a rispettare gli obiettivi annunciati alla sua fondazione.

Nonostante le dichiarazioni di voler promuovere "pace e sicurezza internazionali", "sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni" e lavorare per "progresso sociale, migliori standard di vita e diritti umani", esse nascondono la volontà di stabilire un governo mondiale con poteri esecutivi il cui compito non sarebbe quello di promuovere la libertà e il libero mercato, ma un maggiore interventismo e controllo attraverso organizzazioni culturali e scientifiche. Ciò divenne chiaro con la creazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) nel 1945.


Eugenetica

Dopo la fondazione dell'UNESCO nel 1945, il biologo evoluzionista inglese, eugenetista e globalista dichiarato, Julian Huxley (il fratello di Aldous Huxley, autore del libro Il Mondo Nuovo), divenne il suo primo direttore.

All'inaugurazione dell'organizzazione, Huxley parlò di un "umanesimo scientifico mondiale, di portata globale" (p. 8) e parlò di manipolare l'evoluzione umana vero un fine "desiderabile". Riferendosi al materialismo dialettico come "il primo tentativo radicale di una filosofia evolutiva" (p. 11), il direttore dell'UNESCO disse che l'approccio marxista al cambiamento della società era destinato a fallire a causa della sua mancanza di una "componente biologica" indispensabile.

Con queste idee, Julian Huxley era in rispettabile compagnia. Sin dalla fine del diciannovesimo secolo, l'appello per il miglioramento genetico della razza umana attraverso l'eugenetica guadagnò molti seguaci: John Maynard Keynes, ad esempio, considerava la promozione dell'eugenetica e del controllo della popolazione una delle questioni sociali più importanti e un'area cruciale di ricerca.

Keynes non era solo. L'elenco dei sostenitori dell'allevamento della razza umana per il proprio miglioramento è piuttosto ampio e impressionante. Questi "riformatori illiberali" includono, tra molti altri nomi noti, gli scrittori H. G. Wells e G. B. Shaw, il presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill, nonché l'economista Irving Fisher e i pionieri della pianificazione familiare Margaret Sanger e Bill Gates Sr., il padre di Bill Gates, co-fondatore di Microsoft e capo della Bill and Melinda Gates Foundation.

Nel suo discorso alla fondazione dell'UNESCO, Julian Huxley fu abbastanza preciso sugli obiettivi e sui metodi di questa istituzione. Per ottenere il tanto desiderato "progresso evolutivo" dell'umanità, il primo passo doveva essere quello di sottolineare "la necessità ultima di un'unità politica mondiale e un trasferimento della piena sovranità da nazioni separate ad un'organizzazione mondiale".

Inoltre l'istituzione doveva considerare il compromesso tra "importanza della qualità rispetto alla quantità" (p. 14), il che significa che doveva tenere dell'esistenza di "una gamma ottimale di dimensioni per ogni organizzazione umana come per ogni tipo di organismo" (p. 15). L'organizzazione educativa, scientifica e culturale dell'ONU dovrebbe prestare particolare attenzione alla proverbiale "unità nella varietà dell'arte e della cultura del mondo, nonché alla promozione di un unico insieme di conoscenze scientifiche" (p 17).

Huxley chiarì che la diversità umana non è per tutti. Varietà per "deboli, sciocchi e deficienti morali [...] non può che essere un male", e poiché "una percentuale considerevole della popolazione non è in grado di trarre profitto dall'istruzione superiore" e anche una "percentuale considerevole di giovani uomini" soffre di "debolezza fisica o instabilità mentale" e "questi motivi sono spesso di origine genetica" (p. 20), tali gruppi devono essere esclusi dagli sforzi per far avanzare il progresso umano.

Nel suo discorso Huxley disse inoltre che "l'effetto indiretto della civiltà" è piuttosto "disgenico anziché eugenetico", e che "il peso morto della stupidità genetica, debolezza fisica, instabilità mentale e la propensione alle malattie, che già esiste nella specie umana, si rivelerà un fardello troppo grande per raggiungere un reale progresso" (p. 21). Dopotutto era "essenziale che l'eugenetica sia portata interamente entro i confini della scienza, poiché come già indicato, in un futuro non molto remoto il problema del miglioramento della qualità media degli esseri umani rischia di diventare urgente; e questo problema può essere ottenuto solo applicando i risultati di un'eugenetica veramente scientifica" (pp. 37-38).


Uso della minaccia climatica

Il passo successivo verso la trasformazione economica globale venne compiuto con la prima relazione del Club di Roma. Nel 1968 venne inaugurato presso la tenuta Rockefeller Bellagio in Italia. La sua prima relazione venne pubblicata nel 1972 con il titolo "The Limits to Growth".

Il presidente emerito del Club di Roma, Alexander King, e il segretario, il generale Bertrand Schneider, spiegarono nel loro Rapporto del Consiglio del Club di Roma che quando i relativi membri erano alla ricerca di un nuovo nemico, elencarono l'inquinamento, il riscaldamento globale, la scarsità d'acqua e le carestie come lotte più opportune da perseguire con l'implicazione che l'umanità stessa deve essere ridotta per tenere sotto controllo suddette minacce.

Dagli anni '90 diverse iniziative globali verso un sistema di controllo globale sono state intraprese dalle Nazioni Unite con l'Agenda 2021 e l'Agenda 2030. Quest'ultima è stata adottata da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite nel 2015. Il progetto è un cambiamento globale con invito a raggiungere diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). Il concetto chiave è "sviluppo sostenibile", il quale include il controllo della popolazione come strumento cruciale.

Salvare la Terra è diventato lo slogan dei guerrieri della politica verde. Sin dagli anni '70 il riscaldamento globale è stato uno strumento utile nelle loro mani per acquisire influenza politica e infine governare il discorso pubblico. Nel frattempo questi gruppi anti-capitalisti hanno acquisito un'influenza dominante nei media, nei sistemi educativi e giudiziari, e sono diventati attori importanti nell'arena politica.

In molti Paesi, in particolare in Europa, i cosiddetti partiti dei verdi sono diventati un fattore cardine del sistema politico. Molti dei rappresentanti sono così diretti nelle loro richieste (es. rendere la società e l'economia compatibili con elevati standard ecologici) da richiedere un profondo reset del sistema attuale.

Nel 1945 Huxley (p. 21) notò che fosse troppo presto per proporre un programma di spopolamento eugenetico, ma disse che sarebbe stato importante per l'organizzazione "passare al vaglio il problema eugenetico con la massima cura, e informare l'opinione pubblica delle questioni in gioco affinché ciò che ora è impensabile possa diventare pensabile".

La cautela di Huxley non è più necessaria. Nel frattempo i rami delle Nazioni Unite hanno acquisito un tale livello di potere che anche le sub-organizzazioni originariamente minori delle Nazioni Unite, come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sono state abilitate a far rispettare i loro ordini ai singoli governi di tutto il mondo. L'OMS e il Fondo monetario internazionale (FMI) – la cui condizionalità per i prestiti è cambiata dagli obblighi fiscali al grado in cui un Paese segue le regole stabilite dall'OMS – sono diventati il ​​binomio supremo per stabilire un nuovo ordine mondiale.

Come sottolineò Julian Huxley nel suo discorso del 1945, è compito delle Nazioni Unite farla finita con la libertà economica, perché "laissez-faire e sistemi economici capitalisti" hanno "creato una grande quantità di bruttezza" (p. 38) . Era quindi giunto il momento di lavorare per l'emergere di "un'unica cultura mondiale" (p. 61) e ciò doveva essere fatto con l'aiuto esplicito dei mass media e dei sistemi educativi.


Conclusione

Con la fondazione delle Nazioni Unite e delle sue sotto-organizzazioni, la spinta a far avanzare i programmi di eugenetica e transumanesimo ha fatto un grande passo in avanti. Insieme alle attività del Club di Roma hanno dato il via al Grande Reset, in corso attualmente. Con la dichiarazione di una pandemia, l'obiettivo di un controllo completo da parte dello stato sull'economia e sulla società ha compiuto un altro balzo verso la loro trasformazione. La libertà affronta un nuovo nemico. La tirannia è mascherata da un governo di esperti e da una dittatura benevola. I nuovi governanti non giustificano il loro diritto al dominio in base alla divina provvidenza, ma lo rivendicano in nome della salute e della sicurezza.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


giovedì 26 novembre 2020

Antonio Gramsci: il padrino del marxismo culturale

 

 

di Bradley Thomas

C'è poco dibattito sul fatto che le università americane, l'istruzione pubblica, i media tradizionali, Hollywood e i gruppi di difesa politica siano dominati dalla sinistra. Non è un caso, ma parte di una strategia deliberata per aprire la strada alla rivoluzione comunista sviluppata più di ottant'anni fa da un teorico politico italiano di nome Antonio Gramsci.

Descritto come uno dei teorici marxisti più importanti e influenti del mondo dopo lo stesso Marx, se non avete familiarità con Gramsci, dovreste averla.

Il comunista italiano (1891 - 1937) è considerato il padrino del progetto che è servito come base per il movimento marxista culturale nell'America di oggi.

Successivamente soprannominata dall'attivista tedesco degli anni '60, Rudi Dutschke, come "la lunga marcia attraverso le istituzioni", Gramsci scrisse negli anni '30 di una "guerra di posizione" per socialisti e comunisti in modo da sovvertire la cultura occidentale dall'interno e costringerla ad essere ridefinita.

Gramsci usò metafore di guerra per distinguere tra una "guerra di posizione" politica, che paragonò alla guerra di trincea, e la "guerra di movimento (o manovra)", che sarebbe stata un improvviso assalto frontale con conseguente sconvolgimento sociale.


Un cambiamento nella strategia

Nel libro del 1998, The Antonio Gramsci Reader a cura di David Forgacs, viene chiarito lo sviluppo da parte di Gramsci di una nuova forma di strategia per inaugurare la rivoluzione socialista.

Gramsci sosteneva che la rivoluzione bolscevica del 1917 ebbe successo perché le condizioni erano mature per uno sconvolgimento così improvviso. Descrisse la rivoluzione russa come un esempio di "guerra di movimento" in base al suo improvviso e completo rovesciamento della struttura di governo esistente. Gramsci pensava che in Russia nel 1917 "lo stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa".

In quanto tale, un attacco diretto ai governanti avrebbe potuto essere efficace perché non esistevano altre strutture o istituzioni significative di influenza politica da soverchiare.

Nelle società occidentali, al contrario, Gramsci disse che lo stato è "solo un fossato esterno" dietro il quale si trova una società civile robusta e solida.

Gramsci credeva che le condizioni in Russia nel 1917, che resero possibile la rivoluzione, non si sarebbero concretizzate nei Paesi capitalisti più avanzati dell'Occidente. La strategia doveva essere diversa ed includere un movimento democratico di massa, una lotta ideologica.

La sua difesa di una guerra di posizione invece che di una guerra di movimento non era un rimprovero alla rivoluzione stessa, ma solo una tattica diversa, una tattica che richiedeva l'infiltrazione nelle organizzazioni influenti che compongono la società. Gramsci paragonò queste organizzazioni alle “trincee” in cui si sarebbe dovuta combattere la guerra di posizione.

Le strutture delle democrazie moderne, sia come organizzazioni statali, sia come complessi di associazioni nella società civile, costituiscono per l'arte della politica una sorta di "trincea", una fortificazione permanente nella guerra di posizione: rendono "parziale" l'elemento di manovra che prima utilizzava il "tutto" della guerra, ecc.

Gramsci sosteneva che un "attacco frontale" ad istituzioni consolidate come i governi nelle società occidentali avrebbe potuto incontrare una resistenza significativa e quindi richiedere una maggiore preparazione, lavorando quindi sullo sviluppo di una volontà collettiva tra le persone e una presa di potere tra società civile e posizioni politiche.


Guerra di posizione & guerra di movimento

È importante tenere a mente che l'obiettivo finale di Gramsci è sempre il socialismo e il rovesciamento dell'ordine capitalista. Il suo contributo è stato quello di delineare una strategia diversa affinché ciò avvenisse.

Come descritto da Forgacs: "La guerra di movimento è un attacco frontale allo stato, mentre la guerra di posizione è condotta principalmente sul terreno della società civile".

Gramsci paragonò la "guerra" politica alla guerra militare, con la sua guerra di movimento simile all'assalto frontale: un rapido attacco militare ad una breccia nelle difese nemiche in modo da ottenere una vittoria rapida e definitiva.

Al contrario, Gramsci paragonò la guerra di posizione alla guerra di trincea, accontentandosi di una lotta a lungo termine con vittorie strategiche più piccole per guadagnare più territorio un po' alla volta. La guerra di posizione è anche caratterizzata da un'abbondanza di rifornimenti per rifornire le truppe e "una grande massa di uomini sotto le armi".

Gramsci sosteneva che una guerra di posizione fosse necessaria per le società capitaliste avanzate in cui la società era diventata una "struttura molto complessa", resistente alle "incursioni" come le depressioni economiche, che altrimenti avrebbero dovuto indebolire la struttura del potere in termini di supporto ideologico. In altre parole, la società ha fornito un sistema di supporto alla struttura politica e coloro al potere in modo da aiutarla a resistere a shock altrimenti negativi come le recessioni economiche.

Gramsci credeva che nelle società occidentali capitalistiche, il sistema di supporto ideologico prevalente per una struttura economica capitalistica e valori borghesi avrebbe protetto la classe dirigente da qualsiasi opposizione organizzata.

Di conseguenza riteneva essenziale studiare in profondità "quali elementi della società civile corrispondono ai sistemi difensivi in ​​una guerra di posizione".


L'analisi di Gramsci della “società civile” e dell'egemonia

Gramsci definì la società civile come "l'insieme di organismi comunemente chiamati 'privati'".

Più direttamente, descrisse la società civile come quella sfera delle attività sociali e delle istituzioni non direttamente parte del governo. Esempi primari includevano partiti politici, sindacati, organizzazioni ecclesiastiche e altre associazioni popolari di volontariato.

Gramsci osservò che i gruppi sociali dominanti nella società civile organizzavano il consenso e l'egemonia, assumendo una posizione di leadership con il consenso dei membri. Il loro ruolo di leadership includeva la promozione di un consenso ideologico tra i loro membri. Gramsci immaginava che questi gruppi avrebbero organizzato la loro opposizione all'ordine sociale esistente.

Gramsci, tuttavia, vedeva la società occidentale come un forte sistema difensivo per lo stato, che a sua volta esisteva per proteggere gli interessi della classe capitalista.

"In Occidente c'è una relazione tra stato e società civile, e quando il primo barcollava subito appariva una solida struttura della società civile. Lo stato è solo un fossato esterno, dietro il quale sorge un potente sistema di fortezze e terrapieni", scrisse. In breve, in tempi in cui lo stato stesso potrebbe aver mostrato debolezze per il rovesciamento da parte di forze ideologiche opposte, le istituzioni della società civile hanno fornito un rinforzo politico all'ordine esistente.

A suo avviso era necessaria una nuova volontà collettiva per portare avanti questa guerra di posizione. Per lui era vitale valutare cosa potesse ostacolare questa volontà, vale a dire alcuni gruppi sociali influenti con le ideologie capitaliste prevalenti che avrebbero potuto impedire il progresso della rivoluzione.

Gramsci parlò di organizzazioni tra cui chiese, enti di beneficenza, media, scuole, università e potere "economico aziendale" come organizzazioni che dovevano essere invase dai pensatori socialisti.

La nuova dittatura del proletariato in Occidente, secondo Gramsci, doveva nascere solo da un consenso attivo delle masse lavoratrici, guidate da quelle organizzazioni critiche nella società che generano un'egemonia ideologica.

Come la definì Gramsci, egemonia significa leadership "culturale, morale e ideologica" sui gruppi alleati e subordinati. Gli intellettuali, una volta sistemati, dovevano raggiungere ruoli di leadership sui membri di questi gruppi attraverso il consenso e la persuasione piuttosto che il dominio o la coercizione.

L'obiettivo della guerra di posizione era quello di plasmare una nuova volontà collettiva delle masse al fine di indebolire le difese che la società forniva allo stato capitalista.

Gramsci sottolineò inoltre il ruolo di un partito politico nell'assumere la leadership e la direzione filosofica di tutte queste alleanze nella società. Uno degli obiettivi principali del partito sarebbe stato quello di inserire i soldati di fanteria della guerra rivoluzionaria di posizione nelle istituzioni statali: tribunali, polizia, consigli d'amministrazione e burocrazie. Occorreva stabilire una base di socialisti su cui far funzionare l'apparato statale una volta completato il suo rovesciamento, sosteneva Gramsci.


Condizioni di preparazione per l'attacco frontale

Come la descrisse Gramsci, una guerra di posizione implica una sorta di “rivoluzione passiva”; passaggio dall'ordine borghese dominante a quello del socialismo senza alcun sconvolgimento sociale violento.

Affinché potesse avvenire la transizione sociale, le "condizioni necessarie" nella società dovevano essere "già state incubate", secondo Gramsci. Egli faceva riferimento ad una nuova volontà collettiva tra le masse, la quale coincideva con l'avere le persone giuste in posizioni strategiche nella società e nelle burocrazie statali.

Gramsci indicò il fascismo italiano come un esempio di rivoluzione passiva. Il fascismo economico "consiste nel fatto che la struttura economica si trasforma in modo 'riformista' da un'economia individualista ad un'economia pianificata (economia di comando)". Questa "economia intermedia" sarebbe servita come punto di partenza per la transizione successiva verso il controllo totale dei mezzi di produzione, una transizione che sarebbe potuta avvenire "senza cataclismi radicali e distruttivi di tipo sterminatore".

Il fascismo economico fa un passo verso la collettivizzazione dei mezzi di produzione senza toglierli ai capitalisti, sosteneva Gramsci. Il fascismo serve ad "accentuare l'elemento della pianificazione" nella struttura economica, facilitando la transizione verso la completa collettivizzazione. Questo spostamento avrebbe contribuito a facilitare l'accettazione diffusa di un maggiore controllo centralizzato sulla produzione senza strappare il controllo sui mezzi di produzione ai capitalisti o eliminare il profitto. Almeno inizialmente...

Una volta che tutte queste condizioni sarebbero state messe in atto (una nuova volontà collettiva, il controllo ideologico sulle istituzioni della società, rivoluzionari in posizioni strategiche nello stato), il tempo sarebbe giusto per la "guerra di movimento" conclusiva.

Questa guerra frontale di movimento per rovesciare lo stato e l'ordine sociale non solo avrebbe avuto successo, ma sarebbe stata anche permanente. Perché secondo Gramsci: "In politica, la 'guerra di posizione', una volta vinta, è definitiva e decisiva".

La “lunga marcia attraverso le istituzioni” della sinistra ha creato le condizioni giuste per il rovesciamento finale della nostra società. Tale successo ha significato e sta significando il disastro economico e sociale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


mercoledì 25 novembre 2020

Mentre il reddito delle famiglie cala, le banche centrali spingono per prezzi più alti

 

 

di Daniel Lacalle

Le banche centrali continuano ad essere ossessionate dall'inflazione. L'attuale politica monetaria è come il comportamento di un guidatore spericolato che corre a duecento miglia all'ora, guardando lo specchietto retrovisore e pensando: "Non ci siamo ancora sfracellati, acceleriamo".

Le banche centrali ritengono che non vi sia alcun rischio nell'attuale politica monetaria e questa ipotesi si basa su due idee sbagliate:

  1. Non c'è inflazione (secondo loro);
  2. I benefici superano i rischi.

L'idea che non ci sia inflazione è falsa. C'è molta inflazione nei beni e servizi che i consumatori realmente richiedono e utilizzano. L'IPC ufficiale (indice dei prezzi al consumo) è mantenuto artificialmente basso da petrolio, turismo e tecnologia, mascherando invece aumenti in assistenza sanitaria, affitti e immobili, istruzione, assicurazioni e alimenti freschi significativamente più alti dei salari nominali. Inoltre, nei Paesi con una tassazione aggressiva sull'energia, l'impatto positivo di petrolio e gas sui prezzi al consumo non si vede affatto nelle bollette dell'elettricità e del gas dei consumatori.

Un recente studio di Alberto Cavallo mostra come l'inflazione ufficiale non stia riflettendo i cambiamenti nei modelli di consumo e conclude che l'inflazione reale è più del doppio del livello ufficiale nel paniere medio dell'era Covid-19; inoltre, secondo un articolo di James Mackintosh sul Wall Street Journal, i prezzi stanno salendo fino a tre volte il tasso IPC ufficiale per le cose di cui le persone hanno bisogno, anche se la cifra complessiva dell'inflazione rimane contenuta. Le statistiche ufficiali presumono un paniere che scende a causa di beni e servizi replicabili che acquistiamo di volta in volta. Di conseguenza i prezzi di tecnologia, ospitalità e tempo libero diminuiscono, ma le cose che acquistiamo quotidianamente, e che non possiamo semplicemente smettere di acquistare, aumentano molto più rapidamente dei salari nominali e reali.

Le banche centrali diranno spesso che questi aumenti dei prezzi non sono dovuti alla politica monetaria ma alle forze di mercato. Tuttavia è proprio la politica monetaria che mette a dura prova le forze di mercato, poiché spinge i tassi più in basso e l'offerta di moneta più in alto. La politica monetaria rende più difficile per i meno privilegiati vivere giorno per giorno, per la classe media diventa arduo risparmiare e acquistare beni che salgono di prezzo (es. case, obbligazioni, ecc.) a causa di politiche monetarie espansive.

L'inflazione potrebbe non apparire sui titoli delle notizie, ma i consumatori la percepiscono. L'opinione pubblica ha assistito ad un aumento costante del prezzo dell'istruzione, della sanità, delle assicurazioni e dei servizi di pubblica utilità in un periodo in cui le banche centrali si sentivano obbligate a "combattere la deflazione"... un rischio deflazionistico che nessun consumatore ha visto, tanto meno la classe media.

Non è un caso che la Banca Centrale Europea sia costantemente preoccupata per la bassa inflazione mentre le proteste sull'aumento del costo della vita si diffondono in tutta la zona Euro. Le misure ufficiali sull'inflazione non riflettono le difficoltà e la perdita di potere d'acquisto dei salari e dei risparmi della classe media.

Pertanto le politiche inflazionistiche creano un doppio smacco. In primo luogo un drammatico aumento della disuguaglianza, poiché i poveri sono lasciati indietro dall'aumento dei prezzi degli asset e dall'effetto ricchezza, ma percepiscono l'aumento dei beni e servizi fondamentali più di chiunque altro. In secondo luogo, perché non è vero che i salari saliranno insieme all'inflazione. Abbiamo visto i salari reali stagnare, nonostante i bassi tassi di disoccupazione, a causa della scarsa crescita della produttività e della sovraccapacità, cosa che li ha mantenuti significativamente al di sotto dell'aumento dei prezzi dei servizi essenziali.

Le banche centrali dovrebbero anche essere preoccupate per la crescente dipendenza dei mercati obbligazionari e azionari dalla prossima iniezione di liquidità e taglio dei tassi. Se fossi il presidente di una banca centrale sarei veramente preoccupato se i mercati reagissero in modo aggressivo ai miei annunci. Sarebbe un segnale preoccupante di codipendenza e bolle. Quando gli stati sovrani con enormi deficit e finanze indebolite hanno i rendimenti obbligazionari più bassi della storia, non siamo di fronte ad un successo del sistema bancario centrale, ma ad un suo fallimento.

L'inflazione non è una politica sociale. Va a vantaggio di coloro che ricevono per primi il denaro di nuova creazione (stato e grandi imprese) e danneggia il potere d'acquisto dei salari e dei risparmi della classe media e bassa. La politica monetaria "espansiva" è un massiccio trasferimento di ricchezza dai risparmiatori ai mutuatari. Inoltre questi evidenti effetti collaterali negativi non vengono risolti dal cosiddetto "quantitative easing per le persone". Una cattiva politica monetaria non viene risolta da una peggiore. Iniettare liquidità direttamente per finanziare programmi e spese per il welfare state è la ricetta per la stagnazione e la povertà. Non è una coincidenza che coloro che hanno attuato le raccomandazioni della MMT (Argentina, Turchia, Iran, Venezuela e altri) abbiano visto un aumento della povertà, una crescita più debole, salari reali peggiori e distruzione della valuta.

Credere che i prezzi debbano aumentare ad ogni costo perché, in caso contrario, i consumatori possono rimandare le loro decisioni di acquisto è dir poco ridicolo (per quanto riguarda la stragrande maggioranza delle decisioni di acquisto). È palesemente falso in una crisi sanitaria. Il fatto che i prezzi stiano aumentando non è un successo, è un miserabile fallimento e ferisce ogni consumatore che ha visto crollare i propri ricavi del 10 o 20%.

Le banche centrali devono iniziare a pensare alle conseguenze negative della gigantesca bolla obbligazionaria che hanno creato e all'aumento del costo della vita per le classi medio-basse prima che sia troppo tardi. Molti diranno che non accadrà mai, ma agire in base a questa convinzione è esattamente quello che ho detto all'inizio dell'articolo: "Non ci siamo ancora sfracellati, acceleriamo". Avventato e pericoloso.

L'inflazione non è una politica sociale. È una rapina alla luce del sole.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


martedì 24 novembre 2020

La politica monetaria ultra allentata del Giappone ha indebolito risparmi e prosperità

 

 

di Gunter Schnabl & Taiki Murai

L'incertezza della crisi sanitaria ha fatto aumentare i risparmi delle famiglie in molti Paesi. La chiusura di negozi, ristoranti e frontiere ha impedito alle persone di spendere; inoltre il sostegno statale a chi licenziato, a coloro necessitanti credito e la concessione di bonus esentasse ha stabilizzatoto i redditi. Anche in Giappone, dove la maggior parte dei negozi e dei ristoranti è rimasta aperta, la generosa elargizione di circa $950 a tutti i residenti ha aumentato i risparmi. Tuttavia è improbabile che ciò inverta la tendenza ribassista a lungo termine del risparmio delle famiglie.

Grafico 1: Tassi d'interesse e tasso di risparmio netto delle famiglie

Fonte: IMF e Thomson Reuters. Risparmio netto come quota del reddito disponibile.

I risparmi delle famiglie giapponesi sono diminuiti drasticamente dagli anni '90. Nel 1991 le famiglie avevano risparmi per ¥46.900 miliardi (circa $451 miliardi). Il tasso di risparmio superava il 15% come quota del reddito disponibile. Nel 2019 i risparmi sono diminuiti di quasi il 70%, a ¥14.400 miliardi (circa $138 miliardi), il che corrisponde ad un tasso di risparmio vicino al 5% (Grafico 1). Nel 2014 il tasso di risparmio era persino diventato negativo, poiché la spesa al consumo era salita prima che entrasse in vigore l'aumento della tassa ad essa associata. Da allora questa tendenza è stata invertita dall'impatto temporaneamente positivo dell'Abenomics sul ciclo economico e sul reddito aggregato, ma tale tendenza si è bruscamente interrotta con lo shock sanitario.

Il risparmio delle famiglie giapponesi ha origine dall'Accordo del Plaza nel settembre 1985. I cinque maggiori Paesi industrializzati decisero per un forte apprezzamento dello yen, cosa che fece precipitare il Giappone in un profondo "endaka fukyo ", ovvero una recessione indotta dagli yen rivalutati. La forte riduzione dei tassi d'interesse da parte della Bank of Japan mitigò la recessione, ma provocò anche una bolla azionaria e immobiliare. Con lo scoppio della bolla nel dicembre 1989, il Giappone cadde in una stagnazione duratura. La Banca del Giappone ha sin da allora inondato l'economia di credito facile abbassando il tasso di interesse ufficiale da oltre l'8% nel 1990 a zero nel 1999, e lì è rimasto (Grafico 1). Il bilancio della Banca del Giappone è passato dal 10% in rapporto al PIL nel 1990 a quasi il 140% oggi (Grafico 2).

Grafico 2: Stato patrimoniale della Banca del Giappone in rapporto al PIL

Fonte: FMI, Banca del Giappone. Stima 2020.

L'ondata senza precedenti di credito facile non ha prodotto la ripresa desiderata (Murai e Schnabl, 2019). Le entrate fiscali sono diminuite, mentre la società che invecchia rapidamente ha causato un aumento sostanziale dei sussidi statali al sistema pensionistico e sanitario (Murai e Schnabl, 2020). Il grande divario nella finanza pubblica poteva essere colmato solo dall'indebitamento pubblico, cosa che ha fatto salire il debito nazionale dal 67% del PIL nel 1990 a quasi il 250% oggi. L'unico modo per prevenire una crisi del debito sovrano è stato che la Banca del Giappone acquistasse grandi quantità di titoli di stato. Nessuna banca centrale nel mondo industrializzato è intervenuta così tanto nel mercato dei titoli di stato quanto la Banca del Giappone sin dal 2013 con la politica dell'ex-primo ministro Shinzo Abe (da cui il termine "Abenomics").

La persistente crisi e l'espansione monetaria in Giappone hanno causato un'inversione di tendenza nella sua cultura del risparmio. Durante la fase di forte crescita dell'economia giapponese dopo la seconda guerra mondiale, le famiglie giapponesi avevano accumulato grandi risparmi. La crescita sostanziale dei risparmi delle famiglie era dovuta all'aumento dei salari (compresi i pagamenti di bonus elevati), ad una classe media in crescita e agli incentivi fiscali per il risparmio (maruyû). Altrettanto importanti per il risparmio erano la ricchezza relativamente piccola delle famiglie giapponesi, il rudimentale sistema di previdenza sociale e la rigida regolamentazione del credito al consumo e dei mutui ipotecari.

L'avversione al risparmio in Giappone è iniziata nel 1990. Gli economisti spesso danno come spiegazione l'ipotesi del "ciclo di vita dei risparmi": le persone risparmiano quando sono impiegate e non risparmiano più quando vanno in pensione. Poiché sempre più persone, in un Giappone in rapido invecchiamento, hanno più di sessantaquattro anni, l'ipotesi implica un calo dei risparmi. Il Family Income and Expenditure Survey afferma che sin dagli anni '90 gli ultra sessantaquattrenni giapponesi hanno ridotto in modo significativo i loro risparmi. Tuttavia il tasso di risparmio degli anziani è ancora positivo e il risparmio è superiore a quello della generazione lavoratrice. Alcuni si aspettavano anche che la situazione economica sempre più incerta avrebbe aumentato il risparmio precauzionale, ma i tre decenni persi dal 1990 dicono che non è stato così.

Inoltre ci sono tre ragioni per le quali la politica monetaria persistentemente accomodante della Banca del Giappone è strettamente collegata al calo del tasso di risparmio del Giappone. In primo luogo, l'incentivo ad accumulare risparmi si è indebolito da quando l'abbassamento dei tassi d'interesse da parte della Banca del Giappone ha ridotto gli interessi sui depositi bancari. Inoltre la Banca del Giappone ha reso difficile accumulare asset come azioni ed immobili, dato che ha mantenuto alti i loro prezzi o li ha rilanciati con l'Abenomics. Entrambi questi fattori hanno contribuito ad un aumento della propensione al consumo (quindi diminuzione della propensione al risparmio).

In secondo luogo, la Banca del Giappone ha reso le condizioni di finanziamento sempre più favorevoli. Il finanziamento a buon mercato ha reso un numero crescente di imprese giapponesi dipendenti da bassi tassi d'interesse e prestiti a buon mercato. Il credito facile ha ridotto quasi a zero i guadagni di produttività, un tempo elevati invece. L'aumento della produttività è il prerequisito per la crescita dei salari reali. Con una produttività in calo, i salari reali del Giappone sono finiti sotto pressione, tendendo al ribasso sin dal 1998. I pagamenti di bonus una volta elevati sono scesi a livelli modesti. Gli effetti distributivi negativi della politica monetaria lavorano a favore dei ricchi ed a scapito della classe media, cosa che ha ristretto lo spazio per il risparmio per molti giapponesi.

In terzo luogo, il governo giapponese ha ampliato il sistema della previdenza sociale, cosa che ha ridotto in modo significativo l'incentivo al risparmio per la pensione. Il governo giapponese potrebbe aumentare ulteriormente le prestazioni pensionistiche e sanitarie, perché la Banca del Giappone ha finanziato indirettamente i sussidi pubblici in continua crescita. Si noti che la maggior parte delle imprese giapponesi non poteva aspettarsi un aumento della domanda, perché a causa del duraturo esperimento con tassi d'interesse bassi, i redditi dei giapponesi sono diminuiti. Pertanto hanno esitato ad espandere le capacità mediante investimenti. Il risultato è che, insieme al tasso di risparmio delle famiglie, il tasso di risparmio delle imprese è aumentato, mentre gli investimenti in percentuale del PIL hanno continuato a diminuire.

L'esperienza giapponese offre lezioni preziose per gli Stati Uniti e l'Europa. Una politica monetaria accomodante può stabilizzare una recessione a breve termine; tuttavia un diluvio persistente di denaro a buon mercato paralizza la produttività e la crescita economica. Se in una crisi, dove tassi d'interesse e salari sono in calo, i redditi di fasce crescenti della popolazione finiscono sotto pressione, il risparmio delle famiglie difficilmente potrà crescere. Se il sistema della previdenza sociale è finanziato da una combinazione di indebitamento pubblico e acquisti di titoli di stato da parte della banca centrale, la propensione al risparmio delle famiglie diminuirà ulteriormente.

Dopo tutto, risparmio e investimento rimangono collegati. Se entrambi diminuiscono, la ricchezza di una nazione è in pericolo. Risparmi più elevati e quindi investimenti più elevati sono le chiavi per mantenere la prosperità economica in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 23 novembre 2020

Goldman Sachs, tieniteli pure i tuoi bilgietti della lotteria

 

 

di David Stockman

Il punto di partenza per comprendere la fantasia delirante del presente è questo: la narrativa mainstream è così corrotta dall'avidità, dall'indolenza, dal pensiero di gruppo e dalla volontà di potere che è diventata una ridicola caricatura di sé stessa. In parole povere, ciò che è ritenuto vero dai poteri forti è decisamente inaffidabile ed insostenibile.

Per esempio, stamattina lo zombi-box è stato incredibile in merito alle nuove previsioni del mercato azionario rilasciate del capo stratega azionario di Goldman Sachs, David Kostin. Secondo questo genio strapagato, il proiettile d'argento di un vaccino Covid è ora assicurato grazie all'annuncio della Pfizer, quindi presto torneremo alla normalità e il mercato azionario salirà a 4.300 sull'indice S&P entro la fine del prossimo anno (2021).

Salite tutti a bordo!

Stiamo parlando di un salto del 25% (con dividendi) dai numeri attuali se siete un troglodita vecchio stile che compra azioni in contanti. Ma per un'esperienza più piacevole, potete chiamare il vostro broker presso Goldman e ordinare call per il dicembre 2021. Ad esempio, si possono comprare 3900 strike call in scadenza per quella data a $115 per azione, il che significa un guadagno 3,5 volte i vostri investimenti semplicemente chiudendo gli occhi, premendo il tasto di acquisto e aspettare che Goldman accrediti i $400 di plusvalenza quando la sua previsione si avvererà.

Ciononostante è necessario ricordare che gli analisti sell side ora vedono gli utili annuali 2020 (dicembre) sull'indice S&P 500 arrivare a $91,80 per azione, per poi balzare di un 47% a $135,13 per azione entro dicembre 2021. Eppure, anche se tale previsione dovesse diventare realtà, il multiplo implicito PE al nuovo obiettivo di prezzo di dicembre 2021 sarebbe del 31,8X!

Proprio così. Se sborsate il premio di $115 per opzione su azioni, dovete credere che né Sleepy Joe, né Kamala Harris ed i loro compagni di sinistra, né il Covid, né una Washington bloccata, né una FED confusa e vacillante, né nessun altro sviluppo sfavorevole ostacolerà nei prossimi 14 mesi un ritorno alla normalità economica, un guadagno del 47% ed un multiplo di PE più del doppio della media storica!

Oppure, in alternativa, un multiplo PE del 18X sugli utili riportati a dicembre 2021 dovrebbe significare $240 per azione su base annuale per raggiungere l'obiettivo di Goldman Sachs. Stiamo parlando di un balzo del 73% dal picco storico pre-Covid a $139 per azione nel dicembre 2019 e del 164% rispetto al consenso (ottimistico) di Wall Street per il dicembre 2020.

Ma, ehi, non ridete. Questo è solo Goldman Sachs che rafforza la narrativa mainstream.

Ovviamente Goldman Sachs non basa le sue previsioni sul prezzo delle azioni sul tipo di guadagni che CEO e CFO devono riferire onestamente alla SEC pena la prigione: vale a dire, il reddito netto GAAP.

Invece vuole che voi crediate che i multipli siano "ragionevoli" attraverso l'uso di guadagni ex-item, che sono sempre del 10-30% superiori ai guadagni reali, visto che eliminano i presunti guadagni e perdite una tantum e gli elementi non monetari addebitati al conto economico del periodo corrente quali svalutazioni di avviamento o accantonamenti per ristrutturazione.

Ma ecco il punto: tutto ciò che finisce nel conto economico in un certo momento è un elemento monetario del passato (es. avviamento) o del futuro (es. accantonamenti per ristrutturazioni), e se porta un segno negativo rappresenta una dissipazione di risorse e valore aziendali.

Allo stesso modo, eliminare i guadagni e le perdite una tantum non è una procedura di livellamento neutrale rispetto ai guadagni totali, perché in ogni trimestre le perdite una tantum superano sempre i guadagni una tantum e spesso di molto.

Pertanto, durante il periodo annuale 2020 (settembre), gli utili GAAP sono stati registrati a $97,68 per azione o il 19% al di sotto della cifra ex-item di $120,48 per azione, mentre il deficit nella cifra annuale 2020 (giugno) era del 21%.

Negli ultimi 12 trimestri messi insieme, la cifra media ex-item di $142 per azione è stata superiore del 16% rispetto alla cifra GAAP di $122 per azione. Quindi potete considerare "ragionevole" il multiplo PE, ma anche in questo caso l'attuale previsione di Goldman Sachs riguardo il prezzo delle azioni incarna la madre di tutti gli ottimismi.

Cioè, i guadagni ex-item per l'indice S&P 500 sono ora previsti a $117,36 per azione per il periodo annuale 2020 (dicembre) e secondo Goldman Sachs saliranno a $175 per azione entro dicembre 2021.

Quindi siete invitati a credere che i guadagni ex-item aumenteranno del 50% nel giro di un solo anno e sarete comunque disposti a pagare 24,5 volte per tale miracolo nonostante un'economia in frantumi che non mostra alcun segno di ripresa ancora.

Crediamo, quindi, che l'aggettivo "sgangherata" caratterizzi in modo appropriato l'attuale narrativa mainstream, e questo in parte perché l'efficacia del vaccino è decisamente esagerata; e anche perché, nonostante le chiacchiere della FED, non pensiamo che le leggi dell'economia siano state abrogate e che la FED possa continuare a monetizzare indefinitamente il 100% dei deficit da $2.000-3.000 miliardi dello Zio Sam.

Tuttavia, se il prossimo anno non ci sarà la pallottola d'argento del vaccino, i fanatici del virus saranno nuovamente energizzati e pronti a colpire di nuovo. Proprio questo pomeriggio, ad esempio, uno dei più stretti collaboratori di Sleepy Joe, Andrew Cuomo, ha decretato che chiunque intrattiene più di 10 ospiti nella propria casa sarà soggetto a multa e arresto per presunta diffusione della peste.

Allo stesso modo, se l'Eccles Building non continuerà a comprare lo tsunami di bond dello Zio Sam, il mercato obbligazionario è un cataclisma in attesa di scatenarsi.

Per quanto riguarda il proiettile d'argento, si consideri ciò che effettivamente ha riferito Pfizer. Vale a dire, che da un bacino di prova di 43.538 partecipanti ora hanno risultati per 94 individui risultati positivi per Covid-19, di cui 86 nel gruppo placebo e 8 tra quelli che hanno ricevuto le vaccinazioni.

È così che ottengono la loro dichiarazione di efficacia al 90%, ma noi diciamo, whoa!

Questa conclusione si basa solo sullo 0,216% dell'universo di prova, ma il comunicato stampa della società, che ha consentito al CEO di vendere il 60% delle sue azioni con un enorme profitto, conteneva zero informazioni sul fatto che i 94 casi fossero rappresentativi di una popolazione studiata in relazione all'età, alle condizioni mediche, ecc. e se i casi reali di Covid tra i 94 fossero naso che cola, sintomatologia lieve, moderata, grave o potenzialmente letale.

La verità è che il comunicato stampa dell'azienda non era altro che un annuncio pubblicitario (apparentemente) legale. Albert Bourla ora è più ricco di $6 milioni, ma la cosa più sostanziale contenuta nel comunicato stampa era la seguente: "Oggi è un grande giorno per la scienza e l'umanità. La prima serie di risultati del nostro studio di fase 3 sul vaccino COVID-19 fornisce la prova iniziale della capacità del nostro vaccino di prevenire COVID-19", ha affermato il dott. Albert Bourla, presidente e CEO di Pfizer.

Questo ci porta al punto che l'irrefrenabile Jon Rappaport continua a sollevare. In altre parole, perché qualcuno dovrebbe pensare che una quota dello 0,216% dell'universo di prova sia significativa o affidabile?

Inoltre, perché la FDA dovrebbe accettare questo, o soprattutto l'intero protocollo di studio, sul quale il comunicato stampa dell'azienda comunica quanto segue: Lo studio sta continuando con le iscrizioni e dovrebbe continuare fino all'analisi finale quando si saranno accumulati un totale di 164 casi confermati di COVID-19.

Sì, dimenticatevi pure i 43.538 partecipanti e tutti gli sforzi per garantire la sua natura rappresentativa, perché Pfizer dichiarerà "missione compiuta" quando verrà raggiunto esattamente lo 0,377% (164 partecipanti) del campione.

Anche coloro a cui è stato piallato il cervello potrebbero dire: ma che diavolo!

E dopo di ciò potrebbero anche capire la truffa coinvolta in questa storia del vaccino e nella cosiddetta Operazione Warp Speed ​​sostenuta dalla Casa Bianca. Il motivo per interrompere lo studio dopo che è stato sentito meno della metà dell'uno percento dei partecipanti è che al giorno d'oggi non è possibile testare un vaccino infettando deliberatamente un paziente con il virus. Invece quello che bisognerebbe fare è mettere i piedi su uno sgabello e aspettare che i partecipanti contraggano la malattia e si infettino in natura. Cioè, nelle loro case, sulle autostrade e nella vita normale.

Ma ahimè, Fauci ed i suoi medici malfattori, come aspiranti Robespierre, hanno terrorizzato a morte la popolazione nel suo complesso, grazie anche all'aiuto di sindaci e governatori degli stati democratici e dei media generalisti. Quindi non escono di casa senza le museruole e senza prendere le distanze sui marciapiedi, nei corridoi e alle casse dei negozi di alimentari.

Allora, come diavolo si suppone che i partecipanti allo studio prendano il Covid in natura? Addirittura a quelli che partecipano allo studio sul vaccino di Pfizer non si può nemmeno dire di togliersi i dispositivi medici per aiutare la Pfizer a completare prima lo studio e vendere le decine di miliardi di vaccini.

Inutile dire che è per questo che solo lo 0,216% dei partecipanti (94) è riuscito a contrarre la malattia, che presumibilmente dilaga in America, durante i primi tre mesi del processo; e perché a questo ritmo ci vorranno 11 anni per ottenere un risultato anche solo dal 10% dei partecipanti.

Quindi c'è un motivo per cui normalmente ci vogliono 3-5 anni per fare una sperimentazione su un vaccino: sembra che persino la FDA non sia disposta a lasciare che le aziende farmaceutiche uccidano deliberatamente i pazienti che assumono placebo per accelerare il processo.

E questo ci porta ad un aspetto ancora più insidioso del mito del proiettile d'argento. Vale a dire, poiché ci vuole tanto tempo affinché i partecipanti alla sperimentazione vengano infettati in natura, il protocollo di studio presume che qualsiasi vecchio caso andrà bene lo stesso (anche se così lieve da essere appena sintomatico e curato a casa con il riposo e liquidi a profusione).

Come ha scritto Jon Rappaport:

Vedete, il produttore del vaccino inizia con 30.000 volontari SANI. Quindi se aspettasse che 150 di loro si ammalassero di polmonite grave, un caso grave di COVID, quanto tempo pensate che ci vorrebbe? Cinque anni? Dieci anni?

Il produttore del vaccino non può aspettare così a lungo.

Questi 150 casi COVID che il produttore del vaccino sta cercando sarebbero lievi. Solo un colpo di tosse. O brividi e febbre. Questo scenario richiederebbe solo pochi mesi per svilupparsi. E siate onesti, brividi, tosse e febbre non sono unici del COVID. Chiunque può avere tali sintomi.

PERTANTO, L'INTERO STUDIO CLINICO È PROGETTATO PER TROVARE 150 CASI DI “COVID” LIEVE E SENZA SIGNIFICATO CLINICO.

Di cui a nessuno importa e a nessuno dovrebbe importare.

Ma, come vediamo, Pfizer sta strombazzando la sua sperimentazione clinica del vaccino come una pietra miliare nella storia umana.

Ciò che Rappoport sta dicendo è che per la natura stessa del Covid, l'unico punto valido di un vaccino è proteggere la piccola minoranza che sviluppa casi gravi a causa dell'età, comorbidità o sistemi immunitari indeboliti. Ma al momento il CDC stima che circa 88 milioni di americani siano stati infettati, la stragrande maggioranza dei quali non lo sapeva nemmeno perché asintomatici o aveva avuto un decorso lieve della malattia ed era guarita a casa.

Infatti solo 500.000 di questi 88 milioni sono stati ricoverati, secondo i dati del CDC. E sulla base dell'ampio modo di conteggio del CDC, il numero di decessi CON Covid è ora pari a 231.000, la maggior parte dei quali si è verificata negli ospedali.

Quindi, indipendentemente da come si voglia impostare il ragionamento, più di 87 milioni degli 88 milioni di persone infette finora non erano in pericolo di vita e non sarebbero state aiutate anche se il vaccino Pfizer o qualsiasi altro vaccino fosse stato disponibile sin dal primo giorno.

Quindi ribadiamo: tra i 94 casi segnalati lunedì e un aumento di $1.500 miliardi in borsa, quanti casi hanno richiesto il ricovero in ospedale o hanno coinvolto anche un decorso grave della malattia?

Il comunicato stampa dell'azienda non l'ha detto, e neanche lo diranno quando arriveranno i 164 casi positivi del protocollo approvato dalla FDA.

Questo perché la base dello studio è "tutto fa brodo", quindi i risultati non possono dimostrare che il vaccino è efficace in individui che altrimenti subirebbero un decorso grave della malattia. Infatti, sulla base delle attuali metriche nazionali, tra un universo casuale di 164 persone infette, esattamente 0,57 persone sarebbero ospedalizzate e 0,26 persone sarebbero morte.

Forse anche Kostin sarebbe d'accordo sul fatto che non si può dimostrarne l'efficacia confrontando frazioni di una persona.

Tuttavia, dopo che il vaccino sarà stato ampiamente distribuito, diciamo, il prossimo giugno, l'universo dei vaccinati non sarà 8 anime che hanno contratto la malattia nello studio Pfizer fino ad oggi, ma decine di milioni. E se sui casi gravi non funzionerà e si segnaleranno anche poche centinaia di morti e/o ricoveri tra i vaccinati, ci sarà il panico nelle strade (tra l'altro già spaventate).

Come abbiamo detto, la narrativa mainstream è corrotta e marcia fino al midollo.

A pensarci bene, Goldman Sachs può tenersi suoi biglietti della lotteria da $115.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 20 novembre 2020

Dal price discovery al gap discovery



di Francesco Simoncelli

Che l'Italia fosse un Paese finito e in bancarotta era chiaro ad analisti come il sottoscritto, ma sebbene non venga ancora detto in modo palese per il popolino addormentato, c'è chi lo sta ventilando indirettamente. Infatti con questa dichiarazione Cottarelli ha praticamente detto che non solo l'Italia è un Paese commissariato, ma senza un sostegno artificiale nel giro di una manciata di secondi si ritroverebbe in compagnia di Argentina e Venezuela. Questa non è altro che l'eredità dell'inflazionismo del passato e dei conseguenti errori economici spazzati sotto il tappeto, divenuti successivamente enormi sulla scia di un maggiore interventismo da parte dei pianificatori monetari centrali. È il motivo per cui nel 2011 l'Italia è finita nell'occhio del ciclone e adesso rappresenta un punto critico a livello sistemico per quanto riguarda la sostenibilità dell'Europa. Come sottolineato spesso su queste pagine, il problema alla base di queste distorsioni è la soppressione artificiale di una determinazione onesta dei prezzi. Progressivamente gli "intoppi" all'interno delle economie diventano talmente preponderanti che ciò inficia ineluttabilmente il calcolo economico ponendo fine bruscamente a tutte le manipolazioni eseguite fino a quel momento.

L'evento in sé non è affatto importante, poiché rappresenta la fine di un processo che nel tempo sparge criticità sempre più ingombranti all'interno del panorama economico. È tale processo che bisogna monitorare per avere una bussola funzionante e cercare di direzionare le proprie scelte. Soprattutto perché i mercati canonici vengono ampiamente deformati dalle politiche di credito facile del sistema bancario centrale e assistiamo a pattern senza senso spinti solamente dall'euforia. L'inflazionismo è la risposta imprescindibile di chi ha costruito una società sulle menzogne e per mantenerle procede a distruggerla progressivamente. È un processo selettivo, che toglie linfa vitale (capitale) dalla classe media, laddove gran parte della produzione avviene, per poi darla a coloro che beneficiano per primi degli effetti distorsivi della stampa di denaro.

È un processo che prevede una distruzione sistematica silenziosa, permettendo ai clientes di avvantaggiarsi rispetto al resto della popolazione. Questo fenomeno è capito, al massimo, da una persone su un milione ed incapsula tutte quelle forze che infine sono destinate a fare tabula rasa della società.


LA SPIRALE DISTRUTTIVA DEL SISTEMA BANCARIO CENTRALE

Ogni volta che la banca centrale allenta la sua posizione monetaria, innesca un boom: devia risparmi reali dai creatori di ricchezza a chi invece la spreca. Ogni volta che la banca centrale inverte la propria posizione monetaria, ciò rallenta o pone fine a suddetta deviazione e manda in crisi quelle attività che sprecavano ricchezza reale. Il fattore scatenante dei cicli boom/bust sono le politiche monetarie della banca centrale e non fattori presumibilmente misteriosi. La severità della fase di bust è dettata dall'entità delle distorsioni provocate durante il boom artificiale: quanto maggiori sono state le distorsioni, tanto più grave sarà la fase di bust. Qualsiasi tentativo da parte della banca centrale e dello stato di contrastare la fase di bust attraverso stimoli monetari e fiscali, non farà altro che indebolire il bacino dei risparmi reali.

Ogni volta che la banca centrale cambia la sua posizione monetaria, l'effetto non si afferma istantaneamente: ci vuole tempo. L'effetto inizia in un punto particolare e si sposta gradualmente da un mercato all'altro, da un individuo all'altro. La precedente posizione monetaria potrebbe dominare la scena economica per molti mesi prima che la nuova posizione inizi ad emergere. Di norma i sintomi di una recessione emergono dopo che la banca centrale restringe la sua posizione monetaria; ciò che determina se un'economia cade in una recessione o soffrirà solo di un normale rallentamento economico è lo stato del bacino dei risparmi reali. Finché questo è ancora in espansione, una politica monetaria più restrittiva culminerà in un rallentamento economico. Nonostante le varie attività che sprecano ricchezza ne risentiranno, la crescita economica complessiva sarà positiva. Il motivo è semplice: ci sono più creatori di ricchezza rispetto ai consumatori di ricchezza.

E quindi finché suddetto bacino cresce, la banca centrale e lo stato possono dare l'impressione di avere il potere di annullare una recessione mediante il pompaggio monetario e abbassare artificialmente i tassi d'interesse. In realtà, queste azioni rallentano o arrestano solo il fallimento di quelle attività che si sono avvantaggiate dalla politica monetaria allentata, continuando così a deviare risparmi reali da chi contribuisce a farli crescere. L'illusione che attraverso il pompaggio monetario sia possibile mantenere in carreggiata l'economia, va in frantumi una volta che il bacino dei risparmi reali inizia a calare e successivamente si finisce in recessione. Anzi, piuttosto che invertire il crollo, una politica monetaria più accomodante indebolirà ulteriormente il flusso di risparmi reali e la struttura della produzione.

L'economia, come tante altre "cose" nella vita, è un ordine complesso, dinamico ed adattativo. Le variabili sono sconosciute e, anche se fossero note in un certo punto nel tempo, a causa della natura dinamica del sistema, cambierebbero costantemente in modo imprevisto, rendendo praticamente impossibile una misurazione precisa. Non si può gestire ciò che non si può misurare. 

Tuttavia le banche centrali si sono arrogate il compito di gestire l'economia ed il sistema finanziario, prendendo di mira l'inflazione dei prezzi. In accordo con i loro modelli, si attengono ostinatamente ad un indice dei prezzi al consumo (IPC) che esamina la media ponderata dei prezzi di un paniere di beni di consumo e servizi, come trasporti, cibo e cure mediche. Concentrandosi solo sui prezzi al consumo, l'inflazione in azioni, obbligazioni, immobili o qualsiasi altro asset finanziario viene completamente esclusa dal quadro. Non notate una punta di discriminazione? I piani alti considerano la maggior parte delle persone come stupidi salariati a cui non interessa possedere beni fruttiferi. Inutile sottolineare che le cose non stanno così: le persone risparmiano non per comprare una mela ad un prezzo inferiore domani, ma per permettersi in futuro una casa in cui vivere. E questa stessa casa attualmente non è inclusa nelle misure dell'inflazione. Se lo fosse, l'inflazione dei prezzi ufficiale dovrebbe essere molto più alta.

L'elevata inflazione dei prezzi degli asset a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni è una conseguenza dell'immensa espansione monetaria. Nel 1971 gli Stati Uniti abbandonarono il gold standard, avviando una race to debase tra le varie divise mondiali. Sotto l'amministrazione Volcker, nel 1983, gli Stati Uniti fecero un altro passo decisivo: la FED non avrebbe più preso di mira l'offerta di moneta, ma il prezzo a cui si prende in prestito denaro. Ancora oggi la FED manipola il tasso d'interesse di riferimento, il Federal funds rate, lasciando fluttuare l'offerta di moneta. In questo modo si sono spalancate le proverbiali porte dell'inferno, data l'enorme espansione monetaria attraverso il sistema bancario ombra. Dopo il 1983 le banche centrali, con la FED in prima linea, hanno iniziato a rendersi conto che molti dei loro strumenti di politica monetaria stavano diventando sempre più inefficaci.

Infatti non sono state in grado di spiegare l'enorme crescita dell'offerta di moneta proveniente dalle istituzioni private e solo negli ultimi anni gli economisti hanno riconosciuto che la misurazione dell'offerta di moneta in variabili come M0, M1, M2 e M3 è piuttosto incompleta, visto che tralasciano i molti titoli e asset che hanno sviluppato una sorta di "moneyness" nel corso del tempo. Poiché i banchieri commerciali sanno che lo stato li salverà, aumentano i loro rischi (es. bassi rapporti di capitale, portafogli d'investimento pressoché simili tra le varie banche, maggiore esposizione ad asset rischiosi, uso intensivo dei mercati OTC, ecc.). Quando i tempi sono buoni, diventano ricchi; quando il mercato si muove contro di loro, vengono salvati. Questo è ciò che gli economisti chiamano una relazione asimmetrica. A partire dal diciannovesimo secolo, gli economisti ed i critici degli schemi di protezione delle banche da parte dello stato hanno definito in modo chiaro questo fenomeno: azzardo morale.

Powell è in trappola. La Lagarde è in trappola. Loro ed i loro colleghi hanno spinto il mondo più in profondità in quello che può essere definito circolo vizioso del sistema bancario centrale. Non c'è nulla all'orizzonte che suggerisca che il sistema verrà riformato in modo da poter sfuggire agli effetti della massiccia espansione dei bilanci delle banche centrali. Il problema non sono mai stati i bilanci delle banche commerciali, ma i bilanci delle banche centrali, che riforniscono il sistema bancario di riserve. Il problema non ha avuto origine con Goldman Sachs o JP Morgan, ha avuto origine con il Federal Reserve System. C'è solo una via d'uscita da questo circolo vizioso: abbandonare del tutto il sistema bancario centrale.


INFLAZIONISMO: CUI PRODEST?

L'intervento della pianificazione centrale può assumere molte forme, una delle più popolari prevede la stampa di migliaia di miliardi in denaro fasullo. La disarmonia simbiotica dello stimolo fiscale e monetario è destinata a fallire, ma nel frattempo il mercato azionario lo adora. Poiché sempre più denaro fasullo viene distribuito per stimolare in qualche modo l'economia, lo stock di denaro viene diluito.

Sta accadendo qualcosa di tanto strano quanto terribile: il nuovo denaro immesso nell'economia sembra pari a quello "vero". Le persone possono toccarlo nella loro busta paga, possono vederlo nei loro conti in banca e possono contarlo. Ma quando vogliono spenderlo, per andare a fare la spesa al supermercato, o per pagare le bollette, si ha come l'impressione che non basti mai. Il loro valore è stato confiscato dall'inflazionismo del sistema bancario centrale e trasferito a coloro che hanno ricevuto per primi il denaro creato ex novo.

La svalutazione monetaria va avanti da migliaia di anni. Negli Stati Uniti è in corso sin dall'approvazione del Federal Reserve Act nel 1913 ed ha accelerato dal 1971, quando Nixon pose fine alla convertibilità del dollaro in oro. Il dollaro ha perso oltre il 96% del suo valore sin dal 1913. Ciò significa che oggi varrebbe meno di 4 centesimi del 1913. Per quanto tempo questa corruzione del dollaro potrà continuare? Quanta acqua si può aggiungere ad una bottiglia di Pepsi prima che venga completamente rovinata? Potremmo scoprirlo molto presto...

Il debito nazionale degli Stati Uniti supera i $27.000 miliardi, il deficit di bilancio per il solo 2020 è stato di $3.100 miliardi e l'anno prossimo vedrà l'aggiunta di altri $2.000 miliardi. Questo debito non sarà mai ripagato onestamente, ma sarà ripagato in modo disonesto. E sarà la popolazione in generale a ripagarlo, attraverso l'inflazionismo. Badate bene, questo vale per ogni altra nazione. Il denaro fiat che avete in mano, che guadagnate, che usate per acquistare le cose che desiderate, è stato irrimediabilmente danneggiato. E quando il denaro muore, muore anche la società. Quando il denaro è corrotto, anche la società lo è.

Stampare denaro in eccesso rispetto a beni/servizi crea inflazione, una "tassa" nascosta. Con un'inflazione del 10%, €1 acquista solo 90 centesimi di beni/servizi nel mondo reale. I super ricchi non fanno affidamento sui salari o sui risparmi in denaro; possiedono asset fruttiferi i cui rendimenti aumentano con l'inflazione; possiedono immobili, quindi possono aumentare gli affitti compensando gli effetti dell'inflazione; possiedono beni che tendono a conservare il loro potere d'acquisto rispetto al denaro fiat. I mercati attribuiscono un premio a tutti gli asset che tengono il passo o superano l'inflazione dei prezzi, quindi il valore degli asset di proprietà dei super ricchi aumenta, arricchendo ulteriormente i pochi che li possiedono.

L'inflazione degli asset avvantaggia i super ricchi più di chiunque altro perché possiedono la stragrande maggioranza di questi beni. Quindi la stampa di denaro e l'inflazione genera una vittoria per i ricchi visto che spinge più in alto il valore dei loro beni, rendendoli ancora più ricchi, mentre la "tassa" nascosta impoverisce tutti coloro che dipendono da salari e liquidità. Non c'è da stupirsi che i super ricchi adorino la MMT e la stampa di denaro: l'inflazione li rende più ricchi mentre rende tutti gli altri più poveri. Sebbene possa sembrare un processo "senza fine", in realtà ciò che avviene realmente è una ridistribuzione della ricchezza verso l'alto. E come spiegato all'inizio di questo articolo, nel momento in cui i l bacino dei risparmi reali inizia a stangare o peggio a contrarsi iniziano ad emergere i guai. Tutta la società a tal punto ne soffrirà, anche chi crede di aver accesso ad un moto perpetuo in quanto a sequestro di ricchezza reale. È impossibile prescindere dalla disintegrazione del calcolo economico, così come non si può prescindere dalla violazione della Legge di Say. Infatti questo è pesantemente visibile dai grafici dei vari indici azionari, i quali sono spinti in alto solo dalle dichiarazioni dei vari banchieri centrali e si lasciano dietro una serie di gap che devono essere fillati.

Un tempo il mercato azionario rispecchiava una determinazione onesta e una scoperta onesta dei prezzi; ora abbiamo a che fare con una bisca clandestina che scommette grazie alla politica dei tassi a zero. E badate bene, i gap segnati nei grafici sono solo quelli che vanno fino allo scorzo marzo. Ce ne sono molti di più se andiamo indietro nel tempo e, per formazione tecnica, è una certezza matematica che verranno colmati (sebbene i tempi non si possano dire). Ho preso il NYSE, il DJI e l'SPX come esempio perché sono i più osservati dagli analisti, in modo da dimostrare l'importanza del meccanismo che ha sostituito il price discovery: il gap discovery. Tutti i balzi di prezzo sono ottenuti tramite un gap overnight, gli short pare che debbano essere piallati per l'ennesima volta e gli acquirenti in preda al panico inseguono il prezzo. Ripetete poi il pattern. Non esiste una cronologia di mercato che dimostri che tale azione sui prezzi sia sostenibile o addirittura desiderabile. La combinazione di questa struttura di mercato, con enormi gap aperti, resistenze storiche, ottimismo senza limiti e un enorme compiacimento lascia spazio per sorprese e backtest.

In sintesi, sebbene l'inflazionismo abbia garantito a grandi banche commerciali, ai relativi clientes e agli stati di depredare il resto della società della ricchezza reale per mantenere in piedi una illusione di solvibilità, continuare lungo questa strada non solo porterà alla disintegrazione della classe media, con relativa creazione di una classe strabordante di poveri, ma anche ad una demolizione di quel meccanismo tanto caro a coloro che fanno parte della classe di privilegiati.


CONCLUSIONE

Finora ci è stata somministrata una dieta a base di distanziamenti, divieti, quarantene e tracciabilità, dimenticandoci completamente del fatto che tutto questo doveva essere solo un esercizio di due o tre settimane per "appiattire la curva". E ora sta emergendo la verità: ciò che si sta pianificando è una nuova proposta mascherata da "grande reset". Bisogna capire che un cambiamento è inevitabile nella società dato il livello di distorsioni economiche accumulate nel tempo, solo che i pianificatori centrali vogliono indirizzare questo fenomeno a loro vantaggio attraverso una proposta completamente nuova riguardante l'intera organizzazione della società. Bisogna capire che i meccanismi economici sottostanti, che stanno spingendo questo grande cambiamento, esistono indipendentemente dal Covid ed esistono indipendentemente dagli oligarchi che promuovono la loro versione di "reset".

I pianificatori centrali stanno cercando soluzioni per attuare una transizione verso una civiltà completamente separatista. Sanno che questo sistema non può andare avanti così com'è e il Covid è arrivato praticamente "al momento giusto". Ora una semplice influenza stagionale viene utilizzata per giustificare la messa al bando di diritti costituzionali e di una società pluralista. Il sistema economico focalizzato sul consumo, che si basa sia sulle catene di approvvigionamento globalizzate ma anche sull'obsolescenza pianificata, non è più sostenibile. Faceva affidamento su un terzo mondo affinché fosse una fonte sia di materie prime che di manodopera più economica, ma tale "mondo in via di sviluppo" si è ampiamente sviluppato.

Inutile dirlo, vogliono anch'essi far parte della scena mondiale che conta, soprattutto la Cina, la quale "ha conquistato" il mondo attraverso il commercio e l'outsourcing da parte degli altri Paesi del mondo. Questa minaccia, o presunta tale, ha richiesto una scelta epocale come quella avvenuta all'inizio degli anni '70. Il mondo, però, non è più quello di allora e cercare di far risorgere politiche macroeonomiche sulla scia di quelle che hanno caratterizzato sin da allora l'ambiente economico è impossibile. Basta guardare, infatti, al gap discovery sui mercati azionari ed i bilanci stratosferici delle principali banche centrali.

A questo proposito si profila all'orizzonte il seguente scenario: i tassi d'interesse rimarranno bassi e se si verificheranno altri shock i pianificatori monetari centrali si sentiranno obbligati a diffondere ulteriormente il welfare state, espandere la spesa pubblica e far salire il debito pubblico. Questo scenario si applica in particolare all'Europa. Tuttavia tassi d'interesse bassi e credito facile saranno inutili se nessuno sarà disposto ad accendere prestiti. In tal caso ci dirigeremo verso un quadro nuovo e alquanto inquietante.

Se la produzione continuerà a calare ed emergeranno strozzature, l'Occidente dovrà affrontare inflazione, debito pubblico vertiginoso, tassi d'interesse reali negativi e numerose bolle. I banchieri centrali arroventeranno ancora di più le stampanti monetarie, acquisteranno bond statali e permetteranno ai governi di spendere tutto ciò che serve per acquistare consenso. La credibilità dei nostri sistemi monetari verrà sottoposta a forti pressioni e la spesa pubblica porterà a nuove ed inquietanti tensioni.

Un altro mondo è possibile, basta semplicemente sapere dove guardare.