venerdì 31 luglio 2015

Dalla presunzione fatale alla strada verso la schiavitù: l'euro e l'UE






di Francesco Simoncelli


Com'era prevedibile, e come avevo preannunciato in questo commento, la Grecia è stata infine salvata. Non c'è da sorprendersi. Il progetto europeo è qualcosa che riguarda fortemente una pianificazione centralizzata dell'economia su scala extra-nazionale, ed è stato impiegato troppo capitale materiale e temporale affinché venisse portato alla luce. Il progetto europeo doveva essere il fiore all'occhiello del NWO, invece si sta trasformando in un incubo per le persone sottomesse ai suoi dettami e un misero fallimento per gli eurocrati che ancora ci credono. A questo proposito, quindi, si farà di tutto per tenere in piedi questa farsa. Il prezzo non è qualcosa che preoccupa i pianificatori centrali, non saranno loro a pagarlo. Sarà, come la solito, scaricato sui contribuenti. Se volete un assaggio, vi basta guardare al Giappone. Esatto, questo è il paziente zero; se si vuole sapere dove finirà l'occidente basta guardare alla colonia di vecchi ultra-indebitata del sol levante, dove il continuo interventismo centrale sta ammazzando ciò che resta di onesto nell'economia nipponica.

Prima Tokyo, poi Harare. Prima stagnazione economica perpetuata da un sistema di salvataggi che ne aumenta l'intensità, poi inflazione di massa a seguito di un interventismo diretto da parte delle autorità monetarie. Attenzione, perché qui non si tratta solo di un disastro economico, ma soprattutto di un disastro politico/sociale che prevede il controllo soffocante degli individui. Nel 1950 Ludwig von Mises scrisse Planned Chaos. Sono passati 65 anni e si sta verificando esattamente quanto da lui scritto in quel libro. A fronte d'interventi sempre più ingerenti nel tessuto economico per tamponare le falle dovute ai precedenti interventi fallimentari, la pianificazione centrale si trova costretta a gestire sacche sempre più ampie della società affinché riesca a mantenere salda la sua presa sull'economia, pena un collasso. Lo stadio finale è l'economia controllata in ogni suo aspetto e dettaglio. Situazione insostenibile, e infine destinata a crollare, ma che nel frattempo spoglia gl'individui di quante più libertà individuali possibili.



“THE FATAL CONCEIT” E L'UNIONE EUROPEA

In realtà, gli europei sono stati raggirati. Era stato promesso loro un avvenire florido e pacifico grazie ad un'unione dei popoli, invece la realtà ha ricordato loro una promessa che avrebbero dovuto apprendere decenni fa: mai fidarsi dello stato. Quando pensate a tale istituzione pubblica, pensate a questo proverbio: se gli date un dito, si prende il braccio. È letteralmente incapace di gestire la società, poiché incapace di svolgere un calcolo economico in accordo con l'ambiente economico. Il suo fine è semplicemente il controllo. È attraverso il controllo che riesce a sopravvivere. Ma questo richiede un prezzo da pagare, perché non esistono pasti gratis: minore libertà e stagnazione economica e intellettuale.

Infatti è proprio il disallineamento del sistema dei prezzi con domanda e offerta che crea quella voragine di errori economici in cui le economie pianificate e miste tendono a sprofondare. Ogni attore economico all'interno della società è possessore di una conoscenza "unica" che solo lui può decifrare. Perché? Perché è stato lui a costruirla, e solo lui possiede la chiave per capirne il senso. Poi trasmette e amplia questa sua conoscenza mediante le informazioni che lui e gli altri attori economici condividono nel mercato. Ovvero, mediante gli scambi di cui ognuno di noi prende parte ogni giorno. Il mercato non è altro che una grande asta in cui vige solo una regola: il prezzo più alto vince. È questa la migliore allocazione delle risorse scarse presenti sulla scena economica, poiché tende a minimizzare un probabile dissenso. In questo modo gli attori economici indirizzano le loro azioni di conseguenza, utilizzando il sistema dei prezzi come sestante col quale orientare i loro bisogni e utilità all'interno del panorama economico.

Il prezzo più importante, ovviamente, è il prezzo del denaro. Perché? Perché è la merce più commerciata. Attraverso di esso siamo in grado di velocizzare gli scambi in cui ci impegniamo, risparmiando di conseguenza un sacco di tempo e guadagnandoci in efficienza. Il denaro, fungendo da mezzo di scambio, permette agli attori di mercato di scambiare la propria produzione con quella altrui evitando i grossi grattacapi presentati dal baratto. Anche il denaro, essendo una merce, è sottoposto alla legge della domanda e dell'offerta, le quali ne aggiustano il prezzo in base all'utilità e al valore che gli attori di mercato vi imputano. Il tasso d'interesse, quindi, è un parametro temporale fondamentale che non rappresenta solo il "prezzo del denaro", ma rappresenta anche un parametro coordinativo importante che segnala agli attori di mercato come meglio ripartire consumi e risparmi. Che il sistema dei prezzi rimanga quanto più inalterato possibile da interventi esterni, è un fatto fondamentale perché la perturbazione artificiale dei suoi segnali ne distorce la natura informativa veicolata. Quanto più l'informazione che gli attori di mercato condividono viene trasmessa in modo errato, tanto più le loro azioni e conoscenze saranno infettate dall'errore. Inoltre, maggiore è il sedimento di errori, minore sarà la volontà degli individui di modificare il loro assetto mentale.

In altre parole, gli attori di mercato saranno viziati dalla ricezione errata d'informazioni e tenderanno a basare le loro strategie in base a queste false informazioni. Svilupperanno le loro conoscenze seguendo l'errore originale e ne commetteranno altri di conseguenza. Non tutti accetteranno l'errore originale, alcuni lo rifiuteranno, altri ci penseranno due volte prima di accettarlo. Ma la falsa informazione è un veleno che si insinua all'interno dell'ambiente di mercato e lo modella di conseguenza. A suo piacimento? In parte. Alla fine gli errori devono essere corretti: scoppio delle bolle. È inevitabile. È la natura dei mercati. Questo per dire che è la natura delle forze di mercato. Qualsiasi disallineamento, alla fine, verrà corretto.

In questo contesto, qualsiasi interferenza col meccanismo di pulizia non solo impedisce alla correzione di completare il suo compito, ma ne acuisce il dolore che bisogna sopportare per tornare ad avere un ambiente economico quanto più scevro da disallineamenti. La presunzione della pianificazione centrale si inserisce qui e fa sentire il peso di tutta la sua pervasività quando permette ad una situazione insostenibile di continuare ad intensificare la sua esplosività. E' questo quanto sottolineato, ad esempio, da F. A. Hayek in uno dei suoi capolavori, The Fatal Conceit. Il libro è pregno di considerazioni in base alle quali si mette in seria discussione la capacità della pianificazione centrale di dirigere verso lidi di prosperità la società nel suo complesso. L'approccio top-down è fallimentare perché intrinsecamente incapace di raccogliere le informazioni necessarie pe costruire una conoscenza talmente specifica da poter influenzare efficientemente la produzione e i prezzi. Perché? Perché la pianificazione centrale entra nell'asta giornaliera di cui siamo tutti protagonisti con il proposito di falsificarla. Non vince più la formula "l'offerta più alta vince", bensì la "maggior parte dei voti vince". Il voto è la moneta della pianificazione centrale, e il voto non veicola informazioni, le distorce.

L'UE non è altro che l'estensione dell'agenda politico/economica di quel piano centralizzatore che fa riferimento al NWO. Fu Jean Monnet che, insieme a Raymond Fosdick, portarono avanti l'agenda del NWO in Europa. Tale agenda vide realizzare i suoi primi frutti con la nascita della CECA.

Ma ecco il prodotto civetta che permette ad alcuni di dire che l'UE potrebbe essere stata fondata seguendo principi di "libero mercato": zona di libero commercio con basse tariffe. A quale prezzo? Cessione della sovranità nazionale ad uno stuolo di burocrati non eletti che avrebbero stilato le regole.

Questo non ha niente a che fare con nessuna teoria di quegli economisti di libero mercato che invocavano una società basata sulla conoscenza decentrata. Questo non ha niente a che fare con una prosperità di lungo periodo. Questo, invece, ha a che fare con un controllo capillare della società. Si ha la presunzione di poter in qualche modo controllare la divisione del lavoro in base ad un ruolo calato dall'alto. Ho una proposta. Se davvero questi individui credono di poter realizzare una cosa del genere, sicuramente sapranno dirvi come costruire una matita senza aiuto alcuno.



SPENDI, SPANDI, TASSA, RIDISTRIBUISCI

I pianificatori centrali, avendo una conoscenza limitata dell'ambiente economico che li circonda, non possono assicurarsi le risorse di cui hanno bisogno per portare avanti i loro progetti. Non potendo effettuare un calcolo economico in accordo con i segnali di mercato, si trovano costretti a prendere con la forza le risorse di cui hanno bisogno. Agiscono in base a questo principio: non rubare, a meno che non hai la maggioranza dei voti.

Grazie all'espansione monetaria della BCE nel primo decennio di vita dell'euro, sembrava davvero che i pianificatori centrali stessero consegnando il paradiso in terra ai propri elettori. I governi, diminuendo la pressione fiscale sui contribuenti, sembravano poter risparmiare un pesante fardello al loro elettorato prediligendo un metodo di acquisizione di risorse passante per le emissioni obbligazionarie. Di conseguenza, maggiore era il deficit con cui lo stato europeo membro finanziava le sue spese, maggiori risorse riusciva a concentrare nelle sue mani da quegli altri stati europei membri che invece prediligevano un assetto economico più responsabile. A fronte di emissioni obbligazionarie crescenti poste come garanzie per prestiti sganciati dalla BCE, il membri del Club Med, ad esempio, si sono lanciati in una baldoria di spese costituite principalmente da una spesa in deficit.

Ciò è solo apparentemente meno deleterio di una tassazione visibile, perché in questo modo le risorse sottratte dall'economia reale vengono acquisite in modo nascosto, ma ad un prezzo futuro. Qual è questo prezzo futuro? La crisi scoppiata nel 2010.

Nel 1977 venne pubblicato il libro di James Buchanan, Democracy in Deficit. In esso l'autore ci spiega come i primi 150 anni di vita degli Stati Uniti siano stati caratterizzati da una regola non scritta, ma che è stata rispettata alla lettera poiché principio di prosperità e responsabilità: la necessità di un bilancio in pareggio. Era qualcosa di assimilato nella consuetudine della pratica economica essere responsabile fiscalmente, e questo non escludeva il governo il quale doveva sottostare entro le rigide pastoie dell'occhio dei contribuenti che  scrutavano il flusso di tasse che scorreva verso le istituzioni pubbliche. Ogni dollaro speso in tasse era un dollaro sottratto all'elettorato, e questo era un dolore visibile. Questo significava rinunciare a qualcosa di desiderato per permettere al governo di spenderlo chissà dove. C'era quindi resistenza ad una qualsiasi spesa improduttiva. In un certo senso, c'è tuttora. Infatti il governo americano non è mai riuscito a sottrarre in tasse più del 21% del PIL.

La resistenza politica è forte. La resistenza politica è compatta. La resistenza politica esige una spiegazione. Negli anni c'è stata solo un'eccezione a questa regola: le guerre. Ma con l'emersione del keynesismo nel mondo accademico, negli ultimi 70 anni quella regola non scritta è stata sovvertita. È stata creata un'eccezione alla precedente eccezione: crisi economiche. Lo stato, quindi, avrebbe dovuto impegnarsi a spendere in deficit nei periodi di crisi stimolando la domanda dei consumatori e permettere all'economia di riprendersi, salvo poi ricorrere a misure d'austerità nei periodi di surplus in modo da bilanciare il deficit. Questo spiraglio d'interventismo statale è stato utilizzato dai pianificatori centrali per avere deficit perenni. Il nostro paese, ad esempio, non fa eccezione. L'Italia, infatti, ha continuato ad affondare le mani nella spesa in deficit nonostante fosse ad un passo dal collasso economico prima dell'entrata nell'euro, e anche ora che le cose si stanno surriscaldando ancora una volta.




Buchanan centra il punto con il suo esempio.

Se prendo in prestito $1,000, creo un impegno futuro su di me o sulla mia casa. Indipendentemente dal mio utilizzo dei fondi, non posso imporre un costo esterno agli altri. A meno che non lasci beni valutati positivamente con cui ripagare i miei debiti, i miei creditori non possono obbligare i miei eredi a pagare i loro crediti.

Al contrario, supponiamo che io "voti" per un'emissione di debito pubblico per un importo di $1,000 a persona. Posso riconoscere che questo debito incarni una passività fiscale su alcune persone, ma non sono pienamente responsabile del rimborso totale del suddetto importo. Se non lascio alcun bene valutato positivamente, i creditori del governo potranno ancora far valere le loro richieste sulla mia progenie come contribuenti del futuro.

Inoltre l'appartenenza al gruppo dei contribuenti si sposta nel tempo. I nuovi arrivati, e non solo coloro che discendono direttamente da coloro che prendono una decisione riguardo alla suddetta spesa, sono obbligati a far fronte al debito, agli interessi e agli ammortamenti.

In sintesi, l'istituzione del debito pubblico presenta un unico problema che di solito è assente con il debito privato; persone che sono responsabili delle decisioni in un periodo sono autorizzate ad imporre eventuali perdite finanziarie sulle persone delle generazioni future. Ne consegue che l'istituzione [governo] rischia di abusarne. Ci sono problemi morali ed etici con i finanziamenti in disavanzo pubblico che semplicemente non sono presenti nella controparte privata.

La crescita economica nominale a cui abbiamo assistito nel decennio 1999-2010, non era altro che un'illusione partorita dalla stampante monetaria della BCE, la quale ha incentivato un uso improduttivo delle risorse economiche scarse presenti nel panorama economico. Si sono, quindi, moltiplicate le attività che andavano a distruggere ricchezza piuttosto che crearla, forti di un accesso (presumibilmente) illimitato ad un credito a buon mercato. L'inizio dell'implosione della bolla obbligazionaria europea ha messo in allarme i pianificatori centrali, i quali avrebbero visto sfaldarsi sotto i loro occhi tutte quelle sacche di clientelismo che avevano creato nel corso degli anni e grazie alle quali hanno goduto di sostegno. Di conseguenza, non potendo permettersi un simile esito, sono intervenuti per salvaguardare tali entità a scapito del resto dell'economia, la quale avrebbe dovuto affrontare non solo un deleveraging generato dai propri errori, ma sobbarcarsi anche quello di queste attività economiche zombie che in questo modo avrebbero continuato a parassitare il bacino della ricchezza reale.

I pianificatori centrali, infatti, pensavano di poter sostenere le attività distruttrici di ricchezza e in questo modo permettere loro di fa prosperare l'economia con un effetto a cascata. Purtroppo per loro non hanno fatto i conti con una realtà inaspettata: il trucco da salotto dell'espansione artificiale dell'offerta di moneta è qualcosa che funziona una tantum, o per meglio dire, finché esistono bilanci puliti che possono essere ingolfati. Una volta che questi ultimi diventano saturi di debiti, l'utilità marginale di ulteriori debiti diventa negativa e così si entra nel campo dei rendimenti decrescenti. Ciò sta accadendo per il rendimento del debito pubblico, ad esempio, il quale arriverà ad un punto che ad ogni unità di debito aggiuntiva consisterà la distruzione di un'unità di PIL. Di conseguenza quelle attività improduttive tenute in vita artificialmente, devono avere una quantità di canali da cui assorbire quantità crescenti di risorse economiche per non perire sotto il peso degli errori economici accumulati nel tempo.

Ecco perché lo stato non può smettere di tassare. Ecco perché lo stato non può smettere di spendere. Ecco perché si è arrivati al Q€, il quale sarà prolungato il prossimo settembre. Si vuole ricreare a tutti i costi quell'El-Dorado in cui si viveva nel decennio 1999-2010, con gli stessi tassi di crescita economica. Si vuole, quindi, modellare la realtà a proprio piacimento. Purtroppo per i pianificatori centrali, le cose non stanno così. Nessuna crescita economica esiste senza un bacino in crescita di risparmi reali. E nessun bacino dei risparmi reali può crescere se gli attori di mercato non sono liberi d'inventare e si vedono risucchiare le risorse economiche dallo stato. Ho provveduto a spiegare come funziona questo processo qui: http://francescosimoncelli.blogspot.com/2014/11/le-illusioni-hanno-conseguenze.html

Ovviamente nella realtà il processo è decisamente più complesso, ma le meccaniche di base sono quelle. Gli attori di mercato, non potendo fare totale affidamento sul meccanismo di segnalazione del mercato, non sono più incentivati ad innovare al fine di competere con altre realtà decretate obsolete dalle forze di mercato. Bensì sono incentivati solamente ad emergere e a farsi assorbire da qualche mastodonte clientelare che grazie alle sue connessioni riesce a restare (artificialmente) in vita. Ciò stimola l'ingegneria finanziaria. Ciò stimola l'ulteriore deviazione di ricchezza reale verso pachidermi che la sprecheranno. Ciò stimola l'erosione persistente del bacino della ricchezza reale.

Finché la pianificazione centrale continuerà a far proseguire questo circolo vizioso, non ci sarà alcuna crescita reale ma solo una lenta agonia alternata da sprazzi sempre più brevi di crescita economica nominale.



QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE

Questo è uno dei migliori "indicatori" per intuire la probabilità di una recessione. La maggior parte dei commentatori finanziari non ci fa caso e si limita a guardare al mercato azionario. In questo momento stiamo iniziando a vedere i primi segni di un'inversione della curva dei rendimenti statunitensi. Questo significa che più l'inversione diventerà marcata, maggiori saranno le probabilità di una recessione. Di solito la recessione segue l'inversione della curva dei rendimenti di circa 6 mesi.

Cosa indica questa inversione? La fine di un periodo monetario altamente espansivo. L'inflazione monetaria alloca improduttivamente le risorse scarse nell'ambiente economico: l'espansione dell'attività economica si basa su un bacino di risparmi reali fasullo e gli attori economici vengono ingannati dai tassi d'interesse artificialmente bassi. Man mano che la realtà torna a far sentire la sua voce, le attività improduttive che hanno sottratto risorse reali all'economia iniziano a soffrire e diventano disperate poiché non possono più entrare in possesso di denaro a buon mercato. Tale sofferenza (aumento dei tassi a breve termine e carenza di liquidità) si trasforma in dolore economico quando suddette attività soffrono perdite e infine sono costrette ad andare in bancarotta.




Dopo Grecia, Cina, Australia e Brasile, sulla graticola del fallimento si posa anche il Giappone. Eppure era il regno dei signoraggisti e altri folli monetari che decantavano come il QE fosse la panacea di tutti i mali. La colonia di pensionati che sull'insegna porta il nome di "Giappone", sta manifestando i segni di un'economia sotto stress a causa di un debito gigantesco, un mercato obbligazionario fasullo, prezzi in ascesa e salari in picchiata. E' sostenibile nel lungo periodo? La BOJ promette ulteriori interventi. Questo significa ulteriore dolore economico per i giapponesi. Più controlli immetteranno nell'economia, più velocemente il castello di carte crollerà al suolo una volta che un evento "insignificante" lascerà entrare nella stanza una folata di vento. Pensate a MPS. Pensate a Nomura.

Ciononostante sotto gli occhi di tutti rimane la Grecia. Alla fine il governo greco ha accettato le condizioni della Troika e presto riceverà il denaro per il terzo salvataggio. I media finanziari hanno festeggiato ripetendo, per la terza volta, come la Grecia sia ormai sistemata. No, non lo è. La Grecia è una dolina finanziaria, un investimento improduttivo a livello statale, e il suo continuo salvataggio non servirà a sistemare le cose; servirà solamente a dilatare i tempi di un default praticamente annunciato. Infatti il meccanismo ELA con cui verrà finanziato il sistema bancario greco, non inietterà sin da subito il denaro necessario per una ricapitalizzazione. Perché no? Politicamente suicida. Significherebbe segnalare ai mercati quanto nei guai sono i bilanci del settore bancario ellenico. Ma più tempo viene preso e più lentamente verranno iniettati tali fondi, più i controlli di capitali rimarranno in vigore continuando a seminare panico tra la popolazione. Questo aumenta il rischio di un bail-in per quei depositanti in possesso di conti da €100,000+. Lo stress per le sofferenze accumulate finora si sta facendo sempre più opprimente. Questo aumenta il rischio di un panico. Nessuno vuole agitare le acque in questo momento. Ma dati i livelli di errori economici finora raggiunti, le acque finiranno per essere agitate... in un modo o nell'altro.

Considerate questo fatto: nel periodo tra gennaio e maggio di quest'anno, la Grecia ha incassato in tasse €18 miliardi e ne ha spesi €20.6 miliardi. Questo significa che anche se la Grecia dovesse raggiungere le aspettative più ottimistiche di bilancio, la spesa anno/anno sarebbe di €2.6 miliardi superiore. Considerando tutte le vecchie promesse fatte dai governi passati e la scarsa austerità imposta, come accidenti può fare il governo ad andare in pareggio con conti simili, interessi in ascesa e un'economia da €175 miliardi con un debito da €320 miliardi? Esattamente, tra qualche mese la Grecia tornerà sui titoli dei giornali poiché non sarà in grado di onorare i suoi impegni con l'Europa.

Nel frattempo l'esposizione alla bomba ad orologeria greca si è espansa, tirando dentro altri soggetti fiscalmente irresponsabili ed economicamente instabili.




In caso di necessità, questi stessi paesi seguiranno il modello della Grecia e chiederanno aiuti all'Europa. Questo significa ulteriore interventismo. Questo significa ulteriori errori economici. Questo significa che dalla presunzione fatale alla base del progetto europeo ci stiamo dirigendo verso quella che nel 1944 F. A. Hayek definì la strada verso la schiavitù. Ormai è rimasta solo la Germania che può essere utilizzata come garanzia collaterale per mantenere in piedi la zona Euro. Questo significa che saranno spennati i contribuenti tedeschi. La Germania uscirà quindi dall'euro? Non credo. Questo vuol dire che verrà chiamata in causa la BCE e vedremo se davvero manterrà fede alla sua promessa del 2012, ovvero, se farà tutto il possibile per mantenere viva (o in stato catatonico) l'Europa. Pensate che qualcosa di simile sia lontano nel tempo? Pensateci due volte. Spagna e Italia sono altre due doline finanziarie. L'economia della prima arranca e l'economia della seconda è ormai in stagnazione perenne. Il rapporto debito/PIL della Spagna è salito dal 68% al 98%. Il rapporto debito/PIL dell'Italia è salito dal 116% al 132%. Quello della Francia è salito dall'85% al 95%. La Spagna ha un debito da €1,000 miliardi, mentre l'Italia uno da €2,600 miliardi.

E non scordiamoci il Portogallo. Una ristrutturazione di uno qualsiasi di questi debiti significherebbe default a catena. Senza contare il rapporto di leva del settore bancario europeo e la sua esposizione a queste sabbie mobili: 26:1. Non ci sono riforme che potranno tenere. Non esistono. Perché? Perché questa non è una crisi ciclica, è strutturale. Invece di permettere una sana pulizia di quegli errori economici accumulati in passato, si è deciso d'ingigantirli e crearne di nuovi.

Ma come detto poco sopra, non è solo la Grecia. È un problema globale. È un problema di quante volte ancora si può giocare al calcio al barattolo. Più in generale, è un problema tra economia di mercato e socialismo. Sebbene il ventesimo secolo abbia sperimentato terribili dittature ed economie di comando, si è pensato scioccamente che mantenere un minimo di libertà intorno alla sfera individuale avrebbe permesso ai pianificatori centrali di direzionare a loro piacimento le sorti della società e parassitarne indisturbati i proventi. Hanno intrapreso la cosiddetta "politica della terza via", pensando di poter erigere un muro tra loro e le decisioni individuali degli attori di mercato. Ciò che in realtà hanno creato è stato un lento scivolamento verso un'economia di comando, poiché non esiste nulla che possa rassomigliare ad un'economia di comando soft. Coloro che si fanno fuorviare non comprendono come l'economia socialista sia sostanzialmente un'economia di consumo. Si pensa scioccamente che basti sfornare "cose a caso" per fornire agli attori di mercato ciò di cui hanno bisogno per prosperare. Diversamente da ciò, l'economia di mercato è un'economia di produzione la quale lascia nelle mani degli imprenditori il compito di soddisfare al meglio i desideri degli attori di mercato. Non si producono, quindi, "cose a caso" ma la produzione è diretta fondamentalmente da ciò che gli individui vogliono che sia prodotto. In questo modo non solo si stimola la creazione di cose, ma si stimola anche l'inventiva e la creatività attraverso la quale sottrarre quote di mercato a quelle imprese obsolete.

I prezzi trasmettono informazioni. La conoscenza degli imprenditori può svilupparsi inalterata da deformazioni corrosive partorite da enti centrali dispensatori di favori clientelari, migliorando di conseguenza la sua alertness nei confronti di idee in grado di migliorare la sua posizione e di riflesso quella dell'intera società. Un ambiente economico quanto più privo di alterazioni artificiali rappresenta un habitat adeguato per portare alla luce una crescita economica sana e sostenibile.

Tutto ciò non è affatto presente nell'attuale Europa, la quale sta assaporando la devastante tragedia a cui conduce la strada verso la schiavitù. La presunzione di voler pianificare centralmente l'economia e sperare che le cose sarebbero andate diversamente si sta ritorcendo contro gli eurocrati, i quali stanno implementando misure sempre più disperate per tenere in piedi la nave europea che affonda. Infatti, a parte i bond sovrani delle varie nazioni-carcassa europee, la BCE ha deciso d'includere nel suo programma d'acquisto di bond anche il settore obbligazionario corporativo. Tra i tanti nomi ci sono Enel, Snam e Terna. Dopo aver reso illiquido il mercato obbligazionario sovrano (sebbene tutti coloro che finora hanno accumulato bond sovrani sono pronti a premere il pulsante "vendere" in caso di panico), la BCE vuole continuare a mandare avanti a tutti i costi l'illusione della stabilità, inondando di denaro fiat il settore obbligazionario corporativo, alimentando altri zombie e creando un mercato imprenditoriale artificiale.

Debiti in ascesa, deficit fuori controllo e adesso imprese sovvenzionate artificialmente nientemeno che dalla BCE stessa. La calma attuale è apparente, perché l'illusione di prosperità trasmessa dalla stampante monetaria è transitoria. Il seguente grafico, infatti, mostra i prestiti non performanti all'interno del sistema bancario europeo, ed è tutto ciò di cui si ha bisogno per inquadrare il quadro "clinico" della zona Euro: un morto che cammina. L'unica cosa che separa questo cadavere dalla tomba è la BCE e il bancomat degli stati (i contribuenti). Ma come possiamo osservare, nonostante i continui interventi, la situazione non ha fatto altro che peggiorare... soprattutto in quei paesi dove i media finanziari dicono che sono state le "riforme": Irlanda. Cos'è cambiato negli ultimi sei anni in cui sovente si è ripetuto che la situazione era stata aggiustata e il futuro avrebbe portato una ripresa sostenibile? L'ambiente economico europeo si è fatto invece più insostenibile, sia a livello statale si a livello bancario.





DEPRESSIONE O INFLAZIONE DI MASSA

La via tracciata dalla BCE, così come quella che stanno seguendo tutte le altre banche centrali del mondo, conduce ad un bivio: depressione o inflazione di massa. I banchieri centrali sono abbastanza furbi da non far sfociare l'attuale sistema in un'iperinflazione. Ci sarà iperinflazione se le banche centrali verranno nazionalizzate dai rispettivi governi, in questo modo la politica monetaria finirà in mano ad una banda di burocrati incapace di emanciparsi dalle sue pulsioni clientelari. Il Venezuela e la morte del bolivar è un esempio. L'Argentina e la morte del peso è un altro esempio. Se invece la gestione monetaria delle principali banche centrali del mondo verrà lasciata ancora nelle mani dei banchieri centrali, dovranno decidere se spingere sull'acceleratore dell'inflazione ed alleviare quanto più possibile il fardello dei debiti degli stati; oppure tirare il freno a mano il più presto possibile e lasciare che le forze di mercato effettuino quella pulizia dagli errori economici che sarebbe dovuta avvenire 7 anni fa. In entrambi i casi l'effetto ultimo sarà lo stesso: Grande Default.

Anche un'eventuale iperinflazione non riuscirà a pulire il mercato dai suddetti errori. Le promesse fatte agli elettori sono state decisamente troppe e, soprattutto, sono state troppo onerose. Questo significa che il sistema pensionistico occidentale imploderà sotto il peso delle sue passività non finanziate e l'epico scoppio della bolla obbligazionaria. I fondi pensione non sono altro che una discarica a cielo aperto di bond del governo, i quali, a causa della repressione finanziaria delle banche centrali, hanno rendimenti ridicoli a fronte di bilanci statali ridicoli. Ciò ha espanso l'esposizione di tali fondi ad altri strumenti finanziari rischiosi, i quali, in tempi di price discovery onesto, sarebbero stati evitati come la peste. L'intromissione delle banche centrali per salvaguardare quelle entità troppo grandi per fallire e fondamentali a livello sistemico, hanno sparso in tutto l'ambiente economico bombe ad orologeria innescate. Il bello di questa storia è che nessuno sa chi ne sia in possesso. La profonda interconnessione del sistema finanziario globale e la strutturazione degli strumenti finanziari, permette un'opacità densa che impedisce d'individuare nettamente chi possiede cosa.

Il marciume alla base di tale sistema sta sfiancando gli ultimi residui del bacino della ricchezza reale. L'ingegneria finanziaria potrà proseguire la sua cavalcata finché suddetto bacino è in crescita. Ma quando, infine, diventerà stagnante, o peggio calante, non ci sarà più nulla da fare per mantenere in piedi tale sistema fasullo.

Nel frattempo l'oro non ha finito di prendere legnate. Il termometro per eccellenza nei momenti di stress economico, sembra aver esaurito tutto il suo potenziale d'avvertimento cadendo costantemente di prezzo. Eppure la Zecca degli Stati Uniti ha sospeso le vendite delle Silver Eagle. Eppure la Zecca degli Stati Uniti continua a far registrare vendite da record per quanto riguarda le Gold Eagle. Eppure le persone continuano a comprare oro fisico ad un ritmo da record. Che ci sia una disconnessione tra il prezzo spot dell'oro e il prezzo reale è qualcosa di evidente. In realtà, il prezzo "vero" del metallo, allo stato attuale, non esiste. Il prezzo che vediamo sui monitor è quello di futures e certificati: i primi sono scoperti per definizione; i secondi lo sono almeno al 90%. Ma non esistendo un mercato indipendente del fisico, equivale ad essere legati mani e piedi ad un morto. Se il mercato dell'oro fiat salta, o va in panic selling, si porta dietro anche il mercato del fisico. Decisamente diabolico: i possessori d'oro fisico corrono il rischio di vedersi (temporaneamente) dimezzato il valore del loro metallo perché la gente che ha in mano oro fiat va in panico accorgendosi che dietro non c'è il metallo sottostante. Uno il metallo in questione ce l'ha, ma il prezzo va giù lo stesso. Ipotesi estrema, ma possibile. In pratica, l'oro fiat ha un doppio effetto soppressivo: quando va bene, sopprime il prezzo per eccesso d'offerta; quando comincia a "puzzare", sopprime il prezzo per ondata di riscatti.

Sebbene l'oro stia calando quando si guarda il prezzo denominato in dollari, non sta accadendo la stessa cosa con altre valute. In dollari canadesi una Gold Eagle costa $1,500; in corone norvegesi il prezzo dell'oro è salito e ora è solo il 10% inferiore rispetto ai suoi massimi; all'inizio di quest'anno il prezzo dell'oro ha fatto segnare un record storico in real brasiliani e ora è solo il 5% al di sotto di tale record; in dollari australiani siamo il 20% in su rispetto ai minimi di due anni fa; per non parlare del peso argentino, qui siamo ben oltre i record di tutti i tempi.

Come sempre i pianificatori centrali si aspettano al varco. La Yellen ha affermato di voler "normalizzare" i tassi d'interesse verso la fine dell'anno. Quali? Non l'ha detto. Perché? Perché non ha la minima idea di come fare senza scatenare un panico e una recessione. Quella che abbiamo qui è una PERCEZIONE d'abbondanza nel mercato dell'oro e di conseguenza il prezzo è distorto. Ma come per tutte le manomissioni di prezzo, l'abbondanza è sempre seguita dalla carenza. A quel punto qualcuno potrebbe rimpiangere il non aver comprato fisico a questi prezzi stracciati.




L'oro è sempre stato l'asset per eccellenza per preservare la propria ricchezza in caso di eccessi da parte dei pianificatori centrali. Stavolta non è affatto diverso. Quando il denaro finisce per essere controllato pienamente dai pianificatori centrali, alla fine perdono il controllo delle loro azioni. Stavolta non è affatto diverso.



CONCLUSIONE

F. A. Hayek, nei suoi due capolavori letterali, ci aveva messo in guardia dalla presunzione fatale di voler direzionare arbitrariamente le sorti della società. In questo modo ciò che avrebbe atteso coloro così sciocchi da permettere una cosa del genere, sarebbe stato questo: la via verso la schiavitù. Normative asfissianti, burocrazia opprimente e stato (apparentemente) onnipotente, sono i cartelli stradali che ci segnalano di come abbiamo imboccato a tutto gas la via verso la schiavitù quando sono state create le basi per l'Europa e successivamente ampliate con l'adozione dell'euro. Ma come qualsiasi opera iniziata dal socialismo, non verrà ultimata. Perché? Mancanza di conoscenza e informazioni decentrate. Questo significa che la strada alla fine s'interromperà e la macchina su cui stiamo viaggiando farà un bel volo dal cavalcavia.

È tempo di procurarsi adeguati paracadute.


giovedì 30 luglio 2015

I costi dell'isteria

Forse Murphy non c'ha fatto tanto caso, ma l'isteria sta anche dilagando per quanto riguarda l'approvazione del TPP. Soprattutto perché è una normativa che viene falsamente affiancata al libero mercato. Nulla di tutto ciò è vero. Il libero mercato ha a che fare con la decentralizzazione, non con accordi centrali stipulati da stati che fanno le loro scelte al di fuori della sfera di mercato, ovvero, ignorando le scelte individuali dei vari attori di mercato. Questi ultimi, infatti, non hanno bisogno del NAFTA, del TPP o di qualsiasi altro accordo partorito da una ristretta cerchia d'individui. Ognuno degli attori di mercato sa quello che vuole e perseguirà quegli obiettivi che ai suoi occhi necessiteranno una soddisfazione più urgente. Non ha alcun interesse a controllare ciò che scambieranno gli altri, non influenza le sue decisioni. Si preoccupa solamente di staccare il miglior accordo al minor prezzo possibile. Gli accordi protezionistici, come il TPP invece, costringono gli individui a conformarsi con standard imposti tenendo artificialmente alti i prezzi. Il TPP, infatti, non è altro che l'ennesimo progetto di controllo degli individui attraverso il monopolio della violenza dello stato. Prima è stata la volta dell'Unione Europea, poi è arrivato il NAFTA e infine il TPP. L'agenda del NWO è piena di programmi per ingessare il mercato e favorire una ristretta cerchia di privilegiati, e il TPP non rappresenta altro che il pinnacolo di questi programmi. Rappresentano una maggiorazione del potere burocratico. Rappresentano un attacco alla libertà. Questo non è libero mercato, questo è protezionismo. E' qualcosa da cui siamo stati messi in guardia più e più volte nel corso della storia.
___________________________________________________________________________________


di Robert P. Murphy


Supponiamo che il consenso scientifico sul cambiamento climatico abbia ragione. Supponiamo anche, per amor di discussione, che le proiezioni delle Nazioni Unite e del governo degli Stati Uniti siano corrette, e che gli economisti siano in grado di tradurre i dati in proiezioni significative sui costi e sui benefici futuri per le persone.

Nonostante quello che è stato dato in pasto alle persone, la situazione non è affatto triste — e di certo non richiede un intervento statale per evitare gravi danni all'ambiente. In realtà, l'attuazione della politica sbagliata può causare molti più danni di quanti ne possa impedire.

E' comprensibile che le persone non abbiano la minima idea di come stiano realmente le cose per quanto riguarda la politica sui cambiamenti climatici, anche perché gli stessi economisti utilizzano una retorica del tutto fuorviante in questo campo. Per farvi capire cosa intendo, vediamo di parlare di un recente articolo di Noah Smith su Bloomberg, il quale esorta i liberal di sinistra a sostenere l'accordo commerciale Trans-Pacific Partnership (TPP):

Una delle questioni economiche più discusse in questo momento è il Trans-Pacific Partnership (TPP), l'accordo commerciale multilaterale che include la maggior parte dei paesi della regione Asia-Pacifico e gli Stati Uniti. Molte persone, sia qui che all'estero, nutrono un certo sospetto per gli accordi commerciali, mentre di solito gli economisti li supportano. Questa volta, però, la dinamica è un po' diversa — il TPP viene un po' osteggiato da economisti di sinistra come Paul Krugman.

Dato che il mercato americano è già abbastanza liberalizzato, sostiene Krugman [...] un'ulteriore liberalizzazione avrà un effetto esiguo [...]. Di solito io sono più scettico dell'economista medio [...] ma in questo caso sono fortemente pro-TPP. Ci sono troppi buoni argomenti a favore.

L'economista Brad DeLong dell'università di Berkeley ci fornisce alcuni rapidi calcoli, e stima che il TPP aumenterebbe la ricchezza del mondo per un totale di $3,000 miliardi. Anche se questo non rappresenta un grosso ammontare nel grande schema delle cose, è una delle migliori riforme partorite dall'attuale situazione politica. (Enfasi aggiunta)

Per riassumere la discussione di Smith, egli pensa che il TPP sia "una delle questioni economiche più grandi" di oggi e che possa rappresentare una manna da $3,000 miliardi per l'umanità, quindi, se realizzabile, vale la pena metterlo in pratica. Krugman non è d'accordo con la valutazione di Smith, ma le differenze sono meramente sui numeri; Smith non pensa che Krugman sia un "negazionista di Ricardo", né lo accusa di odiare i poveri asiatici opponendosi a questo accordo commerciale.

Il tono cambia totalmente se invece leggiamo Smith quando parla di cambiamenti climatici. Ad esempio, nel giugno dell'anno scorso Smith ha scritto un pezzo su Bloomberg in cui elencava i cinque modi per combattere il riscaldamento globale. Per motivi di brevità, permettetemi di citare il paragrafo conclusivo di Smith:

Se facciamo queste cinque cose, gli Stati Uniti saranno ancora in tempo per salvare il mondo dal riscaldamento globale, anche se non rappresentano più la causa principale del problema. E i costi di breve periodo per la nostra economia saranno molto moderati. Salvare il mondo ad un prezzo basso mi sembra proprio una buona idea. (Enfasi aggiunta)

C'è una voragine nella retorica di Smith tra i due pezzi pubblicati su Bloomberg. Quando si parla del TPP, si tratta di un onesto disaccordo tra esperti su un accordo commerciale che Smith ritiene sicuramente utile, ma nel grande schema delle cose non è un granché. Invece le politiche governative in materia di cambiamenti climatici riguardano letteralmente il destino del pianeta.

A questo punto la maggior parte dei lettori si starà chiedendo quale sia il problema. Dopo tutto, il cambiamento climatico non è di origine antropica? Perché Smith non dovrebbe utilizzare molta più retorica d'impatto quando ne parla?

Sto facendo questo confronto perché secondo uno dei pionieri dell'economia del cambiamento climatico, William Nordhaus, anche se tutti i governi del mondo implementassero una carbon tax da manuale, il guadagno netto per l'umanità sarebbe di... rullo di tamburi per favore... $3,000 miliardi. In altre parole, uno dei maggiori esperti mondiali dell'economia del cambiamento climatico stima che la differenza per l'umanità tra (a) l'implementazione di una carbon-tax e (b) non fare assolutamente nulla, è lo stesso risultato che DeLong ha stimato per quanto riguarda il TPP.

Per essere più precisi, i $3,000 miliardi stimati da Nordhaus provengono dalla taratura del suo modello noto come Dynamic Integrated Climate-Economy (DICE). (I numeri sono aumentati sin dal 2008, ma ho studiato la sua calibrazione nel dettaglio.) Si noti che questa non è una simulazione "negazionista" e rifiutata dagli scienziati seri. Al contrario, il modello DICE di Nordhaus è stato uno dei tre scelti dall'amministrazione Obama quando ha istituito un gruppo di lavoro per valutare i danni monetari causati dalle emissioni d'anidride carbonica. Per aiutare il lettore a comprendere i compromessi che si trova ad affrontare l'umanità quando si parla di cambiamento climatico, permettetemi di riportare la tabella 4 dal mio articolo sull'Indipendent Review:




La tabella mostra le stime di Nordhaus (effettuate nel 2008 sulla base delle valutazioni scientifiche dell'epoca) sui benefici netti dei vari approcci politici possibili riguardo il clima. La prima riga mostra cosa succede se i governi non fanno nulla. Ci saranno $22,550 miliardi di danni ambientali, ma nessun costo economico nel conformarsi alle normative, per un danno totale di $22,590 miliardi.

Al contrario, se i governi di tutto il mondo implementassero la carbon tax raccomandata da Nordhaus, il mondo si risparmierebbe circa $5,000 miliardi in danni ambientali futuri, mentre la produzione economica futura sarebbe inferiore di $2,200 miliardi a causa della carbon tax. Tirando le somme, l'umanità subirebbe danni totali per $19,520 miliardi, il che significa che il mondo sarebbe più ricco di $3,070 miliardi con la carbon tax mondiale (perché $22,590 - $19,520 = $3,070).

Il concetto di compromesso è cruciale nel modo di pensare economico. Ogni possibile politica — tra cui quella di non fare nulla — porta con sé dei costi. Ma il pubblico tende ad interessarsi solo ad una serie di costi, non alla gamma completa. Ad esempio, come mostra la tabella precedente, la politica climatica sbagliata può essere molto, molto peggio del non fare nulla. Nordhaus ha valutato il suggerimento di Al Gore di ridurre le emissioni del 90%, e ha stimato che l'umanità sarebbe più povera di $21,000 miliardi rispetto al non fare niente — un danno netto sette volte maggiore rispetto ai benefici netti dell'approccio da manuale.

Il mio punto qui non è quello di elogiare i numeri di Nordhaus. (Il mio articolo sull'Indipendent Review era una critica del suo modello.) Voglio semplicemente sottolineare che anche uno dei modelli alla base del cosiddetto consenso sul cambiamento climatico, dimostra che questa non è affatto una crisi planetaria, come invece suggerirebbe la retorica di Smith e di altri. I numeri reali sono simmetrici a quelli degli accordi commerciali — e nessuno pensa che il destino del pianeta penda dall'approvazione di un accordo commerciale.

Più in generale, quello che la maggior parte degli economisti non sono riusciti a trasmettere al pubblico è che le politiche sul cambiamento climatico influenzeranno (al meglio) le cose al margine. La tabella di Nordhaus lo illustra molto bene. La carbon tax non elimina i danni dei cambiamenti climatici predetti dalle sue simulazioni al computer. Al contrario, la carbon tax li riduce da circa $23,000 miliardi a $17,000 miliardi. Il motivo per cui non ha senso emanare una carbon tax più aggressiva è che il danno (marginale) per l'economia supererebbe il beneficio (marginale) per l'ambiente. Ci sono diverse politiche nella tabella che possono ridurre i danni ambientali sotto la soglia dei $17,000 miliardi, ma danneggerebbero a tal punto l'economia che possiamo considerarli approcci scartabili.

E' comprensibile che i "non economisti" non riescano ad impiegare analisi marginali e si lascino trasportare da una retorica esagerata quando hanno di fronte qualcosa di così controverso come la politica sui cambiamenti climatici. Tuttavia, anche troppi economisti professionisti hanno ceduto a questa cattiva abitudine, tra cui non solo Smith, ma anche Krugman e molti altri.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 29 luglio 2015

Perché l'ingegneria finanziaria perirà


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

________________________________________


di David Stockman


Venerdì scorso il Bureau of Labor Statistics (BLS) ha riferito, tra le altre cose, che ad aprile l'occupazione a tempo pieno è scesa di 252,000 unità rispetto al mese precedente. Inoltre la produzione settimanale dei lavoratori è salita per la grande somma di 67 centesimi (0.1%) al netto dell'inflazione e delle tasse.

Ma perché l'ennesima conferma di un mercato del lavoro morto dovrebbe impedire ai robo-trader di scatenarsi ancora un altro po'?

In realtà, questo spettacolo macabro di salari morti e asset finanziari su di giri va avanti da diversi decenni. E' un trend ormai evidente, offuscato solamente dalla polarizzazione implacabile dei media mainstream e dalla narrativa di Wall Street e Washington.

Ma il mercato azionario a tutto gas può servirci a capire una cosa: come l'ingegneria finanziaria delle banche centrali non abbia fatto altro che generare una crisi in quel che resta del capitalismo americano.

Per quanto riguarda Main Street, non si tratta affatto di una lenta ripresa da una misteriosa crisi finanziaria che nel settembre 2008 è sbucata da una cometa schiantatasi sulla Terra.

Ahimè, per tre decenni il salario settimanale a dollari costanti dei lavoratori a tempo pieno è rimasto piatto. E cerchiamo di essere chiari. Non stiamo parlando di lavoretti svolti da studenti, della paga misera delle mamme che lavorano in nero, o di quei tipi che di tanto in tanto montano i palchi dei concerti.

A dire il vero, secondo gli ultimi dati della Social Security Administration, i numeri di questi posti di lavoro marginali sono cresciuti a dismisura. Sono "autorevoli" rispetto alla maggior parte delle statistiche sfornate da Washington, perché si basano sui libri paga di milioni di datori di lavoro che in genere non trattengono imposte sui fantasmi.

Vale a dire, ci sono circa 50 milioni di posti di lavoro a basso salario (meno di $15,000 all'anno) che nel 2013, come gruppo, hanno ottenuto una retribuzione lorda media di soli $6,000.

A meno che non vi sia una violazione delle leggi sul salario minimo, circa un terzo della forza lavoro degli Stati Uniti, 155 milioni, sta lavorando circa 15 ore alla settimana al prezzo più basso di quello imposto per legge. Chiamatelo pure enorme problema sociale.

In realtà, questi dati non catturano nemmeno la metà della crisi reale. Lo possiamo vedere nel grafico seguente, dove sono rappresentatati i lavoratori "a tempo pieno" definiti dal BLS come lavori di almeno 35 ore settimanali.

Da trent'anni a questa parte i salariati a tempo pieno hanno guadagnato solo lo 0.1% l'anno nella loro busta paga settimanale.

Questo è un errore d'arrotondamento — anche se si ritiene che le bricconate statistiche del BLS abbiano catturato l'inflazione cumulata sin dal 1986. Nel mondo reale, naturalmente, l'inflazione reale è molto più alta. Ciò significa che i salari reali sono diminuiti negli ultimi 30 anni.




Né questa tendenza stagnante dei salari reali rappresenta tutta la storia.

L'ultimo rapporto sui "posti di lavoro" ha anche mostrato che la quota della popolazione in età da lavoro e in possesso di qualsiasi tipo di lavoro — anche un paio d'ore a settimana — è scesa di 10 punti percentuali rispetto al livello raggiunto dopo che negli anni '90 anche le donne sono entrate a far parte (a tutti gli effetti) della forza lavoro.

Inutile dire che, mentre l'economia di Main Street non è andata da nessuna parte, il sistema finanziario è andato su di giri.

Negli ultimi 35 anni, secondo i calcoli del flusso dei fondi della FED, la somma totale del debito nei mercati del credito più il valore di mercato delle azioni è salito da $6,000 miliardi a $95,000 miliardi, o di quindici volte. Invece sin dal 1981 il PIL nominale è aumentato di sole cinque volte.

Si tratta di "finanziarizzazione" in tutta la sua gloria.

La sfera finanziaria era il 212% del PIL nel 1981. Oggi pesa il 537%. Guardate qui:




Il rapporto del 1981 era in realtà la norma storica. Durante i tempi sereni del 1955, per esempio, la somma del debito nei mercati del credito e il valore del mercato azionario era leggermente inferiore al 197% del PIL.

L'elefante nella stanza è rappresentato dai quasi $90,000 miliardi di valore del mercato finanziario nel corso degli ultimi 35 anni. Rappresentano un mucchio d'inflazione — sia per quanto riguarda l'IPC tradizionale, sia per quanto riguarda la nuova inflazione finanziaria inaugurata dalla FED di Greenspan.

In dollari costanti del 2015, nel 1981 il PIL reale era $7,200 miliardi. Ciò significa che è cresciuto di circa 2.5 volte negli ultimi tre decenni, arrivando ai $17,700 miliardi di oggi.

La grande salita del mercato finanziario sin da allora, non è nata dal capitalismo, o dall'avidità umana, o dalla "deregulation". È stata l'opera funesta di una banca centrale canaglia.

Com'è comparsa questa massiccia inflazione nella sfera finanziaria? In una parola, repressione finanziaria e dottrina dell'effetto ricchezza.

Fin dai tempi del panico del Lunedì Nero dell'ottobre 1987, la FED ha cronicamente abbassato il tasso del mercato monetario al di sotto dei livelli di compensazione di mercato. In tal modo ha alimentato carry trade senza sosta.

C'è un record di $485 miliardi di margin debt totale e diverse migliaia di miliardi di pronti contro termine nell'attuale ambiente economico. Ma non è tutto...

L'intero sistema finanziario è stato infettato dai carry trade endemici, eruttati dalla falsificazione del mercato monetario da parte della FED. Ci sono centinaia di migliaia di miliardi di futures, opzioni e contratti non quotati in borsa. Sono intrinsecamente e sistematicamente mispriced a causa dei tassi del mercato monetario ancorati allo 0% negli ultimi 7 anni e ad un tasso artificialmente basso a quello di mercato negli ultimi 30 anni.

Il male economico è sostanzialmente la ZIRP. È il fulcro che riduce il rischio dei carry trade sugli asset finanziari, con prestiti a basso costo a breve termine.

La dottrina dell'effetto ricchezza della FED acuisce solamente queste deformazioni. Cioè, abbassa artificialmente il rischio quando si acquistano asset finanziari con alti livelli di pronti contro termine od opzioni di leva finanziaria. Tale è un artefatto anomalo dell'ingegneria finanziaria in cui crede quasi il 100% dei giocatori d'azzardo, ma viene negata praticamente da tutti gli stampatori monetari.

Ma la prova è nel pudding. Le protezioni contro i ribassi (cioè, le opzioni put sull'S&P 500 nella loro forma più elementare) sono dannatamente a buon mercato, poiché i market maker vogliono raccogliere le monetine da queste assicurazioni. Sanno che la FED è impegnata a tenere a bada il rullo compressore del 10-20%.

Infatti il percorso dell'S&P 500 è qualcosa che non potrebbe avvenire in un libero mercato. Anche uno con fondamentali molto più sani della ripresa degli ultimi sei anni.

In un mercato onesto i giocatori d'azzardo avrebbero dovuto pagare di più per finanziare i loro carry trade. Avrebbero dovuto affrontare una maggiore incertezza sui prezzi, e avrebbero dissipato molti più guadagni dalle loro vincite rispetto a quanto accade nell'attuale sistema governato dai banchieri centrali.

Sin dal 1981 i valori dei patrimoni aziendali sarebbero saliti alle stelle da $1,300 miliardi a $36,500 miliardi — o 28 volte di più — in un libero mercato?

Gettate nella mischia la repressione dei tassi d'interesse da parte della FED nel mercato obbligazionario e otterrete più inflazione finanziaria. Quando il debito ha un prezzo drasticamente al di sotto del suo costo economico, e si riceve un sussidio fiscale per contrarne sempre di più, abbiamo a che fare con una variante del teorema dell'offerta.

Vale a dire, quando il costo del servizio del debito viene abbassato artificialmente, se ne richiede di più — dal settore pubblico e da quello privato. L'attuale propensione dei politici a calciare il barattolo fiscale è una conseguenza diretta della repressione finanziaria.

Si osservi anche l'esplosione delle emissioni di bond societari: nel 1981 ammontavano a soli $550 miliardi, o un mero 17% del PIL. Oggi quella cifra è salita a $11,600 miliardi, o 20 volte di più rispetto a trentaquattro anni fa ed è pari al 65% del PIL.

L'esplosione di nuovi finanziamenti non è finita nell'acquisizione di asset produttivi. Se fosse stato così, il PIL reale sarebbe cresciuto molto più rapidamente del 2.7% registrato nei 33 anni fino al dicembre 2014 e dell'1.1% registrato durante il sottoperiodo dal quarto trimestre del 2007.

Invece il debito è stato utilizzato per l'ingegneria finanziaria. Si tratta in definitiva di uno schema di Ponzi in cui i nuovi prestiti aziendali sono stati utilizzati per ridurre l'ammontare totale di azioni attraverso leveraged buyouts, riacquisti d'azioni proprie, e fusioni e acquisizioni. Di conseguenza i giocatori d'azzardo nei carry trade sono stati in grado di presentare offerte d'acquisto e quindi di ridurre progressivamente l'offerta di azioni.

Non c'è da sorprendersi se la capitalizzazione di mercato degli Stati Uniti per il settore delle imprese è esplosa da $2,000 miliardi nel 1981 a $48,000 miliardi di oggi.

Proprio così. Il valore nominale del debito societario è salito di 24 volte. E tale aumento è avvenuto sin dall'inaugurazione della pianificazione centrale monetaria sotto Greenspan nell'ottobre 1987.

L'economia delle bolle favorisce un'instabilità pericolosa. Non è un caso se la FED di Greenspan abbia essenzialmente gettato la spugna quando nei primi anni '90 ha autorizzato i cosiddetti “sweep accounts” sui depositi bancari. È stata una manovra che ha essenzialmente eliminato gli obblighi di riserva per i conti correnti tradizionali.

Non solo questo significa che adesso le riserve obbligatorie nel sistema bancario sono di un microscopico 0.4% dei depositi, ma l'intero apparato è comunque irrilevante perché le banche rappresentano ormai solo una fonte minore di nuovo credito nel sistema finanziario.

Quello che la macchina gonfia-bolle della banca centrale ha scatenato, è una forma di creazione del credito basata sugli asset.

Le opzioni, i futures e i mercati delle valute, per esempio, si basano su prestiti che sono garantiti da piccole frazioni (1-10%) del valore corrente di mercato della garanzia sottostante. Al salire delle valutazioni, salgono i valori delle garanzie collaterali e cresce anche la leva finanziaria. Si tratta di una pianta di fagioli finanziaria.

Le garanzie collaterali incorporate nel mercato del credito USA, ammontante a $95,000 miliardi, sono molto più pericolose del vecchio prestito bancario a riserva frazionaria pre-1990.

Almeno nel vecchio sistema le autorità di regolamentazione delle banche e i banchieri centrali come Paul Volcker, erano fedeli ad una tradizione bancaria solida e sonante.

Per contro, i banchieri centrali post-Greenspan hanno aperto un vaso di Pandora basato sulla finanza delle ipoteche. Non hanno la minima idea dell'enorme bolla che hanno gonfiato.

Né capiscono che questo mostro da $95,000 miliardi è un vampiro vorace alla ricerca di rendite che fa sembrare Goldman Sachs una piccola e innocua sanguisuga. La comparsa incessante di asset e derivati nel sistema gigante della finanza non ha quasi nulla a che fare con la creazione, o l'allocazione, del capitale per un uso produttivo.

Invece questo bacino gigante da $95,000 miliardi è dove il risparmio onesto delle famiglie e delle imprese viene rubato da hedge fund, dealer, ingegneri finanziari e giocatori d'azzardo che popolano il casinò.

Detto in altro modo, se l'economia americana non fosse mai stata "finanziarizzata" negli ultimi 35 anni e se fosse prevalso ancora oggi il rapporto storico del 200% nel mercato del credito, la dimensione del sistema finanziario sarebbe stata di $35,000 miliardi, e non di $95,000 miliardi. Su un terreno di gioco in cui ci sarebbero stati $60,000 miliardi in meno, non sarebbe stata probabile una presenza inferiore di squali fast money che facevano la cresta nei mercati secondari su azioni, bond, prestiti e derivati?

Forse oggi ci sono 100,000 persone che "vivono alla grande" grazie a questi $95,000 miliardi del casinò. Per contro, secondo i registri salariali della Social Security Administration, nel 2013 c'erano 100 milioni di lavoratori che svolgevano un lavoro retribuito il cui guadagno collettivo ammontava a soli $1,650 miliardi.

Ciò equivale ad una piccola somma di appena $16,500 per lavoratore medio. E non per una piccola fetta della forza lavoro, ma per i due terzi di tutti gli americani con un lavoro.

I lavoratori salariati a tempo pieno sono stati su un tapis roulant per decenni. La retribuzione media per la maggior parte dei lavori è pietosamente bassa. E gli abitanti dell'Eccles Building mantengono il loro piede sull'acceleratore monetario, nonostante abbiano gonfiano una bolla finanziaria da $95,000 miliardi. È un vero vampiro finanziario di cui continuano a negare l'esistenza.

Questo è un chiaro pericolo per il capitalismo americano, distorto da un politburo monetario in balia della propria brama di potere e ipnotizzato dalla propria dottrina.

La tragedia è che nulla può fermarli se non il crollo della bolla gigantesca che hanno gonfiato.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 28 luglio 2015

Un incubo tormenta i nostri sogni...

Quando si ha a che fare con la guerra al contante, bisogna adottare le adeguate contromisure. Chi è lungimirante ci riesce. Chi è in grado di vedere la proverbiale scritta sul muro crea un bacino idoneo da cui attingere nei momenti di difficoltà. Questo bacino è eterogeneo e deve avere una diversificazione in base alle necessità del singolo investitore. Ci vuole esperienza per ottenere una diversificazione adatta alle proprie esigenze, poiché molti non sanno bene quello che vogliono dal loro bacino di risorse d'emergenza. Di conseguenza tardano a prendere provvedimenti e si lasciano soverchiare dagli eventi. Quindi finiscono come quei babbei che non se ne sono preoccupati affatto di prendere provvedimenti e si ritrovano a fare le file lungo i bancomat. Se volete fare la figura degli sciocchi, questo è quello che vi attende. Qualora doveste prendere provedimenti e c'è una fila dinanzi a voi che sta cercando di prendere gli stessi provvedimenti, questo significa che siete già in ritardo. "Il treno è passato". Guardate ad esempio come il prezzo di Bitcoin è salito in risposta ai controlli di capitali in Grecia. Gli attori di mercato hanno reagito quando era troppo tardi. Per mesi sapevano quali garanzie fornisse Bitcoin alla propria privacy e alla sicurezza dei propri risparmi, eppure hanno atteso così tanto prima di prendere provvedimenti. Sono stupidi? No. Non sanno semplicemente leggere la provarbiale scritta sul muro. Com'è possibile imparare a decifrarla? A questo proposito lo scorso giugno ho pubblicato un manuale che si prefigge il compito di colmare questa lacuna. Potete comprarlo su Lulu in formato .epub o su Scribd in formato .pdf. Come negli scacchi, dovete sempre farvi trovare un passo avanti al vostro avversario.
___________________________________________________________________________________


di Bill Bonner


Un incubo turba il nostro sonno.

Sognamo quello che diventeranno gli Stati Uniti quando le autorità cancelleranno quasi tre millenni di progresso monetario mettendoci i piedi in testa.

Ecco Peter Bofinger, economista keynesiano tedesco, sulla rivista Der Spiegel:

Con le possibilità tecniche di oggi, monete e banconote sono un anacronismo. Hanno reso i pagamenti incredibilmente difficili, con gente che spreca tempo alla cassa mentre aspetta che la persona davanti riesca a trovare la giusta quantità di spiccioli nelle proprie tasche, e che il cassiere poi dia indietro il resto giusto (piuttosto che prendere la giusta carta di credito, completare la transazione e attendere la verifica).

[...]

Ma il tempo supplementare non è il più grande vantaggio dell'eliminazione del contante. Prosciuga i mercati dal lavoro nero e dal traffico di droga. Quasi un terzo del contante in euro è costituito da banconote da €500. Nessuno ne ha bisogno per fare shopping; le usano i tipi loschi per le loro attività. [Inoltre] sarebbe più facile per le banche centrali imporre le loro politiche monetarie. In questo momento non possono spingere i tassi d'interesse sensibilmente sotto lo zero, perché i risparmiatori accumulerebbero denaro. Se non c'è denaro, il limite dello zero viene eliminato.



Un Ritorno alla Preistoria

Sì, caro lettore, sembra proprio che stiamo tornando indietro nei secoli, a quei tempi bui e sudici della preistoria. Allora il "denaro" non era stato ancora inventato. Utilizzando sistemi di credito rudimentali e il baratto, si commerciava solo con persone che si conoscevano – e su scala limitata. Il capitalismo era impossibile. Il progresso era irraggiungibile. La ricchezza non poteva essere accumulata.

Poi in India, intorno al VI secolo a.C., arrivarono le monete d'argento – denaro reale. Non c'era bisogno di conoscere la persona con cui si facevano scambi. Non si conosceva la sua famiglia, o le sue motivazioni, oppure il suo bilancio.

E non c'era bisogno di tenere traccia di chi dovesse cosa e a chi. Si regolavano semplicemente i conti – in denaro metallico. Questo ha reso possibile il commercio e l'industria moderna.

Questa nuova ricchezza ha anche fornito alle persone un nuovo tipo di libertà. Potevano viaggiare – e pagare per vitto e alloggio con questo nuovo denaro. Potevano investire... e utilizzare questa nuova ricchezza privata per creare ancora più ricchezza.

Potevano anche aumentare gli eserciti... costruire fortificazioni... e sfidare il potere delle classi dirigenti.



“Attività sospette”

Ma ora gli stati stanno cercando di abolire il denaro contante.

Gli economisti vogliono addirittura vietarlo. Ci sono già limiti all'utilizzo dei contanti in molti paesi. In Francia, per esempio, a settembre entrerà in vigore una legge che limiterà i pagamenti in contanti a €1,000 ($1,115). E negli Stati Uniti avere una grande quantità di denaro è già considerata "attività sospetta", oggetto di confisca senza un giusto processo. Proprio così: grazie alle leggi sulla confisca, i federali possono prendere la vostra proprietà senza dovervi incriminare formalmente. Come ha riportato il Washington Post l'anno scorso, la polizia ha portato a termine 61,998 sequestri di denaro contante – per un totale di $2.5 miliardi sin dal 9/11 – senza mandati di perquisizione o rinvii a giudizio.

Perché i federali vogliono eliminare i contanti? Non è ovvio? Vogliono controllare voi e il vostro denaro. Dove l'avete preso? Lo vorranno sapere. Che cosa intendete farci? Vorranno avere voce in capitolo. Potreste usarlo per qualcosa di "losco"?

Accidenti, potreste addirittura sostenere i "terroristi"... evadere le tasse... o comprare un pacchetto di sigarette.

Le possibilità sono troppe per poterle ignorare e gli argomenti sono troppo convincenti per essere fermati. Zero Hedge riassume i "pro":

• Migliorare la base imponibile, poiché la maggior parte/tutte le transazioni potrebbero essere rintracciate dallo stato;

• Limitare sostanzialmente l'economia "parallela", in particolare le attività illecite;

• Forzare le persone a convertire i loro risparmi in consumi e/o investimenti, stimolando così il PIL e l'occupazione.



La Frusta dei Federali

Gli argomenti sono vuoti... ma probabilmente convincenti. E per la prima volta nella storia, i governanti avranno un modo per controllare le persone, bloccando i loro soldi. La moneta elettronica, gestita attraverso un sistema bancario controllato dallo stato, permette ai federali di metterci dove vogliono – con sbarre nelle nostre gabbie e fruste sulle nostre schiene. Tutte le transazioni potrebbero essere soggette ad approvazione e ogni persona saprebbe che i federali potrebbero frustarla in qualsiasi momento.

Sotto la dittatura militare argentina, "scomparvero" circa 13,000 persone. Cioè, vennero prelevate dagli squadroni della morte dello stato, interrogate, assassinate e poi gettate nei fiumi dagli aerei.

È più facile – e più umano – boccare i loro soldi, no? Con la tecnologia moderna di riconoscimento facciale, i federali potrebbero identificare quasi chiunque in qualsiasi ambiente – in un bar, in un incontro pubblico, o ad un bancomat. Poi, con un paio di colpi su una tastiera, i conti potrebbero essere congelati... o confiscati. Il povero cittadino "scomparirebbe" in pochi secondi – incapace di partecipare alla vita pubblica e costretto a rovistare nei bidoni dell'immondizia per rimanere in vita.

Chi avrebbe il coraggio di aiutarlo? Chi avrebbe il coraggio di sostenerlo? Chi avrebbe il coraggio di alzare la voce contro questo nuovo sistema diabolico? Anche loro, verrebbero contrassegnati come indesiderati... e scomparirebbero.

Riuscite ad immaginare un candidato politico che scopre improvvisamente che i suoi sostenitori non hanno più soldi? Riuscite ad immaginare una gola profonda che improvvisamente non ha più niente da dire?



Un Avvertimento dall'Argentina

Stiamo dando i numeri? Ci stiamo preoccupando per nulla?

In Argentina, a seguito di un colpo di stato nel 1976, la giunta militare si occupò dapprima dei rivoluzionari di sinistra – che potevano rappresentare una qualche minaccia per la nazione. Poi, in quella che divenne nota come la "Guerra Sporca", i bersagli cambiarono – studenti, avversari politici, intellettuali, sindacalisti e chiunque fosse sgradito alla giunta. Questo periodo di terrore finì nel 1983, dopo che i generali invasero incautamente le isole Falkland e proclamarono la sovranità argentina su un territorio britannico.

È abbastanza facile condurre in guerra le persone normali – non importa quanto sia idiota il pretesto. Come avevano sperato, gli argentini sostennero i loro soldati. Ma gli inglesi, guidati dalla "Lady di Ferro" Margaret Thatcher, non ricoprirono il ruolo che si aspettavano i generali. Invece di negoziare un accordo, inviarono una task force nel sud dell'Atlantico, tra cui un sottomarino nucleare, due portaerei, 42 aerei da combattimento, una brigata di commandos Royal Marine e una brigata di fanteria. In poche settimane i sommergibilisti inglesi avevano affondato l'incrociatore argentino della seconda guerra mondiale: il Generale Belgrano... mentre i Royal Marines, i soldati della quinta brigata di fanteria e la RAF spazzarono via le truppe argentine mal preparate e mal equipaggiate.

Questa fu un'umiliazione davvero grande per gli argentini. La Union Jack riconquistò le Falkland, la giunta militare venne buttata fuori a calci e le sparizioni finirono.

Gli americani sono più intelligenti degli argentini? I loro uomini politici sono più onesti e più fedeli dello stato di diritto? Il potere corrompe di meno nell'emisfero settentrionale rispetto a quello meridionale?

Ne dubitiamo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 27 luglio 2015

Giocatori d'azzardo privilegiati — I veri sciocchi che stanno alimentando la bolla


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

__________________________________________


di David Stockman


Il mese scorso le società statunitensi hanno annunciato programmi di riacquisto d'azioni proprie per l'ammontare di $141 miliardi e nuove operazioni di Fusioni & Acquisizioni per l'ammontare di $243 miliardi. Entrambe le cifre sono da record, e secondo lo zombie-box rapprsentano l'ennesima prova del fatto che gli amministratori delegati sono rialzisti nei confronti delle loro aziende e delle prospettive economiche.

Eppure a me queste notizie fanno venire in mente uno sciame di falene che brulica intorno ad una lampadina. Nel suo ottimo post di ieri, Wolf Richter ci ha mostrato un grafico molto interessante sulle Fusioni & Acquisizioni avvenute sin dall'inizio del secolo.

Allo stesso modo, il tasso dei riacquisti d'azioni proprie per il 2015 è ad un passo dal raggiungere i $1,200 miliardi, frantumando il record del 2007 di $863 miliardi. Sì, in effetti, c'è molto entusiasmo rialzista ai piani alti, con gli annunci settimanali letteralmente fuori controllo.




Questo grafico dovrebbe essere preso come prova del fatto che gli amministratori delegati, ossessionati dalle stock option, non hanno il minimo senso della tempistica. Come ha anche osservato Goldman:

Mostrando una scarsa tempistica di mercato, i riacquisti hanno raggiunto il picco nel 2007 (34% del denaro speso) e sono scesi nel 2009 (13%).

Giusto. Ovviamente non c'è voluto molto per dimenticare la lezione del 2009. Le aziende sono sul punto d'impegnare il 28% del loro flusso di cassa operativo nella bolgia dei riacquisti; e ricordate che questo grafico di Goldman si basa sul flusso di cassa operativo lordo, al netto delle spese in conto capitale o di qualsiasi altro investimento futuro.




Ma c'è molto di più. Il fatto è che, a causa della falsificazione dei prezzi del mercato finanziario da parte delle banche centrali, la tentazione dei piani alti di farsi travolgere dalla mania dei riacquisti — soprattutto con denaro preso in prestito — è decisamente onnipresente; il debito è follemente a buon mercato e le manomissioni di Greenspan/ Bernanke/Yellen hanno reso i mercati azionari il sogno di tutti i giocatori d'azzardo.

Di conseguenza il riacquisto delle azioni proprie in un mercato sempre crescente, vuol dire che non c'è mai un momento di pausa. Cioè, i dirigenti non sono mai costretti a chiedersi il motivo per cui i flussi di cassa vengono sperperati, e i bilanci compromessi, per finanziare acquisti di azioni a, diciamo, il 125% del prezzo di oggi.

Questo è il vero male delle manomissioni della FED. Consentono agli scommettitori di Wall Street e ai robo-trader di mantenere il mercato in una perenne salita, anestetizzando i piani alti contro qualsiasi timore di perdere i guadagni inattesi scaturiti da prezzi delle azioni gonfiati.

Sono 75 mesi ormai che non accade una cosa del genere — un arco di tempo che supera di gran lunga la memoria istituzionale dei dirigenti ai piani alti.




La potenza di questo incentivo perverso non dev'essere sottovalutata. Come ha documentato Jeff Snider, negli ultimi 30 mesi le società dell'S&P 500 con i programmi di riacquisto più aggressivi hanno fatto registrare un aumento del 70% dei loro titoli azionari. Ciò rappresenta il 50% dell'indice nel suo complesso e il 30% dell'intero paniere di titoli NYSE.




Qui sta l'essenza del nostro attuale malessere economico. Nel suo tentativo maldestro di rendere il debito a buon mercato e, quindi, di stimolare investimenti, posti di lavoro e crescita, la FED sta disabilitando uno degli ingredienti più importanti della prosperità capitalistica. Vale a dire, la leadership delle imprese.

In effetti, gli stampatori folli presso l'Eccles Building hanno infettato i piani alti con una dipendenza letale dal gioco d'azzardo nel mercato azionario. In tutti i suoi molteplici aspetti — Fusioni & Acquisizioni, riacquisti d'azioni proprie, scissioni, cartolarizzazioni di asset, rifinanziamenti del debito — l'ingegneria finanziaria aziendale di oggi è solo una delle tante forme di gioco d'azzardo nel mercato azionario. Ed è proprio questo quello che preoccupa i piani alti.

Non c'è da meravigliarsi, quindi, se l'investimento netto reale è crollato e rimane nel seminterrato delle tendenze storiche. E qui non stiamo parlando dei numeri mensili degli investimenti lordi delle imprese, di cui i commentatori nello zombie-box amano chiacchierare quando il numero è buono e accampano scuse quando delude. Anche su questa base, l'investimento lordo delle imprese nel corso degli ultimi 7 anni è stato in media solo dello 0.9% annuo — ben lontano dai tassi storici del 3-4%.

Ma questo tiepido trend di crescita omette di sottolineare una cosa fondamentale: sebbene l'economia americana stia barcollando in avanti, si sta denudando del suo stock di capitale. Quindi ciò che conta è la quantità d'investimento per sostituire i beni produttivi consumati nella produzione corrente, come misurato dagli ammortamenti. L'investimento netto era di $525 miliardi nel 2000 — poco prima che la spesa delle imprese scendesse durante la bolla tecnologica nel 2001-2002.

Nonostante il taglio dei tassi d'interesse da parte di Greenspan durante i 30 mesi dopo il dicembre 2000 (dal 6.5% all'1.0%), gli investimenti netti in beni aziendali produttivi si ripresero solo modestamente, raggiungendo un picco di $475 miliardi nel 2007. La folle stampa monetaria di Greenspan non ha affatto potenziato gli investimenti delle imprese; ha innescato una baldoria intorno ai prestiti ipotecari e una monumentale bolla immobiliare che ha messo in ginocchio l'economia americana alla fine del 2008.

Durante il deliquio risultante, come mostrato di seguito, l'investimento netto reale è affondato a $91 miliardi durante la Grande Recessione. Solo una volta (1975) negli ultimi 42 anni l'investimento netto reale è stato così basso.

Quindi le chiacchiere successive degli economisti di Wall Street e dei media finanziari sulla presunta "ripresa" della spesa in conto capitale, sono solo l'ennesimo esempio di numeri astorici e senza senso che piacciono tanto agli amanti delle bolle finanziarie. La ripresa degli investimenti lordi è stata decisamente scadente, il che significa che nel 2013 l'investimento netto aziendale reale aveva raggiunto solo i $337 miliardi — il 36% inferiore al picco all'inizio del secolo.

Inoltre, il 2013 ha rappresentato il picco di questo ciclo. Da allora sia i flussi di cassa organici sia i finanziamenti incrementali, sono stati riciclati in manovre d'ingegneria finanziaria. Di conseguenza ritengo che l'investimento netto aziendale abbia raggiunto un picco di circa $350 miliardi nel 2014, soprattutto perché le spese lorde in conto capitale sono aumentate solo di poco (6%) rispetto al capitale consumato nella produzione.




Detto in altro modo, nel 2000 gli investimenti netti delle imprese sono stati pari al 4.2% del PIL. E poi sono scesi al 3.2% del PIL nel corso del picco successivo nel 2007; e ora (2014) sono pari a solo il 2.0% del PIL — il livello più basso per un periodo di non recessione nel corso dell'ultimo mezzo secolo.

Inutile dire che il crollo pluriennale degli investimenti netti reali non è dovuto ad un mancato accesso ai capitali. Infatti, le imprese degli Stati Uniti hanno goduto di una vera e propria baldoria di emissioni obbligazionarie sin dalla metà degli anni '90, situazione accelerata ad ogni nuovo ciclo economico.

Dopo il 1995 ci sono voluti 7 anni per generare $4,000 miliardi in emissioni d'obbligazioni societarie; dopo il 2002 ce ne sono voluti 5; e soli 3 dal 2011.




In breve, la drastica repressione finanziaria della FED ha generato tra gli investitori una corsa disperata per rendimenti decenti, tanto che ormai è sparita la funzione tradizionale del mercato obbligazionario.

Vale a dire, i bond manager, gli investitori istituzionali e i fondi comuni affamati di rendimenti, non cavano un ragno dal buco dalle emissioni obbligazionarie. Al contrario, con mercati finanziari relativamente onesti sotto William McChesney Martin (1953-1970) e Paul Volcker (1979-1987), nessuno avrebbe mai preso in considerazione l'emissione di obbligazioni allo scopo di riacquistare azioni o finanziare Fusioni & Acquisizioni. Gli affaristi esuberanti e i costruttori degli imperi aziendali di quei tempi sereni, dovevano usare azioni gonfiate per finanziare le loro acquisizioni dubbie — una forma d'aumento di capitale che metteva a rischio gli azionisti piuttosto che i bilanci delle aziende.

Non più. Le aziende non solo stanno raccogliendo enormi quantità di debito per finanziare l'ingegneria finanziaria, ma stanno anche abbandonando l'uso delle azioni come valuta. E anche questo è parte del gioco d'azzardo alimentato dalla FED.

Perché dovreste diluire la vostra base di azioni e i pagamenti delle stock option, quando esiste una disponibilità illimitata di debito inferiore al 2% per le società d'investimento e inferiore al 3-4% per i crediti spazzatura?

Come documentato nel grafico qui sotto, non vorreste farlo. Proprio mentre le Fusioni & Acquisizioni sono salite ad un tasso annuale di $1,400 miliardi, la quota di offerte finanziate con le azioni è scesa ad appena il 20% rispetto al 50% prima della fine del secolo.




Ma anche questo non cattura la piena portata dell'impatto pernicioso della FED sui piani alti. Una volta la paura di un declassamento delle obbligazioni costituiva una sorta di cintura di castità finanziaria per gli amministratori delegati, i quali sono diventati troppo affezionati alle emissioni di debito per finanziare i loro sogni.

Ma le cose non stanno più così. La corsa disperata per rendimenti decenti e una perenne repressione finanziaria da parte della banca centrale, hanno favorito un'eruzione di emissioni nel cosiddetto mercato obbligazionario ad alto rendimento. Considerando che ci sono voluti 7 anni per raccogliere $550 miliardi nel mercato del debito ad alto rendimento tra il 1996 e il 2002, quasi il doppio di tale ammontare — $975 miliardi — è stato emesso negli ultimi tre anni.




Ma aspettate, come hanno detto in TV la scorsa notte, c'è di più e c'è di peggio. I dati sopra riportati non includono il cugino dei titoli spazzatura — cioè, i prestiti senior a leva. Una quota enorme di questi debiti va a finanziare i progetti dell'ingegneria finanziaria.

Ancora una volta, questo è l'ennesimo depistaggio da parte degli imbonitori. Il loro hobby è quello di ripetere come la velocità di fuga sia ormai un fenomeno reale, perché il livello dei prestiti commerciali e industriali si è ripreso pienamente e ora ammonta a quasi $1,700 miliardi, o il 20% al di sopra del suo picco pre-crisi.

Purtroppo stanno leggendo dai libri di testo keynesiani dei loro nonni. A quei tempi la ripresa era accompagnata da prestiti bancari crescenti per finanziare il capitale circolante e dagli asset a rendita fissa. Ma l'andamento ciclico sin dalla fine del secolo, come illustrato di seguito, ci mostra l'espansione della bolla finanziaria gonfiata dalla banca centrale, oltre agli schemi dell'ingegneria finanziaria che l'accompagnano, e non l'espansione delle capacità delle imprese di produrre beni e servizi.

Infatti, sin dal 2000 i prestiti commerciali e industriali hanno rappresentato la crescita del mercato dei prestiti a leva, non l'offerta tradizionale di credito alle aziende.




Inutile dire che i commentatori keynesiani amanti dei numeri, non riescono a vedere oltre il loro naso. Ciò che interpretano come prova di fiducia rialzista ai piani alti, in realtà è la prova di una profonda deformazione che sta inceppando i motori della crescita capitalista e della prosperità economica.

Vale a dire, la base di capitale proprio delle aziende americane viene sistematicamente erosa dall'ingegneria finanziaria dei piani alti. Mentre lo scopo fondamentale dei mercati azionari è quello di raccogliere capitali per finanziare la crescita, la produttività e l'innovazione, quello che è accaduto fin dall'epoca Greenspan è stato esattamento l'opposto.

Negli ultimi 27 anni sono stati liquidati più di $5,000 miliardi di patrimonio netto. Cioè, l'ingegneria finanziaria — soprattutto i riacquisti d'azioni proprie e le Fusioni & Acquisizioni — ha eroso più capitale proprio di tutte le IPO e le offerte azionarie secondarie messe insieme. Infatti, i mercati azionari sono stati trasformati in bische clandestine che servono solo a mantenere alti i prezzi delle azioni esistenti sul mercato secondario.




Allo stesso tempo, queste stesse politiche di repressione finanziaria delle banche centrali hanno innescato una baldoria nelle emissioni di titoli di debito — più di $9,000 miliardi. Quindi il settore delle imprese ha raccolto un bel mucchio di capitale netto, ma l'ha pompato tutto nella sezione patrimoniale delle cedole fisse.




Questa trasformazione pluriventennale delle imprese statunitensi in muli carichi di debito, non si sarebbe mai potuta verificare in un libero mercato. Invece questa è la politica statale in tutto il suo splendore, e non in senso buono.

Non c'è da meravigliarsi, quindi, se abbiamo visto tre bolle nel mercato azionario negli ultimi 20 anni. Il pesante intervento della FED e la distruzione di un price discovery onesto nei mercati finanziari, hanno sostanzialmente trasformato i piani alti delle aziende americane in una gigantesca bisca clandestina traboccante ingegneria finanziaria.

Così facendo, hanno sottratto massicce risorse di capitale e flussi di cassa aziendali da investimenti produttivi nei mercati secondari. Poi gli speculatori più abili e gli hedge fund hanno catturato guadagni monumentali grazie alla loro capacità di surfare sull'onda infinita delle azioni dei piani alti.

Ma queste sono rendite immeritate. Non c'è da meravigliarsi se la crescita economica reale di Main Street stia morendo e se l'1% a Wall Street si crogiola nei propri miliardi.

Questa è la cruda verità. Nel suo sequestro arrogante e illegittimo di tutto il potere finanziario, la FED ha trasformato i piani alti aziendali d'America in una gigantesca bolla. Sono questi i veri sciocchi che alimentano le bolle finanziarie.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/