giovedì 28 febbraio 2013

Pistole Giocattolo, Controllo delle Armi ed Etica

«[...] Fino ad ora le armi sono il bersaglio favorito della nuova tendenza proibizionista.
Le ultime proposte per il controllo delle armi da parte dell'amministrazione Clinton forniscono una lezione, seppur implicita, sull'economia dell'intervento statale. Fino a quest'anno se aveste voluto diventare un rivenditore di armi con relativa licenza, dovevate pagare solo $10 l'anno. Ma la "Brady Bill" ha innalzato questa tassa a $66 l'anno, un aumento di quasi il 500% in un sol colpo. Anche questo non è sufficiente per il Segretario del Tesoro Lloyd Bensten, che propone di aumentarla fino a $600 l'anno!
Un aspetto affaniscante di questo drastico aumento dei canoni di concessione è che Bensten lo accoglie con favore, perché secondo lui rappresenta un meccanismo per formare un cartello intorno all'industria della vendita delle armi al dettaglio. Così Bensten si lamenta che ci sono 284,000 rivenditori di armi nel paese, "31 volte di più dei ristoranti McDonald's."
 E allora? Quale sarebbe la base per questo confronto privo di senso? Perché non fare un paragone con tutti i ristoranti? O con tutti i negozi di vendita al dettaglio? Più precisamente, chi deve decidere quale sia il numero ottimale delle armerie, dei McDonald's, dei negozi di scarpe, di tutti gli outlet, ecc.? In un'economia di libero mercato, sono i consumatori che prendono tali decisioni. Chi è Bensten o qualsiasi altro pianificatore del governo per dirci quanti tipi di attività imprenditoriali dovrebbero esserci?»

~ Murray N. Rothbard, Making Economic Sense
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di Gary North


Reality Check

Non cessa mai di stupirmi il numero di articoli che si possono trovare su Wikipedia. E' raro che durante la ricerca di un argomento il primo articolo che salta fuori non sia un articolo presente su Wikipedia.

Ho cercato "pistola giocattolo" di recente e ho tovato "armi giocattolo."

Ero curioso di conoscere la loro storia, anche perché ci sono cresciuto quando erano molto di moda. Ricordo che da piccolo avevo una pistola giocattolo e un cappello. Probabilmente avevo sette anni e ci giocavo per molto tempo. E come per altri giocattoli della nostra gioventù che ancora ricordiamo, avrei voluto conservarli. Senza dubbio sarebbero valsi un sacco di soldi se in buona forma.

Avevo pensato che il governo fosse intervenuto per vietare le pistole giocattolo in acciaio perché probabili fonti di reati. Secondo Wikipedia mi sbagliavo.

Oggi le armi giocattolo negli Stati Uniti devono essere fabbricate con un tappo arancio, rosso o giallo posto sul "foro" della canna, oppure con tutta la pistola colorata in suddetti colori vivaci (o altri). Le leggi che richiedono questi accorgimenti sono state promulgate a seguito di incidenti in cui i civili – di solito bambini o adolescenti – sono stati uccisi da agenti di polizia poiché pensavano che fossero armi vere. Mentre questi incidenti sono rari, i legislatori hanno deciso che le pistole giocattolo dovessero essere contrassegnate in modo che non possano essere scambiate per armi vere.

Qui abbiamo una situazione in cui il governo sta cercando di proteggere le persone innocenti dal governo stesso. Continuo a chiedermi: "Chi sarebbe così stupido da puntare una pistola giocattolo su un poliziotto che possiede una pistola reale?" Questo genere di storie è così comune da smuovere la comunità anti-armi affinché uccida le pistole giocattolo? Ho i miei dubbi. Ma sarebbe una buona scusa, la guerra contro le armi è una guerra culturale e globale.

L'articolo dice che l'era delle pistole giocattolo è andata da 1945 al 1965. Dopo il 1965, la popolarità dei Western televisivi ha cominciato a declinare.

Sono cresciuto con i Western televisivi. Chiunque sia nato dopo il 1900 è cresciuto con i film Western. I Western low-budget erano il ​​fior fiore degli spettacoli del sabato pomeriggio. Erano popolari tra i bambini di tutte le età. Il primo film Western fu La Grande Rapina al Treno. Ma sono sbiaditi in popolarità dopo il 1965. Per quale motivo?



BUONI E CATTIVI

Penso che il cuore della popolarità dei Western fosse questo: avevano agenti morali chiaramente identificabili e scelte morali. C'erano buoni e cattivi, i primi indossavano cappelli bianchi mentre i secondi cappelli neri. Era facile affermarlo poiché la maggior parte dei Western low-budget era in bianco e nero. Tutti i cappelli colorati sembravano neri. Pochi erano i buoni che indossavano cappelli neri, come Lash LaRue, ma non tanti. Il buono più famoso che vestiva tutto di nero era Hopalong Cassidy, il vecchio dai capelli bianchi e dalla doppia pistola. Fu il primo cowboy in TV a creare una mania nazionale alla fine degli anni '40. Tutti volevamo essere Hoppy. (Come disse Steve Gillette, non abbiamo mai progettato di essere come lui.)

Dopo il 1965 l'intrattenimento divenne eticamente sempre meno in bianco e nero, e sempre più grigio. Le scelte morali non erano così chiaramente in contrasto. Gli eroi del grande schermo erano cattivi. Era accaduto un po' nei film di gangster degli anni '30, ma i cattivi facevano sempre una brutta fine. Ma c'era un grosso problema con i film di gangster: dei fuorilegge armati di mitra potevano occuparsi solo gli agenti governativi. Lo stato era visto come il protettore ultimo. Perché? Perché il governo federale mise fuori legge i mitra. Poi però solo i gangster e gli agenti governativi avevano i mitra; il pubblico era catturato sotto il fuoco incrociato.

Questo è ciò che vogliono i sostenitori per il controllo delle armi: che il pubblico cada vittima del fuoco incrociato.

Il tipo di universo morale in cui sono cresciuto, in cui i buoni erano armati e pericolosi, divenne politicamente e culturalmente scorretto dopo il 1965. Forse i buoni portavano un distintivo o forse no, ma avevano una pistola, a parte l'assurdo Destry.

Ricordo di aver parlato con James Arness di questo cambiamento, probabilmente intorno al 1983. Ero ad una conferenza, e lui era presente. Era stato il cowboy televisivo più famoso, perché Gunsmoke ha funzionato per 20 anni, 1955-1975, la più lunga serie dell'epoca. Disse che quando iniziò gli fu permesso di sparare ai cattivi, ma alla fine "Mi era solo permesso di minacciarli con il mio anello speciale."

La scena di apertura di Gunsmoke era una sparatoria.





Sebbene non sia possibile vedere la sua faccia, il cattivo era l'attore che impersonava anche Sam, il barista. Era stato in oltre 200 Western prima che arrivasse quel ruolo. Si chiamava Glenn Strange ed era stato per davvero un vice-sceriffo in New Mexico. Ci sono stati altri attori di B-Western che avevano le stesse credenziali, come Roy Barcroft e Charles "Blackie" King. Nessuno sa davvero quanti ce n'erano di personaggi come questi, ma esisteva un mercato stabile fino all'era televisiva.

Il mondo morale in cui sono cresciuto ha iniziato a cambiare con la rivoluzione culturale nella seconda metà degli anni '60. La fine dei Western era parte di questo cambiamento.

I ragazzini di oggi ancora giocano con le pistole. I miei nipoti amano giocare con un paio di fucili giocattolo di legno. Vanno fuori nel cortile e giocano ai cowboy. Per qual motivo i ragazzini imparano ad amare le armi, non so dirlo; so solo che i liberal che hanno tentato di portarle via ai ragazzini non sono riusciti a cambiare le loro menti. Una pistola giocattolo non deve rassomigliare molto ad una pistola giocattolo, altrimenti non sembrerebbe vera.

Questo è il motivo per cui il movimento per il controllo delle armi in America è condannato. I ragazzini capiscono molto presto nella vita che è una grande cosa possedere una pistola. Prima o poi, hanno l'opportunità di sparare con una vera; prima o poi, vogliono possederne una. Poi ne acquistano una, e poi un'altra ancora.



SPARATORIE SENZA ETICA

La filmografia americana è probabilmente più famosa per i Western rispetto a qualsiasi altro genere. I Western erano popolari in tutto il mondo. C'erano parecchie imitazioni, in particolare il genere spaghetti Western alla fine degli anni '60. Sergio Leone forgiò Clint Eastwood, quindi c'è voluto un po' prima che i Western morissero, nonostante la controcultura. Gli spaghetti Western erano per lo più sparatorie. Non gravitavano molto sull'etica, non erano su buoni e cattivi che prendevano decisioni etiche. Il personaggio senza nome che impersonava Clint Eastwood era un uomo senza etica. Il declino dell'etica sullo schermo non poteva essere superato dalle tecnologie e dal sangue che schizza.

Il movimento per il controllo delle armi è convinto che il semplice possesso di una pistola sia un segno di malattia mentale. La depravazione etica è caduta in disgrazia come spiegazione, ma la malattia mentale è sempre la spiegazione preferita nei circoli liberal. La gente è malata; è per questo che vogliono possedere armi.

I sostenitori per il controllo delle armi affermano che lo stato sia l'unica agenzia che abbia il diritto legittimo di usare le armi per far rispettare l'etica. Lo stato ha il monopolio sull'etica, secondo loro, perché non ci si può fidare di privati con le pistole. Gli individui decenti devono essere protetti dagli individui malati di mente, e la sola agenzia che possa fornire questa protezione è lo stato. Quest'ultimo quindi ottiene un monopolio sull'etica, perché ha il monopolio sul possesso delle armi. Questa è la Linea di Partito.

Questa spiegazione è sempre una fonte di problemi per i liberal quando qualcuno come Hitler, uno dei maggiori fautori del controllo sulle armi, arriva al potere, e poi usa lo stato per scopi malvagi. È per questo che ai liberal non piace parlare di Hitler come un fautore del controllo sulle armi. Vogliono seppellire questo aspetto della storia. Inoltre, a loro non piace parlare del fatto che gli Ebrei tedeschi fossero stati disarmati dallo stato. Naturalmente a loro non piace vedere che la gente se la prenda con gli Ebrei, ma la morale della storia secondo i liberal è questa: meglio un Ebreo disarmato e vessato che un cittadino armato e non vessato. Questo è il motivo per cui odiano l'organizzazione Jews for the Preservation of Firearms Ownership (www.JPFO.org). Non rafforza la fede nel controllo delle armi da parte degli Ebrei. E' quasi come se gli Ebrei armati odino gli Ebrei per voler difendere se stessi e le loro famiglie. Si suppone che gli Ebrei dovrebbero essere come gli Ebrei di Hollywood. Per un esempio di questa sorta di sdegno morale, consultate questo articolo sul sito di Mother Jones.



CONCLUSIONE

Lo stato non è l'arbitro ultimo dell'etica. Allo stato non deve mai essere permesso di essere l'ultimo e unico possessore delle armi. L'etica non inizia dalla canna di una pistola. Ma a volte è difesa in questo modo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 27 febbraio 2013

La Società Servile

Molti là fuori si stanno chiedendo se i governi e le grandi banche andranno in default... Secondo me è una domanda sbagliata, perché sono sbagliate le premesse. La vera domanda che dovremmo porci è: i governi falliti e le grandi banche in bancarotta potranno evitare il default? La risposta è ovviamente NO. Andranno in default. Soprattutto se pensate agli USA che hanno circa $222 bilioni di passività non finanziate; è ovvio, quindi, che andrà in default. Le grandi banche contano sul sostegno del governo per rimanere solvibili, di conseguenza saranno investite anch'esse dall'ondata di fallimenti dei vari governi mondiali. Sarà un male per i contribuenti? Di certo no. Sarà un male per l'establishment politico e bancario? Potete scommetterci! Per loro sarà devastante. Sarà un male per i burocrati? Assolutamente sì, perderanno il loro lavoro. Sarà un male per le persone che dipendono dal welfare statale? Per un certo periodo sì, ma la necessità è la madre di tutte le invenzioni. Questo problema è stato a lungo ignorato dai media mainstream, ma sta arrivando. Si spera che coloro che hanno prestato denaro al governo imparino la lezione: mai fidarsi delle promesse basate sul denaro fiat.
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di Bill Bonner


Azioni, obbligazioni, oro – tutti hanno rimbalzato la scorsa settimana.

E come abbiamo detto Venerdì, gli americani continuano a trasformarsi in "neo-servi della gleba."

"Wall Street sta giocando ad un nuovo gioco del profitto," scrive Shabnam Bashiri su Salon.com, "comprando case pignorate ed affittandole di nuovo ai vecchi proprietari."

Sì... bel business. Ancora meglio di quello che sembra. È per questo che i ricchi diventano più ricchi... e l'1% è più avanti rispetto al restante 99%. Scrive Bashiri:

Sembra che ogni giorno escano nuovi report a favore della ripresa immobiliare. In Georgia i prezzi delle case sono in crescita del 5% rispetto allo scorso anno, un anno in cui abbiamo avuto anche uno dei più alti tassi di pignoramento nel paese. Sembra un po' strano, non è vero? I pignoramenti di solito non fanno scendere il mercato?

Questo perché la "ripresa" immobiliare, così come lo chiamano, è alimentata quasi interamente da aziende private di Wall Street, hedge fund e dal sostegno incrollabile della FED. Dopo aver creato una bolla enorme nei prezzi delle case, che alla fine è scoppiata e ha fatto andare in tilt la nostra economia, questi tipi hanno deciso di tornare per fare più danni e hanno trovato il modo di trarre profitto dalle loro distruzioni – dando le case pignorate in affitto e cartolarizzando i canoni di locazione...

Il Blackstone Group, il più grande giocatore nel mercato degli affitti, ha speso $2.5 miliardi lo scorso anno per acquistare 16,000 case, un numero che ammonta a più di $100 milioni a settimana.

I documenti delle proprietà mostrano che molte delle case che Blackstone ha acquisito in Fulton County negli ultimi mesi, sono state acquistate o nelle aule dei tribunali alla chiusura mensile dell'asta, o attraverso vendite allo scoperto – quando un creditore si impegna ad accettare meno dell'importo dovuto su un prestito. La maggior parte di queste case non è vuota, ma occupata da proprietari che sono falliti durante la Grande Recessione...

Sono finiti i giorni in cui si poteva chimare il padrone di casa e dirgli che l'affitto sarebbe stato pagato il sette e non il primo del mese. Mentre sempre più americani vivono stipendio per stipendio, e il salario continuerà a diminuire o a rimanere stagnante, pagare l'affitto con qualche giorno di ritardo potrebbe portare ad un rating di credito negativo, cosa che influirà sulla capacità di proteggere le proprie risorse e di salire la scala della classe media.

"Stipendio per stipendio." Questo è il modo in cui vivono i servi. In casa di qualcun altro, con il denaro di qualcun altro, spesso guidando l'auto di qualcun altro e a volte sedendosi anche sul divano di qualcun altro.

Avete un problema di salute? Oh, sì – il check-in è nel sistema sanitario di qualcun altro.

Volete andare al ristorante? Mettete il conto sulla carta di credito; lasciate che paghi qualcun altro.

I servi non necessariamente vivono nella povertà; vivono male perché non controllano le risorse di cui hanno bisogno per vivere bene. Sono dipendenti, non indipendenti.

Vediamo una pubblicità su una nuova Smart. "Solo $199 al mese."

La gente non possiede più le auto, le affitta... o nemmeno questo. Un sacco di giovani usa Zipcar – un servizio di car-sharing con il quale si "affitta" un'auto attraverso il proprio iPhone. Non ci si reca da un'agenzia di noleggio o si prende contatto con un agente di noleggio. Si riceve un codice dall'iPhone e lo si utilizza per sbloccare la macchina. Facilissimo.

Alcuni giovani non posseggono nulla. Dicono che sia "liberatorio." Ma questa è un'altra cosa. Non possedere qualcosa può essere una strategia finanziaria intelligente. Ma non possedere una casa perché è stata pignorata... e non possedere una macchina perché non la si può pagare... non è molto intelligente.



Subentrano gli Uomini in Giacca e Cravatta

Volete una strategia finanziaria intelligente?

Guardate la Blackstone. Una delle case che ha comprato – molto probabilmente una come tante altre – è stata acquistata per $90,000 con un mutuo da $200,000. Gli ex-proprietari ancora ci vivono dentro. Invece di un mutuo, ora stanno pagando l'affitto. Sono servi.

Fate i calcoli. Se hanno comprato la casa nel 2005, probabilmente avevano un mutuo al 6%. Sei per cento di $200,000 è $12,000. Aggiungete altri, diciamo, $3,000 in ammortamenti e oneri... e probabilmente pagavano mensilmente circa $1,250.

Ora subentrano gli uomini in giacca e cravatta. Grazie alla connivenza con altri loro colleghi presso la FED, sono in grado di prendere in prestito denaro a 30 anni a circa il 3.5%. Aggiungete altri $10,000 al prezzo di acquisto (chiusura, tasse, manutenzione) per facilitare i calcoli.

Questo dà loro un costo di capitale mensile al di sotto dei $300 al mese. E poiché questi tipi hanno un cuore grande, così come i loro portafogli, riducono il pagamento mensile del locatario a soli $1,000.

Tutti vincono. Gli ex-proprietari non devono muoversi e risparmiano soldi ogni mese. E Blackstone – che può aver sborsato solo $10,000 di tasca propria in questa operazione – guadagna (siete pronti?) fino a $6,000, al netto, ogni anno. Circa il 60% del tasso di rendimento sul suo denaro.

Ma aspettate, perché c'è di meglio: Blackstone non sta contando su un mercato al rialzo nelle abitazioni. No, i geni alla Blackstone hanno fatto una grande scommessa sui tassi di interesse.

Senza alcun costo aggiuntivo, hanno ottenuto una "opzione put" sul mercato obbligazionario. Proprio così: vanno short sul mercato obbligazionario in modo sostanziale. Quando i prezzi delle obbligazioni infine scenderanno (forse questo processo è già iniziato), Blackstone otterrà un altro grande jackpot.

E questo compenso è praticamente garantito. Gli amici della Blackstone persso la FED si sono assicurati che accadesse.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 26 febbraio 2013

Lo Strano Caso delle Regolari Smorfie Mattutine dell'Oro

«[...] Dopo che una merce, supponiamo che sia l'oro, viene scelta come mezzo di tutti gli scambi, ogni altro bene eccetto l'oro godrà di un prezzo unitario, in modo da sapere che il prezzo delle uova è di un dollaro la dozzina; il prezzo di un cappello è dieci dollari, e così via. Ma mentre ogni bene e servizio eccetto l'oro ha un solo prezzo in termini monetari, la moneta stessa ha un ventaglio di prezzi individuali praticamente infinito. Per dirla in altri termini, il prezzo di ogni bene equivale al suo potere d'acquisto in termini di altri beni e servizi [...]. In breve, il prezzo, o il potere d'acquisto, dell'unità monetaria sarà una gamma di quantità di beni e servizi alternativi che possono essere acquistati con un dollaro. Dal momento che questa varietà è eterogenea e specifica, non può essere riassunta in una cifra unitaria di prezzo.»

~ Murray Rorhbard, The Austrian Theory of Money, 1978
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di Adam Taggart


Non tutti siamo dei mattinieri. Soprattutto di Lunedì.

Ma se siete degli investitori in metalli preziosi, le mattine -- soprattutto quelle di Lunedì -- sono terribili.


La Prova

I metalli preziosi sono venduti costantemente alle 8:20 a.m. (o poco dopo) all'apertura del NYMEX di New York.

Qui sotto trovate i grafici dei prezzi giornalieri dell'oro (fonte: Kitco) per ogni Lunedì (o Martedì se il giorno prima fosse stato festivo) di quest'anno. Il giorno preso in considerazione è rappresentato dalla linea verde. L'ovale arancione sottolinea il calo giornaliero.


Lunedì 7 Gennaio

L'oro è tirato giù di $10 immediatamento dopo l'apertura del NYMEX.



Lunedì 14 Gennaio

Dopo l'inizio di un rally al London exchange, viene contenuto velocemente all'apertura del NYMEX e poi abbattuto di $10. Da notare che anche la precedente azione di prezzo dell'oro (la linea azzurra) ha mostrato lo stesso andamento, ma con una risposta più marcata all'apertura del NYMEX.



Lunedì 21 Gennaio

La svendita delle 8 di mattina è più contenuta qui (solo un paio di $), ma lo stesso significativa.



Lunedì 28 Gennaio

Ancora una svendita all'apertura delle 8 di mattina. Da notare la stessa azione avvenuta il Venerdì precedente, ma molto più marcata.



Lunedì 4 Febbraio

Finalmente una deviazione significativa. Mentre c'è un ribasso iniziale durante le prime ore dall'apertura del NYMEX, il prezzo decolla subito dopo. Quindi questo esempio non conta.



Lunedì 11 Febbraio

Un calo immediato di $14 all'apertura delle 8. Il ribasso è iniziato a Londra, ma il crollo verticale avviene all'apertura del NYMEX.



Martedì 19 Febbraio

Anche se meno brusca, la vendita costante inizia chiaramente alle 8 abbattendo l'oro di $12 fino alla soglia dei $1,600.



Volume & Tempistica

Dati dati mostrati fino a qui, si possono notare altre due osservazioni.

La prima è che la soppressione del prezzo inizia costantemente prima dell'apertura del NYMEX prevista per le 8:20 di mattina (che rappresenta l'inizio delle operazioni di trading). Questo suggerisce che viene fatto aggirando le regole, col permesso di giocatori potenti.


La seconda è che i livelli di volume, nel lasso di tempo che precede l'apertura, sono simili a quelli durante le ore attive. Una cosa molto insolita nei mercati, e con picchi alti.



Argento

Per coloro che se lo stanno chiedendo, i grafici dei prezzi giornalieri dell'argento indicano azioni simili durante questi abbattimenti dell'oro. Non con la stessa marcia, ma simili per grado e tempo.

[Dopo aver iniziato a scrivere questo pezzo, ho notato che Zerohedge ha pubblicato oggi un'analisi sugli abbattimenti di prezzo dell'argento nel mese di Febbraio. Come per l'oro, le vendite sono concentrate nelle prime ore del giorno al NYMEX.]

...ma sembrano davvero troppo concentrate nella parte iniziale della giornata (negli USA, East Time)... la linea nera è la media delle perfomance di Febbraio

Grafici: Bloomberg

Il Rompicapo

E' difficile credere che i grafici siano la prova di un mercato libero ed efficiente. In caso contrario, un modello prevedibile come questo sarebbe rapidamente rimosso poiché i trader e gli algoritmi HFT la considererebbero una scommessa "sicura."

Invece questo è il comportamento che ci si aspetterebbe di vedere se potenti interessi vorrebbero sopprimere il prezzo dell'oro: abbatterlo duramente e presto all'inizio della settimana in modo da evitare che possa seguire una dinamica al rialzo, indicendo il capitale a paensarci due volte prima di entrare nel mercato dell'oro.

Chi sta promuovendo queste vendite all'apertura dei mercati? Sono le banche TBTF ("troppo grandi per fallire") che fanno profitti su grandi posizioni short? E' la FED, attraverso i vari proxy, che contiene il prezzo dell'oro in modo da non segnalare quanto il QE stia svalutando il dollaro? Le accuse su Internet si restringono a uno di questi campi -- o entrambi. Ma non lo sappiamo con certezza. Gli scambi non rendono pubbliche le informazioni.

Ma mentre i grafici di sopra non sono prove sufficienti per dimostrare che il prezzo dell'oro viene manipolato, di sicuro presentano i sintomi che ci si aspetterebbe di vedere se lo fosse.

Così la grande domanda è: se il mercato dei metalli preziosi è manipolato, è saggio rimanerci?

La storia è piena di corpi di investitori la cui tesi di investimento era giusta, ma la tempistica sbagliata. Anche se gli investitori in metalli preziosi possono aver ragione nella loro logica alla base dell'acquisto di oro, i mercati dei metalli preziosi possono restare come sono (o calare di più) tanto che non vale la pena rischiare di comprarli ora in questo momento?


La decisione

Come ho scritto in Time to Choose, gli investitori sono ad un bivio e devono prendere una decisione. Poiché i mercati emergenti e la politica fiscale hanno divorziato dai fondamentali, il divario tra "ciò che è" e "ciò che dovrebbe essere" si sta allargando. La ponderazione dell'allocazione del capitale deve basarsi sul vostro intuito.

Dal nostro punto di vista qui a Peak Prosperity, per i motivi esplorati in Crash Course e discussi qui tutti i giorni, siamo fermamente convinti che i fondamentali alla fine contano molto. E quando si esprimeranno pienamente, ci sarà una grande rivalutazione degli asset -- superiore per gli asset tangibili e nettamente inferiore per i crediti cartacei (azioni, obbligazioni e derivati).

Ma come abbiamo  spesso detto, il processo di correzione può benissimo richiedere molto più tempo di quanto ci potremmo aspettare. Francamente siamo stupiti che il sistema abbia retto così bene nel corso degli ultimi 5 anni nonostante l'enorme mole di dollari creati dal nulla, i miliardi di dollari di deficit e il petrolio a $100. Se state puntando sui fondamentali, come noi, dovete spalancare gli occhi porché potrestte sperimentare una frustrazione più lunga di quello che credevate.

Quindi, se decidete di scommettere sul continuo successo dello status quo, le scelte sono facili: entrate nei mercati della cartamoneta e andateci long. La FED aggiungerà $85 miliardi di liquidità ogni mese per il resto dell'anno al fine di spingere più in alto i prezzi dei vostri investimenti in carta.

Ma se scegliete i fondamentali, qui ci sono alcune linee guida importanti da tenere a mente:

  • Costruite la vostra posizione principale in lingotti fisici. Non scenderanno mai a $0, rimuoverete o minimizzerete il rischio di controparte,può essere ri-ipotecato ed è spesso il modo più anonimo per acquisire altri asset.
  • Se investite in oro "cartaceo," fatelo con denaro che potete permettervi di perdere. I rischi di ogni genere (manipolazione dei prezzi, rischi di controparte, carenze, modifiche alle regole, tracciabilità, ecc.) sono tutti molto più probabili. Leggete attentamente i prospetti informativi, e assicuratevi di investire solo in quei fondi che coprono pienamente la propria quota con i metalli preziosi (vs. contratti futures).
  • Non utilizzate la leva finanziaria. Non lasciate che il vostro entusiasmo vi renda vulnerabili. Molti ETF a leva perdono denaro nel corso del tempo a causa dei costi di transazione, anche se i metalli salgono. E quando i mercati restano piatti per tempi prolungati -- o, peggio, scendono -- possono fregarvi.


E' il Momento di "Rimanere Fermi sulle Proprie Posizioni"

E' umano veder sballotata la propria fiducia quando il mercato si comporta in modo completamente diverso rispetto a quanto si pensava. Chris e io percepiamo lo stesso dolore, sia fisico sia nei nostri portafogli, in quanto gran parte del nostro patrimonio è investito in metalli preziosi.

Ma ogni volta che proviamo a mettere in discussione le nostre ipotesi, percepiamo che il nostro sentiero è quello giusto -- e che ad un certo punto i fondamentali prevarranno.

Per quanto riguarda questi fondamentali, c'è un pezzo che Chris scrisse nel 2011 chiamato The Screaming Fundamentals for Owing Gold and Silver il quale è ancora attuale oggi. Ne consiglio vivamente la lettura.

Chris ha ripetuto molte volte che questo mercato assomiglia per un sacco di cose a quello del 2007, quando i prezzi degli asset salivano mese dopo mese, anche se i dati sottostanti si stavano deteriorando rapidamente. Come allora, prevede una potenziale e violenta correzione che prenderà di sorpresa il mercato, vaporizzando un sacco di ricchezza prima che i giocatori siano in grado di reagire.

È in momenti come questi che bisogna avere il coraggio di credere nelle proprie convinzioni e di rimanere fermi sulle proprie posizioni. Durante questi periodi difficili, è utile parlare con una comunità di pensatori affini che possono aiutarvi a ricordare dei fatti su cui avete fondato la vostra strategia -- è per questo che vi consiglio di entrare nel Gold & Silver Group di PeakProsperity.com se possedete metalli preziosi. E' una grande fonte di sostegno sia informativo che emotivo.

Chris e io continueremo a seguire da vicino gli sviluppi nei mercati dei metalli preziosi ed a riferire su eventuali modifiche sostanziali. Nel frattempo, rimarremo fermi sulle nostre posizioni. Ci auguriamo che anche voi facciate lo stesso.




[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 25 febbraio 2013

Porte Girevoli e Zombie

Uhmmm, a quanto pare oltre ai soliti noti tra le fila politiche, le "porte girevoli" le hanno usate anche parecchi cittadini americani. In questo caso porte girevoli delle partecipazioni sulle case di proprietà o sotto mutuo. Solo nel 2012 questi tipi di prestiti sono aumentati del 20%, a riconferma che le vecchie abitudini sono dure a morire. Non risparmiano per il futuro, spendono e spendono nel presente. E la nuova produzione? Credo che la risposta della stampa mainstream sia un sonoro "chi se ne frega." Accendere prestiti di rado risulta prudente, infatti gli americani desiderano spendere piuttosto che assicurarsi un'anzianità sicura. Nel frattempo la crescita resta stagnante, il governo federale continua a prendere in prestito dalla FED e quest'ultima crea denaro dal nulla per comprare gli IOU del primo. La maggior parte delle persone o non lo sa oppure non se ne preoccupa, e questo non fa altro che far aumentare il debito in ogni settore dell'economia (commerciale, statale, individuale). E' come se il debito fosse qualcosa di irresistibile, come se la vita fosse uan gozzoviglia continua senza un minimo pensiero a quello che può accadere domani: "Tanto pagherà qualcun altro." E questa mentalità è esattamente quello che l'economia Keynesiana veicola nei suoi assunti e pseudo-ricette per uscire dal pantano attuale: "Più si prenderà in prestito, più è probabile che diventeremo ricchi."
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di Bill Bonner


La caratteristica distintiva di un sistema zombificato è il modo in cui distribuisce i suoi frutti. In un'economia onesta, le persone fanno del loro meglio: lavorano duro e prendono le loro possibilità. Alcuni prevalgono perché sono produttivi, altri sono solo fortunati. Le chip vanno dove vogliono.

Ma dato che il sistema è stato invaso dagli zombie, le chip cadono dove viene detto loro di cadere. Piuttosto che ai produttori onesti ed efficienti, i premi vanno a chi cerca di ingraziarsi favori.

Elizabeth Fowler sa come funziona. Ha lavorato come mano sinistra del senatore Max Baucus, stendendo la raccolta di delitti e pene conosciuti come "Obamacare." Il senatore Baucus ha ammesso che aveva di meglio da fare che leggerlo. Ma non ce n'era bisogno, la Fowler sapeva cosa c'era dentro. Come ex-lobbista per Wellpoint, il più grande fornitore di assicurazioni sanitarie d'America, aveva fatto in modo che le chip fossero finite dove voleva.

"Se si costruisce un organigramma con i principali protagonisti dei negoziati al Senato sull'assistenza sanitaria," ha scritto Politico, "la Fowler ne sarebbe a capo."

La Fowler aveva già attraversato la porta girevole più di una volta. Aveva lavorato per Baucus prima di entrare nella Wellpoint... e anche dopo. Quando è tornata da Baucus ha sostituito Michelle Easton, un'altra lobbista della Wellpoint, che ha contribuito a consigliare il senatore sulla politica sanitaria mentre la Fowler era a libro paga della Wellpoint.

Poi, dopo che la legge è stata approvata, la Casa Bianca si è rivolta all'intelligente lobbista per attuarla. Dopo tutto, la notizia succulenta per quanto riguarda la legge è la disposizione che impone alle persone di acquistare prodotti da aziende come Wellpoint, che lo vogliano o meno. Come Assistente Speciale del Presidente per la Politica Sanitaria ed Economica al Consiglio Economico Nazionale, il suo lavoro era quello di fare in modo che Wellpoint ottenesse un buon ritorno dal suo investimento.

E poi, nel Dicembre 2012, whoosh... ha attraversato la porta girevole. Digitate "Elizabeth Fowler" e "revolving door" e capirete l'intera storia. "L'architetto dell'Obamacare," dicono i giornali, ha lasciato la Casa Bianca per andare alla Johnson & Johnson.

Cosa farà lì? Testerà i pannolini per adulti? Andrà a buttare la spazzatura o scriverà jingle pubblicitari? No, le è stato dato un ruolo che le calza a pennello, una "posizione senior" persso i loro "affari col governo."

Vai così ragazza!

(Non è la prima volta che negli Stati Uniti viene concesso questo tipo di privilegio. L'industria dell'etanolo ne è un esempio lampante. I crediti d'imposta agevolavano gli agricoltori che coltivavano mais e poi i federali obbligavano le compagnie petrolifere a comprarlo.)

Wellpoint non è stato l'unico vincitore nel settore sanitario lo scorso anno. Scrive il New York Times:

WASHINGTON —— Solo due settimane dopo essersi dichiarata colpevole di grave frode federale, Amgen, la più grande società al mondo sulle biotecnologie, ha ottenuto il suo colpo di stato (passato inosservato) a Capitol Hill: i legislatori hanno inserito un paragrafo nel disegno di legge sul "fiscal cliff" che ha fortemente favorito uno dei suoi farmaci, nonostante non venga menzionata tale azienda.

Il favore speciale era sepolto nella Sezione 632. Si tratta di un farmaco per la dialisi renale —— Sensipar —— che è stato esentato dalla riduzione dei costi per altri due anni. E' stato il frutto degli sforzi di 74 lobbisti dell'Amgen. Dovrebbe costare al sistema Medicare fino a $500 milioni.

Ecco come funziona un sistema di zombie: i membri del Congresso concedono favori alle aziende del settore privato, poi le aziende restituiscono i favori dando a tali membri comodi posti di lavoro. Uno dei principali lobbisti dell'Amgen, per esempio, è stato un dipendente del senatore Max Baucus, capo della Commissione Finanze al Senato. Si chiama Jeff Forbes e l'Amgen ha dato ai politici $5 milioni sin dal 2007, con $68,000 a Baucus.

Povera Elekta AB, il produttore svedese di strumenti per le radiografie, è stato pugnalato alla schiena dalla stessa legge dell'ultimo minuto. E' il modo in cui avviene la zombificazione; i premi vanno a persone che sono maggiormente in grado di sovvertire il processo politico. Elekta era in svantaggio: una società straniera non poteva dare soldi ai politici. Varian, un suo concorrente, poteva. Inoltre, Varian ha messo 18 lobbisti sul caso ed è riuscita ad ottenere che i pagamenti ad Elekta fossero tagliati a metà.

Più a venire...

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


sabato 23 febbraio 2013

Il Mercato e la Distribuzione della Ricchezza





di Ludwig M. Lachmann


[On Freedom and Free Enterprise: Essays in Honor of Ludwig von Mises (1956)]


Nel mondo libero possiamo constatare come i nemici dell’economia di mercato oggi si trovino privi di solidi argomenti. Le tesi a favore della pianificazione centralizzata hanno perso molto del loro antico splendore. Abbiamo fatto davvero molte esperienze a tale riguardo e gli avvenimenti degli ultimi quarant’anni sono anche troppo eloquenti.

Chi può oggi mettere in discussione che ogni intervento da parte di un’autorità politica, come sottolineò già trent’anni fa Ludwig von Mises, comporta ulteriori interventi per evitare le inevitabili ripercussioni economiche conseguenti al primo passo compiuto in quella direzione? Chi negherà mai che un’economia dirigista esige, per operare al meglio, un clima generale d’inflazione e chi oggi ignora i terribili effetti di una “inflazione controllata”? Sebbene alcuni economisti abbiano inventato la formula eufemistica “inflazione ordinaria” allo scopo di descrivere quell’inflazione cronica che conosciamo bene, è improbabile che qualcuno sia ancora disposto a cullarsi in questa illusione. Non avevamo davvero bisogno che il recente esempio tedesco ci mostrasse come un’economia di mercato sappia creare ordine a partire dal caos “amministrativamente controllato”, anche all’interno delle circostanze più sfavorevoli. Una forma di organizzazione economica basata sulla cooperazione volontaria è necessariamente superiore a ogni struttura gerarchica, anche nell’ipotesi in cui potesse esistere un sistema per selezionare, grazie a un test, chi debba comandare. Quanti sono in grado di apprendere mettendo a frutto l’esperienza e utilizzando la ragione lo sapevano già in precedenza, e quelli che non lo sono difficilmente lo apprenderanno adesso.

Dinanzi a tale situazione quanti s’oppongono all’economia di mercato hanno modificato la propria strategia; ora essi si oppongono al capitalismo usando argomenti “sociali” invece che “economici”. Ora il mercato è accusato di essere ingiusto, e non già inefficiente. I critici del capitalismo insistono adesso sugli “effetti distorcenti” del controllo proprietario della ricchezza e affermano pure che “il plebiscito del mercato è falsato dal voto plurimo”. Mostrano che la distribuzione della ricchezza ha ricadute sulla produzione e sulla distribuzione del reddito, dato che i possessori di ricchezza non soltanto ricevono una “quota ingiusta” del prodotto sociale, ma questo avrebbe pure conseguenze sulla composizione del prodotto sociale: i beni di lusso sono troppi e quelli che vanno incontro alle necessità comuni troppo pochi. Per di più, dal momento che questi proprietari hanno la maggior parte dei risparmi, essi determinano pure la quota dell’accumulazione di capitale e perciò il progresso economico.

Alcuni di questi oppositori del mercato non negherebbero tuttavia che c’è una logica nella distribuzione della ricchezza quale risultato cumulativo del gioco delle forze economiche, ma al tempo stesso sosterrebbero che questa accumulazione fa sì che il presente sia schiavo del passato, che a sua volta sarebbe la sopravvivenza di un fattore arbitrario. L’odierna distribuzione del reddito è delineata dall’effettiva distribuzione della ricchezza, e anche se la ricchezza di oggi fosse stata accumulata ieri, essa era stata accumulata da processi che a loro volta riflettevano l’influenza della distribuzione della ricchezza dell’altro ieri. In questo senso, tale argomento usato da quanti s’oppongono al mercato poggia sull’istituto dell’eredità da cui, anche in una società dinamica, una maggioranza dei proprietari fa derivare la propria ricchezza.

Questo argomento appare oggi ampiamente accettato, anche da molti che sono sinceramente favorevoli alla libertà economica. Tali persone devono credere che una “redistribuzione della ricchezza”, per esempio attraverso la tassa di successione, sarebbe socialmente desiderabile, senza comportare implicazioni economiche negative. Al contrario, poiché tali misure aiuterebbero a liberare i redditi attuali dalla “mano morta” del passato essi agevolerebbero anche un adattamento dei redditi presenti ai bisogni della nostra epoca. La distribuzione della ricchezza è un dato del mercato e cambiando i dati possiamo cambiare i risultati senza interferire con il meccanismo di mercato! Ne discende che il processo di mercato produrrebbe risultati “socialmente tollerabili” solo quando fosse accompagnato da una politica economica continuamente definita per redistribuire la ricchezza esistente.

Questa visione, come ho detto, è oggi condivisa da molti, e anche da alcuni economisti che pure comprendono la superiorità dell’economia di mercato sul dirigismo economico e sull’interventismo, ma egualmente rigettano quelle che reputano essere le conseguenze sociali dell’economia competitiva. Sono pronti ad accettare l’economia di mercato solo quando è accompagnata da politiche redistributive.

Il presente saggio punta a contestare le fondamenta di questa visione.

In primo luogo, l’intero argomento poggia logicamente sulla confusione verbale che viene dal significato ambiguo del termine “dato”. Nell’uso corrente come nella maggior parte delle scienze, per esempio in statistica, la parola “dato” significa qualcosa che, in un preciso momento, è “consegnato” a noi che osserviamo la scena. In questo senso è ovviamente un truismo sostenere che il modo di distribuzione della ricchezza è un dato ad ogni preciso istante, semplicemente nel senso banale che ciò che accade è così e non in un altro modo. Ma nelle teorie basate sulla nozione di equilibrio che, nel bene e nel male, hanno condizionato tanto significativamente il pensiero economico contemporaneo e ne hanno così ampiamente delineato i contenuti, la parola “dato” ha acquisito un secondo e assai diverso significato: qui per “dato” s’intende una condizione necessaria di equilibrio, una variabile indipendente, e “i dati” nel loro insieme indicano la somma totale delle condizioni necessarie e sufficienti dalle quali, una volta che le conosciamo tutte, possiamo dedurre senza ulteriori problemi il prezzo di equilibrio e la quantità. In questo secondo senso la distribuzione della ricchezza, insieme con gli altri dati, sarebbe dunque un fattore determinante, sebbene non il solo, dei prezzi e delle quantità dei vari beni e servizi che sono venduti e comprati.

In questo saggio il nostro principale obiettivo sarà tuttavia quello di mostrare che la distribuzione della ricchezza non è un “dato” in questo secondo e specifico senso. Lungi dall’essere una “variabile indipendente” del processo di mercato, essa è – al contrario – continuamente soggetta a modifiche che provengono dalle forze di mercato. Ovviamente ciò non significa negare che in ogni momento la distribuzione della ricchezza è tra le forze che delineano il percorso del processo di mercato nel futuro immediato, ma significa piuttosto negare che il modo di distribuzione in quanto tale possa avere un’influenza costante. Sebbene la ricchezza sia sempre distribuita in qualche modo definito, la maniera in cui essa è assegnata muta continuamente.

Soltanto se il modo di distribuzione rimanesse lo stesso periodo dopo periodo mentre pezzi individuali di ricchezza sono trasferiti grazie all’eredità, solo in tal caso un modo costante potrebbe essere detto una forza economica permanente. Dal momento che la distribuzione della ricchezza è decisa dalle forze di mercato come un oggetto, e non come un agente, quale che sia oggi la sua conformazione essa diverrà presto una sopravvivenza del passato.

Per questo, la distribuzione della ricchezza non ha posto tra i dati dell’equilibrio. Ciò che tuttavia è di grande interesse economico e sociale non è il modo di distribuzione a un dato momento, ma la maniera in cui esso muta nel corso del tempo. Tale trasformazione, lo vedremo, trova il suo vero posto tra gli avvenimenti che succedono su quel problematico “percorso”, ma raramente in realtà tutto conduce a un equilibrio. Si tratta di un fenomeno tipicamente “dinamico”. È un fatto curioso che in un tempo nel quale si è sentito tanto parlare del bisogno di ricercare e promuovere studi dinamici, nei fatti si sia poi prodotto così poco a tale riguardo.

La proprietà è una nozione giuridica che si riferisce a oggetti materiali concreti. La ricchezza è un concetto economico che si riferisce a risorse scarse. Tutte le risorse di valore sono – o riflettono, o incorporano – oggetti materiali, ma non tutti gli oggetti materiali sono risorse: le case pericolanti o abbandonate e i mucchi di rifiuti sono ovvi esempi, dato che si tratta di oggetti che i proprietari cederebbero volentieri se trovassero qualcuno disposto a portarseli via. Per di più, ciò che ora è una risorsa può smettere di esserlo domani, mentre ciò che adesso non ha alcun valore potrebbe acquisirlo domani. Lo status di oggetti materiali è perciò sempre problematico ed entro certi limiti dipende dalla previsione che facciamo. Un oggetto costituisce ricchezza solo se rappresenta la sorgente di un flusso di reddito. Per il proprietario, effettivo o potenziale, il valore di un oggetto attesta in ogni momento la sua prevista capacità di produrre reddito. E tutto questo dipenderà, a sua volta, dagli utilizzi a cui l’oggetto può essere piegato. La mera proprietà di oggetti, perciò, non conferisce necessariamente ricchezza. Non è la proprietà, ma l’utilizzo delle risorse che rappresenta la sorgente del reddito e della ricchezza. A New York una gelateria può garantire risorse al proprietario; la stessa gelateria sarebbe difficilmente tale in Groenlandia.

In un mondo caratterizzato da cambiamenti imprevedibili è sempre problematico riuscire a preservare la ricchezza; e a lungo termine si può dire che sia impossibile. Per essere in grado di mantenere una data quantità di ricchezza da una generazione all’altra, una famiglia dovrebbe possedere tali risorse con cui ottenere un flusso permanente di reddito netto, e cioè una quantità di valore aggiuntivo rispetto al costo dei servizi che integrano le risorse possedute. Sembra che questo sia possibile solo se ci si trovi in un mondo stazionario – in un mondo nel quale oggi come ieri e domani come oggi, e in cui per questo motivo, giorno dopo giorno, e anno dopo anno, lo stesso reddito maturerà a favore degli stessi proprietari o dei loro eredi – o se tutti i proprietari di risorse avessero una perfetta capacità di previsione. Poiché entrambe le ipotesi sono lontane dalla realtà, possiamo ignorarle senza timore. Cosa dunque succede in realtà alla ricchezza in un mondo caratterizzato da cambiamenti non prevedibili?

Tutte le ricchezze consistono in capitali che, in un modo o nell’altro, incorporano o almeno in ultima analisi riflettono le risorse materiali di produzione, le fonti dei prodotti di valore. Ogni prodotto deriva dal lavoro umano con l’aiuto di una combinazione di tali risorse. Per questo scopo le risorse devono essere usate in talune composizioni; la complementarietà è l’essenza dell’uso della risorsa. Le forme di questa complementarietà non sono in nessun modo “date” agli imprenditori che predispongono, iniziano e portano a compimento i piani di produzione. Nella realtà non esiste alcuna funzione di produzione A. Al contrario, il compito dell’imprenditore consiste precisamente nel trovare, in un mondo caratterizzato da continui cambiamenti, quale combinazione di risorse assicurerà, nelle condizioni odierne, il massimo di produzione al minor costo, e nello scommettere che farà così nelle probabili condizioni di domani, quando i valori dei prodotti, il costo delle risorse complementari impiegate e la tecnologia saranno del tutto cambiati.

Se tutti i capitali fossero infinitamente versatili, il problema imprenditoriale consisterebbe in nient’altro che nel seguire gli scambi delle condizioni esterne con combinazioni di risorse sempre diverse, in una successione di usi fatta proficua da questi cambiamenti. Di regola, le risorse hanno una limitata versatilità ed ognuna è orientata a un numero specifico di impieghi.[1] Per questo motivo, il bisogno di adeguare la realtà dinanzi al cambiamento comporterà spesso l’esigenza di modificare la composizione del gruppo di risorse, allo scopo di “ricomporre il capitale”. Ma ogni mutamento nella gestione di questa complementarietà avrà effetti sul valore delle risorse componenti, producendo plusvalenze e minusvalenze. Gli imprenditori avanzeranno offerte più alte per i servizi garantiti da quelle risorse da cui si sono ricavati utilizzi più proficui, e saranno disposti a pagare meno per quelle destinate a utilizzi meno interessanti. In quei limitati casi in cui nessun uso (presente o futuro, reale o potenziale) della risorsa può essere trovato e questo anche se essa, in passato, è stata parte di una combinazione assai produttiva, la risorsa stessa perderà totalmente il proprio carattere di risorsa. Ma anche in casi meno estremi le plusvalenze e le minusvalenze dei capitali composti da beni e risorse di vario genere vanno considerate un dato essenziale di un mondo contraddistinto da trasformazioni non prevedibili.

Quello del mercato deve dunque essere visto come un processo che tende a livellare. Nel mercato c’è una dinamica in direzione della redistribuzione della ricchezza che ha sempre avuto luogo, ben prima dei processi apparentemente simili che i politici moderni vanno istituendo, ma questi ultimi non reggono il confronto, se non altro perché il mercato dà la ricchezza a quanti possono gestirla, mentre i politici consegnano i capitali all’insieme di quanti li sostengono e che, di regola, non sanno farlo.

Questo processo di redistribuzione della ricchezza guidato dal mercato non è la conseguenza di una catena di casualità. Quanti vi prendono parte non stanno giocando in una gara basata sulla fortuna, ma al contrario competono mettendo in mostra le loro abilità. Questo processo, come tutti i veri processi dinamici, riflette la trasmissione di conoscenza da una mente all’altra. Ciò è possibile solo perché alcune persone hanno conoscenze che altri non hanno ancora acquisito, dal momento che la conoscenza del mutamento e delle sue implicazioni si diffonde gradualmente e in modo tutt’altro che uniforme attraverso la società.

In questo processo ha la meglio chi capisce prima di qualsiasi altro che una data risorsa che oggi può essere prodotta (quando è nuova) o comprata (quando si tratta di una risorsa già esistente) ad un prezzo A, domani sarà parte di una combinazione produttiva il cui risultato varrà A’. Tali plusvalenze e minusvalenze, causate dall’opportunità o dal bisogno di usare in altro modo talune risorse, in maniera più o meno efficace, formanola sostanza economica di ciò che la ricchezza significa in un mondo in trasformazione e il principale veicolo del processo di redistribuzione.

In questo processo è davvero assai improbabile che lo stesso uomo abbia sempre le migliori intuizioni circa i possibili nuovi utilizzi delle risorse esistenti o potenziali, perché in quel caso sarebbe davvero un essere superiore. E anche in questo caso molto difficilmente gli eredi otterranno un successo analogo – diversamente anch’essi sarebbero davvero superiori. In un mondo caratterizzato da cambiamenti imprevisti, in definitiva le minusvalenze sono tanto inevitabili quanto le plusvalenze. La concorrenza tra proprietari di capitale e la natura specifica delle risorse durature, specie quando si tratti di “specificità multipla”, prevede che i guadagni siano seguiti da perdite così come che le perdite saranno seguite da guadagni.

Questi fatti economici comportano talune conseguenze sociali. Dal momento che i critici del mercato oggi preferiscono basare il loro attacco su argomenti “sociali”, può qui non essere fuori luogo mostrare quali siano i veri risultati sociali del processo di mercato. Abbiamo già detto come esso sia un processo livellatore. In maniera più precisa possiamo descrivere tale risultate come un esempio di quella che Vilfredo Pareto chiamò la “circolazione delle élites”. La ricchezza è incapace di restare a lungo nelle stesse mani. Passa da uno all’altro nel momento in cui un cambiamento imprevisto conferisce valore a questa o a quella specifica risorsa, causando guadagni o perdite in conto capitale. Rifacendoci a Joseph Alois Schumpeter, potremmo dire che i possessori di capitale sono come gli ospiti di un hotel o i passeggeri di un treno: sono sempre là, ma non sono mai a lungo le stesse persone.

Si può obiettare che il nostro argomento in ogni caso si applichi a un piccolo segmento della società e che la circolazione delle élites non elimini l’ingiustizia sociale. Questa circolazione può effettivamente esserci tra i possessori di ricchezza, ma cosa si può dire del resto della società? Quale opportunità hanno quanti non hanno neppure l’occasione di partecipare, non dico di vincere, al gioco? Tuttavia questa obiezione ignora la parte giocata dai manager e dagli imprenditori all’interno del processo di mercato: una parte su cui dovremo presto soffermarci.

Come abbiamo visto, in un’economia di mercato tutta la ricchezza ha una natura problematica. Quanto più durevoli sono i capitali e quanto più specifico e ristretto è lo spettro degli usi a cui essi possono essere piegati, quanto più chiaro diventa il problema. Ma in una società con poco capitale fisso (nella quale la maggior parte del capitale accumulato aveva la forma di un accumulo di beni fisici, principalmente agricoli e deperibili, trasportati in determinati periodi e per tragitti anche lunghi) e in cui i beni di consumo durevoli (eccetto forse le case e il mobilio) difficilmente esistevano, il problema non era così chiaramente visibile. Grosso modo questa era la società in cui vissero gli economisti classici e da cui la loro teoria trasse naturalmente molti elementi. Tuttavia nelle condizioni del loro tempo gli economisti classici erano giustificati, fino a un certo punto, nel considerare tutti i capitali come virtualmente omogenei e perfettamente versatili, opponendo a questo solo la terra, intesa come l’unica risorsa specifica e non riproducibile. Ma nel nostro tempo non c’è alcuna giustificazione per tale dicotomia. Quanto più il capitale è fisso e durevole, tanto maggiore è la probabilità che le risorse che costituiscono il capitale dovranno essere usate, prima che si esauriscano, in scopi diversi rispetto a quelli per cui originariamente erano state pensate. In pratica questo vuol dire che in una moderna economia di mercato non ci può essere una realtà in grado di assicurare un reddito permanente. La durata e la limitata versatilità dei capitali rendono tutto questo impossibile.

Ci si può domandare se nel presentare il nostro argomento non abbiamo confuso il proprietario di capitale con l’imprenditore, attribuendo al primo funzioni che in realtà sono proprie del secondo. La decisione in merito all’utilizzo delle risorse esistenti così come quella che specifica la forma concreta delle nuove risorse in termini di capitale (insomma, la decisione sull’investimento) non è forse il tipico compito dell’imprenditore? Non è caratteristico dell’imprenditore raggruppare e ricollocare le combinazioni dei beni capitali? Non stiamo forse attribuendo ai proprietari di capitali la funzione economica degli imprenditori?

In realtà, non siamo in primo luogo interessati ad attribuire compiti a questo o a quello. Siamo invece interessati agli effetti che il cambiamento imprevisto ha sul valore dei capitali e sulla distribuzione della ricchezza. Gli effetti di tale trasformazione ricadranno sui proprietari di ricchezza quale che sia la causa del cambiamento. Se la distinzione tra capitalista e imprenditore potesse facilmente essere tracciata, si potrebbe sostenere che la continua redistribuzione della ricchezza sia il risultato dell’azione imprenditoriale, di un processo in cui i proprietari di capitali giocano un ruolo passivo. Ma non si può dubitare che il processo abbia effettivamente luogo e che la ricchezza sia ridistribuita, né che il processo sia suscitato dalla trasmissione di conoscenze da un centro d’azione imprenditoriale all’altro. Dove i proprietari di capitali e gli imprenditori possono essere chiaramente distinti, è vero che i proprietari di ricchezza non prendono parte attiva nei processi stessi, ma ne devono accettare passivamente i risultati.

Tuttavia vi sono molte situazioni in cui una distinzione così netta non può essere fatta. Nel mondo moderno la ricchezza prende tipicamente la forma dei titoli. Il proprietario di ricchezza è tipicamente un azionista. L’azionista è un imprenditore? Frank Knight sostiene che lo è, ma svariati studiosi, da Walter Rathenau[2] a James Burnham, affermano il contrario. Naturalmente la risposta dipende dalla nostra definizione dell’imprenditore. Se lo definiamo come colui che assume rischi, è chiaro che l'azionista è un imprenditore. Ma negli ultimi anni sembra essersi delineata una tendenza sempre più decisa a definire imprenditore colui che fa piani e assume decisioni. Se le cose stanno così, i membri del consiglio d’amministrazione e i manager sono imprenditori, mentre probabilmente gli azionisti non lo sono.

Tuttavia dobbiamo essere cauti nel derivare da ciò questa o quella conclusione. Uno dei principali compiti dell’imprenditore consiste nello specificare la forma concreta delle risorse che costituiscono un capitale, e cioè quali edifici devono essere realizzati, quali depositi di beni devono essere predisposti, e via dicendo. Per poter distinguere chiaramente tra capitalista e imprenditore dobbiamo immaginare che esista un imprenditore “puro”, senza ricchezze proprie, il quale affitta capitale in forma monetaria, ossia in una forma non definita, da “puri” proprietari di capitali.[3]

Ma i dirigenti e gli amministratori che si trovano al vertice della struttura organizzativa assumono davvero tutte queste decisioni specifiche? Molte di esse non vengono prese ben più in basso dai capi-settore, dai supervisori e da altre figure? È davvero possibile indicare in modo tanto netto “l’imprenditore” in un mondo nel quale le funzioni manageriali sono così ampiamente distribuite?

D’altro lato, la decisione di un proprietario di capitale di acquistare nuove azioni di una società A invece di una società B è anch’essa una decisione ben specifica. E in effetti questa è la decisione primaria su cui in definitiva poggiano tutte le decisioni gestionali all’interno dell’azienda, dato che senza capitale non ci sarebbe nulla da specificare. A quanto pare, dobbiamo comprendere che le decisioni volte a operare questa specificazione che sono assunte da azionisti, consiglieri d’amministrazione, manager e altri soggetti sono alla fine tutte mutualmente dipendenti, poiché si tratta dei legami di una catena. Tutte queste decisioni si distinguono solo per il grado di concretezza, che cresce quanto più ci allontaniamo dal vertice dell’apparato organizzativo. Comprare le azioni dell’azienda A è una decisione che dà al capitale una forma meno concreta rispetto a quanto non faccia la decisione del capo-officina che sceglie con quali strumenti il lavoro deve essere fatto, ma è comunque una decisione che dà specificazione al capitale e che assicura le basi materiali per l’azione di quel capo-officina. In questo senso possiamo dire che il proprietario di capitale assume la decisione che più di tutte ha questa capacità di specificare il capitale.

Perciò la distinzione tra proprietario di capitale e imprenditore non è davvero semplice da fare. A questo livello, poi, il contrasto tra gli imprenditori attivi, che agiscono formando e ridefinendo combinazioni di beni capitali, e i proprietari che si limitano a possedere risorse, che devono accettare il verdetto delle forze di mercato in merito al successo dei “loro” imprenditori, è molto esagerato. Dopo tutto gli azionisti non sono affatto indifesi in queste situazioni. Se essi non possono persuadere i consiglieri d’amministrazione della loro azienda a non compiere certe scelte, c’è comunque una cosa che essi possono fare: possono vendere!

Ma cosa si può dire in merito ai proprietari di titoli di credito? Gli azionisti possono realizzare plusvalenze e minusvalenze; la loro ricchezza è visibilmente condizionata dalle forze di mercato. Ma quanti possiedono titoli di credito sembrano essere in una situazione del tutto diversa. Non si tratta di proprietari di ricchezza che possono pretendere immunità dalle forze di mercato che abbiamo descritto, e perciò dal processo di redistribuzione?

A un primo approccio, naturalmente, la differenza è esclusivamente un problema di grado. Non sono sconosciute situazioni in cui – a seguito del fallimento di progetti, inefficienza gestionale o altre circostanze esterne che non era possibile prevedere – i proprietari dei titoli di credito dovettero prendere il controllo della società e perciò ne divennero involontariamente i proprietari. È vero tuttavia che la maggior parte dei titolari di obbligazioni sono proprietari di ricchezze che stanno a una certa distanza dalla scena che abbiamo descritto, e cioè lontano dalla sorgente dei cambiamenti che sono destinati a modificare la maggior parte dei valori, sebbene non tutti. Le ripercussioni che s’irradiano da quella sorgente saranno stati intercettati da altri prima che raggiungano i titolari dei bond. Più alta è la “marcia” ingranata dal capitale di una impresa, più sottile è lo strato protettivo a garanzia degli investitori, e maggiori saranno le ripercussioni sui titolari dei bond, che ne saranno davvero seriamente interessati. Ed è perciò piuttosto sbagliato citare il caso del proprietario di titoli di credito allo scopo di mostrare che ci sono proprietari di risorse che sono esentati dal fare i conti con l’azione delle forze di mercato che abbiamo descritto. Come classe, i proprietari di ricchezze non possono essere liberati da ciò, anche se possono essere meno interessati da tutto ciò rispetto ad altri gruppi.

Ci sono inoltre due forze economiche che generano plusvalenze e minusvalenze da cui, per la natura di questi casi, i possessori di titoli di credito non possono proteggersi, per quanto spessa possa essere l’armatura protettiva del loro capitale: e queste due forze economiche sono il tasso d’interesse e l’inflazione. Un aumento a lungo termine dei tassi d’interesse deprimerà i valori dei titoli sebbene i loro possessori possano ancora sperare di rientrare grazie a maggiori profitti, mentre una caduta produrrà l’effetto opposto. L’inflazione trasferisce ricchezza dai creditori ai debitori, dove la deflazione ha l’effetto contrario. In entrambi i casi, naturalmente, abbiamo a che fare con modalità di quella ridistribuzione del reddito che stiamo descrivendo. Possiamo dire che con tassi di interesse costanti a lungo termine e con nessun cambio nel valore della moneta, la possibilità per la ricchezza dei titolari di bond di essere al riparo di fronte a un cambiamento inatteso dipenderà dalla loro posizione nei riguardi dei titolari delle quote di capitale, dalla loro “distanza economica” dal centro delle perturbazioni; mentre i mutamenti dell’interesse e nel valore della moneta modificheranno quella posizione.

I proprietari dei titoli di Stato, naturalmente, sono esenti da molte delle ripercussioni connesse a cambiamenti imprevedibili, ma certo non da tutte. Essi non hanno bisogno dell’armatura dei titoli di credito per proteggersi dalle forze di mercato che modificano prezzi e costi. Ma il mutamento dei tassi di interesse e l’inflazione sono una minaccia per loro come per gli altri titolari di bond. Nel mondo dell’inflazione permanente in cui oggi viviamo, sarebbe ridicolo ritenere che una ricchezza sotto forma di titoli di Stato pubblici non sia soggetta all’erosione delle forze del cambiamento. Ma in ogni caso l’esistenza di un debito statale non è il risultato dell’azione delle forze di mercato. È il risultato dell’azione dei politici desiderosi di salvare gli interessi dei loro elettori dall’onere di pagare imposte che altrimenti avrebbero dovuto pagare.

Il fatto principale che abbiamo sottolineato in questo saggio, la redistribuzione della ricchezza causata dalle forze di mercato in un mondo caratterizzato da cambiamenti inattesi, può essere comunemente osservato. Perché, allora, è costantemente ignorato? Possiamo capire per quale motivo i politici scelgano di ignorarlo: dopo tutto, è improbabile che la grande maggioranza di quanti compongono la loro base elettorale sia direttamente interessata da questo e, com’è ampiamente mostrato in caso di inflazione, difficilmente essa sarebbe in grado di capirlo se anche lo fosse. Ma perché anche gli economisti dovrebbero scegliere di ignorare tutto ciò? Che quel modo di distribuzione della ricchezza sia il risultato dell’azione di forze economiche è il genere di proposizione che, si potrebbe pensare, dovrebbe piacere loro. Perché, allora, un numero così alto di economisti continua a giudicare la distribuzione della ricchezza come un “dato”, in quel secondo senso precedentemente menzionato? C’è da supporre che la ragione possa essere trovata in un’eccessiva preoccupazione per i problemi di equilibrio.

Abbiamo visto in precedenza che i modi in cui si sussegue la distribuzione della ricchezza appartengono all’universo del disequilibrio. Plusvalenze e minusvalenze emergono in primo luogo perché le risorse durevoli devono essere utilizzate in forme per le quali non erano state progettate, e perché alcuni uomini capiscono prima e meglio di altri ciò che discende dai mutevoli bisogni e dalle risorse in trasformazione di un mondo che cambia. L’equilibrio sta ad indicare una coerenza di progetti, ma la redistribuzione della ricchezza operata dal mercato è tipicamente il risultato di un’azione incoerente. A quanti sono abituati a pensare in termini di equilibrio è naturale che tali processi che abbiamo descritto debbano apparire non proprio “rispettabili”. Ai loro occhi le “vere” forze economiche sono quelle che tendono a stabilire e mantenere l’equilibrio. Le forze che operano soltanto in disequilibrio non sono perciò considerate davvero interessanti e di conseguenza sono troppo spesso ignorate. Ci possono essere due ragioni per tale dimenticanza. Non c’è alcun dubbio che giochi un ruolo la convinzione che esista nella realtà una tendenza verso l’equilibrio e che, in ogni situazione concepibile, le forze che spingono verso l’equilibrio saranno sempre più forti di quelle che vi si oppongono.

Ma possiamo sospettare che un motivo egualmente forte sia l’incapacità degli economisti preoccupati dagli equilibri a fare i conti con le forze del disequilibrio. Tutta la teoria deve fare uso di modelli coerenti. Ma se si ha soltanto tale modello a propria disposizione, è ovvio che una buona parte dei fenomeni che non sembrano adeguarsi allo schema non saranno facilmente presi in considerazione. Il fatto d’ignorare il processo di redistribuzione, perciò, non è solo di enorme importanza pratica in politica economica, poiché ci impedisce di capire taluni aspetti del mondo in cui viviamo. Esso ha un cruciale significato metodologico per l’area centrale del pensiero economico.

Naturalmente non stiamo dicendo che l’economista moderno, formatosi alla grammatica dell’equilibrio e tanto ignorante dei fatti del mercato, non sia capace di fare i conti con il mutamento economico, o comunque non sia pronto a ciò; questo sarebbe assurdo. Stiamo solo dicendo che egli è bene equipaggiato unicamente per affrontare quei tipi di cambiamento che hanno luogo in conformità con una struttura piuttosto rigida. Nella maggior parte della letteratura economica oggi di moda il mutamento è concepito come una transizione da un equilibrio all’altro, e cioè in termini di statistica comparativa. Vi sono anche economisti che avendo seriamente frainteso l’idea di Gustav Cassel di una “economia uniformemente in movimento” non possono concepire la trasformazione economica in nessun altro modo![4] Tale transizione regolare da un equilibrio (di breve o lungo termine) a un altro, sbarra praticamente la strada non solo alla discussione sul processo a cui noi ci stiamo interessando, ma su tutti gli autentici processi economici. Poiché tale transizione regolare si realizzerà solo dove la nuova condizione di equilibrio è già generalmente conosciuta ed è anticipata prima di essere raggiunta. Dove non è così, si avrà un processo di tentativi ed errori (quelli che Léon Walras chiamava tâtonnements) che, alla fine, può o non può condurre a una nuova posizione d’equilibrio. Ma anche dove è così, alla fine il nuovo equilibrio raggiunto non sarà che ciò che avrebbe immediatamente anticipato ognuno fin dall’inizio, poiché sarebbe il risultato cumulativo degli avvenimenti che hanno preso forma lungo il percorso che conduce a ciò. Tra questi eventi il cambiamento della distribuzione della ricchezza occupa un posto fondamentale.

Il professor Erik Lindahl[5] ha recentemente mostrato fino a che punto il modello analitico di John Maynard Keynes sia viziato dalla sua chiara volontà di constringere una varietà di forze economiche nel letto di Procuste di un’analisi dell’equilibrio di breve periodo. Mentre voleva descrivere il modus operandi di molte forze dinamiche, Keynes imprigiona il suo modello nella logica di un sistema di equazioni simultanee, sebbene le varie forze studiate appartenessero chiaramente a periodi di differente ampiezza. La lezione da apprendere qui è che una volta che ci concediamo il lusso di ignorare i fatti fondamentali che riguardano il mercato, come le differenze in termini di conoscenza e il fatto che alcune persone comprendono il significato di un evento prima di altre e più in generale la struttura temporale degli eventi, saremo tentati di esprimere gli effetti “immediati” nei termini dell’equilibrio di breve termine. E presto ci sentiremo pure autorizzati a dimenticare che ciò che realmente interessa l’economia non sono gli equilibri – anche nell’ipotesi in cui esistano, ciò che in ogni caso è da discutere – ma ciò che succede tra l’uno e l’altro. “Una nozione improvvisata, utilizzata dagli economisti logici come nozione limitativa”,[6] può produrre risultati assai disastrosi quando è impiegata malamente.

Le difficoltà con cui l’equilibrio alla fine costringe a fare i conti derivano dalla confusione tra soggetto e oggetto, tra la mente di chi osserva e le menti degli attori osservati. Naturalmente non ci può essere una scienza sistematica senza una struttura coerente di riferimento, ma difficilmente possiamo attenderci di trovare coerenza se la nostra struttura concettuale di riferimento esige esiti preconfezionati nelle situazioni che esaminiamo. Al contrario, il nostro compito è di ottenere risultati grazie a uno sforzo analitico. Nelle scienze sociali vi sono molte situazioni che sono interessanti per noi proprio perché le azioni umane che sostanziano la realtà sono incoerenti l’una rispetto all’altra e perché la coerenza, se mai c’è, è alla fine prodotta dall’interazione delle menti di alcuni con quelle di altri. Questo saggio si propone di studiare tale situazione. Abbiamo tentato di mostrare che un fenomeno sociale di una qualche importanza può essere compreso se è presentato come un processo che riflette l’interazione della mente sulla mente, ma non altrimenti. I costruttori di modelli, econometrici o di differente tipo, naturalmente devono evitare questi temi.

È necessario sperare in futuro che gli economisti si mostrino meno inclini di quanto non sia avvenuto nel passato a cercare una coerenza predefinita ma spuria, e mostrino più interesse per quella varietà di modi nei quali la mente umana trae coerenza da una situazione inizialmente incoerente.


[*] traduzione Istituto Bruno Leoni


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Note

[1] L’argomento che presento in questo testo deve molto alle idee formulate per la prima volta da Ludwig von Mises in “Das festangelegte Kapital”. Si veda: Grundprobleme der Nationaloekonomie, Jena, Fischer, 1933, pp. 201–14.

[2] Walter Rathenau, Vom Aktienwesen, Berlino, Fischer, 1917.

[3] Naturalmente questa definizione comporta alcune implicazioni sociali. Quanti l’accettano difficilmente possono continuare a considerare gli imprenditori come una classe a cui quanti sono privi di ricchezze non possono in alcun modo accedere. Quale che sia il grado di “imperfezione del mercato dei capitali” che sceglieremo di assumere, non otterremo comunque quel risultato.

[4] Per un’efficace critica di questo tipo di costruzione di modelli si veda: Joan Robinson “The Model of an Expanding Economy”, Economic Journal, marzo 1952.

[5] Erik Lindahl, “On Keynes’ Economic System”, Economic Record, maggio-novembre 1954.

[6] Ludwig von Mises, Human Action, New haven, Yale University Press, 1950, p. 352.

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venerdì 22 febbraio 2013

Persiste il divario di ricchezza

Credo che questo grafico farà felici coloro che si stracciano le vesti in pubblico per sostenere a spada tratta l'operato dello stato e soprattutto della sua depredazione fiscale. Ecco dove finiscono principalmente i soldi dei contribuenti. Ma... ma... lo stato non era qui per salvarci tutti quanti? A quanto pare è qui per salvarci, ma non tutti. Alcuni. E' un caso isolato agli USA? Certo che no, anche in Europa non ci facciamo mancare aiuti ai TBTF soprattutto alle banche greche fallite. Forse è brutto dire fallite e potrebbe essere inteso anche come poco politically correct... "diversamente solvibili" credo sia il termine adeguato. Infatti, il FMI si aspetta che la Grecia tra il 2015 ed il 2016 abbia bisogno di nuovi aiuti tra i €5.5 miliardi ed i €9.5 miliardi per evitare la bancarotta. Come sempre, nessuno sa da dove arriveranno questi soldi; soprattutto data l'esposizione dei vari paesi nei prestiti concessi a paesi falliti diversamente solvibili. Infatti, le politiche della BCE hanno fallito su tutti i fronti nel correggere le disparità tra i vari paesi dell'eurozona, come dimostrato anche da questo documento presentato da Goldman a Londra. E come se non bastasse la Francia si prepara ad inasprire la sua guerra al contante e alle libertà personali. Per questo motivo, cari lettori, è bene che firmiate e leggete il manifesto avanzato dal movimento "Contante Libero" in modo da capire l'importanza che le transazioni fatte con denaro contante non solo sono sinonimo di privacy, ma anche di libertà personale.
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di David Howden


I risultati finanziari della Rolls-Royce nel 2012 devono aver destato nuove preoccupazioni in coloro che si occupano del crescente divario di ricchezza.

La Rolls-Royce ha fatto registrare per la terza volta consecutiva un record di vendite annuali, i migliori risultati durante i suoi 108 anni di storia. Con un prezzo di £170,000 per il suo modello più economico, si può dire che queste vendite siano riservate ad una piccola sottosezione di ricchi, forse lo 0.01%. Mentre l'attuale recessione ha lasciato che le masse pagassero i loro debiti e godessero di un minor consumo rispetto a prima, il cosiddetto un per cento prosegue verso nuove vette e nuovi eccessi.

Come si spiega questo divario crescente, soprattutto quando concentrato nelle mani di pochi?

Forse potremmo spiegarlo con i successi degli uomini d'affari, i quali guadagnano grandi profitti servendo al meglio i propri clienti. Mentre ci può essere una manciata di imprenditori che resiste alla tempesta finanziaria, la recessione sta spazzando via la maggior parte della comunità imprenditoriale. Inoltre, non sembra proprio che queste sontuose manifestazioni di ricchezza siano sfoggiate dalla comunità imprenditoriale.

Un'altra spiegazione potrebbe essere l'esistenza di una posizione di privilegio o di un rapporto che permette ad alcuni di avere successo a spese di altri. Questa dorganizzazione permetterebbe, quindi, ad alcune persone di intascare grandi profitti con poco lavoro ed a spese del benessere delle masse (in contrasto con il modo normale di guadagnare profitti –-- duro lavoro volto a migliorare le condizioni delle masse).

Lo scorso anno la Banca d'Inghilterra ha aumentato l'offerta di banconote e monete di circa il 4%. Tale incremento è andato a finanziare gli acquirenti di Gilt del Regno Unito, riducendo i costi finanziari per il governo. Tuttavia, mentre alcuni politici potrebbero vivere alla grande, il vero colpevole si annida all'interno del sistema bancario.

Con questo aumento della base monetaria, il sistema bancario è stato in grado di aumentare la sua offerta di credito –-- emesso sotto forma di prestiti a mutuatari ignorando i depositi alla base. Ha potuto farlo grazie ad un privilegio legale conferitogli dal governo: la riserva frazionaria. Concedendo prestiti in eccesso rispetto all'ammontare dei loro asset, le banche sono in grado di creare qualcosa in cambio di nulla. Il denaro di questi prestiti viene utilizzato dai debitori e finirà per spingere in alto i prezzi. L'inflazione danneggia i risparmiatori –-- coloro il cui duro lavoro è stato premiato in passato, ma ormai viene compromesso poiché l'aumento dei prezzi ne riduce il potere d'acquisto. Dall'altra parte, i mutuatari utilizzano questi fondi appena creati in acquisti. Dal momento che hanno accesso a finanziamenti in base ad una serie di prezzi e poi, attraverso le loro spese, li fanno aumentare, i mutuatari di questo denaro a riserva frazionaria non fanno altro che impoverirci.

Invece di guadagnare profitti alla vecchia maniera, ora è conveniente prendere in prestito denaro dal sistema bancario e spenderlo il più velocemente possibile. L'unico problema è che la maggior parte di noi non può farlo, e dal momento che la banca è preoccupata per i rimborsi di questi prestiti, presterà denaro solo a coloro degni di credito o agli "amici degli amici." L'uno per cento, rimasto relativamente indenne dalla recessione rispetto all'uomo della strada, può quindi accedere a nuovi profitti esclusivi.

Il fatto che questi utili vengano canalizzati in manifestazioni di ricchezza, come le auto di lusso, non dovrebbe essere una sorpresa.

Eppure la Rolls-Royce non è la sola. L'anno scorso ho parlato di quanto siano fiorenti l'arte ed i mercati immobiliari di lusso. Anche BMW (società madre della Rolls-Royce), Audi, Mercedes-Benz e Jaguar Land Rover hanno fatto registrare record di vendite nel 2012. JATO Dynamics riporta che le vendite di auto di lusso sono cresciute del 13% nel corso degli ultimi quattro anni, nonostante i fiumi d'inchiostro sull'austerità e sulla recessione che riempiono la stampa finanziaria. Bentley ha recentemente annunciato che le sue vendite nel 2012 sono aumentate del 22% rispetto all'anno precedente.

Invece il mercato automobilistico per la massa è in una condizione molto più triste. Nonostante si combatta per abbassare il più possibile il prezzo per attirare i clienti, tasse alte e la disoccupazione in aumento stanno mettendo in pericolo le vendite. Infatti, "[c'è] un divario tra i mega-ricchi e tutti gli altri," secondo Rim Urquhart, analista di IHS Automotive. Con la prossima introduzione di un modello Roll-Royce ultra-lussuoso, sembra che tale tendenza non sia al capolinea. La prospettiva è solo un centinaio di vendite al posto del migliaio per il suo modello attuale, quindi la Rolls-Royce punta chiaramente ad un segmento di mercato diverso da quello a cui è abituata –-- l'un per cento dell'un per cento.

Coloro che sono sconvolti da questa ostentazione di ricchezza e dal relativo divario sociale, dovrebbero incolpare le persone giuste. In alcuni casi questi acquisti e stili di vita sono il risultato di duro lavoro e ricompensa del sacrificio. Per molti, tuttavia, il crescente divario è un "premio" per essere in una posizione privilegiata nel settore finanziario perché la riserva frazionaria permette profitti indebiti per alcuni a scapito di altri. Per iniziare a correggere questo squilibrio crescente ci vorrebbe un esame minuzioso della Banca d'Inghilterra (e di altre banche centrali) e dei loro continui doni inflazionistici al sistema finanziario.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


giovedì 21 febbraio 2013

La Regola da Tenere a Mente negli Investimenti

Non vi ricordano molto le scuse degli alcolisti tutte queste negazioni riguardo la guerra valutaria in atto? Una delle tante fasi verso il delirium tremens, o uno tsunami di carta straccia pronto a bussare dolcemente alle nostre porte. E poi c'è la perenne cazzata mastodontica che ritorna sovente ogni qual volta un pianificatore centrale decide di risolvere tutti i problemi con la bacchetta di denaro fiat: in caso di aumenti di prezzi aumentare i salari. E via di stampa dopo. La variante di questa proposta è l'innalzamento o l'introduzione del salario minimo, e in questi giorni anche qui in Italia tra le proposte bislacche è spuntata anche questa. Ovviamente, dato che questi sono semplicemente degli "economisti del fine settimana" (insieme a quelli accreditati con premi Nobel), non hanno assimilato la lezione di Bastiat secondo cui il buon economista guarda "quello che non si vede." Cosa non si vede? Uhm, fatemi pensare... disoccupazione giovanile il cui bacino di lavoro è ancora inesperto, rigidità del mercato in ingresso, lavoratori occupati costretti a lavorare di più, aumento del lavoro sommerso e della microcriminalità, e molte altre amenità a corredo. E ora godiamoci l'ultimo grido di saggezza del Mogambo.
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di Richard Daughty (alias The Mogambo Guru)


Ogni qual volta che mi cadono le braccia c'è un motivo. Stavolta a causa della rivista The Economist che mi sono ritrovato a leggere nonostante tenda a compiacere quella ridicola teoria Keynesiana, e mi è caduto l'occhio su un articolo sepolto a pagina 75 dal titolo "New Model Army" con i sottotitoli "Economia dopo la crisi" e "Sforzi per migliorare i modelli macroeconomici."

Prima di tutto ho involontariamente sfoggiato la famosa Risata di Scherno E Disprezzo del Mogambo (RSEDM) per questa cretinata di "migliorare i modelli macroeconomici."

Proseguendo nella lettura di questo racconto apparentemente inutile, ho continuato a ridere fino a cappottarmi quando i mei occhi scorrevano il testo e si ventilava l'idea che il governo potesse allentare la presa stringente Keynesiana sull'economia, e una volta a terra il tono fragoroso e sarcastico della mia voce era ridotto ad un "Guffaw, guffaw, guffaw!"

Questo sghignazzamento, per qualche motivo, stava sconvolgendo tutti in ufficio portandoli a dire cose offensive come "Stai zitto! Sono al telefono!" e anche il mio capo stava urlando "Muori, Bastardo Irritante di un Mogambo (BIM)!"

A quanto pare (e questo è il nocciolo della questione) c'erano anche minacce di azioni legali oltre a quelle di sputi in faccia, di cui i Querelanti noti come Pidocchi Schifosi sul Mogambo (PSM) si facevano promotori; tutte le accuse erano infondate poiché si basavano su prove lacunose – nella migliore delle ipotesi! – oltre alle decine di testimoni oculari e a quelle fastiodose registrazioni video che erano CHIARAMENTE state alterate da una o più persone per screditarmi.

Non vedevo l'ora di discutere il mio caso in tribunale, dove la mia lingua tagliente avrebbe infilazato la fragile tesi dei Querelanti piagnucolosi e li avrebbe esposti per gli idioti ridicoli e diffamatori che sono, cosa che volevo dimostrare facilmente trascinandoli al banco dei testimoni, per i capelli se necessario, e chiedendo a ciascuno di loro sotto giuramento: "Siete stati abbastanza intelligenti da acquistare lingotti d'oro e d'argento come parte della vostra strategia di investimento per proteggervi dalla terribile e rovinosa inflazione nei prezzi che traboccherà inevitabilmente dai folli livelli di inflazione della massa monetaria creati dalla Federal Reserve in modo da alimentare la gola dell'enorme, gonfio ed insaziabile governo federale?"

Avrebbero ammesso in lacrime sotto i colpi implacabili del mio interrogatorio che no, non avevano acquistato lingotti d'oro e d'argento e se ne vergognavano.

Per inciso, questa è la normalità perché sono membri della cosiddetta "maggioranza delle persone," e vi è una Sola Legge Quando si Investe (SLQI): come un "ineludibile imperativo matematico" essa impone che la maggior parte degli investitori DEBBA aver torto (la maggior parte del tempo) rendendola una perdente sicura nel lungo termine.

In caso contrario, esisterebbe la possibilità quasi matematica che una piccola minoranza di investitori perda abbastanza soldi (la maggior parte del tempo) in modo da rendere vincitrice la stragrande maggioranza degli investitori nel lungo termine! Pensateci e direte: "Wow! Non c'è nessuno così stupido!"

Una volta portato a casa il punto, avrei battuto i pugni con rabbia sul tavolo ed avrei chiesto ai testimoni terrorizzati: "La maggior parte degli investitori saprebbe da dove arriverebbero i suoi profitti, ad eccezione che dalla piccola minoranza di investitori che ha avuto torto marcio? E per quanto riguarda pagare tasse enormi, oneri e spese alle legioni di intermediari? E le implacabili imposte da pagare ad un governo vorace? Allora? Dove? Da dove pensate che possa arrivare il denaro? Rispondetemi, gracili Terrestri! La resistenza è inutile!"

A questo punto della mia brillante difesa, per come la vedo io, il giudice avrebbe iniziato ad urlare affinché i secondini mi avessero sbattuto in prigione dove non avrei potuto più mangiare quei deliziosi tacos al manzo, con le tortillas di mais croccanti, la lattuga fresca e la deliziosa panna acida, più una salsa dolce, al che mi sveglio in preda a sudori freddi ed inizio a rendermi conto, con una nota di sollievo, che stavo sognando per tutto il tempo, non ero davvero un avvocato e le uniche cose che so del diritto le devo ai vecchi episodi di Perry Mason in TV ("Obiezione, Vostro Onore! Questa testimonianza è irrilevante e immateriale!" "Obiezione accolta!" dice il giudice).

In ogni caso, la ragione principale del mio ridere a crepapelle è dovuta ad una cosa: ogni "miglioramento" nelle attuali stupidità econometriche Keynesiane sarà "permesso" solo se i "Nuovi e Migliorati!" modelli mostreranno la necessità di una creazione PIU' folle di moneta e di un governo sempre più grande che regoli il maggior numero di persone ed imprese! Hahahaha!

Guardate! Sto ridendo di nuovo! Hahahaha!

La rivista Economist ignora allegramente i miei sarcasmi crudeli e le mie beffe irrispettose, e prosegue noncurante, come se non esistessi, a tralasciare il fatto che il Keynesismo è un fallimento totale; invece si limita a notare che ha qualche imperfezione perché non riflette "con precisione il sistema finanziario, e non tiene conto dei boom e bust osservati nel mondo reale."

Il problema è che tutta la teoria Keynesiana si basa sull'idea che le economie e gli attori economici cerchino equilibrio, quando un qualsiasi idiota sa che i sistemi tendono inesorabilmente verso lo squilibrio e il caos, come se obbedissero alle leggi dell'entropia, e ci vuole energia per impedire che avvenga il collasso, che è, ovviamente, la possibilità per il successo del capitalismo.

Il lavoro principale di questi meccanici è "inserire le banche nei modelli"! Hahaha! Pensavo che già ci fossero! Chi lo sapeva, eh? Hahaha!

La ragione, spiega la rivista The Economist, per cui le banche NON sono già negli stupidi modelli econometrici dei neo-Keynesiani è perché i "macroeconomisti le considerano dei semplici 'veli' tra i risparmiatori e i debitori, piuttosto che imprese in cerca di profitto che concedono prestiti e possono influenzare l'economia." Davvero? Dove sono stati negli ultimi decenni? Hahaha! Asini!

E poi voglio disperatamente sapere una cosa: COME si fa a descrivere matematicamente le funzioni variabili delle banche che concedono prestiti opportunisticamente o in risposta alle normative (varie ed eventuali) del governo e/o del diritto tributario, in particolare quando la Federal Reserve (una banca!) è sempre al centro dell'attenzione creando appositamente quantità mostruose di denaro e di credito per soddisfare l'appetito insaziabile, goloso e vorace del governo federale per la spesa a deficit che ci condurrà ad un passo dalla bancarotta e dal collasso economico?

Così veniamo a sapere che, se la vita fosse giusta, la rivista The Economist finirebbe tra le righe di una mia profezia dal titolo "Il Meraviglioso Mogambo (IMM)," la quale reciterebbe: "Le persone che credono in queste repellenti assurdità economentriche dei neo-Keynesiani sono degli idioti, e lo dico senza timore di smentita perché è evidente che non è nemmeno lontanamente possibile creare un groviglio mostruoso di equazioni – con la precisione ridicola di tre cifre decimali, per l'amor del cielo! – su qualcosa di così grossolanamente inesatto come il comportamento umano, queste scempiaggini matematiche sono così piene di errori che anche le informazioni reali al loro interno – semmai ne contenessero! – vengono subito soffocate dall'assordante rumore statistico di un sistema bizzarro che sforna errori a ripetizione, in particolare uno che è Dannatamente Grande (DG)."

D'altra parte, si può fare a meno di tutti quegli stupidi abracadabra Keynesiani e dei costosi computer necessari per farli funzionare, permettendo all'oro di essere moneta in modo che l'offerta di denaro sia fissa, lasciando che il governo muoia e si porti con sé all'inferno anche il suo paralizzante fardello burocratico, lasciando che il libero mercato e la moneta reale si prendano cura degli affari, e tutto andrà bene; al che io me la rido "Hahahaha!" e mi lascio andare ad una grassa risata o due se pensate che il governo abbia intenzione di lasciare che questo accada! Hahaha! (Grasse risate!)

Dal momento che NON accadrà, per proteggersi dal disastro finanziario basta che si faccia l'Unica Cosa Intelligente (UCI): acquistare lingotti d'oro e d'argento come dimostrato da migliaia di anni di storia piena di governi composti da loschi figuri alla stregua dell'orribile Nancy Pelosi ("Affrettiamoci a votare l'Obamacare in modo da poter scoprire che cosa significhi!") e dalle terribili, tristi, stupide, suicide scelte di governi e popoli che hanno condotto giù da un dirupo la società nel corso dei secoli, come accade oggi ed è per questo che Siamo Dannatamente Fregati (SDF).

Ed avendo a Disposizione un Consiglio come Questo (DCQ) che ha dimostrato il suo ripetuto successo nel corso della storia, come si fa a NON acquistare lingotti d'oro e d'argento ed azioni petrolifere, e non essere pregni di soddisfazione da mostrare con gioiosi salti di allegria?

Mentre l'uso della frase "Whee! Questa roba dell'investire è facile!" è del tutto facoltativa, credetemi... (e credete ai Junior Mogambo Rangers [JMRs] in tutto il mondo e in questo quadrante tutta la galassia) ci si sente meravigliosamente bene ad essere dei vincitori sicuri e dei fautori di un cambiamento che quasi le parole stentano ad uscire.

Whee, davvero! Whee!


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/