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martedì 9 settembre 2025

Come gli inglesi hanno inventato Julian Assange

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Richard Poe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-gli-inglesi-hanno-inventato-5c3)

QUIZ: Come ha fatto a diventare famoso Julian Assange?

RISPOSTA: Nel 2007 Assange e il suo sito web, Wikileaks, contribuirono a destabilizzare il Kenya. Assange interferì nelle elezioni generali della nazione contribuendo a innescare un bagno di sangue che uccise più di 1.100 keniani.

Assange ha ammesso apertamente il suo ruolo nella rivoluzione colorata keniota. Nel 2010 si vantò con il Guardian che Wikileaks aveva “cambiato il risultato” delle elezioni keniote del 2007. Tali operazioni, affermò Assange, facevano parte dell'“importante” “ruolo globale” di Wikileaks.

Naturalmente Assange stava esagerando, sopravvalutando la propria importanza. Ovviamente non cambiò da solo il risultato delle elezioni in Kenya. Assange ottenne questo risultato solo con l'aiuto critico di un governo sovrano. Il Kenya è un'ex-colonia britannica e la sua rivoluzione colorata del 2007 aveva tutti gli aspetti di un'operazione britannica. Consapevolmente o inconsapevolmente, Assange sincronizzò i suoi sforzi con quelli del Ministero degli esteri britannico e di George Soros. Ho già scritto in precedenza dei legami di Soros con l'establishment britannico.


Sagoma britannica?

Il 20 aprile 2019 Martin Minns del The Star (Kenya) scrisse un rapporto investigativo approfondito in cui rivelava, tra le altre cose, che Wikileaks.org era registrato a Nairobi nell'ottobre 2006. Condivideva una casella postale con Mars Group Kenya, una ONG finanziata in parte dal Dipartimento per lo sviluppo internazionale (DFID) del Regno Unito.

Mars Group Kenya è stata fondata da Mwalimu Mati e sua moglie Jayne nel dicembre 2006. Mati aveva precedentemente diretto la sede keniota di Transparency International, un gruppo “anticorruzione” finanziato da Soros con sede a Berlino.

Mati aveva quindi forti legami con il governo britannico e con la rete di ONG di Soros. Era nella posizione ideale per fungere da intermediario, da tramite, tra Assange e gli altri partecipanti all'imminente rivoluzione colorata in Kenya.

Molte prove suggeriscono che questo fu esattamente il ruolo svolto da Mati nell'operazione.


Il rapporto Kroll

Assange si vantava di aver innescato la rivoluzione colorata in Kenya del 2007 pubblicando un rapporto segreto della Kroll Associates UK Limited, una società di intelligence privata con sede a Londra. Il rapporto accusava l'ex-presidente keniota, Daniel Arap Moi, di corruzione su larga scala.

Accusando Moi, il rapporto Kroll gettò un'ombra sul presidente in carica Mwai Kibaki, che si era candidato alla rielezione con l'appoggio di Moi. Wikileaks pubblicò il rapporto Kroll il 30 agosto 2007. Il quotidiano britannico The Guardian pubblicò la notizia il giorno successivo.

Il quotidiano The Star (Kenya) citò poi Assange affermando di aver scelto la data di pubblicazione per “motivi politici”, che il rapporto trapelato “ha influenzato le elezioni” “spostando il voto del 10%” e che Assange credeva che le sue azioni avessero “cambiato il mondo”.


Rivoluzione colorata

Nonostante gli sforzi di Assange, Kibaki ottenne una vittoria risicata nel dicembre 2007. I cospiratori scatenarono quindi una rivoluzione colorata. Il loro candidato favorito, Raila Odinga, denunciò la frode elettorale. Gli inglesi sostennero Odinga; gli Stati Uniti sostennero Kibaki (inizialmente).

A poche ore dal voto, il Ministero degli esteri del Regno Unito e il Dipartimento per lo sviluppo internazionale (DFID) del Regno Unito rilasciarono una dichiarazione congiunta in cui esprimevano “reali preoccupazioni” circa possibili brogli elettorali.

Si trattava dello stesso DFID che in precedenza aveva erogato fondi iniziali al Mars Group Kenya, con cui Wikileaks condivideva una casella postale a Nairobi. Lo stesso Mars Group aveva anche fatto trapelare il rapporto Kroll ad Assange.

Assange avrebbe poi definito il rapporto Kroll il “Santo Graal del giornalismo keniota”, ma quel “Santo Graal” ebbe risultati disastrosi. Dopo due mesi di rivolte, 1.133 persone morirono, migliaia rimasero ferite, torturate, mutilate e stuprate.


Soros smascherato

I manifestanti pro-Odinga vennero finanziati e diretti dall'Open Society Initiative for East Africa (OSIEA) di George Soros, come rivelato in un articolo dell'11 novembre 2010 che scrissi per GlennBeck.com.

Alla fine i cospiratori ottennero ciò che volevano: le elezioni furono annullate. Gli arbitri internazionali negoziarono un accordo di condivisione del potere con Odinga e Kibaki. Il Kenya fu definitivamente destabilizzato, con ogni futura elezione oscurata da minacce di violenza.

Quando denunciai il ruolo di Soros nel massacro in Kenya, Glenn Beck promosse il mio articolo lo stesso giorno su Fox News, a un pubblico di milioni di persone, nel suo programma dell'11 novembre 2010.


Il gruppo di Soros nega il coinvolgimento nella violenza

Due giorni dopo, il 13 novembre, l'Open Society Initiative for East Africa (OSIEA) di Soros rimandò pubblicamente al mittente le mie accuse sul Daily Nation di Nairobi.

Il 20 novembre 2010 Murithi Mutiga, scrivendo sul Sunday Nation di Nairobi, accusò Glenn Beck di aver cercato di danneggiare l'allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, attaccando uno dei suoi principali sostenitori, George Soros.

Lo stesso Mutiga ricopre ora il ruolo di “Direttore del programma per l'Africa” ​​per l'International Crisis Group, una ONG co-fondata e ampiamente finanziata da Soros.


L'enigma di Assange

Voglio essere chiaro. Non ho una teoria ben delineata su Julian Assange. Non so perché sia ​​stato arrestato nel 2010, né riesco a immaginare perché sia ​​stato improvvisamente liberato di recente. Sembra che a un certo punto sia caduto in disgrazia con i suoi referenti britannici; sembra anche che gli inglesi fossero determinati a impedire ad Assange di parlare con gli americani, per qualche motivo. Forse sapeva troppo... Alla fine Assange potrebbe essere diventato un martire della libertà di parola, proprio come lo dipingono i mass media (anche se forse per ragioni diverse). La verità è che non lo so per davvero.

Ciò che posso affermare con certezza è che le origini di Wikileaks sono a dir poco dubbie. I servizi segreti britannici usarono chiaramente la neonata Wikileaks come piattaforma per fomentare la crisi elettorale del 2007 in Kenya. Qualunque sia la strada che Assange ha scelto di seguire negli anni successivi, lui e Wikileaks devono il loro primo grande successo a rapporti segreti con il governo britannico.

Chi volesse approfondire l'argomento farebbe bene a iniziare con un'attenta lettura del rapporto investigativo del 2019 di Martin Minns, già citato, pubblicato su The Star (Kenya).


Guerra psicologica britannica

Quando Assange scelse di intromettersi in quelle elezioni, fu inevitabilmente coinvolto nella sfera operativa di George Soros. Per saperne di più su Soros e le sue rivoluzioni colorate, si veda The Shadow Party che ho scritto insieme a David Horowitz.

Allo stesso modo, l'interesse di Assange per il “cambiamento” rivoluzionario lo ha inevitabilmente trascinato nelle braccia dei servizi segreti britannici. La rivoluzione colorata è una loro vecchia specialità. La praticano da secoli. Una parte fondamentale della strategia britannica è stata quella di reclutare aspiranti rivoluzionari ingenui e creduloni – come Karl Marx e Lev Trotsky – e addestrarli a fungere da agenti di influenza per il loro Impero. Immagino che la carriera di Assange abbia seguito una traiettoria simile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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giovedì 4 settembre 2025

In che modo l'FMI impedisce l'adozione globale di Bitcoin (e perché lo fa)

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Bitcoin Magazine

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/in-che-modo-lfmi-impedisce-ladozione)

Negli ultimi anni l'FMI ha:

• Ha esercitato pressioni su El Salvador affinché abbandonasse Bitcoin come moneta a corso legale e annullasse altre linee di politica su di esso;

• Ha esercitato pressioni affinché nel 2023 la Repubblica Centrafricana censurasse Bitcoin attraverso gli enti bancari regionali;

• È stato responsabile della mancanza di seguito da parte di Milei riguardo la campagna su Bitcoin in Argentina;

• Ha citato “serie preoccupazioni” riguardo ai piani su Bitcoin in Pakistan;

• Ha costantemente inquadrato le crittovalute come un “rischio” nelle negoziazioni sui prestiti.

Ecco un riassunto:

Come possiamo vedere, le uniche nazioni che sono riuscite a resistere alle pressioni dell'FMI sono state El Salvador, prima di ottenere un prestito dallo stesso, e il Bhutan, che non ha prestiti da questa istituzione.

Ogni Paese che ha ricevuto un prestito dall'FMI e che ha adottato, o tentato di adottare, Bitcoin a livello ufficiale è stato ostacolato.

Com'è possibile che l'FMI sia riuscito a impedire così tanto l'adozione da parte di stati a livello globale, fatta eccezione per il Bhutan, e perché si muove in modo aggressivo per impedirlo?

In questa relazione analizzeremo in dettaglio ciascuna delle tre nazioni in cui l'FMI è riuscito a contrastare con successo l'adozione di Bitcoin e i segnali che indicano che è probabile che riesca a ottenere lo stesso risultato con il Pakistan.

Nell'ultima sezione esamineremo i cinque motivi per cui l'FMI teme Bitcoin e come esso stia ancora prosperando a livello locale nonostante l'abbandono, totale o parziale, da parte di vari stati.


1. Repubblica Centrafricana: quando il denaro coloniale incontra la speranza digitale 

La Repubblica Centrafricana utilizza il franco CFA. Esso non è solo una valuta: è una catena geopolitica, sostenuta dalla Francia e governata dalla Banca degli Stati dell'Africa centrale. Dei suoi 14 Paesi membri, i 6 dell'Africa centrale (inclusa la Repubblica Centrafricana) devono comunque depositare il 50% delle riserve valutarie a Parigi.

Questo controllo sulle riserve favorisce la dipendenza economica, creando al contempo mercati di esportazione per i prodotti francesi a condizioni favorevoli. Nel 1994, ad esempio, il CFA fu svalutato della metà, una linea di politica influenzata dalle pressioni occidentali, in particolare dell'FMI. Ciò causò un aumento vertiginoso del costo delle importazioni, consentendo agli esportatori (principalmente con sede nell'UE) di procurarsi risorse dai Paesi CFA a un costo dimezzato. A livello locale, l'impatto fu devastante, con conseguenti congelamenti salariali, licenziamenti e diffuse tensioni sociali.

Quando la Repubblica Centrafricana annunciò nel 2022 l'adozione di Bitcoin come moneta a corso legale, la Banca degli Stati dell'Africa centrale e il suo organo di regolamentazione COBAC annullarono immediatamente la legge, citando violazioni del Trattato CEMAC, il trattato che istituiva la comunità economica e monetaria dell'Africa centrale. Non si trattava di burocrazia, ma di un avvertimento da parte dei guardiani monetari della Francia.

Perché era importante: ancora oggi l'economia della Repubblica Centrafricana dipende in larga misura dai salvataggi dell'FMI. Con $1,7 miliardi di debito estero (il 61% del PIL), sfidare la Banca degli Stati dell'Africa centrale significava rischiare l'isolamento finanziario.


La campagna silenziosa dell'FMI 

L'FMI si è mosso rapidamente. Nel giro di due settimane (4 maggio 2022) ha condannato pubblicamente il “rischioso esperimento” della Repubblica Centrafricana, citando contraddizioni legali con il divieto alle crittovalute imposto dalla CEMAC. La mossa ha sollevato “importanti sfide legali, di trasparenza e di politica economica”, ha affermato l'FMI, simili alle preoccupazioni in merito all'adozione di Bitcoin da parte di El Salvador: rischi per la stabilità finanziaria, la tutela dei consumatori e le passività fiscali (per contestualizzare, nessuno di questi rischi si è materializzato in El Salvador).

Ma la loro vera arma era la leva finanziaria. In qualità di maggiore creditore della Repubblica Centrafricana, l'FMI ha vincolato la sua nuova Extended Credit Facility (ECF) –  un'ancora di salvezza da $191 milioni – al rispetto delle sue linee di politica.


La linea temporale che racconta tutto 

Questa tabella ripercorre la campagna ombra dell'FMI:

La chiave per affossare le ambizioni Bitcoin della Repubblica Centrafricana è stata assicurarsi che il progetto Sango, un'iniziativa di hub blockchain per vendere “certificati di residenza elettronici” e cittadinanza per $60.000 in bitcoin, non andasse avanti.

 

Il progetto Sango: coincidenza o collusione? 

Nel luglio 2022 la Repubblica Centrafricana ha inaugurato il Progetto Sango, con l'obiettivo di raccogliere $2,5 miliardi (il 100% del PIL).

Il fallimento è stato catastrofico. A gennaio 2023 erano stati raccolti solo $2 milioni (lo 0,2% dell'obiettivo). Mentre i rapporti dell'FMI citano “ostacoli tecnici con una penetrazione di Internet del 10%” come causa del fallimento, la nostra analisi mostra un quadro diverso. Due fattori hanno affondato il progetto.

  1. Fuga degli investitori;
  2. Una sentenza della Corte Suprema della Repubblica Centrafricana ha bloccato il progetto.

Tuttavia, a un esame più attento, entrambi questi fattori suggeriscono un coinvolgimento dell'FMI.

Diamo un'occhiata più da vicino alle prove.


Fuga degli investitori 

Il ruolo dell'FMI in questa fuga degli investitori è circostanziale, ma convincente. Il 4 maggio 2022 l'FMI ha espresso preoccupazione per l'adozione di Bitcoin da parte della Repubblica Centrafricana, affermando che sollevava importanti sfide legali, di trasparenza e di politica economica. Questa dichiarazione, rilasciata prima del lancio del Progetto Sango, ha evidenziato i rischi per la stabilità finanziaria e l'integrazione economica regionale, potenzialmente scoraggianti per gli investitori. Inoltre, nel luglio 2022, durante una revisione del Programma Monitorato dal Personale (SMP), l'FMI ha rilevato “pericoli di recessione economica dovuti all'aumento dei prezzi di generi alimentari e carburante”, i quali avrebbero dovuto accrescere la cautela degli investitori. I rapporti menzionano anche che l'FMI e il COBAC hanno messo in guardia dai rischi intrinseci nell'adozione di crittovalute da parte della Repubblica Centrafricana, accrescendo lo scetticismo.

La tempistica di queste dichiarazioni dell'FMI coincide con la fuga degli investitori osservata, suggerendo che la loro posizione cautelativa potrebbe averne influenzato le percezioni. Sebbene circostanziale, la sequenza degli eventi suggerisce che l'influenza dell'FMI, in quanto istituzione finanziaria rispettata nella comunità degli investitori, abbia giocato un ruolo chiave nella fuga degli investitori.


Sentenza della Corte Suprema 

In superficie, la sentenza della Corte Suprema sembra un evento indipendente, finché non scaviamo più a fondo e troviamo grandi punti interrogativi sull'indipendenza della magistratura della Repubblica Centrafricana, un Paese che si classifica al 149° posto su 180 nel suo indice di percezione della corruzione (estremamente basso).

Come accennato, una settimana dopo che la Repubblica Centrafricana ha annunciato la sua strategia su Bitcoin, l'FMI ha segnalato delle “preoccupazioni”, tra cui rischi per la stabilità finanziaria, la trasparenza, gli sforzi antiriciclaggio e le sfide nella gestione delle politiche macroeconomiche dovute alla volatilità (Bloomberg, 4 maggio 2022).

Il 29 agosto 2022, 117 giorni dopo, la Corte Suprema della Repubblica Centrafricana ha stabilito che il progetto Sango era illegale. Per contestualizzare, la Corte Suprema, che fa parte del sistema giudiziario della Repubblica Centrafricana, è descritta da organismi internazionali per la trasparenza, come il Gan Integrity, come una delle istituzioni più corrotte del Paese, con prove che indicano inefficienza, interferenze politiche e probabile influenza da tangenti o pressioni politiche.

Il crollo del progetto Sango è diventato la prova regina dell'FMI: “La prova che Bitcoin non può funzionare in economie fragili”. Ma la realtà è che la costante espressione di “preoccupazioni” da parte sua ha creato le condizioni affinché il progetto venisse strutturalmente indebolito in anticipo, rendendo inevitabile questa conclusione.

A 8.300 chilometri di distanza, nella piccola nazione del Bhutan, vediamo il netto contrasto con il successo di Bitcoin, reso possibile senza il “coinvolgimento” dell'FMI.


La conclusione non detta: la resilienza di Bitcoin oltre i confini

L'inversione di tendenza della Repubblica Centrafricana non riguardava la sostenibilità di Bitcoin, bensì la forza bruta. L'FMI ha trasformato in armi le unioni bancarie regionali (CEMAC), ha privato la Repubblica Centrafricana di capitali e ha fatto leva su un prestito da $191 milioni per estinguere la minaccia alla sovranità finanziaria. Quando il Progetto Sango ha avuto difficoltà, la trappola si è chiusa.

Eppure questa sconfitta rivela il potere duraturo di Bitcoin. Notate cosa l'FMI non ha distrutto:

• Le rimesse in bitcoin della Nigeria continuano a bypassare i corridoi del dollaro, consentendo di risparmiare milioni di dollari in commissioni;

• Il commercio basato sul BTC in Kenya prospera senza l’approvazione dell'FMI;

• El Salvador continua ad accumulare BTC nonostante 221 menzioni dello stesso nelle condizioni di prestito.

Lo schema è chiaro: dove l'adozione dal basso mette radici, Bitcoin sopravvive. Ma per i Paesi che hanno annunciato manifesti Bitcoin dall'alto e che hanno ricevuto ingenti prestiti dall'FMI, tutti e quattro hanno incontrato livelli di resistenza schiaccianti... El Salvador, Repubblica Centrafricana, Argentina e ora Pakistan.

Il saldo residuo di $115,1 milioni dei prestiti FMI alla Repubblica Centrafricana la rendeva vulnerabile alle sue forti pressioni. In nazioni senza prestiti FMI, come il Bhutan, Bitcoin sfugge alla morsa del Fondo Monetario Internazionale. Ogni pagamento peer-to-peer, ogni transazione su Lightning Network, erode le fondamenta del vecchio sistema.

L'FMI ha vinto la battaglia nella Repubblica Centrafricana, ma la guerra per la sovranità finanziaria è appena iniziata.


2. L'ostacolo da $45 miliardi all'adozione di Bitcoin in Argentina

Se la Repubblica Centrafricana è stata ostacolata nei suoi piani per Bitcoin, l'Argentina non è mai arrivata al traguardo. La retorica pre-elettorale del presidente Milei suggeriva che grandi cose fossero in serbo per Bitcoin... eppure nulla si è materializzato. Si è trattato solo di una retorica politica svanita dopo le elezioni, o c'era qualcos'altro in gioco? Questa sezione svela cos'è realmente accaduto alle aspirazioni abortite dell'Argentina su Bitcoin.

Capire come sta procedendo l'adozione di Bitcoin è come valutare se un razzo raggiungerà la velocità di fuga: dobbiamo considerare sia i fattori di spinta che quelli di resistenza.

Sono ottimista: credo che Bitcoin vincerà, è chiaramente una soluzione migliore al sistema monetario ormai in rovina che abbiamo attualmente. Ma sono anche realista: credo che la maggior parte delle persone sottovaluti le forze radicate che si oppongono a Bitcoin.

Quando gestivo la mia azienda tecnologica, ci siamo imbattuti nella stessa situazione. La nostra tecnologia era 10 volte migliore, più veloce e più conveniente rispetto al sistema legacy che alla fine abbiamo sostituito. Ma non hanno rinunciato facilmente al loro monopolio!


Cosa è successo in Argentina?

Quando il libertario Javier Milei è stato eletto presidente dell'Argentina nel novembre 2023, molti sostenitori di Bitcoin hanno esultato. Un leader che ha definito i banchieri centrali “truffatori”, aveva giurato di abolire la banca centrale argentina (BCRA) e lodava Bitcoin come “la reazione naturale contro i truffatori delle banche centrali”. Il suo caso è diventato una cartina di tornasole per verificare se Bitcoin potesse ottenere l'accettazione da parte del grande pubblico attraverso l'adozione da parte di un governo piuttosto che attraverso la crescita dal basso.

Eppure, a diciotto mesi dalla sua presidenza, la visione di Milei su Bitcoin rimane incompiuta. Il motivo? Un guinzaglio da $45 miliardi tirato dal Fondo Monetario Internazionale.


Il veto dell'FMI su Bitcoin in Argentina

I vincoli erano già stati introdotti al momento dell'elezione di Milei. Il 3 marzo 2022 il precedente governo argentino aveva firmato un accordo di salvataggio da $45 miliardi con l'FMI. Nelle settimane successive sarebbero emersi dettagli secondo cui l'accordo conteneva una clausola insolita: l'obbligo di “scoraggiare l'uso delle crittovalute”. Non si trattava di un suggerimento, bensì di una condizione del prestito documentata nella Lettera d'Intenti dell'FMI, la quale citava preoccupazioni sulla “disintermediazione finanziaria”.

L'effetto immediato:

• La banca centrale argentina ha vietato alle istituzioni finanziarie le transazioni in crittovalute (Comunicazione BCRA A 7506, maggio 2022);

• La linea di politica rimane applicata sotto Milei, nonostante la sua retorica pro-Bitcoin.


L'inversione di marcia di Milei 

Dopo aver assunto l'incarico, Milei ha:

✔ Ridotto l'inflazione dal 25% mensile a meno del 5% (maggio 2024);

✔ Eliminato i controlli valutari (aprile 2025);

✔ Ottenuto un nuovo accordo da $20 miliardi con l'FMI (aprile 2025).

Ma le proposte principali del suo manifesto – l'adozione di Bitcoin e l'abolizione della BCRA (Banca Centrale Argentina) – sono palesemente assenti. I calcoli spiegano il perché: l'Argentina deve all'FMI più di qualsiasi altra nazione, il che conferisce a quest'ultimo una leva finanziaria senza pari.

Ciononostante c'è dell'ironia nel caso dell'Argentina: mentre l'FMI blocca l'adozione ufficiale di Bitcoin, gli argentini lo stanno comunque abbracciando. La proprietà di crittovalute è cresciuta del 116,5% tra il 2023 e il 2024 in Sud America.

Nella regione l'Argentina ha i tassi di proprietà più elevati, pari al 18,9%, una cifra quasi 3 volte superiore alla media mondiale, aumentata poiché i cittadini si proteggono dall'elevata inflazione annuale del 47,3% (aprile 2025), una ribellione silenziosa che l'FMI non riesce a controllare.


Cosa succederà dopo? 

Tutti gli occhi sono puntati sulle elezioni di medio termine dell'ottobre 2025. Se Milei otterrà il sostegno legislativo, potrebbe mettere alla prova le linee rosse dell'FMI. Ma per ora la lezione è chiara: quando le nazioni prendono in prestito dall'FMI, la loro sovranità monetaria ha delle condizioni.

Punti chiave: 

• Il prestito dell'FMI del 2022 ha legato il salvataggio dell'Argentina a linee di politica anti-crittovalute;

• Milei ha dato priorità alla stabilizzazione economica rispetto alla promozione di Bitcoin, per mantenere il sostegno dell'FMI;

• Esistono parallelismi in El Salvador, Repubblica Centrafricana e ora Pakistan che rivelano una strategia coerente dell'FMI;

• Gli argentini aggirano le restrizioni adottando Bitcoin a livello popolare.


3. El Salvador: una vittoria parziale dell'FMI

Quando El Salvador ha reso Bitcoin moneta a corso legale nel 2021, non si è limitato ad adottare una crittovaluta: ha dichiarato la propria indipendenza finanziaria. Il presidente Nayib Bukele l'ha definita una ribellione contro il predominio del dollaro e un'ancora di salvezza per chi non ha accesso ai servizi bancari. Tre anni dopo quella ribellione si è scontrata con un ostacolo da $1,4 miliardi: l'FMI.


Il prezzo del salvataggio 

Per garantire il prestito del 2024, El Salvador ha accettato di smantellare i pilastri fondamentali della sua politica su Bitcoin. Le condizioni rivelano un allentamento sistematico:

Solo accettazione volontaria: le aziende non sono più tenute ad accettare Bitcoin (mandato del 2021 abrogato);

Divieto per il settore pubblico: enti governativi a cui è vietato effettuare transazioni in Bitcoin o emettere debito, ciò include il divieto di strumenti tokenizzati legati a Bitcoin;

• Blocco dell'accumulo di bitcoin: tutti gli acquisti governativi sono stati sospesi (oltre 6.000 BTC di riserva ora congelati), revisione completa delle partecipazioni (wallet Chivo, Bitcoin Office) entro marzo 2025;

• Liquidazione del fondo fiduciario: fidebitcoin (fondo di conversione) da sciogliere con trasparenza verificata;

• Chiusura graduale del wallet Chivo: il programma di incentivi da $30 si conclude dopo che i sondaggi hanno mostrato che la maggior parte degli utenti ha scambiato BTC con USD;

• Rollback del pagamento delle tasse: USD diventa l'unica opzione per le tasse, eliminando l'utilità di Bitcoin come pagamento sovrano.


La ritirata calcolata di Bukele 

La conformità di El Salvador ha senso dal punto di vista fiscale:

• Il prestito stabilizza il debito (84% del PIL) in vista del pagamento delle obbligazioni;

• La dollarizzazione rimane intatta (il dollaro statunitense resta la valuta principale).

Eppure la marcia indietro è impressionante, considerando la retorica di Bukele del 2021. La scarsa diffusione del wallet Chivo ha probabilmente reso più facili le concessioni.


Cosa resta dell'esperimento? 

L'FMI non ha ucciso Bitcoin in El Salvador, ma solo l'adozione ufficiale. L'uso popolare persiste:

• Bitcoin Beach (economia circolare locale) è ancora in funzione, anzi prospera;

• Il turismo attrae un numero sempre maggiore di appassionati di Bitcoin.

Ma senza il sostegno dello stato, il ruolo di Bitcoin rischia di ridursi a uno strumento di nicchia piuttosto che a una rivoluzione monetaria, almeno nel breve termine.


La strada da percorrere 

Si delineano due scenari:

  1. Lento declino: Bitcoin diventa una curiosità turistica mentre le condizioni dell'FMI entrano in vigore;
  2. Revival in sordina: il settore privato resta in vita nonostante il ritiro del governo salvadoregno.

Una cosa è chiara: quando l'FMI emette gli assegni, stabilisce anche le regole.

Punti chiave:

• Il prestito dell'FMI ha costretto El Salvador a revocare 6 politiche chiave su Bitcoin;

• Un precedente per le altre nazioni che cercano il sostegno dell'FMI;

• L'uso popolare di Bitcoin potrebbe sopravvivere all'intervento del governo.

El Salvador ha fatto molte concessioni in Bitcoin. Sebbene questo non abbia danneggiato molto la nazione, invia un messaggio forte ad altre nazioni latinoamericane come Ecuador e Guatemala, che stavano osservando El Salvador e pensavano di copiarne le strategie (finché non hanno verificato l'entità del prestito dell'FMI che aveva ricevuto). Quindi, in termini netti, si è trattato di una vittoria parziale dell'FMI e di una vittoria parziale di El Salvador.


4. Bhutan: la storia di successo senza FMI 

Sono ormai trascorsi due anni dall'inizio dell'esperimento Bitcoin in Bhutan.

Ciò significa che ora disponiamo di dati attendibili su come ha influito sull'economia.

L'FMI ha avvertito che l'adozione di Bitcoin da parte delle nazioni avrebbe destabilizzato la loro economia, sarebbero state meno efficaci nell'attrarre investimenti diretti esteri e avrebbero messo a repentaglio le proprie iniziative di decarbonizzazione e tutela ambientale. Ha espresso in particolare preoccupazione per la “mancanza di trasparenza” del Bhutan nell'adozione delle crittovalute.


Cosa dicono i dati? 

  1. Le riserve di bitcoin hanno risposto direttamente a urgenti esigenze fiscali. “Nel giugno 2023 il Bhutan ha stanziato $72 milioni dalle sue riserve per finanziare un aumento del 50% degli stipendi dei dipendenti pubblici”;

  2. Il Bhutan è stato in grado di “utilizzare le riserve di bitcoin per evitare una crisi mentre le riserve di valuta estera si riducevano a $689 milioni”;

  3. Il primo ministro Tshering Tobgay in un'intervista ha affermato che Bitcoin “supporta anche progetti sanitari e ambientali gratuiti”;

  4. Tobgay ha anche affermato che le sue riserve di bitcoin hanno contribuito a “stabilizzare l'economia [della nazione] da $3,5 miliardi”;

  5. Analisti indipendenti hanno ora affermato che “questo modello potrebbe attrarre investimenti esteri, in particolare per le nazioni con risorse rinnovabili inutilizzate”.

Considerando che l'analisi dell'FMI non solo era sbagliata, ma era anche lontana dall'obiettivo, sorge spontanea la domanda: le sue previsioni si sono mai basate sui dati?


5. Cinque motivi per cui l'FMI potrebbe temere Bitcoin 

E se la paura più grande dell'FMI non fosse l'inflazione... ma Bitcoin, e se Bitcoin riuscisse a spezzare la morsa del debito dell'FMI/Banca Mondiale?

Durante la mia recente conversazione con John Perkins, qualcosa è scattato. Alex Gladstein aveva precedentemente denunciato come gli “aggiustamenti strutturali” dell'FMI non abbiano eliminato la povertà, ma di fatto arricchito le nazioni creditrici. Perkins ha integrato questo concetto con i suoi resoconti personali.

Perkins mi ha messo a nudo come il Sud del mondo sia intrappolato in un ciclo di debito, progettato per mantenere il flusso di ricchezza verso Occidente. Ma ecco il colpo di scena: Bitcoin sta già smantellando questo copione in cinque modi chiave.


Ridurre i costi delle rimesse per allentare il cappio del debito 

Le rimesse, ovvero il denaro inviato in patria dai lavoratori migranti, rappresentano spesso una parte significativa del PIL dei Paesi in via di sviluppo. Intermediari tradizionali come Western Union applicano commissioni che possono arrivare fino al 5-10%. Ciò agisce come una tassa nascosta che prosciuga le riserve valutarie. Per Paesi come El Salvador o la Nigeria, ogni dollaro di rimessa che non affluisce nel Paese è un dollaro che la banca centrale deve immagazzinare per stabilizzare le proprie valute. Spesso questa riserva di dollari è fornita dall'FMI.


Bitcoin cambia le regole del gioco 

Con Lightning Network, le commissioni scendono quasi a zero e le transazioni vengono liquidate in pochi secondi. Nel 2021 il presidente di El Salvador, Bukele, aveva previsto (con un certo ottimismo) che Bitcoin avrebbe potuto far risparmiare $400 milioni in rimesse. In realtà ci sono poche prove che abbiano raggiunto anche solo lontanamente quella soglia, tuttavia il potenziale è chiaro: più rimesse in bitcoin portano a maggiori riserve in dollari, il che si traduce in una minore necessità di prestiti dell'FMI.

Non c'è da stupirsi che quest'ultimo abbia menzionato Bitcoin 221 volte nelle condizioni di prestito per El Salvador nel 2025. Inutile dire che vorrebbe rimanere un creditore rilevante.

Bitcoin non è solo più economico per le rimesse, ma aggira completamente il sistema del dollaro. In Nigeria, dove la naira è in difficoltà, le famiglie ora detengono BTC come un asset più prezioso della valuta locale. Non c'è bisogno che le banche centrali brucino le riserve in dollari; nessun salvataggio disperato da parte dell'FMI.

I numeri parlano da soli:

• Il Pakistan perde $1,8 miliardi all'anno in commissioni per le rimesse: Bitcoin potrebbe far risparmiare la maggior parte di questa cifra;

• El Salvador risparmia già oltre $4 milioni all'anno con solo l'1,1% di adozione delle rimesse in bitcoin.

L'adozione non è ancora universale: solo il 12% dei salvadoregni usa Bitcoin regolarmente, mentre oltre il 5% delle rimesse in Nigeria avviene tramite crittovalute. Ma la tendenza è chiara: ogni trasferimento in Bitcoin indebolisce il ciclo di dipendenza dal debito.

L'FMI vede la minaccia. La domanda è: quanto velocemente si diffonderà questa rivoluzione silenziosa?

Le rimesse ammontavano a quasi $21 miliardi nel 2024, rappresentando oltre il 4% del PIL della Nigeria


Elusione delle sanzioni e delle barriere commerciali

L'Iran, il Venezuela e la Russia, Paesi ricchi di petrolio, hanno avuto un accesso limitato al dollaro a causa delle sanzioni statunitensi rispettivamente nel 1979, nel 2017 e nel 2022, con conseguente esportazione di una quantità di barili di petrolio al giorno notevolmente inferiore in ciascun caso.

Che si condividano o meno le ideologie di queste nazioni, Bitcoin interrompe questo circolo vizioso. L'Iran elude già le sanzioni usando Bitcoin come mezzo per “esportare petrolio”, mentre il Venezuela ha  usato Bitcoin per pagare le importazioni, eludendo le sanzioni.

L'Iran è anche in grado di aggirare le sanzioni monetizzando le sue esportazioni di energia attraverso il mining. Questo evita gli ultimatum dell'FMI, “riforme in cambio di denaro”, e, al contempo, mantiene l'economia in funzione.

La presa del petrodollaro si indebolisce, mentre Russia e Iran aprono la strada agli accordi sul petrolio in Bitcoin.

Un'altra nazione che l'ha utilizzato per evitare le difficoltà economiche causate dalle sanzioni è l'Afghanistan, dove gli aiuti umanitari transitano attraverso Bitcoin. ONG come Code to Inspire hanno aggirato il blocco bancario imposto dai talebani e il Digital Citizen Fund ha utilizzato Bitcoin per distribuire aiuti dopo la presa del potere da parte dei talebani, impedendo alle famiglie di morire di fame.

Sebbene la quota di Bitcoin nel commercio sanzionato sia ridotta (meno del 2% per le esportazioni di petrolio di Iran e Venezuela), la tendenza è in crescita.

Le sanzioni sono uno strumento fondamentale per la leva geopolitica, spesso sostenuto dall'FMI e dalla Banca Mondiale attraverso il loro allineamento con le principali economie come gli Stati Uniti. Le nazioni sanzionate che utilizzano Bitcoin riducono il controllo dell'FMI sui flussi finanziari, minacciando allo stesso tempo il predominio del dollaro.


Usare Bitcoin come scudo contro l'inflazione

Quando nazioni come l'Argentina affrontano l'iperinflazione, prendono in prestito dollari dall'FMI per rafforzare le riserve valutarie e stabilizzare la propria valuta, per poi ritrovarsi ad affrontare misure di austerità o la vendita forzata di asset strategici a basso prezzo quando i rimborsi vanno a rilento. Bitcoin offre una via d'uscita, agendo come una valuta globale e non inflazionabile che opera indipendentemente dalla supervisione governativa e il cui valore aumenta.

L'esperimento di El Salvador dimostra come Bitcoin possa ridurre la dipendenza dal dollaro. Detenendo BTC, le nazioni possono tutelarsi dal crollo della valuta senza dover ricorrere ai prestiti dell'FMI. Se l'Argentina avesse destinato solo l'1% delle sue riserve a Bitcoin nel 2018, avrebbe potuto compensare la svalutazione del peso di oltre il 90% di quell'anno, evitando un salvataggio dell'FMI. La neutralità di Bitcoin significa anche che nessuna singola entità può imporre condizioni, a differenza dei prestiti dell'FMI che richiedono privatizzazioni o riforme impopolari.

Bitcoin non ha un debito pubblico, né una lunga storia su cui basarsi per incoraggiarne l'adozione. Tuttavia, grazie all'Effetto Lindy, ogni anno che passa Bitcoin diventa un'alternativa più praticabile. 

Effetto Lindy: più a lungo qualcosa ha avuto successo, più è probabile che continui ad averlo. La longevità di Bitcoin rafforza il suo potenziale di successo.


Mining di Bitcoin: trasformare l'energia in ricchezza senza debiti

Molti Paesi in via di sviluppo sono ricchi di energia ma poveri per i debiti, intrappolati dai prestiti dell'FMI per infrastrutture come dighe o centrali elettriche. Questi prestiti richiedono esportazioni di energia a basso costo o concessioni di risorse in caso di insolvenza. Il mining di Bitcoin capovolge questo scenario trasformando l'energia inutilizzata – come il gas bruciato o l'idroelettrico in eccesso – in ricchezza liquida senza intermediari o costi di trasporto.

Il Paraguay guadagna $50 milioni all'anno dall'attività di mining tramite l'idroelettrico, coprendo il 5% del suo deficit commerciale. L'Etiopia ha guadagnato $55 milioni in 10 mesi. Il Bhutan si distingue: con $1,1 miliardi in bitcoin (il 36% del suo PIL da $3,02 miliardi), la sua attività di mining tramite l'idroelettrico potrebbe produrre $1,25 miliardi all'anno entro la metà del 2025, saldando i suoi debiti da $403 milioni con la Banca Mondiale e $527 milioni con la Asian Development Bank senza austerità o privatizzazioni. A differenza dei prestiti dell'FMI, i bitcoin minati aumentano di valore e possono essere utilizzati come garanzia per prestiti non FMI. Questo modello – monetizzare l'energia senza cedere asset – spaventa l'FMI, poiché riduce la sua influenza sul settore energetico.



Economie Bitcoin: potere dal basso

Bitcoin non è solo per le nazioni, è per le comunità. In luoghi come Bitcoin Beach a El Salvador o Bitcoin Ekasi in Sudafrica, la gente del posto usa già BTC per transazioni quotidiane, risparmi e progetti comunitari come scuole o cliniche. Queste economie circolari, spesso innescate dalla filantropia, mirano all'autosufficienza. In Argentina, dove l'inflazione supera spesso il 100%, nel 2021 il 21% delle persone ha utilizzato le crittovalute per proteggere la propria ricchezza. Se ampliati, questi modelli potrebbero ridurre la dipendenza dai programmi finanziati dal debito nazionale, che è ovviamente l'ultima cosa che l'FMI desidera.


Conclusione

Promuovendo la resilienza locale, Bitcoin indebolisce la “leva delle crisi” dell'FMI. Le comunità fiorenti non hanno bisogno di salvataggi, quindi quest'ultimo non può chiedere la privatizzazione in cambio di prestiti. In Africa, progetti come Gridless Energy – che ha già fatto uscire 28.000 africani dalla povertà energetica utilizzando microreti rinnovabili legate al mining di Bitcoin – riducono la necessità di megaprogetti sostenuti dall'FMI. Se migliaia di città adottassero questa strategia, la carenza di dollari diventerebbe meno importante e gli scambi commerciali potrebbero bypassare i sistemi basati sul dollaro.

Mentre l'FMI si impegna a diffondere disinformazione sul consumo energetico e sull'impatto ambientale di Bitcoin come un modo per ostacolarne l'adozione, il suo strumento preferito e molto più potente è quello di utilizzare la leva finanziaria che ha sulle nazioni indebitate per “incoraggiare fortemente” l'adesione alla sua visione di un futuro senza Bitcoin.

L'FMI ha combattuto l'adozione di Bitcoin in El Salvador, Repubblica Centrafricana e Argentina. Ora sta contrastando l'intenzione del Pakistan di minare Bitcoin. L'aumento di questi sforzi dal basso probabilmente costringerà l'FMI a intervenire in modo sempre più marcato.

Le economie basate su Bitcoin, dal basso, consentono alle comunità di prosperare senza i salvataggi dell'FMI. E c'è bisogno del potere delle persone per trovare modi nuovi e innovativi per contrastare il contrattacco di questa istituzione. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 3 gennaio 2025

Geopolitica sottomarina

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/geopolitica-sottomarina)

La costruzione di cavi sottomarini ha portato alla luce un problema nascosto ma cruciale: la manipolazione dei protocolli che controllano il modo in cui i dati viaggiano sotto il mare. Questi protocolli determinano i percorsi che prendono i dati di Internet, influenzando velocità, costi e persino esposizione alla sorveglianza. Anche piccoli cambiamenti in questi percorsi possono far pendere l'equilibrio globale del potere digitale. Il ruolo crescente della Cina in quest'area dimostra come la tecnologia possa essere utilizzata strategicamente per rimodellare la geopolitica.

Al centro di questo problema c'è una tecnologia chiamata Software-Defined Networking (SDN). SDN consente di gestire e ottimizzare il traffico dati in tempo reale, migliorandone l'efficienza, ma questa stessa flessibilità rende SDN vulnerabile all'uso improprio. Le aziende tecnologiche cinesi come HMN Tech (ex Huawei Marine Networks), ZTE e China Unicom stanno aprendo la strada allo sviluppo di SDN. La Cina ha anche influenza nelle organizzazioni internazionali che stabiliscono le regole per queste tecnologie, come l'International Telecommunication Union (ITU) e l'Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE). Questa influenza dà alla Cina una grande mano nel dare forma agli standard e alla governance globali.

L'Africa è un esempio eccellente per capire come si manifesta questa influenza. Gli investimenti cinesi nelle infrastrutture digitali in tutto il continente sono enormi. Ad esempio, il cavo PEACE (Pakistan and East Africa Connecting Europe), che collega l'Africa orientale all'Europa, è stato progettato per evitare il territorio cinese. Tuttavia, grazie alla tecnologia SDN, il suo traffico può ancora essere reindirizzato tramite punti controllati dalla Cina. Questo reindirizzamento potrebbe introdurre ritardi di 20-30 millisecondi per salto, non molto per la navigazione occasionale, ma un problema serio per attività sensibili alla latenza come il trading finanziario o la comunicazione crittografata.

Nel Sud-est asiatico rischi simili sono evidenti. Il Southeast Asia-Japan Cable (SJC), che collega Singapore al Giappone, si basa su diverse stazioni di atterraggio influenzate dalla Cina. Durante un periodo di forti tensioni nel Mar Cinese Meridionale, alcuni dati destinati al Giappone sono stati misteriosamente instradati attraverso l'isola di Hainan, sotto la giurisdizione cinese. Tali casi suggeriscono che le decisioni tecniche di instradamento possono talvolta avere motivazioni politiche.

Questi esempi fanno parte di una strategia più ampia. Sfruttando SDN la Cina può trasformare i cavi sottomarini in strumenti di sorveglianza e controllo. Il traffico dati dall'Africa o dal Sud-est asiatico destinato all'Europa potrebbe essere segretamente reindirizzato attraverso Shanghai o Guangzhou, esponendolo alle tecniche di sorveglianza avanzate della Cina come l'ispezione approfondita dei pacchetti. Questa minaccia si estende al cloud computing, poiché i principali provider come Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Alibaba Cloud si affidano ai cavi sottomarini. Con SDN i provider cloud cinesi, allineati con gli interessi dello stato, potrebbero reindirizzare il traffico inter-cloud sensibile, mettendo a rischio quelle comunicazioni critiche.

La manipolazione delle rotte di dati globali conferisce a qualsiasi attore un notevole potere geopolitico. Ad esempio, in caso di crisi, la Cina potrebbe degradare o addirittura interrompere la connettività Internet per le nazioni rivali. Nello Stretto di Taiwan ciò potrebbe isolare quest'ultimo dai mercati globali, interrompendo le transazioni finanziarie e il commercio. In Africa, dove Huawei ha costruito una parte significativa dell'infrastruttura di telecomunicazioni del continente, erigendo circa il 70% delle reti 4G, c'è il timore che questa dipendenza possa creare vulnerabilità. Se dovessero sorgere tensioni politiche, la Cina potrebbe causare rallentamenti o interruzioni per rafforzare la dipendenza, rendendo i Paesi più vulnerabili negli scontri politici.

I numeri evidenziano la posta in gioco. I cavi sottomarini trasportano il 99% del traffico dati internazionale, ovvero oltre 1,1 zettabyte all'anno. Porzioni significative dei flussi di dati intra-Asia-Pacifico passano attraverso stazioni di atterraggio chiave dei cavi sottomarini, tra cui Hong Kong, che è sotto la giurisdizione cinese. Con le aziende cinesi sempre più coinvolte in progetti di cavi sottomarini globali, come quelli intrapresi da HMN Technologies, sta crescendo l'influenza di Pechino sulla dorsale fisica di Internet.

L'impatto economico delle interruzioni di Internet sulle economie altamente connesse è sostanziale. Ad esempio, il NetBlocks Cost of Shutdown Tool (COST) stima l'impatto economico delle interruzioni di Internet utilizzando indicatori della Banca Mondiale, ITU, Eurostat e US Census. Secondo i dati presentati da Atlas VPN, basati sullo strumento COST di NetBlocks, un arresto globale di Internet per un giorno potrebbe comportare perdite di circa $43 miliardi, con Stati Uniti e Cina che rappresenterebbero quasi la metà di questa somma. Inoltre Deloitte ha stimato che per un Paese altamente connesso a Internet, l'impatto giornaliero di un arresto temporaneo di Internet sarebbe in media di $23,6 milioni per 10 milioni di abitanti.

Un attacco deliberato ai protocolli di routing potrebbe causare un caos finanziario e operativo diffuso. Nel mondo interconnesso di oggi, in cui l'infrastruttura digitale sostiene la stabilità economica, la capacità di manipolare il traffico dei cavi sottomarini rappresenta un'arma geopolitica sottile ma potente.

Affrontare questa minaccia va oltre la semplice costruzione di più cavi; richiede di ripensare il modo in cui sono governati i protocolli di routing. Standard globali trasparenti devono garantire che nessun singolo Paese o azienda possa dominare questi sistemi. Dovrebbero essere condotti audit indipendenti di routine per rilevare anomalie che potrebbero segnalare interferenze. Sforzi come l'iniziativa Global Gateway dell'Unione Europea e il Digital Partnership Fund del Giappone devono concentrarsi sulla creazione di percorsi alternativi per ridurre la dipendenza dai nodi controllati dalla Cina.

Questo problema evidenzia una nuova realtà nella politica globale: il controllo sui flussi di dati sta diventando una forma fondamentale di potere. Mentre la maggior parte dell'attenzione è stata rivolta alla costruzione di infrastrutture fisiche, la manipolazione silenziosa dei protocolli di routing segna un cambiamento altrettanto profondo nell'influenza globale. Per proteggere l'integrità di Internet, il mondo deve agire con decisione sia a livello tecnico che di governance.


Reti di riparazione cavi in ​​fibra ottica

Il controllo sproporzionato della Cina sulle reti di riparazione dei cavi in ​​fibra ottica rivela potenziali vettori per il dominio dell'intelligence, la leva coercitiva e l'interruzione della sovranità digitale. A livello globale si stima che 60 navi dedicate alla riparazione dei cavi siano al servizio degli 1,5 milioni di chilometri di cavi sottomarini del pianeta. La Cina controlla una percentuale sostanziale di tale flotta, comprese le navi gestite da imprese affiliate allo stato come Shanghai Salvage Company e China Communications Construction Group. Al contrario gli Stati Uniti e i loro alleati mantengono una piccola flotta patchwork, concentrata principalmente nel Nord Atlantico e priva di copertura nell'Indo-Pacifico, dove oltre il 50% del traffico Internet globale passa attraverso cavi sottomarini chiave.

La flotta cinese è fortemente concentrata nei mari della Cina meridionale e orientale, regioni critiche per la connettività globale a causa di punti di strozzatura come lo stretto di Singapore e lo stretto di Luzon. Con l'esclusività marittima rafforzata dalle rivendicazioni della Cina nelle acque contese, le sue navi di riparazione hanno un accesso pressoché illimitato per monitorare, riparare o potenzialmente manomettere i cavi sotto le mentite spoglie di operazioni di manutenzione di routine.

Le missioni di riparazione comportano l'esposizione di infrastrutture critiche via cavo, tra cui ripetitori, amplificatori e unità di diramazione, hardware che aumenta la potenza del segnale su lunghe distanze ma rappresenta anche punti di vulnerabilità. Le imbarcazioni cinesi sono dotate di sommergibili robotici avanzati e tecnologie di taglio e giunzione di precisione, progettate per le riparazioni ma in grado di installare dispositivi di intercettazione del segnale. Tali strumenti potrebbero includere prese in fibra ottica in grado di raccogliere metadati non crittografati o di catturare modelli di latenza per dedurre flussi di traffico sensibili.

I progressi della Cina nella fotonica e nelle tecnologie di comunicazione quantistica sottolineano la sua capacità di sfruttare queste vulnerabilità. L'Accademia cinese delle scienze ha segnalato importanti progressi nei sistemi di distribuzione di chiavi quantistiche (QKD), sollevando la possibilità di sviluppare metodi basati sulla tecnologia quantistica per decifrare i dati crittografati intercettati durante le riparazioni. L'integrazione di strumenti di ordinamento dei dati basati sull'intelligenza artificiale potrebbe automatizzare l'estrazione e la classificazione delle informazioni intercettate, rendendo un vantaggio strategico l'acquisizione di dati in blocco durante le riparazioni.

Il mare aperto, dove si verificano molte operazioni di riparazione, è governato da quadri normativi internazionali frammentati, come la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), i quali regolamentano in modo inadeguato le attività che coinvolgono infrastrutture critiche. L'International Cable Protection Committee (ICPC) fornisce linee guida volontarie per le operazioni di riparazione, ma i meccanismi di applicazione sono deboli, lasciando il sistema vulnerabile allo sfruttamento da parte di attori statali.

Le missioni di riparazione sono spesso classificate come “operazioni di emergenza”, le quali richiedono approvazioni rapide che aggirano la supervisione dettagliata. Una rottura di un cavo nel Mar Cinese Meridionale nel 2021 ha spinto le navi di riparazione cinesi a operare senza trasparenza per oltre tre settimane, sollevando preoccupazioni su potenziali attività segrete. Questi incidenti raramente vengono segnalati, poiché esulano dalla giurisdizione della maggior parte degli enti di monitoraggio marittimo.

La mancanza di contromisure da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati amplifica i rischi posti dal predominio della Cina. La Marina degli Stati Uniti non gestisce navi di riparazione specializzate, affidandosi a operatori privati ​​come Global Marine Group, la cui flotta è obsoleta e mal equipaggiata per le operazioni in acque contese. Ciò contrasta con il modello cinese sostenuto dallo stato, il quale integra la sua flotta di riparazione in reti marittime fornendo funzionalità a duplice uso per obiettivi civili e militari.

Il modello finanziario delle operazioni sui cavi sottomarini limita ulteriormente le risposte occidentali. I cavi sottomarini sono prevalentemente di proprietà privata, con aziende come Google, Meta e Amazon che investono molto nelle infrastrutture ma non hanno incentivi per dare priorità alle considerazioni geopolitiche. Questa privatizzazione lascia lacune strategiche nella sorveglianza e nel monitoraggio, poiché i governi devono negoziare l'accesso a missioni di riparazione controllate privatamente.

Per mitigare il vantaggio strategico della Cina è essenziale una risposta su più fronti. Gli Stati Uniti e i suoi alleati devono sviluppare flotte di riparazione statali o sovvenzionate dallo stato per operare in regioni contese come il Mar Cinese Meridionale e l'Oceano Indiano. Dovrebbero essere implementati sistemi di sorveglianza marittima potenziati, come droni sottomarini e array di monitoraggio basati su sonar, per tracciare i movimenti delle navi di riparazione in tempo reale.

La revisione dei quadri normativi internazionali mediante l'ampliamento dei mandati ICPC, per includere la segnalazione obbligatoria delle operazioni di riparazione, potrebbe frenare l'opacità. La collaborazione con i partner regionali, in particolare le nazioni del Quad (Australia, India, Giappone e Stati Uniti), potrebbe rafforzare la consapevolezza collettiva del dominio marittimo e creare ridondanze nelle capacità di riparazione dei cavi.


Dati marittimi tramite il monitoraggio automatico delle imbarcazioni

Lo sfruttamento da parte della Cina di sistemi di tracciamento automatizzato delle imbarcazioni esemplifica una componente sofisticata della sua strategia digitale globale. Al centro di questa iniziativa c'è l'Automatic Identification System (AIS), una tecnologia di sicurezza marittima imposta dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO) per le imbarcazioni di stazza lorda superiore a 300 tonnellate impegnate nel commercio internazionale. Sebbene originariamente destinato a migliorare la sicurezza della navigazione trasmettendo identità, posizioni, rotte e dettagli del carico delle imbarcazioni, l'AIS è stato riadattato da Pechino in una risorsa a duplice uso che supporta sia la raccolta di informazioni economiche sia la sorveglianza militare.

Le aziende cinesi, tra cui il BeiDou Navigation Satellite System e Alibaba Cloud, hanno sviluppato piattaforme avanzate che aggregano le trasmissioni AIS dalle rotte di navigazione in tutto il mondo. Queste piattaforme integrano i dati AIS con analisi predittive basate sull'intelligenza artificiale, consentendo a Pechino di monitorare e analizzare i punti di strozzatura marittimi globali come lo Stretto di Malacca, il Canale di Panama e il Canale di Suez, arterie chiave del commercio internazionale. In questo modo la Cina ottiene informazioni fondamentali sui modelli di spedizione globali, sulle rotte commerciali strategiche e sulle dinamiche della catena di fornitura. A partire dal 2023 la flotta mercantile globale comprendeva circa 60.000 navi.

Durante il blocco del Canale di Suez del 2021, le aziende di logistica cinesi, sfruttando i dati AIS in tempo reale, hanno rapidamente identificato rotte alternative attraverso l'Artico e lungo l'Oceano Indiano, consentendo agli esportatori cinesi di reindirizzare le merci mentre i concorrenti occidentali hanno dovuto affrontare ritardi. Allo stesso modo, nello Stretto di Malacca, una via d'acqua che facilita il transito di oltre 16 milioni di barili di petrolio al giorno e il 40% del commercio globale, gli analisti cinesi hanno utilizzato i dati AIS per ottimizzare il flusso di risorse, prevenire la congestione e studiare le vulnerabilità nelle rotte di approvvigionamento energetico.

I dati AIS svolgono un ruolo fondamentale nella strategia militare della Cina, in particolare nell'Indo-Pacifico. Combinando le informazioni AIS con le immagini satellitari e i dati provenienti da array acustici sottomarini, la Cina ha creato una rete di sorveglianza in grado di tracciare con precisione gli schieramenti navali. I dati AIS sono stati utilizzati per monitorare i modelli di pattugliamento della Settima Flotta della Marina degli Stati Uniti, rivelando che oltre un terzo delle sue operazioni nel Mar Cinese Meridionale nel 2022 ha seguito rotte prevedibili. Questa sorveglianza consente alla Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLAN) di anticipare le Operazioni di Libertà di Navigazione (FONOP) degli Stati Uniti e di posizionare di conseguenza le sue risorse.

La manipolazione dell'AIS da parte della Cina si estende alle simulazioni di conflitto e alla guerra asimmetrica. Durante esercitazioni militari vicino a Taiwan nel 2023, le forze cinesi avrebbero schierato imbarcazioni senza equipaggio programmate per imitare i segnali AIS civili, complicando l'identificazione di risorse ostili.

Attraverso la sua iniziativa Digital Silk Road, Pechino ha esportato varie forme di tecnologie marittime che incorporano capacità di Automatic Identification System (AIS). La Cina spesso fornisce incentivi finanziari per promuovere l'adozione delle sue tecnologie all'estero, il che potrebbe migliorare il suo accesso ai dati marittimi regionali. Questa asimmetria garantisce alla Cina un vantaggio informativo e rischia di rimodellare le norme di trasparenza marittima a suo favore.


Dati rari di mappatura sottomarina

I crescenti investimenti della Cina nella mappatura sottomarina l'hanno posizionata come un attore significativo nell'intelligence oceanografica, con un impatto sui domini scientifico, commerciale e militare. La Cina ha mappato i suoi territori marittimi rivendicati utilizzando navi da ricerca finanziate dallo stato e sistemi autonomi. Questi sforzi contribuiscono a iniziative internazionali, come il progetto Nippon Foundation-GEBCO Seabed 2030, il quale mira a mappare l'intero fondale marino globale entro il 2030 e che a giugno 2022 ne aveva mappato circa il 23,4%. Le attività della Cina si estendono a regioni strategiche nell'Indo-Pacifico, nell'Artico e nell'Oceano Indiano, sollevando preoccupazioni sul potenziale di duplice uso della sua raccolta dati.

I dati di mappatura sottomarina sono essenziali per il percorso dei cavi sottomarini, lo sviluppo delle infrastrutture sottomarine e le operazioni navali. Il deposito cinese di mappe batimetriche ad alta risoluzione, tra cui i rilievi di punti di strozzatura chiave come lo Stretto di Malacca e il Canale di Bashi, fornisce un vantaggio tattico. Questi punti di strozzatura sono vitali per il commercio globale e servono come passaggi navali strategici per la proiezione di potere e le operazioni anti-accesso/negazione dell'area. La Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione utilizza i dati del fondale marino per ottimizzare il posizionamento di array di sensori sottomarini, essenziali per la sua iniziativa “Great Underwater Wall”, integrando il monitoraggio idroacustico per rilevare sottomarini stranieri.

I progressi della Cina nei veicoli sottomarini autonomi (AUV) ne potenziano le capacità. Nel 2021 gli AUV Hailong III e Qianlong II sono stati impiegati per missioni di mappatura in acque profonde nel Mar Cinese Meridionale, raccogliendo dati a profondità superiori a 6.000 metri. Questi AUV hanno sistemi sonar multi-beam che raggiungono una risoluzione sub-metrica, superando gli standard commerciali. La loro capacità di operare in modo autonomo per lunghi periodi consente alla Cina di mappare topografie sottomarine tanto intricate quanto fondamentali per l'esplorazione delle risorse e la guerra sottomarina.

La Cina ha utilizzato la mappatura dei fondali marini come strumento diplomatico per estendere l'influenza sulle nazioni più piccole. Attraverso la sua Maritime Silk Road Initiative, Pechino ha firmato accordi con oltre 20 Paesi, garantendo alle navi da ricerca cinesi l'accesso alle Zone Economiche Esclusive (ZEE). Tra il 2015 e il 2022 le spedizioni cinesi nelle ZEE delle nazioni insulari del Pacifico hanno spesso comportato attività di mappatura a duplice uso.

Nel 2019 la nave di ricognizione cinese Haiyang Dizhi 8 ha condotto rilievi sismici nei pressi della Vanguard Bank all'interno della Zona economica esclusiva (ZEE) del Vietnam, raccogliendo dati batimetrici che si allineano con rotte sottomarine chiave potenzialmente utili per le operazioni sottomarine. Questa incursione ha portato a un teso stallo con il Vietnam, suscitando critiche internazionali per le azioni della Cina e sollevando preoccupazioni sul potenziale duplice uso dei dati raccolti. Allo stesso modo, nel 2018, il coinvolgimento della Cina nei progetti di cavi sottomarini che collegano Papua Nuova Guinea e le Isole Salomone tramite Huawei Marine, ha sollevato notevoli preoccupazioni per la sicurezza. Temendo rischi per la sicurezza dei cavi di comunicazione sottomarini e potenziale attività di spionaggio, l'Australia è intervenuta finanziando e intraprendendo essa stessa quei progetti, evidenziando apprensioni sulla concessione alle entità cinesi dell'accesso a dati critici sui fondali marini nella regione.

La strategia di mappatura dei fondali marini della Cina ha implicazioni militari significative, in particolare nel Mar Cinese Meridionale. In questa regione, dove la Cina ha costruito isole artificiali come Fiery Cross Reef, Subi Reef e Mischief Reef, i dati ad alta risoluzione dei fondali marini consentono un dispiegamento preciso di sistemi missilistici, pattugliamenti navali e droni sottomarini. La mappatura dettagliata dei fondali marini supporta la costruzione e la fortificazione di queste isole, consentendo l'installazione di missili terra-aria, missili da crociera antinave e il funzionamento di piste di atterraggio militari. Inoltre l'impiego da parte della Cina di veicoli sottomarini senza pilota come gli alianti Sea Wing (Haiyi) migliora la sua capacità di raccogliere dati oceanografici cruciali per la navigazione sottomarina e la guerra antisommergibile. Queste attività hanno sollevato preoccupazioni tra i Paesi confinanti e la comunità internazionale sul potenziale di duplice uso delle iniziative marittime della Cina e sul loro impatto sulla sicurezza regionale.

Controllando la mappatura dei fondali marini, la Cina influenza le reti dei cavi sottomarini, i quali trasportano il 95% del traffico Internet globale e $10.000 miliardi in transazioni finanziarie giornaliere. Il coinvolgimento della Cina in progetti come il South Pacific Cable Project attraverso l'azienda statale China Mobile ha portato a preoccupazioni sulle capacità di intercettazione dei dati. La sua presenza nella mappatura dei fondali marini dell'Artico, facilitata da navi rompighiaccio come la Xuelong 2, sottolinea le ambizioni di proteggere rotte e risorse marittime alternative sotto le mentite spoglie della ricerca scientifica.

L'approccio della Cina ai dati sulla mappatura sottomarina ha sollevato preoccupazioni riguardo la trasparenza e l'accesso condiviso nella comunità globale. Mentre iniziative internazionali come il Seabed 2030 Project incoraggiano la condivisione aperta dei dati sui fondali oceanici per promuovere la ricerca scientifica e la comprensione ambientale, la Cina è stata criticata per non condividere completamente i dati estesi sui fondali marini che raccoglie. Ad esempio, molti dei dati raccolti dalle imbarcazioni cinesi in acque internazionali non sono disponibili nei database globali come quelli gestiti dall'International Hydrographic Organization (IHO) o dalla General Bathymetric Chart of the Oceans (GEBCO). Questa condivisione selettiva limita la capacità di altre nazioni di sfruttare informazioni preziose e contrasta con le norme globali che promuovono la cooperazione e la trasparenza nella ricerca oceanografica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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