martedì 31 dicembre 2024

Come la Germania ha distrutto la sua economia e come la può risollevare

Più che un modello da seguire la Germania è diventata un modello da non seguire. Potremmo definirlo il prototipo di agenda impostato per il resto d'Europa. Inutile dire che l'UE e l'euro, senza i suoi propellenti Germania e Francia è spacciata, e non è un caso che io abbia intitolato uno dei capitoli del mio ultimo libro, Il Grande Default, “L'euro e l'UE saranno l'epicentro del Grande Default”. Ieri abbiamo studiato le condizioni reali della Francia, oggi vedremo quelle della Germania, facendo, in questo cappello, una breve anamnesi del suo tessuto industriale e saggiare la gravità della situazione. Sebbene la Germania rappresenti solo l'1,5% delle emissioni mondiali, ha deciso di fare a pezzi la propria posizione di leadership industriale; la sua crescita, infatti, è la più bassa rispetto a tutti gli altri Paesi OCSE. BASF, un tempo la più grande azienda chimica al mondo, sta tagliando migliaia di posti di lavoro e reindirizzando diversi miliardi di euro di investimenti in Cina. Il più grande produttore di acciaio tedesco, ThyssenKrupp, ha annunciato piani per tagliare 11.000 posti di lavoro. C'è stato un aumento significativo nel numero di aziende che hanno presentato istanza di insolvenza: il tasso attuale è superiore del 66% rispetto alla media del mese di ottobre negli anni dal 2016 al 2019. Secondo uno studio condotto da Ernest Young, sempre meno aziende straniere vogliono investire in Germania: esso ha identificato la politica energetica della Germania come un importante deterrente per gli investitori. La combinazione di un ambiente recessivo, alti prezzi dell'energia e incertezze sull'approvvigionamento energetico sono tutti evidenziati come fattori chiave, insieme agli alti costi del lavoro e alle complessità burocratiche, elementi questi ultimi che scoraggiano ulteriormente gli investitori stranieri. Le stime dei costi totali della transizione climatica tedesca variano tra i €1.800 miliardi e €6.000 miliardi. Ma i costi indiretti sono ancora più alti. Di conseguenza l'industria automobilistica tedesca è precipitata in una grave crisi: la Volkswagen ha annunciato piani per licenziare decine di migliaia di dipendenti e chiudere diversi stabilimenti in Germania; anche i principali fornitori automobilistici come ZF, Continental e Bosch hanno annunciato decine di migliaia di licenziamenti. Anche l'edilizia abitativa in Germania è crollata drasticamente: da un lato il numero di immigrati che arrivano in Germania continua ad aumentare (e così anche i costi dello stato sociale), mentre dall'altro vengono costruite sempre meno nuove abitazioni. Ci sono 20.000 regolamenti edilizi e innumerevoli regole che hanno reso l'edilizia più “rispettosa nei confronti del clima” e, al tempo stesso, troppo costosa. La politica energetica della Germania è la più stupida del mondo. Almeno la Germania è campione mondiale nella protezione del clima? No, detiene un rispettabile terzo posto nell'Environmental Performance Index, ma nella categoria della protezione del clima, guarda caso, arriva solo al settimo posto. Per l'ennesima volta il modello di un'economia pianificata ha fallito: in un'economia di mercato sono le aziende, e in ultima analisi i consumatori, a decidere cosa viene prodotto. Al contrario, in un'economia pianificata le decisioni vengono prese da politici che credono di saperne più di milioni di imprenditori e consumatori. A questo proposito il resto del mondo può imparare qualcosa dalla Germania: una lezione su cosa non fare.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://fsimoncelli.substack.com/p/come-la-germania-ha-distrutto-la?r=12xido)

Un tempo l'economia tedesca era una potenza industriale mondiale, dimostrando una forte resilienza nei periodi di crisi e una significativa crescita produttiva nei periodi di espansione.

La Germania ha mostrato una solida attività industriale, una solida produttività e livelli di disoccupazione invidiabili, che si sono aggiunti a salari realmente elevati. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, l'economia è stagnante e il suo PIL è inferiore del 5% rispetto alla tendenza di crescita pre-pandemia, come riportato da Bloomberg Economics. Ancora più preoccupante è il fatto che il quotidiano stima che quattro punti percentuali di suddetta perdita potrebbero essere permanenti.

La maggior parte delle analisi attribuisce la debolezza dell'economia tedesca ai costi energetici più elevati e al rallentamento cinese che colpisce le sue esportazioni. La realtà è più complessa.

La stagnazione della Germania è autoinflitta.

La Germania ha commesso il suo primo grande errore nel 2012, quando i suoi leader hanno accettato la diagnosi di sinistra della crisi del debito europeo, la quale attribuiva tutti i problemi alla cosiddetta austerità. La Germania ha abbracciato l'inflazionismo e, nel 2014, ha accettato le stesse politiche monetarie e interventiste che hanno sempre distrutto l'Europa. Il governo tedesco e la Bundesbank hanno accettato con riluttanza la massiccia espansione monetaria della BCE e i tassi nominali negativi, consentendo alla Commissione europea di abbandonare la sua supervisione dell'eccesso di indebitamento e approvando pacchetti di “stimoli” in sequenza come il piano Juncker o i disastri di Next Generation EU. Tutti fattori che hanno lasciato l'area Euro in stagnazione, con più debito e, ora, inflazione. I tedeschi hanno sofferto di un'inflazione cumulativa di oltre il 20% negli ultimi cinque anni. I politici ne danno la colpa all'Ucraina e a Putin, ma sappiamo tutti che è una scusa ridicola. La crescita dell'offerta di denaro e i costanti aumenti della spesa pubblica hanno cancellato il potere d'acquisto dell'euro e alimentato l'inflazione. “Un’impennata della crescita monetaria ha preceduto l’impennata dell’inflazione e i Paesi con una crescita monetaria più forte hanno fatto registrare un’inflazione notevolmente più elevata” (Borio et al., 2023).

I keynesiani credevano che un euro più debole avrebbe dato una spinta alle esportazioni tedesche, ma questo è un mito. I Paesi leader delle esportazioni salgono grazie all'elevato valore aggiunto, non al basso costo. In ogni caso, tutte le politiche interventiste adottate dall'Unione Europea hanno creato una moneta debole e un'economia ancora più debole.

Il secondo errore fatale è stato la linea di politica energetica. Gli alti costi energetici non sono inevitabili, derivano da una linea di politica energetica sbagliata che ha spinto i politici tedeschi a chiudere la loro flotta nucleare e a spendere più di €200 miliardi in sovvenzioni per tecnologie volatili e intermittenti, solo per riscoprire poi l'uso di carbone e lignite che rappresentano il 25% della sua produzione di energia, stando ai dati di AGEB 2024. Infatti il 77% del suo consumo energetico e il 40% della sua produzione di energia provengono da combustibili fossili. I politici tedeschi hanno anche abbracciato l'agenda dell'UE che ha vietato lo sviluppo del gas naturale nazionale, ma ha moltiplicato le importazioni di gas naturale liquefatto statunitense prodotto dal fracking. A dir poco affascinante come decisione. Inoltre gli enormi sussidi e i costi aggiunti alle bollette dei consumatori hanno fatto sì che oltre il 60% del prezzo dell'elettricità pagato dai consumatori provenisse dalle tasse, incluso il costo della CO₂, che è una tassa nascosta. I tedeschi pagano di più per l'energia e dipendono ancora dai combustibili fossili, perché il loro governo ha distrutto l'accesso al gas naturale russo a basso costo e lo ha sostituito con opzioni costose e inaffidabili. Solo i politici possono decidere di entrare in una guerra energetica e vietare le alternative.

Il terzo errore fatale è stato quello di accettare linee di politica sempre più dannose provenienti dalla Commissione e dal Parlamento UE. Un rallentamento dell'economia cinese non porta un Paese leader mondiale delle esportazioni alla stagnazione, soprattutto quando il gigante asiatico cresce al 5% all'anno. Un Paese leader mondiale delle esportazioni come la Germania era giustamente orgoglioso di una rete produttiva che consentiva alla sua industria di crescere grazie a prodotti ad alto valore aggiunto, tecnologia e una portata globale che consentiva alle aziende tedesche di vendere in tutto il mondo e di navigare in qualsiasi ambiente macroeconomico. Ciò che ha fatto sì che l'industria tedesca, un tempo potente, ristagnasse e declinasse nonostante una robusta crescita globale è stata la combinazione di burocrazia asfissiante, disincentivi all'innovazione, tasse elevate e l'adozione della disastrosa agenda 2030 che vuole mettere al bando i veicoli con motore a combustione interna. I politici hanno demolito il potenziale di vendita dell'intero complesso industriale con una politica ambientale e normativa devastante. Gli attivisti hanno utilizzato l'agenda 2030 per imporre un modello interventista e improduttivo, demolendo tutte le industrie e i settori agricoli della Germania. La legge, dal nome errato, sul ripristino della natura, che rende quasi impossibile lo svolgimento di attività nel settore primario, ha aggravato ulteriormente questo danno.

La graduale imposizione da parte dell'Unione Europea di una regolamentazione asfissiante e di disincentivi ha anche portato la Germania a perdere una parte significativa della sua leadership tecnologica. Il dominio ingegneristico e tecnologico della Germania si basava su un sistema aperto, altamente competitivo e gratificante che è stato distrutto dalla burocrazia. La Germania è un leader mondiale nelle domande di brevetto, ma è indietro rispetto agli Stati Uniti e la traduzione dei brevetti alle aziende è estremamente scarsa.

I politici tedeschi affermano che tutte le sfide di cui sopra diventeranno punti di forza in futuro. Ne dubito, perché il loro curriculum di fallimenti nelle previsioni economiche è spettacolare. Ciò di cui la Germania ha bisogno è abbandonare l'inflazionismo, l'interventismo e l'attivismo clownesco. Se la Germania adotta questi cambiamenti, la sua economia sperimenterà una crescita significativa.

La Germania non ha un problema di competitività o di capitale umano; ha un problema politico. Abbandonate l'interventismo socialista e la Germania tornerà alla sua tendenza di crescita e leadership.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 30 dicembre 2024

Le radici economiche del crollo politico della Francia

L'accartocciamento dell'UE è sotto gli occhi di tutti ormai. Per quanto si vogliano spacciare dati ottimistici sulla situazione, la chiusura dei rubinetti dell'eurodollaro e la fine del carry trade sullo yen hanno smascherato la reale condizione dell'Eurozona: un deserto industriale e un continente alla deriva dal punto di vista sociale. L'unica opzione rimanente è RUBARE dai contribuenti autoctoni e dalle aziende estere che creano valore aggiunto. Credevate di aver raggiunto il fondo? La Reuters ci dice di no visto che la caduta del governo Barnier potrebbe comportare una riduzione delle esportazioni di elettricità dalla Francia ai suoi mercati interconnessi, tra cui Germania e Italia. L'ennesimo shock energetico per i mercati europei che hanno dovuto fare i conti con l'aumento dei prezzi dell'elettricità e del gas naturale. L'industria europea è destinata a perdere ulteriore competitività poiché i prezzi alti dell'energia, l'aumento dei prezzi del gas naturale e le preoccupazioni sulle forniture di gas questo inverno stanno aumentando l'incertezza sul destino delle fabbriche. I prezzi di riferimento europei del gas naturale si aggirano intorno al massimo di un anno a questa parte, poiché le ondate di freddo di novembre hanno infranto le speranze di un terzo inverno relativamente mite. Nelle ultime settimane l'Europa ha esaurito le sue scorte di gas naturale al ritmo più veloce sin dal 2016, poiché la domanda è aumentata con le temperature più fredde. Questo inverno potrebbe infliggere molto più dolore a quelle industrie europee che fanno affidamento sul gas naturale e imporre riduzioni nella produzione. I costi energetici molto più elevati in Europa stanno mettendo le sue industrie in una posizione di svantaggio rispetto agli Stati Uniti, all'Asia, al Medio Oriente e all'Africa settentrionale.

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di John Phelan

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://fsimoncelli.substack.com/p/le-radici-economiche-del-crollo-politico?r=12xido)

L'11 dicembre Michel Barnier ha perso un voto di fiducia nel parlamento francese, ponendo fine al suo mandato di primo ministro dopo soli 90 giorni, il mandato più breve di qualsiasi primo ministro dalla fondazione della Quinta Repubblica nel 1958. La causa è stata il bilancio proposto da Barnier, ma questo non fa che evidenziare problemi che si sono accumulati per decenni.

Il governo francese spende una quota maggiore del reddito nazionale rispetto alla maggior parte dei Paesi comparabili: i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) mostrano che, nel 2019, la spesa pubblica rappresentava il 55% del Prodotto interno lordo (PIL), più alta rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Ciò è dovuto agli alti livelli di spesa per lo stato sociale, l'assistenza sanitaria e l'istruzione. I dati dell'OCSE mostrano che la spesa sociale in Francia ha rappresentato il 31% del PIL nel 2019, più alta rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Il governo francese impone un pesante onere fiscale per finanziarla. Sempre nel 2019 i dati dell'OCSE hanno mostrato che le entrate fiscali sono arrivate al 45% del PIL, ancora una volta il più alto livello rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Ma queste entrate non sono sufficienti a finanziare completamente la spesa dello stato e si prevede che il deficit di quest'anno raggiungerà il 6,1% del PIL.

Barnier, nominato a settembre a capo di un governo di minoranza dopo un'inconcludente elezione generale, mirava a ridurre il deficit al 5% del PIL l'anno prossimo, ancora al di sopra della soglia del 3% richiesta come stato membro dell'UE. La sua manovra era da €60 miliardi tra aumenti delle tasse e tagli alla spesa. Dal lato delle entrate includeva nuove tasse su circa 24.000 delle famiglie più ricche, sui profitti delle grandi aziende, sull'elettricità, sui viaggi aerei e sulle automobili. Dal lato della spesa Barnier ha cercato di congelare le pensioni statali per sei mesi l'anno prossimo, ridurre il sostegno per gli apprendistati e i contratti sovvenzionati e ridurre i rimborsi per le spese mediche e le indennità di malattia. E tutto questo doveva essere fatto aumentando la spesa per la difesa in risposta all'invasione russa dell'Ucraina.

C'era qualcosa qui che ha fatto innervosire tutti.

“I tagli alla spesa pubblica e alla rete di sicurezza sociale hanno un impatto maggiore sulla vita delle classi lavoratrici e medie”, ha affermato il legislatore di sinistra Eric Coquerel, capo della commissione Finanze dell'Assemblea nazionale. Ci si poteva aspettare l'opposizione a tali misure da parte di persone come Monsieur Coquerel, ma anche “Raggruppamento nazionale” (NR) di Marine Le Pen si è opposto. A novembre la Le Pen ha stabilito delle “linee rosse”, tra cui il rifiuto di aumentare le tasse sull'energia elettrica e l'impegno ad aumentare le pensioni statali da gennaio. “Abbiamo detto quali erano gli elementi non negoziabili per noi”, ha affermato la Le Pen. “Siamo diretti nel nostro approccio politico; difendiamo il popolo francese”.

Raggruppamento nazionale viene spesso accomunato ad altri partiti presumibilmente di “estrema destra” come Reform in Gran Bretagna. Infatti, mentre Nigel Farage di Reform potrebbe condividere l'avversione della Le Pen per l'immigrazione di massa, è, in termini economici, un Thatcheriano che offre, come descrive John Burn-Murdoch sul Financial Times, “tagli fiscali radicali e agevolazioni fiscali per l'assistenza sanitaria privata e l'assicurazione sanitaria”. Raggruppamento nazionale, al contrario, sostiene tasse elevate, spesa pubblica, più regolamentazione e protezionismo commerciale. Infatti è “di sinistra” nella maggior parte delle cose, a parte l'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione. Ciò fa eco ai dibattiti negli Stati Uniti tra i conservatori “Freedom” e “National”. La Le Pen ha descritto il modesto consolidamento fiscale di Barnier come “pericoloso e ingiusto” e presagio di “caos” per la Francia.

Questo caos è già arrivato, insieme alla crisi fiscale.

“Lunedì, per la prima volta, i costi dei finanziamenti francesi sono saliti più di quelli della Grecia”, ha riportato la Reuters, “mentre il governo di Michel Barnier era sull'orlo del collasso, sottolineando un drastico cambiamento nel modo in cui i creditori vedono l'affidabilità creditizia dei membri della zona Euro”.

A novembre il governo di Barnier è sopravvissuto a un voto di sfiducia promosso dalla coalizione di sinistra quando Raggruppamento nazionale e i suoi alleati nell'Assemblea nazionale si sono astenuti. Quando Barnier ha forzato la manovra utilizzando una scappatoia costituzionale, è stato troppo per Raggruppamento nazionale che, insieme al “New Popular Front” di estrema sinistra, ha presentato mozioni di sfiducia contro il suo governo. Quello di Barnier è diventato il primo governo a perdere una mozione di sfiducia sin dal 1962.

Le conseguenze di questa instabilità si faranno sentire oltre i confini della Francia. Il Paese è da tempo un membro chiave, seppur un po' ambiguo, del “cuore” dell'Eurozona, ma potrebbe essere sulla buona strada per diventare un membro della sua “periferia”. Le conseguenze per la moneta unica e l'economia dell'Eurozona saranno significative. Il cuore è stato tradizionalmente accomunato a disciplina monetaria e fiscale e l'appartenenza di entrambe le potenze dell'Unione Europea a esso, Germania e Francia, ha permesso a tale situazione di prevalere. Se la Francia uscirà dal cuore e si unirà alla periferia, l'equilibrio di potere nell'Eurozona si sposterà verso un allentamento monetario e fiscale. Come minimo la Germania avrà più difficoltà a prendere le decisioni e Paesi come l'Italia avranno un nuovo e potente alleato.

L'Unione Europea è da tempo abituata all'instabilità politica tra i suoi membri periferici, ma la Francia, la sua seconda economia più grande, ora non ha un governo, nessuna prospettiva immediata di andare avanti e potrebbe presto non avere nemmeno un presidente. Come reagirà quando un membro centrale delle istituzioni sarà uno di quelli instabili?

Gli americani, inclini a pensare che la loro politica offra una dimostrazione di disfunzione unica tra le nazioni della Terra, potrebbero consolarsi se guardano alla Francia; dovrebbero evitare di provare troppa schadenfreude.

A giugno il Congressional Budget Office (CBO) ha previsto un deficit di bilancio federale di $2000 miliardi nel 2024 e “crescerà fino a $2.800 miliardi entro il 2034”. Il CBO fa notare che questi “deficit equivalgono al 7,0% del prodotto interno lordo (PIL) nel 2024 e al 6,5% del PIL nel 2025 [...]. Entro il 2034 il deficit rettificato equivarrà al 6,9% del PIL, più del 3,7% che i deficit hanno fatto registrare in media negli ultimi 50 anni”.

Il risultato: “Il debito detenuto dal pubblico aumenta dal 99% del PIL di quest’anno al 122% del 2034, superando il precedente massimo del 106% del PIL”.

La disfunzione politica della Francia deriva da molte fonti, non ultime le reazioni all'immigrazione di massa nel Paese negli ultimi anni. Ma deriva anche dal semplice fatto che i suoi governi hanno fatto a lungo promesse di spesa che la sua economia non può mantenere.

Questa disfunzione potrebbe manifestarsi in qualsiasi Paese in cui siano state fatte tali promesse e gli Stati Uniti sono uno di questi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 27 dicembre 2024

Caos economico/geopolitico o dieci anni di oblio

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/caos-economicogeopolitico-o-dieci)

Come mai l'economia italiana attuale, la migliore di sempre a quanto pare, o almeno così dicono tutti, riesce a produrre “occupazione da record” ma in mezzo secolo non è riuscita a dare ai lavoratori un aumento di stipendio? Come mai oggi è più costoso per loro, in termini di ore di lavoro, acquistare una casa o un'auto rispetto a 50 anni fa? Case e auto sono gli asset “fondamentali” della classe media e la maggior parte delle persone le ottiene scambiando il proprio tempo (stipendio). Poiché ci vuole sempre più tempo per acquistarle, le persone hanno meno tempo a disposizione; sono più povere in ciò che conta di più: il tempo.

Naturalmente case e auto dovrebbero essere di qualità superiore rispetto agli anni '70. Alcuni economisti ritengono che questi miglioramenti “edonici” giustifichino i prezzi più alti. Ma se sono migliori è grazie ai progressi tecnologici. Un'auto, ad esempio, ha più componenti elettronici di prima. Si dice che sia più sicura, più veloce e più economica. Naturalmente anche le fabbriche sono diventate più avanzate: la concorrenza spinge i produttori a migliorare le cose e a renderle più economiche. I vari pezzi sono diventati più facili da fare e più facili da assemblare; molte funzioni che prima richiedevano lavoro manuale ora vengono eseguite roboticamente.

Quindi la tecnologia che ha reso le auto migliori avrebbe dovuto renderle anche più economiche, non più costose. 

Allo stesso modo ci viene detto che le case sono più grandi e migliori che mai. Sono più costose perché valgono di più, ma potrebbe essere vero proprio il contrario. Le nuove case sono spesso realizzate con materiali compositi fragili che sono facili da lavorare, ma non hanno la bellezza e la solidità del vero durame di quercia o pino. Inoltre anche le case costruite nel 1970 o prima sono costose e spesso più costose di quelle di più recente costruzione. Quindi come mai una persona media deve lavorare il doppio del tempo solo per un tetto sopra la testa e un set di ruote? È perché “il sistema” è stato corrotto? Ora fornisce politiche pubbliche che servono gruppi specifici di persone, di solito quelle con un buon team di lobbying e un sacco di soldi per “oliare gli ingranaggi politici” a spese del pubblico.

Più volte su questo blog abbiamo visto che il PIL ha poco a che fare con la ricchezza reale. Le illustrazioni più chiare a tal proposito sono state fornite dalla Germania nazista e dall'Unione Sovietica. In quest'ultima i lavoratori comuni erano più poveri, di proposito. L'economia era organizzata e controllata dall'élite, alle industrie veniva detto cosa produrre e quanto potevano far pagare. Il sistema sovietico produceva molti prodotti, ma pochi che la gente desiderasse realmente. Eppure, sempre negli anni '80, c'erano ancora economisti in Occidente che erano impressionati solo dai numeri. Paul Samuelson, ad esempio, “scrisse il libro” di economia che fu ampiamente utilizzato come testo in tutti gli Stati Uniti. Il suo Economics: An Introductory Analysis diceva agli studenti che l'Unione Sovietica aveva raggiunto una “rapida crescita” e industrializzazione grazie alla sua pianificazione centrale. Non aveva tutti i torti: i numeri del PIL mostravano che l'Unione Sovietica stava scoppiando di “crescita”, ma contare il numero di luterani nella Gestapo o le saponette in un campo di prigionia probabilmente non diceva molto...

Nell'Unione Sovietica il sapone lasciava un odore così nauseabondo che tutti lo sentivano, ma poiché i pianificatori centrali disdegnavano la concorrenza e la scelta dei consumatori, tutti dovevano usarlo. I visitatori riferirono che nel giro di pochi giorni dalla caduta del Muro di Berlino, quell'odore scomparve.

I numeri del PIL ingannarono gli economisti.

L'economia nazista era, come quelle occidentali di oggi, un'economia “capitalista” con un'influenza governativa pervasiva. E ciò verso cui i nazisti guidarono l'economia fu la guerra. All'inizio i numeri sembravano buoni: gli ordini di carri armati, aerei e uniformi tenevano impegnate le fabbriche. Il PIL aumentò. Gli osservatori stranieri riferirono che “Hitler faceva arrivare i treni in orario”; dissero di non aver mai visto così tanta energia. A un certo punto la disoccupazione scese sotto lo zero (semmai fosse possibile). Con così tanti uomini in uniforme, la Germania rimase senza lavoratori, quindi i pianificatori centrali nazisti portarono manodopera schiava dai Paesi conquistati.

Anche qui i numeri del PIL raccontavano una storia incredibile: la gente non poteva mangiare gli aerei da caccia Messerschmitt, e con così tanta manodopera e capitale investiti nell'industria della potenza di fuoco, c'era poco per le cose che contavano davvero. Il cibo, per esempio. A un certo punto gli stessi funzionari del governo avvertirono che le donne tedesche non mangiavano abbastanza e che avrebbero potuto non essere in grado di avere figli. L'economia si surriscaldò; le persone si impoverirono.

Quindi, cosa sta succedendo in Italia? I dati del PIL ci dicono che l'economia sta uscendo dal pantano economico. La disoccupazione è vicina ai minimi storici e il mercato azionario è a massimi storici se prendiamo come riferimento il 2008. Ma c'è qualcosa che non quadra in tutto questo. Cosa sta succedendo veramente? Se un'economia non rende la gente comune più ricca, che senso ha?


UN ESPERIMENTO PERICOLOSO

Ciò non significa che la persona media non stia meglio. Oggi, nel bene e nel male, abbiamo aggeggi elettronici che non avevamo negli anni '70. Possiamo passare tutta la vita curvi sui nostri computer portatili, magari seduti in un bar o in un ufficio, a giocare e a parlare con donne svestite con accento bielorusso. È un progresso, no? Abbiamo TikTok, Facebook, X, IA, le sneaker di Trump, ecc. Abbiamo persino auto che creeranno i loro incidenti stradali. Non è richiesto alcun intervento umano, ma i lavoratori nelle nuove industrie odierne, comprese quelle dei nostri più grandi datori di lavoro, spesso vivono in una povertà scioccante. Almeno questa è stata la conclusione della relazione più recente della Caritas. Senza contare, poi, l'ampliamento e l'incapacità dello stato sociale di servire la pletora di poveri in crescita.

Un piccolo esperimento mentale ci permetterà di capire il punto. Userò l'oro come misura affidabile dell'inflazione. Nel 2015 un grammo d'oro costava circa €30; questo significa che, agli stipendi di allora, ovvero circa €1500, il lavoratore medio poteva acquistare un grammo e mezzo d'oro al giorno. Oggi un grammo d'oro costa €80; questo significa che, agli stipendi attuali, ovvero circa €1700, il lavoratore medio può acquistare un grammo d'oro dopo un giorno e mezzo. Cosa succede? Cosa c'è che non va?

Come abbiamo visto, prima, l'Unione Sovietica prendeva le materie prime e, seguendo la precisione logica e le stupide teorie dei suoi pianificatori, le trasformava in prodotti finiti di qualità talmente inferiore che valevano meno, sul mercato mondiale, rispetto alle risorse impiegate per produrli. Ecco perché, quando l'Unione Sovietica andò nel paradiso degli esperimenti economici sbagliati, i suoi imprenditori e oligarchi tornarono a produrre materie prime. L'economia hitleriana della Germania del 1933-1945 ebbe un successo simile. Faceva lavorare le persone, faceva arrivare i treni in orario, faceva eruttare fumo dalle ciminiere dalla Baviera alla Prussia, ma ciò che produsse (fucili, carri armati, sostanze chimiche e bombe) non rese le persone più ricche; le rese più povere.

In ogni caso avrete notato la relazione causale: lo stato impose la sua volontà all'economia allontanandola dalla produzione di ciò che le persone volevano per produrre ciò che gli addetti ai lavori volevano. Fino alla metà degli anni '70 la ricchezza dei ricchi e dei poveri aumentò, in tandem. Più o meno alla stessa velocità. Poi iniziarono a divergere, poco a poco all'inizio, e successivamente di molto.

Quindi l'economia italiana non è stata un flop totale per tutti, ma qualcosa è andato molto storto.


NON È IL CAPITALISMO A FALLIRE

È il capitalismo la fonte dei guai economici? La sua presunta propensione a suicidarsi?

Se avessi un satoshi per ogni volta che un economista ha affermato che “il capitalismo ha fallito” ogni giorno dovrei organizzare “gite in barca”. Il capitalismo non fallisce mai, si adatta a qualsiasi restrizione e circostanza gli imponiamo stupidamente. Nell'economia di Henry Ford gli Stati Uniti erano la nazione più libera e “più capitalista”, dato che rispettavano le tre cose che rendono possibili gli accordi win-win (vicendevolmente vantaggiosi): diritti di proprietà, contratti rispettati e denaro reale. L'economia odierna ha ancora diritti di proprietà e i contratti sono ancora fatti rispettare nei tribunali, sebbene il capitalismo oggi sia soggetto a molte più intromissioni e interventi rispetto a cento anni fa.

La grande differenza è che l'economia odierna funziona a credito, non con denaro reale. Il cambiamento è avvenuto in un giorno ormai familiare, il 15 agosto 1971. Fu appena notato, ancora oggi la maggior parte delle persone ricorda chi vinse il campionato allora piuttosto che ricordare il cambio di rotta che distorse l'intero sistema monetario mondiale.

Henry Ford si arricchì realizzando qualcosa che la gente voleva. Non furono necessari sussidi governativi, non fu annunciata alcuna “transizione industriale”, non furono concesse sovvenzioni, nessuna agevolazione fiscale, nessun programma per installare stazioni di rifornimento in tutta la nazione. Ford vendette le sue auto con un profitto e aumentò i salari dei suoi lavoratori, in denaro reale. Se Ford voleva fare più soldi, doveva produrre più auto... auto migliori... e renderle più efficienti; è così che funziona un'economia capitalista onesta. Si ottiene dando, non prendendo. 

E oggi, sì, ci sono ancora alcuni capitalisti veri in giro. Elon Musk, per esempio, che si dice “dorma sul pavimento della fabbrica” ​​di tanto in tanto, e James Dyson, il quale supervisiona personalmente lo sviluppo e la produzione di asciugacapelli, aspirapolvere, ecc. Tuttavia la maggior parte dei potenziali miliardari non è attratta dall'economia reale delle cose, ma dalle fantasie finanziarizzate di Wall Street. Creano hedge fund, o investono nel capitale di rischio, o fanno fusioni e acquisizioni; i loro cuori possono essere fuligginosi, ma le loro mani sono pulite. Perché Wall Street? Perché è lì che si trova il nuovo denaro basato sul credito. Ai tempi di Henry Ford il credito derivava dai risparmi e questi ultimi derivavano dal lavoro. I soldi bisognava guadagnarseli, creando più PIL reale, prima di poterli risparmiare. Non si potevano creare nuovi risparmi “dal nulla”, perché, in definitiva, bisognava fare i conti con l'oro. Ma tutto questo è cambiato nel 1971. Oggi le grandi banche prendono in prestito denaro tramite il credito delle banche centrali, spesso al di sotto del livello d'inflazione dei prezzi al consumo.

Il nuovo sistema monetario si basa su un'illusione: che il “credito” sia altrettanto valido dei vecchi risparmi. Ciò ha portato a un'altra illusione, ancora più pericolosa, che le banche centrali possano aumentare la quantità di credito disponibile quando vogliono e che siano esse, piuttosto che acquirenti e venditori, a determinare i tassi d'interesse. Naturalmente i tassi tendono a scendere artificialmente in questo ambiente: è così che si fanno soldi in un sistema monetario fasullo, ovvero si prende in prestito a poco, si scommette sugli “asset finanziari” e, in base ai valori gonfiati delle proprie attività collaterali, si è in grado di prendere in prestito ancora di più. Il credito scoperto e i tassi d'interesse artificialmente bassi hanno reso possibile acquistare cose che in realtà non contribuivano alla ricchezza della nazione. Ogni centesimo del debito pubblico, ad esempio, è stato registrato nel PIL, ma come le bombe naziste o il sapone sovietico la maggior parte di ciò ha finanziato una realtà fasulla, senza valore o transitoria.

Il credito scoperto ha reso possibile a consumatori e aziende di acquistare cose di cui non avevano realmente bisogno con denaro che in realtà non avevano.

Il panettone comprato lo scorso Natale e poi comparso nelle spese da saldare della carta di credito, era reale. È stato consumato, goduto. Era “fittizio”? No, ma l'aumento del PIL che ha generato era solo metà della storia. Ciò che il credito dà, il rimborso, l'inadempienza o l'inflazione deve togliere. Quando il conto viene finalmente pagato, il PIL dovrebbe essere ridotto di una quantità equivalente (poiché il denaro viene sottratto all'economia dei consumatori per rimborsare il prestito), quindi finché il debito cresce (con conti non pagati) otteniamo un falso senso di PIL reale.

Immaginate di comprare l'auto del vostro vicino. Il PIL salirebbe, ma supponiamo che in seguito vorreste restituirla e riavere indietro i soldi. Dal punto di vista economico è stato un viaggio di andata e ritorno verso il nulla. Nessun aumento reale della produzione. Il PIL registrala vendita come un qualcosa di positivo... ma non il rimborso come un qualcosa di negativo. In altre parole il PIL riflette solo metà della transazione! 

Ora immaginate di prendere in prestito i soldi per acquistare l'auto e di volerla tenere. Il PIL mostrerebbe un guadagno “fittizio” e sarebbe tale perché c'è una riduzione uguale e opposta della produzione ancora non registrata. Il debito totale rappresenta aumenti della produzione che non sono ancora stati pagati. Quanto di questo è PIL fasullo? Impossibile dirlo.


PANDEMONIO CONSAPEVOLE

Questi fattori sono ben noti anche ai pianificatori centrali e vengono utilizzati nei periodi di transizione in cui perdono il controllo e hanno bisogno che gli attori di mercato seguano il loro copione. È una questione di fiducia, la quale è andata persa definitivamente nel 2008. Le banche centrali sono degli illusionisti: il braccio armato delle banche deboli per costringere quelle forti a finanziarle. Sono sostanzialmente prive di un qualsiasi potere significativo. Come degli illusionisti danno l'idea di averlo, ma nessuno guarda le loro mani e riesce a seguire il trucco a velocità normale. La velocità ve l'ho rallentata io nel precedente articolo che ho scritto: prestiti al settore privato al palo. Come si ricostruisce questa fiducia? Powell e la FED hanno un piano: ridare prevedibilità all'economia statunitense. Come? Normalizzando la curva dei rendimenti. In questo modo si rende relativamente più sicuro addentrarsi nel mondo dei derivati, soprattutto quelli legati agli swap sui tassi d'interesse e sulle valute. Ora che la Yellen non può più usare il Ministero del Tesoro per fare un QE tramite le scadenze a breve termine e facilitare il compito dei player esteri (leggi Londra e Bruxelles) di vendere il dollaro, quest'ultimo continuerà a salire di prezzo ed esercitare pressione sulle altre divise.

Il gioco della BoE e della BCE per restare a galla, usare la loro stampante monetaria per comprare bond americani, vendere dollari e mantenere soppressi i differenziali di rendimento tra la scadenze obbligazionarie, è in sofferenza: nel processo stanno sacrificando euro e sterlina.

Uno dei motivi per il ciclo di rialzo dei tassi inaugurato dalla FED è stato quello di rendere sempre più difficile finanziare una guerra col portafoglio degli Stati Uniti. E questo non sarebbe stato possibile senza l'approvazione del SOFR, ma questa storia la potete trovare nel dettaglio nel mio ultimo libro, Il Grande Default. Adesso chi vuole la guerra deve finanziarsela da solo, come sta dimostrando il governo inglese. Adesso chi vuole uno stato sociale invasivo e ipertrofico deve finanziarselo da solo, come ha affermato Rutte di recente. Niente più leva finanziaria sconsiderata nel mercato dell'eurodollaro. Nemmeno Trump, di per sé, vuole un dollaro a basso costo, ma deve ingoiare il rospo per portare al tavolo delle trattative la cricca di Davos. Quest'ultima è stata in carica della presidenza degli Stati Uniti, soprattutto negli ultimi 4 anni, e farà letteralmente di tutto per impantanare gli USA in qualche guaio militare in Medio Oriente o in Europa orientale affinché il rubinetto fiscale dello zio Sam non venga chiuso.

Il tentativo fallito di colpo di stato in Corea del Sud (indovinate chi “ha inventato” la legge marziale...), il colpo di stato in Romania, l'abbattimento della democrazia in Moldavia, la rivoluzione colorata in Georgia, la balcanizzazione della Siria, sono tutti tasselli che si inseriscono nella narrativa di una cricca di Davos che le sta provando tutte per ripristinare la propria autorità e visione del mondo. Siamo entrati in un territorio pericoloso in Europa e in Inghilterra: la sostituzione dello stato di diritto con l'arbitrio volubile della classe dirigente. In uno stato di diritto tutti hanno accesso alle regole e sono chiare per tutti, nonché valide per tutti; in un ambiente in cui l'arbitrio è ad appannaggio della classe dirigente, nessuno sa quale siano le regole e cambiano in base alle circostanze. È così che si possono annullare elezioni legittime in Romania senza prove a supporto di reali interferenze esterne (presenti a quanto pare nelle presidenziali, ma magicamente assenti nelle parlamentari), oppure ignorare istituzioni come l'OSCE che hanno legittimato le elezioni in Georgia e alimentare sedizioni di piazza per ribaltare regolari esiti elettorali.

La cricca di Davos e i neoconservatori inglesi sanno benissimo che se non conservano la loro presunta infallibilità e ascendente, saranno relegati all'oblio geopolitico (come minimo) per i prossimi dieci anni. Come ho scritto anche nel mio ultimo libro, Il Grande Default, ci sarà un evento del genere, ma per chi sarà?

Tutti gli occhi sono puntati sulle elezioni in Germania adesso.


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martedì 24 dicembre 2024

La Cina ammette di avere enormi debiti ombra, un grattacapo per l’UE e il Regno Unito e per i loro rating di credito

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Bob Lyddon

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-cina-ammette-di-avere-enormi-debiti)

Il pacchetto di stimolo per l'economia cinese, preannunciato dalla Banca Popolare Cinese a fine settembre, ha deluso per dimensioni e dettagli, ma ha ottenuto qualcosa per cui i governi dell'UE e del Regno Unito non ringrazieranno: ha attirato l'attenzione sulla portata del debito pubblico “ombra” della Cina e sulla loro reale intenzione di ridurlo. L'UE e il Regno Unito hanno in programma di aumentare il debito ombra per pagare la “transizione verde” e sperano che le agenzie di rating non notino l'escalation dell'onere del servizio del debito, per quanto ben avvolto in schemi finanziari innovativi.


La nuova misura e quanto già annunciato

Il nostro articolo precedente quantificava il pacchetto di stimolo a circa l'1% del PIL cinese.

Gli investitori attendevano il Congresso nazionale del popolo nella settimana del 4 novembre  per ulteriori spiegazioni, o per l'ampliamento di queste proposte, o per nuove proposte, o per tutte e tre le cose. Alla fine non c'è stato nulla di nuovo, tranne una misura da 10.000 miliardi di yuan ($1.400 miliardi) per fare ciò che China File ha descritto come “finanziamento dei governi locali in modo che ripuliscano gli arretrati tra pagamenti ai dipendenti pubblici e alle aziende locali”.

Reuters ha spiegato il contesto: “Gli enti locali, di fronte a un debito elevato e a entrate in calo, hanno tagliato gli stipendi dei dipendenti pubblici e accumulato debiti con le aziende del settore privato”.


Nuova misura per saldare i debiti con le aziende del settore privato

La misura da 10.000 miliardi di yuan, pari al 7,9% del PIL, aumenta la capacità di indebitamento degli enti locali di 6.000 miliardi di yuan per il 2025-2027 e indirizza i restanti 4.000 miliardi di yuan in prestiti già approvati per il 2024-2028.

Tutti i 10.000 miliardi di yuan saranno utilizzati per pagare i debiti nei cosiddetti Local Government Financing Vehicles, o LGFV. Questi debiti sono oneri non pagati e dovuti dai governi locali al settore privato e sono stati raccolti in questi LGFV, la cui identità legale è confusa, nonostante abbiano un nome ufficiale che conferisce loro un'apparenza di sostanza. Non è passato denaro contante per gli oneri da registrare sotto forma di un LGFV: il denaro contante passerà solo quando gli oneri saranno pagati, il che avverrà entro la fine del 2028.

Un LGFV non è altro che un'estensione del libro mastro dei conti da pagare dell'ente governativo locale, ma non è supportato da processi sufficientemente solidi da far sì che l'FMI e le autorità cinesi concordino sul saldo: la quantificazione accurata è uno dei problemi del debito ombra.


Analisi dell'FMI sul debito pubblico cinese

La misura da 10.000 miliardi di yuan comporterà un aumento del debito esplicito degli enti locali, e per estensione quello del debito pubblico cinese, e una diminuzione uguale e opposta nei vari strati degli LGFV.

L'FMI ha di recente pubblicato questo grafico in cui sono rappresentati i diversi livelli di indebitamento del settore pubblico cinese:

Il debito del governo centrale è modesto rispetto agli standard occidentali. L'indebitamento diretto da parte di enti governativi locali, controllati e mantenuti bassi nel Regno Unito, è grande quanto il debito del governo centrale. Il debito LGFV si aggiunge a questi numeri e poi esiste un nebuloso strato aggiuntivo di circa il 10% del PIL attuale (vale a dire circa $1.800 miliardi ora, in espansione entro il 2030 a circa $4.000 miliardi). Il risultato è un rapporto debito/PIL attuale di circa il 125%, che secondo le proiezioni dell'FMI salirà al 150% nel 2029.


Debito degli enti locali prima e dopo l'intervento

Il debito esplicito dei governi locali prima dell'intervento era di circa 30.000 miliardi di yuan, ovvero $4.200 miliardi. Il debito LGFV è stimato dall'FMI a 60.000 miliardi di yuan ($8.400 miliardi), ovvero il 47% del PIL cinese da $17.795 miliardi.

Si tratta del 400% della cifra per il debito LGFV che le autorità di Pechino hanno segnalato. Il ministro delle Finanze, Lan Foan, ha quantificato il debito LGFV in 14.300 miliardi di yuan ($2.000 miliardi) e vuole ridurlo a 2.300 miliardi di yuan ($321 miliardi) entro il 2028.

Tuttavia, se i dati dell'FMI sono corretti, la misura annunciata ridurrà il debito dagli attuali 60.000 miliardi di yuan a 50.000 miliardi di yuan entro il 2028, ovvero a $7.000 miliardi, o al 39% del PIL odierno.


Il riconoscimento dell’esistenza del debito ombra è un duro colpo per l’UE e il Regno Unito

È confortante che un Paese importante ammetta l'esistenza di un debito pubblico ombra. Questo non piacerà all'UE o al Regno Unito, però. Né piacerà l'estrema differenza tra le cifre fornite a riguardo dall'FMI e dalle autorità cinesi.

Anche gli stati membri dell’UE hanno un debito ombra a livello di entità sovranazionali e a livello di entità del settore pubblico e di regimi fuori bilancio degli stati membri.

Alla fine del 2021 Eurostat ha registrato il debito nazionale aggregato dell'UE (il “debito lordo delle amministrazioni pubbliche” di tutti gli stati membri) a €13.000 miliardi, pari al 90% del PIL dell'UE. La cifra effettiva del debito pubblico dell'UE, incluso il debito ombra, era più vicina ai €19.000 miliardi, ovvero il 134% del PIL dell'UE. Includendo anche le passività potenziali del settore pubblico, la passività totale sale a quasi €23.200 miliardi, ovvero il 160% del PIL.

I debiti mancanti includono quelli dell'UE stessa, come il Fondo di recupero per il Coronavirus da €750 miliardi e debiti in programmi sostenuti dal settore pubblico come InvestEU. Le passività potenziali includono garanzie dietro entità sovranazionali come la Banca europea per gli investimenti e il Fondo europeo per la stabilità finanziaria.

Le cifre pubblicate dal Regno Unito sono più complete e le sue passività nei confronti delle entità sovranazionali dell'UE è diventata limitata. Non ha, a differenza dell'UE, una serie di entità del settore pubblico con i propri poteri di prestito il cui servizio del debito deve essere attinto allo stesso pozzo. Ciò che ha è uno schema fuori bilancio chiamato Private Finance Initiative o PFI, risalente agli anni del New Labour nel periodo 1997-2010, in base al quale una spesa in conto capitale di £50 miliardi ha prodotto un debito ombra da £278 miliardi e sarà estinto entro il 2053.


L'unica via è verso l'alto (per il debito) e verso il basso (per i rating creditizi)

L'esistenza di questi debiti ombra dovrebbe costare almeno due declassamenti di rating per tutta la Cina, gli stati membri dell'UE, tutte le entità sovranazionali dell'UE e il Regno Unito. Ma le agenzie di rating sembrano essere beatamente ignare dell'esistenza di questi debiti extra e del loro impatto sui rapporti debito/PIL.

Questa situazione non può certamente continuare, poiché la “decarbonizzazione” e la “transizione verde” stanno facendo ampio uso di schemi fuori bilancio: InvestEU all'interno dell'UE, il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile al di fuori dell'UE e gli “investimenti in infrastrutture critiche” di Rachel Reeves per i quali intende sfruttare (ovvero saccheggiare) i sistemi pensionistici del Regno Unito.


Riepilogo

La Cina ha ammesso l'esistenza di debiti ombra considerevoli, poi ha permesso che circolassero quantificazioni delle loro dimensioni che differivano tra loro di un fattore del 400%.

Ciò richiama l'attenzione su un problema fondamentale dei debiti ombra: quantificarne l'entità e l'impatto.

Dare così tanta visibilità alla questione non fa alcun favore all'UE e al Regno Unito, poiché i debiti ombra alimentano le statistiche economiche illusorie dell'Europa: i rapporti debito/PIL sono molto peggiori di quanto appaiano, perché i debiti ombra vengono trascurati.

Questa disconnessione sostiene rating di credito pubblico gonfiati per l'Europa, cosa che richiede un declassamento generalizzato di due livelli come primo passo nel processo di ancoraggio all'onere del debito complessivo e alla capacità di ripagamento per far fronte a tale onere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 23 dicembre 2024

Provoked: la lunga serie di abusi che hanno portato alla guerra in Ucraina

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Carus Michaelangelo

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/provoked-la-lunga-serie-di-abusi)

Una volpe sa molte cose, ma un riccio ne sa una davvero grande”. Scott Horton è il riccio della politica estera nel circolo del movimento per la libertà, il quale si sforza di convincere il popolo americano di una verità critica: la follia della guerra. Ma in questa stessa sfera Horton è anche una volpe e tesse una conoscenza enciclopedica di vari conflitti in un elaborato e convincente arazzo che accusa élite, intellettuali, il complesso militare-industriale e, con il suo caratteristico vetriolo, i neoconservatori, i quali hanno spinto gli Stati Uniti verso guerre inutili.

Provoked: How Washington Started the New Cold War with Russia and the Catastrophe in Ukraine si adatta perfettamente a questo schema, non perché Horton distorca i fatti in una narrazione preconcetta ma perché sono spesso le stesse persone che spingono un conflitto dopo l'altro e ricorrono allo stesso, logoro manuale. Il tomo di Horton è avvincente, dall'inizio alla fine. Oggi mi concentrerò sui primi anni della Guerra Fredda, poiché questa parte della storia è spesso trascurata nei dibattiti contemporanei sulle origini della guerra in Ucraina.

Con la fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell'URSS, gli USA si trovarono di fronte a una crisi: a cosa serviva l'alleanza militare NATO senza più il nemico sovietico contro cui schierarsi? Più in generale, quale grande strategia avrebbero dovuto adottare gli USA ora che contenere il comunismo era obsoleto? Per i neoconservatori, la cui risposta dopo la Guerra Fredda fu un'egemonia globale benevola, la soluzione era adattare la NATO: assorbire gradualmente più nazioni europee, lasciando la Russia contenuta e accerchiata, in una posizione persino peggiore rispetto alla Guerra Fredda. La NATO doveva espandere la sua missione per mantenere la pace europea ed espandere la democrazia occidentale.

Da George H. W. Bush a oggi, il resoconto meticolosamente compilato da Horton dimostra che gli USA e altri leader occidentali hanno comunicato ai leader e ai funzionari russi che la NATO non si sarebbe espansa a Est e avrebbe persino consentito l'adesione della Russia alla NATO. Vari sforzi come il Partenariato per la Pace e l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa sono stati promossi per alimentare questa impressione che la Russia sarebbe stata inclusa negli affari, nelle alleanze e nelle istituzioni europee, piuttosto che formare un allineamento contro di essa. I leader statunitensi e occidentali hanno assunto posizioni praticamente opposte internamente, con il risultato che i russi sono stati deliberatamente tratti in inganno. Ciò a cui abbiamo assistito è, in termini con cui gli americani hanno familiarità, “una lunga serie di abusi e usurpazioni che hanno seguito invariabilmente lo stesso Obiettivo".

Tutto cominciò con George H. W. Bush che promise a Mikhail Gorbachev, dopo la caduta del Muro di Berlino e mentre l'Unione Sovietica precipitava, che gli USA non avrebbero approfittato della situazione. Ciò si rifletteva anche in una risoluzione della NATO del 7 giugno 1991. Bush e i suoi consiglieri promisero che la NATO non si sarebbe espansa se l'Unione Sovietica si fosse ritirata e avesse consentito la riunificazione tedesca. L'accordo del 1990 specificava solo che gli USA non avrebbero schierato truppe nella Germania dell'Est, una sfumatura che i falchi in Russia sfruttarono per sostenere che non c'era alcuna promessa di non espandere la NATO. Horton si pone la seguente domanda retorica: che senso avrebbe avuto per l'Unione Sovietica estorcere una promessa di non schierare truppe nella Germania dell'Est, se gli USA avessero avuto mano libera per portare il resto dell'Europa orientale in un'alleanza militare? Questo accordo aveva senso solo sullo sfondo di un accordo di non espandere la NATO.

I peccati degli anni Clinton erano legione. Nei primi anni '90 gli Stati Uniti inviarono economisti dell'Harvard Institute of International Development in Russia per attuare quella che venne chiamata una politica economica di “terapia d'urto”. Era così mal progettata ed ebbe risultati talmente scarsi che molti russi pensarono che dovesse essere deliberata. Non sorprende che anche ciò non abbia spinto i russi a vedere l'Occidente favorevolmente. Per tutto quel decennio Clinton e i suoi consiglieri offrirono in modo ingannevole alla Russia la promessa che sarebbe stato perseguito un processo di “Partenariato per la pace” piuttosto che l'espansione della NATO, e che quest'ultima avrebbe perso il suo carattere militare, il tutto pianificando di espanderla in modo subdolo.

L'amministrazione Clinton fu pesantemente coinvolta nelle guerre nei Balcani di Bosnia e Kosovo, la cui connotazione era tutt'altro che “umanitaria”. Il risultato per la Bosnia fu che la NATO si dimostrò capace di portare a termine una nuova missione, mentre gli USA si consolidarono alla guida degli affari europei, ognuno dei quali era necessario per la successiva espansione della NATO. Il Kosovo consolidò ulteriormente il nuovo ruolo della NATO nel continente, intervenendo persino nelle guerre civili, mentre la campagna di bombardamenti contro la Serbia convinse i russi che gli USA erano una grande potenza aggressiva e spietata, e che avrebbe violato le regole internazionali quando gli faceva comodo. Gli USA si impegnarono in questa guerra aggressiva, in violazione della Carta delle Nazioni Unite, senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (di cui faceva parte la Russia). Tanti saluti all'ordine internazionale basato sulle regole. La frequente revisione delle regole da parte degli USA era una lamentela della Russia, anche durante la guerra in Iraq.

Inoltre quando la Russia entrò in guerra contro la Cecenia separatista, la CIA e gli alleati degli Stati Uniti sostennero i ribelli ceceni e i combattenti mujaheddin separatisti che combattevano dalla parte della Cecenia con l'obiettivo di interrompere un oleodotto russo. Anche questo evento è stato citato da Putin quando ha invaso l'Ucraina (come se tutto ciò non bastasse, Horton mostra come l'amministrazione Clinton sostenne i terroristi di bin Laden nelle guerre nei Balcani e in Cecenia; infatti più della metà dei dirottatori dell'11 settembre erano coinvolti in quelle guerre).

L'ascesa di Putin è stata essa stessa una conseguenza degli interventi clintoniani degli anni Novanta: dalla politica economica della “terapia d'urto”, all'aiuto a Eltsin per la rielezione nel 1996, al Kosovo e alla Cecenia. Come sottolinea Horton, Putin ha invocato il precedente del Kosovo per “proteggere” una minoranza etnica e giustificare l'invasione dell'Ucraina. In un esempio della guerra del Kosovo, Horton ha raccontato di come l'amministrazione Clinton ordinò il bombardamento di una stazione televisiva serba. Queste azioni influenzano ancora oggi i pensieri di Putin sull'Occidente: il suo attacco a una torre televisiva a Kiev nel febbraio 2022 ha riportato alla mente quel conflitto.

Il NATO-Russia Founding Act del maggio 1997 fu un'altra pietra miliare nella doppiezza di standard degli Stati Uniti nei confronti della Russia. Garantiva che la NATO non avrebbe schierato armi nucleari o “ingenti” truppe nei territori delle nuove nazioni NATO. È importante notare che l'amministrazione Clinton indusse la Russia a credere che il Founding Act avrebbe dato alla Russia un ruolo autentico nelle deliberazioni della NATO, sebbene non avrebbe avuto voce in capitolo all'interno dell'alleanza stessa; infatti, stando alle parole del consigliere di Clinton, Strobe Talbott, il punto di vista degli Stati Uniti era che “tutto ciò che promettiamo loro sono riunioni mensili”.

L'amministrazione Clinton diede in pasto alla Russia solo bugie: la missione della NATO stava diventando politica piuttosto che militare. Venne persino detto che la porta era aperta alla possibilità che la Russia sarebbe entrata nella NATO, ma Horton dimostra che non c'era alcuna intenzione di fare nulla di tutto ciò. A peggiorare le cose nel luglio 1997 la NATO e l'Ucraina firmarono un accordo che avrebbe previsto l'addestramento dell'esercito ucraino e migliorato la loro interoperabilità con la NATO; nell'agosto 1997 venne pianificata un'esercitazione militare che coinvolse diversi ex-stati del Patto di Varsavia e repubbliche sovietiche per simulare l'intervento militare degli Stati Uniti in un conflitto etnico in Crimea.

E non era tutto. Gli USA cercarono di escludere la Russia dal petrolio del bacino del Caspio rifiutandosi di far passare un oleodotto dall'Azerbaijan attraverso la Russia, spingendolo invece verso una rotta occidentale attraverso la Turchia. Gli USA sostennero anche il raggruppamento GUAM (Georgia, Ucraina, Azerbaijan e Moldavia) per “accelerare l'integrazione europea ed escludere l'influenza della Russia dal Caucaso meridionale”, come racconta Horton, a cui la Russia si oppose fortemente definendolo un “Asse del male” nel 2005. Nel 1999 l'amministrazione Clinton violò anche il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa siglato da Bush e Gorbachev, sostenendo che le “basi militari permanenti degli USA in Bulgaria e Romania” erano in realtà solo temporanee.

La fine degli anni Clinton diede inizio a un'ondata di “rivoluzioni colorate” nel cortile di casa della Russia. La cosa fondamentale di queste “rivoluzioni” era una: ampiamente finanziate e supportate da governi stranieri o ONG, come i gruppi di George Soros. Invece di rovesciare direttamente o segretamente un sistema esistente, queste organizzazioni operano “alla luce del sole”, il che significa che evitano di sostenere specifici candidati, poiché ciò sarebbe illegale, e invece finanziano e assistono gruppi che promuovono sforzi più generici e non partigiani come la “democrazia”. Le loro attività sono orientate ad “avvantaggiare [...] un certo candidato o un certo partito”. Una tattica preferita è quella di usare la “tabulazione parallela dei voti” o gli exit poll, utilizzati per contestare i risultati ufficiali delle elezioni. La disputa in genere si riversa in manifestazioni di piazza con l'obiettivo di estromettere il presunto vincitore.

Le “rivoluzioni” iniziarono in Serbia nel 2000 con l'estromissione della bestia nera di Clinton, Slobodan Milošević. Come commenta Horton, quell'evento culminò col “saccheggio e incendio dell'edificio del parlamento [serbo] in quella che potremmo edfinire una violenta insurrezione orchestrata dagli americani”. Nei decenni successivi numerosi altri stati sarebbero stati presi di mira per rivoluzioni colorate dagli Stati Uniti e dai loro alleati nelle ONG sostenuti da Soros.

Quanto descritto finora scalfisce solamente la superficie delle provocazioni post-Guerra Fredda nei confronti della Russia che Horton documenta, per non parlare delle follie e delle malefatte avvenute durante la presidenza di George W. Bush e in seguito. Horton sostiene in modo convincente che gli Stati Uniti hanno provocato la Russia nel corso di tre decenni, sapendo che quest'ultima avrebbe risposto con ostilità all'espansione della NATO. Ciononostante i leader e i funzionari degli Stati Uniti hanno continuato, realizzando i loro sogni più sfrenati di espansione della NATO e puntando a quello che è sempre stato il gioiello della corona: l'Ucraina. Non doveva andare così, ma il tempo stringe. Contro ogni aspettativa razionale l'amministrazione Biden è riuscita a raggiungere nuove vette di assurdità nella sua politica di escalation contro la Russia, spuntando una casella sul pericoloso piano di “pace” in cinque punti di Zelensky. Questa guerra non finirà tanto presto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 20 dicembre 2024

La mano di Obama sull'insabbiamento dei fatti in Ucraina

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://fsimoncelli.substack.com/p/la-mano-di-obama-sullinsabbiamento)

La settimana scorsa abbiamo scritto del ruolo centrale che Obama ha avuto nel creare la bufala del Russiagate. Oggi daremo un'occhiata più da vicino al motivo per cui Obama era coinvolto: cosa lo ha spinto a promuovere una bufala che era stata messa in atto dalla campagna della Clinton?

Molti sono a conoscenza degli intrighi di Biden in Ucraina, ma la maggior parte ignora il coinvolgimento implicito di Obama. Da qualche tempo ormai la nostra ipotesi di lavoro è che il Russiagate abbia avuto origine, almeno in parte, come risultato di ciò che Joe Biden stava facendo in Ucraina, e come risultato della conoscenza da parte di Obama delle sue azioni.

Ricordiamo che il coinvolgimento di Biden in Ucraina risale almeno all'inizio del 2014, quando fu coinvolto nel rovesciamento delle elezioni democratiche in Ucraina da parte degli Stati Uniti tramite Victoria Nuland, assistente segretario per gli affari europei ed eurasiatici al Dipartimento di Stato durante la presidenza Obama.

Nel novembre 2013 il presidente ucraino Yanukovych rifiutò un accordo commerciale sostenuto dagli Stati Uniti con l'Unione Europea in favore di un salvataggio di emergenza da parte della Russia, una decisione comprensibile dal punto di vista dell'Ucraina, ma che la Nuland e i suoi colleghi al Dipartimento di Stato trovarono profondamente sconvolgente.

Quando l'Unione Europea seguì la via diplomatica per risolvere l'impasse proponendo un accordo di condivisione del potere, la Nuland si affrettò a porre il veto all'idea, dicendo durante una telefonata trapelata, “[imprecazione] l'UE”. In quella stessa telefonata la Nuland discusse i suoi piani per la cacciata di Yanukovych e l'insediamento del leader dell'opposizione, Arseniy Yatsenyuk, come primo ministro.

Verso la fine della conversazione, la Nuland fece notare che il consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, l'aveva informata che “hai bisogno di Biden”, e concluse dicendo che “Biden è disponibile”.

Biden venne effettivamente nominato uomo di punta dell'amministrazione Obama in Ucraina nel febbraio 2014. Il 22 febbraio di quell'anno, proprio come aveva pianificato la Nuland, Yanukovych fu rimosso dalla carica di presidente dell'Ucraina e, tre giorni dopo, Yatsenyuk, il candidato favorito dalla Nuland, fu nominato primo ministro.

In altre parole, il governo degli Stati Uniti permise un colpo di stato che estromise un leader eletto democraticamente e lo sostituì con un proprio candidato. La cacciata di Yanukovich guidata dagli Stati Uniti ebbe anche altre ripercussioni interne, in particolare lo scoppio di una guerra civile di otto anni tra l'Ucraina occidentale e la regione di lingua russa del Donbass.

L'idea che tutto questo avrebbe potuto essere fatto senza l'approvazione diretta di Obama è ovviamente ridicola.

Uno dei membri del governo di Yanukovych che perse la sua posizione nel governo a seguito del colpo di stato fu Mykola Zlochevsky, l'oligarca proprietario di Burisma Energy. Aveva prima ricoperto il ruolo di ministro dell'ecologia e delle risorse naturali e poi quello di vicesegretario per la sicurezza economica e sociale. Durante il suo mandato al governo, le aziende di Zlochevsky, in particolare Burisma, ricevettero un numero insolitamente elevato di permessi per estrarre petrolio e gas.

Nell'aprile 2014 i procuratori del Regno Unito sequestrarono $23,5 milioni in beni di proprietà di Zlochevsky, detenuti presso una banca di Londra, sostenendo che egli avesse commesso condotte criminali in Ucraina. Fu in questo stesso periodo che Burisma nominò il figlio di Biden, Hunter, e il suo stretto collaboratore, Devin Archer, nel proprio consiglio di amministrazione.

Il 21 aprile 2014 Joe Biden si recò in Ucraina, offrendo non solo il suo sostegno politico, ma anche $50 milioni in aiuti al nuovo governo traballante dell'Ucraina. Durante la visita di Joe in Ucraina, il 22 aprile, venne annunciato che Archer era improvvisamente entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Burisma.

Nello stesso mese anche Hunter entrò a far parte del consiglio di amministrazione di Burisma , ma curiosamente quest'ultima non annunciò la sua nomina fino al 12 maggio 2014, dopo la conclusione della visita del padre in Ucraina.

Molti hanno descritto il coinvolgimento di Hunter come un semplice mezzo per estorcere ingenti compensi al consiglio di amministrazione di Burisma per la sua semplice associazione con la famiglia Biden. Sebbene ciò possa essere verosimile, sospettiamo anche che c'era in gioco qualcosa di più grande: il gas naturale dell'Ucraina.

In una proposta del 23 giugno 2014 di Boies Schiller, lo studio legale che impiegava Hunter, a Burisma venne dato quello che lo stesso Schiller definì uno “Strategic Outline for Legal Defense Plan”. La loro proposta affermava di voler “isolare Burisma da interruzioni delle operazioni motivate politicamente, comprese le contestazioni alle licenze, ora e in futuro”.

La proposta di Boies Schiller si riferiva alle licenze per il gas naturale accumulate illegalmente da Zlochevsky durante il suo mandato nel governo ucraino.

Come parte di questa strategia, Boies voleva “incontrare quei funzionari a Washington, DC che guidano la politica statunitense relativa all'Ucraina per informarli su chi è Burisma, la sua importanza per il futuro dell'Ucraina e chiedere il loro consiglio/assistenza”.

La proposta diceva che “stiamo avviando il processo di creazione di una camera di risonanza di funzionari statunitensi che discutono di Burisma tra di loro e, incoraggiandosi a vicenda, incotnrano i vertici di Burisma”. Boies scrisse nella sua proposta di aver già parlato con un certo numero di membri del Congresso e il loro staff, tra cui il senatore Chris Murphy e il suo capo dello staff.

Anche Amos Hochstein, inviato speciale di Obama per l'energia internazionale negli Stati Uniti, fu menzionato nella proposta di Boies, potenziale protagonista di un incontro tra lui e il CFO di Burisma, Vadym Pozharskyi. L'incontro non ebbe luogo, sebbene Hochstein avesse incontrato il lobbista di Burisma, David Leiter, e la partner legale di Boies, Heather King.

Nel frattempo gli sforzi di Hunter continuavano. In un'e-mail del novembre 2014 Hunter disse al suo storico uomo d'affari, Eric Schwerin, di “inviare le informazioni di contatto di D Amos [...]. Amos è un 'Inviato speciale facente funzione al Bureau of Energy Resources' presso il Dipartimento di Stato”.

Ciò che è chiaro da questi documenti è che Hunter e Archer stavano lavorando per ottenere un sostegno politico di alto livello per Burisma da membri del Congresso e funzionari dell'amministrazione Obama in un momento in cui era chiaro che Burisma era gestita da un oligarca ucraino corrotto. E quel sostegno sembrava essere incentrato sulla protezione del gas naturale di Burisma.

Abbiamo scritto diverse volte sugli sforzi di Joe Biden per far rimuovere il procuratore ucraino Viktor Shokin, quindi non ripeteremo qui l'intera storia. Ma vale la pena ricordare che potrebbe essere stato proprio intorno alla sequenza di eventi che hanno portato al licenziamento di Shokin che Obama potrebbe essersi allarmato.

Il livello di coinvolgimento dei funzionari di Obama non avrebbe fatto che accelerare nel 2015, dopo che i Biden furono ulteriormente coinvolti negli intrighi legali di Burisma, sotto inchiesta per il furto di gas naturale dell'Ucraina.

Il 2 novembre 2015, dopo aver ricevuto una nuova richiesta di aiuto da parte di Zlochevsky per porre fine alle indagini su Burisma, Hunter contattò immediatamente il già menzionato Hochstein. Hunter lo avrebbe incontrato di persona quattro giorni dopo, il 6 novembre 2015. Hochstein in seguito disse, con riluttanza (e in modo evasivo), agli investigatori del Congresso che Hunter “voleva conoscere le mie opinioni su Burisma e Zlochevsky”.

Nell'ottobre 2015 Hochstein, all'epoca ancora inviato speciale di Obama per l'energia internazionale, espresse privatamente a Joe Biden le sue preoccupazioni sul ruolo di Hunter presso Burisma e nuovamente durante un volo per l'Ucraina il 7 dicembre 2015.

Abbiamo menzionato Hochstein diverse volte per un motivo: fu nominato da Obama per “aiutare l'Ucraina e altri Paesi europei a trovare nuove forniture di gas naturale dopo che la Russia aveva invaso” la Crimea nel 2014. Hochstein “ha anche lavorato su questioni energetiche relative alle sanzioni contro l'Iran e la Russia” e “ha lavorato a stretto contatto con funzionari del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca e altre agenzie governative”.

Hochstein era l'uomo di punta di Obama sulla situazione energetica in Ucraina. Se Hochstein sapeva tutto quello che facevano i Biden, lo sapeva anche Obama.

Un'ulteriore prova di ciò viene da una serie di incontri tra i procuratori del National Anti-Corruption Bureau (NABU) dell'Ucraina, i funzionari del National Security Council di Obama, dell'FBI, del Dipartimento di Stato e del DOJ, avvenuti nel gennaio 2016. L'ambasciata ucraina a Washington ha successivamente “confermato che l'amministrazione Obama aveva richiesto gli incontri”.

A questi incontri del gennaio 2016 era presente Andrii Telizhenko, allora dipendente dell'ambasciata ucraina. Secondo quest'ultimo un tema ricorrente in queglii incontri era “quanto fosse importante che tutti i nostri sforzi anticorruzione fossero uniti”. Inoltre a Telizhenko fu detto che i funzionari statunitensi “avevano interesse a far rivivere un'indagine, ormai chiusa, sui pagamenti a personaggi statunitensi da parte del Partito delle Regioni ucraino sostenuto dalla Russia”.

L'attenzione dei funzionari statunitensi era rivolta al futuro Campaign Manager di Trump, Paul Manafort. Sappiamo che “gli agenti hanno intervistato Manafort nel 2014 per sapere se avesse ricevuto pagamenti non dichiarati” e “se avesse svolto attività improprie di lobbying in Ucraina”.

Secondo Telizhenko “i funzionari del Dipartimento di Giustizia hanno chiesto agli investigatori del NABU ucraino se potevano aiutarli a trovare nuove prove sui pagamenti del Partito delle Regioni e sui suoi rapporti con gli americani”. Paul Manafort sarebbe stato in seguito implicato nei pagamenti del Partito delle Regioni, il che avrebbe portato alla sua definitiva rimozione dalla campagna di Trump.

Nel gennaio 2016, proprio durante l'incontro del NABU con i funzionari di Obama, Alexandra Chalupa, che stava indagando sul lavoro di Manafort in Ucraina, informò un alto funzionario del DNC di ritenere che ci fosse un collegamento tra la Russia e la campagna di Trump.

Questo tema sarebbe stato ripreso dalla campagna della Clinton e dall'intelligence americana nell'estate del 2016. Chalupa disse anche al funzionario di aspettarsi il coinvolgimento di Manafort nella campagna di Trump; come lo sapesse in anticipo non è mai stato spiegato del tutto.

Il NABU fu fondato nell'ottobre 2014 con l'assistenza del governo degli Stati Uniti, spinto dal vicepresidente Joe Biden e da Victoria Nuland. A gennaio 2016 il direttore del NABU, Artem Sytnyk, annunciò che il suo ufficio era vicino alla firma di un Memorandum di cooperazione con l'FBI e che entro il 9 febbraio esso avrebbe avuto un rappresentante permanente in loco presso gli uffici del NABU.

Una settimana dopo l'insediamento del primo rappresentante dell'FBI presso il NABU, il 18 febbraio 2016 — mentre Joe Biden stava spingendo per la rimozione di Shokin — le autorità lettoni segnalarono una serie di transazioni finanziarie “sospette” collegate a Hunter Biden, Devon Archer e altri due individui sconosciuti coinvolti con Burisma.

Successivamente venne riportato che “tra il 2012 e il 2015 una serie di ripagamenti di prestiti, per un totale di circa $16,6 milioni, sono stati indirizzati da aziende in Belize e nel Regno Unito a Burisma tramite la PrivatBank ucraina”. I funzionari lettoni affermarono che una parte di questi fondi venne trasferita a Hunter, Devon e a due individui senza nome, uno dei quali era un cittadino statunitense.

Nonostante le richieste di assistenza un funzionario lettone affermò che il suo governo non ricevette prove penali dall'Ucraina e quindi non intraprese ulteriori azioni nell'ambito delle indagini. Ci sembra poco plausibile che l'FBI, con la sua presenza attiva negli uffici anticorruzione dell'Ucraina, non fosse a conoscenza di queste transazioni, insieme a tutto il resto che i Biden stavano facendo.

Dal punto di vista di Obama e Biden, questa situazione con le autorità lettoni doveva essere contenuta prima che potesse esplodere. Infatti Shokin affermò in seguito che erano quelle informazioni a “rendere impossibile” la chiusura della sua indagine su Burisma.

Una volta che Biden riuscì a far licenziare Shokin il 29 marzo 2016, si concentrò su un nuovo obiettivo e una nuova direttiva: trovare il sostituto appropriato. Nonostante la rimozione di Shokin, l'indagine Burisma era ancora tecnicamente aperta.

Il presidente ucraino, Petro Poroshenko, nominò Yuriy Sevruk come sostituto di Shokin lo stesso giorno del licenziamento di quest'ultimo. Nello stesso periodo Blue Star (assunta da Burisma su sollecitazione di Hunter) iniziò a esaminare attentamente Sevruk. Sembra che avesse deciso che quest'ultimo non era la persona giusta per concludere tutte le indagini su Burisma.

Lo sappiamo perché il 12 maggio 2016 l'ex-ministro degli Interni, Yuriy Lutsenko, fu improvvisamente nominato nuovo procuratore generale dell'Ucraina, in sostituzione di Sevruk. Il giorno dopo la nomina di Lutsenko, Biden approvò il finanziamento da $1 miliardo all'Ucraina che era stato originariamente previsto per il novembre 2014 durante una chiamata con Poroshenko.

Questo ritardo inspiegabile nei finanziamenti è importante, perché fin dall'inizio la Casa Bianca di Obama era profondamente coinvolta nel finanziamento dell'Ucraina. Sembra del tutto improbabile che Biden da solo avesse potuto ritardare $1 miliardo di finanziamenti che erano stati approvati dalla Casa Bianca sei mesi prima senza il consenso di Obama.

Il 27 maggio 2016 ci fu un'altra chiamata tra Biden e Poroshenko (Hunter fu inspiegabilmente inserito in copia conoscenza nell'email di pianificazione). Tre giorni dopo, il 30 maggio 2016, Lutsenko licenziò Sevruk. Ora c'era un team completamente nuovo presso l'ufficio del procuratore.

Non è una coincidenza che proprio quel giorno iniziarono i lavori preparatori per gli attacchi alla campagna di Trump. Nellie Ohr, moglie del funzionario del Dipartimento di Giustizia, Bruce Ohr, inviò un'e-mail al marito e ad altri tre funzionari del suo dipartimento rivelando l'esistenza della Black Box ucraina che fu poi usata per colpire Paul Manafort. Nessuno al di fuori dell'Ucraina era a conoscenza della Black Box, o Black Ledger, come è stata poi conosciuta.

Una volta che Biden ebbe finalmente sistemato la situazione del procuratore in Ucraina, dovette assicurarsi che le sue azioni restassero nascoste all'inchiesta pubblica. Tanto meno che qualsiasi indagine seria avrebbe potuto alla fine spostarsi verso Obama. Il che rese la campagna elettorale di Trump una minaccia chiara per Obama.

Obama e Biden non potevano permettersi che Trump curiosasse in Ucraina come nuovo presidente. Questo aiuta a spiegare l'improvviso attacco alla campagna elettorale di Trump nella tarda primavera del 2016, proprio mentre Biden dava gli ultimi ritocchi al licenziamento di Shokin; questo spiega anche l'esplosione di attacchi contro Trump una volta presidente.

Mentre ci addentravamo ulteriormente nella prima presidenza di Trump, ciò spiega anche la feroce risposta del DNC quando Trump iniziò a fare domande sulle azioni di Biden in Ucraina. Se gli fosse stato permesso di continuare, avrebbe scoperto tutte le malefatte di Biden, la supervisione di Obama e forse anche altre malefatte di altri membri dell'establishment di Washington.

Tutto ruota attorno all'Ucraina... e a Obama.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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