giovedì 31 gennaio 2019

Perché l'oligarchia comunista della Cina è condannata





di Gary North


Il governo comunista ha abolito il limite a due termini della premiership.

Non penso che ciò farà alcuna differenza per il governo della Cina. Il termine permetteva ai vecchi politici comunisti, che in realtà sono burocrati a vita, di avere una qualche vaga speranza di conservare la carica se avessero evitato errori importanti. Questo è il motivo per cui sono uomini orientati al presente; non sono innovatori. Deng Xiaoping cambiò radicalmente la Cina quando liberalizzò l'agricoltura nel 1979, e nessun altro premier cinese successivo ha mai avuto così tanta influenza. Deng prese una decisione che avrebbe trasformato per sempre la Cina. Non si può tornare a ciò che era prima del 1979.

L'economia cinese è ora keynesiana, non comunista, ma il governo rimane ufficialmente comunista. Gli oligarchi mantengono il potere e conservano i privilegi secondo un'ideologia comunista. Il governo cinese sottoscrive quello che definisco il tardo comunismo, ovvero il comunismo di Breznev e delle nazioni comuniste satellite negli anni '70 e '80. Dopo le Olimpiadi del 1980, le quali lanciarono il movimento Solidarnosc in Polonia, l'ottimismo cominciò a svanire ai vertici dell'Unione Sovietica. Iniziò anche a svanire nelle nazioni satellite.

La Cina è un regime oligarchico. Ha un'ideologia ufficiale, ma questa ideologia non è applicata dove Karl Marx disse che doveva essere applicata, vale a dire, nel modo di produzione. Il modo di produzione in Cina è il capitale dello stato ed è finanziato dalla banca centrale cinese. I banchieri centrali cinesi sono keynesiani. Tutti i banchieri centrali sono keynesiani. L'ironia qui è che Keynes non prestò molta attenzione al settore bancario centrale. Credeva nella salvezza attraverso i deficit statali, non nella salvezza attraverso l'inflazione monetaria. Ma questo aspetto cambiò dopo la sua morte nel 1946. Dopo che il famoso libro di economia di Paul Samuelson apparve nel 1948, il keynesismo si mosse nella direzione che occupa oggi: salvezza attraverso deficit dello stato ed inflazione generata dalla banca centrale.



Il MODO DI PRODUZIONE

Se fossi un marxista, perderei ogni speranza nella leadership comunista in Cina. Marx disse che il modo di produzione è la base della società. L'ideologia è semplicemente una conseguenza del modo di produzione. Tutta la moralità è semplicemente una sovrastruttura costruita sopra la sottostruttura, ovvero, il modo di produzione. Credeva che tutta la moralità fosse morale di classe. La moralità non è autonoma, non ha legittimità indipendente; è semplicemente un modo che hanno gli oligarchi per sopprimere l'ascesa degli operai proletari. Marx era chiaro su questo argomento: non incriminò il capitalismo sulla base della moralità, ma sulla base del fatto che fosse orientato al passato. Era il risultato di un modo di produzione condannato a fallire. Inevitabilmente, scrisse Marx, la rivoluzione proletaria avrebbe rovesciato il sistema capitalista, perché il sistema capitalista contiene i semi della sua stessa distruzione. Il modo di produzione rafforzerà la classe proletaria, solo allora si ribellerà.

La rivolta ebbe luogo in Russia, che nel 1917 era più feudale che capitalista. Il potere politico è più in alto sulla lista degli obiettivi dei comunisti di quanto lo sia la coerenza ideologica. La Cina ne è la prova vivente.

Marx aveva torto in quasi tutto ciò che aveva previsto per il futuro, ma aveva ragione su questo: se il modo di produzione si basa su una certa visione del mondo, cioè su una teoria di causa ed effetto morale, diversa in linea di principio dai principi prevalenti nell'ordine politico del momento, allora quell'ordine politico sarebbe stato sostituito. Solo se gli oligarchi riescono a sopprimere il modo di produzione, che oggi è in grandissimo modo capitalista in tutto il mondo, saranno in grado di mantenere il potere. I migliori esempi sono la famiglia Kim in Corea del Nord e la famiglia Castro a Cuba. Hanno imposto la pianificazione centrale, e quindi la povertà, alla loro gente. Ciò ha limitato lo sviluppo dell'economia di libero mercato, che è un altro modo per dire che gli oligarchi hanno mantenuto il potere mantenendo il loro popolo povero.

È impossibile che gli oligarchi della Cina riusciranno ad invertire la produzione capitalista in Cina. L'economia cinese è inarrestabile a questo punto. La crescita economica è fondamentale per l'ordine sociale. Il capitalismo è molto più coerente con il confucianesimo della Cina di quanto lo sia il comunismo. Diverse centinaia di milioni di persone in Cina sono entrate a far parte della classe media e ciò è avvenuto solo grazie all'aumento del capitalismo di stato. Il capitalismo di stato, infatti, è un enorme passo in avanti rispetto al comunismo di Mao.

Gli oligarchi comunisti vivono nella paura di una battuta d'arresto economica. Non c'è nulla di più rivoluzionario della crescita economica che ha persuaso le masse che ci sarà più crescita economica. Le persone hanno speranza nella crescita economica. Credono che le cose andranno meglio. Lo vedono tutt'intorno a loro. Quindi poi, per ragioni sconosciute, arriva una battuta d'arresto. Se tale battuta d'arresto sarà una recessione temporanea, tale evento potrebbe non essere un disastro per i politici. Ma se sarà una battuta d'arresto che durerà diversi anni, allora la società è pronta per la rivoluzione. La legittimità dell'oligarchia si basa sulla crescita economica. Questa cosa è vera in tutto il mondo tranne che in Corea del Nord e Cuba. Anche il Venezuela sta affrontando la rivoluzione a causa di una battuta d'arresto economica.

Gli oligarchi devono continuare a far rombare il motore economico. Non osano interferirvi. Allo stesso tempo, la loro ideologia è completamente contraria al capitalismo. Quindi la Cina è la società più schizofrenica sulla Terra. Non esiste altra società in cui gli oligarchi siano impegnati in una visione del mondo completamente diversa da quella delle masse. Non penso che abbiamo mai visto nulla di simile nella storia, soprattutto in un Paese che ha come minimo 1,3 miliardi di persone.

Gli oligarchi comunisti dell'Unione Sovietica e delle sue nazioni satellite nell'Europa orientale non avevano problemi riguardanti una crescita economica sostenuta. I loro popoli non prosperavano in termini di un sistema economico in conflitto con l'ideologia del marxismo-leninismo: non prosperavano affatto. Tuttavia, dopo il fallimento economico dell'Unione Sovietica a metà degli anni '80, Gorbaciov ed i governanti delle nazioni satellite non riuscirono a mantenere il controllo. Nel 1989 il muro di Berlino fu abbattuto dalle persone su entrambi i lati della cortina di ferro. Nel 1991, il giorno di Natale, Gorbaciov sulla televisione nazionale annunciò la fine dell'Unione Sovietica.

Era la vecchia regola della bancarotta: lentamente all'inizio, e poi molto velocemente.

Gli oligarchi comunisti cinesi stanno cercando di mantenere il potere nonostante il fatto che Deng Xiaoping abbia fatto uscire il "genio del profitto" dalla "lampada del governo comunista". Le masse della Cina non credono più nel marxismo-leninismo-maoismo, ma i loro governanti sì. Questo è il motivo per cui i loro giorni sono contati. Non è possibile controllare una società in cui i leader sono impegnati in un'ideologia diversa da quella dei loro cittadini. Fu proprio Marx ad insegnarcelo. Anche la teoria politica occidentale ce lo ha insegnato.



CAVALCARE LA TIGRE DEL DEBITO

L'Occidente sta cavalcando una tigre: la tigre del debito. Anche gli oligarchi cinesi cavalcano questa stessa tigre. La crescita del debito cinese è stata incredibile. Era nel range dei $2.000 miliardi nel 2000. Nel 2014 era oltre i $28.000 miliardi. Oggi le stime di David Stockman sono di $40.000 miliardi. Non c'è mai stato niente di simile nella storia economica. Il governo cinese può tenere insieme il sistema bancario traballante con un intervento costante oggi, ma non può farlo per sempre. La natura esponenziale del debito sta per travolgere i tentativi dei burocrati comunisti di tenere unita l'economia.

Lo stesso commento si applica al capitalismo keynesiano occidentale. Il debito aumenta costantemente. Qualunque battuta d'arresto nell'economia che minacci la capacità delle grandi imprese e dei governi di ripagare i loro debiti, minaccia la legittimità dei governi occidentali.

I politici in Cina calciano il barattolo fiscale lungo la strada. Anche i politici in Occidente lo calciano. Ma i barattoli stanno crescendo costantemente, e questa crescita diventerà esponenziale ad un certo punto. Ci sarà un Grande Default in Cina, e ci sarà un Grande Default in Occidente. Quando la legittimità dei governi che hanno accumulato questo debito verrà messa in discussione dalla loro incapacità di ripagarlo, sia la Cina che l'Occidente saranno maturi per nuovi sistemi politici legittimati da diverse categorie morali ed economiche.

Una volta riconosciuto che i cittadini hanno una voce legittima in politica, che è ciò che richiede la teoria democratica, dovrà esserci coerenza tra ciò che i cittadini credono essere legittimo e ciò a cui gli oligarchi fanno appello per difendere la loro legittimità. Gli oligarchi della Cina non possono invocare apertamente qualcosa che assomigli alle categorie capitalistiche per difendere la loro autorità. Dovranno spiegare la crescita economica in termini di ideologia comunista, ma questo ovviamente è impossibile ed i cittadini lo sanno. Sospetto che anche gli oligarchi comunisti lo sappiano.

Deng Xiaoping usò la retorica per difendere il nuovo ordine economico. Disse che perseguire il profitto è legittimo, ma questa affermazione indebolì il marxismo. Solo perché la crescita economica della Cina è stata così incredibile sin dal 1979, gli oligarchi sono stati in grado di nascondere l'evidente schizofrenia dell'ordine politico cinese. Con nascondere, intendo con il denaro fiat. La People's Bank of China ha finanziato questo massiccio aumento del debito della Cina. Anch'essa sta cavalcando la tigre del debito e così anche tutti quegli oligarchi che fanno affidamento sulla People's Bank of China per mantenere il sistema solvibile.



CONCLUSIONE

Il Grande Default sarà internazionale. I sistemi politici in tutto il mondo stanno per cadere. La caduta del regime cinese sarà stupefacente. Forse la caduta del regime della Corea del Nord sarà ancora più stupefacente, ma l'economia della Corea del Nord non ha alcun ruolo nell'economia mondiale. L'economia cinese sì invece.

Dopo il Grande Default, è probabile che ci sarà un periodo di perturbazione politica. Potrebbe durare diversi decenni, ma questa perturbazione sarà accompagnata da un'espansione del libero mercato a spese dei governi centrali di tutto il mondo. Finché il mondo eviterà la guerra nucleare, è sicuro che l'ordine economico che prevarrà tra 25 anni sarà più libero e più produttivo di quello che prevale oggi, sia ad est che ad ovest.

Il periodo di transizione sarà doloroso per milioni di persone, ma sarà molto più doloroso in Cina che negli Stati Uniti. L'Occidente è più impegnato nel concetto di libero mercato rispetto agli oligarchi della Cina. La schizofrenia politica in Cina è molto più grande. I politici occidentali sostengono, almeno a parole, il libero mercato. Gli oligarchi cinesi non osano farlo, eppure il successo del libero mercato è ciò che sostiene tale sistema.

Questa situazione non può andare avanti all'infinito. Cito la Legge di Herb Stein: "Quando qualcosa non può più andare avanti, tenderà a fermarsi".


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


mercoledì 30 gennaio 2019

La tragedia dell'euro





di Alasdair Macleod


Dopo due decenni gli eurodeputati stanno portando l'Eurozona in guai seri. Dicembre è stato l'ultimo mese degli acquisti mensili di debito pubblico da parte della BCE. Un indebolimento dell'economia globale farà aumentare inaspettatamente i deficit pubblici. La conseguenza sarà un nuovo ciclo di rendimenti obbligazionari in netta crescita per i membri più deboli dell'Eurozona e una destabilizzazione sistemica dovuta a perdite nei portafogli obbligazionari di proprietà delle banche dell'Eurozona.



Il gioco dello scarica-barile

È il ventesimo anniversario dell'esistenza dell'euro e, lungi dall'essere celebrato, viene incolpato per molti, se non tutti, i mali dell'Eurozona.

Tuttavia l'euro non può essere incolpato dei fallimenti monetari e politici della BCE, delle banche centrali nazionali e dei politici. È solo una moneta fiat, come tutte le altre, solo con una diversa provenienza. Tutte le valute fiat devono la loro funzione di mezzo di scambio dalla fiducia che ripongono in essa coloro che la utilizzano. Ma a differenza di altre valute fiat nelle rispettive giurisdizioni, l'euro è diventato un talismano per i fallimenti monetari ed economici nell'Unione Europea.

Comprendere ciò significa avere la possibilità di capire perché l'Eurozona ha i suoi problemi e perché ci sono crescenti rischi di una nuova crisi sistemica dell'Eurozona. Questi problemi non saranno risolti sostituendo l'euro con uno dei suoi componenti fondatori, o con una nuova moneta fiat. È qui per rimanere, perché liberarsene non è nell'interesse di coloro che lo utilizzano.

Come spesso accade, incolpare l'euro per alcuni o tutti i problemi dell'Eurozona significa non incolpare i veri colpevoli: le istituzioni che l'hanno creata e gestita. Questo articolo riassume brevemente i punti chiave della storia del progetto dell'euro e osserva come siano stati ripetuti gli errori del passato senza la rete di sicurezza rappresentata dagli acquisti di asset da parte della BCE.



La nascita dell'euro

Scambiare un certo numero di valute fiat con una valuta fiat completamente nuova, significa che coloro che le utilizzano devono accettare che i poteri d'acquisto di quelle vecchie saranno trasferite a quella nuova. Non sarebbe stata una certezza e gran parte dello scetticismo sarebbe arrivato dal popolo tedesco. I tedeschi rischiavano la sicurezza dei loro risparmi in un nuovo sistema monetario. Vennero rassicurati dagli uomini della Bundesbank, i quali avevano la missione di proteggere le caratteristiche del marco contro le debolezze che sarebbero state quasi certamente trasferite nel nuovo euro dalle altre valute fiat.

Queste ansie vennero in parte attenuate istituendo la BCE a Francoforte, vicino all'occhio vigile della Bundesbank. Alle altre nazioni era stato detto che il progetto avrebbe portato una maggiore stabilità monetaria rispetto a quella offerta dalle loro singole valute e una riduzione dei costi delle transazioni transfrontaliere. I mutuatari in valute fiat inflazionate assaporavano anche la prospettiva di tassi d'interesse più bassi.

All'inizio era chiaro che il nuovo euro richiedeva nuove discipline, ed è per questo che il sistema era fallito sin dall'inizio. Avendo sistematicamente definito i parametri dell'euro nell'accordo di Maastricht, le considerazioni politiche hanno preso il sopravvento. La ragion d'essere dell'euro, per quanto riguardava i politici, era di promuovere il progetto europeo e far sì che i Paesi nella nuova zona Euro diventassero più importanti del rispetto delle regole.

I termini erano stati fissati nel trattato di Maastricht nel febbraio 1992, firmato dai dodici membri della preesistente Comunità Europea. L'adesione all'euro richiedeva un tasso d'inflazione non superiore all'1,5% rispetto al tasso medio dei tre stati membri con l'inflazione più bassa, un disavanzo fiscale non superiore al 3% alla fine dell'anno finanziario precedente, un rapporto tra debito pubblico/PIL non superiore al 60%, adesione al meccanismo di cambio per due anni senza svalutazione e tassi d'interesse a lungo termine non superiori del 2% rispetto ai tassi d'inflazione dei tre stati membri con il tasso d'inflazione più basso.

Questa era una cosa sensata, ma è stata poi ignorata dai firmatari di Maastricht. Solo il Lussemburgo era pienamente qualificato per aderire ai termini di Maastricht.

Persino la Germania non riusciva a soddisfare tutte queste regole. Il suo deficit di bilancio nel 1996 era del 4% del PIL. Quello della Francia era stato manipolato dal 5% al 4%. Il deficit di bilancio della Grecia, dopo una contabilità molto creativa, fu registrato all'8%, e l'Italia deve aver avuto una benedizione papale, perché scese miracolosamente dall'8% al 4%.

Nel 1996 il debito pubblico/PIL della Germania aveva appena superato il livello del 60% fissato a Maastricht. Quello del Belgio si attestava al 130%, quello dell'Italia al 124% e quello della Grecia (a quanto pare) al 110%. Quale debito? nessuno vedeva debiti. Dei firmatari originali di Maastricht, solo la Francia e il Regno Unito soddisfavano questa condizione.

Nonostante tutto, dieci dei dodici firmatari di Maastricht andarono avanti e adottarono l'euro nel 1999 e come moneta in circolazione nel 2002. Il Regno Unito aveva abbandonato l'unione economica e monetaria nel settembre 1992 e la Grecia era ovviamente non conforme quindi la sua entrata venne ritardata di due anni.

Fino alla crisi della Lehman, i tassi d'interesse delle varie nazioni si allinearono a quelli della Germania sotto l'egida di una politica monetaria comune. La politica dei tassi d'interesse della BCE fu necessariamente di compromesso. Ad un'estremità dello spettro c'erano i bassi tassi precedentemente goduti dalle economie con solidi tassi di risparmio: la Germania, il Lussemburgo, la Finlandia, i Paesi Bassi e l'Austria.

All'altro capo c'erano i cattivi: in particolare la Grecia e l'Italia. Nel 1992, quando fu firmato Maastricht, il tasso di prestito overnight della Grecia era del 28%. Nel 1996, quando la Commissione pubblicò la sua prima relazione sulla convergenza, scese al 12,8%. Quando la Grecia aderì all'euro nel 2001, scese al 3,3%. Il tasso interbancario a 3 mesi dell'Italia scese dal 13% al 9% e poi al 3,4% negli stessi archi temporali.

Il compito della BCE non venne semplificato dall'affermazione che i tassi di risparmio alti fossero un freno al consumo. Il capitale che aveva avuto origine come espansione del credito (invece che da risparmio genuino) migrò verso nazioni con rendimenti obbligazionari più elevati, prima come un rivolo, ma poi in quantità crescenti, mentre cresceva anche la fiducia che l'unificazione monetaria sotto l'euro fosse lì per rimanere. Stando così le cose, gli investitori credevano che investire in titoli di debito italiani e spagnoli fosse sicuro quanto investire in debito tedesco e francese.

Il flusso di capitali in queste nazioni affamate di risparmi fece salire i prezzi degli asset e del PIL. E più il capitale originato dal credito li sommergeva, più i prezzi degli asset e del PIL ne beneficiavano. Ciò significava che, in base al miglioramento delle statistiche, l'euro era considerato un grande successo, curando dalla povertà le nazioni del Mediterraneo. La realtà era che i flussi di capitali finivano negli investimenti improduttivi e nella dissolutezza statale. Nessuno pensava a lamentarsi ed i tedeschi furono messi a tacere da quelli che biasimavano le crescenti esportazioni della Germania verso le nazioni più spendaccione.

In questo modo la politica monetaria della BCE diede l'impulso a cicli del credito localizzati, in particolare tra i PIIGS. I boom degli asset si trasformarono in bolle, che alla fine scoppiarono sulla scia della crisi della Lehman. Il sistema monetario dell'UE era gravata da migliaia di miliardi di euro di debiti che non sarebbero mai stati rimborsati ed i PIIGS scoprirono improvvisamente che non erano disponibili ulteriori finanziamenti dai mercati. La convergenza dei tassi d'interesse si stava invertendo. Inoltre l'intero sistema bancario dell'Eurozona fu minacciato di crollo, il che accade sempre quando scoppiano le bolle alimentate dal credito facile.

Gli stati membri non avevano altra opzione se non quella di salvare le loro banche, ed i prestiti al settore pubblico salirono alle stelle, finanziati dall'UE, dalla BCE e dal Fondo Monetario Internazionale. La crisi in Grecia peggiorò quando alla fine del 2009 il governo fu costretto ad ammettere di aver mentito sul suo deficit di bilancio per anni e, infine, ammise un deficit annuale molto più alto di quanto precedentemente rivelato. Il deficit di bilancio della Grecia nel 2009 raddoppiò, passando da circa il 7,5% al ​​15,1%. L'aumento dei rendimenti obbligazionari significava che la Grecia non era più in grado di continuare a finanziare i suoi disavanzi e rinnovare il debito esistente, e il capitale fuggì verso giurisdizioni della zona Euro presumibilmente più sicure.

Il governo corrotto della Grecia venne sostituito nel gennaio 2015 da un governo di estrema sinistra, eletto perché promise agli elettori di rigettare termini di salvataggio onerosi. Fantasie a cui solo gli elettori ingenui potevano credere. Per quanto riguardava la BCE e Bruxelles, i problemi della Grecia dovevano rimanere in Grecia, e vennero infrante le speranze che i suoi problemi sarebbero stati condivisi con il resto dell'Eurozona.

Sembrava che la spesa per il salvataggio di un membro molto piccolo dell'Eurozona rischiava di destabilizzare gli altri. Yanis Varoufakis, ex-ministro delle finanze greco, disse che la ragione dell'approccio intransigente dell'UE era quella di proteggere le banche tedesche dalle perdite. Un compromesso ragionevole per aiutare uno stato membro era stato respinto in modo netto.



Affrontare le crisi finanziarie future

Alcuni commentatori economici hanno anche affermato che l'UE e la BCE hanno perseguito una linea dura sulla Grecia per persuadere gli altri stati membri, che chiaramente erano in difficoltà simili, a non fare affidamento sull'aiuto degli altri. È una tesi che ha senso, ma l'episodio greco ha anche rivelato la mancanza di un meccanismo per affrontare gli imprevisti e ciò era evidente sin dall'inizio, quando furono emanate le condizioni di Maastricht. Nel 1992 i legislatori non tennero conto dei cicli economici e monetari, ma con il sopraggiungere della data di adesione (1999) si verificarono tre crisi destabilizzanti: il debito russo, la crisi di LTCM e la crisi finanziaria asiatica. Questi fattori combinati indebolirono la crescita del PIL globale e le ipotesi sulla prevedibilità delle statistiche nazionali. Avere a che fare con crisi future sarebbe stato ovviamente un problema, per non parlare di quelle interne in Irlanda, Cipro, Spagna e Portogallo. Poi c'era e c'è ancora l'Italia.

Le finanze italiane somigliano molto a quelle della Grecia pre-crisi, alimentate dalla soppressione dei costi dei prestiti fino a quando la musica non si è fermata sulla scia della Lehman. Nonostante le ribellioni degli elettori alle successive elezioni generali, i problemi dell'Italia non sono ancora esplosi in una crisi in stile greco, ma questa è la direzione del viaggio. E l'Italia è molto più seria della Grecia a causa delle sue dimensioni.

Inoltre è terminata l'era della risoluzione dei problemi nelle finanze pubbliche attraverso una maggiore stampa di denaro da parte delle banche centrali; la base monetaria globale in tutto il mondo si sta contraendo. L'espansione monetaria era il modo in cui la BCE manteneva alti i prezzi dei titoli obbligazionari e rimandava i problemi irrisolti. Da questo mese non ci saranno più acquisti di asset, quindi i costi di prestito per i governi dell'Eurozona aumenteranno sicuramente.

Più si considera la prospettiva per l'Eurozona, più rischiosa appare. Fino a quando non ha smesso lo scorso dicembre, la BCE ha investito circa €2.500 miliardi in titoli di stato. La BCE ha progettato un secondo periodo di convergenza dei tassi d'interesse, questa volta quasi esclusivamente per i governi dell'Eurozona, ignorando gli interessi commerciali. A questo seguirà un periodo di divergenza dei tassi man mano che la BCE uscirà dal mercato. Anche le banche commerciali hanno sostenuto i loro governi nazionali, nonostante i rendimenti artificialmente bassi, nella consapevolezza che la BCE stava supportando i prezzi delle obbligazioni.

Ora che il sostegno della BCE ai mercati obbligazionari è cessato, i governi dovranno ridurre i deficit di bilancio, o dovranno essere finanziati con altri mezzi. Quasi certamente non ridurranno la loro domanda di maggiori fondi, in quanto l'Eurozona scivolerà in recessione ed i tassi saliranno.

Le banche commerciali dovranno fare i conti con la nuova realtà. Vedremo divergere nuovamente i rendimenti dei titoli obbligazionari europei. E man mano che divergeranno, scemerà la fiducia nell'Euro-sistema e nei politici.

In questo contesto la non adattabilità storica dell'Eurozona alle condizioni mutevoli del mercato è preoccupante. I prezzi del debito a lungo termine finiscono in qualche modo per andare alla deriva, poiché non ci sono compratori naturali visto che manca una forte salita delle curve dei rendimenti. Lo "sciopero" dei compratori sta iniziando a sembrare la via imboccata dall'attuale mercato, il che comporta un maggiore rischio per tutti: la pressione sul credito bancario affinché si contragga mentre le banche cercano di ridurre la loro esposizione al calo dei prezzi dei titoli di stato e in tal modo preservare il loro capitale.

Le banche dell'Eurozona non possono permettersi di cavalcare l'effetto del calo dei prezzi sulle loro basi patrimoniali. La Commissione Bancaria Europea e altri organi regolatori hanno introdotto regole che lo rendono impossibile. Supponendo che una crisi dei finanziamenti inizi a far salire i rendimenti obbligazionari, possiamo essere certi che le banche dell'Eurozona troveranno sempre più difficile mantenere i loro margini rispetto ai requisiti patrimoniali Tier 1 e Tier 2, così come le riserve di capitale, i buffer di capitale anticiclici ed il global buffer delle istituzioni di importanza sistemica.

Esiste quindi una crescente probabilità che il ritiro della BCE come compratore del debito pubblico faciliterà la prossima crisi bancaria dell'Eurozona, e ha il potenziale di intensificarsi rapidamente. Non solo è finita la bolla monetaria attraverso gli acquisti di asset da parte della BCE, ma c'è un crescente rischio di contrazione della quantità di credito bancario disponibile per i titoli di stato in un momento in cui l'Italia, la Spagna, la Francia e altri stati più piccoli avranno più bisogno di emettere nuovo debito.

La rimozione delle valute nazionali nel 1999 ha ridotto gli stati dell'Eurozona ad entità che possono fallire in tutti i sensi pratici, anche se non legalmente. E senza la BCE che li finanzia, diventeranno rapidamente insolventi. Prendendo l'Eurozona nel suo insieme, i deficit pubblici lo scorso anno hanno visto un aumento relativamente modesto di circa €70 miliardi. Presumendo l'assenza di deterioramento delle finanze pubbliche, un livello simile di finanziamento potrebbe forse essere raggiunto dalla BCE mantenendo il tasso sui depositi a -0,4% e facendo affidamento sull'arbitraggio dei tassi d'interesse (più i flussi delle cedole) per incentivare eventuali compratori a sottoscrivere debito pubblico a brevissimo termine.

Non c'è spazio di manovra. I segnali indicano che l'economia globale sta rallentando e l'allargamento dei prestiti commerciali conferma che il processo di contrazione della base monetaria da parte delle banche centrali sta iniziando ad indebolire l'attività commerciale a livello mondiale. In questo momento del ciclo del credito, il processo di continua espansione del debito ricade sempre sulle spalle degli stati e delle loro banche centrali.

I segnali emergenti di uno shock creditizio che inghiottirà le finanze pubbliche sono ovunque; l'Eurozona mostra il massimo rischio sistemico. L'unico modo in cui questi pericoli possono essere evitati nell'Eurozona è che la BCE ripristini i suoi programmi di acquisto di asset per sostenere nuovamente i mercati obbligazionari. Ma dopo averli fermati, la BCE avrà bisogno di ottimi motivi per ricominciare.

Dopo l'ultima crisi del credito, gli stati hanno coperto le passività delle banche attraverso i salvataggi statali. Successivamente è stato approvato il bail-in in tutti gli stati membri della zona Euro. Ma se venisse implementato il bail-in per salvare solo poche banche, probabilmente collasserebbero l'intero sistema, perché i possessori di obbligazioni bancarie ed i grandi depositanti preferiranno fuggire dal sistema bancario dell'Eurozona piuttosto che rischiare di essere costretti ad accettare titoli bancari senza valore.

Allo stesso modo, i governi di Italia, Grecia, Spagna, Francia e altri non possono permettersi salvataggi statali, perché non saranno in grado di finanziarli e per la seconda volta l'UE, la BCE ed il FMI dovranno correre in soccorso... solo questa volta i numeri saranno molto più grandi. È stato il fallimento delle banche spagnole che ha portato il rapporto tra debito e PIL della Spagna dal 35,6% nel 2007 al 97% di oggi. Possiamo solo immaginare dove andrà a finire durante la prossima crisi del credito, così come quello italiano con un loro rapporto debito/PIL già al 130%.

L'Eurozona è ora pericolosamente ai margini di un abisso finanziario e sistemico. L'euro in sé non è esente da colpa. Le istituzioni dietro di esso non sono riuscite a capire che la convergenza dei tassi d'interesse nel suo primo decennio di vita ha portato ad investimenti improduttivi e che a suddetta convergenza sarebbe seguita una divergenza. I governi nazionali non hanno capito le piene conseguenze di non essere più in grado di stampare le loro valute fiat.

Non incolpate l'euro, è vittima di abusi da parte di politici che lo considerano un trampolino di lancio verso i loro grandi obiettivi; e nemmeno la sfortunata BCE, costretta a politiche monetarie sempre più distruttive. Dobbiamo sperare che il resto del mondo non sia destabilizzato dal contagio causato dal fallimento dell'Eurozona.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


martedì 29 gennaio 2019

Le leggi sul controllo delle armi non hanno protetto le vittime della sparatoria di Jacksonville, le hanno lasciate indifese




di Amy Swearer


Lo scorso agosto un ragazzo a Jacksonville, in Florida, ha aperto il fuoco contro altre persone, uccidendone due e ferendone 10 prima di togliersi la vita.

Sembrava che, come molte altre sparatorie di massa prima di questa, le leggi sulle armi avrebbero dovuto essere sufficienti ad impedirgli di possedere armi da fuoco. Invece, ancora una volta, le leggi sulle armi hanno fatto poco più che imporre barriere per i cittadini rispettosi della legge, i quali sono stati lasciati indifesi.



Il fallimento dell'applicazione della legge

È evidente che l'aggressore avesse molti dei tratti comuni dei vari aggressori pubblici di massa. Veniva da un famiglia estremamente disagiata e aveva problemi di salute mentale e comportamentali. Era un emarginato sociale che, sebbene non del tutto paranoico, pensava di essere oppresso dalla sua famiglia e dalla società.

Non era mai stato condannato per un qualsiasi crimine, ma aveva avuto numerose interazioni con le forze dell'ordine a causa di scoppi di rabbia che mostravano comportamenti minacciosi. Andava male a scuola e alla fine aveva abbandonato il college.

I documenti del tribunale rivelano che l'aggressore da adolescente era stato ricoverato involontariamente in strutture di salute mentale in sei diverse occasioni, aveva trascorso 97 giorni in una struttura dello Utah per giovani con problemi di salute comportamentale, e sua madre chiamava regolarmente la polizia a causa dei suoi comportamenti. In base alle leggi del Maryland e quella federale, i ricoveri involontari erano sufficienti ad impedirgli l'acquisto o il possesso legale di armi da fuoco, a meno che non avesse ripristinato i suoi diritti.
Nel Maryland il ripristino dei diritti al possesso delle armi implica un processo abbastanza intenso che include la presenza di professionisti in salute mentale che attestino la solidità dello stato mentale dell'individuo. È altamente improbabile che l'aggressore di Jacksonville avesse ripristinato i suoi diritti ai sensi della legge del Maryland, ma non lo sappiamo per certo.

Eppure, secondo i funzionari, l'aggressore è stato in grado di acquistare due pistole da un rivenditore di armi da fuoco con licenza federale a Baltimora, il che significa che ha superato, come minimo, un test federale sulla salute mentale, ha presentato le sue impronte digitali e ha superato un corso di addestramento sulla sicurezza delle armi da fuoco.

Non è ancora noto se lo stato di salute mentale dell'aggressore fosse stato segnalato al database corretto, se fossero stati secretati perché minorenne quando gli eventi si verificarono, o se qualche altro contrattempo abbia impedito all'armeria di scoprire attraverso controlli obbligatori che l'aggressore non poteva acquistare un'arma da fuoco.



Volerci difendere non ci rende insensibili

Ma nulla di tutto ciò ha impedito ai fautori del controllo delle armi di chiedere immediatamente l'imposizione di leggi più rigide per i cittadini rispettosi della legge. Né ha impedito a certi sostenitori del controllo delle armi di accusare nuovamente i proprietari di armi rispettosi della legge di ignorare le vittime.

Come analista giuridica, il disprezzo di un diritto costituzionale mi infastidisce. Come persona, le accuse di insensibilità mi danno la nausea.

Ho visto il video della sparatoria e sono stata sopraffatta dall'emozione. Percepivo il panico, la paura e l'incredulità. Sentivo le urla disumane dei feriti e i lamenti di coloro feriti. Sentivo le preghiere dei morenti nei loro ultimi momenti.

E il mio cuore si spezzava per quello che sentivo, per il male insensato e il dolore inflitto ad innocenti.

Ma si spezzava anche per quello che non ho sentito: i rumori di una difesa legittima.



Non autorizzati a difendersi

Per 16 lunghi secondi un individuo si trovava in un luogo pieno di vittime disarmate. Quei 16 secondi che avrebbero potuto essere molti di più, visto che l'aggressore aveva due pistole e munizioni extra che però non ha usato.

Mi ci vogliono quattro secondi per estrarre la mia arma dalla fondina, individuare una minaccia ed eliminarla. Ma per 16 secondi le persone in quella stanza non potevano fare nulla.

In quei momenti erano senza difese di fronte al loro carnefice. Li abbiamo lasciati indifesi. Non avevano sicurezza armata, nessuna protezione e nessuna scelta. Jacksonville ha impedito loro di difendersi dichiarando la zona "area in cui le armi non possono entrare" e trascurando di fornire qualsiasi altra protezione. Si è scoperto che queste leggi statali non erano sufficienti per fermare l'aggressore, un 24enne con una lunga storia di problemi di salute mentale e comportamentali.
La mattina dopo la sparatoria la CNN ha pubblicato un articolo dal titolo “Don’t Try to Sugarcoat the Horror of Jacksonville”. L'autore sbaglia molte cose, soprattutto fa apparire i diritti del secondo emendamento come qualcosa da sadici, come se fossero qualcosa inventata da menti malate piuttosto che una parte inestricabile dell'intero quadro che garantisce la libertà di un popolo.

Suggerisce che i sostenitori del Secondo Emendamento vogliono semplicemente proteggere i loro fucili; un'affermazione assurda ed imbecille, visto che è vero esattamente il contrario: le armi servono per proteggerci dal tipo di male mostrato a Jacksonville.

In un editoriale privo di sostanza e scritto da un decerebrato per altri decerebrati, si accusano alcune persone di mancare di empatia e di non riuscire a comprendere l'analisi di fondo per paura di dove le risposte potrebbero condurle.



Il male esiste, quindi difendiamoci da esso

Ma in un certo senso, sono d'accordo con il punto principale dell'autore: la risposta non è far scomparire la sofferenza, ma di abbracciare la sua esistenza.

La nostra realtà è che il male esiste. Gli esseri umani si feriscono a vicenda. Da quando Caino colpì Abele fino alla sparatoria di Jacksonville, gli esseri umani si sono fatti del male a vicenda. Nonostante le nostre leggi, nonostante le nostre precauzioni, nonostante le nostre migliori intenzioni, il male esiste e gli esseri umani si feriscono a vicenda.

Dobbiamo abbracciare questa realtà e quindi dobbiamo prendere adeguate precauzioni.

Circa 100 milioni di americani hanno scelto di spiegare l'esistenza del male armandosi contro di esso, in conformità con un diritto costituzionale che esiste in primo luogo come un controllo contro il male.

L'anno scorso gli americani hanno usato le loro armi per legittima difesa tra le 500.000 e le 3 milioni di volte. E mentre speriamo che il giorno non arrivi mai quando il male alzerà la sua brutta testa nei nostri confronti, sappiamo che se lo farà, potremmo avere una possibilità di combattere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


lunedì 28 gennaio 2019

Il “Green New Deal” confutato

La ricchezza dei ricchi e dei cosiddetti super ricchi è detenuta perlopiù sotto forma di capitale: quote di proprietà (azioni) in grandi imprese produttive che sono alla base della moderna produzione di massa e della ricchezza di massa. Queste attività generano reddito, ma la maggior parte viene reinvestita. Questo è il fondamento della crescita economica a lungo termine che ci rende costantemente sempre più ricchi. Se venisse imposta una tassa sulla ricchezza, dovrebbero vendere le loro azioni e obbligazioni per pagare la tassa. Non potrebbero vendere le loro azioni e obbligazioni ad altri americani ricchi, visto che anche loro dovrebbero liquidare le loro posizioni. Il mercato azionario prenderebbe una bella botta e i tassi d'interesse a lungo termine salirebbero, facendo crollare il mercato obbligazionario. L'unico modo per evitare che ciò accada sarebbe vendere azioni e obbligazioni a persone super ricche fuori dagli Stati Uniti, le quali non pagano tasse sul reddito o tasse sulla ricchezza al governo federale. Ciò che sarebbe molto più probabile, invece, è che i ricchi trasferirebbero la maggior parte della loro ricchezza in fondazioni esenti da tasse non appena entrerebbe in vigore una patrimoniale. Lo hanno fatto per un secolo. Non pagherebbero niente ed avrebbero il controllo delle fondazioni, decidendo dove finiranno i soldi. È così che funziona il sistema. Se i promotori di un'imposta patrimoniale non lo capiscono, allora ignorano sia l'economia che il sistema fiscale. I due principali promotori di una tassa simile sono Elizabeth Warren e Alexandra Ocasio-Cortez. Ecco le inevitabili conseguenze economiche della loro proposta: (1) collasso dei mercati dei capitali, (2) trasferimento del capitale dagli Stati Uniti agli stranieri, (3) trasferimento della maggior parte del denaro a fondazioni esentasse. Politiche statali sciocche producono risultati negativi dal punto di vista economico. La "sindrome del Venezuela" si sta diffondendo, a quanto pare...
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di Robert P. Murphy


C'è un certo fermento crescente attorno ad un "Green New Deal" immaginato dalla neoeletta Alexandria Ocasio-Cortez. Sebbene i dettagli siano in continua evoluzione, attualmente la bozza di testo richiederebbe la creazione di una "Commissione ristretta per un Green New Deal" di 15 membri che "avrebbe l'autorità di sviluppare un dettagliato piano nazionale, industriale, di mobilitazione economica" per rendere gli Stati Uniti un'economia "con zero emissioni di gas serra". Come se ciò non fosse abbastanza ambizioso, il piano nazionale della commissione ristretta avrebbe anche l'obiettivo di "promuovere la giustizia e l'uguaglianza economica e ambientale". Il progetto menziona specificamente spese per $1.000 miliardi in dieci anni, oltre a tasse e regolamentazioni per orientare l'economia e la società come i 15 membri della commissione riterrebbero opportuno. (Per essere chiari, la bozza di testo richiede attualmente la creazione della commissione ristretta che a sua volta sarebbe incaricata di redigere una legislazione che formi il "Green New Deal" stesso).



Il New Deal originale venne implementato durante la Grande Depressione

Forse il difetto più ovvio con chiunque abbia proposto un New Deal moderno, sia esso verde o di qualsiasi altra tonalità, è che al momento non ci troviamo nel bel mezzo di una depressione economica. Anche i keynesiani, che pensavano che l'amministrazione Obama fosse giustificata nell'approvare un grande "pacchetto di stimolo" perché eravamo bloccati in una cosiddetta "trappola della liquidità", ora ammettono che non vi è alcuna giustificazione economica per continuare ad avere grandi deficit di bilancio. (Come scrisse guarda caso Paul Krugman subito dopo l'elezione di Trump, "Deficits Matter Again".)

Il termine "New Deal" venne scelto per far riferimento al 20%+ dei disoccupati nella forza lavoro che a quanto pare erano stati lasciati indietro dal sistema economico statunitense. Sì, Ocasio-Cortez ed i suoi sostenitori stanno promuovendo il Green New Deal come soluzione (tra le altre cose) alle persistenti disuguaglianze economiche nel sistema attuale. Ed ecco già un errore dal punto di vista storico visto che attualmente si usa un termine per far riferimento ad un divario salariale, quando originariamente era riferito ad altro.



Il New Deal in realtà danneggiò l'economia degli Stati Uniti e prolungò la Grande Depressione

Anche se foste keynesiani irriducibili che credono nelle virtù dello stimolo fiscale, in questo momento, con la disoccupazione ufficiale al 3,7% e l'inflazione dei prezzi sopra l'obiettivo della FED, non ha senso lanciare un altro New Deal.

Ma le cose vanno peggio, perché i keynesiani fan di FDR hanno torto. Il New Deal in realtà danneggiò l'economia statunitense e prolungò la Grande Depressione.

Ho scritto un intero libro su questo argomento, ma qui voglio solo farvi vedere una tabella chiave che mette a confronto i tassi di disoccupazione negli Stati Uniti e in Canada:


Roosevelt fu eletto alla fine del 1932 ed entrò in carica all'inizio del 1933. (I presidenti prestavano giuramento il 4 marzo allora). Come mostra la tabella, la disoccupazione in termini assoluti è rimasta molto alta nei successivi 8 anni e fino al 1941 il tasso medio di disoccupazione non tornò a cifre singole (a malapena, 9,9%).

Peggio ancora, i fan di FDR non possono semplicemente incolpare l'enorme buco che FDR ereditò da Herbert Hoover. Nel 1933 la disoccupazione degli Stati Uniti era di 5,6 punti percentuali più alta di quella canadese. L'anno successivo il divario si allargò a 7,2 punti percentuali. Nel 1938, cinque anni dopo l'insediamento di Roosevelt, il divario tra i tassi di disoccupazione dei due Paesi era di 7,6 punti percentuali.

Alla luce delle cifre di cui sopra, perché la gente dice di Roosevelt "ci ha fatto uscire dalla depressione"? Come mi chiedo nel mio libro: come dovrebbero apparire i dati sulla disoccupazione, in modo che gli storici e la popolazione dicessero che FDR ci ha tenuti impantanati nella Grande Depressione?



Il "Green New Deal" è una presa di potere da parte dei progressisti

Anche se è ammantato dalle recensioni (che capovolgono la realtà) dei dipartimenti di scienze naturali, il Green New Deal è chiaramente un programma politico progettato per controllare ogni punto della lista dei desideri dei progressisti. Ad esempio, ecco cosa pensa Naomi Klein degli attivisti di sinistra che sostengono Ocasio-Cortez contro l'establishment democratico:
Prospettando [una riduzione del 45% delle emissioni di combustibili fossili in 12 anni-RPM] all'inizio del riassunto della relazione [IPCC], non è possibile soddisfare tale condizione con politiche singole come la carbon tax. Ciò che è necessario, invece, è "cambiamenti rapidi di ampia portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società". Fornendo alla commissione un mandato che collega i punti tra energia, trasporti, immobili e costruzione, così come assistenza sanitaria, salari di sussistenza, garanzia di posti di lavoro e l'urgente imperativo di combattere l'ingiustizia razziale e di genere, il piano del Green New Deal traccia proprio questo tipo di cambiamento di ampia portata. Non è un approccio frammentario che cerca di spegnere un incendio con una pistola ad acqua, ma un piano completo e olistico per spegnere il fuoco a tutti gli effetti. [Naomi Klein, grassetto aggiunto.]

Come chiariscono perfettamente le parole della Klein, tutto questo non riguarda affatto il cambiamento climatico. È semplicemente il pretesto per trasformare radicalmente ogni aspetto della società e della cultura nel modo in cui i progressisti di sinistra hanno voluto fare prima ancora che la gente parlasse di "riscaldamento globale".

Per inciso, i donchisciotteschi ed i chierici che continuano a supplicare i conservatori ed i libertari di accettare un "accordo sulla carbon tax" dovrebbero leggere le parole di Naomi Klein riportate qui sopra, perché sono identiche a quelle di molti dei suoi colleghi: stanno dicendo esplicitamente che una carbon tax non è abbastanza per raggiungere i loro obiettivi.



Un'omissione scomoda

C'è un altro indizio per convincere i lettori ingenui che il "Green New Deal" non è altro che una soluzione tecnica al problema delle esternalità negative: la parola "nucleare" non appare neanche una volta in tutto il progetto di legislazione della commissione ristretta. Non è strano che Ocasio-Cortez e Naomi Klein pensino che abbiamo solo 12 anni per agire per salvare l'umanità dalla catastrofe climatica, eppure non hanno il tempo di parlare di una fonte di energia scalabile priva di emissioni di carbonio? (Questa fonte fornisce attualmente il 20% dell'elettricità negli Stati Uniti.)

In tutta onestà, alcuni progressisti hanno iniziato a malincuore a parlare di nucleare, ma anche con l'esempio di Grist stiamo pur sempre parlando del gennaio 2018. La spiegazione ovvia qui è che questi progressisti attivisti non credono nella loro retorica allarmista. Immaginate qualcuno che avverta di un asteroide che precipiterà sulla Terra e abbiamo solo un decennio per fare qualcosa al riguardo. Questi attivisti dedicherebbero il loro tempo a finanziare cliniche mediche per curare gli oppressi della società, quando invece dovrebbero pensare all'asteroide che ucciderà miliardi di persone.

Alcuni lettori perplessi potrebbero chiedere timidamente: "Invece di preoccuparsi dei dati demografici, non dovremmo costruire laser o missili per mettere fuori rotta l'asteroide?" Ma gli attivisti spiegherebbero: "No, promuovere armamenti pesanti interferirebbe con i nostri messaggi sul controllo delle armi."

In questo scenario, credereste agli attivisti che hanno detto che avevamo un decennio per agire prima che l'asteroide si schiantasse? Le loro azioni vi porterebbero a credere alla loro stessa retorica?



Conclusione

Un "Green New Deal" non ha senso per motivi economici, né nello spirito originario né in quello moderno. Anche se foste keynesiani e foste convinti che il New Deal storico "abbia funzionato", sarebbe ancora assurdo implementare un tale programma oggi, con carichi di debito molto alti (in tempo di pace) e un'economia ufficialmente a piena occupazione. Inoltre il New Deal storico non ha funzionato, e anzi ha prolungato la Depressione. Quando un'economia è già alle corde, l'ultima cosa di cui ha bisogno è che vengano stanziate più risorse politiche, o che possano piovere più normative da Washington.

Inoltre la retorica di Ocasio-Cortez e dei suoi sostenitori mostra che il Green New Deal è solo lontanamente legato all'apparente problema scientifico delle emissioni di gas serra. La gente che spinge un Green New Deal lo sta usando come un mezzo per far avanzare il tradizionale pot-pourri dell'agenda politica della sinistra.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


venerdì 25 gennaio 2019

L'arrivo della crisi del credito





di Alasdair Macleod


Quelli di noi che seguono da vicino il ciclo del credito, non dovrebbero essere sorpresi dall'attuale situazione dei mercati azionari. È qualcosa che sarebbe successo lo stesso.

La crisi sta arrivando e ci si può aspettare che evolva in qualcosa di peggiore nei prossimi mesi. I mercati delle obbligazioni societarie sono nei guai, segnale che è davvero arrivata. È giunto il momento di considerare come si svilupperà la crisi del credito: si tratta di congetture, quindi non possiamo essere precisi, ma possiamo estrapolare dalle basi conosciute e supportare alcune conclusioni importanti.

Avvertimenti di un rallentamento economico stanno persuadendo la FED ad ammorbidire la politica monetaria, un processo messo in moto dai rendimenti dei titoli del Tesoro USA in attenuazione. Tuttavia l'inflazione dei prezzi, che viene temporaneamente soppressa dal calo dei prezzi del petrolio, inizierà probabilmente ad aumentare dal secondo trimestre del 2019. Ciò è dovuto all'eredità della precedente espansione monetaria e alle conseguenze dei dazi di Trump sui prezzi al consumo.

Dopo una breve pausa, indotta principalmente dalla minaccia di un inarrestabile crollo dei prezzi delle azioni, la FED sarà costretta a continuare il processo di rialzo dei tassi d'interesse per contrastare le pressioni inflazionistiche dei prezzi, cosa che porterà all'aumento dell'IPC verso il 4%, probabilmente entro la metà dell'anno. Il recente sconquasso nei mercati delle obbligazioni commerciali e il prosciugamento dei prestiti bancari metteranno in moto una classica fuga per i disinvestimenti. La disoccupazione inizia ad aumentare drasticamente e la fiducia dei consumatori fa retromarcia.

I prezzi delle azioni continuano a scendere, poiché la liquidità viene drenata dai mercati finanziari da investitori preoccupati, ma l'inflazione dei prezzi rimane ostinatamente alta. Di conseguenza i prezzi delle obbligazioni continuano a indebolirsi sulla scia di proprietari esteri di dollari che li vendono sui mercati, aumentando i deficit di bilancio e diminuendo la fiducia degli investitori nel potere d'acquisto futuro del dollaro.

Gli Stati Uniti stanno entrando in una grave recessione, simile al periodo 1930-1933. La differenza è rappresentata da un dollaro fiat scoperto, compresi anche contanti, conti correnti e conti di deposito (attualmente il 67% del PIL rispetto al 36% nel 2007), il quale innescherà un'inversione dell'accumulo di depositi. Il potere d'acquisto del dollaro diminuirà, anche perché oltre $4.000 miliardi di questi depositi sono di proprietà di stranieri.

La buona notizia è che il sistema bancario statunitense è meglio capitalizzato rispetto all'ultima crisi ed è improbabile che venga colto di sorpresa come nella crisi della Lehman. Di conseguenza è probabile che le banche statunitensi agiscano più prontamente e in modo deciso per proteggere il loro capitale, portando l'economia non finanziaria in una recessione più rapida. L'inflazione dei prezzi non diminuirà, perché ciò richiederebbe una contrazione del credito sufficiente a compensare la diminuzione della preferenza per detenere denaro rispetto alle merci. Qualsiasi contrazione del credito sarà scoraggiata dalla FED, cercando di evitare un crollo più profondo.

Il margine di manovra della FED sarà severamente limitato dall'aumento dell'inflazione dei prezzi, che può solo combattere con tassi d'interesse più elevati. Questi ultimi si trasformeranno in una trappola del debito che scatterà per le finanze pubbliche, costringendo la FED ad acquistare titoli del Tesoro USA mediante stimoli monetari. Il prossimo QE sarà giustificato da un deficit di bilancio in rapido aumento che supererà i $1.500+ miliardi e la FED vorrà sopprimere i costi di finanziamento rispetto a quello che il mercato richiederà. Le condizioni economiche saranno definite un grave caso di stagflazione. In realtà gli Stati Uniti saranno intrappolati in una trappola del debito dalla quale la linea di minor resistenza non farà che accelerare l'inflazione monetaria.

Risulterà difficile per i banchieri centrali neo-keynesiani capire la contraddizione (ma solo all'apparenza): un'economia può subire nello stesso momento un crollo e un'escalation dell'inflazione dei prezzi. È, tuttavia, la condizione di tutte le fluttuazioni monetarie e iperinflazioni subite dalle economie con monete fiat scoperte. La scelta sarà quella di riscrivere i libri di testo e possiamo essere certi che i neo-keynesiani si indispettiranno, perché sono intellettualmente incapaci di riformare la politica monetaria esistente in un modo per loro accettabile.

Questi sarebbero i risultati: una crisi continua, in progressivo peggioramento, con un arco temporale che andrebbe dai sei mesi ad un anno, seguita poi da un periodo di ripresa economica. Ma dobbiamo prendere in considerazione anche fattori esterni: c'è un'enorme punto interrogativo in questa analisi per l'economia statunitense e si tratta della politica monetaria statunitense a lungo coordinata con le politiche monetarie di altre importanti banche centrali del mondo.

L'elezione di Trump ha sconvolto questo assetto con l'inatteso stimolo fiscale e lo scempio che sta scatenando nel commercio internazionale. Il risultato è che la FED è scollegata dalle altre principali banche centrali, in particolare la Banca del Giappone e la Banca Centrale Europea. Pertanto, a differenza delle fasi di crisi dei precedenti cicli del credito, l'Eurozona vi entrerà con tassi d'interesse negativi, così come il Giappone, al cui interno ci sono enormi tensioni monetarie e bancarie. Metteremo da parte il Giappone nella nostra ricerca di effetti sistemici ed economici a cascata innescati dal rialzo dei tassi d'interesse della FED, concentrandoci invece sull'Eurozona.



L'Eurozona è irrimediabilmente fallita

È facile concludere che l'UE, e in particolare la zona Euro, sia una bomba finanziaria ad orologeria in attesa di esplodere. La maggior parte dei commenti si è concentrata su problemi apparentemente sistemati, come la Grecia, l'Italia o il salvataggio imminente di Deutsche Bank. Tutto sbagliato. La Banca Centrale Europea e la macchina dell'UE sono abili nell'affrontare problemi di questo tipo, soprattutto perché hanno la faccia tosta di mentire mentre acquistano di tutto. Come disse Mario Draghi, a qualunque costo.

C'è un presupposto affinché tutto questo funzioni. Il denaro deve continuare a fluire nel sistema finanziario più rapidamente di quanto la domanda per esso si espanda, perché la chiave è conservare i valori degli asset. E la BCE ha fatto proprio questo, con tassi di deposito negativi e il suo programma di acquisto di asset da €2.500 miliardi. Tale programma termina questo mese, rendendolo il probabile punto di svolta.

La maggior parte del denaro della BCE è stato speso in titoli di stato: garantire che i governi dell'Eurozona restassero nel sistema euro. In questo modo i politici dissoluti nelle nazioni mediterranee vengono presto dissuasi dal loro desiderio di tornare alle loro vecchie valute. Immaginate solamente i tassi d'interesse che gli italiani dovrebbero pagare in lire per i loro €2.850 miliardi di debito pubblico, data una base imponibile per il settore privato di soli €840 miliardi... appena un terzo del debito pubblico.

Non c'è voluto tanto tempo affinché i politici italiani capissero perché dovessero rimanere nel sistema dell'euro: la BCE avrebbe garantito di mantenere i tassi d'interesse significativamente più bassi di quanto non sarebbero stati altrimenti. Eppure la BCE sta ora rinunciando agli acquisti di asset, quindi non comprerà il debito italiano o altro. La manipolazione del mercato del debito sovrano dell'Eurozona è ad un punto di svolta. La fine di questa fonte di finanziamento per i PIIGS è davvero una questione molto seria.

Un effetto collaterale del QE della BCE è stata la riduzione dei prestiti bancari nella zona Euro al settore privato (visto che i soldi sono finiti praticamente tutti per finanziare i vari debiti pubblici). Ciò è illustrato nel grafico seguente.


In seguito alla crisi della Lehman, le banche sono state costrette ad aumentare i prestiti alle grandi aziende nel settore privato, i cui flussi di cassa avevano preso un brutto colpo. All'inizio del 2012 le cose hanno iniziato ad invertirsi e oggi le attività bancarie non finanziarie totali sono persino inferiori a quelle post-Lehman. La pressione normativa è una delle ragioni di questa tendenza, perché secondo le regole del Comitato di Basilea, il debito pubblico in euro non richiede una ponderazione del rischio, mentre il debito commerciale sì. Il sistema bancario dell'Eurozona si è caricato di debito pubblico a spese dei mutuatari commerciali non finanziari.

Il fatto che le banche non servano il settore privato aiuta a spiegare perché il PIL nominale dell'Eurozona sia rimasto stagnante, calando del 12% nelle sei principali economie dell'Eurozona negli ultimi dieci anni. Nel frattempo M3 dell'Eurozona è aumentato del 39,2%. Con il QE della BCE e l'applicazione del nuovo credito bancario commerciale bypassando l'economia reale, non sorprende se i tassi d'interesse siano ora in linea con quelli degli Stati Uniti, la cui economia è tornata alla piena occupazione sotto forti stimoli fiscali. Il risultato è stato che le banche possono indebitarsi sul mercato LIBOR in euro a tassi negativi, vendere euro per dollari ed investire in buoni del Tesoro degli Stati Uniti per un guadagno compreso tra il 25% e il 30%.

La politica monetaria della BCE è stata quella di ignorare questo arbitraggio sui tassi d'interesse al fine di sostenere una sopravvalutazione eccessiva nell'intera gamma delle obbligazioni denominate in euro. Non può andare avanti per sempre. Fortunatamente per Mario Draghi, la pressione per tirare il freno a mano è diminuita leggermente quando i segnali di un rallentamento economico negli Stati Uniti hanno reso necessario il posticipo di ulteriori rialzi dei tassi d'interesse.



TARGET2

Oltre a tutto ciò, il secondo segnale di pericolo è rappresentato dai massicci squilibri interbancari del TARGET2, i quali non hanno avuto importanza finché tutti credevano non avessero importanza. Questa fiducia è la colla che tiene insieme un gruppo eterogeneo di banche centrali nazionali. Ciò si riduce al mantenimento dei valori degli asset, perché anche se gli asset non sono formalmente designati come garanzie, i loro valori confermano la fiducia nel sistema TARGET2.

Grandi squilibri si sono accumulati tra le banche centrali intraregionali, come mostrato nel nostro prossimo grafico, a partire dal momento della crisi della Lehman.


La Bundesbank tedesca, con poco meno di €900 miliardi, è il creditore per eccellenza, e l'Italia, a poco meno di €490 miliardi, è il debitore per eccellenza. Questi squilibri riflettono l'accumulo di squilibri commerciali tra stati membri e movimenti di capitale non commerciali, i quali riflettono una fuga di capitali. Inoltre gli squilibri si verificano quando la BCE ordina ad una banca centrale regionale di acquistare obbligazioni emesse dal suo governo e dalle entità locali. Ciò rappresenta un deficit TARGET2 di €251 miliardi nei confronti della BCE, e le eccedenze per bilanciare questo deficit sono diffuse tra le varie banche centrali regionali. Ciò va a compensare altri deficit, quindi la Banca d'Italia deve molto più alle altre banche regionali di quanto suggeriscono i suoi €490 miliardi.

La fiducia nel sistema è cruciale per le banche centrali regionali creditrici, principalmente Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Finlandia. Se si verifica un deterioramento generale dei valori delle garanzie dell'Eurozona, gli squilibri TARGET2 inizieranno ad essere importanti per suddetti creditori.



Banche dell'Eurozona

Le banche commerciali dell'Eurozona affrontano una serie di problemi. Il modo migliore per illustrarli è tramite una breve lista:
  • Le azioni delle banche di rilevanza sistemica sono andate male dopo la crisi della Lehman. In Germania, le azioni di Commerzbank e Deutsche Bank sono scese dell'85% dai massimi post-Lehman, Santander in Spagna del 66% e Unicredit in Italia dell'88%. I prezzi delle azioni nel settore bancario sono di solito un barometro affidabile dei rischi sistemici.
  • La funzione principale di una banca dell'Eurozona è sempre stata quella di garantire il finanziamento del debito pubblico della propria nazione. Questo è diventato un problema sistemico particolarmente acuto nei PIIGS.
  • Basilea II e gli imminenti regolamenti di Basilea III non impongono alle banche di assumere un taglio di rischio sul debito pubblico, incoraggiandole quindi a sovrappesare il debito pubblico nei loro bilanci e sottopesare il debito societario. Le banche non servono più il settore privato, se non a malincuore.
  • Le banche dell'Eurozona tendono ad avere un gearing di bilancio superiore rispetto a quello di altre giurisdizioni. Un ribasso relativamente contenuto dei prezzi dei titoli di stato pone alcune di loro a rischio immediato e, se i prezzi delle obbligazioni scendono, saranno le banche più deboli a far cadere tutto il sistema bancario.
  • Le banche dell'Eurozona sono collegate al sistema bancario globale attraverso l'esposizione interbancaria ed i mercati derivati, quindi i rischi sistemici nell'Eurozona sono trasmessi ad altri sistemi bancari.

Questo elenco non è esaustivo, ma si può facilmente capire come in un contesto di calo dei prezzi degli asset e rendimenti in salita dei titoli di stato europei, aumenteranno anche le minacce sistemiche per l'intero sistema bancario. Come nel caso del fallimento di Anstalt nel 1931, una caduta del tassello rappresentato dall'UE può facilmente far cadere il resto del domino.



La stessa BCE è un rischio

Come affermato sopra, la BCE, attraverso i suoi vari programmi di acquisto di asset, ha causato l'accumulo di circa €2.500 miliardi di debiti, per lo più in titoli di stato. Le banche centrali del sistema euro ne hanno ora un totale di €4.640 miliardi. La maggior parte di questo debito è parcheggiata nei bilanci delle BCN, riflesso negli squilibri TARGET2.

Il capitale azionario della BCE è pari a €7.740 miliardi e il suo totale di bilancio è pari a €414 miliardi. Ciò consente un indebitamento sul capitale di base di 53 volte. I titoli detenuti a fini monetari (la parte del debito pubblico acquistata in base ai vari programmi di acquisto di asset riportati a bilancio) sono pari a €231 miliardi (aumenteranno ulteriormente nell'anno corrente). Ciò significa che una diminuzione del valore di questi titoli di appena il 3% cancellerà tutto il capitale della BCE.

Se la BCE vuole evitare una ricapitalizzazione imbarazzante quando, come ormai sembra sicuro, i rendimenti obbligazionari saliranno, deve continuare a manipolare i mercati delle obbligazioni in euro. Pertanto la reintroduzione dei suoi programmi di acquisto di asset per impedire ai rendimenti obbligazionari di salire, rappresenterà l'ultima spiaggia. La trappola del debito in cui si trovano i governi della zona Euro è diventata anche una trappola per la BCE.



Conclusione

Possiamo vedere come la crisi del credito sia stata ora innescata. Succede sempre ad un certo punto e gli inneschi sono stati di natura non monetaria, essendo la combinazione di una reflazione fiscale e l'imposizione di dazi sulle merci importate. L'indebolimento di altre economie sulla scia della guerra commerciale di Trump è un ulteriore fattore che indebolisce le prospettive economiche globali.

Dati questi sviluppi, la FED non ha avuto altra scelta che cercare di normalizzare urgentemente i tassi d'interesse, portando avanti la crisi del credito.

L'inazione da parte della FED avrebbe indubbiamente fatto accelerare l'inflazione dei prezzi, anche tenendo conto dei limiti di un indice dei prezzi al consumo fortemente soppresso. Il rallentamento dell'economia statunitense ha, almeno a breve termine, ridotto i fattori dell'inflazione dei prezzi. Ma come discusso in questo articolo è improbabile che tutto questo duri.

Questi sviluppi monetari sono giunti in un momento in cui due importanti banche centrali, la BCE e la Banca del Giappone, applicano ancora tassi d'interesse negativi. La disparità tra queste politiche e quella della FED, oltre a creare tensioni monetarie, porterà quasi certamente a rivedere le politiche monetarie. Questo mese terminerà il QE nell'Eurozona ed i prezzi delle obbligazioni dovrebbero diminuire in modo significativo. Seguirà sicuramente un aumento del tasso di deposito presso la BCE, ed è difficile vedere come si possa prevenire una crisi sistemica nella regione.

Dalla crisi della Lehman, l'inflazione è stata per lo più imbottigliata nel settore finanziario, mentre è statisticamente soppressa nell'economia produttiva. Tutto ciò sta per cambiare, cosa che porterà i depositi in eccesso delle banche a cambiare destinazione (non più la speculazione finanziaria). Non darà una spinta al consumo, perché i consumatori sono al massimo e la disoccupazione sta aumentando. Indebolirà il potere d'acquisto di una valuta fiat sempre più indesiderata e non voluta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


giovedì 24 gennaio 2019

Anatomia di uno shutdown del governo





di Chris Calton


Thomas Sowell era solito chiedere ai suoi studenti di immaginare una burocrazia che avesse due funzioni: fornire medicine ai bambini malati e costruire statue di Benedict Arnold. Poi chiedeva ai suoi studenti: se la burocrazia avesse dovuto subire tagli di bilancio, a quale funzione sarebbero stati interrotti i finanziamenti?

La risposta intuitiva, tra quelli di noi che non sono burocrati, dovrebbe essere tagliare i fondi alle statue di Benedict Arnold, ovviamente. Ci si potrebbe anche chiedere perché vengano finanziate statue in onore di un traditore... Ma Sowell diceva ai suoi studenti che la burocrazia è in realtà più incline a tagliare i finanziamenti alle medicina per i bambini malati.

Perché?

Burocrati e politici, come chiunque altro, sono individui interessati a sé stessi ed i loro interessi convergono verso un budget più grande possibile finanziato dai contribuenti. Quando si trovano di fronte a tagli di bilancio, per loro non ha senso tagliare i finanziamenti di quei programmi che la stragrande maggioranza dei contribuenti non si preoccuperebbe di finanziare. Non ci sarebbe alcuna lamentela. Ma tagliare i fondi in un'area che crea dolore reale per certe persone all'interno della popolazione (ad esempio, bambini malati o membri dell'esercito), spingerà quest'ultima ad essere pervasa da un sentimento di indignazione e a chiedere che il bilancio originale sia reintegrato (o addirittura aumentato!).

Con le richieste del presidente Trump di deviare i fondi dei contribuenti al suo muro di confine, la sua reazione è stata quella di minacciare l'arresto del governo. Questa tattica sembra essere sempre più popolare tra i politici che vogliono sostenere bilanci sempre più elevati e tasse più alte. L'ultimo "shutdown" è avvenuto cinque anni fa con Barack Obama, e sembra che molte persone abbiano già dimenticato il teatro politico che l'ha accompagnato. "Fermare" il governo, a quanto pare, significava pagare impiegati statali per mettere coni del traffico attorno ai monumenti e astenersi dal fare aggiornamenti su Twitter, tra le altre cose.

Tuttavia, mentre il governo continuava a spendere in cose come sussidi per incoraggiare la gente a mangiare il caviale prodotto dall'Idaho e, fino a poco tempo fa, la ricerca per la prevenzione del Millennium Bug, gli shutdown includevano l'arresto della paghe ai militari. Naturalmente il rifiuto del governo di pagare non esonera alcun membro del servizio dell'ordine di portare a termine i propri compiti. Ma proprio come diceva Sowell, la semplice minaccia di lasciare a secco i dipendenti del governo, in quel caso i militari, ha portato inevitabilmente all'indignazione pubblica ed a richieste di approvazione del budget presentato dal presidente. Non si discute, però, di tagliare i miliardi di dollari identificati come sprechi anche da organizzazioni non libertarie.

La realtà degli shutdown del governo è che quasi nulla viene effettivamente chiuso. Non sia mai che i dipendenti dell'Internal Revenue Service restino senza stipendio, per non parlare degli stessi politici. Lo spettro di uno shutdown del governo, accompagnato da interviste sui media dei dipendenti del governo, è tutto ciò che serve per spingere la popolazione a sostenere i programmi più insultati.

Nell'esempio più recente, Trump ha minacciato lo shutdown del governo per costringere il Congresso ad approvare i finanziamenti per il suo muro di confine. Una recente campagna di GoFundMe ha dimostrato che ci sono persone disposte a donare i propri soldi per il progetto (senza tasse obbligatorie), ma nessun contribuente è disposto a finanziare un muro di confine per l'importo approvato dal Congresso. Ma con la minaccia di un cosiddetto "shutdown del governo", gli oppositori sempre più accaniti del muro di Trump hanno chiesto al Congresso di fare tutto il possibile per impedire gli orrori che i demagoghi prevedono.

Per i libertari è facile acclamare la promessa di uno shutdown del governo. Sfortunatamente, anche se viene portata avanti la minaccia, la triste realtà è che uno shutdown del governo non è, e non è mai stato, qualcosa di più di una tattica per generare una protesta pubblica e consentire al governo di tassare e spendere quanto vuole. E la tattica sembra sempre funzionare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


mercoledì 23 gennaio 2019

La depressione del 2019-2021?





di Brendan Brown


La domanda che trascende tutto quello che succede quotidianamente sui mercati riguarda la natura del rallentamento economico che si sta verificando a livello globale. Questo rallentamento può essere visto sia all'interno che all'esterno degli Stati Uniti. Nel rivedere il laboratorio della storia, in particolare quegli esperimenti caratterizzati da una grave inflazione dei prezzi degli asset e non accompagnati da stime ufficiali elevate sull'inflazione dei prezzi al consumo, tre possibili "echi" meritano attenzione nelle prossime settimane e mesi. (La storia echeggia piuttosto che ripetersi!)



Impareremo dalla storia e quale sarà presto la storia?

I teorici della finanza comportamentale ci dicono a posteriori quale eco e quale esito siano più ovvi. Come scrive Daniel Kahneman (in Thinking Fast and Slow):
Il nocciolo del giudizio retrospettivo è che crediamo di comprendere il passato, il che implica che anche il futuro dovrebbe essere conoscibile; ma in realtà comprendiamo il passato meno di quanto pensiamo e la narrativa convincente favorisce un'illusione di inevitabilità; ma nessuna di queste storie può includere la miriade di eventi che avrebbero causato un risultato diverso.

Qualunque eco storica si rivelerà molto rumorosa man mano che la Grande Inflazione Monetaria del 2011-18 entrerà nella sua fase finale. Sia che guardiamo al 1927-9, 1930-3, o 1937-8, la storia sembrerà ovvia in retrospettiva, almeno secondo i cosiddetti esperti. Potrebbero esserci narrazioni in competizione su questi eventi, persino decenni nel futuro, proprio come ci sono ancora oggi su ciascuno degli episodi citati sopra. Ancora oggi la scuola Austriaca, i keynesiani ed i monetaristi raccontano storie molto diverse e nell'immaginario popolare il peso delle prove non ha messo in crisi nessuno di questi concorrenti.



Le storie che noi riteniamo importanti

E mentre ci occupiamo delle prospettive della finanza comportamentale su potenziali echi storici ed esiti reali del mercato, dovremmo prendere in considerazione le intuizioni di Robert Shiller nel raccontare storie (in "Irrational Exuberance"):
I feedback speculativi, che sono in effetti schemi Ponzi naturali, si ripresentano di tanto in tanto senza l'aiuto di un manager fraudolento. Anche se non ci sono manipolatori che fabbricano false storie e ingannano deliberatamente gli investitori nel mercato azionario, le storielle da imbonitori sono ovunque. [...] Il percorso di uno schema Ponzi naturale, se così possiamo chiamare le bolle speculative, sarà più irregolare dal momento che non esiste una manipolazione diretta, ma il percorso può talvolta assomigliare a quello di uno schema Ponzi quando è supportato da storielle.

In conclusione: le grandi inflazioni dei prezzi degli asset (anche se il termine "inflazione" rimane estraneo a Shiller!) sono popolate da "schemi Ponzi naturali", tra cui i tulipani olandesi, i golf club di Tokyo, i crediti dell'Islanda, ecc.; gli episodi meno conosciuti nella storia recente, ma molto più importanti dal punto di vista economico, includono le azioni finanziarie nel 2003-6 ed i FANMG nel 2015-18; e forse il più grande in questo ciclo potrebbe essere il private equity.



Echi delle crisi passate

In primo luogo, il 2019-21 potrebbe rappresentare un forte eco del 1926-8 (che a sua volta ha rappresentato un eco nel 1987-9, 1998-9 e 2015-17)?

La caratteristica del 1926-8 è stata un "supporto indiscusso da parte della FED" nel bel mezzo di un rallentamento dell'inflazione degli asset (insieme ad un rallentamento del ciclo di crescita, o addirittura all'insorgere di una recessione lieve), il quale riuscì ad innescare un nuovo rimbalzo e ad intensificare l'inflazione degli asset (per altri due anni o più). A metà del 1927 il governatore della FED di New York, Benjamin Strong, amministrò il suo coup de whiskey sul mercato azionario (e sul boom tedesco dei prestiti, nonostante la protesta del presidente della Reichsbank Schacht).

Le condizioni per cui la FED ebbe successo includono una narrativa speculativa ancora forte (le storielle non erano ancora diventate stantie); mal investimenti e altre forme di spesa in eccesso (inclusi i tipi di consumo) non erano ancora su una scala tanto grande da inficiare l'economia più ampia; e il camuffamento della leva, una componente degli "schemi di Ponzi naturali", non era stato ancora smascherato. I maghi, altrimenti chiamati "ingegneri finanziari", riuscirono a mantenere l'attenzione sui mercati.

In questo ciclo abbiamo superato la fase in cui un ulteriore supporto potrebbe sostenere ancora l'inflazione dei prezzi degli asset. E così passiamo alla seconda eco: potrebbe essere il 1937-8?

Ci sono alcune somiglianze: diversi anni di massiccio QE sotto l'amministrazione di Roosevelt (1934-6) culminarono in una bolla del mercato azionario e delle materie prime nel 1936, a cui la FED rispose effettuando un piccolo rialzo dei tassi d'interesse. Sotto enormi pressioni politiche, la FEd invertì queste misure all'inizio del 1937; un indebolimento del mercato azionario sembrò svanire. Ma poi arrivò il crash di fine estate/inizio autunno e la recessione di Roosevelt (all'incirca tra la metà del 1937 e la metà del 1938). Fu persino più grave della crisi del 1929-30. Ma poi ci fu un rapido rimbalzo.

Malgrado ciò ci sono motivi per essere scettici sul fatto che l'episodio del 1937-8 possa echeggiare nel prossimo futuro.

Nel 1937 c'erano stati appena tre anni di espansione economica. Le bolle del credito e della spesa per gli investimenti (mal investimenti) erano scarsamente visibili. E l'inflazione monetaria negli Stati Uniti era indipendente e molto diversa dalle condizioni monetarie in Europa, dove la recessione economica era molto più mite. E naturalmente il rimbalzo aveva molto a che fare con il riarmo militare.

È preoccupante che la terza possibile eco, quella della Grande Depressione del 1930-2, potrebbe essere la più probabile.

La Grande Depressione dal punto di vista degli Stati Uniti era costituita da due recessioni consecutive: prima la grave recessione dall'autunno 1929 a metà del 1931 e poi l'inizio immediato di una recessione ancora più devastante dall'estate del 1931 all'estate del 1932. Fu il crollo del credito globale, la liquidazione della bolla del credito degli anni '20 soprattutto per quanto riguarda il boom dei prestiti in Germania, che innescò la seconda recessione e spento una presunta ripresa a metà del 1931.

È possibile immaginare un processo a due stadi anche nel presente.

I ribassi nel mercato azionario accompagneranno un ritiro delle spese per consumi ed investimenti nei prossimi trimestri. Poi arrivano scossoni nel settore finanziario e del credito, man mano che i valori delle garanzie precipitano e le esposizioni emergono prorompenti. Nei primi anni '30 l'epicentro del crollo del credito fu l'Europa centrale (soprattutto la Germania); anche oggi sarebbe l'Europa, ma dovremmo prendere in considerazione l'Asia (e, naturalmente, la Cina in particolare).

E ci sono molti scenari che comprendono sviluppi politici e geopolitici che potrebbero aggravare i problemi della crisi globale. Infatti shock profondi rientrano nel normale range probabilistico nel Regno Unito, in Francia e in Germania. E tale punto di vista dovrebbe comprendere anche la Cina.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


martedì 22 gennaio 2019

La BCE crea posti di lavoro per i banchieri centrali piuttosto che salvaguardare la stabilità finanziaria





di Karl-Friedrich Israel


La politica della BCE dei tassi d'interesse a zero e negativi va avanti nonostante la ripresa economica. Un rialzo dei tassi non è previsto prima dell'autunno 2019. Gli ingenti acquisti di titoli di stato e obbligazioni societarie hanno raggiunto €2.600 miliardi. La vigilanza sui mercati finanziari da parte della BCE nell'ambito del Single Supervisory Mechanism (SSM), creato nel 2014 in risposta alla crisi, si sta diffondendo a macchia d'olio. Più di recente il vice-presidente della BCE, Luis de Guindos, ha espresso l'intenzione di monitorare il settore dei fondi d'investimento.

Tra il 1999 e il 2017, la spesa annuale totale della BCE è passata da €132 milioni a €1.086 milioni. Dal 2012 ha fatto registrare un tasso medio annuo del 12,4%. Il costo del nuovo edificio della BCE, che vale €1,3 miliardi, non è incluso in queste cifre. In termini di quota del prodotto interno lordo della zona Euro, le spese operative della BCE sono cresciute in media del 9,2% all'anno.

I costi del personale, che rappresentano oltre il 90% della spesa totale, sono aumentati del 19,2% all'anno sin dal 2012. Il numero di dipendenti a tempo pieno è più che raddoppiato dal 2012, da 1.638 a 3.384. I costi medi per dipendente sono aumentati da €83.364 nel 1999 a €158.171 nel 2017. Ciò corrisponde al 3,6% annuo. Come mostrato nel grafico qui sotto, l'aumento generale dei costi è fortemente correlato ai tagli dei tassi d'interesse. Ma perché?


La teoria della burocrazia di William Niskanen (1971) ci fornisce qualche risposta. Questa teoria presuppone che le istituzioni amministrative vogliano massimizzare i loro budget per aumentare il loro potere, il loro prestigio e le opportunità di carriera dei loro dipendenti. Con lo scoppio della crisi finanziaria europea, la BCE ha conquistato una posizione centrale nella vigilanza sovranazionale sui mercati finanziari nell'area Euro. Da allora ha diretto le 120 maggiori banche dell'area Euro e indirettamente la maggior parte delle altre.

Allo stesso tempo, la BCE influenza la stabilità finanziaria attraverso la sua politica monetaria. Se da un lato, dal 2008 al 2012, la BCE ha calmato i mercati finanziari attraverso un'ampia espansione monetaria, dall'altra il denaro a basso costo ha creato il potenziale per una crescita eccessiva del credito (Schnabl 2017), che la BCE sta cercando di arginare attraverso una maggiore regolamentazione e maggiori requisiti patrimoniali per le banche.

Inoltre il denaro a buon mercato della BCE sta alimentando le azioni e le bolle immobiliari nella zona Euro settentrionale. Il potenziale scoppio di queste bolle richiede ulteriori misure normative per contenerne il rischio. Dato che l'inasprimento della regolamentazione non ha ridotto questo tipo di rischio, una volta che le bolle esploderanno la BCE potrà affermare di aver tentato di contenere il rischio. Infine la politica monetaria ultra allentata sta deprimendo i margini di interesse nel settore bancario tradizionale, che, insieme ai crescenti costi della regolamentazione, sta mettendo in difficoltà finanziarie soprattutto le banche di piccole e medie dimensioni. La BCE cerca di tenere traccia di questo processo mediante stress test.

In breve, mentre la politica monetaria ultra allentata della BCE ha creato grossi rischi nel sistema finanziario, la supervisione del mercato finanziario da parte della BCE punta o finge di contenere questi rischi. La crescente complessità della regolamentazione bancaria sembra giustificare non solo un maggior numero di dipendenti, ma anche sostanziali aumenti salariali. La politica monetaria ultra allentata può quindi essere vista anche come un programma di creazione di posti di lavoro per le banche centrali. Poiché le banche europee, a differenza delle banche statunitensi, non si sono riprese dopo la crisi, l'obiettivo di creare stabilità finanziaria non è stato raggiunto.

È facile per la BCE finanziare le sue spese crescenti. Ogni altra istituzione amministrativa deve richiedere un bilancio più elevato e poi aspettare che sia approvato da autorità superiori, e ogni euro viene combattuto a causa delle risorse scarse. Al contrario la BCE non solo è politicamente indipendente, ma anche finanziariamente indipendente. Può fare uso dei profitti scaturiti dalla sua politica monetaria. Quindi non c'è da stupirsi se le spese della BCE siano salite mentre i tassi d'interesse siano scesi e i programmi d'acquisto di titoli siano stati estesi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/