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venerdì 18 luglio 2025

La Matrix originale: cosa non vi insegnano riguardo il denaro

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Brent Johnson

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-matrix-originale-cosa-non-vi-insegnano)

«Prendi la pillola blu e la storia finisce, ti svegli nel tuo letto e credi a quello che vuoi credere. Prendi la pillola rossa e resti nel Paese delle Meraviglie e ti mostrerò quanto è profonda la tana del Bianconiglio.»

~ Morpheus, Matrix


Cos'è il denaro?

Alcune cose nella vita sono così profondamente radicate nella nostra esistenza quotidiana che raramente ci fermiamo a metterle in discussione.

Sono semplicemente lì, operanti in background, così fondamentali per la nostra esistenza da sembrare naturali come l'aria che respiriamo.

Le usiamo, ci affidiamo a loro e ci muoviamo nel mondo dando per scontato che siano esattamente come dovrebbero essere.

Ad esempio, tutti conoscono la frase “Il denaro fa girare il mondo”.

Raramente viene messa in discussione ed è piuttosto accettata come ovvietà.

Ogni giorno vi svegliate, pagate le bollette, andate al lavoro e controllate il vostro conto in banca, credendo di comprendere il sistema in cui operate.

Ma vi siete mai chiesti: cos'è veramente il denaro?

Non la definizione sui libri di testo.

Non la teoria economica che avete imparato a scuola.

Ma la verità.

Il denaro è ovunque. Determina chi mangia e chi muore di fame, chi si eleva e chi crolla. Costruisce imperi e distrugge civiltà.

Ha alimentato rivoluzioni, finanziato guerre e controllato il destino di intere nazioni.

È probabilmente la forza più potente sulla Terra, eppure la maggior parte delle persone non si ferma mai a interrogarsi sulle sue origini, sul suo scopo, o sulla sua vera natura.

Usiamo il denaro ogni singolo giorno. Lo guadagniamo, lo spendiamo, lo risparmiamo. Ci scambiamo tempo ed energie. Determina dove viviamo, cosa possediamo e le opportunità che abbiamo a disposizione.

È così profondamente radicato nella nostra vita che metterlo in discussione sembra assurdo, come mettere in discussione la gravità, o l'aria che respiriamo.

Ma vi siete mai chiesti chi decide cos'è il denaro? Chi, o cosa, gli dà valore? O chi lo controlla?

E, cosa ancora più importante, cosa succederebbe se giocassimo a un gioco le cui regole erano state truccate prima ancora che nascessimo?

Per chi è disposto a guardare oltre la superficie, le risposte potrebbero essere sorprendenti.

Ma attenzione: una volta che si iniziano a porre le domande giuste, non si torna più indietro.


Definizioni tradizionali di denaro

Il denaro è uno degli aspetti della civiltà umana più universalmente riconosciuti, ma meno esaminati.

Influenza ogni aspetto della nostra vita, dettando le nostre opportunità economiche, plasmando il commercio globale e agendo come una forza centrale in modi che pochi considerano.

Eppure, nonostante la sua onnipresenza, il denaro rimane un concetto profondamente frainteso.

Sebbene tutti lo usiamo, pochi di noi si soffermano a valutare veramente cos'è, come funziona e se davvero funziona come immaginiamo.

L'obiettivo qui non è convincere nessuno di una prospettiva specifica, ma riflettere in modo critico sul denaro: cosa rappresenta realmente e se la realtà corrisponde a ciò che ci è stato insegnato.

Se fermassi qualcuno per strada e gli chiedessi se sa cos'è il denaro, quasi certamente risponderebbe con un sicuro sì.

Tuttavia, se lo incalzassi ulteriormente e gli chiedessi di darne una definizione appropriata, la risposta potrebbe non arrivare altrettanto rapidamente. La certezza iniziale probabilmente lascerebbe il posto all'esitazione nella ricerca di una risposta.

Se si insistesse un po' di più, o si rivolgesse la domanda a qualcuno esperto di finanza o teoria economica, le risposte diventerebbero probabilmente più strutturate.

A questo livello le persone potrebbero iniziare a descrivere le caratteristiche associate a una forma forte di moneta – qualità che la rendono efficace come mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto.

Se poi la conversazione dovesse andare ancora oltre, chi riflette in modo critico sulla questione potrebbe andare oltre le caratteristiche della moneta e concentrarsi invece su cosa fa effettivamente.

Potrebbero iniziare a discutere del suo ruolo nel facilitare il commercio, della sua funzione nel saldare i debiti, o della sua importanza nelle transazioni economiche.

Tuttavia anche se tutti questi punti fossero accettati come veri, il nocciolo della questione rimane: cos'è?

Al suo livello più fondamentale, un mezzo di scambio deve essere una “cosa”. E di cosa sono fatte le cose tangibili?

Merci.

Secondo questo ragionamento, la moneta – ridotta alla sua forma più elementare – è una merce.

E le merci sono composte da elementi presenti nella Tavola Periodica. Tuttavia non qualsiasi merce (o qualsiasi elemento) può fungere da moneta.

Se una particolare merce è ampiamente richiesta e possiede alcune (o tutte) le caratteristiche che definiscono una moneta forte, allora cessa di essere solo una merce e invece trascende, diventando essa stessa denaro.

A questo punto diventa spesso chiaro che il denaro è la merce più commerciabile, un bene che funge da estintore definitivo del debito e che è stato selezionato dalle forze del libero mercato nel corso del tempo.

Questa definizione trova riscontro in molti di coloro che hanno studiato la storia della moneta e come le sue diverse forme si siano evolute nel tempo.

Spingendo questo concetto un passo avanti, e riconoscendo che il denaro è una merce e che le merci sono composte da elementi della Tavola Periodica, si potrebbero persino valutare i vari elementi per vedere quale di essi abbia il maggior numero di caratteristiche che gli consentirebbero di “ascendere” a diventare denaro.

Facendo così ci si renderebbe conto che esiste una merce che è stata a lungo considerata una delle forme più forti di moneta. Grazie al suo insieme unico di attributi che la rendono altamente efficace come mezzo di scambio e riserva di valore.

Una delle sue qualità più distintive è la durevolezza: a differenza della cartamoneta, o di altri beni deperibili, non si corrode, non si ossida né si degrada nel tempo, garantendo il mantenimento del suo valore nel corso delle generazioni.

Questa durevolezza gli consente di fungere da forma di conservazione della ricchezza affidabile, poiché non soccombe all'azione del tempo o alle condizioni ambientali.

Un'altra caratteristica fondamentale di questa merce è la sua divisibilità.

A differenza di altre merci può essere fusa e divisa in unità più piccole senza perdere il suo valore intrinseco, consentendo transazioni di varie dimensioni.

Questo la rende più pratica come mezzo di scambio rispetto a beni che non possono essere facilmente scomposti.

Inoltre è fungibile, il che significa che ogni unità è identica a un'altra unità dello stesso peso e purezza. Questa intercambiabilità garantisce che possa essere scambiata senza discrepanze di valore, rendendola un mezzo di scambio altamente efficiente.

È apprezzata anche per la sua portabilità.

Pur essendo un bene fisico, possiede un elevato rapporto valore/peso, consentendo a privati ​​e istituzioni di trasportare ingenti quantità di ricchezza in un formato compatto e pratico.

Questa portabilità, unita alla sua riconoscibilità, ne rafforza lo status di forma di denaro ampiamente accettata e affidabile.

In tutte le culture e nel corso della storia è stata universalmente riconosciuta come riserva di valore e il suo aspetto distintivo, e le sue proprietà uniche, la rendono difficile da contraffare.

Oltre a queste qualità, possiede anche la scarsità, una caratteristica fondamentale che ne ha preservato il valore nel tempo.

La sua offerta è naturalmente limitata dai vincoli fisici di estrazione e produzione.

Questa intrinseca scarsità impedisce l'inflazione artificiale e garantisce il mantenimento del suo potere d'acquisto per lunghi periodi.

Infine la sua malleabilità ne aumenta l'utilità, poiché può essere modellata in monete, lingotti, o gioielli senza perdere le sue proprietà essenziali.

Questa adattabilità la rende estremamente versatile, consolidando ulteriormente il suo ruolo di una delle forme di denaro più efficaci e durature.

Stiamo ovviamente parlando dell'oro.

E in effetti, nel corso della storia, l'oro ha incarnato tutte le qualità della moneta forte: è scarso, durevole, divisibile, trasferibile e ampiamente riconosciuto.

Il suo ruolo di lunga data nei sistemi economici ha portato molti ad affermare che rimanga la forma di denaro per eccellenza.

A questo punto, un'alzata di mano potrebbe rivelare un ampio consenso su questa prospettiva.

Ma prima di giungere a una conclusione definitiva, vale la pena fermarsi e chiedersi: la storia ha sempre funzionato tramite un sistema di libero mercato?

Ancora più importante, la moneta è sempre stata determinata dal libero mercato o è intervenuta un'altra forza?


Il denaro come costrutto controllato dallo stato

Un presupposto comune che deve essere accettato quando si utilizza la definizione di denaro sopra riportata è che i mercati operino liberamente, guidati dallo scambio volontario e dalla concorrenza.

Ma questo corrisponde alla realtà storica?

La storia è sempre stata caratterizzata da un libero mercato? O, cosa ancora più importante, il mondo è mai stato veramente governato dai principi del libero mercato?

Queste domande sono essenziali, ma ci impongono di guardare il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse. Il che porta a una discussione più ampia sulla natura stessa del denaro.

Se ipotizziamo che il denaro sia semplicemente una merce scelta dalle forze del libero mercato, allora dobbiamo conciliare questo presupposto con le prove storiche.

E il fatto è che esiste un'altra prospettiva, che sfida la definizione tradizionale di denaro e ci costringe a riconsiderare se il denaro sia mai stato un fenomeno puramente guidato dal mercato.

Se la storia ci insegna qualcosa, è che lo stato ha svolto un ruolo significativo nel plasmare la storia nel suo complesso. Lo stato ha anche svolto un ruolo significativo nello sviluppo dei sistemi monetari.

Quindi, se ci occupiamo del mondo così com'è, piuttosto che come vorremmo che fosse, questo semplice fatto non può essere ignorato.

Nel corso della storia gli stati hanno emesso varie forme di moneta fiat, non in risposta alla domanda del libero mercato, ma come meccanismo per facilitare il commercio, affermare il controllo e sostenere i sistemi economici.

Gli antichi imperi spesso coniavano monete fatte di metalli vili, imprimendole con le immagini dei sovrani o dei simboli dello stato, garantendo che il loro valore fosse determinato da un decreto piuttosto che da un valore intrinseco.

Questi primi sistemi monetari stabilirono un precedente in cui lo stato, piuttosto che le forze del mercato, dettava cosa funzionasse come denaro.

Durante il Rinascimento e oltre, le banconote cartacee emersero come uno strumento monetario diffuso. Inizialmente queste banconote erano coperte da metalli preziosi, rafforzandone la legittimità e la fiducia.

Tuttavia, nel tempo, si sono gradualmente evolute in pura moneta fiat, completamente svincolata da qualsiasi bene fisico.

Questa trasformazione ha permesso agli stati e alle banche centrali di esercitare un grande potere decisionale sui sistemi monetari, non essendo più vincolati da riserve finite di oro o argento.

Anche i governi coloniali hanno svolto un ruolo significativo nella storia monetaria, emettendo cambiali come mezzo per gestire il commercio e l'attività economica.

Queste cambiali hanno funzionato come prime forme di valuta coperta dallo stato, rappresentando un obbligo piuttosto che una riserva di valore tangibile.

Con il passare del tempo le valute fiat sono diventate la forma di denaro dominante, con gli stati moderni che hanno adottato valute nazionali come il dollaro, l'euro e lo yen.

Oggi la moneta fiat esiste sia in forma fisica che digitale, a testimonianza della continua evoluzione dei sistemi monetari statali.

Se accettiamo questa realtà storica, allora dobbiamo chiederci: il denaro è davvero un prodotto del libero mercato o è sempre stato plasmato e definito da chi detiene il potere?

O, in altre parole: il denaro è davvero la merce più commerciabile scelta dagli individui, liberi pensatori, o è uno strumento potente imposto dal Re?

Per rispondere a queste domande, è innanzitutto necessario sviluppare le competenze necessarie per comprendere al meglio il proprio ambiente.


Consapevolezza situazionale

La consapevolezza situazionale è un'abilità fondamentale che consente agli individui di percepire, comprendere e anticipare gli eventi che li circondano, consentendo loro di prendere decisioni consapevoli e agire efficacemente.

Si compone di tre componenti essenziali: in primo luogo, la capacità di percepire elementi critici nell'ambiente, come persone, oggetti ed eventi in corso; in secondo luogo, la capacità di comprenderne il significato e il potenziale impatto; e in terzo luogo, la capacità di prevedere gli sviluppi futuri sulla base delle informazioni disponibili.

Questa abilità è indispensabile in ambienti ad alto rischio come l'aviazione, le operazioni militari, la sanità e il mondo degli affari, dove la capacità di riconoscere segnali sottili e reagire di conseguenza può fare la differenza tra successo e fallimento.

Lo stesso principio si applica all'allocazione del portafoglio, dove i mercati finanziari sono in costante evoluzione e una mancanza di consapevolezza può portare a perdite devastanti.

Al di là degli ambiti professionali, la consapevolezza situazionale svolge un ruolo fondamentale nella vita quotidiana, migliorando la sicurezza personale, il processo decisionale e consentendo agli individui di orientarsi efficacemente in un mondo in continua evoluzione.

Senza questa competenza, le persone rischiano di essere colte di sorpresa, di fare scelte sbagliate e di subire conseguenze evitabili.

Che si applichi alla sicurezza personale, alle decisioni finanziarie, o al pensiero strategico, la consapevolezza situazionale è uno strumento vitale per ottimizzare i risultati in un mondo pieno di incertezza.

Un esempio di applicazione della consapevolezza situazionale al nostro attuale argomento è rappresentato dallo scenario seguente.


L'economia carceraria

Come accennato in precedenza, per ottimizzare le proprie circostanze, è necessario comprendere appieno l'ambiente in cui si opera.

Questo principio è chiaramente illustrato nell'ecosistema chiuso delle economie carcerarie, dove non esistono sistemi monetari tradizionali.

In tali ambienti i detenuti si affidano a forme di valuta alternative, scegliendo beni durevoli, ampiamente accettati e facilmente scambiabili.

Ad esempio, le sigarette hanno storicamente funzionato come una valuta efficace dietro le sbarre.

Sono molto richieste, facilmente divisibili per piccole transazioni e ampiamente riconosciute come unità di scambio.

Le sigarette possono essere scambiate con cibo, servizi o altri beni di prima necessità, creando un'economia di baratto che rispecchia i sistemi finanziari tradizionali.

Analogamente le scatolette di sardine si sono affermate come merce di valore in alcuni contesti carcerari.

La loro natura non deperibile, unita al loro valore nutrizionale, le rende una riserva di ricchezza affidabile che mantiene la sua utilità nel tempo.

In assenza di una moneta ufficialmente riconosciuta, questi beni assumono le caratteristiche di mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto: gli stessi principi che definiscono il denaro stesso.

Questa economia informale all'interno delle carceri funge da microcosmo per sistemi monetari più ampi, dimostrando che il denaro non è definito solo da un decreto statale, ma da ciò che le persone riconoscono collettivamente come avente valore.

Gli insegnamenti che si possono trarre da questi ambienti controllati sottolineano l'importanza dell'adattabilità, dell'intraprendenza e della comprensione delle forze economiche, indipendentemente da dove si operi.

È anche importante capire che, sebbene sia le sigarette che le sardine siano diventate forme di denaro popolari in ambienti controllati, non lo sono diventate solo grazie alla commerciabilità delle loro qualità intrinseche.

Si consideri uno scenario all'interno di un'economia carceraria dove le sardine sono ampiamente accettate come moneta. In questo sistema fungono da mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto, svolgendo tutte le funzioni necessarie del denaro.

Tuttavia, cosa succede quando un detenuto viene trasferito in una struttura diversa, dove le dinamiche di potere sono diverse?

In questa nuova prigione, la figura dominante – quella che detiene la maggiore influenza – odia le sardine ma ama le sigarette.

Ha dichiarato, per decreto, che le sigarette sono ora la forma di pagamento richiesta.

In un simile contesto, non importa più che le sardine un tempo avessero un valore monetario. Le regole sono cambiate e la nuova figura autoritaria ha imposto un nuovo sistema.

In questa situazione, avrebbe senso insistere sul fatto che le sardine siano ancora denaro?

Oppure il prigioniero sarebbe costretto ad adattarsi al nuovo standard, riconoscendo che il denaro non è determinato solo da qualità intrinseche, ma piuttosto dalle strutture di potere che ne impongono l'uso?

Vi prendereste la responsabilità di cercare di convincere la figura dominante che è sbagliato pretendere sigarette e che dovrebbe affidarsi ai principi del libero mercato piuttosto che ai propri bisogni e desideri?

Questo esempio solleva una domanda cruciale: se potessimo scegliere, preferiremmo una forma di denaro basata sul mercato, determinata organicamente dal libero scambio, o un sistema in cui il denaro è dettato da un'autorità centrale che detiene il potere sui partecipanti?

La maggior parte delle persone propenderebbe istintivamente per la prima opzione, credendo che il libero mercato debba determinare la migliore forma di denaro.

E poiché credono che il libero mercato sarebbe migliore, allora credono che sia così che i mercati si sono sviluppati nel corso della storia.

Tuttavia questa prospettiva presenta un problema, raramente riconosciuto.

Nonostante la sua ampia accettazione nei manuali di economia e nei modelli teorici, ci sono poche prove storiche che il baratto su larga scala e il libero scambio abbiano mai costituito il fondamento dei sistemi monetari.

L'ipotesi che i mercati producano denaro naturalmente senza alcuna forma di struttura imposta non è in linea con gran parte della documentazione storica.

Questo mette in discussione l'idea che il denaro si sia evoluto come prodotto del libero mercato e ci costringe a riconsiderare se le sue origini siano più strettamente legate al potere, all'autorità e alle regole imposte piuttosto che allo scambio volontario.

La maggior parte delle persone presume che il denaro sia sempre stato determinato dalle forze del libero mercato, ma la storia racconta una storia diversa, in cui potere, controllo e coercizione hanno plasmato i sistemi finanziari in modi che pochi si soffermano a considerare.

Quindi, se il denaro non è ciò che pensiamo che sia, cosa significa per tutto il resto?


Debito, potere ed evoluzione dei sistemi monetari

La narrazione convenzionale sulle origini del denaro suggerisce che si sia evoluto naturalmente dai sistemi di baratto, in cui gli individui si scambiavano direttamente beni e servizi.

Tuttavia David Graeber, nel suo libro Debt: The First 5.000 Years, contesta questa ipotesi, sostenendo che ci sono poche prove storiche a sostegno dell'idea che il baratto sia mai stato il fondamento primario dei sistemi economici.

I libri di testo di economia spesso descrivono le società primitive come impegnate nel baratto prima dell'introduzione del denaro, ma la ricerca di Graeber suggerisce il contrario.

Sostiene invece che il debito, non il baratto, fosse il fondamento dello scambio economico.

Nelle società antiche il commercio si basava spesso su sistemi di credito, in cui gli individui scambiavano beni e servizi sulla base di fiducia e obblighi reciproci piuttosto che su un pagamento fisico immediato.

Questi sistemi non richiedevano denaro in senso tradizionale, ma si basavano su contratti sociali e accordi informali.

Nel corso del tempo questi sistemi di credito si sono formalizzati in debito strutturato, portando infine all'emergere del denaro come mezzo istituzionalizzato per saldare i propri oneri.

Graeber ripercorre l'evoluzione del debito nel corso della storia, illustrando come si sia profondamente radicato nei sistemi economici e politici, spesso fungendo da mezzo di controllo piuttosto che da mera facilitazione degli scambi.

Critica i modi in cui il debito è stato utilizzato per imporre gerarchie sociali, plasmare dinamiche di potere e limitare l'autonomia individuale.

Riformulando la storia del denaro attorno al debito, Graeber fa luce sui meccanismi sociali sottostanti che governano i sistemi economici, meccanismi a lungo trascurati o fraintesi.

Ad esempio, è noto che nel corso della storia i governanti hanno esercitato un controllo diretto sull'attività economica, utilizzando coercizione, tassazione e debito strutturato per plasmare i sistemi monetari.

In alcuni casi il potere veniva imposto attraverso la coscrizione vera e propria, in cui il re arruolava i cittadini nel suo esercito, esigeva il loro lavoro per progetti infrastrutturali o li costringeva alla servitù per gli sforzi di costruzione dello stato.

C'era poco spazio per il rifiuto: chi si opponeva spesso rischiava la morte o la prigione.

In altri casi intere economie funzionavano secondo sistemi feudali, dove i contadini erano costretti a lavorare la terra, generando ricchezza che alla fine andava a beneficio della classe dominante.

In tali sistemi i contadini erano tenuti a pagare le tasse “in natura”, il che significa che cedevano una parte dei loro raccolti, del bestiame, o di altri beni direttamente alla monarchia.

Al netto della tassazione rimaneva loro solo ciò che serviva alla propria sopravvivenza.

Tuttavia mantenere il controllo con la forza diretta ha i suoi limiti. Richiede risorse, sforzi e una minaccia costante di violenza.

Un sistema più efficiente sarebbe stato quello in cui il controllo fosse mantenuto senza una costante imposizione, un sistema in cui gli individui si sottomettessero volontariamente, credendo di avere il controllo delle proprie decisioni economiche.

Considerando questo, cosa accadrebbe se il re ideasse un sistema in cui, invece di esigere beni materiali, o lavoro diretto, emettesse una valuta, una moneta usata per rifornire il suo regno?

E se, alla fine della stagione, o dell'anno, chiedesse ai suoi cittadini di restituire una parte di quella valuta sotto forma di tasse?

In questo modello gli individui continuerebbero a lavorare per sostenere il sistema, ma invece di subire una coercizione diretta sarebbero costretti a partecipare all'economia per guadagnare la valuta emessa.

La necessità di ottenere monete per pagare le tasse creerebbe domanda per la valuta stessa, attribuendole valore non per il suo valore intrinseco, ma perché è l'unico modo per soddisfare gli obblighi verso lo stato.

Infatti tutto questo sarebbe l'equivalente del lavoro forzato, o della tassazione diretta, ma in un modo più sottile, efficiente e facile da gestire. Il sistema di controllo esisterebbe ancora, ma ora apparirebbe volontario.

Prima di scartare questa idea come inverosimile, vale la pena riflettere sulle parole di Johann Wolfgang von Goethe che una volta disse: “Nessuno è più irrimediabilmente schiavo di coloro che credono falsamente di essere liberi”.


Debito, controllo e la natura del potere

Il concetto di debito come meccanismo di controllo è efficacemente illustrato nel film L'Internazionale, dove Umberto Calvini, un importante produttore di armi a livello mondiale, spiega agli investigatori del riciclaggio di denaro perché una grande banca europea stia intermediando armi leggere cinesi per i conflitti del Terzo Mondo.

Gli investigatori presumono che la banca stia semplicemente traendo profitto dalla guerra, ma Calvini chiarisce che il vero obiettivo non è controllare il conflitto in sé, ma controllare il debito che la guerra crea.

«La IBBC è una banca. Il suo obiettivo non è controllare il conflitto, ma controllare il debito che il conflitto produce.

Vede, il vero valore di un conflitto – il vero valore – sta nel debito che crea.

Controllando il debito, controlli tutto. Lo trova sconvolgente, vero? Ma questa è l'essenza stessa del settore bancario: renderci tutti, nazioni o individui, schiavi del debito.»

Le parole di Calvini sottolineano una realtà agghiacciante: la guerra (e il debito) non riguardano solo la terra, le risorse, o l'ideologia... sono uno strumento finanziario.

Assicurandosi che stati e individui rimangano indebitati, le istituzioni finanziarie e coloro che le controllano possono esercitare un'influenza a lungo termine su intere nazioni.

Questo sposta l'attenzione dal controllo diretto attraverso la forza fisica alla sottomissione economica attraverso cicli di debito perpetui.

L'idea che il controllo si estenda oltre la guerra e la finanza viene ulteriormente esplorata nel film Matrix, dove Morpheus rivela a Neo l'inquietante verità sul mondo in cui vive.

Neo, come tutti gli altri, crede di vivere in una realtà in cui fa le proprie scelte.

Ma Morpheus smaschera questa illusione creata appositamente per tenere le persone in schiavitù senza che se ne accorgano.

Quando Neo chiede cos'è Matrix, Morpheus spiega:

«Matrix è un mondo onirico generato al computer, costruito per tenere le persone sotto controllo al fine di trasformare un essere umano in... questo.»

In quel momento Morpheus solleva una batteria, rivelando l'orribile verità: l'umanità stessa è stata ridotta a una fonte di energia per un sistema invisibile.

Nel contesto dei sistemi finanziari, questa analogia è sorprendente.

Proprio come le macchine di Matrix estraggono energia dagli esseri umani, le strutture economiche moderne estraggono ricchezza, lavoro e produttività dagli individui, spesso senza che ne siano consapevoli.

La maggior parte delle persone non mette mai in discussione il sistema in cui è nata, proprio come Neo non ha mai messo in discussione il suo mondo finché non è stato costretto a confrontarsi con una scomoda verità.

Tracciando queste connessioni, diventa chiaro che debito, controllo economico e influenza sistemica funzionano in modi che vanno ben oltre ciò che la maggior parte delle persone percepisce.

La domanda allora diventa: se il mondo in cui viviamo opera secondo un sistema a cui non abbiamo mai acconsentito, e che la maggior parte delle persone non comprende nemmeno, quanta della nostra realtà è veramente nostra?


La Matrix monetaria

Dopo aver esplorato diverse prospettive, torniamo alla domanda fondamentale: cos'è il denaro?

Ma prima di tentare di rispondere, considerate questo: siete pronti a prendere la Pillola Rossa?

E se, riecheggiando le parole di Umberto Calvini ne L'Internazionale e di Morpheus in Matrix, il denaro non fosse semplicemente uno strumento di scambio, né semplicemente un prodotto dell'evoluzione del libero mercato?

E se il denaro non fosse mai stato neutrale, ma piuttosto fosse sempre stato un meccanismo di controllo?

Se così fosse, allora il denaro non è solo uno strumento economico, è la Matrix originale.

Esiste da quando esistono le strutture di potere, plasmando le civiltà, garantendo il rispetto delle regole e mantenendo le gerarchie migliaia di anni prima che i moderni sistemi finanziari fossero concepiti.

Non è emerso organicamente dai liberi mercati, ma è stato implementato e imposto da chi deteneva il potere.

Se quest'idea sembra radicale, considerate l'analogia: il denaro è un costrutto creato dallo stato, costruito per tenere le persone sotto controllo, proprio come Matrix ha schiavizzato l'umanità, trasformandola in batterie per un sistema invisibile.

Le parole di Morpheus sulla trasformazione degli umani in una batteria illustrano perfettamente questo concetto.

Ma quando Neo si confronta con questa realtà, la sua prima reazione è di orrore e rifiuto.

Rifugge l'idea, rifiutandola categoricamente:

«Non ci credo. Non è possibile.»

E forse, proprio ora state avendo la stessa reazione.

Forse questa idea sembra troppo inverosimile, troppo estrema per essere reale.

Ciononostante... potete essere completamente certi che sia sbagliata?

La sfida non è accettare o rifiutare questa idea a priori; la sfida è guardare il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse.

Se ci riuscite, allora dovete essere come minimo disposti a chiedervi: e se tutto ciò che pensavate di sapere sul denaro fosse un'illusione?

Ma prima di giungere a una conclusione, diamo un'occhiata più da vicino ad alcune prove; prove che tutti noi abbiamo sperimentato direttamente.


Le prove

Fin dal momento in cui nasciamo, entriamo in un ambiente controllato, in cui la registrazione è obbligatoria e a ogni individuo viene assegnato un numero identificativo.

Questo sistema non viene definito prigione, ma piuttosto stato o Paese.

Eppure, nonostante la terminologia diversa, la struttura ha una somiglianza inquietante con un'istituzione progettata per gestire e contenere i suoi abitanti.

Ma a differenza delle prigioni tradizionali, questo sistema è molto più sofisticato. Qui non si viene semplicemente rinchiusi, ma viene fatto credere di essere liberi.

Non si vive in questo sistema gratuitamente. C'è un costo, un obbligo ricorrente che deve essere soddisfatto. Non chiamano questi pagamenti “spese di detenzione”, ma “tasse”.

Anche se si è tenuti a pagare, si ha poco o nessun controllo su come il denaro viene speso.

E a peggiorare le cose, per ottenere il denaro necessario a pagare queste tasse, bisogna prima lavorare all'interno del sistema stesso.

L'economia è strutturata in modo tale che si debba guadagnare la valuta statale, che può poi essere utilizzata per pagare le tasse.

Non c'è alternativa. Almeno non uno che non implichi la minaccia di prigionia o violenza.

Ma non finisce qui.

Il sistema non si limita a esigere il vostro lavoro, ma vi incoraggia anche a indebitarvi.

Vi presenta nuovi prodotti scintillanti, nuovi lussi, nuove promesse, invogliandovi a indebitarvi ulteriormente, assicurandosi che rimaniate legati al sistema, dipendenti dalla sua valuta e intrappolati in un ciclo da cui è quasi impossibile uscire.

A differenza di una prigione fisica, dove i confini sono visibili, i muri di questo sistema sono invisibili, ed è questo che li rende così efficaci.

Potreste credere di essere liberi di muovervi, ma provate ad andarvene senza la documentazione richiesta: un passaporto, un visto, o un'autorizzazione.

I vostri movimenti sono tracciati, monitorati e limitati.

In alcuni casi determinate “strutture” – che siano imposte dalla nazione, dalla normativa, o da vincoli economici – non vi permettono affatto di andarvene.

Ciononostante la forma di controllo più efficace non è la forza, ma la distrazione.

Lo stato fornisce notizie, intrattenimento e un coinvolgimento infinito, assicurandosi che la maggior parte delle persone non si accorga nemmeno dell'esistenza dei muri.

Infatti sono così abili in questo che la stragrande maggioranza degli individui non farà mai un passo indietro, non si fermerà mai abbastanza a lungo per riconoscere la struttura per quello che è veramente.


La dissonanza cognitiva in tutto ciò

Ora, alcuni di voi potrebbero pensare: questo non è davvero il denaro, è solo gergo della MMT. E altri potrebbero credere che se fosse vero, il sistema sarebbe già crollato.

Ma ricordate, inevitabile non significa imminente. I sistemi non crollano da un giorno all'altro. Resistono per decenni, secoli, persino millenni prima che i loro difetti intrinseci li conducano al loro inevitabile collasso.

Quindi, dopo aver esaminato le prove – dopo aver considerato la natura del sistema in cui viviamo – avete cambiato idea?

Riuscite a vedere lo schema, o detestate solamente ciò che implica?


Liberarsi

Comprendere il denaro come meccanismo di controllo non significa rifiutare categoricamente l'idea del libero mercato o di denaro basato sul mercato.

Richiede invece consapevolezza situazionale: la capacità di riconoscere e gestire le strutture che plasmano i sistemi finanziari, anziché accettarle ciecamente come verità immutabili.

Il libero mercato e la moneta basata sulle merci possono effettivamente essere ideali, ma la realtà racconta una storia diversa: una storia in cui i sistemi monetari sono in gran parte centralizzati, manipolati e progettati per mantenere le strutture di potere.

Riconoscere questa realtà non significa ammettere la sconfitta; significa comprendere il gioco a cui si sta giocando in modo da potervi partecipare alle proprie condizioni, anziché essere un partecipante passivo in un sistema che non è mai stato costruito per il proprio beneficio.

La natura del denaro è intrinsecamente dualistica.

A volte è una merce scelta dal mercato, che emerge organicamente dal libero scambio di beni e servizi; altre volte è un token imposto dallo stato, richiesto dai poteri sovrani come mezzo esclusivo per saldare obblighi come le tasse.

E, in molti casi, è entrambe le cose allo stesso tempo: un ibrido di controllo statale e valore guidato dal mercato che esiste all'interno di un quadro che pochi si soffermano a mettere in discussione.

Niente di tutto ciò intende screditare il libero mercato o il ruolo duraturo dell'oro.

Al contrario, la storia ha dimostrato ripetutamente che l'oro e i principi di una moneta solida forniscono una base più stabile e affidabile per il commercio e la conservazione della ricchezza.

Se fosse data la possibilità di scegliere, la maggior parte delle persone preferirebbe un sistema in cui i mercati, piuttosto che gli stati, determinano cosa funziona come moneta.

Ma questo non è il mondo in cui viviamo oggi.

Ignorare questo fatto significa rimanere ciechi di fronte alle forze che plasmano la finanza globale, rendendosi vulnerabili alle mutevoli maree della politica monetaria, dell'intervento economico e del controllo centralizzato.

Ora più che mai, le convinzioni dogmatiche su cosa dovrebbe essere il denaro non devono offuscare la nostra comprensione di cosa sia realmente il denaro.

Negli anni a venire la capacità di pensare in modo critico, di adattarsi e di rimanere consapevoli dell'evoluzione delle realtà finanziarie non sarà solo preziosa, ma sarà probabilmente essenziale per la sopravvivenza finanziaria.

Piuttosto che aggrapparci a un quadro ideologico che non è più in linea con la realtà, dobbiamo coltivare una mentalità che ci permetta di vedere il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse.

E la consapevolezza situazionale è il superpotere definitivo nei mercati volatili: un potere che, se padroneggiato, può non solo aiutare a sopravvivere, ma anche a prosperare negli anni a venire.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 25 giugno 2025

L'intelligenza artificiale ci renderà più intelligenti?

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lintelligenza-artificiale-ci-rendera)

Gli aspetti dell'intelligenza artificiale sono assolutamente affascinanti, persino sorprendenti. Abbiamo a portata di mano un numero di informazioni mai visto prima e i migliori strumenti disponibili ci consentono di accedere a una vasta letteratura.

Sembra essere successo tutto all'improvviso e incredibilmente. Mi ritrovo ancora ad adattarmi a questo nuovo mondo. Non c'è dubbio che abbia migliorato la mia vita e sto sviluppando l'abitudine di “chiedere a Grok” qualsiasi cosa.

Non tutte le risposte sono perfette (a volte ho passato parecchio tempo a discutere con questo cervello finto), ma dà alla mente una spinta nella giusta direzione, fornendo suggerimenti per chiunque sia curioso su quasi ogni argomento.

Dieci anni fa avrei potuto facilmente prevedere un mondo molto più intelligente che sarebbe emerso da questa tecnologia. Mi fa davvero sentire più intelligente. Forse l'aspetto migliore dell'IA è come ha superato e probabilmente spodesterà la moltitudine di falsi esperti trincerati nel mondo accademico, nelle organizzazioni non profit e nelle aziende.

Sono stati a lungo pagati per essere depositari di informazioni. Sicuramente percepiscono che possono essere sostituiti o, quantomeno, che il loro primato nella leadership intellettuale è messo a dura prova. Prendete in considerazione anche che siamo solo all'inizio. Il divario tra la conoscenza d'élite e ciò che può essere appreso istantaneamente da chiunque si ridurrà ulteriormente.

Le implicazioni sono notevoli e porteranno sicuramente a una ristrutturazione di molti settori, tra cui quelli specializzati nella diffusione della conoscenza.

Ripenso a ciò che sappiamo di Sant'Isidoro di Siviglia del VII secolo, il quale lavorò con una numerosa squadra di amanuensi per scrivere le “Etymologiae”. Fu un tentativo di registrare tutto il sapere conosciuto, la prima vera enciclopedia. Fu un progetto che assorbì la sua vita e quella dell'intero monastero.

L'ambizione di accumulare, assemblare e diffondere il corpus della conoscenza umana è stata una delle aspirazioni trainanti di molti progetti letterari.

Dopo che la stampa e la carta divennero più accessibili, il mercato delle biblioteche domestiche si aprì negli Stati Uniti tra il 1890 e gli anni successivi. Un tempo prerogativa esclusiva dei ricchi, possedere grandi biblioteche divenne il sogno di molte famiglie della classe media.

Gli editori erano pronti a soddisfare la domanda. Nel 1917 fu pubblicata l'enciclopedia “World Book”. Nacque un'industria con vendite porta a porta e servizi di abbonamento. Innumerevoli altri editori si impegnarono nel grande compito di arricchire la base di conoscenza americana. Era una parte fondamentale del programma progressista, un mezzo per elevare la popolazione, educare le persone a valori più elevati, promuovere l'alfabetizzazione e un vivere civile.

Gli americani erano tutti entusiasti e i libri arrivavano per posta in continuazione. Particolarmente attraenti erano queste grandi raccolte di più volumi, non solo enciclopedie, ma anche romanzi, discorsi, documenti presidenziali, ampie cronache storiche e, naturalmente, i Grandi Libri. Ancora oggi questi libri sono meravigliosi e costituiscono la base di un'ottima istruzione. È possibile acquistarne raccolte su eBay a prezzi molto bassi.

Quando è arrivato Internet, la speranza più grande era che diventasse l'equivalente moderno di tutta la conoscenza umana. Mio padre era scettico. Fin da piccolo gli ho mostrato nuovi strumenti interessanti e lui li superava subito in astuzia grazie alle sue conoscenze altamente specializzate su una serie di argomenti specifici. Lo faceva per dimostrarmi che, sebbene questi strumenti potessero essere preziosi, non avrebbero mai potuto sostituire un serio lavoro intellettuale, la ricerca, la disciplina mentale, la concentrazione e una profonda comprensione.

All'epoca pensavo che fosse antiquato, ma eccoci qui, un quarto di secolo dopo la diffusione di massa della conoscenza via Internet attraverso ogni portale immaginabile, e dobbiamo porci una domanda fondamentale: siamo, come cultura, nazione e mondo, più intelligenti oggi di quanto lo fossimo 25 anni fa?

Ci sono molti modi per rispondere a questa domanda. Sì, abbiamo più accesso, ma questo ha anche ridotto l'incentivo ad apprendere e ricordare. Questa caratteristica agisce in modi insidiosi. Ad esempio, ho un pessimo senso dell'orientamento. È debilitante. In una nuova città sono senza speranza. L'avvento del GPS ha cambiato completamente la mia esistenza, liberandomi da una vita di ansia per l'orientamento e permettendomi di muovermi come una persona normale.

Detto questo, il GPS ha decisamente peggiorato ulteriormente il mio senso dell'orientamento. Senza, sarei più disperato di prima. È così che funziona. Più dipendiamo da fonti di informazione esterne, meno alleniamo il nostro cervello a trovare le risposte da solo.

È proprio per questo motivo che sospetto che Internet in generale non ci abbia resi più intelligenti, ma, per molti versi, esattamente il contrario. Ci fornisce più dati ma ci priva della necessità di imparare a reperire informazioni da soli.

È strano quanto io ritenga preziosi quei giorni lontani, quando trascorrevo ore infinite, giorno dopo giorno, in una biblioteca vecchio stile, rovistando tra gli scaffali, scoprendo nuove idee, leggendo incessantemente di storia, filosofia, teologia, economia o qualsiasi altra cosa riuscissi a trovare. Mi sentivo sopraffatto ed elettrizzato dalle informazioni e dalle idee a portata di mano e divoravo il più possibile nel tempo che avevo a disposizione.

Le persone lo sentono o lo sperimentano oggi? Non ne sono così sicuro. Leggo spesso di professori che si disperano anche solo per convincere i loro studenti a leggere un solo libro. Hanno inventato ogni sorta di trucchetto per incentivarli e metterli alla prova per assicurarsi che non usino scorciatoie. Sembra del tutto inutile.

È questo il mondo che Internet avrebbe dovuto costruire? Non proprio. Mi ricorda come i primi sostenitori della televisione prevedevano che la maggior parte della programmazione sarebbe stata composta da professori universitari che tenevano lezioni, perché credevano che fosse ciò che il mercato richiedeva.

Il celebre studioso della comunicazione, Wilbur Schramm, affermò nel 1964: “La televisione può portare l'istruzione a casa di ogni famiglia, e può farlo con una potenza e una vividezza che nessun libro di testo può eguagliare”.

È accaduto il contrario e molto rapidamente.

Se volete sapere come i giovani usano i loro smartphone, guardate alle spalle chiunque abbia meno di 30 anni nelle stazioni ferroviarie o negli aeroporti. Vedrete scorrere sconsolati app popolari che non offrono assolutamente nulla in termini di istruzione superiore. Davvero, è un disastro.

Spiegatelo a un membro di questo gruppo e vi risponderà tipo: perché dovrei imparare cose che sono già a mia disposizione se mai dovessi averne bisogno?

È proprio questo atteggiamento che ci ha resi molto più stupidi. Lo si può capire dal vocabolario dei podcaster e di altri commentatori su Internet oggi. Anche 30 anni fa qualsiasi lingua parlassero non sarebbe stata riconosciuta come inglese. Qualcos'altro l'ha sostituita. E non solo negli Stati Uniti, in tutto il mondo. Il francese è in declino, così come il tedesco e lo spagnolo.

Il vocabolario è un segno rivelatore: rivela ciò che abbiamo in testa, ciò che ci sta a cuore. Se quello che esce fuori è un inglese pidgin, questo vi dice tutto ciò che c'è da sapere sulla mancanza di pensiero dietro le parole.

Se questo è vero per la televisione e Internet, quanto più lo sarà per l'intelligenza artificiale e i modelli linguistici di grandi dimensioni? Come strumenti di archiviazione e recupero delle informazioni, al confronto fanno sembrare tutto ciò che c'era prima un disastro. Ho smesso di usare qualsiasi motore di ricerca, se non per compiti specifici. Tra 10 anni dubito che i motori di ricerca avranno ancora una quota di mercato significativa.

Non voglio lasciarvi alla disperazione. Ci sono modi in cui l'intelligenza artificiale è straordinaria e non tornerei mai indietro. Detto questo, ci sono valide ragioni per temere che questo nuovo strumento non farà altro che accelerare il declino del linguaggio, della cultura e dell'apprendimento in generale.

Questi sono i paradossi della tecnologia: a volte ciò che è progettato per salvarci in realtà ci distrugge.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 28 gennaio 2025

C'è speranza nella politica?

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ce-speranza-nella-politica)

Mentre gli osservatori della Beltway dibattono intensamente sulle scelte del gabinetto della nuova amministrazione e sulle nomine alla Casa Bianca, gli osservatori più disillusi della nostra condizione economica hanno buone ragioni per chiedersi: che differenza fa? L'ordine politico è dominato da lobbisti con interessi particolari e burocrati assetati di potere, e non ha gli incentivi per ridurre l'interventismo e restituire le decisioni al popolo. La burocrazia può essere resa utile da burocrati migliori, o può essere frenata solo dalla rinascita della scelta individuale?

In che modo Robert Kennedy Jr., se confermato nel suo ruolo proposto di Segretario della Salute e dei Servizi Umani, ridurrà l'obesità in America? Promuoverà nuove normative e tasse, che invariabilmente si prenderanno cura di interessi radicati, a scapito di soluzioni individuali e sperimentali? Si rivolgerà, come hanno fatto altri, ai regolatori per vietare questo o quell'ingrediente, senza conoscere i costi economici o sanitari della sua sostituzione? Ridurrà le barriere alle opzioni alimentari sane e fermerà i sussidi che contribuiscono all'obesità? Ridurrà le conseguenze indesiderate generate dalle precedenti “soluzioni” alla salute pubblica? In breve, combatterà la sclerosi politica esattamente con gli strumenti che ci hanno portato fino a qui, chiedendo consiglio a coloro che traggono vantaggio dallo status quo? O sfiderà la collusione burocratica-aziendale e risveglierà un mercato competitivo?

Se perseguirà quest'ultima strada, dovrà affrontare una dura lotta. I mattoni del cibo ultra-processato, mais, grano, soia e zucchero, sono sovvenzionati dal Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti per circa $6 miliardi all'anno. Il cibo ad alto contenuto calorico, pieno di olio di soia e dolcificanti, è più economico rispetto ad alimenti più nutrienti e meno densi di calorie. L'impatto sulla scelta del consumatore non è chiaro, ma ecco una cosa su cui possiamo contare: se Kennedy, con il sostegno dell'amministrazione Trump, cercherà di abbattere la rete dei sussidi, i lobbisti per mais, grano, soia e zucchero metteranno a soqquadro il Congresso per ostacolarlo.

Il candidato di Trump per il Segretario all'energia è Chris Wright. Riuscirà a ridurre la spesa pubblica eliminando i sussidi per l'energia solare ed eolica? Non ci scommetterei senza una battaglia epica al Congresso.

Molti potrebbero desiderare che fosse diverso, ma in realtà le aziende clientelari continueranno a esistere durante la presidenza di Trump. La porta girevole tra industria e regolatori continuerà a girare. Gli errori politici dei programmi passati continueranno a essere sostenuti, spesso con budget più grandi. Il successo della presidenza Trump dipenderà, in parte, dalla sua capacità di rompere le alleanze governative di lunga data con le aziende clientelari e resistere a nuove richieste di corruzione.

Poniamoci la grande domanda, quindi: è possibile ottenere un vero cambiamento attraverso mezzi politici?

Nel suo libro, The State, il defunto sociologo tedesco Franz Oppenheimer osservò che ci sono due modi per ottenere ricchezza: i pacifici “mezzi economici” e i coercitivi “mezzi politici”. La creazione di ricchezza non coercitiva è un processo economico in cui le aziende e le persone soddisfano i bisogni dei consumatori. La ricchezza attraverso manovre politiche coinvolge aziende e individui che usano il potere dello stato per ottenere ricchezze immeritate. Secondo Oppenheimer i mezzi economici richiedono “lavoro”, a differenza dei mezzi politici, che invece richiedono “rapina”.

In Profit and Loss, Ludwig von Mises rifletteva su come la grande “urna elettorale del mercato” costringesse gli imprenditori a un processo infinito di lavoro per servire i consumatori: “L'urna elettorale rappresentata dal mercato eleva coloro che nell'immediato passato hanno servito meglio i consumatori”.

A differenza della politica, in un processo di mercato le persone cambiano liberamente e facilmente idea. Mises aggiunse: “La scelta non è inalterabile e può essere corretta quotidianamente. L'eletto che delude l'elettorato viene rapidamente ridotto ai ranghi inferiori”.

Alcune aziende, incapaci o non disposte ad adattarsi e servire, contano sullo stato per limitare le scelte dei consumatori come mezzo per ottenere profitti che non avrebbero potuto ottenere altrimenti. Invece di competere per vincere le “elezioni” nella cosiddetta “urna elettorale del mercato”, cercano di eleggere politici che sosterranno i loro schemi per appropriarsi forzatamente della ricchezza altrui, e questo è un furto.

La scelta di Oppenheimer della parola rapina non avrebbe sorpreso Ralph Waldo Emerson.

Nel suo saggio, Politics, Emerson scrisse: “Ogni stato è corrotto”. Poi aggiunse: “Quale satira sullo stato può eguagliare la severità della censura espressa nella parola politica, che ormai da secoli significa sotterfugio, lasciando intendere che lo stato è un mezzo astuto per ottenere altro?”

Emerson lo scrisse nel 1844, quando lo stato era una frazione minuscola rispetto alle dimensioni attuali. L'esatta dimensione del bilancio federale nel 1844 era difficile da reperire, ma nel 1837 era di circa $39 milioni (o circa $1,6 miliardi in dollari del 2024, poiché il biglietto verde ha perso il 98% del suo valore dal 1844). La spesa federale nell'anno fiscale 2024 è di circa $6.750 miliardi.

In breve, la spesa federale nel 1844 era circa lo 0,024% di quella odierna. Ma, se Emerson ha ragione, la politica era già diventata irredimibile.

Emerson osservò: “Di tutti i debiti, gli esseri umani sono i meno disposti a pagare le tasse. Che ironia questa per quanto riguarda lo stato! Ovunque pensa di ottenere il valore dei loro soldi, tranne che per queste”. Ricordate, non c'era nessuna imposta federale sul reddito nel 1844.

Emerson si scagliò contro le tasse: “Una persona che non può conoscermi, mi tassa; guardandomi da lontano, ordina che una parte del mio lavoro venga destinata a questo o a quello scopo capriccioso. Meno stato abbiamo, meglio è: meno leggi e meno potere delegato”.

Similmente ad altri liberali classici, Emerson sosteneva la cooperazione volontaria per risolvere problemi comuni:

Finché faccio ciò che è adatto a me e mi astengo da ciò che non è adatto, il mio vicino e io spesso concorderemo sui nostri mezzi e lavoreremo insieme per un certo periodo di tempo per un fine. Ma ogni volta che trovo che il mio dominio su me stesso non mi è sufficiente e mi assumo anche la direzione della sua sfera d'azione, oltrepasso la verità e entro in false relazioni con lui.

Coloro che usavano la coercizione incontravano la disapprovazione di Emerson. Egli consigliava sempre di impegnarsi per raggiungere un “autocontrollo”. È sbagliato “far agire qualcun altro secondo [le nostre] opinioni”. Quando gli altri “mi dicono cosa devo fare”, i loro ordini sono assurdi, pertanto “tutti gli scopi pubblici sembrano vaghi e donchisciotteschi accanto a quelli privati”.

Kennedy dovrebbe prendere in considerazione queste parole, porre fine ai sussidi preservando al contempo la scelta del consumatore. Ma rimuovere l'interesse egoistico dal potere dello stato potrebbe essere tra gli obiettivi più donchisciotteschi che potremmo intraprendere. Il Leviatano può trattenersi?

Invece di chiedere soluzioni governative, Emerson si aspettava che ci occupassimo della nostra crescita spirituale: “L'antidoto a questo abuso dello stato è l'influenza del carattere privato, la crescita dell'individuo”.

Non si può cambiare un effetto senza cambiare la sua causa. La coscienza degli americani è la causa; il furto e la spesa eccessiva dello stato sono gli effetti.

Emerson scrisse: “Causa ed effetto, mezzi e fini, seme e frutto, non possono essere separati”. Sosteneva che abbiamo bisogno di “un affidamento sul sentimento morale e una fede sufficiente nell’unità delle cose per convincere [le persone] che la società può essere mantenuta senza restrizioni artificiali”. 

Ci arrabbiamo per il comportamento dei politici? Non è saggio arrabbiarsi per ciò che è prevedibile: “Potremmo rimproverare il vento dell'est, o il gelo, così come un partito politico, i cui membri, per la maggior parte, non saprebbero dare conto della loro posizione, ma difenderebbero gli interessi che li hanno messi lì”.

Emerson sarebbe d'accordo con il vecchio detto, otteniamo il governo che meritiamo: “Lo stato deve seguire, e non guidare il carattere e il progresso del cittadino [...] la forma di governo che prevale è l'espressione di quella cultura nella popolazione che lo plasma”.

L'evoluzione spirituale e individuale è un prerequisito per il cambiamento politico. Emerson scrisse: “Sotto il dominio di un'idea, che possiede le menti di moltitudini [...] i poteri delle persone non sono più oggetto di calcolo. Una nazione di persone unanimemente inclini alla libertà [...] può facilmente confondere l'aritmetica degli statalisti”.

Nel 1837 Emerson tenne un discorso alla Phi Beta Kappa Society di Harvard. In seguito fu pubblicato come The American Scholar. Concluse il suo discorso con un appello a sostenere i principi e a non cedere alla convenienza: “Si sospetta già che lo spirito dell'essere umano libero americano sia timido, imitativo, mansueto. L'avarizia pubblica e privata rende l'aria che respiriamo densa e grassa”.

Emerson, naturalmente, non poteva immaginare quanta avarizia avrebbe gonfiato lo stato e reso il nostro discorso politico “denso e grasso”. Le conseguenze sono gravi quando gli interessi privati sfruttano i processi politici per rubare.

Alcune persone, disse Emerson, “cercano denaro o potere; e quest'ultimo in particolar modo perché è buono quanto il denaro, il cosiddetto bottino rappresentato dalla carica ricoperta”. Tali persone sono “sonnambuli”. Emerson continuò: “Svegliateli, e abbandoneranno il falso bene e salteranno verso il vero, e lasceranno i governi agli impiegati e alle scrivanie”.

Emerson sapeva che la scelta di risvegliarsi è una scelta fatta da un individuo.

Il cambiamento politico è una speranza realistica? Cominciamo a cambiare noi stessi; la prosperità sociale non deriva dalla politica. Il momento di iniziare è adesso. Perché, come diceva anche Emerson, “questo momento, come tutti i momenti, è un momento buono, se solo sapessimo cosa farne”.


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lunedì 16 dicembre 2024

L'odio vi distruggerà: una recensione di “Hitler's People”

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di Barry Brownstein

(La traduzione audio dell'articolo è disponibile qui)

Nel 1828 lo storico Thomas Macaulay espresse la speranza che una futura crisi inglese sarebbe stata gestita da leader “per i quali la storia non ha fatto registrare una lunga serie di crimini e follie”.

Il rinomato storico Richard J. Evans ha un obiettivo più grande nel suo ultimo libro, Hitler's People: The Faces of the Third Reich (2024): crede che tutti, non solo i leader, dovrebbero imparare dai crimini nazisti e che si dovrebbe riflettere sul perché così poche persone abbiano resistito.

Evans usa un approccio biografico, ma non si concentra solo su Hitler, fornisce anche biografie concise di ventuno individui della sua cerchia, da personaggi chiave come Göring, Himmler e Goebbels, a “esecutori” come Heydrich ed Eichmann, e coloro che hanno svolto il ruolo di “strumenti” tra cui la regista Leni Riefenstahl.

Evans non scusa nessuno, nemmeno Albert Speer, che “in qualche modo convinse i giudici di [...] Norimberga che non era a conoscenza dei crimini del nazismo”. Evans aggiunge che Speer, che nelle sue memorie si atteggiava ad “architetto apolitico”, fornì “una scusa convincente a milioni di tedeschi che avevano vissuto sotto il Terzo Reich”.

L'influente opera di F. A. Hayek, The Road to Serfdom, offre il contesto per comprendere Hitler's People:

Per essere un valido collaboratore nella gestione di uno stato totalitario, non basta che una persona sia disposta ad accettare giustificazioni per le azioni vili; essa stessa deve essere pronta a infrangere ogni regola morale che abbia mai conosciuto, se ciò sembra necessario per raggiungere il fine prefissato.

La galleria di individui nel popolo di Hitler infranse ogni “regola morale” per servirlo e si comportò, secondo le parole di Hayek, “in modo completamente privo di scrupoli e letteralmente capace di tutto”.

Nel suo Gulag Archipelago, Aleksandr Solženicyn spiegò il concetto di grandezza della soglia, un termine usato in fisica per spiegare fenomeni che non esistono finché non viene raggiunta una certa soglia. 

“Anche il male”, scrisse Solzhenitsyn, “ha una grandezza della soglia”.

Un essere umano esita e oscilla avanti e indietro tra il bene e il male per tutta la vita. Scivola, ricade, si arrampica, si pente, le cose cominciano a oscurarsi di nuovo. Ma finché la soglia del male non viene varcata, la possibilità di tornare indietro rimane palpabile, e lui stesso è ancora alla portata della speranza.

Solženicyn spiegò che quando “attraverso la densità delle azioni malvagie, o del loro estremo pericolo, o dell’assolutezza del suo potere” una persona supera quella soglia, “lascia l’umanità indietro, così come la possibilità di tornare sui suoi passi”.

Hitler's People è la documentazione di persone che si sono lasciate “alle spalle la loro umanità” senza “possibilità di tornare sui propri passi”. Il nazismo, nelle parole del romanziere e saggista Martin Amis, funzionava tramite un “appello diretto al cervello rettile”.

Nella sua ricerca storica, Evans analizza le fonti primarie per rivelare come è accaduto l'impensabile e cosa possiamo imparare dalla normalizzazione di una “moralità perversa”.

Evans è chiaro sul perché dobbiamo imparare: la gente di Hitler “non era psicopatica, né squilibrata, pervertita, o pazza. Oltre a contraddire l'evidenza, pensare a loro come depravati, devianti o degenerati li pone al di fuori dei confini dell'umanità e quindi funge da forma di discolpa per il resto di noi, passati, presenti e futuri”.

La gente di Hitler non era quella “che viveva ai margini della società, o che cresceva al di là della corrente sociale dominante. Era costituita da gente definita normale secondo gli standard dell'epoca. Condivideva gli attributi culturali convenzionali della borghesia tedesca, era colta, o suona uno strumento musicale con una certa competenza, o dipinge, o scriveva di narrativa o poesia”.

Se cercate uno storico che attribuisca tutta la colpa a Hitler, non lo troverete in Evans. “Le istituzioni e le tradizioni tedesche e, più in generale, il popolo tedesco stesso” vengono esaminate e ritenute responsabili. Hitler non si è limitato a “sedurre le persone a seguirlo: sono stati i suoi seguaci a ispirarlo a guidarli”.

Il popolo tedesco era complice dell'odio di Hitler, non ne era vittima. Evans rifiuta “l'idea che la stragrande maggioranza dei tedeschi ignorasse le realtà del nazismo. Quasi tutti i tedeschi hanno avuto l'opportunità di osservare di persona la violenza omicida dei nazisti, o di apprendere delle fucilazioni di massa e delle gasazioni degli ebrei ad Auschwitz dai resoconti inviati a casa dai soldati del fronte orientale, o riportati in Germania dai soldati in licenza”.

La conclusione di Evans non è una congettura. Porta alla luce “rapporti segreti nazisti sugli atteggiamenti popolari verso gli ebrei dal 1933 al 1945”. Tali rapporti mostravano “una conoscenza diffusa” sul destino degli ebrei e “l'approvazione popolare” e le linee di politica naziste nei loro confronti.

Detto questo, le opinioni di Evans sono sfumate. Non crede “che l'antisemitismo sterminatorio, la sottomissione all'autorità, la brama di conquista, il militarismo e caratteristiche simili, fossero intrinseche nel senso di identità nazionale dei tedeschi”.

Non sottovalutate “la profondità e l'ampiezza della coercizione e della violenza usate dai nazisti per mettere in riga i tedeschi”, scrive Evans. “La sorveglianza e il controllo [...] non erano esercitati solo dalla Gestapo ma, cosa più importante, da funzionari come i 'Block Wardens', più di due milioni dei quali supervisionavano i rispettivi blocchi stradali”.

Leggendo Evans, potremmo riflettere se l'odio, come un fuoco represso, giaccia dormiente in molti di noi, pronto a esplodere se gliene venisse data la possibilità. Hitler e i suoi tirapiedi potrebbero aver creato le condizioni esterne, ma il popolo tedesco era responsabile delle proprie condizioni interiori, quei fuochi che ribollivano nei loro paesaggi mentali.

Sono spesso ossessionato dalla domanda su come gli americani gestirebbero una grave crisi economica, come quella degli anni '30. Molti fuochi stanno già ribollendo nelle menti degli americani, mentre la comprensione e il rispetto per lo stato di diritto e i principi costituzionali stanno scemando.

È importante, conclude Evans, che “il regime nazista non fosse una dittatura prodotta e sostenuta dall'approvazione popolare”. Il sostegno al regime variava a seconda della fascia d'età: “Era popolare e accettato tra i giovani, influenzato dalla scuola, dalla Gioventù hitleriana e dalla permeazione nazista nelle istituzioni sociali”. Meno sostegno è stato riscontrato tra “le persone di mezza età e gli anziani, ad esempio, che avevano formato i loro valori e la loro identità sociale prima del 1933”.

Quali implicazioni ha tutto questo per l'attualità? Oggi, in alcuni distretti scolastici, ai bambini vengono insegnati valori antiamericani e anti-famiglia. Gli studenti di giurisprudenza, alcuni dei quali diventeranno futuri giudici, vengono istruiti da professori che non rispettano il diritto costituzionale. Molti fuochi latenti vengono accesi.

Evans continua: “Superare divisioni e antagonismi politici, economici e sociali apparentemente incolmabili creando una comunità di persone autentica e unitaria” era la promessa di Hitler. Naturalmente gli ebrei erano esclusi, ma il punto è agghiacciante: in tempi di crisi, quando le persone non sono unite attorno a principi costituzionali che consentono la prosperità umana, i demagoghi totalitari riempiranno quel vuoto.

Vogliamo, quindi, costruire un'America attorno alla “visione” di una persona e a uno scopo comune imposto? Hayek ed Evans ci avvertono che un popolo senza scopo potrebbe dare un senso alla propria vita adottando lo scopo di un despota.

La coesione sociale si realizza meglio attorno a uno scopo comune, ma attorno alla fiducia in principi comuni che guidano le nostre azioni. Senza principi comuni, una nazione viene trascinata dalla corrente di uno scopo comune e, tramite la coercizione, scivola verso una forma di governo totalitario.

Evans ci trasmette un messaggio d'impatto: il significato unificante che il popolo tedesco trovò fu l'odio. Anche verso la fine della guerra c'era ammirazione per Hitler, fiducia nell'“acquisizione di spazio vitale” e la necessità di distruggere il “bolscevismo” e gli ebrei.

L'odio alimentò i nazisti e distrusse la Germania. L'odio distruggerà qualsiasi nazione che non tenga conto delle lezioni della storia. Hitler's People è altamente consigliato a chiunque voglia capire perché.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 6 novembre 2024

Perché la democrazia ha una tale resistenza

 

 

di Finn Andreen

Come è stato sottolineato in precedenza, la “regola della maggioranza”, in senso politico, non esiste nel modo in cui viene presentata dalle istituzioni dominanti nelle cosiddette “democrazie” occidentali. L'avversione della popolazione occidentale alle critiche alla “democrazia” è a dir poco sconcertante.

La resistenza della democrazia rappresentativa in Occidente può essere spiegata come segue: la democrazia è acriticamente vista come un sistema politico progressista e illuminato che ha sostituito le monarchie, solitamente descritte come retrograde e repressive; nonostante le criticità del “governo della maggioranza”, la democrazia svolge un ruolo di canalizzazione del dissenso dell'opinione pubblica in una società politicizzata. Questi due punti verranno spiegati di seguito.


La democrazia come presunto miglioramento rispetto alla monarchia

La narrativa dominante è quella che vede la democrazia come un miglioramento morale rispetto alla monarchia. I governi odierni ricevono la loro legittimità dalla “volontà del popolo” e non più dal diritto divino dei re. Tuttavia questa è una visione in gran parte caricaturale e controfattuale, non da ultimo perché le elezioni e le pratiche di voto non sono specifiche delle “democrazie liberali”; alcune erano in uso molto prima che venisse introdotta la rappresentanza politica.

La tanto decantata “volontà del popolo” è l’ultima “formula politica”, per usare l’espressione dello storico italiano Gaetano Mosca, che consente alla “minoranza organizzata” di giustificare il suo dominio su una “maggioranza disorganizzata e disinteressata” nell’era dei diritti individuali. Da questo punto di vista non c’è alcuna differenza tra democrazia e monarchia.

Come riassunse James Burnham in The Machiavellians (1943):

L'esistenza di una classe dirigente minoritaria è, bisogna sottolinearlo, una caratteristica universale di tutte le società organizzate di cui abbiamo traccia. Essa vale indipendentemente dalle forme sociali e politiche, che la società sia feudale o capitalista o schiavista o collettivista, monarchica o oligarchica o democratica, indipendentemente dalle costituzioni e dalle leggi, indipendentemente dalle professioni e dalle credenze.

Sebbene oggi sia comune parlare bene della democrazia rispetto alla monarchia, ciò diventa problematico quando il metro di paragone è la libertà. La libertà economica e politica non sono una conseguenza ovvia del diritto di voto, come dovrebbe essere chiaro oggi in Occidente. La libertà è correlata alla protezione della proprietà privata e dovrebbe essere vista come inversamente correlata alle dimensioni e al potere dello stato.

Nonostante i difetti della monarchia, specialmente nella sua tarda espressione assolutista, come sistema politico che collega il potere alla proprietà privata della terra essa aveva una naturale inclinazione a proteggere i diritti di proprietà. Con il tempo, in particolare nell'era democratica, il demanio pubblico è cresciuto a spese della proprietà privata. Non a caso la crescita dello stato regolatore moderno, finanziato da un'esplosione di stampa di denaro e tassazione, è iniziata quando le società sono diventate democratiche.

Nelle democrazie moderne le differenze tra i partiti politici sono diminuite sulla scia della forza centripeta del centro politico. L'elettorato spesso vota per programmi che conosce a malapena e che, in seguito, difficilmente vengono implementati. La frode elettorale è diffusa. Troppo spesso le promesse elettorali hanno poco a che fare con la politica effettiva. Rousseau potrebbe non aver esagerato quando scrisse, in The Social Contract (1762) sul parlamentarismo britannico, che tra un'elezione e l'altra “l'individuo è uno schiavo, non è niente”.

Questa realtà sta iniziando a far capolino sempre di più in Occidente, come si può notare dalle crescenti tensioni politiche, ma l'illusione rimane così forte, non da ultimo tra le persone istruite, che la maggior parte sembra, come nella favola “I vestiti nuovi dell'imperatore”, complice volontaria di questo inganno.


La democrazia come valvola di sfogo per l’opinione pubblica

L'importanza dell'opinione pubblica per il potere politico fu riconosciuta da Tommaso d'Aquino nel XIII secolo e poi espressa da Etienne de la Boétie nel suo Discorso sulla servitù volontaria (1549). David Hume scrisse (1777) che “È [...] solo sull'opinione che si fonda lo stato e questa massima si estende ai governi più dispotici e più militari, così come a quelli più liberi e popolari”.

Le democrazie tengono quindi conto dell'opinione pubblica, ma non tanto per la loro natura “democratica” quanto perché sono obbligate a farlo. Ma poiché i governanti traggono la loro legittimità dalla “volontà del popolo”, la gestione dell'opinione pubblica è decisamente più importante nei sistemi politici “rappresentativi” che nei regimi autoritari, come ha osservato anche Noam Chomsky. Di conseguenza gli stati democratici saranno tentati di usare propaganda, disinformazione e censura al fine di ottenere, o mantenere, il consenso del popolo, come riconobbe con lungimiranza Aldous Huxley.

Un quarto potere forte e indipendente è ovviamente cruciale. Come scrisse il teorico del diritto tedesco, Carl Schmitt, “discussione” e “apertura” sono prerequisiti affinché una democrazia rappresentativa non scivoli nell’autoritarismo.

Alla discussione appartengono le convinzioni condivise, la volontà di essere persuasi, l'indipendenza dai legami di partito, la libertà da interessi egoistici. La maggior parte delle persone oggi considererebbe un tale disinteresse come implausibile, ma anche questo scetticismo appartiene alla crisi del parlamentarismo.

Infatti una democrazia che soddisfi questi prerequisiti, ovvero che consenta tali condizioni di trasparenza nella società, è “implausibile” perché tende inevitabilmente a diventare vittima del suo stesso successo. La minoranza al potere, pressata dall'inevitabile controllo politico e dalla sana critica consentita dalle condizioni sopraccitate, cerca di indebolire proprio “discussione” e “apertura” che inizialmente hanno contribuito a legittimarne il governo. I tentativi di restrizioni e controllo dei contenuti sui social media sono esempi per eccellenza di una tale deriva.

A differenza dei regimi autoritari, il processo democratico può consentire alla maggioranza di sanzionare o premiare pubblicamente diverse forze politiche all'interno della minoranza dominante, agendo come un canale per l'opinione pubblica. Come spiegò Mosca: “La funzione elettorale è un mezzo con cui alcune forze politiche controllano e limitano l'azione di altre, quando viene esercitata in buone condizioni sociali”. Queste “buone condizioni sociali” includono i criteri di Carl Schmitt di cui sopra.

Anche Ludwig von Mises riconobbe la “funzione sociale” della democrazia, “quella forma di costituzione politica che rende possibile l’adattamento del governo ai desideri dei governati senza lotte violente”. In particolare, nell’Occidente politicizzato, con i suoi stati altamente interventisti, il processo democratico può, quando le condizioni lo consentono, fungere da valvola di sfogo per l’insoddisfazione politica repressa della maggioranza.

Quando le condizioni sociali sono sfavorevoli affinché questo processo abbia un effetto significativo, allora la democrazia come sistema politico inizia a essere messa in discussione e ne consegue una crisi politica. Questo è ciò che sta accadendo oggi in Occidente, poiché le elezioni difficilmente portano cambiamenti politici e l'oligarchia globalista occidentale cerca di rafforzare il suo controllo sull'agenda politica internazionale.

Nonostante le debolezze della democrazia, essa ha comunque una notevole capacità di resistenza in Occidente per le ragioni di cui sopra. Poiché questa capacità di resistenza si sta progressivamente erodendo, è essenziale ricordare al pubblico i principi e i benefici della libertà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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