venerdì 29 novembre 2024

La ricostruzione della credibilità e della fiducia: la risposta americana alla tentazione di “stampare troppo”

 

 

 

di Francesco Simoncelli

Iniziamo oggi con questa citazione del 2002 di Ben Bernanke:

Il governo degli Stati Uniti ha una tecnologia, chiamata stampante monetaria (e, oggi, il suo equivalente elettronico), che gli consente di produrre quanti dollari desidera, praticamente a costo zero.

La domanda è: ci si può fidare degli esseri umani affinché resistano alla tentazione di stampare troppo? La risposta fino a oggi è stata “no”. Questo esperimento mentale, però, non è nuovo dato che i sistemi monetari “cartacei” o “monopolistici” sono venuti e se ne sono andati molte volte. L'arrivo è sempre stato divertente, le persone avevano più da spendere; era l'“andare” a essere doloroso, spesso concludendosi con depressioni, guerre, o rivoluzioni. Dopo la prima guerra mondiale, ad esempio, la Germania si trovò ad affrontare enormi debiti di guerra. Passò alla cartamoneta senza copertura in oro. Nel 1923 ci volevano 4.210.500.000.000 di marchi per acquistare un dollaro. La Francia nel 1960, dopo anni di eccesso simili, dovette sostituire il vecchio franco con uno nuovo, a 100 a 1. Cina, Jugoslavia, Argentina, Zimbabwe, Libano: tutte catastrofi sociali, politiche e finanziarie.

L'inflazione in Germania portò a un malcontento così diffuso che la gente si scontrava per le strade; i nazionalsocialisti di Adolf Hitler vinsero quelle risse e presero il controllo del Paese. L'instabilità finanziaria della Russia portò alla Rivoluzione bolscevica nel 1917; l'inflazione cinese negli anni '40 portò al potere Mao. Il 15 agosto 1971, negli Stati Uniti, arrivò lo shock di Nixon. Il nuovo dollaro sembrava proprio come quello vecchio, ma non aveva più alla sua base una asset reale. La maggior parte degli economisti annuì in segno di approvazione, così come il resto della popolazione.

Il credito sempre più economico ha reso redditizio prendere in prestito e speculare come mai prima. Per quanto la flessibilità del nuovo sistema monetario abbia permesso al commercio mondiale di svilupparsi in accordo col dinamismo incalzate di un'economia sempre più interconnessa e una divisione del lavoro sempre più specializzata, il lato negativo è stata un'altrettanta facilità con cui gli investimenti improduttivi hanno potuto proliferare. Consumatori, aziende, investitori e stati si sono indebitati sempre di più; hanno comprato case più grandi, auto migliori, più aerei da combattimento e portaerei, fusioni e acquisizioni, dotcom, ecc. Una corruzione subdola ha infettato l'intero sistema finanziario: il nuovo denaro era un credito delle banche, non un asset. Chi poteva prenderlo in prestito a un prezzo più basso? Grandi istituzioni, grandi banche, grandi aziende e stati. È così che aziende come BlackRock sono state in grado di superare le famiglie e acquistare migliaia di case; potevano prendere in prestito a tassi d'interesse più bassi.

Galleggiando su una marea di tassi d'interesse ultra bassi, il debito sembrava quasi senza peso, ma più ci si allontanava dal mare, più era difficile tornare sulla terraferma. Oggi anche un tasso d'interesse poco al di sopra dello zero percento è devastante per la maggior parte delle economie, Europa in prima linea. L'elevata sensibilità che le varie economie dell'Eurozona hanno nei confronti di tassi d'interesse più alti da parte della BCE è direttamente proporzionale alle grida dei politici, in particolare italiani, affinché ci sia un'inversione di tendenza. Ecco, prendiamo un attimo come caso di studio l'Italia. Oggi il debito pubblico italiano è quasi di €3000 miliardi e il Ministero di economia e finanza, cercando di mantenere bassi i pagamenti del debito, sta scegliendo un debito a breve termine, ad esempio titoli di stato annuali anziché a 10 anni. Il risultato è che una parte maggiore del debito totale viene “valutata al mercato” ogni anno e diventa più sensibile ai tassi d'interesse. Ciò significa che la BCE non può più “salvare il sistema”. Non può permetterselo, c'è troppo debito. Invece il suo vero obiettivo non è eliminare l'inflazione bensì gestirla, “monetizzare il debito”, riducendone il valore reale con aumenti dei prezzi sostenuti. Ma per farlo l'inflazione deve essere superiore al tasso di creazione di nuovo debito. Attenzione, però, cercare di gestire l'inflazione è come cercare di controllare una festa di quartiere in un brutto quartiere... i proiettili potrebbero volare in qualsiasi momento.


CONCLUSIONI FUORVIANTI

Chi vince? Chi perde? Chi decide? C'è l'analisi superficiale, politica, e ci sono le analisi più profonde della storia, ovvero l'analisi megapolitica. In pubblico la BCE combatte l'inflazione; in privato la incoraggia. Se continuiamo a seguire l'esempio italiano, allora scopriamo, ad esempio, che negli ultimi 17 anni la spesa assistenziale è aumentata del 17% a fronte di un aumento del PIL del 20%. Diversamente dal settore privato, però, la cui natura adattativa permette di rompere i vincoli passati, creare nuovi equilibri e quindi rendimenti acceleranti, la natura di quello pubblico gli impedisce di seguire lo stesso percorso. Ecco perché la Legge dei rendimenti decrescenti verrà portata sino all'esasperazione, dove i rendimenti diventeranno talmente negativi da richiedere una correzione tramite rottura del sistema. Infatti possiamo immaginare un simile esito quando leggiamo che nella manovra economica la classe media verrà surclassata. Togliere linfa vitale alla classe media significa azzoppare la formazione di capitale a favore di una sua consumazione immediata per far girare gli ingranaggi di uno stato sociale ipertrofico. Il benessere temporaneo percepito dai poveri è passeggero perché misure fiscali simili scaraventano nella povertà anche coloro che dovrebbero creare la ricchezza della nazione, andando quindi a ingrossare le fila di chi poi avrà necessità delle elemosine di stato. Da chi si prenderà poi? Dai poveri, ovviamente, visto che la loro dimensione sarà aumentata. Per quanto controintuitivo possa sembrare questo pensiero, ma lo è solo per gli italiani, è spiegato egregiamente da Chodorov in due dei suoi libri migliori: La radice di tutti i mali economici e Avanzamento e declino della società.

Ma il dato più sconcertante e terrorizzante di tutti è quello della produzione industriale: 24 mesi di calo senza freni.

Tutte queste cose suggeriscono che l'ultima cosa di cui ha bisogno l'economia italiana è più credito facile. Attualmente i prezzi al consumo stanno ancora salendo, e non dimenticatevi che l'aumento dei prezzi al consumo è un fenomeno cumulativo, ciononostante gli economisti discutono su quale dato sia il più importante e se l'opinione generale penda verso ulteriori tagli dei tassi o meno.

Il lettore sprovveduto potrebbe trarre una conclusione completamente falsata: che la BCE ha il potere di far pendere la bilancia nella direzione che desidera. Potrebbe pensare che possa sempre controllare i tassi d'interesse e, con una saggezza che supera ogni comprensione umana, possa guidare l'economia lungo il percorso verso la prosperità e la crescita per sempre. Come? Inflazionando ordinatamente con denaro a basso costo quando necessario e tagliando lo stimolo quando la crescita e l'inflazione minacciano di sfuggirle di mano. Ma non è così che funziona, perché dietro queste chiacchiere da notiziario c'è una storia molto diversa, con un inizio e una fine... e una morale. La genesi è avvenuta negli anni '50 circa, come ho documentato nel mio ultimo libro Il Grande Default, quando il mercato dell'eurodollaro è stato avviato e sottoposto progressivamente a leva. Nel tempo il denaro ombra creato, in particolare durante la fase di tassia zero nel 2009-2021, ha portato le persone a prendere in prestito molto più di quanto avrebbero fatto altrimenti. Oggi il debito totale, quello di famiglie, aziende e stati, sorpassa di diverse volte il PIL mondiale.

Credo che riusciate a vedere già il problema: più alto è il debito, più guadagni correnti bisogna usare per pagare gli interessi. Ad esempio, con un interesse del 5%, un Paese dovrebbe usare quasi il 20% del suo PIL solo per pagare gli interessi mentre truffa la generazione successiva lasciando l'importo principale non pagato. Infatti il rovescio della medaglia del prestito è il rimborso. Ciò significa, soprattutto, ridurre i programmi di assistenza sociale e dal punto di vista politico è impossibile apportare un tale cambiamento; come un alcolizzato, il Paese dovrà prima “toccare il fondo”. Ciò lascia l'inflazione come unica vera opzione. I banchieri centrali lo sanno: devono aumentare il tasso di inflazione, non diminuirlo, in modo che il valore reale del debito pubblico scenda a un livello più gestibile. Ecco perché la Lagarde, ad esempio, insiste ancora sul fatto che la mossa successiva sarà quella di abbassare i tassi e “combattere il cambiamento climatico” con il pompaggio monetario. Non è affatto un caso che Powell non parli di queste scempiaggini e, quando si sono ritrovati fianco a fianco in una conferenza l'anno scorso, lui l'abbia gelata sull'argomento dicendo che il mandato della FED è solo quello della stabilità dei prezzi e della piena occupazione.

Le persone comuni potrebbero anche non volere prezzi più alti, ma le persone che contano sì.


IN VISTA DELLA BANCAROTTA, TUTTI VOGLIONO L'INFLAZIONE

Finora i detentori di obbligazioni pensano di potersi fidare della BCE per proteggere i loro soldi. Buona fortuna con questo pensiero. La BCE, così come la BOE, compra/vende titoli distato americani a breve termine per tenere basso il differenziale tra i rispettivi tassi. Entrambe le banche centrali sono impegnate in questo tipo di gestione piuttosto che in quella delle rispettive giurisdizioni.

La BCE, così come tutte le banche centrali, è un cartello a salvaguardia delle grandi istituzioni della società e il suo scopo principale è assicurarsi che abbiamo quanti meno grattacapi possibile. Tutte le grandi istituzioni vogliono l'inflazione. Lo stato ne ha bisogno per ridurre il valore reale del suo debito attuale e consentirgli di continuare a confiscare la ricchezza della nazione. Le grandi imprese perché possiedono i beni della nazione e per quanto tassi d'interesse e deficit ultra bassi causino inflazione, fanno salire i prezzi delle loro azioni; inoltre i concorrenti emergenti non riescono a ottenere finanziamenti, quindi le piccole aziende falliscono, mentre le grandi vengono salvate oppure ottengono sussidi. Anche la stampa preferisce l'inflazione all'“austerità”: un modo per finanziare le guerre e gli sprechi che ama così tanto.

Tutti questi player vogliono sopravvivere e crescere, concentrando ricchezza e potere nelle grandi istituzioni delle élite al comando. Ma la vera chiave per per comprendere questo amore è una: non hanno altra scelta. TINA. Dal punto di vista politico, non c'è alternativa. Questi potenti gruppi non accetterebbero mai i drastici tagli necessari per ridurre il debito. Non se non rispettano le loro condizioni. In una crisi del debito disordinata è difficile conservare la propria autorità e influenza. Ma come in tutte le avventure essa deve finire affinché ne possa iniziare una nuova. La previdenza sociale e il sistema pensionistico stanno andando in rovina, il debito sta aumentando più velocemente di quanto l'inflazione possa ridurlo.

L'unica opzione è l'inflazione, più inflazione, un'inflazione sostenuta a livelli sufficientemente alti da ridurre il valore reale del debito.


BITCOIN, TETHER E LO SVINCOLO STATUNITENSE

Non è un caso che questo articolo sia stato aperto da una citazione di Bernanke. Egli ha rappresentato uno di quegli accademici posto nel suo ruolo da amministrazioni politiche ben consapevoli di quale dovesse essere il loro compito: vandalizzare il bilancio degli Stati Uniti e tenere aperti i rubinetti monetari dell'eurodollaro affinché i pasti gratis fossero infiniti per tutti... tranne gli stessi Stati Uniti che invece venivano spogliati di capitale finanziario e umano. Così è stata venduta l'illusione che l'euro potesse competere contro il dollaro sui mercati internazionali e che la Cina potesse diventare un punto di riferimento industriale nel mondo. Su questa scia “stampare troppo” è diventata una questione di grado, dove l'asticella poteva essere spostata sempre più in alto grazie a verbose figure accademiche pronte a giustificare una simile azione. Per non parlare della stampa finanziaria, prevalentemente un megafono della linea di politica inglese.

Ecco che figure come Greenspan, Bernanke e Yellen si sono avvicendate alla presidenza della FED, ma in realtà è sempre rimasta una linea di politica: non esisteva un “troppo” quando si stampava. La distensione post-anni '80 e '90 è stata dovuta all'internazionalizzazione totale dell'eurodollaro (compresa la Cina) e ha una fiducia cieca che i saldi ombra potessero andare a braccetto con la progressiva esoticità dei prodotti finanziari sfornati dai mercati finanziari. Il 2001, prima, e il 2008, poi, hanno dimostrato invece che la saturazione dei bilanci è un processo che guadagna velocità quando tale processo aveva raggiunto un punto critico in precedenza e per “mettere la polvere sotto i tappeti” si amplia la platea di coloro che possono fornirne di puliti (relativamente) da saturare. La gigantesca bolla immobiliare cinese è stata gonfiata in questo modo, tenuta gonfia poi emettendo i wealth management product (WMP). Anche il sogno europeo, un continente irreggimentato attraverso la burocrazia, è stato venduto alle folle come qualcosa di realizzabile e in netta rottura rispetto all'organizzazione identica  dell'URSS.

Come ho documentato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, le tensioni militari e i giochi geopolitici sono derivati entrambi dal dissesto economico/finanziario alimentato dall'overleveraging del mercato dell'eurodollaro. La saturazione dei bilanci a tutti i livelli, l'impossibilità di effettuare saldi credibili nell'interconnessione finanziaria moderna e la scalata ostile nei confronti degli USA hanno generato una sfiducia progressiva che è culminata col disastro della Lehman. Le prime avvisaglie s'erano già viste con Bear Stearns. Ma, come già detto poco sopra, il compito degli accademici alla presidenza della Federal Reserve era spazzare lo sporco sotto i tappeti... o per meglio dire nel bilancio statunitense. Più che il denaro di riserva mondiale, lo zio Sam era diventato il bilancio di riserva mondiale in cui tutti gli altri player vi scaricavano i loro guai. Una situazione, questa, garantita dall'indicizzazione dei debiti mondiali al LIBOR. Anche se gli USA potevano, ad esempio permettersi, tassi d'interesse più alti durante una fase di rialzo degli stessi, l'ancoraggio indiretto all'Europa tramite il LIBOR garantiva che problemi economici di quest'ultima sconquassassero i primi.

I vari giri di quantitative easing sono stati un tentativo di ristabilire una fiducia che è andata man mano perdendosi in un sistema andato praticamente fuori controllo. L'enorme quantità di titoli tossici che circola over the counter è la sola cosa che preoccupa gli amministratori delegati e i consigli di amministrazione dei vari istituti finanziari, bancari e non. Ecco perché, ad esempio, nel 2019 gli USA hanno detto che il mercato dei pronti contro termine interno avrebbe accettato come garanzie collaterali solo i titoli di stato americani. La crisi del settembre 2019, la successiva crisi sanitaria e la crisi militare ora sono risposte di coloro che, per decenni, hanno prosperato con i pasti gratis dell'eurodollaro e che in quel momento si vedevano sfuggire una fonte “sicura” di finanziamenti. Gli USA, sin dal 2022, stanno lavorando per ricostruire quella fiducia, ma solo nei loro mercati finanziari; l'Europa e l'Inghilterra, spogliate di capitali finanziari ed energia a basso costo, sono costrette a parassitare il proprio bacino di ricchezza reale (rimanente) pur di sopravvivere alla prova del tempo e della storia.

La ricostruzione della fiducia nei mercati statunitensi rappresenterà, poi, un asso nella manica non indifferente al tavolo dei negoziati. La Feederal Reserve, così come il sistema bancario commerciale americano, stanno strangolando lentamente gli altri player che in passato hanno cercato di soverchiare la loro sovranità. Anche perché il motto delle istituzioni pubbliche resterà sempre uno: “Non agitare le acque”. Un crollo verticale e repentino dell'UE, ad esempio, non giova agli affari, nemmeno a quelli statunitensi; meglio un dissesto e una disgregazione lenti e progressivi. Questa agonia strisciante la si può percepire vistosamente nel declino della Germania. Questo tempo ha permesso agli USA di mettere ordine nelle proprie cose, mentre l'Europa l'ha usato per raddoppiare la dose di burocrazia e rapacità nei confronti del risparmio privato europeo. L'unica preoccupazione adesso dell'UE è quella dell'integrazione fiscale e dell'emissione comune di bond sovrani, senza di essi è finita.

Privata sia di capitali finanziari a basso costo che di energia a basso costo, la fiducia nel continente europeo vuole essere ricreata attraverso il controllo capillare e il trasferimento progressivo delle varie sovranità nazionali a Bruxelles. L'idea, infatti, è quella di perorare la causa di una formazione di capitale a livello pubblico.

Soluzione diametralmente opposta scelta dagli Stati Uniti, che invece seguiranno il percorso classico di una formazione di capitale a livello privato. Adesso che Washington ha messo ordine nella politica monetaria, e si accinge a farlo anche in quella fiscale, la dollarizzazione di una qualsiasi economia rappresenterà, a cascata, un passo deciso verso la stabilità finanziaria. Soprattutto ora che c'è stato un netto spostamento verso un'emancipazione dal mercato dell'eurodollaro. Questo singolo fatto sta facendo salire il DXY in rapporto a tutte le altre divise: ora se qualcuno ha fame di dollari, come la Cina che di recente ha emesso in Arabia Saudita obbligazioni denominate in dollari, deve fare i conti con la possibilità concreta che un indice del dollaro a 120 punti, ad esempio, possa strozzare qualsiasi ingegneria finanziaria al di fuori della nazione. Siamo in una fase di transizione attualmente e in tutte le fasi del genere c'è apertura negoziale così come mosse audaci per spingere alla trattativa le controparti. E quest'ultima è possibile solo se si sta vincendo la guerra economica. Agli Stati Uniti, infatti, sta bene che il resto del mondo voglia proseguire la strada della “de-dollarizzazione”, visto che questa in realtà è caratterizzata dalla vendita di titoli sovrani statunitensi per sostenere i tassi di cambio delle varie divise mondiali (yuan in primis) e di concreto non ha niente. Perché? Perché per la prima volta nella loro storia economica, gli USA stanno davvero dettando la linea: hanno il mercato dei capitali più liquido e il collaterale più solido.

Quest'ultimo fatto è rafforzato dalla volontà di legare Bitcoin al proprio mercato finanziario. Bitcoin, insieme all'oro, è l'anello mancante in quella catena che serve a ricostruire la fiducia e la credibilità economica che è andata persa sin dal 2008. La cinghia di trasmissione sarà Tether, asset che darà (indirettamente) stabilità a Bitcoin. Una dopo l'altra tutte le stablecoin ancorate al dollaro sono state uccise, tutte tranne Tether. Dopo l'indagine che ha sentenziato trasparenza nei bilanci della società, Tether è stato lasciato in pace. Non faccio fatica a credere che, essendo già utilizzato come volano di riferimento per il mondo delle criptovalute, diventerà il punto di raccordo col mondo legacy e interfaccia principale col mondo istituzionale. Gli esperimento col dollaro non si fermeranno qui, ma non vedremo una CBDC negli USA; molto probabilmente una concorrenza tra valute emesse dalle singole banche e che avranno tutte come punto di saldo il dollaro. In questo modo si donerà automatismo all'economia statunitense e la si potrà liberare dai ceppi instabili della stampa scriteriata di denaro. Così come la dollarizzazione dell'economia argentina, un “esperimento di laboratorio” statunitense, rappresenterà un modo per impedire ai governi futuri di sconquassare nuovamente i progressi fatti nella giusta direzione dall'amministrazione Milei, la bitcoinizzazione dell'economia americana rappresenterà un modo per impedire ai governi futuri di sconquassare nuovamente i progressi fatti nella giusta direzione dalla presidenza Powell.

L'obiettivo di lungo termine dovrebbe essere quello di riportare la Federal Reserve a essere quello che era quando venne istituita nel 1913, così come se la immaginò lo stesso Carter Glass: un “guardiano passivo”. L'automazione indiretta della politica monetaria tramite oro e Bitcoin, oltre a rispondere alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questo pezzo, incarna la possibilità concreta di arrivare un giorno a sbarazzarsi completamente del sistema bancario centrale.


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giovedì 28 novembre 2024

Bitcoin: il gold standard dell'era digitale

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Michael Matulef

La natura del denaro è una delle questioni più inesplorate e vitali nella società moderna. Nel corso della storia diversi sistemi monetari sono sorti e sono caduti con il progredire della tecnologia e l'emergere di nuove forme di denaro superiori a quelle precedenti. Per aiutarci a comprendere questo fenomeno, dobbiamo porci la seguente domanda: “Chi controlla il libro mastro?” Mentre esploriamo la storia tecnologica del denaro e le sue varie incarnazioni, dal credito sociale ai sistemi coperti da merci, comprenderemo in che modo il controllo sul libro mastro monetario influisce sulla libertà individuale, sulla prosperità economica e sulla prosperità umana.

Diversi autori della Scuola Austriaca, come Carl Menger, Ludwig von Mises e molti altri, hanno scritto sulla funzione del denaro. In sostanza, esso consente lo scambio indiretto come mezzo per facilitare le transazioni. Nelle piccole comunità i sistemi di credito sociale possono regolare le risorse tramite lo scambio diretto; man mano che queste comunità crescono, lo scambio indiretto tramite denaro diventa essenziale. L'espansione della divisione del lavoro e della specializzazione richiede calcoli economici più complessi e la crescente sofisticazione dei desideri richiede transazioni indirette tra parti distanti. Lo scambio diretto si basa sulla fiducia e la familiarità tra le controparti, cose che vengono via via a mancare man mano che aumentano le dimensioni. Il denaro è nato per consentire alle comunità in crescita di raccogliere i benefici dell'espansione economica attraverso lo scambio indiretto. Senza denaro sano/onesto, la produttività e la specializzazione non possono essere coordinate in modo efficace. La Scuola Austriaca riconosce quanto sia fondamentale il quadro monetario in un'economia in evoluzione.

Alcune merci finiscono per essere selezionate come denaro all'interno delle economie di mercato in base alle loro proprietà monetarie. Detto in altri termini, il bene più vendibile, che ha il più basso tasso di utilità marginale decrescente, verrà scelto per facilitare il commercio indiretto. Le proprietà monetarie primarie (scarsità, durevolezza, portabilità, divisibilità, fungibilità e verificabilità) lasciano il posto alla vendibilità dei beni nel tempo e nello spazio. Conchiglie, perline, argento e oro sono tutti esempi di diverse merci che sono state utilizzate come diversi mezzi di scambio in base ai rispettivi punti di forza nelle sopraccitate proprietà monetarie.

Lyn Alden, nel suo recente libro Broken Money: Why Our Financial System is Failing Us and How We Can Make it Better, riesamina la questione di cosa sia il denaro attraverso la sua teoria del libro mastro:

La teoria del libro mastro osserva che la maggior parte delle forme di scambio vengono migliorate dall'avere un'unità di conto vendibile che può essere detenuta e trasferita sia nel tempo che nello spazio, e che questa implica l'esistenza di un libro mastro, letteralmente o in astratto. Le unità monetarie e il libro mastro che le definisce si basano su amministratori umani o su leggi naturali per mantenere la loro stabilità nel tempo e nello spazio.

Attraverso questa lente possiamo rispondere all'annosa questione di Cosa ha fatto lo stato al nostro denaro? La natura ingombrante dell'oro fisico come mezzo di scambio ha portato all'adozione della cartamoneta e, infine, della moneta fiat non più coperta da materie prime. Conservare, trasportare e verificare l'oro puro per le transazioni è diventato poco pratico man mano che le economie crescevano e si sviluppavano tecnologicamente. Il peso dell'oro e il rischio di furto hanno reso costoso lo stoccaggio; la verifica della purezza era difficile per il commercio quotidiano; trasportare oro per grandi transazioni era rischioso. La cartamoneta forniva un sostituto più leggero e portabile per l'oro, più pratico per lo scambio. Tuttavia dipendeva ancora dalle autorità centrali che garantivano riserve auree adeguate per mantenere la convertibilità. Ciò limitava la politica monetaria, poiché l'espansione della valuta era limitata dalle scorte di oro. Nel tempo i vincoli della convertibilità dell'oro frustrarono stati e banche centrali e la sua sospensione nel 1971 consentì un maggiore controllo sulla massa monetaria e sui tassi d'interesse, fornendo maggiore flessibilità politica. Ma senza la copertura delle materie prime, la moneta fiat comporta maggiori rischi di inflazione, iperinflazione e altre esternalità negative. La Alden ce lo spiega bene:

La tecnologia dei sistemi bancari e delle banconote cartacee in vari tagli coperte dall'oro ha migliorato l'effettiva divisibilità dell'oro. E poi, oltre a scambiare carta, le persone potevano “inviare” denaro tramite linee di telecomunicazione ad altre parti del mondo, utilizzando le banche e i loro registri come intermediari di custodia. Questo era il gold standard, la copertura delle valute cartacee e dei sistemi di comunicazione finanziaria con l'oro.

Per un sistema bancario coperto dal metallo giallo, l'unica parte del registro di cui i singoli utenti hanno il controllo sono le monete di metallo che hanno in tasca, e per questo si affidano alle proprietà del metallo stesso per conservare l'integrità del registro. Una volta che consegnano le monete al sistema bancario, iniziano a fare affidamento su una gerarchia di altre persone per controllare il loro denaro.

Nel contesto della teoria del libro mastro della Alden, l'offerta di oro è controllata dalla natura e dalle leggi naturali. La moneta fiat, al contrario, è controllata dall'amministrazione umana e inequivocabilmente dallo stato. Questa spiegazione è la semplice risposta a ciò che quest'ultimo ha fatto al nostro denaro: ha preso il controllo del libro mastro monetario sottraendolo alla legge naturale e ha utilizzato quel potere per facilitare la sua crescita metastatica. Inoltre ha esercitato questo controllo come uno dei suoi privilegi di monopolio esclusivo. Come sostenitori del libero mercato, dei diritti di proprietà individuale e del diritto all'autodeterminazione, nulla è più imperativo ai nostri tempi che separare il denaro dallostato. Il grande Friedrich A. Hayek, che sosteneva la denazionalizzazione del denaro, affermò:

Non credo che avremo mai più una buona forma di denaro se prima non lo togliamo dalle mani dello stato; non possiamo toglierla violentemente dalle sue mani, tutto ciò che possiamo fare è introdurre qualcosa, in modo subdolo e indiretto, che non possa fermare

Negli ultimi 15 anni c'è stato Bitcoin e ha continuato a svilupparsi in un modo subdolo e indiretto che Hayek aveva ipotizzato. Un sistema di contabilità decentralizzata che utilizza firme digitali crittografate per rafforzare il concetto di scarsità digitale, Bitcoin, come unità monetaria, rappresenta un bene al portatore nativo digitale, un concetto veramente rivoluzionario. Nel contesto della teoria del libro mastro della Alden, ella scrive:

L'oro è stato a lungo utilizzato come forma di difesa e risparmio, ma non è una forma di denaro transazionale utile nell'era digitale. La rete Bitcoin presenta un'alternativa più nuova e veloce, dove nessuno può creare bitcoin gratuitamente e quindi nessuno ha il potere del signoraggio.

Bitcoin colma il divario di velocità tra transazioni e regolamenti. Sin dall'invenzione e dall'implementazione dei sistemi di telecomunicazione intercontinentali nella seconda metà del XIX secolo, le transazioni sono state in grado di muoversi in tutto il mondo alla velocità della luce, mentre il denaro al portatore, scarso e auto-custodito (ad esempio, l'oro), poteva essere trasportato e verificato solo alla velocità della materia. Questo divario di velocità ha aperto un'enorme opportunità di arbitraggio per banche e stati, perché ha dato loro monopoli di custodia su pagamenti rapidi a lunga distanza. Bitcoin rappresenta il primo modo per regolare il valore scarso alla velocità della luce.

Mentre la politica può avere un impatto sul modo in cui interagiamo con il denaro a livello locale e temporaneo, è la tecnologia che ha un impatto sul modo in cui interagiamo con il denaro a livello globale e permanente. Con l'avvento di nuove tecnologie, alcuni tipi di registri diventano obsoleti e si estinguono, mentre nuovi tipi di registri nascono e diventano necessari. Ecco perché le nuove forme di denaro tendono a essere adottate ovunque, piuttosto che solo a livello locale. Con l'industrializzazione del mondo, l'oro ha prevalso su ogni altra merce; poi, con l'aumento della connessione del mondo tramite sistemi di telecomunicazione, le valute fiat hanno sostituito l'oro in ogni Paese. Ora che la scarsità digitale e la liquidazione digitale esistono come nuove forme di tecnologia, s'è di nuovo venuta a creare un'apertura per una nuova era monetaria.

Oggi l'uso di Bitcoin è principalmente quello di riserva di valore. Una possibile spiegazione è la Legge di Gresham, la quale afferma che quando due forme di valuta hanno lo stesso valore nominale, quella percepita come meno preziosa circolerà di più, mentre quella più preziosa verrà accumulata. Ciò aiuta a spiegare il ruolo attuale di Bitcoin: la sua offerta limitata e la sua valutazione volatile lo rendono “denaro buono” da detenere come asset, mentre le valute fiat con un valore percepito inferiore rimangono il mezzo di scambio comune. Tuttavia lo status monetario di Bitcoin potrebbe evolversi se aumentasse l'adozione.


CONCLUSIONE

Studiare la storia monetaria rivela che l'evoluzione del denaro riflette i progressi della tecnologia. Le società hanno selezionato diversi mezzi monetari in base alla forza delle loro proprietà monetarie, ovvero la loro vendibilità nel tempo e nello spazio. Esaminare chi controlla il registro per ogni sistema monetario fornisce utili informazioni: le leggi naturali governavano il registro di materie prime come l'oro, tuttavia l'avvento delle telecomunicazioni ha consentito alle transazioni finanziarie di avvenire molto più rapidamente rispetto alla liquidazione dei pagamenti in oro fisico. Ciò ha evidenziato i limiti del suo uso come denaro nell'era digitale, di conseguenza le società hanno adottato monete cartacee e digitali basate sul credito con registri controllati dall'amministrazione umana piuttosto che dalle leggi naturali. Nel tempo lo stato ha preso il controllo di questi registri, espandendo la sua autorità manipolando le valute fiat e rimuovendo completamente il loro legame dall'oro. Per contrastare la crescita incontrollata del potere statale, dobbiamo tornare a una moneta sana/onesta ancorata a una riserva di valore affidabile, con un registro che non può essere manipolato dallo stato. Utilizzare l'oro fisico come mezzo di scambio non è più pratico in un mondo sempre più digitale, pertanto deve essere sviluppata un'alternativa monetaria resistente alla censura per separare il controllo del denaro dallo stato. Negli ultimi 15 anni il registro pubblico distribuito di Bitcoin si è rivelato un affascinante esperimento nel campo del denaro digitale decentralizzato. A differenza delle valute tradizionali, il registro di Bitcoin non è controllato da una singola entità, invece si basa su una rete di individui che eseguono volontariamente il software Bitcoin per raggiungere un consenso sul protocollo. Questo approccio decentralizzato consente al mercato di decidere sulle proprietà della rete e delle unità monetarie. In definitiva, il mercato determinerà se Bitcoin è il più adatto come mezzo di scambio per l'umanità nel mondo digitale. Una domanda che dovremmo porci è questa:

Come sarebbe se una forma di denaro globale, digitale, solido, aperto e programmabile partisse da zero e diventasse ampiamente accetato come mezzo di scambio?

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 27 novembre 2024

Dare vita alla “libertà”

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Barry Brownstein

Helen Keller perse la capacità di sentire e vedere prima di aver compiuto due anni. Nella sua autobiografia raccontò che acqua fu una delle prime parole che imparò: “Continuai a emettere suoni cercando di replicare foneticamente quella parola dopo che ogni altro linguaggio era andato perduto”. Il suo “desiderio di esprimersi” rimase forte nonostante le sue disabilità.

Poco prima di compiere sette anni la sua capacità di espressione fece un balzo in avanti grazie all'arrivo del'insegnante Anne Sullivan. Fu un giorno significativo che avrebbe plasmato il suo futuro. Frustrata dagli sforzi persistenti della Sullivan, la Keller distrusse la sua nuova bambola; dopo quello sfogo non c'era “tenerezza” e nessun sentimento di “dispiacere o rimpianto”.

La Sullivan portò la Keller fuori al pozzo e “mise la mano sotto il beccuccio”. Il punto di svolta avvenne quando la Sullivan scrisse acqua sulla sua mano:

All'improvviso sentii tornare una consapevolezza di qualcosa di dimenticato, un brivido di pensiero che tornava; compresi il mistero del linguaggio. Capii allora che “a-c-q-u-a” significava quel meraviglioso qualcosa di fresco che scorreva sulla mia mano. Quella parola viva risvegliò la mia anima, le diede luce, speranza, gioia, la liberò! C'erano ancora delle barriere, è vero, ma barriere che col tempo potevano essere spazzate via.

In quel momento tutto cambiò. Pianse e provò “pentimento” per la bambola che aveva rotto. Imparò rapidamente molte parole nuove e “per la prima volta desiderò ardentemente che arrivasse un nuovo giorno”. La Keller definì quel giorno del 1887 il suo “improvviso risveglio dell’anima”.

La libertà è una parola viva per voi e per le persone che conoscete? Una “parola viva” liberò la Keller, può fare lo stesso per noi? Come possiamo rendere la libertà una parola viva, anziché un semplice slogan da accantonare quando non è conveniente? Prima di spiegarlo, vorrei condividere un'altra storia.

Il noto economista Russell Roberts nel suo ultimo libro, Wild Problems, racconta la storia della decisione di Charles Darwin di sposarsi. Il processo decisionale di Darwin è familiare alla maggior parte di noi: creò una lista che soppesava i pro e i contro del matrimonio. Roberts riportò quel banale elenco e osservò che esso “ci dice di più su Darwin che sul matrimonio. La sua lista di pro e contro, in particolare i pro, è la lista che farebbe qualcuno che non si è mai sposato e non comprende il lato positivo della vita interiore di un uomo sposato”.

Nella sua immaginazione Roberts riflettè su come avrebbe potuto informare gentilmente Charles Darwin che la sua lista di pro/contro era insufficiente. Come tutti noi “Darwin era all'oscuro del futuro [...] Darwin era anche all'oscuro di quanta oscurità lo circondasse”.

Quando siamo pieni di idee sbagliate, non possiamo sapere ciò che non sappiamo. Decisioni come il matrimonio, scrisse Roberts, “vi cambieranno in modi che non potete immaginare, incluso ciò che vi interessa e ciò che vi porta gioia o tristezza, dolcezza o malinconia, sole o ombra”. Eppure Darwin stava vedendo la sua decisione attraverso una lente “esclusivamente personale”.

Roberts scrisse che “non c'è nulla nell'elenco di Darwin sulla devozione verso un altro essere umano o sull'amore”. Avrebbe voluto che Darwin capisse che il matrimonio avrebbe arricchito la sua vita quotidiana, essendo lui “ignorante” di questo potenziale.

Roberts pose ai suoi lettori due domande profonde: “Quale 'voi' dovreste prendere in considerazione quando decidete cosa è meglio per voi? Il voi attuale o il voi che diventerete?"

La storia di Darwin è pertinente alla nostra situazione attuale. Quando il concetto di libertà manca di significato, i suoi benefici sono al di là della nostra portata.

Come Darwin, potremmo ritrovarci bloccati se ci concentrassimo esclusivamente sui pro e contro della libertà per noi stessi. Per quanto apprezziamo alcuni dei vantaggi della libertà, potremmo preoccuparci di cosa accadrà se lo stato usa il suo potere per costringere gli altri a nostro discapito.

La libertà è viva nei cuori e nelle menti dei dipendenti o degli azionisti della Pfizer? Il modello di business della Pfizer dipende in parte dallo stato che promuove i suoi prodotti e protegge l'azienda da responsabilità legali. Sto usando questa azienda in particolare come simbolo di clientelismo.

Se la libertà di scelta della scuola rappresenta un rischio per la loro professione, a cosa serve la libertà per un membro del sindacato degli insegnanti in una scuola con scarsi risultati?

Potrei continuare, ma spero abbiate capito il punto. Attraverso i miei occhi la libertà sembrerà avere pro e contro. Come Darwin, potremmo essere preoccupati di ciò che sacrifichiamo senza cogliere i benefici trasformativi della libertà.

Se ci liberassimo dalla nebbia del “cosa ci guadagno?” potremmo forse trasformare la libertà in una parola viva?

Per una prospettiva più ampia, c'è bisogno che la filosofia morale impregni la nostra comprensione ed esperienza della libertà.

Nella sua “Lettera dalla prigione di Birmingham” del 1963, Martin Luther King si rivolse al filosofo Martin Buber per spiegare perché la segregazione “non è solo politicamente, economicamente e sociologicamente infondata, ma è anche moralmente sbagliata e peccaminosa”.

Nel suo celebre libro, I and Thou, Buber delineò due mentalità che guidano le nostre interazioni umane: “Io-tu” e “Io-esso”.

La dicotomia di Buber è istruttiva perché ne comprendiamo istintivamente il significato. Considerando le persone come “essi”, ai nostri occhi diventano oggetti che possono assistere od ostacolare il nostro progresso. Come trattiamo le persone quando non fanno nulla per noi in cambio? Un oggetto non è considerato come qualcosa di vivente. Al contrario, quando vediamo un altro individuo come tu, rispettiamo la sua umanità come facciamo con la nostra.

Applicando la filosofia morale di Buber, King scrisse: “Una legge ingiusta è un codice che non è in armonia con la legge morale [...] che non è radicato nella legge eterna e naturale”.

King ci fornì una regola concreta: “Una legge ingiusta è un codice che una maggioranza impone a una minoranza e che non è vincolante per sé stessa [...]. Una legge giusta è un codice che una maggioranza costringe una minoranza a seguire e che essa stessa è disposta a seguire”.

Spiegò che la segregazione era moralmente sbagliata perché “finisce per relegare le persone allo stato di oggetti. Quando scrisse “la segregazione distorce l'anima e danneggia la personalità”, non stava solo scrivendo delle vittime della segregazione, ma stava spiegando come la segregazione “dà al segregatore un falso senso di superiorità e al segregato un falso senso di inferiorità”.

Anche C. Terry Warner, un filosofo americano contemporaneo, è stato fortemente influenzato da Buber. Nel suo libro, Bonds That Make Us Free, Warner ha scritto: “Il tipo di persone che siamo non può essere separato da come interpretiamo il mondo che ci circonda [...]. Chi siamo è come siamo in relazione agli altri”.

Troveremo la nostra umanità o la perderemo a seconda dei valori che usiamo per vedere gli altri.

La lente Buber/King/Warner fornisce uno strumento istruttivo attraverso cui comprendere un risultato della politica: l'uso del potere coercitivo danneggia sia chi è costretto sia chi costringe.

Il risveglio della Keller avvenne quando trascese la sua prospettiva ristretta; solo allora trovò il suo scopo nella vita. Darwin si sposò e lui e sua moglie ebbero dieci figli.

La libertà prende vita quando lasciamo andare la nostra lista di pro/contro e la abbracciamo pienamente per il bene della nostra anima? Affidarsi semplicemente ai benefici economici non sarà sufficiente ai sostenitori della libertà per convincere gli altri che, attraverso di essa, le loro vite saranno trasformate e arricchite.

Warner ha scritto: “La nostra bontà intrinseca ha a che fare con la nostra capacità di rispettare e riverire gli altri”. Quando riveriamo gli altri, smettiamo di costringerli; mentre lo facciamo, troviamo la nostra bontà. Trovando la nostra bontà, la libertà diventa per noi una parola viva.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 26 novembre 2024

Il futuro dell'oro dipenderà dalla Cina

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Brendan Brown

È difficile esagerare l'importanza della Cina nel futuro dell'oro, anche se la relazione non è monocausale. L'attuale corso di Pechino sia in politica economica che geopolitica da quando la sua gigantesca economia in bolla si è trasformata in bust, a partire dal 2020 circa, ha avuto un impatto enorme sulla performance super-forte dell'oro. Al contrario, se il bust dovesse in qualche modo innescare un trionfo della libertà economica e politica in Cina, un continuo aumento dell'oro dipenderebbe, molto probabilmente, da un ulteriore crollo della fiducia generale nella moneta fiat.

Le radici della dipendenza dell'oro dalla Cina non figurano affatto nell'analisi convenzionale dell'FMI, soprattutto alla luce degli “investimenti sbagliati” in tal Paese. Secondo suddetta analisi l'enorme perdita di ricchezza privata, corrispondente all'improvvisa obsolescenza economica di 80 milioni di appartamenti vuoti, ha causato un forte aumento del surplus di risparmio nel settore privato della Cina, ponendo una doppia minaccia di deflazione: interna e squilibrio commerciale con il resto del mondo.


I mercati sono la soluzione

Come ridurre questa minaccia (secondo l'FMI)? I policymaker di Pechino devono scatenare un gigantesco stimolo fiscale e monetario. E non devono intraprendere azioni che alimenterebbero un surplus commerciale cinese sempre più grande sulla scia dello scoppio della bolla.

La premessa di queste prescrizioni è sbagliata, dato che non lascia spazio alla proverbiale mano invisibile. Sì, la rivelazione di investimenti sbagliati va di pari passo con una perdita diffusa di benessere percepito in Cina e ciò significa in primo luogo un'intorpidimento della spesa al consumo. La mano invisibile, in un'economia di mercato ben funzionante con moneta sana/onesta, incentiva nuova spesa in conto capitale nel bel mezzo della distruzione dello stesso.

Un calo dei saggi salariali in settori importanti dell'economia, accompagnato da un ampliamento delle opportunità di profitto percepite, porta a una ripresa degli investimenti aziendali, molti dei quali in nuove aree di attività. Il bust, e la conseguente cancellazione dello stock di capitale, significa che la Cina tornerebbe nella lista delle economie di mercato emergenti, dove il capitale è più scarso come fattore di produzione. In questa situazione attirerebbe maggiori afflussi di capitale con una controparte in surplus commerciali più piccoli o persino deficit commerciali.

Più in generale, in un'economia cinese post-bolla e con moneta sana/onesta, molti prezzi di beni e servizi scenderebbero ben al di sotto del loro percorso di lungo periodo, incentivando individui e aziende ad anticipare la spesa. I keynesiani che denigrano la “deflazione” non riescono a unire questi puntini e invece accolgono con favore gli aumenti dei prezzi, sintomatici invece di nuove restrizioni all'offerta.

Ci sono pochi indizi che la proverbiale mano invisibile del mercato operi in Cina nei modi descritti. Gli investitori stranieri, soprattutto negli Stati Uniti, sono altamente avversi al rischio per quanto riguarda l'investimento di capitale nell'economia cinese post-crisi, sia a causa dell'atteggiamento ostile di Pechino, sia per paura delle azioni delle autorità statunitensi.


Il regime cinese vede una maggiore inflazione come soluzione

In considerazione delle effettive restrizioni estere alla crescita delle esportazioni cinesi e dei gravi ostacoli a una ripresa spontanea degli investimenti aziendali, i policymaker di Pechino vedono solo una possibile via d'uscita dalla crisi economica: un aumento della spesa statale pagata tramite una tassazione camuffata (inflazione e repressione finanziaria).

La prospettiva di una probabile inflazione diventa ancora più forte se prendiamo in considerazione la stretta sui redditi reali in Cina dovuta all'intensificarsi della guerra economica contro gli Stati Uniti. Redditi ridotti senza una solida speranza di miglioramento in vista contribuiscono al malcontento socio-politico. La gerarchia a Pechino lo contrasterà con il cosiddetto stimolo monetario o con misure di economia pianificata.

Non c'è da stupirsi se i risparmiatori cinesi vedano l'oro come un rifugio sicuro, molto più del dollaro. I risparmiatori cinesi, come altri risparmiatori stranieri, sono anche consapevoli che gli Stati Uniti agiranno, ove possibile, contro gli istituti di deposito locali sospettati di finanziare attività proibite (ad esempio, aiutare l'economia russa). Sì, c'è la possibilità di cercare rifugio nello spazio digitale delle criptovalute, sebbene questo sia stato oggetto di divieti in Cina per molti anni.


Una rete di “bullion bank” con sede in Cina?

Le autorità cinesi non hanno problemi con la “fuga verso l'oro”, dove i settori privato e governativo detengono il metallo giallo in misura maggiore rispetto a qualsiasi altra nazione, compresi gli Stati Uniti; le partecipazioni totali private e statali arrivano fino al 15% dello stock aurifero estratto in tutto il mondo. Forse puntano sul fattore psicologico: detenere oro è sinonimo di benessere per il cittadino comune e questo potrebbe smorzare il malcontento socio-politico.

È possibile che le autorità cinesi possano portare la loro sponsorizzazione dell'oro come porto sicuro a un livello superiore: tollerare o addirittura incoraggiare la crescita di una rete di pagamenti basata sull'oro. Infatti ciò consisterebbe in istituti di custodia che emettono certificati di deposito con un'elevata copertura obbligatoria in oro fisico (anche il 100% per i certificati più sicuri). Questa rete di pagamenti potrebbe estendersi a Paesi amici della Cina (che rifiutano di schierarsi con gli Stati Uniti nella politica commerciale), molti dei quali facenti parte dei mercati emergenti. Shanghai sarebbe il probabile punto di consegna in questa rete per l'oro fisico.


Le opzioni limitate del Giappone

Per ovvie ragioni, in quanto alleato degli Stati Uniti, il Giappone non potrebbe far parte di tale rete. In generale, la domanda di oro come rifugio ha una componente asiatica crescente e importante, incluso il Giappone. Quest'ultimo si trova esposto al pericolo in una guerra economica tra Stati Uniti e Cina. Ad esempio, le azioni degli Stati Uniti contro le importazioni dalla Cina potrebbero avere una ricaduta sulle imprese cinesi che vendono in Paesi terzi, e il Giappone è in cima alla lista. Gli investitori giapponesi hanno tutte le ragioni per temere che uno yen a buon mercato e un'inflazione monetaria diventerebbero la risposta principale del loro governo, soprattutto dati i suoi enormi debiti.

A differenza della Cina, i titoli denominati in dollari detenuti in Giappone non sono soggetti a rischi politici e hanno funzionato bene come rifugio negli ultimi anni. Ciononostante potrebbero sorgere dubbi tra i giapponesi sul fatto che un percorso a senso unico possa continuare indefinitamente e ci sono scenari in cui le relazioni tra Tokyo e Washington potrebbero diventare molto più tese. Nonostante gran parte del dibattito pubblico sulla vicinanza tra Stati Uniti e Giappone, una terza via per Tokyo non è preclusa. Uno scenario plausibile sarebbe quello in cui le frizioni tra Stati Uniti e Giappone, tra cui la continua e crescente dipendenza di quest'ultimo dal petrolio e dal gas di Sakhalin, potrebbero mettere in discussione la partecipazione del Paese nipponico a una risposta militare contro la potenziale aggressione cinese a scapito di Taiwan.

In conclusione: l'enorme importanza della Cina per il futuro dell'oro non dipende solo dal suo impoverimento a causa della guerra economica contro gli Stati Uniti e dalla devastazione degli investimenti sbagliati, dipende anche dalla domanda come rifugio sicuro tra i risparmiatori in Asia orientale, consapevoli dei rischi derivanti dalla guerra economica tra Cina e Stati Uniti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 25 novembre 2024

È in corso un'opera di cancellazione su Internet

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

I casi di censura stanno aumentando fino al punto d'essere considerati una cosa normale. Nonostante le controversie legali in corso e una maggiore attenzione pubblica, i social media sono stati più feroci che mai negli ultimi mesi. I podcaster sanno per certo cosa verrà immediatamente eliminato e discutono tra loro sui contenuti nelle zone grigie. Alcuni come il Brownstone Institute hanno rinunciato a YouTube in favore di Rumble, sacrificando un vasto pubblico se non altro per salvare i propri contenuti.

Non si tratta sempre di essere censurati o meno. Gli algoritmi odierni includono una serie di strumenti che influenzano la ricercabilità e la reperibilità. Ad esempio, l'intervista di Joe Rogan a Donald Trump ha totalizzato ben 34 milioni di visualizzazioni prima che YouTube e Google modificassero i loro motori di ricerca per renderla difficile da trovare, mentre soprassedevano persino su un malfunzionamento tecnico che ne impediva la visione a molte persone. Di fronte a ciò Rogan si è trasferito su X.

Districarsi in questo groviglio di censura e quasi-censura è diventato parte del modello di business dei canali d'informazione alternativi.

E questi sono solo i casi da prima pagina, sotto di essi si stanno verificando eventi tecnici che influenzano la capacità di qualsiasi storico anche solo di guardare indietro e raccontare cosa sta succedendo. Il servizio Archive.org, che esiste dal 1994, ha smesso di scattare immagini di contenuti su tutte le piattaforme. Per la prima volta in 30 anni abbiamo percorso una lunga striscia di tempo da quando questo servizio non ha più raccontato la vita di Internet.

Al momento in cui scrivo non abbiamo modo di verificare i contenuti pubblicati da tre settimane a questa parte e che hanno portato agli ultimi giorni delle elezioni più controverse della nostra vita. Non si tratta di partigianeria o discriminazione ideologica, nessun sito web viene archiviato in modi che siano accessibili agli utenti. Infatti l'intera memoria del nostro principale sistema informativo è solo un grande buco nero in questo momento.

I problemi su Archive.org sono iniziati l'8 ottobre 2024, quando il servizio è stato improvvisamente colpito da un massiccio attacco Denial of Service (DDOS) che non solo l'ha messo KO, ma ha anche introdotto un livello di errore che lo ha quasi eliminato completamente. Archive.org è tornato online, sì, ma solo in modalità “sola lettura” e ancora oggi è così. Si possono leggere solo i contenuti pubblicati prima dell'attacco, il servizio deve ancora riprendere l'attività di mirroring di qualsiasi sito su Internet.

In altre parole l'unica fonte sull'intero World Wide Web che rispecchia i contenuti in tempo reale è stata disabilitata. Per la prima volta dall'invenzione del browser web stesso, i ricercatori sono stati derubati della capacità di confrontare i contenuti passati con quelli futuri, strumento cruciale per chi esamina le azioni statali e aziendali.

È stato utilizzando questo servizio, ad esempio, che i ricercatori del Brownstone Institute hanno potuto scoprire esattamente cosa il CDC aveva detto su plexiglas, sistemi di filtraggio, schede elettorali per corrispondenza e moratorie sugli affitti. Tali contenuti sono stati poi cancellati da Internet, quindi accedere alle copie di archivio era l'unico modo per sapere e verificare cosa fosse vero. Lo stesso è accaduto con l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il suo disprezzo per l'immunità naturale, definizione di quest'ultima cambiata dall'oggi al domani. Siamo stati in grado di documentare le definizioni mutevoli solo grazie a questo strumento che ora è disattivato.

Ciò significa quanto segue: qualsiasi sito web può pubblicare qualsiasi cosa oggi e rimuoverla domani e non lasciare traccia di ciò che ha pubblicato, a meno che un utente da qualche parte non abbia fatto uno screenshot. Anche in quel caso non c'è modo di verificarne l'autenticità. L'approccio standard per sapere chi ha detto cosa e quando è ormai scomparso.

Sappiamo cosa state pensando: sicuramente questo attacco DDOS non è stato una coincidenza. Archive.org sospetta qualcosa del genere? Ecco cosa hanno dire:

La scorsa settimana, insieme a un attacco DDOS e all'esposizione degli indirizzi email degli utenti e delle password crittografate, il javascript del sito web di Internet Archive è stato deturpato, il che ci ha portato a chiuderlo per accedere e migliorare la nostra sicurezza. I dati archiviati di Internet Archive sono al sicuro e stiamo lavorando per riprendere i servizi. Questa nuova realtà richiede una maggiore attenzione alla sicurezza informatica e stiamo rispondendo. Ci scusiamo per la mancata disponibilità dei nostri servizi.

Stato profondo? Come per tutte queste cose, non c'è modo di saperlo, ma lo sforzo di spazzare via la capacità di Internet di avere una cronologia verificata si adatta perfettamente al modello di distribuzione delle informazioni degli stakeholder che è stato considerato prioritario a livello globale. La Declaration of the Future of the Internet lo dice chiaro e tondo: Internet dovrebbe essere “governato attraverso l’approccio multi-stakeholder, in cui i governi e le autorità competenti collaborano con il mondo accademico, la società civile, il settore privato, la comunità tecnica e altri”. Tutti questi stakeholder traggono vantaggio dalla capacità di agire online senza lasciare traccia.

Fortunatamente un membro di Archive.org ha scritto che “sebbene la Wayback Machine fosse in modalità di sola lettura, la scansione e l'archiviazione del Web sono continuate. Tali materiali saranno disponibili tramite la Wayback Machine man mano che i servizi saranno ripristinati”.

Quando? Non lo sappiamo. Prima delle elezioni? Tra cinque anni? Potrebbero esserci delle ragioni tecniche, ma se scansione/archiviazione sono andati avanti dietro le quinte, come suggerisce il tweet, gli screen risultanti dovrebbero essere disponibili in modalità di sola lettura ora... peccato che non lo siano.

Questa cancellazione della memoria di Internet sta avvenendo in più di un posto. Per molti anni Google ha offerto una versione cache del link che si stava cercando appena sotto la versione live. Hanno un sacco di spazio sui loro server, ma no: quel servizio è completamente scomparso. Infatti il servizio cache di Google è ufficialmente terminato solo una o due settimane prima del crollo di Archive.org, alla fine di settembre 2024.

Così i due strumenti più usati per la ricerca di pagine memorizzate nella cache di Internet sono scomparsi nel giro di poche settimane l'uno dall'altro e a poche settimane dalle elezioni del 5 novembre.

Altre tendenze inquietanti stanno trasformando sempre più i risultati delle ricerche su Internet in elenchi di narrazioni approvate dall'establishment e controllate dall'intelligenza artificiale. In passato lo standard web prevedeva che le classifiche dei risultati di ricerca fossero governate dal comportamento degli utenti, dai link, dalle citazioni e così via. Si trattava di metriche più o meno organiche, basate su un'aggregazione di dati che indicavano quanto fosse utile un risultato di ricerca per gli utenti di Internet. In parole povere, più persone trovavano utile un risultato di ricerca, più alto sarebbe stato il suo posizionamento. Google ora utilizza metriche molto diverse per classificare i risultati di ricerca, tra cui ciò che considera “fonti attendibili” e altre determinazioni opache e soggettive.

Inoltre il servizio più utilizzato che un tempo classificava i siti web in base al traffico ora non c'è più. Quel servizio si chiamava Alexa e l'azienda che lo aveva creato era indipendente. Poi nel 1999 fu acquistato da Amazon. Ciò sembrò incoraggiante e l'acquisizione sembrò premiare lo strumento che tutti usavano come una sorta di metrica di stato sul web. Era comune all'epoca prendere nota di un articolo da qualche parte sul web e poi cercarlo su Alexa per vederne la portata. Se era importante, uno ci avrebbe fatto caso, ma se non lo era a nessuno sarebbe importato.

Ecco come ha funzionato un'intera generazione di tecnici web. Il sistema funzionava nel miglior modo possibile.

Poi, nel 2014, anni dopo aver acquisito il servizio di ranking Alexa, Amazon ha fatto una cosa strana: ha inaugurato il suo assistente domestico (e dispositivo di sorveglianza) con lo stesso nome. All'improvviso tutti lo avevano in casa e scoprivano qualsiasi cosa dicendo “Hey Alexa”. C'era qualcosa di strano nel fatto che Amazon desse al suo nuovo prodotto il nome di un'azienda che aveva acquisito anni prima; senza dubbio c'era un po' di confusione causata dalla sovrapposizione dei nomi.

Ecco cosa è successo dopo. Nel 2022 Amazon ha rimosso lo strumento di classificazione web. Non lo ha venduto, non ha aumentato i prezzi, non ci ha fatto niente. All'improvviso lo ha reso completamente inutilizzabile.

Nessuno riusciva a capire perché. Era lo standard del settore e all'improvviso era sparito. Non venduto, solo spazzato via. Nessuno riusciva più a capire le classifiche dei siti web basate sul traffico senza pagare prezzi molto alti per prodotti proprietari difficili da usare.

Tutti questi punti che potrebbero sembrare non correlati se considerati individualmente, sono in realtà parte di una lunga traiettoria che ha spostato il nostro panorama informativo in un territorio irriconoscibile. Gli eventi del 2020-2023, con massicci sforzi di censura e propaganda globali, hanno notevolmente accelerato suddette tendenze.

Ci si chiede se qualcuno ricorderà com'era una volta. L'hacking di Archive.org sottolineano il punto: non ci sarà più memoria.

Al momento in cui scrivo, non sono state archiviate ben tre settimane di contenuti web. Ciò che ci stiamo perdendo e ciò che è cambiato è un mistero. E non abbiamo idea di quando il servizio tornerà. È del tutto possibile che non tornerà, che l'unica vera cronologia a cui possiamo fare ricorso sarà quella precedente all'8 ottobre 2024, la data in cui tutto è cambiato.

Internet è stato fondato per essere libero e democratico. A questo punto saranno necessari sforzi erculei per ripristinare quella visione, perché qualcos'altro la sta rapidamente sostituendo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 22 novembre 2024

Rischio in crescita nei mercati del credito e nel sistema bancario ombra

L'articolo di oggi potremmo considerarlo un addendum al mio ultimo libro, “Il Grande Default”, dato che va ad aggiornare la situazione nel sistema bancario ombra in base agli eventi che si sono svolti sin dalla sua pubblicazione. Leggendo suddetto libro si acquisiscono le basi per comprendere le meccaniche con cui opera tale settore, permettendo al lettore, poi, di affrontare letture più “impegnative” come la seguente. Fortunatamente l'esposizione di Johnson è chiara e lineare, quindi il lettore non avrà difficoltà a seguire il filo. Ciononostante avere un quadro generale coerente ed esaustivo in mente è un requisito minimo per comprendere come si sia evoluto il sistema finanziario al giorno d'oggi e quali rischi pone per il futuro. Per quanto possa sembrare, di primo acchito, una cosa negativa, bisogna tenere a mente un'identità importante: rischio = opportunità. E riuscire a identificare la natura del rischio ex ante e prima degli altri rappresenta una doppia opportunità.

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di Brent Johnson

La trasformazione dei servizi bancari e finanziari, dai tradizionali mercati pubblici e dal sistema bancario stesso, è stata significativa sin dalla crisi finanziaria globale del 2008.

Questo cambiamento ha rimodellato il panorama finanziario, poiché più attività che un tempo erano dominate da banche e mercati pubblici si sono spostate nei settori finanziari privati ​​e non bancari.

Nel 2008, quando è scoppiata la grande crisi finanziaria, il mondo finanziario ha subito un grave crollo. Le banche, che erano state la spina dorsale dei prestiti e della liquidità, hanno smesso di fidarsi l'una dell'altra, cessando di concedere prestiti sui mercati overnight, cruciali per la liquidità a breve termine. Contemporaneamente i mercati pubblici hanno subito perdite immense, con l'indice S&P 500 che è crollato di circa il 50%.

Di conseguenza sia il sistema bancario che i mercati pubblici si sono congelati, diventando illiquidi e disfunzionali quasi da un giorno all'altro. Ciò che un tempo era stato un ecosistema finanziario altamente liquido e perfettamente funzionante si è bloccato.

Facciamo un salto al presente e assistiamo a un'evoluzione sorprendente: il settore finanziario non bancario, che comprende istituzioni come hedge fund, società di private equity e banche ombra, è cresciuto più del settore bancario tradizionale. Analogamente i mercati privati, come quelli per il private equity, il debito privato e i prestiti diretti, si stanno espandendo a un ritmo molto più rapido rispetto ai mercati pubblici.

Questa rapida crescita sta modificando radicalmente la struttura della finanza globale.

Un cambiamento di questa portata solleva questioni critiche sul potenziale impatto sulle future crisi finanziarie. Una questione chiave è che la valutazione del rischio è ora concentrata in mercati che sono intrinsecamente meno liquidi. Anche prima che si verifichi una crisi di liquidità, il sistema finanziario sta accumulando rischi in mercati che, per loro natura, sono più difficili da abbandonare rapidamente. Cosa succede quando questi mercati già illiquidi affrontano uno shock e diventano ancora meno liquidi, innescando potenzialmente una crisi?

Si prendano in considerazione i prestiti diretti, il credito privato e gli investimenti in private equity, tutti ampiamente concentrati nel settore finanziario non bancario. Se il sistema finanziario globale dovesse sperimentare una crisi della portata di quella del 2008, quando la liquidità si è prosciugata nei mercati pubblici altamente liquidi, cosa accadrebbe se il punto di partenza per la valutazione del rischio fossero i mercati privati molto meno liquidi?

Le conseguenze potrebbero essere più gravi e di maggiore vasta portata.

Questo saggio esplora la rapida espansione del settore finanziario non bancario e i vincoli di liquidità che caratterizzano i mercati privati.

Una delle principali preoccupazioni relative alle crisi di liquidità sono gli effetti a cascata, di secondo e terzo ordine, che possono venirsi a creare. Questi effetti si verificano quando i mercati percepiti come liquidi, mercati in cui gli investitori credono di poter facilmente acquistare e vendere asset, diventano improvvisamente illiquidi, intrappolando i partecipanti e causando diffuse interruzioni.

Tali effetti di secondo e terzo ordine spesso hanno un impatto su investitori, istituzioni e settori che normalmente si considererebbero isolati dalle attività finanziarie ad alto rischio.

Tuttavia l'interconnessione dell'ecosistema finanziario globale significa che gli shock in una parte del sistema possono rapidamente riverberarsi su altre, coinvolgendo attori apparentemente non correlati. Ecco perché comprendere il sistema bancario ombra, i mercati privati ​​e il sistema finanziario non bancario è fondamentale per valutare i rischi a cui è esposto il sistema finanziario nel suo complesso.

La crescente importanza dei mercati finanziari non bancari e privati ​​presenta nuove sfide per la gestione della liquidità e del rischio sistemico. Man mano che il sistema finanziario diventa più dipendente da questi settori meno liquidi, aumenta il potenziale per crisi di liquidità e i loro effetti a catena nell'economia globale, evidenziando l'importanza di monitorare e affrontare i rischi negli ecosistemi del sistema bancario ombra e del mercato privato.


Contesto: la crisi finanziaria globale

Non esistono due crisi finanziarie esattamente uguali, sebbene il comportamento e le emozioni umane siano sempre centrali in esse. Ogni crisi ha le sue caratteristiche uniche e, finché la natura umana rimarrà costante, i cicli di espansione e contrazione saranno inevitabili.

Date le valutazioni azionarie storicamente elevate di oggi, i paragoni con la crisi finanziaria globale del 2008 e la bolla delle dot-com della fine degli anni '90 sono scontati e l'attuale entusiasmo per l'intelligenza artificiale ricorda i periodi di euforia del passato. Tuttavia è importante ricordare che le valutazioni sono sintomi di condizioni di mercato più ampie, non le cause sottostanti. Ad esempio, durante la Mania olandese per i tulipani del 1636, un singolo tulipano nero era valutato diversi anni di stipendio, un indicatore che qualcosa non andava, ma non la radice del problema.

Individuare il momento esatto in cui inizia una crisi finanziaria è spesso possibile solo a posteriori. La crisi finanziaria globale è iniziata con il crollo di due hedge fund di Bear Stearns nel 2007? È stata innescata dalla caduta di Bear Stearns stessa? O forse il crollo della Lehman Brothers? Alcuni potrebbero persino sostenere che è iniziata con l'analisi di Meredith Whitney del 2008, la quale rivelò che Citigroup non era riuscita a conservare il suo dividendo. La risposta dipende dalla prospettiva: coloro che sono stati direttamente colpiti da questi eventi probabilmente darebbero tempistiche diverse.

Ciò che è fondamentale oggi è capire che confrontare le attuali condizioni di credito con quelle del 2008 è fuorviante.

Tutte le crisi di credito hanno una caratteristica comune: standard di prestito lassisti. Prima della crisi finanziaria globale i prestiti subprime rappresentavano circa il 3% dei prestiti ipotecari; nel 2007 erano saliti a quasi il 25%. Gli standard di prestito si deteriorarono così tanto che i default sulla prima rata del mutuo salirono a dismisura, ma questa era solo una parte del problema.

Altri attori chiave della crisi erano istituzioni come Fannie Mae, Freddie Mac e l'assicuratore ipotecario MBIA. Finché queste entità mantenevano i loro elevati rating creditizi, erano in grado di continuare a emettere prestiti a mutuatari che non erano in grado di rimborsarli. MBIA, ad esempio, sottoscrisse miliardi in passività detenendo solo $30 milioni in fondi degli azionisti.

Ma il vero punto di rottura si è verificato quando le grandi banche smisero di prestarsi denaro a vicenda da un giorno all'altro, spinte dalle preoccupazioni sulla liquidità delle controparti e sui loro bilanci eccessivamente indebitati. Bear Stearns, ad esempio, aveva $3 di capitale per ogni $100 di attivi, un rapporto di leva precario di 33:1.

Una volta che i regolatori sono intervenuti dopo la crisi, hanno cercato di impedire che si ripetesse imponendo regole più severe alle grandi banche attraverso il Dodd-Frank Act. Ciò ha ridotto le attività di trading e market making, allineando questi giganti della finanza. Ma come in ogni sistema finanziario, dove c'è domanda, l'offerta troverà una via. Questa volta sono intervenuti gli intermediari finanziari non bancari. In poco più di un decennio, questi ultimi sono cresciuti fino a diventare i maggiori finanziatori, superando le banche tradizionali.

La lezione qui è semplice: la domanda di credito non scompare, ma cambia. Capire dove va questa domanda è fondamentale per prevedere come potrebbero svilupparsi i rischi finanziari futuri.


La rapida crescita degli intermediari finanziari non bancari

Oltre alla crescente pressione normativa sulle banche dopo la crisi del 2008, il prolungato contesto di tassi d'interesse è stato un importante catalizzatore per la rapida crescita degli intermediari finanziari non bancari.

Con i tradizionali conti di risparmio e titoli di stato che offrivano rendimenti storicamente bassi, gli investitori hanno iniziato a cercare rendimenti più elevati attraverso canali alternativi. Gli intermediari finanziari non bancari hanno risposto offrendo una gamma di prodotti finanziari che fornivano rendimenti più interessanti, come obbligazioni garantite da prestiti (CLO), debito privato, fondi comuni d'investimento immobiliare (REIT) e altre opportunità di investimento che le banche, a causa di vincoli normativi, non fornivano.

Questo cambiamento ha consentito agli intermediari finanziari non bancari di colmare una lacuna nel mercato soddisfacendo la crescente domanda di prodotti d'investimento basati sul rendimento.

Poiché le banche sono diventate più limitate nella loro capacità di impegnarsi in attività più rischiose e ad alto rendimento a causa di normative post-crisi come il Dodd-Frank Act, gli intermediari finanziari non bancari sono intervenuti con offerte che non erano solo più redditizie, ma spesso anche più complesse e meno trasparenti. La flessibilità degli intermediari finanziari non bancari di operare con meno barriere normative è diventata un'alternativa interessante sia per gli investitori istituzionali che per quelli al dettaglio, affamati di rendimenti decenti in un mondo a tassi bassi.

Allo stesso tempo l'innovazione tecnologica ha accelerato la crescita degli intermediari finanziari non bancari, soprattutto attraverso l'ascesa delle società fintech. Queste aziende hanno rivoluzionato il settore dei servizi finanziari utilizzando analisi dei dati, intelligenza artificiale, blockchain e piattaforme digitali per fornire soluzioni finanziarie più efficienti e accessibili.

Le innovazioni fintech come piattaforme di prestito peer-to-peer, robo-advisor, servizi di gestione patrimoniale online e sistemi di pagamento digitale hanno sconvolto il modello bancario tradizionale. Queste tecnologie offrono servizi più rapidi, convenienti e su misura per il consumatore moderno, consentendo a privati ​​e aziende di accedere al credito, effettuare investimenti e gestire le proprie finanze senza affidarsi alle banche tradizionali. L'ascesa della tecnologia finanziaria ha reso gli intermediari finanziari non bancari ancora più importanti, offrendo un'infrastruttura più agile e reattiva alle richieste del mercato.

Tuttavia questa agilità comporta un compromesso in termini di supervisione.

Poiché gli intermediari finanziari non bancari sono soggetti a meno vincoli normativi rispetto alle banche tradizionali, possono accumulare rischi che potrebbero non essere visibili agli enti regolatori, o agli attori di mercato, fino a quando non è troppo tardi. Gli hedge fund, ad esempio, spesso adottano strategie ad alta leva finanziaria, le quali possono amplificare le perdite durante i periodi di volatilità del mercato. Il crollo di tali fondi può rapidamente trasformarsi in un'ampia instabilità finanziaria, poiché queste aziende sono strettamente interconnesse con banche e istituzioni finanziarie tradizionali attraverso vari canali di prestiti, derivati ​​e portafogli d'investimento.

Un esempio di ciò si è verificato nel 2020, durante la turbolenza del mercato innescata dalla pandemia di COVID-19. I fondi del mercato monetario, un tempo considerati investimenti stabili e a basso rischio, fecero registrare rapidi deflussi poiché gli investitori fuggirono verso asset più sicuri, evidenziando l'imprevedibile fragilità all'interno di alcuni punti del settore degli intermediari finanziari non bancari.

Gli effetti di ricaduta di questi deflussi si riversarono in tutto il sistema finanziario più ampio, sottolineando la natura interconnessa di banche e intermediari finanziari non bancari.

Data l'importanza sistemica degli intermediari finanziari non bancari, i policymaker e gli enti regolatori, tra cui la Federal Reserve e il Financial Stability Board (FSB), si sono preoccupati sempre di più per i potenziali rischi posti dalla crescente influenza di queste istituzioni. È in corso un dibattito se gli intermediari finanziari non bancari debbano essere soggetti allo stesso livello di controllo e supervisione delle banche tradizionali, in particolare quelle che sono cresciute abbastanza da rappresentare una minaccia significativa per la stabilità finanziaria.

La sfida per i regolatori è trovare un equilibrio tra l'incoraggiamento dell'innovazione e della crescita che gli intermediari finanziari non bancari apportano al sistema finanziario, garantendo al contempo che esse non diventino la prossima fonte di rischio sistemico.

Tuttavia la storia suggerisce che i regolatori sono spesso reattivi piuttosto che proattivi quando si tratta di affrontare potenziali crisi. Nonostante la crescente consapevolezza dei rischi associati agli intermediari finanziari non bancari, l'intervento normativo potrebbe ritardare fino a quando non si siano già verificate perturbazioni finanziarie significative.

L'ascesa degli intermediari finanziari non bancari rappresenta un profondo cambiamento nel sistema finanziario statunitense. La loro capacità di innovare rapidamente, operare con meno controllo normativo e soddisfare la domanda degli investitori per prodotti ad alto rendimento ha permesso loro di superare il settore bancario tradizionale sotto molti aspetti. Tuttavia la loro crescita richiede anche un esame più attento del loro ruolo nel mantenimento della stabilità finanziaria.

La mancanza di trasparenza sui bilanci e sulle attività degli intermediari finanziari non bancari rappresenta un rischio, in quanto rende più difficile valutare le loro vulnerabilità e il potenziale di innescare un disagio finanziario più ampio. Man mano che gli intermediari finanziari non bancari continuano a espandersi, comprendere il loro impatto sull'ecosistema finanziario complessivo sarà fondamentale per prepararsi e mitigare i rischi di future crisi finanziarie.


Private Equity e mercati del credito

Il private equity e i prestiti privati ​​non solo sono cresciuti in termini di dimensioni, ma anche di complessità, diventando pilastri fondamentali della finanza globale.

Questi settori si sono evoluti in risposta ai cambiamenti normativi, ai progressi tecnologici e alla domanda mutevole degli investitori, riflettendo tendenze più ampie nel panorama finanziario.

Inizialmente il private equity era un campo di nicchia incentrato sul capitale di rischio per quelle aziende nelle loro fasi iniziali e per gli asset in sofferenza. Svolgeva un ruolo limitato nella finanza aziendale tradizionale. Col tempo il private equity è maturato in un settore sofisticato che ora impiega un'ampia gamma di strategie di investimento, tra cui leveraged buyout (LBO), growth equity, situazioni speciali, investimenti in sofferenza e investimenti infrastrutturali.

In particolare i leveraged buyout (LBO) sono diventati una caratteristica distintiva del private equity. Queste transazioni consentono alle aziende di acquisire società utilizzando un mix di capitale proprio e ingenti quantità di capitale preso in prestito, con l'aspettativa che il flusso di cassa della società target venga utilizzato per estinguere poi il debito.

L'ascesa degli LBO ha trasformato il modo in cui le società di private equity affrontano la creazione di valore, utilizzando la leva finanziaria per amplificare i rendimenti e al contempo prendere il controllo di grandi aziende consolidate. Questa strategia si è dimostrata immensamente redditizia, ma introduce anche livelli di rischio più elevati, in particolare in contesti economici incerti.

Negli ultimi anni le società di private equity sono passate da strategie puramente finanziarie, come la riduzione dei costi e la ristrutturazione, a un approccio operativo più pratico. Conosciuta come strategia di “valore aggiunto operativo”, le società di private equity ora sfruttano la loro competenza e le loro risorse di settore per guidare miglioramenti operativi, trasformazione digitale e sviluppo della leadership all'interno delle loro società in portafoglio.

Impegnandosi più attivamente nelle operazioni aziendali, le società di private equity stanno sbloccando nuove opportunità di crescita e generando rendimenti più sostenibili, distinguendosi dagli investitori tradizionali.

Inoltre le società di private equity stanno investendo sempre di più in settori guidati dalla tecnologia, come software, fintech, tecnologia sanitaria e infrastrutture digitali.

L'ascesa dei fondi di private equity focalizzati sulla tecnologia riflette il crescente riconoscimento che innovazione e analisi dei dati sono fondamentali per rimanere competitivi nell'economia moderna.

Adottando un processo decisionale basato sui dati e migliorando i processi di due diligence, le società di private equity sono ora meglio posizionate per identificare investimenti ad alto potenziale e massimizzare la crescita a lungo termine.

Allo stesso tempo i prestiti privati ​​sono diventati una componente critica della finanza alternativa, fornendo capitale alle aziende che potrebbero non qualificarsi per i prestiti bancari tradizionali. La rapida espansione del settore è una risposta diretta al rafforzamento normativo in seguito alla crisi finanziaria del 2008, il quale ha limitato la capacità delle banche di impegnarsi in attività di prestito più rischiose.

I prestatori diretti, tra cui fondi di credito privati, hedge fund, società di sviluppo aziendale (SSA) e investitori istituzionali, offrono una vasta gamma di strumenti di debito, come prestiti senior garantiti, prestiti uni-tranche, finanziamenti mezzanini, prestiti ponte e debito subordinato. La flessibilità e la rapidità dei prestatori privati ​​nella sottoscrizione e nell'approvazione dei prestiti li hanno resi un'opzione interessante per le aziende che cercano di finanziare leveraged buyout, acquisizioni, espansioni, o rifinanziamento del debito. La loro capacità di offrire termini più personalizzati rispetto alle banche tradizionali ha permesso ai prestiti privati ​​di diventare una fonte di finanziamento significativa, in particolare per le aziende di medie dimensioni.

L'aumento dei prestiti privati ​​è stato anche alimentato dalla ricerca globale di rendimento in un contesto di tassi d'interesse bassi.

Gli investitori istituzionali, tra cui fondi pensione, compagnie assicurative e fondi di dotazione, hanno allocato sempre più capitale al debito privato in quanto esso offre interessanti rendimenti aggiustati al rischio e una bassa correlazione con i mercati azionari e a reddito fisso.

Questo afflusso di capitale ha consentito alle società di prestiti privati ​​di ampliare le proprie operazioni, concorrendo persino con le banche tradizionali su transazioni più grandi e complesse.

Anche l'innovazione tecnologica ha svolto un ruolo trasformativo sia nel private equity che nei prestiti privati.

Nel private equity i progressi nell'analisi dei dati, nell'intelligenza artificiale e nell'apprendimento automatico hanno rivoluzionato la ricerca di accordi, la due diligence e la gestione del portafoglio. Le aziende ora utilizzano strumenti sofisticati per valutare le tendenze dei mercati, prevedere le prestazioni aziendali e identificare opportunità di investimento ad alto potenziale.

Allo stesso modo nei prestiti privati l'ascesa delle piattaforme digitali ha democratizzato l'accesso al credito, consentendo alle aziende di ottenere prestiti tramite piattaforme online che collegano i mutuatari direttamente con gli investitori.

Questa innovazione ha semplificato il processo di prestito, ridotto i costi e aumentato la trasparenza.

A causa della loro significativa crescita, il private equity e i prestiti privati ​​stanno affrontando un controllo più attento da parte degli enti regolatori a causa delle preoccupazioni relative agli alti livelli di leva finanziaria, mancanza di trasparenza e potenziale accumulo di rischi sistemici.

Nel private equity l'uso del leveraged buyout ha sollevato interrogativi sull'impatto che gli elevati livelli di debito possono avere sulla stabilità finanziaria delle società acquisite, soprattutto durante le crisi economiche. Inoltre l'impatto del private equity sull'occupazione e sui salari ha suscitato diverse critiche, con alcuni che sostengono che le motivazioni di profitto a breve termine possono minare la sostenibilità aziendale a lungo termine.

Nel prestito privato la rapida espansione dei prestiti diretti e dei fondi di credito privati ​​ha suscitato preoccupazioni sull'accumulo di rischi di credito al di fuori del sistema bancario tradizionale. Poiché i creditori privati ​​operano con molti meno vincoli normativi, c'è meno visibilità sulle loro esposizioni al rischio.

Poiché queste istituzioni continuano a crescere e a diventare più interconnesse con le banche tradizionali e altre istituzioni finanziarie, le sofferenze nel mercato dei prestiti privati ​​potrebbero avere implicazioni di vasta portata per il sistema finanziario più ampio.

Il settore degli intermediari finanziari non bancari, di cui il private equity e i prestiti privati ​​sono componenti chiave, ha fatto registrare una crescita esplosiva sin dalla crisi finanziaria del 2008.

Con il settore degli intermediari finanziari non bancari ormai più grande di quello bancario tradizionale negli Stati Uniti, la sua traiettoria di crescita non mostra affatto segni di rallentamento.

Questa rapida espansione ha catturato l'attenzione dei regolatori, come il Financial Stability Board, sempre più preoccupati per i rischi sistemici posti dal settore bancario ombra. Dal punto di vista storico quadri normativi più rigidi, come il Dodd-Frank Act, sono stati emanati solo in risposta a crisi, come il crollo del 2008, quando è diventato chiaro che era necessaria una maggiore supervisione.

La loro rapida crescita e la complessità in continua evoluzione presentano sia opportunità che sfide.

Sebbene questi settori abbiano fornito nuove vie per investimenti e credito, la loro mancanza di trasparenza e supervisione normativa li rende vulnerabili ai rischi sistemici.

L'FSB riconosce la necessità di quadri normativi più rigidi per mitigare questi rischi, ma storicamente tali normative tendono a essere reattive, implementate solo dopo che si è verificata una crisi.

Una legge come la Dodd-Frank non sarebbe stata necessaria se l'amministrazione Clinton non avesse abrogato il Glass-Steagall Act negli anni '90, una legge originariamente promulgata dopo il crollo della borsa del 1929 per regolamentare il settore bancario. L'abrogazione ha rimosso la separazione tra banche commerciali e banche d'investimento, una mossa che molti sostengono abbia contribuito a quegli eccessi che hanno portato poi alla crisi finanziaria globale.

Oggi il settore degli intermediari finanziari non bancari è diventato un mutuatario sempre più importante, il che comporta due implicazioni significative.

In primo luogo la linea di demarcazione tra banche tradizionali e intermediari finanziari non bancari è diventata sempre più sfumata, anche se operano sotto regimi normativi diversi. Questa sfumatura crea ambiguità in merito alla supervisione del rischio.

In secondo luogo gli intermediari finanziari non bancari stanno contraendo prestiti a un ritmo molto più veloce rispetto al mercato generale, sollevando preoccupazioni sul fatto che il settore potrebbe essere diretto verso una crisi a sé stante.

La domanda è: le autorità di regolamentazione agiranno in tempo, o saranno di nuovo costrette a recuperare terreno quando ritmi di crescita come questi diventeranno insostenibili?

Inoltre le società di private equity e i creditori diretti sono diventati fonti vitali di credito per le piccole e medie imprese (PMI) e i leveraged buyout. Queste aree sono spesso considerate troppo rischiose, o ad alta intensità di capitale, per le banche tradizionali, il che sottolinea ulteriormente il ruolo crescente che gli intermediari finanziari non bancari svolgono nel fornire credito laddove le banche sono diventate più avverse al rischio.

Mentre gli intermediari finanziari non bancari continuano ad aumentare la loro influenza e la loro portata di prestito, cresce l'urgenza per gli enti regolatori di affrontare i loro rischi sistemici, prima che un'altra crisi finanziaria emerga dall'ombra.


Banche ombra e mercati privati: illiquidità

Il rischio di liquidità è una delle sfide più ardue affrontate dalle società di private equity e di credito privato, in gran parte determinato dalla natura illiquida dei loro investimenti, dalle dinamiche di mercato e dalle loro strutture di finanziamento.

Queste società investono principalmente in asset senza mercati secondari attivi, rendendo difficile convertire rapidamente gli investimenti in denaro. Mentre assumersi il rischio di illiquidità consente loro di perseguire rendimenti più elevati, le espone anche a notevoli vulnerabilità, soprattutto in periodi di stress finanziario o crisi economica.

Nel private equity le società acquisiscono partecipazioni in aziende private o si impegnano in leveraged buyout (LBO) di società quotate. Questi investimenti in genere comportano impegni pluriennali, con l'obiettivo di migliorare le operazioni, aumentare il valore e infine uscire tramite una vendita o un'offerta pubblica iniziale (IPO).

Tuttavia quando i mercati entrano in crisi, le strategie di uscita delle società di private equity spesso affrontano gravi vincoli.

In tali situazioni i potenziali acquirenti potrebbero sparire e i mercati delle IPO potrebbero chiudere, lasciando le aziende incapaci di vendere le loro partecipazioni a prezzi favorevoli o, in alcuni casi, incapaci di vendere affatto. Questa mancanza di liquidità crea sfide ardue da fronteggiare, bloccando il capitale molto più a lungo del previsto e potenzialmente facendo deragliare i cicli di investimento pianificati. Senza la possibilità di uscire dai loro investimenti, le società di private equity possono sperimentare una crisi di liquidità, in cui l'incapacità di generare flussi di cassa limita la loro possibilità di restituire il capitale agli investitori, perseguire nuovi investimenti, o soddisfare altri obblighi finanziari.

Allo stesso modo le società di credito privato ​​affrontano i propri rischi di liquidità.

Queste società forniscono prestiti ad aziende che spesso esulano dai canali bancari tradizionali, tra cui aziende di medie dimensioni e quelle con rating creditizi più bassi. Mentre questi prestiti in genere offrono rendimenti più elevati per compensare il rischio maggiore, presentano un importante compromesso: l'illiquidità. A differenza delle obbligazioni quotate in borsa, che possono essere acquistate e vendute rapidamente sui mercati secondari, il credito privato ​​non ha un mercato pronto, rendendo difficile per i creditori raccogliere denaro in tempi di necessità.

Durante i periodi di difficoltà finanziaria, questi rischi diventano ancora più evidenti. Le aziende che finiscono in guai economici potrebbero avere difficoltà a rispettare i propri piani di rimborso, o a rifinanziare il proprio debito, con conseguente aumento del tasso di inadempienze. Salendo queste ultime, il valore dei relativi prestiti può crollare, esponendo i creditori a perdite significative. L'incapacità di vendere, o ristrutturare, tempestivamente questi prestiti illiquidi aggrava il rischio di liquidità, poiché i creditori affrontano una pressione crescente per soddisfare i propri impegni finanziari.

Inoltre il crescente utilizzo di strutture di “payment-in-kind” (PIK), in cui i pagamenti degli interessi vengono capitalizzati anziché versati in contanti, aggiunge un ulteriore livello di complessità.

Mentre gli accordi PIK forniscono un sollievo temporaneo ai mutuatari posticipando i pagamenti in contanti, aumentano i rischi di liquidità per i creditori. Capitalizzare gli interessi anziché ricevere afflussi di cassa ritarda i ricavi e spinge i creditori in posizioni illiquide, limitando ulteriormente la loro capacità di generare liquidità quando necessario. In periodi di stress economico ciò può lasciare i creditori con crescenti obblighi ma opzioni limitate per reperire denaro, intensificando le vulnerabilità finanziarie in tutto il sistema.

Naturalmente un fattore chiave che esaspera il rischio di liquidità sia nel private equity che nei prestiti privati ​​è l'uso della leva finanziaria.

Le società di private equity spesso fanno affidamento sul debito per finanziare le acquisizioni, utilizzando il flusso di cassa dell'azienda acquisita per ripagare tale debito. Quando i flussi di cassa vacillano, o i tassi d'interesse aumentano, il servizio del debito diventa più difficile, costringendo le aziende a iniettare più capitale in società in difficoltà, o a vendere asset a un forte sconto.

Nel mondo del credito privato la leva finanziaria è presente sia nella struttura del prestito che nelle società mutuatarie. Se le condizioni economiche peggiorano, i mutuatari altamente indebitati potrebbero avere difficoltà a rimborsare i propri prestiti, portando a inadempienze e creando ulteriore pressione sulla liquidità per quei creditori che dipendono da rimborsi regolari per mantenere i propri impegni finanziari.

Un'altra dimensione del rischio di liquidità deriva dalla struttura del fondo stesso.

I fondi di private equity e di credito sono in genere chiusi, il che significa che gli investitori non possono accedere alla liquidità giornaliera come nei fondi comuni d'investimento o negli ETF. Gli investitori impegnano il capitale per un periodo stabilito, solitamente da 5 a 10 anni, aspettandosi distribuzioni dalle vendite di asset nel tempo.

Tuttavia se troppi investitori richiedono liquidità anticipata, questi fondi potrebbero essere costretti a liquidare asset in condizioni sfavorevoli, creando quello che è noto come un disallineamento di liquidità. Questo problema è spesso amplificato durante le crisi economiche, quando molti investitori cercano di ritirare i fondi simultaneamente, esercitando ulteriore pressione sui player sopraccitati per generare liquidità quando sono meno in grado di farlo.

La pandemia di COVID-19 ha fornito un esempio eccellente di questo disallineamento di liquidità. Durante le turbolenze nei mercati, molti investitori hanno cercato di ridurre la loro esposizione ad asset più rischiosi, cosa che ha esercitato una pressione significativa sui fondi di private equity e di credito privato per soddisfare tali richieste in un momento sfavorevole. Se costretti a vendite forzate, questi fondi possono spingere i prezzi degli asset verso il basso, innescando una spirale discendente che erode ulteriormente la fiducia degli investitori e aumenta le richieste di rimborso.

Le società di private equity e di credito privato si affidano anche a finanziamenti esterni da parte di banche o altri istituti finanziari per gestire le esigenze di liquidità ed eseguire accordi. Questa dipendenza lega ulteriormente queste società alle banche tradizionali e agli intermediari finanziari non bancari (NBFI), nonostante operino in quadri normativi diversi. In periodi di stress economico le banche possono inasprire le condizioni di prestito, o ritirare il credito, aggiungendo maggiore complessità alla gestione della liquidità per le sopraccitate società.

L'interconnessione dei mercati finanziari significa che i problemi di liquidità all'interno delle società di private equity e di credito privato possono avere implicazioni più ampie per l'intero sistema finanziario. Con la crescita di questi settori, si sono profondamente intrecciati con banche, investitori istituzionali e altri attori di mercato simili. Una crisi di liquidità in un'area può innescare scossoni più ampi, influenzando i prezzi degli asset, la disponibilità di credito e il sentiment degli investitori nell'intero ecosistema finanziario.

Per il settore NBFI, la gestione del rischio di liquidità è fondamentale, poiché influisce direttamente sulla loro stabilità operativa e sulla capacità di gestire lo stress finanziario. Gli intermediari finanziari non bancari, che includono entità come gestori patrimoniali, hedge fund, compagnie assicurative, società di private equity e fondi di credito privato, forniscono servizi finanziari essenziali senza lo stesso accesso alla liquidità della banca centrale o alle basi di deposito su cui fanno affidamento le banche tradizionali.

Questa mancanza di accesso rende la gestione della liquidità più impegnativa per gli intermediari finanziari non bancari, in particolare perché spesso detengono o finanziano attività illiquide come debito privato, immobili o partecipazioni azionarie in società private. Durante i periodi di volatilità, queste attività diventano ancora più difficili da liquidare, esponendo gli intermediari finanziari non bancari a un rischio di liquidità significativo se devono soddisfare improvvise richieste di denaro.

Molti intermediari finanziari non bancari affrontano un'ulteriore sfida derivante dalla loro dipendenza da finanziamenti a breve termine per finanziare investimenti a lungo termine. Questa discrepanza di finanziamento, in cui le passività sono a breve termine e gli attivi sono a lungo termine, li rende vulnerabili quando i mercati dei finanziamenti a breve termine si restringono o diventano più costosi.

Ad esempio, hedge fund e fondi di credito privato ​​spesso dipendono da accordi di riacquisto a breve termine (repo) o cambiali commerciali per finanziare le loro posizioni. Se questi mercati si prosciugano durante periodi di stress, gli intermediari finanziari non bancari possono affrontare gravi pressioni di liquidità e che minacciano la loro solvibilità.

Le fughe degli investitori o le richieste di rimborso di massa sono un altro importante rischio di liquidità per gli intermediari finanziari non bancari. I fondi di investimento, come i fondi comuni d'investimento, gli ETF e gli hedge fund, consentono agli investitori di riscattare i propri investimenti con breve preavviso. In periodi di incertezza una corsa degli investitori che cercano di ritirare il proprio denaro può costringere gli intermediari finanziari non bancari a vendere rapidamente asset a prezzi bassi, esasperando ulteriormente lo stress del mercato e indebolendo la fiducia degli investitori.

Data l'interconnessione degli intermediari finanziari non bancari con il sistema finanziario più ampio, le sfide di liquidità possono avere effetti di vasta portata. Molti di essi mantengono relazioni con banche e altre istituzioni tramite linee di credito, derivati ​​e altri strumenti finanziari.

Se un intermediario finanziario non bancario subisce una crisi di liquidità, l'impatto può diffondersi rapidamente ad altri attori di mercato, influenzando i prezzi degli asset e destabilizzando il sistema finanziario più ampio.

La crescente importanza sistemica degli intermediari finanziari non bancari evidenzia la necessità di gestire attentamente il rischio di liquidità all'interno di questo settore. Poiché queste istituzioni continuano ad assumere ruoli tradizionalmente ricoperti dalle banche, è aumentato il potenziale delle pressioni sulla liquidità in grado di creare fratture più ampie.

Mentre gli intermediari finanziari non bancari forniscono servizi finanziari e creditizi essenziali, la loro dipendenza da asset illiquidi e finanziamenti a breve termine li rende particolarmente vulnerabili agli shock di mercato, rendendo il rischio di liquidità una preoccupazione centrale per la stabilità del sistema finanziario.


Conclusione

La trasformazione del panorama finanziario globale sin dalla crisi finanziaria mondiale (GFC) del 2008 è stata monumentale.

Il passaggio dai sistemi bancari tradizionali e dai mercati pubblici verso gli intermediari finanziari non bancari (NBFI) e i mercati privati ​​ha alterato in modo significativo la struttura e il funzionamento della finanza. Di conseguenza gli intermediari finanziari non bancari, tra cui hedge fund, società di private equity, fondi di credito privato ​​e società fintech, sono cresciuti fino a occupare una porzione più ampia dell'ecosistema finanziario, diventando attori principali nei prestiti aziendali, nella gestione degli investimenti e nella fornitura di liquidità.

Uno degli sviluppi più profondi è stata la rapida espansione dei mercati del private equity e dei prestiti privati. Questi settori si sono evoluti per soddisfare la domanda degli investitori di opportunità ad alto rendimento, offrendo un'ampia gamma di prodotti finanziari innovativi come leveraged buyout (LBO), credito privato e strutture di debito alternative. L'ascesa di questi mercati è una testimonianza dell'adattabilità della finanza e dell'incessante ricerca di rendimenti. Tuttavia non è priva di rischi significativi, in particolare nel regno della liquidità.

Il rischio di liquidità rimane una sfida critica per le società di private equity e di prestiti privati. Entrambi i settori si basano su asset illiquidi, come debito privato e partecipazioni azionarie, che sono difficili da convertire in denaro quando necessario.

Questa illiquidità intrinseca può diventare una vulnerabilità importante durante i periodi di stress finanziario, quando le condizioni di mercato peggiorano, le strategie di uscita vengono ritardate e le vendite di asset diventano limitate. La natura complessa e spesso opaca di questi investimenti aggrava ulteriormente il rischio, rendendo difficile per gli attori di mercato e gli enti regolatori valutare accuratamente l'entità dell'esposizione.

L'uso della leva finanziaria amplifica questi rischi.

Le società di private equity, in particolare, utilizzano ingenti quantità di debito per finanziare le acquisizioni, mentre i creditori privati ​​forniscono prestiti a mutuatari altamente indebitati. Quando le condizioni economiche peggiorano, la tensione sia per le aziende che per i loro mutuatari diventa acuta, portando a maggiori inadempienze, carenze di liquidità e a vendite forzate di asset. Questa situazione è esasperata dalle strutture “payment-in-kind” (PIK) che ritardano il flusso di cassa, creando ulteriore stress sulle posizioni di liquidità delle aziende.

Un altro aspetto cruciale del rischio di liquidità risiede nelle strutture dei fondi utilizzate da società di private equity e di credito privato. I fondi chiusi con opzioni di liquidità limitate possono affrontare un disallineamento di liquidità durante le crisi economiche, come si è visto durante la pandemia di COVID-19.

Gli investitori, che cercano di ritirare il capitale, possono costringere questi fondi a vendere asset a prezzi sfavorevoli, innescando ulteriori sconvolgimenti nei mercati. Inoltre la dipendenza delle società di private equity e di credito privato da finanziamenti esterni da parte di banche tradizionali, le lega strettamente al sistema finanziario regolamentato nonostante operino in quadri normativi diversi.

Man mano che private equity, prestiti privati ​​e intermediari finanziari non bancari continuano a crescere in influenza, aumenta anche la loro interconnessione con il sistema finanziario più ampio.

Questa interconnessione pone rischi sistemici.

Una crisi di liquidità all'interno di un settore potrebbe rapidamente ripercuotersi sull'intero panorama finanziario, portando a sconvolgimenti più ampi nei prezzi degli asset, nella disponibilità di credito e nel sentiment degli investitori. Gli effetti a catena di una crisi nei mercati privati, ​​o nel sistema bancario ombra, potrebbero indebolire la stabilità dell'economia globale, proprio come è successo con il crollo delle principali istituzioni finanziarie durante la crisi finanziaria del 2008, ma con meno preavviso a causa della minore visibilità.

Il punto di partenza per i mercati privati ​​è l'illiquidità, a differenza dei mercati pubblici il cui punto di partenza è la liquidità. Quando le cose diventano illiquide, e succede sempre, ciò rappresenterà un problema molto più grande per i mercati privati.

Nonostante il ruolo significativo che gli intermediari finanziari non bancari svolgono nella finanza moderna, il quadro normativo che regola queste istituzioni è in ritardo rispetto alla loro crescente importanza. Gli intermediari finanziari non bancari operano con una supervisione molto inferiore rispetto alle banche tradizionali, il che aumenta i rischi associati alla leva finanziaria e all'illiquidità.

Mentre le lezioni delle crisi passate, come la crisi finanziaria globale, hanno portato ad alcuni miglioramenti normativi, la storia dimostra che le normative spesso seguono le crisi piuttosto che prevenirle.

Resta la questione se i policymaker possano attuare una supervisione più rigorosa del settore degli intermediari finanziari non bancari prima che emerga una crisi causata dalla liquidità.

In conclusione, l'ascesa degli intermediari finanziari non bancari e dei mercati privati ​​presenta sia opportunità che sfide.

Sebbene questi settori abbiano offerto nuove opportunità di investimento e credito, la loro intrinseca illiquidità e l'uso della leva finanziaria li rendono vulnerabili agli shock di mercato. La crescente importanza sistemica degli intermediari finanziari non bancari evidenzia la necessità di un approccio normativo proattivo per gestire i rischi di liquidità.

Solo affrontando queste vulnerabilità il sistema finanziario può sperare di mitigare l'impatto di future crisi, assicurando che i benefici dell'innovazione finanziaria non vadano a scapito della stabilità sistemica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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