venerdì 18 aprile 2025

Pandemonio sui dazi... facciamo chiarezza su cosa conta davvero

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/pandemonio-sui-dazi-facciamo-chiarezza)

Molto è stato detto nelle ultime settimane riguardo i dazi, ma senza un quadro generale coerente di quello che sta succedendo si perde il motivo per cui stanno accadendo determinate cose. Non si tratta di irrazionalità, perché secondo alcuni analisti tutto quello che conta sarebbe la teoria. No, non è un mondo prefetto questo, così come non è possibile seguire alla lettera un qualsiasi manuale teorico. Che sia di libero mercato o meno. Questa è la natura dell'essere umano in fin dei conti, dell'imprevedibilità dell'azione umana. Ci avvicineremo sempre alla teoria, quanto più possibile, ma non avremo mai un percorso “da manuale”. Sottolineo, a scanso di equivoci, che la teoria deve essere un punto di partenza per tutti, allo stesso modo. L'efficienza del libero mercato non si discute, il relativo meccanismo di allocazione delle risorse economiche scarse può avvenire con efficienza e precisione in un ecosistema in cui gli imprenditori hanno accesso libero e non fuorviato alle informazioni economiche necessarie. Nessuno mette in discussione la distorsione dei prezzi come fattore scatenante degli errori economici e, di conseguenza, di una misallocation di capitale. Qual è il problema con questo impianto teorico? Perché sulla carta è vero, ma non è riflesso completamente nella realtà? Nel momento in cui si ha una nazione che mette sul piatto, volente o nolente, il proprio bacino della ricchezza reale e permette agli altri attori economici di sfruttarlo a proprio vantaggio, è possibile emendare a suddette regole. Sia chiaro: per quanto apodittiche le leggi dell'economia non possono essere violate, questo a sua volta significa che l'aggiramento di suddette leggi è temporaneo e strettamente correlato all'erosione del sopraccitato bacino.

Finché va avanti sembra che ci sia un'eccezione alle regole e che possa andare avanti per sempre; poi arriva un momento critico che ricorda di come il nostro mondo è finito e non esiste alcun albero di Cuccagna a cui attingere sempre. Questa verità è stata chiara agli USA nel momento in cui hanno compreso le profonde implicazioni del sistema del dollaro offshore. Perché pensate che la Cina fosse uno dei maggiori detentori di titoli sovrani americani altrimenti? Uno dei centri famoso per l'intermediazione degli eurodollari è Hong Kong. E di quale colonia ha fatto parte (e fa ancora parte)? Regno Unito. Tutte le strade portano a Londra, soprattutto quella degli eurodollari. Di conseguenza non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e guardare ai mercati come la massima espressione di un consenso libero delle azioni coordinate degli individui: c'è sempre stato un recinto all'interno del quale si è agito, o che è stato accuratamente manipolato. L'ambiente di mercato può essere più o meno libero, ma non esiste un estremo.... in entrambe le direzioni. In fin dei conti, è la natura umana; l'essenza dell'azione stessa degli individui. Se non fosse così, tutte le nazioni avrebbero condizioni di partenza identiche e non ci sarebbero mercati del lavoro in cui la manodopera è pagata una miseria mentre il prodotto finito, passando per le varie filiere industriali, subisce ricarichi sproporzionati.

Mi rendo conto che quest'ultimo punto porta con sé un certo grado di etica al suo interno, quindi rivolgiamoci direttamente ai rapporti di potere tra nazioni: esistono le banche centrali e l'evoluzione economica ci ha portati a vivere in un mondo manipolato ad hoc in cui addirittura i Paesi cercano di sfruttare un vantaggio competitivo per “fregare il vicino” (beggar thy neighbour). I carry trade sono essenzialmente questo. La Cina e il Sud-est asiatico l'ha fatto tramite il mercato del lavoro; i grandi centri finanziari, come la City di Londra, l'hanno fatto tramite l'ingegneria finanziaria e l'eurodollaro. Non è affatto un caso che il picco della cosiddetta globalizzazione sia coinciso con l'inizio dei lavori del SOFR americano. Il colonialismo non è mai finito e i colonizzatori, Europa e Inghilterra, non hanno mai smesso di esercitare la loro influenza sulle proprie colonie storiche. Per quanto possano essersi ritirati a livello di facciata, sono diventati “partner commerciali”, “alleati strategici”, ecc. La Cina è stata lasciata “sorgere” per fungere da strumento, di ricatto anche talvolta. I salari sono bassi in Europa perché essa si arricchisce principalmente con l’export e quindi non si interessa al mercato interno e di conseguenza della capacità di spesa dei lavoratori. In Italia i salari sono al palo per un basso tasso di capitalizzazione delle imprese e la maggior parte della ricchezza prodotta la divora lo stato, quindi le imprese hanno poche risorse da investire in innovazione e attrezzature. I salari sono bassi anche per la concorrenza asiatica che costringe i lavoratori a condizioni poco umane.

Gli Stati Uniti hanno detto “Basta!”. I fattori “correttivi” implementati dall'amministrazione Trump nei confronti del resto mondo sono una manovra per emanciparsi dal giogo finanziario che rendeva gli USA i “salvatori” del mondo. Così come rendeva la FED il prestotre di ultima istanza del mondo. I colonialisti, così facendo, si sono garantiti un lasso di tempo in cui hanno governato senza patemi d'animo tenendo ben pasciuta e senza pensieri la popolazione sottostante. C'è dell'ironia qui: la mano invisibile del mercato di “smithiana” memoria, agendo tramite gli USA che fanno i loro affari e pensano principalmente al benessere della nazione, “aiuteranno” anche le altre di nazioni a migliorare le proprie condizioni smantellando tutte quelle architetture che erano considerate assodate nel mondo globalizzato di ieri. Il passo finale spetterà a loro, ovviamente, perché anche la “non azione” è una scelta.

È sacrosanto mirare ad avere un interventismo minore sui mercati, o addirittura nullo... ciò non vuole dire ignorare le meccaniche di sudditanza coloniale che ancora operano nel mondo. Se la Cina non ha preso ancora Taiwan è perché non gli è stato dato il permesso di farlo; sviluppare la propria industria dei chip è stato un modo per ovviare a questo “inconveniente” e crearsi una alternativa per tempi peggiori. Nessuno vuole essere una vittima sacrificale. A differenza di altri, loro l'hanno letto (e capito) Sun Tzu e sanno che, oltre a sfruttare la debolezza del nemico, ciò significa non sfoggiare le proprie attraverso la retorica magniloquente sui successi.

Ma, anche così, non è la Cina l'obiettivo finale dei dazi. Il piano generale degli USA è quello di isolarsi finanziariamente da un sistema che per decenni ha sfruttato la sua di forza per “regalarla” al resto del mondo. L'ordine monetario e finanziario uscito fuori dalla Seconda guerra monidale ha reso ipertrofico il mercato dei dollari offshore e sin dal 2008 non si è più ripreso. O per meglio dire, la Legge dei rendimenti decrescenti ha fatto il suo corso. Come accaduto nel 1985 con gli Accordi del Plaza, c'è bisogno di un nuovo reset solo che stavolta è necessario eliminare la fonte di azzardo morale alla radice: la FED si riprende in casa la sua politica monetaria e sfrutta per davvero adesso il “privilegio esorbitante” del dollaro. Un cambiamento epocale che non si pensava fosse possibile si sta dipanando sotto i nostri occhi.

Oggi vi permetterò di avere le idee chiare, quindi.


L'OBIETTIVO OLTREOCEANO

L'obiettivo oltreoceano è quello di continuare ad avere quante più fonti aperte da cui fluiscono gli eurodollari affinché la City di Londra possa sottoporli a leva e controllare di conseguenza il flusso di dollari al margine che circolano all'estero. Il sistema finanziario estero, che ha piramidato la sua esistenza su questo meccanismo per decenni, ne ha bisogno disperatamente soprattutto ora che l'amministrazione Trump ha iniziato a mettere ordine nei conti fiscali della nazione (mentre la FED ha iniziato a farlo nel 2022 nella componente monetaria). Non importa lo stock di dollari, quello che davvero è importante è il flusso di dollari al margine. E questo lo sappiamo dalla classica ABC dell'economia ed è stata una verità sin dalla rivoluzione marginalista di Menger: il prezzo di ogni cosa è impostato al margine. Di conseguenza se questo flusso viene prosciugato, è necessario, per chi ne trae la propria sopravvivenza economica/finanziaria, trovare nuovi modi affinché continui a scorrere. L'essenza dei vari surplus commerciali, Cina in primis, nei confronti degli USA non sono stati altro che un modo per far continuare a scorrere il flusso di dollari all'estero. È attraverso di essi che possono essere pagate le cedole di titoli denominati in dollari emessi all'estero.

Guardate adesso alla curva dei rendimenti statunitense. C'è un pesante avvallamento tra i titoli a brevissimo e a medio termine, mentre il back-end è schizzato in alto. La seguente ipotesi non sarà verificata fino a quando non usciranno i prossimi dati del TIC, però di fronte a un'amministrazione Trump che prosciuga la fonte principale dei tuoi finanziamenti “gratis” vendi titoli sovrani americani, specialmente quelli a più lunga scadenza (trentennali), e compri quelli sul front-end. In questo modo la stampa ha magicamente un parametro per gridare “recessione!”. Chi, sin da quando Powell ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi, ha comprato più titoli sovrani americani? Secondo gli ultimi dati disponibili, dal 2021 al dicembre 2024 le banche che si possono associare a Europa e Inghilterra hanno comprato ogni anno $1.100 miliardi netti in titoli di stato americani. Perché l'hanno fatto? In modo da tenere un tetto ai rendimenti obbligazionari oltreoceano. La percezione di stabilità viene data dal tenere tali rendimenti in certe fasce di prezzo e al di fuori di esse i derivati sui tassi d'interesse iniziano a segnalare “pericolo” con tutti i relativi rischi di vendite al margine che ne conseguono. Queste “linee di demarcazione” si possono vedere negli 83 centesimi “difesi” nel cambio EUR/GBP, per tre anni è stato “difeso” il rendimento del 2,5% sul decennale tedesco, il 3% sul decennale francese, ecc.

Per tutto il tempo che la Yellen è stata in carica del Dipartimento del Tesoro ha condotto una yield curve control in concomitanza con la Lagarde, ma adesso che la prima non è più lì ecco che le cose sono diventate preoccupanti oltreoceano: la seconda deve impedire che i rendimenti sovrani europei schizzino in alto, o accelerare il crollo del mercato obbligazionario europeo tramite spesa pubblica incontrollata ed euro digitale. Se torniamo per un momento all'agosto dell'anno scorso, quando il Ministro delle finanze giapponese ha venduto dollari per comprare yen portando l'indice di quest'ultimo da 161 a 140 e causando una serie di default, sin da allora è stato abbattuto il cartry trade sullo yen e gli europei si sono ritrovati una nuova gatta da pelare nel difendere il livello 155 nel cambio EUR/YEN (e non andasse più in basso).

E questo spiega anche come mai il cambio EUR/USD sia salito oltre 1.10 più recente. Se hai già un cambio basso, come fai poi a permetterti di stampare vagonate di soldi, svalutare la divisa e portare amenità con il “piano di riarmo”?

Sin da quando Powell ha iniziato una sorta di restringimento della politica monetaria “sotto traccia” nel giugno 2021, ho iniziato a riflettere su quale potesse essere il motivo e le relative implicazioni di una mossa del genere in opposizione a quanto accadesse nel resto del mondo. Allora le politiche monetarie delle varie banche centrali erano ancora coordinate e una rottura di quel cartello era a dir poco inverosimile. La separazione tra i mercati europei e quelli americani avrebbe significato una determinazione del prezzo del dollaro negli Stati Uniti, non più in Europa o a Londra. Washington non è mai stato in grado di fare una cosa del genere in tutto il suo passato. La mia conclusione: è questa la “seconda” dichiarazione d'indipendenza americana? Tutti gli indizi raccolti finora puntano in tale direzione. Questo a sua volta significa che mettere in ordine i conti della nazione vuol dire anche mandare in bancarotta la cricca di Davos. Come? Mettendo sotto pressione i globablisti che governano il Canada, mettendo sotto pressione Starmer, mettendo sotto pressione la NATO, mettendo sotto pressione i Five Eyes, ecc.

Tutto si riduce al flusso di dollari all'estero e i dazi sono uno strumento a tal proposito.


L'OCCASIONALITÀ DEI CRASH DEI MERCATI

Ovviamente sarebbe miope affermare che tutto questo sia stato messo in piedi dall'amministrazione Trump o da lui stesso. Dietro c'è un consorzio di grandi banche della East coast che fin dal 2019 hanno lavorato per arrivare a questi risultati. Dopo il 2008 era chiaro a tutti che fosse necessario un reset del sistema post-Seconda guerra mondiale... il problema era: sotto l'egida di chi sarebbe stato governato il mondo? Se le CBDC erano un segnale, questo avrebbe significato che il comparto bancario commerciale statunitense sarebbe stato spazzato via. La spinta principale degli USA a mettersi di traverso alla cricca di Davos è stato sostanzialmente questo, perché significava altresì che non avrebbero più fatto parte della classe dirigente. Lo slogan “bonificare la palude” significava rimuovere le incrostazioni dello Stato profondo e sopratutto tutti quegli agenti “infiltrati” che non facevano il “bene” della nazione.

L'innesco fu acceso da JP Morgan quando a settembre del 2019 alimentò la crisi dei pronti contro termine rifiutandosi di accettare come garanzia collaterale titoli europei. Jamie Dimon diede il via al distaccamento tra il sistema bancario europeo e quello americano in attesa che il SOFR sarebbe entrato a pieno regime successivamente. Allarmata da quell'evento monumentale la cricca di Davos ha scatenato letteralmente l'inferno, sia a livello economico che sociale, e la guerra contro gli USA venne scatenata allora. L'attesa della riconferma di Powell durata più di 6 mesi e i piani di stimolo fiscale furono tentativi per forzare la mano alla FED e rompere il consorzio di suddette banche. Fortunatamente per queste ultime la loro capillarità a livello territoriale ha resistito e sono riuscite a reggere il colpo fino al 2022. Se Powell ha agito come ha fatto era perché sapeva di “avere le spalle coperte”.

Il crash del 2019 poteva sembrare l'ennesima Bear Stearns, così come quello del 2023 con le banche di San Francisco, invece faceva parte di un disegno molto più grande che per forza di cose richiedeva dolore economico. Così come nel 1934 vennero lasciate fallire migliaia di piccole banche per avere la giustificazione e istituire la FDIC. Lo stesso vale per il crash più recente sui mercati azionari. Un'intera generazione di trader è stata cresciuta secondo il credo fasullo che i mercati sarebbero sempre saliti, che ogni correzione sarebbe stata assorbita dalla stampante monetaria della banca centrale. La storia del DOGE ci sta insegnando che il pompaggio monetario principale scaturiva dal Dipartimento del Tesoro che a sua volta costringeva la FED a intervenire e di conseguenza tenere liquido il flusso di dollari che scorreva all'estero, alimentando di conseguenza livelli di leva finanziaria esorbitanti. Una volta che questo flusso è stato interrotto, o per meglio dire, viene gestito dal tasso deciso dalla Federal Reserve e non più dal tasso deciso al di fuori di essa, il panico risultate è tutto all'estero. La prova? Tutte le altre banche centrali hanno tagliato i tassi più rapidamente rispetto alla FED. Infatti finché il mercato obbligazionario statunitense non diventerà bidless, la FED resterà a bordo campo. Per quanto la stampa voglia farlo credere invece, in realtà le cose stanno all'opposto soprattutto se si guarda l'ultima asta dei trentennali.

Inoltre se si vuole avere un proxy per capire quando la FED abbasserà i tassi, il seguente grafico è tutto ciò di cui avete bisogno.

Il range di riferimento sarà tra 3-3,5%. Non tornerà più allo 0%. I tassi reali inoltre saranno influenzati dalla retorica ottimista negli USA (“andremo su Marte!” ad esempio), cosa che li sta pian piano abbassando. Un termometro di ciò è la popolarità di Trump negli USA.

Guardate a quello che fanno, non quello che dicono. E con ciò mi riferisco al fatto che per quanto possa sembrare che ci sia maretta tra l'amministrazione Trump e la FED, in realtà non c'è. C'è coordinamento (anche perché sappiamo che dietro Trump c'è il consorzio delle banche della East coast). Questo significa che molto probabilmente a giugno la FED taglierà nuovamente i tassi. La cosa davvero unica di questo periodo, comunque, sarà la scissione tra il dollaro che circolerà internamente e quello che circolerà esternamente, a livello internazionale. Di questo a Trump non importa niente ed è quello la cui offerta si sta restringendo e per cui Bruxelles e la City si stanno stracciando le vesti.

La pianificazione centrale è fallimentare, ovvio. Ma qui la domanda è una: gli americani credono davvero che la linea di politica di Trump sia fallimentare?

E dopo Argentina e Vietnam, le prime nazioni a presentarsi alle porte dell'amministrazione Trump, è arrivata la Francia. E l'elenco si è subito allungato. Questa storia mi ha ricordato il primo episodio della prima stagione di Black Mirror: prima nessuno avrebbe voluto cedere le armi (commerciali) agli USA... una volta che l'orologio ha iniziato a correre e si vedeva che Trump faceva sul serio ci si è adeguati. Avevate dubbi? Stesso copione già visto con Powell nel 2022 quando ha iniziato il ciclo di rialzo dei tassi. Allora ci mise diversi mesi a “convincere” i mercati che faceva sul serio, adesso hanno imparato la lezione. Ricordate, Power policy.


LA PRIORITÀ

Seguendo tale linea di politica, le turbolenze vengono affrontate a testa alta. Infatti Bessent è stato chiaro nella sua ultima intgervista da Carlson: parafrasando le sue parole, ciò che conta per l'amministrazione Trump è il mercato obbligazionario e la gestibilità dell'enorme debito pubblico. Sia la FED che l'attuale classe politica non si faranno spaventare da correzioni nei mercati azionari. A tal proposito i rapporti P/E sono ancora fuori scala, quindi aspettarsi un altro bel crash nel comparto azionario non solo è necessario ma anche fisiologico. Senza farsi spaventare neanche da nuove buzzword come col “basis trade”. Prima di tutto uno dovrebbe domandarsi dove gli hedge fund hanno preso gli asset necessari per poi sottoporre a una leva più alta di quella media i propri bilanci in un momento storico incerto come quello di oggi (la risposta è che i loro bilanci fanno parte del cosiddetto “sistema bancario ombra” nutrito ad hoc da leggi come la Dodd-Frank... approvata, guarda “il caso”, dall'amministrazione Obama). Inoltre, come ho scritto sopra, l'avvallamento nella curva dei rendimenti che ci presenta un'inversione (artificiale) tra il front-end e il medio termine (biennale) non è motivo di panico perché i tassi nei mercati dei pronti contro termine non sono stressati.

Lo ripeto, sono stati venduti titoli sul back-end della curva, preso dollari e, per non far salire quest'ultimo rispetto all'euro, sono stati comprati i titoli sovrani a breve-medio termine. In un anno in cui giungono a maturazione $7.000 miliardi in obbligazioni da rinovare, eventualmente, trovarsi per le mani la percezione di recessione tra il pubblico (come se non ce ne fosse stata una sin dal 2008 e che solo adesso ne vengono affrontate le conseguenze) è un ostacolo non indifferente da superare. La cricca di Davos, sebbene abbia come obiettivo finale il flusso di dollari all'estero, deve adesso screditare l'attuale amministrazione Trump dato che le sue azioni sono risultate la giusta medicina per il ritorno al benessere interno e di conseguenza una sobrietà finanziaria all'estero. È questo che rappresenta la fine della “globalizzazione”: la fine dell'interconnessione finanziaria dove gli Stati Uniti rappresentano il prestatore/creditore di ultima istanza del mondo intero... senza conseguenze derivanti da una corretta ponderazione del rischio.

Paradossalmente, quindi, essa è la prima a volere tassi di riferimento alti negli USA: è consapevole che ora esistono barriere al flusso di dollari che scorrono all'estero, quindi deve fare affidamento sulle banche centrali che controlla, come la BCE e la BoE. Facedo apparire queste ultime proattive e “responsabili”, si conferisce la percezione (errata ovviamente) che la FED, rialzando o tenendo i tassi dove sono ora, sia invece irresponsabile e inaffidabile. Visto che ci troviamo in un ambiente economico in cui l'inflazione è commodity driven (vi basta guardare la correlazione tra l'IPC e i futures sulla benzina), e non credit driven (almeno non attualmente), Powell sarà in grado di tagliare di 25 punti base.

Il copione è quello già visto durante la presidenza Reagan, dove anch'egli agì velocemente nei primi mesi della sua carica per sistemare l'equazione fiscale e portare dalla sua la Federal Reserve di Volcker. Le azioni del DOGE, gli sprechi scoperti da quest'ultimo, vanno nella stessa direzione per avere successivamente carte da giocare durante le elezioni del prossimo anno. Uno degli aspetti su cui l'amministrazione Trump ha avuto maggiore successo è stato quello di smascherare i veri nemici dell'America: la classe dirigente canadese, la classe dirigente europea e la classe dirigente inglese. Uno degli aspetti su cui ha avuto minore successo è stato il mancato arresto eclatante di qualche pezzo grosso all'interno dello Stato profondo americano.

Questa è una guerra e non tutte le battaglie possono essere vinte; a volte bisogna anche tirarsi un attimo indietro e far fare la mossa successiva all'avversario. La guerra verrà vinta una volta che la cricca di Davos sarà mandata in bancarotta e verrà fortemente ridimensionato il potere che dispone, e quest'ultimo dipende da come può utilizzare a suo vantaggio l'arbitraggio tra valute. Non è un caso che il Forex sia il mercato più grande di tutti, data la leva presente, e che sia intermediato in gran parte a Londra. L'amministrazione Trump, finora, non ha fatto altro che smascherare il modo in cui la cricca di Davos acquista consensi nel sottobosco degli stati, nelle incrostazioni burocratiche che alimenta, ed è così che può agire liberamente. Ecco perché in politica circolano le stesse facce da anni e la gente si chiede chi mai li possa votare. Una volta, però, che si ferma il flusso di denaro che può essere sequestrato da agenti malevoli e si prosciugano quei bacini attraverso i quali si indirizzavano artificialmente le linee di politica di una nazione, Stati Uniti in particolare, il risultato è quanto di più auspicabile ci si possa aspettare.

Se questa gente non verrà fermata, qui e ora, saranno guai per tutti. E i mercati dei capitali sono la chiave.

 

CONCLUSIONE

Non esiste il mondo perfetto. La teoria è un'indicazione della giusta direzione, ma poi c'è l'azione umana. Questo passaggio pare sfuggire a molti. Questo per dire che ultimamente leggo molti analisti e commentatori che rimangono fermi sulla teoria senza voler affrontare la realtà pratica delle cose. Allora facciamo così, andiamo fino in fondo alla teoria.

I dazi, nessuno può negarlo, sono tasse e deviano artificialmente il corso dei mercati. Ora, torniamo all'epoca degli economisti che per primi hanno messo giù le tesi riguardo questo argomento (Smith, Ricardo). In un gold standard se l'oro è trattato $40 più in alto a Pechino rispetto a Londra, gli arbitraggisti si muoveranno per comprare oro in quest'ultima città e spedirlo in Cina. In questo modo l'ampiezza dell'arbitraggio che s'è venuto a creare man mano si riduce fino a scomparire. Se suddetti analisti credono nei mercati e nel loro dinamismo non possono negare questo fenomeno. Il libero mercato fa una cosa meglio di tutti gli altri sistemi: permette di trarre vantaggio dagli arbitraggi. Volete un esempio più recente: l'evoluzione di Bitcoin. Quando iniziarono a spuntare fuori i primi exchange, si vennero a creare anche grandi possibilità di arbitraggio tra di essi data la differenza di prezzo che proponevano. È la chiusura degli arbitraggi tra di essi, attraverso gli “speculatori”, che ha aiutato a stabilizzarne il prezzo nel tempo.

Quando esiste un arbitraggio che “si rifiuta” di chiudersi, e che dovrebbe chiudersi, c'è qualcosa che impedisce che accada. Inutile dire che bisogna liberarsene di quel qualcosa. Il surplus commerciale subito dagli USA a vantaggio delle grandi economie del primo mondo (Cina, Europa, Inghilterra) s'è rivelato un arbitraggio che “s'è rifiutato” di chiudersi. Cosa gli impediva di chiudersi: normative, multe mascherate da dazi, costo del lavoro, costo degli input, ecc. Come si cerca di risolvere tutte queste cose in un colpo solo? Imponendo reciprocità nei trattamenti commerciali. È il miglior modo per affrontare la cose? Non lo so. Ma questa è la “Power policy” e bisogna farsene una ragione perché il mondo è mutato sin dal 2022.

Infatti la cosa meno compresa di tutte, e che fino al 2022 ho faticato anche io a comprendere, è il sistema degli eurodollari: il principale ostacolo alla chiusura del sopraccitato arbitraggio. Ecco perché il mio ultimo libro, Il Grande Default, verte su questo tema e grazie a questo esercizio diventa più facile mettere insieme tutti i puntini. Avendolo scritto io questo libro, è ovvio che cerchi di pubblicizzarlo quanto più possibile. Ma al di là di ciò rappresenta un manuale che permette di diradare quella nebbia di inconsapevolezza che ancora aleggia tra i commentatori comuni. Lasciamo stare la stampa. Per quanto si possa “attaccare” l'amministrazione Trump per certe linee di politica, qui non si tratta di “ciò che si vede”. Già dal mio secondo manoscritto pubblicato, La fine delle fallacie economiche, vi ho insegnato a vedere “ciò che non si vede”. Infatti si tratta del consorzio delle banche della East coast che infine hanno individuato la causa principale del continuo sprofondare degli USA in crisi. Uno dei punti cardine che leggerete nel libro è la differenza tra LIBOR (tasso a cui veniva determinato il prezzo del dollaro offshore secondo il “giudizio” della City di Londra) e il SOFR (tasso a cui viene determinato il prezzo del dollaro in base a fattori interni). È un caso secondo voi che i dazi sono entrati in vigore all'inizio di aprile e l'ultimo contratto intermediato dal LIBOR è scaduto il 30 marzo? La portata della guerra commerciale è più ampia di quanto leggete sulla stampa.

Riuscire a manipolare la domanda di dollari all'estero rappresentava uno strumento di potere non indifferente per la City. Ora invece ciò che accade negli USA rimane negli USA: non sono più le banche europee e inglesi a impostare il prezzo del dollaro all'estero, ma quelle statunitensi e la FED. Inutile dire che la City e Bruxelles sono i perdenti forti, dato che non possono più accedere, come prima, a un dollaro più economico. Questo a sua volta significa che, internamente, il dollaro potrà essere indebolito, mentre all'estero potrà essere lasciato salire per fungere da meccanismo di “persuasione” (e a tal proposito entrano in gioco i dazi). Sobrietà finanziaria, ponderazione reale del rischio e correzioni violente se necessario... ma soprattutto non più gli USA a salvaguardare tutte le operazioni finanziarie del mondo e pagarne il prezzo (in termini di ricchezza reale risucchiata all'estero) in caso di fallimento.

È questo il cambiamento gigantesco nella “globalizzazione” che sta avvenendo nel sottobosco e non notato; è questo “mondo” che gli USA stanno abbandonando e riformando. L'interconnessione finanziaria degli anni pre-2022 era una certezza di importare le debolezze economiche altrui e “pagare di tasca propria” per risolverle. Sono queste connessioni che vengono tagliate, come sta accadendo nel mercato dell'oro ad esempio: il metallo giallo estratto negli USA rimane lì e non viene più spedito in Svizzera o a Londra attraverso il COMEX.

Dopo la contrazione dell'offerta di eurodollari da parte della FED con l'avvio del SOFR, per tutte quelle nazioni che usavano tale mercato come volano attraverso il quale accedere a dollari facili e nascondere sotto il tappeto (degli USA però) i loro problemi, era fondamentale mantenere un avanzo commerciale nei confronti degli USA. Questo permetteva ai dollari di fluire all'estero attraverso di esso, impedendo agli arbitraggisti di chiudere questo divario (es. imposizioni commerciali non reciproche europee, armonizzazione fiscale col resto del mondo, ecc.). Era vero per l'Europa ed è ancor più vero per il Canada.

A livello teorico non c'è niente di male nell'emettere titoli denominati in dollari (all'estero), dopo tutto il biglietto verde è l'asset più affidabile e liquido rispetto a tutti gli altri della sua categoria. Il problema è quando si “strumentalizza” un asset e l'eurodollaro è uno di quelli più strumentalizzati. Affinché questo pasto gratis possa continuare a fluire nella City di Londra e a Bruxelles è vitale che gli USA continuino ad avere un deficit commerciale col resto del mondo, in modo che quest'ultimo possa essere usato per avere il flusso necessario di dollari con cui pagare le cedole dei titoli denominati in dollari. Il Canada diventa un proxy attraverso il quale si instaura un carry trade tra il dollaro canadese e quello statunitense (si prende in prestito nel primo a tassi inferiori e si investe nel secondo che ha rendimenti superiori).

Il Canada in questo frangente sta diventando esso stesso un “sistema bancario ombra” offrendo i propri bilanci tramite i quali la cricca di Davos possa continuare a ricevere finanziamenti a basso costo.

Il rally recente dell'euro e la vendita di T-bond americani da parte degli europei (in modo da creare un avvallamento tra il front-end della curva e il back-end e permettere alla stampa di gridare “recessione negli USA!”) è uno step in questo percorso, in questa guerra. La pistola fumante nell'attesa dei dati TIC? I tassi europei sono scesi, l'euro è salito e lo yuan è sceso. L'Eurozona (esclusa la Svizzera) + Regno Unito controllano $3.400 miliardi in titoli sovrani americani; la Cina circa $750 miliardi. L'obiettivo dei dazi è fondamentalmente uno: ridurre l'avanzo commerciale PERENNE da parte degli altri Paesi, Europa in particolar modo (ecco perché il 20% sui beni europei). Chi è davvero nei guai è l'UE. Perché? Perché in questa guerra c'è bisogno di collaterale e non ce l'ha. I capitali finanziari scorrono a ovest, negli USA; non c'è accesso a una fonte d'energia a basso costo. Senza questi elementi l'UE non può procedere alla liquidazione. L'unica cosa che può fare è appoggiarsi all'intermediazione dei cambi, uno dei più grandi mercati al mondo (e più sottoposto a leva), per cambiare la percezione di investitori e risparmiatori.

In questo contesto la Cina cercherà di scendere a patti con gli USA, Xi non è in una posizione politica confortevole. Non credo ci sarà un avvicinamento con l'UE, per quanto la classe dirigente europea possa volerlo. Se ciò fosse possibile i cinesi avrebbero aperto e aprirebbero il proprio mercato dei capitali. Ricordate, i mercati dei capitali sono un buon “predittore” dei movimenti politici.


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


giovedì 17 aprile 2025

Bitcoin & Marx: due teorie geopolitiche in competizione

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


da Bitcoin Magazine

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-and-marx-due-teorie-geopolitiche)

Marx ci disse che la rivoluzione sarebbe stata decentralizzata: i poveri si sarebbero stancati della grande iniquità del capitalismo e le poche migliaia di ricchi avrebbero sofferto per la ribellione mondiale che avevano fomentato con la loro avidità.

La creazione di banche centrali e il controllo dell'offerta di denaro avrebbero imposto, poi, l'avvento del comunismo. La centralizzazione della ricchezza porta a una rabbia decentralizzata; il rovesciamento sarebbe stato inevitabile. La classe sociale sarebbe stato il fattore decisivo e le persone di ogni ceto sociale e sesso nelle nazioni più sviluppate si sarebbero ribellate per prime. Le tessere del domino sarebbero cadute finché i Paesi meno sviluppati non si sarebbero industrializzati, avrebbero subito le stesse disuguaglianze e sarebbero diventati comunisti a loro volta.

Naturalmente non è andata così. Lenin adattò il marxismo alle proprie esigenze e, con l'aiuto dei simpatizzanti comunisti negli Stati Uniti, il comunismo fu attuato dall'alto nella Russia sottosviluppata. Le tessere del domino crollarono con violenza. Un Paese dopo l'altro cadde o uscì dal comunismo per via di interessi verticisti o esterni durante la Guerra Fredda, sempre a spese dei cittadini e raramente per loro volontà.

Ironicamente il comunismo è sempre stato sostenuto dalla forza fisica e dagli interessi economici imposti dall'alto, proprio le stesse persone che Marx stesso disprezzava. Versioni o elementi del comunismo esistono ora in Cina e negli Stati Uniti. La prima era un sistema inizialmente povero, ora distopico, che gioca al capitalismo; i secondi sono un sistema che lotta tra il politicamente corretto, un conservatorismo lasco e una banca centrale.

Satoshi Nakamoto, pseudonimo del creatore (o dei creatori) di Bitcoin, non rilascia dichiarazioni politiche. Nel suo whitepaper di nove pagine e nei suoi post pubblici abbiamo appreso come funziona Bitcoin e se potesse avere successo – con ciò intendo un elevato volume di transazioni elaborate e l'incapacità delle entità di attaccare e delegittimare la rete.

È tuttavia assodato che la politica monetaria deflazionistica e la struttura peer-to-peer di Bitcoin affondano le radici nelle intuizioni di economisti Austriaci come Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e altri, pensatori che svilupparono il loro lavoro in netto contrasto con Marx e la piega storico-politica del suo materialismo dialettico. Non sorprende quindi che siano emerse teorie sulle implicazioni politiche dell'adozione di Bitcoin.

Secondo una di esse, i Paesi più sviluppati, in particolare gli Stati Uniti, sono i più vicini alla stampante monetaria. La banca centrale più forte è quella che gestisce la valuta di riserva mondiale. I pochi che gestiscono quella banca centrale possono stampare quantità illimitate di denaro e riciclarlo a proprio vantaggio. Tali interessi non si allineeranno mai con quelli dei loro popoli, e in particolare mai con quelli dei Paesi costretti a vincolarsi all'attuale valuta di riserva globale. Il dollaro, non vincolato all'oro o ad altre valute forti, si sgonfierà fino a scomparire. Anche le altre banche centrali che stampano moneta ne soffriranno... di più, però. La loro moneta si svaluterà e anche il dollaro a cui fanno riferimento si svaluterà.

La gente se ne accorgerà e se ne stancherà. Si renderà conto di non poter risparmiare il valore delle dure giornate di lavoro e ritirerà il proprio denaro dalle banche a riserva frazionaria che ne consentono l'incessante stampa. Lo investirà in un bene durevole, inizialmente oro e infine Bitcoin.

Lentamente, poi improvvisamente, la rivoluzione sarà decentralizzata. I cittadini dei Paesi sviluppati investiranno in Bitcoin, ma, essendo vincitori relativi nel gioco della moneta fiat, lo useranno come valuta per ultima. Allo stesso modo gli stati dei Paesi più sviluppati non prenderanno sul serio Bitcoin, o gli saranno ostili. Ma i cittadini dei Paesi poveri, e quelli con valute svalutate, si orienteranno per primi verso Bitcoin. I poveri si renderanno conto che la sua volatilità non è poi così negativa quando la valuta del loro Paese si iperinflazionerà molto più rapidamente. La sua politica monetaria è quantomeno trasparente. Chissà cosa succede negli uffici delle banche centrali?

I cittadini dei Paesi più piccoli e poveri conserveranno il loro valore in bitcoin e lo utilizzeranno per effettuare transazioni. Gli stati più piccoli e poveri capiranno che Bitcoin offre loro una via d'uscita dall'approccio svalutativo della moneta fiat. Le tessere del domino cadranno. I ricchi delle banche centrali saranno rovesciati, sostituiti dai poveri che hanno avuto bitcoin per primi. I Paesi sviluppati saranno gli ultimi ad accorgersene. E infine, grazie alla politica monetaria deflazionistica di Bitcoin, i Paesi poveri avranno un vantaggio in questo Nuovo Mondo Arancione. Un giorno vivremo in un paradiso di libero mercato, dove nessuno avrà il controllo sulla massa monetaria e le economie potranno crescere insieme al Popolo.

In entrambe le teorie, la situazione economica porta a un fenomeno emotivo/culturale decentralizzato, vale a dire una lotta contro un oligopolio corrotto.

Ma anche per quanto riguarda Bitcoin, le cose non sono andate come previsto. Quando Nayib Bukele, presidente di El Salvador e leader del partito Nuevas Ideas, ha reso il suo Paese il primo ad adottare Bitcoin come moneta a corso legale, l'interesse dei cittadini di El Salvador per Bitcoin era praticamente pari allo 0%. Solo pochi bitcoiner dei Paesi sviluppati, che si erano stabiliti nella turistica spiaggia di El Zonte, sapevano qualcosa di Bitcoin. Oggi il tasso di adozione di Bitcoin da parte dei cittadini di El Salvador è superiore al 35% e in aumento, grazie in parte al wallet Chivo e in parte a iniziative no-profit come Mi Primer Bitcoin. Il domino di El Salvador è crollato principalmente a causa di interventi imposti dall'alto e, per quanto povero sia il Paese, l'altra sua moneta a corso legale è il dollaro statunitense, la valuta di riserva mondiale. Sebbene El Salvador non abbia il controllo sulla politica monetaria del dollaro, sta sicuramente ottenendo risultati migliori adottandolo rispetto a Venezuela o Libano, le cui valute sono terribilmente svalutate al momento in cui scrivo.

Inoltre ci sono evidenti falsità. Gli Stati Uniti non hanno adottato Bitcoin come moneta a corso legale, ma ne possiedono sicuramente molti. L'IRS ne detiene il possesso. Si dice persino che altre agenzie governative confischino, conservino e acquistino bitcoin di tanto in tanto, cosa particolarmente facile per un Paese che stampa regolarmente moneta.

L'elenco dei Paesi che minano bitcoin, alcuni dei quali sono conservati piuttosto che venduti, è troppo lungo per essere stilato. Quindi i Paesi sviluppati, che riconoscano o meno pubblicamente l'importanza di Bitcoin, vi investono. Tanti saluti al vantaggio per i Paesi poveri.

Infine c'è anche l'aspetto geopolitico dell'utilizzo di Bitcoin. La Russia lo accetta in cambio di gas naturale e gli Emirati Arabi Uniti sono favorevoli a questo asset. Entrambi sono ben lontani dall'essere Paesi poveri o sottosviluppati. Dall'altra parte la Nigeria non è ricca. I nigeriani effettuano transazioni in Bitcoin più di chiunque altro, fatta eccezione per gli americani. Eppure il loro governo è ostile, arrivando persino a imporre la propria CBDC, l'e-Naira, alla popolazione. Nel frattempo cittadini esperti in Argentina e Libano minano e risparmiano in Bitcoin, mentre i loro governi non sembrano vederne l'urgenza.

Quindi, Bitcoin, o meglio la teoria economica di Bitcoin, è destinata a una storia oscura e onnipresente come quella del comunismo? Esiste una teoria che possa comprendere la traiettoria di questo asset? Inoltre, dato che Bitcoin, per sua natura, sfida le banche centrali e, per estensione, alcuni principi del comunismo, dovremmo aspettarci che si sfidino a vicenda a livello geopolitico, giusto?

Quale struttura di incentivi economici vince? È una vittoria soft, che costringe Paesi come la Cina ad adattarsi alla rete senza sacrificare la propria struttura politica? O elimina del tutto la centralizzazione? O Bitcoin verrà spazzato via da qualche ingegnosa circostanza che nessuno di noi ha ancora previsto? Allo stato attuale Bitcoin è certamente sfavorito, il cui principale vantaggio è la sua decentralizzazione attraverso il meccanismo di consenso Proof-of-work. Nel frattempo la moneta fiat ha presa su tutte le principali istituzioni del mondo, comprese le forze armate necessarie per ottenere ciò che si vuole.

Le teorie geopolitiche che circondano Bitcoin si basano sul presupposto che non possa essere fermato. Essendo una rete informatica, chiunque può gestire un nodo, chiunque può effettuare transazioni con chiunque altro e chiunque può minare per proteggere la rete e guadagnare denaro. Si tratta, infatti, della rete informatica più sicura mai costruita, con un uptime del 99,99999999% e zero attacchi riusciti.

Le leggi non possono impedire alle persone di usare Bitcoin. Sebbene sia possibile tracciare gli acquisti effettuati sul registro, consentendo agli stati di arrestare o danneggiare chi viola tali leggi, teoricamente le persone abbandoneranno tali luoghi e si trasferiranno dove possono effettuare transazioni con la valuta che preferiscono. Chi tenta di attaccare la rete appropriandosi dell'hashrate scoprirà di guadagnare di più supportandola piuttosto che investire energie per contrastarla.

Il fatto che si tratti di hard money significa che tutti, compresi coloro che lo disprezzano, alla fine opteranno per conservare il proprio valore all'interno della rete, evitando così di volerla sabotare e perdere la propria ricchezza. Solo i pochi più vicini alla stampante monetaria hanno più da perdere passando a un Bitcoin standard. Non possono navigare in un mondo in cui perdono il controllo della moneta dominante. Se non riuscite a batterli, unitevi a loro.

Sarei negligente se non menzionassi la teoria del maggiore Jason Lowery, la quale, sebbene controversa, offre un punto di vista avvincente: man mano che Bitcoin si insinuerà in ogni angolo, gli stati lo adotteranno e lo useranno come arma geopolitica, sublimando la motivazione a entrare in guerra. Al contrario, ci saranno hashrate contrapposti e divisioni geopolitiche simili a quelle del mining di Bitcoin. Si tratta di una sorta di compromesso tra le due idee, in cui Bitcoin viene cooptato dalle autorità attuali – membri della banca centrale inclusi – ma troverà il modo di sviare i loro incentivi a proprio favore.

Nella misura in cui riusciranno ad accumulare i bitcoin rimanenti e a tentare di dominare la rete conquistando l'hashrate, il “gioco” economico proposto da Lowery potrebbe concretizzarsi. Sebbene esistano diverse critiche valide alla tesi di Lowery, una versione di tale evento potrebbe verificarsi. Secondo Limpwar i Paesi che adottano per primi Bitcoin come moneta a corso legale, tentando di sfruttarlo contro altri Paesi, potrebbero trovarsi intrappolati. I Paesi avversari potrebbero vendere i propri bitcoin durante le recessioni a un Paese concorrente, facendo crollare ulteriormente il potere d'acquisto di quel Paese nel breve termine. Se a ciò seguisse un'iniziativa militare, potrebbe fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta.

Allo stesso modo un governo potrebbe accumulare bitcoin proprio per una simile risposta contro il suo popolo. Mentre la sua gente si impegna in una rivoluzione, avendo principalmente investito i propri beni in Bitcoin, quel governo potrebbe vendere una somma sostanziale di bitcoin, indebolendo il patrimonio della sua gente. Forse altri Paesi o cittadini li acquisterebbero, aumentandone ancora una volta il prezzo; forse ci vorrebbe più tempo del previsto. Come abbiamo visto, i mercati ribassisti possono durare più di un anno e bastano poche balene per far variare drasticamente il prezzo. Non c'è ancora motivo di credere che l'economia di Bitcoin si comporterà diversamente in futuro.

La mia posizione è che imporre un framework a Bitcoin indichi una mancanza di integrità. La rete prospererà dove sarà necessaria e vacillerà dove non lo sarà. Non è ancora ovvio che sarà ugualmente necessaria ovunque, o che avrà lo stesso valore ovunque. I Paesi del Golfo, ad esempio, potrebbero accumulare bitcoin, ma non avere la necessità di spenderli, preferendo effettuare transazioni nella loro valuta fiat, ancorata al valore delle loro risorse naturali e digitali. I cittadini di tali Paesi potrebbero fare lo stesso, non sentendo la necessità di effettuare transazioni internazionali e non avendo alcun forte incentivo economico a utilizzare bitcoin.

I Paesi in difficoltà potrebbero essere altrettanto lenti ad adottare Bitcoin, preferendo reprimere i propri cittadini, i quali potrebbero non essere disposti a soffrire per le transazioni con asset digitali. La popolazione cinese potrebbe subire un destino simile. Agli amanti di Bitcoin questa potrebbe sembrare una stupidaggine geopolitica a medio termine, ma molti Paesi si lasciano andare a simili stupidaggini.

E infine: un'economia basata su Bitcoin apparirebbe radicalmente diversa da quella odierna? Sembra molto probabile che l'economia, con un Bitcoin standard, sarà simile a quella del sistema fiat. Qualsiasi cambiamento significativo a un sistema del genere richiederebbe generazioni, e persino tali cambiamenti potrebbero essere iterazioni del sistema attuale, piuttosto che la visione radicale di pochi appassionati di Bitcoin. Ci sarà ancora il credito. Molte persone preferiranno lasciare il proprio denaro agli intermediari. I Paesi avranno ancora organi centrali che gestiranno l'acquisto, la vendita e il possesso di bitcoin, insieme alle modalità di gestione legale della rete e delle transazioni che essa gestisce. Forse i Paesi spenderanno meno di quanto facciano oggi, o si concentreranno meno sul PIL, ma è davvero così assurdo credere che, quando si arriverà al dunque, i Paesi non continueranno a spendere più di quanto hanno? Prima della Prima guerra mondiale credevamo che spendere più denaro di quanto un Paese avesse fosse impossibile, ma l'Europa continuò a sostenere la guerra per quello che si credeva fosse un tempo incredibilmente lungo. Bitcoin non sarà mai in grado di eliminare un tale istinto umano. Volere è potere.

Quindi, forse Bitcoin vincerà sulla centralizzazione, sul comunismo e sulla minaccia di un'inflazione infinita nel lungo termine. Nel breve e medio termine, forse un aggiustamento chiropratico della società sarà riconoscibile, per chi di noi sta osservando.

————————————————

Marx credeva che ogni cultura e politica fosse costruita sulla struttura economica di un popolo. La nostra economia ci definisce e la sua progressione storica, dal baratto tribale al feudalesimo, al libero mercato, al comunismo e oltre, è inevitabile. C'è un numero diverso da zero di bitcoiner che presuppone anche una teleologia storica per Bitcoin, di fatto dissentendo da Marx solo su quale inevitabilità aspettarsi: Comunismo o Bitcoin. Rosso o Arancione. Molti, ma non tutti, i massimalisti di spicco sono cristiani. Hegel, che ispirò il materialismo dialettico di Marx (e dato l'ateismo di quest'ultimo, un'altra forma di fanatismo religioso), prese in prestito dalla teologia cristiana per concepire la Fenomenologia dello Spirito. Ha quindi senso che entrambi vedano nell'economia una sorta di salvatore della storia. Entrambi, quindi, credono che solo la loro risorsa, o approccio, vincerà e che una nuova politica ne trarrà ampiamente ispirazione. Che una nuova politica derivi dall'uno o dall'altro non è solo possibile, ma dimostrato: il marxismo ha ispirato a sua volta virulenti correnti politiche. Bitcoin potrebbe benissimo fare lo stesso.

Ma credere che solo il loro approccio finirà per prevalere – quello di Marx a causa della fondamentale (e necessariamente in continua crescita) disuguaglianza generata dal continuo prelievo di chi ha da chi non ha, e quello di Bitcoin perché nessun altro asset è un depositario, un trasferitore e un protettore di energia e valore superiore – è a dir poco miope. Potrebbe essere vero, invece, che l'intera inquadratura di questo problema sia errata. Forse l'economia non è la base su cui si costruiscono le sovrastrutture culturali e politiche – che l'economia influenzi solo alcune, ma non quasi tutte, le funzioni di una società. Credere diversamente ci pone in una prospettiva troppo ristretta, rischiando di perdere di vista le radici di altre questioni culturali o politiche. Affrontare una questione del genere richiederebbe di interrogarsi sul se, come credeva Marx, tutte le questioni filosofiche derivino fondamentalmente dal mondo materiale e se le nuove filosofie possano emergere solo da nuove condizioni materiali.

In ogni caso, vediamo che entrambe le filosofie non hanno funzionato come ci si aspettava. E, per la prima volta da quando Marx scrisse, abbiamo una reale applicazione dell'economia Austriaca. Quest'ultima non ha mai avuto una possibilità politica contro il fanatismo del marxismo fino all'avvento di Bitcoin. Tuttavia, dato che il marxismo è fondamentalmente una filosofia del risentimento, e sebbene Bitcoin possa sostituirlo, è irrealistico credere che lo eliminerà del tutto.

I lavoratori del mondo che continuano a nutrire risentimento, anche se Bitcoin vince, o ne contamineranno alcuni elementi con la loro filosofia (anche la tecnologia può essere spinta in direzioni inaspettate) oppure aspetteranno la prossima occasione.

Tra 300 anni chissà cosa ne sarà di Bitcoin? Chissà se l'integrità di un sistema del genere durerà, o se le banche centrali non solo rimarranno, ma prospereranno in una nuova forma?

Il fanatismo per i massimalisti non è infondato. Bitcoin ha rivoluzionato il panorama economico di interi Paesi e ha salvato la ricchezza di molti. Promette di rivoluzionare il tessuto stesso del denaro e il modo in cui gestiamo l'energia.

Eppure sembra che nessuna teoria chiara possa racchiuderlo. Bitcoin sta riempiendo, lentamente ma inesorabilmente, un grande spazio dove un tempo c'era l'oceano. Continuerà a riempire ogni spazio finché non navigheremo con esso, come i pesci fanno con l'acqua? E chissà se altre teorie economiche simili non continueranno a competere. Ma la strada per arrivarci sarà lunga e accidentata, e senza dubbio le tessere del domino non cadranno in nessuno dei modi che possiamo immaginare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


mercoledì 16 aprile 2025

I tagli alla spesa non indeboliranno l'economia degli Stati Uniti, la rafforzeranno

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-tagli-alla-spesa-non-indeboliranno)

La proiezione del modello GDPNow della Federal Reserve Bank di Atlanta per la crescita del PIL reale nel primo trimestre del 2025 mostra ora un crollo al -1,5%. Ciò segna una significativa revisione al ribasso rispetto alla precedente stima del 2,3% del 19 febbraio 2025.

Un declino così enorme è strano. Come siamo passati dal +2,3% al -1,5% in meno di un mese? Questo tipo di crollo in un'economia grande come quella degli Stati Uniti è estremamente raro.

La reazione immediata della stampa è stata quella di definirla l'inizio di una “recessione targata Trump” e di attribuirne la colpa alle linee di politica del presidente. È interessante notare che il 1° giugno 2022, GDPNow aveva stimato la crescita del secondo trimestre del 2022 a +1,3%; il 1° luglio 2022 era scesa a -2,1%, uno spostamento di 3,4 punti percentuali in 30 giorni. Come l'ha definita la stampa? “Paura della crescita”. Una cosa simile è accaduta nel terzo trimestre del 2021: la stima è scesa dal 6,1% (30 luglio) al 2,3% (1° ottobre), un calo di 3,8 punti in due mesi.

Nel 2022 il PIL reale è sceso per due trimestri consecutivi sotto l'amministrazione Biden. Secondo il Bureau of Economic Analysis, il primo trimestre aveva visto un calo del -1,6% nel tasso annuo, seguito da un calo dello 0,6% nel secondo trimestre. Centinaia di analisti, commentatori ed economisti, insieme all'NBER, hanno rapidamente dichiarato che non si trattava di una recessione. È esilarante, quindi, leggere le centinaia di commenti che sostengono che l'Atlanta Fed NowCast stia sottintendendo che le linee di politica della nuova amministrazione stiano causando una recessione.

Come ho scritto qualche mese fa, gli Stati Uniti sono in recessione nel settore privato da mesi. Tuttavia un aumento anomalo della spesa pubblica durante un periodo di crescita e una politica di prestiti rischiosa hanno portato a un PIL ipertrofico.

Gli Stati Uniti hanno avuto un aumento del PIL nominale di $7.590 miliardi tra il 2021 e il 2024 rispetto a un aumento di $8.470 miliardi del debito pubblico. Ciò ha segnato la peggiore crescita del PIL aggiustata all'accumulo di debito pubblico sin dagli anni '30.

Molti analisti avvertono che gli sforzi del Department of Government Efficiency (DOGE) causeranno una recessione se la spesa pubblica verrà ridotta in modo aggressivo. Sebbene tagliare la spesa possa “ridurre” il PIL, non danneggerà la crescita economica; anzi la rafforzerà.

Dobbiamo ricordare che la spesa pubblica degli Stati Uniti, finanziata dall'aumento del debito federale, ha rappresentato circa il 22-25% della crescita totale del PIL degli Stati Uniti nel periodo 2021-2024. Questo straordinario aumento della spesa pubblica nel mezzo di una ripresa ha portato a un debito pubblico record ed è stata la causa principale della crescita dell'offerta di denaro e, con essa, dell'esplosione dell'inflazione che gli americani stanno subendo oggi.

Uno studio di ricerca del MIT Sloan, pubblicato il 17 luglio 2024 da Mark Kritzman et al., intitolato “I determinanti dell'inflazione”, ha concluso che la spesa federale è stata il motore principale dell'impennata dell'inflazione nel 2022, stimando che sia stata da due a tre volte più significativa di qualsiasi altro fattore.

La spesa pubblica era fuori controllo, provocando un'impennata della crescita della massa monetaria e l'inflazione cumulativa subita dagli americani negli ultimi quattro anni è stata superiore al 20,9%, con prezzi di generi alimentari e benzina in aumento di oltre il 40%.

La spesa pubblica eccessiva non è stata solo la causa dell'aumento della crescita dell'offerta di denaro e dell'impennata dell'inflazione, ma ha anche portato a un aumento del debito di $8.470 miliardi e a un percorso insostenibile verso la rovina finanziaria se le linee di politica fossero rimaste le stesse. Secondo il Congressional Budget Office, senza cambiamenti gli Stati Uniti avrebbero accumulato deficit per $12.600 miliardi tra il 2025 e il 2030. Si prevedeva che le spese per interessi netti sarebbero aumentate da $881 miliardi nel 2024 a $1.200 miliardi entro il 2030, anche ipotizzando l'assenza di recessioni o aumenti della disoccupazione.

Il taglio della spesa pubblica è essenziale per ridurre i prezzi, tenere sotto controllo l'inflazione e fermare l'imminente disastro delle finanze pubbliche. Nel 2024 è diventato evidente che le misure di entrate non avrebbero ridotto il deficit federale degli Stati Uniti. I deficit sono sempre un problema di spesa.

Dobbiamo ricordarci che la crescita del PIL del 2,8% nel 2024 rifletteva quasi $2.000 miliardi in prestiti, un rapporto spesa/crescita di circa uno a uno e un percorso pericoloso verso una crisi del debito.

Il PIL privato dovrebbe misurare l'economia, poiché la spesa pubblica e il debito non guidano una crescita produttiva. Eliminare la spesa pubblica può darci un quadro più accurato della realtà del settore produttivo in America. Le ultime stime della Federal Reserve di Atlanta mostrano un massiccio calo delle esportazioni nette (-3,7%) dovuto a un forte aumento delle importazioni, un piccolo calo del consumo di beni (-0,09%) ma servizi forti (+0,62%) e aumenti della spesa pubblica (+0,34%) e un sano aumento degli investimenti (+0,62%). Il fattore sorprendente è un crollo anomalo delle esportazioni e un aumento delle importazioni che potrebbero essere rivisti, perché il deficit commerciale a dicembre 2024 è salito di $98,4 miliardi e il PIL non ha riflesso un crollo importante delle esportazioni nette. La cosa preoccupante è che la spesa pubblica continua a essere eccessiva e gli Stati Uniti stanno registrando un deficit annuo di $2.500 miliardi.

Gli Stati Uniti non entreranno in recessione a causa del cambio di amministrazione, ma a causa delle spese eccessive degli anni di Biden. Ridurre la spesa federale, il deficit e l'accumulo di debito è essenziale per recuperare la salute dell'economia.

L'aumento del PIL dovuto a spesa pubblica e debito non significa favorire la crescita: è la ricetta per il disastro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


martedì 15 aprile 2025

Soros e la USAID: un matrimonio diabolico

Le ultime settimane sono state caratterizzate da manifestazioni di dissenso nei confronti dell'amministrazione Trump. Dagli attacchi vandalici alle Tesla in giro per strada agli incendi degli stabilimenti industriali della stessa casa automobilistica, il sentimento contrario e di protesta sta emergendo con una certa violenza. Non solo, ma due fine settimana fa abbiamo sentito dai canali informativi ufficiali che in gran parte delle grandi città americane erano scesi in piazza manifestanti per esprimere il loro dissenso nei confronti di Trump. Giornali, telegiornali e giornalisti hanno subdolamente fatto intendere che tutte queste cose sono squisitamente “spontanee”. Lasciatemi essere campanilista nei confronti del lavoro che svolgo su queste pagine (virtuali): senza la voce analitica di uno come me, non ci sarebbe scampo dai megafoni della propaganda mainstream; spazi divulgativi come i miei dovrebbero essere supportati affinché possano continuare a operare nonostante i venti contrari provenienti da mancanza di sponsor e dalla facilità con cui potrebbero essere perfidamente silenziati (“shadow ban”, spinta più in basso nei risultati di ricerca, ecc. cosa già accaduto dal 2021 al 2024). Detto questo, ecco servita l'ennesima confutazione dell'informazione generalista: si scopre infatti che c'è coordinamento nel sottobosco dell'estrema sinistra per quanto riguarda la devastazione mirata di Tesla. Non solo, ma ciò vale anche per le altre manifestazioni di protesta contro Trump e la sua amministrazione, in America e nel resto del mondo (oltre alle “rivoluzioni colorate” in Georgia, Moldavia, Serbia, Romania). Infatti la realtà è ben diversa da quella disegnata e diffusa dai canali d'informazione ufficiali. Sto esagerando? Allora leggetevi questo lungo articolo del Time dove si riporta, prove estese alla mano, l'esistenza di una rete sotterranea di coordinamento e finanziamento facente riferimento alla sinistra e allo Stato profondo. Lo smantellamento della USAID, quindi, e il licenziamento di fannulloni nella macchina pubblica sono passi nella giusta direzione. Sebbene lo Stato profondo non resterà a guardare, una pubblico attento e con spirito critico nei confronti di ciò che legge è essenziale affinché esso non riacquisti forza e attiri dalla sua parte anche chi è stato accuratamente fuorviato da un'informazione mainstream distorta e (convenientemente) omissiva.

____________________________________________________________________________________


di Matthew Palumbo

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/soros-e-la-usaid-un-matrimonio-diabolico)

La recente attenzione rivolta alla USAID e le rivelazioni esplosive sulla reale destinazione delle sue spese rappresentano sicuramente un regalo di Natale anticipato per Rand Paul, quando arriverà il momento di preparare il suo rapporto annuale Festivus.

Dal finanziamento dell'insegnamento ai giornalisti dello Sri Lanka su come evitare il “linguaggio binario di genere” ai cambiamenti di sesso in Guatemala, all'attivismo LGBT in Armenia, Giamaica, America Latina, Uganda, tra innumerevoli altri, l'agenzia si comportava più come un'organizzazione di attivisti che altro. C'è anche dell'ironia nella rivelazione che molte cosiddette “Organizzazioni non governative” (ONG) ottengono la maggior parte dei loro finanziamenti dal governo federale.

Altre cose che saltano all'occhio includono il finanziamento di Sesame Street in Iraq, laboratori di drag show per migranti venezuelani in Ecuador, la promozione del turismo in Tunisia ed Egitto, la sensibilizzazione degli africani sui cambiamenti climatici e l'insegnamento alla popolazione del Kazakistan su come difendersi dai troll su Internet.

L'elenco potrebbe continuare per centinaia di pagine, ma il concetto è chiaro.

Anche i progetti di aiuti che potrebbero essere considerati più legittimi sono macchiati dalla politica e questo grazie a George Soros. Nel 2017 la Heritage Foundation ha svelato come Soros avesse sfruttato la sua influenza per mettere vincoli agli aiuti umanitari erogati dalla USAID, tutti i quali richiedevano ai destinatari di sottoscrivere un'agenda politica di estrema sinistra, specialmente nei Paesi che non la volevano:

[...] ma stanno emergendo prove che negli ultimi otto anni [a partire dal 2009], Soros, la sua Open Societies Foundations (OSF) e le loro numerose affiliate più piccole hanno ricevuto denaro dei contribuenti statunitensi tramite USAID e che quest'ultima ha reso OSF il principale esecutore dei suoi aiuti.

Fu nel 2009 che la USAID iniziò a vincolare i fondi per lo sviluppo ai Paesi che assumevano posizioni progressiste sui diritti gay/transgender, tra le altre cause di sinistra, tra cui anche la legalizzazione della prostituzione e la depenalizzazione delle droghe (non nel modo in cui molti libertari vorrebbero, ma piuttosto secondo il modello “San Francisco”). Ciò accadde ai Paesi africani e ai Paesi europei “dall'Irlanda alla Macedonia”.

Heritage ha anche scoperto che, nonostante alcuni aiuti da parte della USAID siano aiuti umanitari, abbiamo decenni di dati che dimostrano che non hanno migliorato la crescita economica e lo sviluppo nei Paesi finanziati. Quindi non c'è davvero alcun problema a buttare via il proverbiale bambino con l'acqua sporca quando si tratta di eliminare la USAID.

Per quanto scandalosi siano alcuni dei progetti progressisti e caricaturali in cui la USAID ha investito, dare fuoco ai soldi non è nemmeno lontanamente una delle loro attività più distruttive.

Ecco alcuni esempi.


Albania

L'Albania è la nazione più colpita dalla corruzione amministrativa nella regione, con il 57% dei cittadini a cui vengono richieste tangenti occasionalmente e il 47% che prende parte a transazioni corrotte. In collaborazione con USAID, la Open Society Foundations (OSF) di Soros ha contribuito con $60 milioni tra il 2000 e il 2015 ai cosiddetti sforzi di riforma della giustizia in Albania, e l'OSF ha stanziato i fondi.

Gli sforzi di riforma hanno ampiamente aiutato il Partito Socialista a consolidare il potere. Esso è guidato dal Primo Ministro Edi Rama, fotografato con Alex Soros quasi ogni mese, e che lo chiama suo “fratello”. Un documento dell'OSF redatto nel 2013, l'anno in cui Rama ha assunto il potere come Primo Ministro, ha delineato come riformare la Costituzione albanese. La riforma giudiziaria USAID-Soros-Rama è stata completata nel 2016.

Una revisione degli sforzi per quanto riguarda la riforma giudiziaria nel luglio 2021, esattamente cinque anni dopo la sua promulgazione, mostra come siano stati scarsamente all'altezza del linguaggio roseo che l'OSF e i socialisti hanno usato per promuoverla. I risultati sono stati devastanti:

• I tentativi dell'OSF e del Partito Socialista di impadronirsi della Corte Costituzionale e dell'Alto Ispettorato della Giustizia albanesi hanno lasciato l'opinione pubblica senza di essi per quasi quattro anni.

• Le Corti d'appello e le Corti di primo grado hanno solo un quarto dei giudici di cui hanno bisogno, e la Corte Suprema metà. Di conseguenza si stima che ci vorranno due decenni per smaltire l'arretrato di oltre 100.000 casi legali, 36.000 dei quali sono in attesa di essere esaminati dalla Corte Suprema.

• L'High Judicial Council ha esternalizzato l'amministrazione dei fascicoli della Corte Suprema all'East-West Management Institute, finanziato da Soros e USAID, gestito dall'ex-moglie di Rama, che è anche ex-presidente dell'OSF. L'East-West Management ha ricevuto oltre $270 milioni dalla USAID.

• Le riforme pongono le reti delle ONG sotto la competenza del Partito Socialista.

• La corruzione è aumentata. Il prezzo delle opere pubbliche con denaro del bilancio statale in Albania costa tra 6 e 8 volte di più rispetto alle opere pubbliche eseguite in “campi simili” con il finanziamento delle banche europee.

Si può solo immaginare quanto disastrosa sia stata a livello locale l'ingerenza di Soros nel sistema giudiziario americano: all'estero è stata ben peggiore.


La rivoluzione colorata nella Macedonia del Nord

Nella piccola nazione della Macedonia del Nord (formalmente Macedonia), che ha una popolazione di poco meno di 2 milioni, Soros, attraverso la sua Fondazione Open Society Macedonia (FOSM) e le sue attività sostenute dalla USAID, ha creato canali di informazione per promuovere la propaganda di sinistra e ha fondato 80 organizzazioni con lo stesso obiettivo, tra cui think tank, associazioni di giornalisti, gruppi che promuovono l'aborto, la droga e gli elementi più stravaganti dell'agenda LGBT. La FOSM era composta in gran parte da persone provenienti dall'ala “riformista” del partito comunista.

Sul tavolo erano previsti anche metodi diretti per un cambio di governo.

Nel 2015 l'Unione socialdemocratica di Macedonia e Soros (con l'aiuto della USAID) hanno finanziato gruppi per avviare una Rivoluzione colorata e rovesciare il partito conservatore al potere VMRO-DPMNE, in carica sin dal 2006. Durante le proteste gli attivisti di sinistra hanno apertamente esultato per il loro sostegno a Soros, indossando magliette con la scritta “esercito di Soros”. Un giornalista che ha posato per una foto indossando una delle magliette ha anche condotto uno show televisivo che promuoveva la rivoluzione colorata nella Macedonia del Nord, e alla fine della trasmissione è stato esposto il logo della USAID.


Guatemala

Una relazione di Judicial Watch ha rivelato come la USAID abbia incanalato milioni di dollari in programmi allineati con gli obiettivi di OSF in Guatemala. Le reti di Soros hanno speso oltre $100 milioni in America Latina dal 2015, con la “riforma della giustizia” come interesse principale. Rispetto al PIL OSF spende in Guatemala oltre il doppio di quanto spende la USAID nel Paese, cosa che ha fortemente allineato le iniziative di ritorno di Soros e ne ha finanziate direttamente alcune, come la Commissione internazionale contro l'impunità.

Come molte cosiddette organizzazioni anti-corruzione finanziate da Soros, tale Commissione è stata trasformata in un'arma contro i leader di destra del Paese e promuove “riforme” di estrema sinistra. Le loro azioni hanno portato alle dimissioni di un presidente a cui Soros si opponeva, Otto Perez Molina del partito di centro-destra Patriot Party, e hanno anche preso di mira il suo successore, Jimmy Morales del partito di destra National Convergence Front.


Negare, negare, negare

Cosa ha da dire OSF a riguardo? “Le affermazioni secondo cui le Open Society Foundations, fondate da George Soros, ricevono finanziamenti dalla USAID, o dirigono il finanziamento di un'agenzia governativa statunitense multimiliardaria, sono palesemente false”.

I bugiardi mentono, ma la documentazione no.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


lunedì 14 aprile 2025

Il prezzo della convenienza

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

____________________________________________________________________________________


di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-prezzo-della-convenienza)

Immaginate: il vostro smartphone si spegne mentre siete in viaggio e all'improvviso vi ritrovate impotenti, incapaci di navigare, pagare o persino accedere alla prenotazione dell'hotel. Non è un'ipotesi; è la nostra realtà. Secondo il “Digital 2024 Global Overview Report” di DataReportal, la persona media trascorre ora oltre 7 ore al giorno sui dispositivi digitali, con il 47% che segnala ansia quando è separata dai propri telefoni. Quello che una volta era un piccolo inconveniente è ora diventata una crisi, rivelando quanto profondamente abbiamo integrato la tecnologia nella nostra esistenza quotidiana, dall'ordinare un caffè al dimostrare la nostra identità.

George Orwell immaginava una distopia di sottomissione forzata, ma gli è sfuggito qualcosa di cruciale: le persone rinunciano volontariamente alle proprie libertà per le comodità. Come spiega Shoshana Zuboff in “The Age of Surveillance Capitalism”, questa disponibilità a barattare la privacy per la comodità rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui il potere opera nell'era digitale. Non abbiamo bisogno che il Grande Fratello ci osservi: invitiamo la sorveglianza nelle nostre case tramite altoparlanti smart, telecamere di sicurezza ed elettrodomestici connessi, tutto in nome di una vita più facile. Non solo accettiamo questa sorveglianza; l'abbiamo interiorizzata come un compromesso necessario. “Non preoccupatevi”, ci viene detto, “i vostri dati sono al sicuro e in cambio riceverete consigli migliori e servizi più smart”. Ci siamo talmente abituati a essere osservati che difendiamo i nostri osservatori, sviluppando un attaccamento quasi patologico agli stessi sistemi che ci limitano.

Pensate alla sicurezza aeroportuale. Dopo l'11 settembre gli americani hanno accettato procedure TSA sempre più invasive, le quali promettevano sia sicurezza che comodità. Due decenni dopo ci togliamo diligentemente le scarpe, addestrati come animali obbedienti a seguire il teatrino della sicurezza perché un idiota ha cercato di nascondere esplosivi nei suoi stivali quasi 25 anni fa; ci sottoponiamo a scansioni di tutto il corpo e consegniamo le bottiglie d'acqua, ciononostante la sicurezza aeroportuale non è né comoda né più efficace. Proprio come ci siamo tolti le scarpe senza fare domande negli aeroporti, abbiamo ceduto senza fare domande le nostre informazioni più riservate in cambio della promessa di comodità.

Ho assistito in prima persona a questo cambiamento durante i miei due decenni nel settore della tecnologia. Quando Google ha lanciato Gmail, pubblicizzandolo come un servizio “gratuito”, ho avvisato gli amici che in realtà stavano pagando con i loro dati. Il vecchio adagio si è rivelato vero: quando qualcosa è gratuito, non siete un cliente, bensì il prodotto. Molti hanno riso, dandomi del paranoico.

Un video satirico chiamato “The Google Toilet” ha catturato perfettamente questo momento, mostrando come saremmo disposti a barattare i nostri dati più intimi per la comodità. Il video sembrava assurdo quando è stato realizzato 15 anni fa, ora sembra profetico. Oggi quella stessa azienda, che ho dimostrato profondamente legata alla comunità dell'intelligence sin dalla sua nascita, traccia la nostra posizione, ascolta le nostre conversazioni e sa di più sulle nostre abitudini quotidiane dei nostri amici più cari. Anche dopo che Snowden ha rivelato l'entità della sorveglianza digitale, la maggior parte delle persone ha scrollato le spalle. La comodità valeva il costo, finché non abbiamo scoperto che non erano in gioco solo i nostri dati, ma la nostra capacità stessa di vivere in modo indipendente.


La tirannia di quando tutto è “smart”

Secondo Consumer Reports oltre l'87% dei principali elettrodomestici venduti nel 2023 includeva funzionalità “smart”, rendendo quasi impossibile trovare modelli base. Quando di recente ho avuto bisogno di un'asciugatrice, ho scoperto che quasi tutti i modelli erano “smart”, richiedendo connettività Wi-Fi e integrazione con app. Non volevo un'asciugatrice che potesse twittare; ne volevo solo una che asciugasse i vestiti. Quando l'idraulico è venuto a installarla, perché ovviamente non ho mai imparato a farlo da solo, si è lamentato che gli serviva una laurea in ingegneria solo per riparare gli elettrodomestici moderni.

Non si tratta solo di asciugatrici. Ogni articolo domestico sta diventando smart: termostati, maniglie delle porte, lampadine, tostapane. Mio padre sapeva smontare e rimontare il motore di un'auto nel nostro garage. Oggi non si può nemmeno cambiare l'olio in alcuni veicoli senza accedere al sistema informatico dell'auto. Abbiamo perso più delle semplici competenze meccaniche: abbiamo perso la sicurezza di provare a riparare le cose da soli. Quando tutto richiede software specializzati e strumenti proprietari, il fai da te diventa impossibile per progettazione.

La perdita della scrittura corsiva esemplifica questo declino. Oltre ai suoi benefici per le capacità cognitive, non si tratta solo di calligrafia; si tratta di continuità culturale e indipendenza. Una generazione incapace di leggere il corsivo diventa dipendente dalle traduzioni digitali della propria storia, che si tratti della Dichiarazione di Indipendenza o delle lettere d'amore dei nonni. Questa disconnessione dal nostro passato non è solo comoda; è una forma di amnesia culturale che ci rende più dipendenti da versioni aggiustate e digitalizzate della storia.

La visione del movimento fai da te, ovvero dare alle persone gli strumenti per creare, riparare e comprendere il mondo fisico che le circonda, offre un modello per resistere alla dipendenza ingegnerizzata. Le comunità stanno già creando biblioteche di utensili dove i residenti possono prendere in prestito attrezzature e imparare riparazioni di base. Stanno emergendo garage di riparazione di quartiere, dove le persone si riuniscono per riparare oggetti rotti e condividere conoscenze. Le cooperative alimentari locali e gli orti comunitari non riguardano solo i prodotti biologici, ma anche come nutrirci senza catene di fornitura aziendali. Anche semplici azioni come la gestione di raccolte di libri fisici e registri cartacei diventano radicali quando incombe la censura digitale. Non si tratta solo di hobby, ma di atti di resistenza contro un sistema che trae profitto dalla nostra impotenza.


La natura fiat del controllo digitale

Proprio come le banche centrali dichiarano il valore della valuta per decreto, le aziende tecnologiche ora dichiarano cosa costituisce la comodità nelle nostre vite. Non siamo noi a scegliere questi sistemi, ci vengono imposti, proprio come la moneta fiat. Volete un elettrodomestico “stupido”? Spiacente, questa opzione è stata dichiarata obsoleta. Volete riparare i vostri dispositivi? Sono stati progettati per non esserlo ed essere buttati.

Ho esplorato più a fondo questo concetto dei sistemi imposti in un precedente saggio, esaminando come la scarsità e il controllo artificiali si estendano ben oltre il denaro, fino a cibo, salute, istruzione e informazione. Gli stessi principi che consentono alle banche centrali di stampare la valuta dal nulla ora consentono alle aziende tecnologiche di dichiarare cosa è “necessario” nella nostra vita quotidiana.

Questo non è un semplice progresso tecnologico, è un sistema di controllo. Proprio come la moneta fiat trae valore dalla convinzione collettiva, la “comodità” moderna trae il suo fascino non dall'utilità genuina, ma dalla necessità artificiale. Ci viene detto che abbiamo bisogno di dispositivi smart, archiviazione cloud e connettività costante, non perché siano utili a noi, ma perché sono utili al sistema che trae profitto dalla nostra dipendenza.

La spinta verso una società senza contanti rappresenta l'espressione massima di questo controllo. Come scrissi due anni fa in “From Covid to CBDC”, l'eliminazione della valuta fisica non riguarda solo l'efficienza, ma la creazione di un sistema in cui ogni transazione può essere monitorata, approvata o negata. Le valute digitali delle banche centrali (CBDC) promettono praticità, costruendo al contempo l'architettura per una sorveglianza e un controllo finanziari assoluti.

Proprio come i green pass hanno normalizzato la presentazione di documenti per partecipare alla società, i pagamenti esclusivamente digitali normalizzano l'idea che le nostre transazioni richiedano l'approvazione istituzionale. Immaginate un mondo in cui i vostri soldi hanno una data di scadenza, in cui gli acquisti possono essere bloccati in base al vostro punteggio di credito sociale, o in cui i vostri risparmi possono essere disattivati ​​se pubblicate un'opinione sbagliata online. Queste non sono ipotesi: il sistema di credito sociale in Cina dimostra già come il denaro digitale possa diventare uno strumento per far rispettare la conformità.


La morte del movimento “fai da te”

Per un breve momento tra la fine degli anni Duemila e l'inizio del decennio del 2010, sembrava che potessimo resistere a questa ondata di dipendenza ingegnerizzata. Il movimento fai da te è emerso, esemplificato da spazi come il 3rd Ward a Brooklyn, un vasto spazio di lavoro collettivo di 30.000 piedi quadrati in cui artisti, artigiani e imprenditori potevano accedere a strumenti, apprendere competenze e creare una comunità. Piattaforme online come Kickstarter sono emerse contemporaneamente, consentendo ai creatori di mettere insiene un pubblico e finanziare progetti innovativi direttamente, aggirando i tradizionali gatekeeper.

Ciononostante qualcosa è cambiato. La chiusura di 3rd Ward nel 2013 ha segnato più della fine di uno spazio di lavoro: ha rappresentato la commercializzazione stessa dell'etica del fai da te. Quello spazio aveva insegnato lezioni fondamentali sull'istruzione sostenibile guidata dalla comunità e sulla condivisione delle competenze, ma queste lezioni sono andate perse quando il movimento è diventato sempre più orientato al profitto. Mentre alcuni elementi positivi rimangono, gran parte della sostanza del movimento fai da te è stata sostituita dalla creazione performativa: invece di creare davvero qualcosa, ci siamo accontentati di guardare gli altri creare qualcosa su YouTube. C'è qualcosa di profondamente umano nell'impulso a creare, a costruire, a capire come funzionano le cose, eppure la modernità ci ha rimodellati da creatori a spettatori, contenti di sperimentare la creatività indirettamente. L'autentica spinta dall'autosufficienza si è trasformata in contenuti attentamente curati, con i “creatori” che sono diventati influencer che vendono l'estetica dell'artigianato piuttosto che le competenze stesse.

La domanda ora è se ci stiamo davvero illuminando a vicenda attraverso queste piattaforme, o se stiamo semplicemente seguendo il modello di OnlyFans di mercificazione (e degradazione) di ogni interazione umana.


Personaggi digitali e perdita di sé

I social media non hanno solo trasformato la nostra vanità in un'arma, ma ci hanno trasformati da esseri umani in performance digitali. I nostri telefoni sono diventati macchine di propaganda portatili per i nostri marchi personali. Una ricerca interna di Meta ha rivelato che Instagram peggiora i problemi di immagine corporea per il 32% delle ragazze adolescenti, eppure continuiamo ad abbracciare queste piattaforme. Fotografiamo ogni pasto prima di assaggiarlo, documentiamo ogni momento di vacanza invece di viverlo e creiamo l'illusione di vite perfette mentre siamo seduti da soli nei nostri appartamenti, sorseggiando vino e intorpidendoci con Netflix.

Le implicazioni per la salute sono sbalorditive. Secondo uno studio del CDC del 2023, i tassi di depressione tra i giovani adulti sono raddoppiati sin dal 2011, con gli aumenti più netti correlati ai modelli di utilizzo dei social media. Stiamo barattando la vera connessione umana con colpi di dopamina digitale, conversazioni reali con reazioni emoji ed esperienze autentiche con post accattivanti. La comodità della connessione digitale istantanea ha creato una generazione più connessa ma più isolata che mai.

Man mano che perfezioniamo le nostre performance digitali, ci affidiamo sempre di più a strumenti artificiali per mantenere queste personalità attentamente create, il che ci porta a una forma di dipendenza ancora più profonda.


La trappola dell'IA

Forse la cosa più allarmante è la nostra crescente dipendenza dall'intelligenza artificiale. Stiamo esternalizzando il nostro pensiero all'IA, ma così facendo, rischiamo di erodere la nostra stessa autonomia cognitiva. Nello modo stesso in cui abbiamo permesso alla nostra forza fisica di indebolirsi affidandoci alla tecnologia, la nostra forza mentale sta diventando flaccida, inutilizzata e atrofizzata.

Gli studenti ora si rivolgono a ChatGPT prima di tentare di risolvere i problemi da soli. I professionisti si affidano all'IA per scrivere e-mail, report e presentazioni senza sviluppare autonomamente queste competenze critiche. Gli scrittori si affidano sempre di più all'assistenza dell'IA piuttosto che affinare la propria arte. Ogni volta che ci rimettiamo all'IA per compiti che potremmo svolgere da soli, non stiamo solo scegliendo la comodità, stiamo scegliendo di lasciare che un'altra capacità umana si atrofizzi.

Proprio come abbiamo dimenticato come riparare i nostri dispositivi, rischiamo di dimenticare come pensare in modo profondo e indipendente. Il pericolo non è che l'IA diventi troppo intelligente, ma che diventeremo troppo dipendenti da essa, incapaci di analizzare, creare o risolvere problemi senza assistenza digitale. Stiamo costruendo un mondo in cui il pensiero indipendente diventa raro quanto l'abilità meccanica, in cui l'autosufficienza cognitiva è vista come inefficiente piuttosto che essenziale.


Riconquistare la libertà

La soluzione non è rifiutare tutta la tecnologia, ma comprendere il vero costo della comodità. Prima di adottare ogni nuova innovazione “smart”, chiedetevi:

• A quale capacità sto rinunciando?

• Posso essere autosufficiente se questo sistema fallisce?

• La comodità vale la dipendenza?

• Qual è il vero prezzo, in termini di privacy, competenze e autonomia?

• In che modo questa tecnologia plasma il mio comportamento e il mio pensiero?

Bisogna coltivare attivamente l'indipendenza insieme all'innovazione, imparare le tecniche di riparazione di base, conservare copie fisiche di documenti importanti, e libri, perché, data l'ascesa del complesso industriale della censura, non possiamo essere sicuri di quanto a lungo saranno disponibili in formato digitale. Imparare a leggere una mappa, scrivere senza intelligenza artificiale e sopravvivere qualora Internet dovesse venire meno. La vera libertà non si trova nell'avere tutto a portata di mano, ma nel mantenere la capacità di vivere senza quelle comodità quando necessario.

L'ironia non mi sfugge qui. Ho trascorso decenni come knowledge worker nel settore della tecnologia, esattamente dove la società mi voleva: davanti agli schermi, a creare prodotti digitali, diventando proprio il tipo di specialista che ora sto criticando. Come molti della mia generazione, ho imparato un po' di programmazione di base prima di imparare a riparare un rubinetto che perdeva o a coltivare il mio cibo. Amo ancora la tecnologia e credo nel suo potenziale di automatizzare compiti banali, liberandoci in modo da perseguire forme più elevate di creatività e connessione, ma questa promessa diventerà vuota se sacrifichiamo le nostre capacità fondamentali nel processo.

L'aspetto più pericoloso di questo compromesso non è la perdita di privacy, è la perdita di consapevolezza che stiamo perdendo qualcosa. Non stiamo solo perdendo competenze e privacy; stiamo perdendo la capacità di riconoscere cosa significhi essere indipendenti. La domanda non è se la comodità valga il costo della libertà, è se riconosceremo ciò che abbiamo perso prima di dimenticare di averlo mai avuto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.