lunedì 9 settembre 2024

Abbiamo bisogno di un’inflazione al 3%? Crescita economica e deflazione

 

 

di Paul Cwik

“Finché è mantenuta entro certi limiti, l’inflazione è un ottimo supporto psicologico per una politica economica che vive del consumo di capitale”.

~ Ludwig von Mises, Socialism, pp. 448-9

Cosa causa la crescita economica? Una riduzione dei dazi? Un taglio delle tasse? Una riduzione della burocrazia? Sebbene ciascuna di essi possa stimolare o incoraggiare la crescita economica, nessuna la genera. La crescita economica è il risultato di un imprenditore che impiega un nuovo metodo che riduce i costi di produzione. I costi possono essere ridotti in diversi modi: risorse appena scoperte, una nuova tecnica che fa risparmiare tempo, nuove specializzazioni della manodopera. E, spesso trascurate, sono le riduzioni dei costi, che derivano dall’allocazione delle risorse secondo la Legge del vantaggio comparato.

Per chiarire, supponiamo che ci sia un imprenditore che possa produrre 1.000 unità di stoffa al giorno. Se questo imprenditore spende $5.000 al giorno in salari e manutenzione dei beni strumentali, il suo costo medio di produzione sarà di $5 per unità di stoffa. Supponiamo inoltre che il prezzo di mercato per ciascuna unità sia di $6, lasciando all'imprenditore un tasso di rendimento del 20% (escludendo altri costi e tasse). Supponiamo ora che si sviluppi un miglioramento dei beni strumentali (es. individuazione di una nuova fonte di cotone, un aumento delle competenze dei lavoratori, un aggiustamento della produzione per tenere conto della Legge del vantaggio comparato; il punto importante è che il costo di produzione diminuisce). Quando il costo di produzione diminuisce, l'imprenditore deve prendere una decisione: potrebbe provare a intascare il profitto aggiuntivo, ma se lo fa, perderà un guadagno molto maggiore; se, invece, abbassa il prezzo richiesto, attirerà i clienti lontano dai suoi concorrenti, le sue vendite aumenteranno e anche i suoi ricavi aumenteranno (quando si “rubano” clienti ad altri concorrenti la domanda è “elastica”, pertanto quando il prezzo si abbassa i ricavi dell’azienda aumenteranno).

L’azienda prospera e tutti gli stakeholder vincono. I lavoratori diventano più produttivi e, di conseguenza, i loro salari reali aumenteranno. I clienti possono acquistare più stoffa a prezzi più bassi e anche gli investitori e i fornitori migliorano le loro condizioni man mano che l’azienda prospera. Nel corso del tempo i concorrenti dovranno adottare miglioramenti simili (o superiori), o altrimenti andare incontro al fallimento. La società nel complesso migliora grazie alla riduzione dei costi da parte dell’imprenditore.

La crescita economica non è omogenea in tutta l’economia. La crescita è “disomogenea”, perché dipende dall’entità delle riduzioni dei costi e dai settori in cui si verificano. Di conseguenza i prezzi di alcuni beni diminuiranno drasticamente, mentre altri diminuiranno solo leggermente e alcuni potrebbero aumentare. L’aggregato complessivo mostrerà una deflazione dei prezzi, un altro modo per dire che il potere d’acquisto degli attori economici aumenterà. Questo risultato significa che più persone hanno di più da spendere: possono acquistare più beni e servizi oppure risparmiare il nuovo surplus. Man mano che i prezzi si adeguano a livello microeconomico, gli squilibri di mercato scompaiono rapidamente. Nel complesso quando l’economia cresce, assistiamo a una deflazione dei prezzi generale.

Questa conclusione è importante perché ci dice che non esiste alcuna ragione economica per espandere l’offerta di denaro. Qualsiasi ammontare di essa andrà bene. Sebbene la moneta sia soggetta alle stesse regole di domanda e offerta, come tutti gli altri beni economici, è diversa in un aspetto fondamentale: quando viene utilizzata, non scompare. Al contrario, quando uso (consumo) una mela, questa poi non esisterà più; si esaurirà. Quando guido la mia macchina, anche questa si consuma, sebbene a un ritmo molto più lento. Quando invece è il denaro a essere utilizzato, non si esaurisce nel processo: un dollaro è esattamente lo stesso prima e dopo il suo utilizzo. Mentre la forma fisica può subire una certa usura, il valore nominale dell’unità monetaria non soffre di questo degrado. In altre parole, il potere di spesa di un dollaro contante usurato nel mio portafogli e di un dollaro digitale nel mio conto corrente sono esattamente equivalenti tra loro.

Perché alcuni sostengono che sia necessario aumentare l’offerta di denaro? Sebbene non vi sia alcuna ragione economica per farlo, esiste una ragione politica. Ci si potrebbe altresì chiedere perché un criminale falsifica il denaro. La risposta è ovvia: vuole aumentare il suo potere d’acquisto a costi contenuti. La stessa logica valeva per l’antica ricerca alchemica di trasformare il piombo in oro. Indipendentemente da chi può creare nuova moneta, che si tratti di un falsario, di un mago, o della banca centrale, si applica lo stesso principio economico: chi ottiene per primo il nuovo denaro vince e chi lo ottiene per ultimo perde. Questo principio è chiamato Effetto Cantillon, descritto per la prima volta all'inizio degli anni '20 del Settecento. L'Effetto Cantillon dimostra che quando la nuova moneta viene spesa per la prima volta, viene scambiata ai prezzi correnti. Il nuovo acquirente reindirizza beni e servizi a suo vantaggio, sottraendoli a usi alternativi.

Nella seconda fase altre persone entrano in possesso della nuova quantità di denaro. Anch'esse lo spendono, sottraendo beni e servizi a usi alternativi, e queste azioni esercitano una pressione al rialzo sui prezzi. Non tutti i prezzi ne risentono nella stessa misura (è raro, ma alcuni prezzi potrebbero addirittura scendere). Hayek (1969) ci chiese di immaginare il miele che viene versato su un piatto, si accumula in un punto e poi si diffonde lentamente verso l’esterno. Man mano che la nuova moneta si diffonde in tutta l’economia, non lo fa in modo uniforme o allo stesso ritmo, ma in modo graduale dato che un’analisi aggregata macroeconomica non coglierà l’impatto di questi effetti microeconomici. Se il nuovo denaro venisse iniettato in un settore economico diverso, o anche in un momento diverso, i risultati sarebbero diversi. Il punto importante è che alcune persone si troveranno di fronte a prezzi più alti, senza aver avuto ancora accesso al nuovo denaro. Di conseguenza la loro ricchezza reale diminuisce. L’Effetto Cantillon mostra come coloro che ottengono per primi i nuovi soldi sono i vincitori e mostra anche come coloro che li ottengono per ultimi sono i perdenti. La ricchezza viene trasferita da coloro che ricevono i soldi per ultimi a coloro che li ricevono per primi.

Nella nostra economia chi è il primo a utilizzare la nuova moneta? Oggi il denaro che usiamo è scoperto. È creato dal nulla. Anche se non abbiamo bisogno di incantesimi magici per trasformare il piombo in oro, possiamo creare quantità illimitate di nuovo denaro premendo i tasti di un computer presso la banca centrale e il sistema bancario commerciale. La banca centrale provvede alla politica fiscale dei governi e al sistema finanziario e bancario commerciale. Sono queste le istituzioni a ricevere per prime i nuovi soldi. I loro guadagni sono a spese di tutti gli altri. Ogni nuovo dollaro diminuisce il potere d’acquisto di tutti gli altri dollari; la ricchezza di tutti gli altri si dissolve. Quindi, sì, c’è un motivo per espandere l’offerta di denaro e c’è una ragione per convincere la popolazione che un tasso di inflazione al 3% è migliore di uno al 2%. Sfortunatamente il motivo non è buono, a meno che, ovviamente, non facciate parte del piccolo gruppo che riceve per primo i nuovi soldi.

L’Effetto Cantillon dimostra l’impatto a breve termine dell’espansione monetaria. Se l’espansione monetaria persiste, essa porterà a un ciclo economico. La conseguenza a lungo termine delle politiche monetarie espansionistiche è una riduzione del risparmio, consumo di capitale, un tenore di vita futuro inferiore e possibilmente il crollo della valuta stessa.

Scrisse Mises:

L’inflazione è una linea di politica e in quanto tale può essere cambiata, pertanto non c’è motivo di cedere all’inflazione. Se la si considera un male, allora bisogna smetterla. Bisogna pareggiare il bilancio dello Stato. Naturalmente l’opinione pubblica deve appoggiare questo punto; gli intellettuali devono aiutare la gente a capirlo. Con il sostegno dell'opinione pubblica è certamente possibile che i rappresentanti eletti dal popolo abbandonino una linea di politica inflazionistica.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 6 settembre 2024

Tutte le micce finanziarie conducono a...

 

 

di Francesco Simoncelli

Nel mio ultimo pezzo ho esaminato come le azioni siano diventate molto costose. Viviamo in un'era di bolle: 1999, 2008, 2021 e ora, solo tre anni dopo, una nuova bolla... questa volta concentrata nei “Magnifici 7”, le azioni delle grandi aziende tecnologiche. Ma alcune cose succedono sempre, infatti le bolle scoppiano sempre. E probabilmente non passerà molto tempo prima che scoppi anche la bolla dell'intelligenza artificiale, quindi le persone che speravano di arricchirsi rapidamente, grazie alla nuova tecnologia, diventeranno più povere, e in fretta, grazie al vecchissimo ciclo di espansione e contrazione. Ed ecco un'altra cosa che succede sempre: quando il costo del credito aumenta, aumentano anche i fallimenti. Quest'anno, con tassi di interesse sostanzialmente più alti rispetto a qualche anno fa, gli avvocati fallimentari sono tornati in azione. Per quanto possa essere scontata la digressione di questo pezzo, come immagineranno i lettori più stagionati, ecco il colpo di scena: non parleremo di Stati Uniti. Non principalmente. Oggi sul proverbiale “banco degli imputati” ci finiranno gli inglesi.

La maggior parte degli occhi del mondo, infatti, sono puntati sulla FED e le sue decisioni in termini di politica monetaria, soprattutto quando bisogna determinare (a livello ufficiale) la presenza di una recessione o meno. A livello mondiale, soprattutto dopo il 2022, Powell & Co. sono davvero l'ago della bilancia, in particolar modo perché gli USA hanno il mercato dei pronti contro termine più liquido del mondo e ciò è vitale per il rifinanziamento della pletora di derivati esistenti. Dopo il 2019 l'accesso è consentito solo tramite asset statunitensi: titoli del Tesoro statunitensi, per la precisione. Questo, di conseguenza, fa sì che i rischi di recessione (prima finanziaria, poi economica) gravino di più sulle spalle degli altri player. Infatti pochi parlano della situazione in Inghilterra.

La maggior parte del risparmio, ad esempio, è concentrato nella top 5 delle grandi banche inglesi (es. HSBC, Barclays, ecc.) e basta un evento insignificante affinché questi giganti dai piedi d'argilla colino a picco. Cosa diventata evidente con la recente crisi dei Gilt e dei fondi pensione inglesi. Bisogna rendersi conto che con l'arrivo del 30 settembre e la fine del LIBOR la City di Londra verrà prosciugata dal capitale finanziario. L'unica cosa che rimarrà sarà il flusso monetario basato sulle assicurazioni, ma anche quello ha subito un duro colpo con la storia della discriminazione nei confronti dei russi. Cosa rimane quindi? Un Paese con una grave crisi sociale il cui passo è dettato dalla disintegrazione a livello economico/finanziario e non è un caso che la Banca d'Inghilterra abbia fatto enorme incetta di titoli del Tesoro statunitensi (venduti soprattutto dalla Cina per stabilizzare lo yuan sul mercato dei cambi e forse anche per l'ancora presente sudditanza nei confronti degli inglesi sin dalle guerre dell'oppio). Chi fa fatica a capire cos'è il denaro, farà fatica a raccapezzarsi nelle vicende economiche odierne. Il balzo sin dal 2019 nei possedimenti inglesi di titoli di stato USA è sufficiente per capirlo. E non si tratta solo dei possedimenti della Banca d'Inghilterra, ma anche di quelli delle sue appendici: Lussemburgo, Isole Vergini, Isole Cayman, ecc. Il tutto funzionale a mantenere in piedi la facciata che la BCE può ancora difendere l'euro e i rendimenti obbligazionari europei. La FED e la BOJ hanno tutte le armi a loro disposizione per debellare la piaga dell'eurodollaro. Non solo, ma per quanto i media generalisti e indipendenti continuino a puntare sulla (presunta) debolezza dell'economia statunitense, ci sono poche parole su quella inglese. Cari lettori, qui chi ha tutto da perdere e ha i conti sballati è la City di Londra, destinata a diventare un deserto finanziario. Tutto il terrore per questo fato e per la devastazione economica incalzante sono incarnati nel sopraccitato balzo sin dal 2019.

Occhio, quindi, che il mercato dei cambi è sopravvalutato e la presunta forza delle altre divise (sterlina, euro) nei confronti del dollaro è un fuoco di paglia. I rischi di recessione sono molto più vicini all'Europa di quanto si dica sulla stampa generalista.


IL 1971 RIVISTO E LA FINE DELLA “BOJ PUT”

Facciamo un passo indietro. Bisogna sempre farlo, non solo perché il passato ci aiuta a capire il presente e direzionare meglio il futuro, ma anche perché fornisce maggiori tasselli a chi aveva il quadro generale chiaro ma necessitava di ulteriori dettagli per tirare coerentemente tutte le somme. Si cita spesso il 1971 come l'anno in cui gli Stati Uniti hanno abbandonato definitivamente le ultime vestigia del denaro coperto. I motivi addotti dalla maggior parte degli analisti indipendenti comprendono la stupidità, l'avidità e l'incompetenza. La storia finirebbe qui se analizzassimo le cose secondo un'ottica puramente teorica: la pianificazione centrale porta con sé i semi della propria distruzione. All'atto pratico, però, esistono due tipi di conseguenze: intenzionali e inintenzionali. Perché la vera domanda è questa: e se gli Stati Uniti, o per meglio dire una parte di essi, abbia lavorato per vandalizzare il Paese a vantaggio di qualcun altro?

Dalla finanziarizzazione violenta dell'economia statunitense sin dagli anni '80 fino allo scoppio della bolla immobiliare nel 2008, la discesa negli inferi economici è come se fosse stata perseguita in modo sconsiderato e, peggio ancora, volontario, senza alcun freno a tutte quelle azioni giudicate, fino a poco prima che venissero prese, assurde e prive di giustificazione accademica. Una di queste decisioni è il quantitative easing. Nella crisi finanziaria del 2009 la FED di Bernanke intervenne abbassando i tassi d'interesse, salvando molti grandi debitori, tra cui alcune delle più grandi banche di Wall Street, e riducendo la fila di coloro che sarebbero finiti in bancarotta. Ciò non doveva accadere, tutti lo giudicavano errore; Bernanke, si dice, cedette al panico e preparò il terreno per una crisi ancora più grande in seguito: i tassi d'interesse più bassi della storia hanno incoraggiato quasi tutti a indebitarsi ancora di più. Davvero ha ceduto al panico? Per 3 volte consecutive? E che dire della Yellen? Non ha imparato niente dall'esperienza del suo predecessore?

E nessuno è andato più in fondo nel buco del debito del governo degli Stati Uniti, aggiungendo $25.000 miliardi in nuovo debito sin dal 2009. E ora il governo federale stesso è sopraffatto e la FED non è né in grado di salvare i mutuatari o gli investitori del mercato azionario con più debito, né vuole farlo. Questa è una novità molto importante: nel 2000, e di nuovo nel 2008, la FED fornì supporto alle azioni abbassando il suo tasso di riferimento di 500 punti base e “stampando” denaro per coprire i deficit. Ma questo prima che l'uomo nero dell'inflazione si scatenasse. Infatti quando si hanno già $35.000 di debiti, e si conta di aggiungerne altri $16.000 nei prossimi 10 anni, tassi d'interesse più alti non sono ciò di cui si vorrebbe leggere nelle notizie del mattino. Anche al 5% il costo degli interessi potrebbe essere di $2.500 miliardi all'anno. E quando bisogna prendere in prestito sempre più soldi, solo per stare al passo con i pagamenti degli interessi sul debito precedente, quella è la strada sicura verso la bancarotta.

Anche agli occhi di un profano è chiaro che la FED impedirà a qualsiasi costo una cosa del genere. Non “stamperà” più soldi solo per impedire che i prezzi delle azioni colino a picco, o alcune aziende di alto profilo vadano fallite. Ecco un punto di riferimento facile per capire la tempistica di un eventuale nuovo intervento della FED: quando il mercato obbligazionario statunitense, non quello azionario (di cui a Powell non interessa nulla), diventerà “bidless”.

È quindi chiaro che da un lato abbiamo una fazione della ragione, dove la FED e Powell vedono all'orizzonte una crisi catastrofica per il dollaro e gli Stati Uniti, e dall'altro una fazione della distruzione, dove il Ministero del Tesoro e la Yellen sono intenzionati a prendere in prestito una cifra pari a più del 5% del PIL ogni anno per i prossimi 10 anni. E questi numeri dipendono da una navigazione serena, senza tempeste fastidiose. In caso di recessione (quasi garantita), il governo federale prenderà in prestito e spenderà di più. La cosa ovvia da fare è evitare il disastro abbassando il tasso di crescita del debito e il modo ovvio per farlo è pareggiare il bilancio federale. Cosa impedisce alla fazione della distruzione di farlo? Beh, a parte il nome stesso, il fatto che coloro che dipendono dalla scarnificazione economica degli USA finiranno loro nel tritacarne.

Se fino alla “Greenspan put” ci si interrogava ancora sulle ragioni per cui una nazione dominante come gli USA avessero continui e sempre più ravvicinati nel tempo guai economici sotto forma di crisi economiche/finanziarie, dopo di essa è stato chiaro che esisteva una parte dell'America che stava sabotando dall'interno la prosperità della nazione stessa. L'arma di questo delitto si chiama mercato dell'eurodollaro; il mandante è la City di Londra. Non è un caso, infatti, che con la finanziarizzazione del mercato statunitense la City sia diventata uno snodo fondamentale per il capitale finanziario. Per quanto possa sembrare paradossale questo fenomeno ha una spiegazione: l'indicizzazione dei debiti mondiali avveniva attraverso il LIBOR. Quindi se da un lato si possiede la capacità d'impostare i tassi mondiali e dall'altro si possiede anche la capacità di manipolare (esternamente) l'offerta della valuta di riserva mondiale, il risultato è la materializzazione di una serie di pasti gratis infiniti a scapito della nazione più potente del mondo.

Per quanto potesse essere gigantesca questa artificiosità, essa era destinata pur sempre a fallire. Infatti gli abusi di questi sistemi quasi mai vengono percepiti da coloro che li sfruttano; un po' come gli schemi Ponzi, coloro che li attuano difficilmente riescono a scappare col maltolto. Alla fine vengono sempre catturati. Perché? Perché finiscono per credere alle loro bugie. Lo stesso è accaduto con l'eurodollaro e i mercati finanziari: un'esplosione di derivati che ha intaccato i bilanci di ogni entità finanziaria esistente, dalla più piccola e (apparentemente) insignificante alla più grande. Questo, a sua volta, ha significato una marea crescente di liquidità ombra necessaria per tamponare le falle che man mano sono emerse nel sistema. Per gli Stati Uniti è diventata una questione di vita o di morte, ovviamente. L'Inghilterra non ha mai mollato la sua colonia e l'aveva riconquistata tramite la finanza. Il 2019 è stato un anno importante, perché ha segnato ufficialmente l'inizio del rimpatrio della politica monetaria statunitense: la crisi dei pronti contro termine ha conferito in tutto e per tutto la natura di denaro al collaterale, in particolare i titoli di stato americani. Quello era solo il primo passo, il secondo è arrivato nel 2022 col SOFR (indicizzazione dei debiti in accordo a un parametro nazionale) e il rialzo dei tassi, con relativo prosciugamento della liquidità ombra. Almeno è iniziata, dato che essa è immensa dopo tutte le manipolazioni accumulate. Il terzo passo è stata l'uccisione della “BOJ put”.

Le istituzioni europee e inglese si sono concentrate sul lato lungo della curva dei rendimenti dei titoli obbligazionari statunitensi, in questo modo, sopprimendo tale lato, hanno soppresso di riflesso il loro lato lungo che non potevano permettersi salisse. Una condizione particolarmente favorevole alla Lagarde che ha sempre fatto l'equilibrista affinché i rendimenti dei bond europei rimanessero in un certo range. Il tutto si teneva in piedi grazie a uno yen sottovalutato: prendere in prestito in yen, sottoporre a leva il trade e infine comprare altri titoli. Inutile dire che anche il carry trade dello yen andava a favorire gli esterni e metteva nei guai la nazione, così come l'eurodollaro usava la ricchezza interna degli USA e la trasferiva all'esterno affinché coloro che sfruttavano la riserva frazionaria in tale mercato credessero che l'azzardo morale non avesse costi reali. I prezzi dell'energia e l'approvazione ai minimi per il governo Kishida hanno materializzato le frustrazioni delle famiglie giapponesi che si sono dovute involontariamente sobbarcare il prezzo di tutta questa ingegneria finanziaria. Il rialzo dei tassi della BOJ è arrivato in un momento in cui la FED era bombardata mediaticamente affinché tornasse ad abbassare i tassi ed è servito ai suoi scopi: drenare liquidità senza rialzare essa stessa i tassi. Il cappio intorno al collo della BCE e della Banca d'Inghilterra si stringe sempre di più.

Infatti sin dallo scorso aprile, anche la BNS è servita allo scopo di far guadagnare tempo alla BCE e alla BOE. Tagliando i tassi due volte e svalutando il franco svizzero, ciò è servito ad allentare la pressione finanziaria sull'Europa. Ritengo che anche questo supporto è ormai saltato, vista l'evoluzione dei cambi, e l'unico supporto che rimane alla BCE adesso è solo quello della BOE.

Quale migliore occasione, quindi, di tumulti per le strade da usare come scusa per l'ennesima emergenza e permettere all'esecutivo di avere carta bianca su ogni aspetto della vita socioeconomica inglese? Magari una nuova tassa che vada a gravare sul patrimonio immobiliare. Già le finanze delle famiglie inglesi sono sotto pressione, ulteriore spinta significherebbe la perdita di un asset sopravvalutato (immobili) ma che rallenterebbe lo scoppio della bolla immobiliare inglese sulla valanga di immigrati che sono entrati nel Paese negli ultimi anni. L'Italia da questo punto di vista è l'avanguardia. In sintesi, l'unica carta rimasta da giocare alla BOE è quella di tener gonfia la bolla immobiliare per dare l'illusione che esista ancora collaterale nel Paese degno di essere usato per una politica monetaria espansiva. La FED, come avevo anticipato all'inizio di quest'anno, effettuerà un taglio dei tassi. Molto probabilmente di 25 bps. Giusto per scontentare tutti e seguire il mercato dei rendimenti obbligazionari. Ma non sarà Powell a contrastare il QE della Yellen, ora, bensì il QT della BOJ. E non dimentichiamoci che il Giappone è il primo al mondo a detenere titoli di stato americani in riserva.


DECLINO

Questo spazio divulgativo non fa altro che unire i puntini, come vedere le costellazioni nel cielo notturno: la Cintura di Orione, il Grande Carro, ecc. Alcune sono evidenti, altre sono più difficili da vedere, con stelle deboli e lontane. Ma ci sono sempre degli schemi: crescita e depressione, rialzo e ribasso, guerra e pace, declino e caduta. Alcuni di questi sono schemi molto lunghi. Quando una nazione/stato/impero invecchia, le sue élite si trovano al vertice del potere e della ricchezza. Non importa in quale direzione guardino, c'è solo la discesa. Diventano timorose, tutto è una minaccia: un virus, un mercato ribassista, la Russia, la Cina... il futuro stesso.

Una delle cose più assurde accadute all'inizio di questo mese è stata che i liberi pensatori nel parlamento inglese hanno proposto nuovi modi per censurare il dibattito sui social media. Una delle ragioni addotte è stata che i legislatori pensano che essi stiano “rimbecillendo i giovani”. Davvero? Non il New York Times, non Paul Krugman, non le scuole pubbliche, non i genitori che lasciano che i loro figli sprechino tempo con i gadget elettronici. Tipico di un impero degenerato in fase avanzata, i politici inglesi sono ansiosi di proteggersi da qualsiasi novità. Un altro schema: nel tempo le élite sono inclini a diventare corrotte e incompetenti (stupide e malvagie). Favoriscono la guerra e l'inflazione, in parte come un modo per impedire al futuro di arrivare e in parte come un modo per continuare a trasferire più ricchezza e potere a sé stessi. L'aumento dell'offerta di guerra e inflazione porta a un calo del loro valore. Alla fine le élite non possono vincere una guerra (ad esempio Vietnam, Iraq, Afghanistan, Ucraina), né controllare l'inflazione.

In teoria, una democrazia dovrebbe risolvere il problema del decadimento al vertice. Gli elettori dovrebbero “buttare fuori gli incompetenti” ed eleggere nuovi leader più vigorosi. Ma dove sono questi nuovi leader? Nelle comunità più piccole la democrazia sembra funzionare, ma, in pratica, in un governo di grandi dimensioni, i partiti politici, l'amministrazione pubblica, la stampa, la City di Londra, i potenti donatori, i lobbisti, gli interessi speciali organizzati e l'industria della potenza di fuoco, tutti si uniscono per bloccare il cambiamento. Si finisce con leader geriatrici e linee di politica disastrose.

Inflazione e guerra, guerra e inflazione, malvagio e stupido, sciocco e furfante. Anche questi sono degli schemi. La Spagna, parte dell'Impero asburgico, fu il primo impero su cui non sarebbe mai tramontato il sole. Aveva le Filippine a est, l'America centrale e meridionale a ovest e in Europa era l'egemone, la nazione indispensabile del suo tempo. Quando i terroristi inglesi iniziarono ad attaccare le navi spagnole, Filippo II decise di intraprendere un'azione energica e risoluta. Il suo era l'impero più grande dell'epoca, con il più grande budget militare del mondo e l'equivalente del XVI secolo di una valuta di riserva. La Spagna riceveva carichi di oro e argento dal Nuovo Mondo, stimolando così l'economia del Vecchio Mondo con denaro appena coniato. Tutto questo vi suona familiare? I lettori più attenti noteranno due temi importanti.

Innanzitutto, l'inflazione. O, più in generale, la malattia olandese... comunemente intesa come il paradosso che si verifica quando la fortuna, ovvero trovare miliardi in oro e argento, trasforma la vostra economia in un caos. Di solito pensiamo all'oro come a una protezione contro l'inflazione; in questo caso, invece, ne fu la causa. In genere l'oro protegge dall'inflazione perché è molto difficile da ottenere: bisogna trovarlo ed estrarlo, e poiché l'oro è quotato sul mercato come tutto il resto, la quantità disponibile come denaro tende ad aumentare in linea con tutto il resto e a un ritmo più o meno pari alla crescita del PIL. Se le scorte scarseggiano, il prezzo dell'oro aumenta e i minatori sono spinti a lavorare di più; se c'è “troppo” oro il suo prezzo tende a scendere e l'attività mineraria non è più redditizia.

Fu solo un furto e un colpo di fortuna che gli spagnoli trovarono tanto oro e argento in superficie nelle mani degli Aztechi e degli Inca e riuscirono a sequestrarlo e a spedirlo in Spagna. L'avventuriero Pizarro catturò il capo Inca, Atahualpa, per esempio. Il conquistador chiese una stanza piena d'oro per il suo rilascio. L'Inca riempì diligentemente la stanza, ma Pizarro lo uccise comunque. Questo aumento della massa monetaria spagnola ebbe un effetto immediato, rese la Spagna ricca, e un effetto secondario, causò un'inflazione che rese la Spagna povera. Essa era ancora ricca nel luglio del 1588, quando la sua grande flotta si radunò e salpò verso nord, verso la Manica. Con 137 navi era destinata a scortare chiatte piene di soldati, cavalli, cibo e armi dalle Fiandre attraverso la Manica per un'invasione dell'Inghilterra. Si trattava più o meno della stessa forza navale che aveva vinto la battaglia di Lepanto nel 1571, una battaglia cruciale dell'Europa cristiana contro gli infedeli del mondo musulmano. E fu combattuta alla vecchia maniera: con spade, coltelli, moschetti e pistole. Questa era la battaglia che l'Armada di Filippo II era pronta a combattere di nuovo.

Il che ci porta al nostro secondo tema: le sorprendenti, e in gran parte sgradite, svolte della guerra. La sorpresa per l'Invincibile Armada fu che gli inglesi non combatterono come gli ottomani, o i romani, o i greci prima di loro. La battaglia di Gravelines non fu solo l'ennesima battaglia di fanteria, basata su piattaforme galleggianti mosse da schiavi delle galee. Inosservati dalla maggior parte del resto del mondo, gli inglesi avevano fatto progressi tecnici: le loro navi erano più piccole, più veloci, ma con meno potenza di fuoco. Si erano già dimostrate efficaci nelle mani di corsari inglesi, come Sir Francis Drake: arrivavano al nemico da sopravvento e questo lasciava la loro preda sguarnita. Invece di lanciare rampini e cercare di abbordare la nave nemica, gli inglesi cercavano di affondarla (o, meglio ancora, abbatterne gli alberi e distruggerne il timone in modo che fosse indifesa). Per prima cosa dispersero la formazione spagnola al largo di Calais inviando brulotti tra le imbarcazioni ormeggiate; gli spagnoli andarono nel panico, tagliarono le ancore e dispersero la flotta. Poi, alla Battaglia di Gravelines, il giorno seguente, le due flotte si fronteggiarono. Gli spagnoli eseguirono la manovra che avevano usato con tanto successo a Lepanto: spararono una volta i loro cannoni e si prepararono ad abbordare le navi nemiche. Potevano sparare solo una volta perché i loro cannoni non erano stati predisposti per essere ricaricati, non nel vivo della battaglia. Gli inglesi, nel frattempo, mantennero le distanze e continuarono a sparare. Quando finirono le munizioni, avevano danneggiato e/o affondato così tante navi dell'Armada che la battaglia era stata effettivamente vinta.

Dopotutto l'Armada era vincibile. Il vento soffiava da sud e diede agli spagnoli una via di fuga verso nord. Le navi sopravvissute, molte in pessime condizioni, cercarono di navigare attorno alla Scozia e all'Irlanda per ricongiungersi alla penisola iberica senza incontrare navi da guerra inglesi. Molte invece si arenarono in Irlanda, dove furono depredate e i marinai uccisi senza pietà. Altri morirono di freddo, fame e malattia. Pochi riuscirono a tornare in Spagna. E mentre la guerra fece i suoi danni, il nuovo denaro ne fece ancora di più: innescò un modello di azioni e reazioni ormai familiare. I conquistadores si impossessarono di enormi nuove quantità di oro e argento e questo aumento della massa monetaria fece aumentare i prezzi in Spagna e Portogallo del 500% nei successivi 150 anni. L'aumento dei prezzi, insieme ai tassi d'interesse più alti, costrinse l'imperatore spagnolo a prendere in prestito sempre più denaro solo per mantenere in attività il suo costoso impero. Il denaro facile rappresentò anche un sostituto per la produzione reale nella penisola iberica: gli spagnoli e i portoghesi avevano denaro, potevano acquistare cose, non avevano bisogno di produrle. “Lascia che siano gli altri a faticare”, potrebbero essersi detti l'un l'altro. “Noi conquistiamo”.

Ma trascurando il proprio commercio e le proprie manifatture, gli spagnoli e i portoghesi esposero il fianco a una “Grande Perdita”. Quando l'Invincibile Armada salpò il flusso di nuovo denaro dalle colonie era già in declino. Dopo la battaglia di Gravelines anche il potere spagnolo affondò e non si riprese mai più. La guerra e l'inflazione li avrebbero condannati a 4 secoli di marginalità e di miseria.


CADUTA

Non crediate nemmeno per un momento che l'impero britannico si fosse disciolto all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. Le mani si erano ritirate, ma i fili restavano ancora attaccati. Nemmeno gli USA stessi erano davvero liberi, ma ancora una colonia. La vera dichiarazione d'indipendenza è arrivata nel marzo 2022, guarda caso un paio di settimane prima scoppiò la guerra tra Russia e Ucraina. Come già detto, guerra e inflazione sono due dei principali protagonisti di un impero in disfacimento.e quello inglese non fa eccezione. Oltre a riciclare quantità enormi di denaro da usare per cercare di sopravvivere ai venti economici contrari (es. debito pubblico, rendimenti decrescenti, ecc.), la guerra serve anche ad abbattere un qualsiasi tipo di opposizione popolare alle decisioni dello stato. I giovani uomini vengono mandati al fronte, cosicché in patria rimangano solo donne e vecchi. Non solo, ma è una questione ormai anche di sopravvivenza finanziaria, si a per Londra che per Bruxelles.

Il paravento della guerra, per quanto costoso, serve anche a giustificare la cosiddetta economia delle emergenze: una situazione “temporanea” infinita in cui gli stati in bancarotta le tentano tutte per rimanere a galla. Uno di questi tentativi significa calpestare lo stato di diritto. Ecco perché, tra gli altri, furono gli inglesi a far saltare il banco dei negoziati di pace in Turchia. Spogliata della sua capacità di intermediare flussi finanziari significativi, la City di Londra si appresta a perdere quell'importanza che aveva avuto finora grazie a liquidità estorta con l'inganno ai danni degli Stati Uniti e del Giappone. Lo stesso vale per Bruxelles. La guerra è l'unico mezzo attraverso il quale i soldi fluiscono ancora in Europa ed ecco anche perché da quest'ultima si sono alzate le grida di maggior dolore quando Johnson, lo speaker della Camera negli Stati Uniti, s'è rifiutato di firmare l'ennesimo pacchetto di aiuti all'Ucraina. La guerra in Ucraina è una polizza di assicurazione contro il fallimento siglata da Londra, oltre a essere un modo per staccare l'Eurasia dall'Europa.

A tal proposito, pensate a cosa è successo due mesi fa, durante le trattative di rinnovo dei titoli di debito dell'Ucraina. Per evitare il default del Paese i maggiori investitori (Pimco, Amundi, Blackrock, fondi pensione inglesi, ecc.) hanno raggiunto un accordo per un haircut delle loro posizioni del 37%. Solo l'Inghilterra s'è esposta per $10 miliardi in aiuti militari, $7 miliardi in aiuti finanziari e s'è fatta garante per diversi prestiti all'Ucraina tramite la Banca Mondiale. Succede, poi, che due giorni dopo Fitch declassa il debito ucraino a “C”. Panico tra i bondholder sopra elencati! Al che, una settimana dopo, il presidente ucraino firma un ordine di sospensione “temporaneo” del pagamento dei debiti della nazione.

Val la pena di sottolineare un altro fatto accaduto a luglio. In un seminario sponsorizzato dalla stessa Banca d'Inghilterra s'è parlato esplicitamente che la stessa potesse ampliare la platea di titoli acquistabili o ammissibili nel mercato pronti contro termine. Non mi sorprenderebbe se tra questi nuovi titoli ammissibili ci fossero anche i bond ucraini. Come se il bilancio della BOE non fosse già sommerso a causa dell'aumento dei tassi dei titoli di stato inglesi (Gilt). Un assaggio di questo tracollo ce l'abbiamo avuto nell'autunno del 2022 quando l'allora governo Truss presentò il cosiddetto “mini budget”. Pollice verso da parte dei mercati e vendita di Gilt sui mercati. Inutile dire che le istituzioni più colpite sono risultati i fondi pensione, i quali hanno dovuto vendere ingenti posizioni obbligazionarie A LEVA per soddisfare le margin call che fioccavano. La BOE è stata costretta a intervenire per apporre una rete di sicurezza sotto la sterlina e sotto i Gilt.

Qui ci sono tutti i presupposti affinché la sterlina subisca un durissimo colpo, nonché il mercato obbligazionario inglese dato il livello di rischio a cui è esposta la Banca d'Inghilterra insieme alla pletora di investitori istituzionali al seguito. Naturalmente non saranno i protagonisti di questa ubriacatura di azzardo morale a pagare per le conseguenze. Sta di fatto, comunque, che con la fine della “FED put”, della “BOJ put” e del LIBOR Inghilterra ed Europa si contendono il primato nell'attuale race to the bottom.


CONCLUSIONE

La Gran Bretagna si sta giocando il tutto per tutto. L'economia è messa male, la situazione sociale interna è molto difficile. Il sistema dell'eurodollaro, che è controllato da Londra, è andato in crisi nel 2008 e non si è più ripreso; ora Washington, o almeno una parte facente capo alla FED, sta rimpatriando la politica monetaria sotto l'egida americana. Non solo, ma con l'indicizzazione dei debiti americani con un tasso di riferimento interno (SOFR), la City di Londra sta nell'effettivo perdendo molto potere finanziario. Nel frattempo i BRICS si stanno allontanando dai vincoli che avevano con l'eurodollaro. Non mi sorprenderebbe se vedessimo un'inversione della Brexit e un riavvicinamento con Bruxelles, soprattutto perché lo scontro con la Russia ormai è esistenziale.

Tutte le micce finanziarie conducono a... Londra.


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giovedì 5 settembre 2024

Decentralizzazione e Bitcoin

 

 

di Emile Phaneuf III

Dalla fine degli anni '80 fino all'inizio degli anni 2000, i cypherpunk, un gruppo di crittografi, matematici, informatici e attivisti, hanno lavorato per costruire quello che chiamavano un “cripto-mondo-anarchico alla John Galt nel cyberspazio”. Questo luogo virtuale sarebbe stato uno in cui individui da tutto il mondo avrebbero potuto comunicare e commerciare, con diritti di proprietà protetti, contratti rispettati e una propria valuta digitale nativa. A questi cypherpunk viene attribuito il merito di aver avuto un coinvolgimento significativo nello sviluppo di progetti come Tor, remailer anonimi, PGP per la crittografia delle e-mail, OTR per la crittografia delle chat, BitTorrent, Wikileaks, il mercato Silk Road e, naturalmente, Bitcoin, sia durante l'esistenza formale del gruppo che in seguito.

Poiché l'esistenza stessa di Bitcoin deriva dall'insieme di idee a cui hanno aderito questi cypherpunk, vale la pena esplorarne le radici anarchiche.

Secondo Timothy C. May, uno dei fondatori del movimento cypherpunk e uno dei membri più influenti, la cripto-anarchia era un concetto che traeva ispirazione dal lavoro dell'economista David D. Friedman, dello scrittore di fantascienza Vernor Vinge e della filosofa Ayn Rand.

Il libro di Friedman, The Machinery of Freedom, pubblicato per la prima volta nel 1973 e giunto ora alla terza edizione, sostiene l'anarco-capitalismo, esplorando il modo in cui varie società nel corso della storia, e a vari livelli, hanno protetto la proprietà, risolto le controversie, fatto rispettare i contratti e fornito difesa senza l'intervento dello stato.

Dall'opera di Vinge, May trasse ispirazione dal racconto True Names. E, a quanto pare, anche Friedman ebbe un impatto sul pensiero di Vinge. In un'intervista quest'ultimo citò The Machinery of Freedom di Friedman come una delle sue fonti di ispirazione, affermando che quel libro gli innescò una profonda “rivoluzione intellettuale interna”.


Le ispirazioni di Friedman per l'anarchia

Da dove veniva l'anarchia di David Friedman? I suoi genitori, Milton e Rose Friedman, non erano certamente anarchici.

In una e-mail a me indirizzata confermava che il romanzo di finzione di Robert Heinlein, The Moon is a Harsh Mistress, è stata un'influenza primaria. In un'intervista sul suo libro Friedman afferma che:

[...] forniva un quadro fittizio di una società in cui la legge e l'applicazione della stessa sono endogene [...] fatte all'interno del sistema [...]. Per quanto ne sapevo, era un quadro internamente coerente [...]. Questo è tutto quello che potevo capire [dalla] lettura, non c'è una ragione particolare per cui non avrebbe dovuto funzionare in quelle circostanze [...]. Una volta che mi sono convinto che era possibile avere una società in cui la legge e l'applicazione della stessa erano interne al sistema di mercato piuttosto che imposte dall'esterno, ciò mi ha portato a interessarmi alla questione di come si potesse avere l'equivalente nel mondo reale.

Friedman sottolinea anche che se avesse avuto maggiori conoscenze di storia e antropologia all'epoca, forse non avrebbe avuto bisogno della narrativa di Heinlein per giungere a queste conclusioni, poiché in seguito scoprì che non mancavano esempi nel mondo reale.

F. A. Hayek è stata un'altra influenza. In una conversazione registrata Friedman sottolinea la “distinzione tra un'organizzazione e un ordine autogenerato”. Lui (Friedman) era incuriosito dall'idea che “un'economia di mercato non ha uno scopo” nel modo in cui lo hanno i club o le aziende. Questo per dire che molti individui, con i loro diversi scopi, potrebbero comunque coordinare i loro piani. Nelle parole di Friedman: “Un insieme di persone che hanno scopi diversi interagiscono e coordinano comunque le loro attività”.

In particolare Friedman dedicò The Machinery of Freedom sia a Heinlein che a Hayek (tra gli altri).


L'influenza di Friedman su May

Timothy May sostenne una società cripto-anarchica già nel 1988 nel suo Crypto Anarchist Manifesto e in seguito menzionò ripetutamente Friedman e The Machinery of Freedom nella mailing list cypherpunk e in altri scritti.

Ma oltre all'anarchia in generale, May avrebbe anche avuto l'opportunità di imbattersi negli scritti di Friedman sul denaro. La seconda edizione del libro di Friedman, The Machinery of Freedom, pubblicato nel 1989 e all'incirca nel periodo in cui i cypherpunk erano appena agli inizi, contiene un capitolo intitolato The Market for Money. Questo capitolo (che cita anche il lavoro dell'economista Lawrence H. White) sostiene che “invece di discutere se lo Stato debba tornare al gold standard, dovremmo invece riflettere se esso debba produrre denaro” e che il denaro lasciato alla sfera del settore privato ​​potrebbe essere concepito in modo che “non si basi sulla saggezza o sulla benevolenza delle persone incaricate di gestirne l'offerta”. Qui vediamo l'idea di Hayek di competizione tra vari tipi di denaro integrata nelle più ampie idee anarchiche di Friedman, che furono rapidamente abbracciate dai cypherpunk.

La passione di May per la cripto-anarchia era condivisa anche da un altro cypherpunk e ingegnere informatico, Wei Dai, il cui saggio del 1998, “b-money”, descriveva come avrebbe potuto funzionare una criptovaluta (e, tra l'altro, era elencato nei riferimenti del whitepaper di Bitcoin di Satoshi Nakamoto). Dai scrisse nel suo saggio che “sono affascinato dalla cripto-anarchia di Tim May”.

Nota a margine: sebbene May si fosse imbattuto nelle idee di Murray Rothbard (un altro pioniere del pensiero anarco-capitalista), non trovo alcun accenno a lui in nessuno dei suoi scritti dell'era cypherpunk. Quindi gli scritti di May sull'anarco-capitalismo, che assumono un nuovo volto come “cripto-anarchia”, chiariscono che Friedman è stata l'influenza primaria.


L'influenza (successiva) di Timothy C. May su Friedman

May notò che Friedman stava iniziando a interessarsi all'accoppiamento di idee tra crittografia e anarchia. Scrisse nella mailing list cypherpunk di come Friedman “si fosse convertito” alla cripto-anarchia e tenne un discorso sull'argomento a Los Angeles.

Friedman dichiarò in una presentazione all'Independent Institute nel 2001 che “la storia di queste idee è che le ho rubate da un gruppo di persone chiamate 'cypherpunk', di cui il principale esponente è Tim May, che ne ha rubate alcune a me [...] e poi io le ho rubate di nuovo a lui”. Friedman ha persino dedicato il suo libro, Future Imperfect, a May (tra gli altri) e, infatti, esso tratta i contributi di Friedman a molte delle stesse idee di cui si occupavano i cypherpunk.


Conclusione

Timothy May immaginò — e alcuni cypherpunk chiave lavorarono per creare — una società digitale (a volte) nascosta (ispirata alle opere di fantasia di Ayn Rand e Vernor Vinge) che sarebbe essenzialmente esistita in uno stato di anarchia (ispirata da David Friedman). Nel contesto del cyberspazio ciò significava che individui da tutto il mondo, con scopi molto diversi, potevano coordinare i loro piani grazie all'interconnettività dei computer, al software open source e alle innovazioni tecnologiche nella crittografia.

Bitcoin stesso è una valuta che potrebbe essere considerata come uno stato di anarchia. È stato progettato, ma la sua governance decentralizzata opera in modo tale che nessuna singola parte (né i miner, né i nodi, né i programmatori, né gli utenti, né gli exchange, né i provider di wallet, né i processori di pagamento) lo possa controllare. Di conseguenza ha regole oggettive che ogni parte deve seguire, ma come protocollo è completamente senza stato.

La lettura di Heinlein permise a Friedman di immaginare una società “in cui la legge e l'applicazione della stessa erano interne al sistema di mercato piuttosto che imposte dall'esterno”, e quando cominciò a scavare, trovò molti esempi concreti nella vita reale.

Oltre alla finzione, ha anche portato l'idea di un “ordine autogenerato” alle sue logiche conclusioni: all'anarchia, più in là di quanto Hayek si sentisse a suo agio a spingerla. Il suo modo creativo di pensare a come gli individui con fini molto diversi potessero coordinare i loro piani è stato determinante nel pensiero dei cypherpunk, le cui idee e il cui lavoro alla fine hanno portato a ciò che ora chiamiamo Bitcoin.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 4 settembre 2024

I mercati tremano mentre il capitale monopolista persegue un colpo di stato attraverso il settore tecnologico

 

 

di Brendan Brown

Si nota una grave omissione nell’elenco dei sospetti responsabili del terremoto di inizio agosto nei mercati globali: il cosiddetto “capitale monopolistico” capace di stimolare un cambiamento tecnologico significativo ed eludere il potenziale controllo benevolo da parte della proverbiale mano invisibile del libero mercato.

Nel valutare l’accusa contro il capitale monopolistico, è importante il concetto di rivoluzione e la sua differenziazione da un colpo di stato. La rivoluzione inizia dal basso in mezzo a un’ondata di nuove idee e azioni individuali; il suo continuo progresso significa, ad un certo punto, un ribaltamento dello status quo. Un colpo di stato, al contrario, descrive un cambiamento di sistema determinato da un complotto da parte di un gruppo all’interno delle attuali élite.

La distinzione è forse più evidente nel caso della politica. Ryan McMaken ha sottolineato come la “Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia”, in cui i bolscevichi presero il potere, fu un colpo di stato e non una rivoluzione. Possiamo estendere il concetto anche al cambiamento tecnologico.

Le grandi rivoluzioni tecnologiche dei tempi moderni, forse già dalla stampa fino alla digitalizzazione, sono tutte iniziate dal basso. Nella fase iniziale hanno incluso una grande partecipazione di innovatori che erano in concorrenza in tutte le fasi, dalla progettazione di base alle applicazioni finali. Anche la concorrenza con la tecnologia pre-rivoluzionaria rimaneva feroce: una serie di concorrenti che utilizzavano le tecnologie precedenti dei beni strumentali esercitavano un freno all’adozione precipitosa e dispendiosa di nuove tecnologie ancora non sperimentate e sottosviluppate, operando audaci tagli dei prezzi in modo da salvare parte dei rendimenti nonostante l’obsolescenza.

Prendiamo in considerazione l’alternativa a tale rivoluzione dal basso: il cambiamento tecnologico guidato dall’alto, sebbene con innovazioni ancora spontanee in alcune aree di applicazione. I monopolisti, gli oligopolisti, o i governi sono quindi responsabili del processo di introduzione di nuove tecnologie, il che significa un colpo di stato piuttosto che una rivoluzione. Il processo presenta rischi particolari, come vedremo nel caso presente dell’Intelligenza Artificiale (IA).

Le grandi aziende tecnologiche esistenti che controllano già le piattaforme gateway per Internet stanno giocando un ruolo chiave sia nelle innovazioni tecniche (sviluppando i modelli linguistici), sia nell’impiego di ingenti capitali per implementarle. La spesa di sole 5 grandi aziende tecnologiche – Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Microsoft – per l’intelligenza artificiale è stata pari a $60 miliardi nel secondo trimestre del 2024, in aumento del 65% rispetto all’anno precedente.

I commentatori sottolineano l’importanza della FOMO (paura di perdere qualcosa): gli attuali monopolisti temono l’erosione dei profitti da parte dei nuovi entranti nel settore tecnologico se non agiscono per primi, salvaguardando le “kill zone” attorno ai loro prodotti e servizi esistenti. Sì, ci sono molti unicorni tra le start-up che cercano di applicare l’intelligenza artificiale, ma questo è molto più a valle nel processo di cambiamento tecnologico e non rappresenta una minaccia per il profitto dei monopolisti tecnologici. Infatti è vero il contrario, data la probabile struttura delle tariffe di monopolio per l’accesso agli input chiave.

I commentatori e anche i grandi economisti si sono esposti all’accusa di ossequiosa acquiescenza di fronte al cambiamento tecnologico, qualunque sia la sua forma. Alcuni hanno lodato il ruolo del potere monopolistico nell’accelerare il processo. Possiamo risalire alla conversione di Schumpeter, a differenza dei suoi primi scritti, quando disse che il potere monopolistico temporaneo è benefico nell'intensificare il processo di distruzione creativa e il cambiamento tecnologico.

L’ossequiosità evidente negli atteggiamenti sociali nei confronti di coloro che guidano il cambiamento tecnologico, anche se brutto sotto tutti gli aspetti chiave, può essere spiegato dalla percezione che la rivoluzione tecnologica sia intrinseca al modo in cui il capitalismo costruisce la prosperità nel tempo. Conosciamo tutti quei grafici che mostrano l'esplosione della crescita economica negli ultimi duecento anni e che accompagnano il nuovo fenomeno delle ondate di cambiamento tecnologico.

Tuttavia tutto ciò non vuol dire che le rivoluzioni più grandi e rapide siano sempre una cosa buona. La mano invisibile del mercato influenza il ritmo e la portata del cambiamento tecnologico in modo da massimizzare il possibile tenore di vita nel tempo, ma questo non significa né addentrarsi troppo velocemente nella foresta dell’ignoto piuttosto che trarre vantaggio dal passare del tempo per conoscere gli aspetti negativi, né abbandonare le tecnologie precedenti che significano l’immediata obsolescenza del capitale sociale preesistente. Non vi è alcuna garanzia che in ogni occasione la mano invisibile riuscirà in questaa missione – ma per quanto riguarda la democrazia possiamo dire che rappresenta una proposta migliore rispetto alle alternative.

L’evidenza empirica a favore di condizioni non competitive che stimolano il cambiamento tecnologico è, nella migliore delle ipotesi, ambigua. Inoltre dovremmo diffidare degli economisti che affermano come una tautologia che un progresso tecnologico più rapido è sempre meglio di un progresso tecnologico più lento. La mano invisibile dovrebbe frenare oltre che incentivare, le forze di mercato determinano il ritmo del cambiamento tecnologico, inclusa l’applicazione in modo altamente decentralizzato (non tra una cabala di oligopolisti) di una vasta gamma di attività economiche a livello aziendale.

Anche in presenza di una moneta sana/onesta e mercati altamente competitivi è possibile che la mano invisibile prenda il sopravvento su gravi errori nel percorso del cambiamento tecnologico. Ovviamente all’inizio tutti potrebbero non riuscire a prevedere gli intoppi e i grandi costi che ne conseguirebbero. E i guardrail del capitalismo del libero mercato potrebbero cedere nel contesto della nuova tecnologia, consentendo la formazione di potenti monopoli e il verificarsi di molti illeciti, soprattutto per quanto riguarda il calpestio dei diritti di proprietà preesistenti (inclusa la proprietà di informazioni private).

Illustriamo queste preoccupazioni parlando della rivoluzione informatica, iniziata negli anni '90 e in condizioni inizialmente altamente competitive, ma quasi continuamente in condizioni di inflazione monetaria. Non è plausibile che la portata della vulnerabilità del nuovo software ai virus  fosse evidente nei primi anni – o l’entità delle risorse che dovevano essere impiegate nella difesa e le possibili inadeguatezze. Tuttavia una volta che la reale entità dei costi diventa evidente, non si può tornare indietro.

L’inflazione monetaria ha paralizzato, o distorto seriamente, la mano invisibile. Una caratteristica dell’inflazione dei prezzi degli asset è la ricerca di rendite. Soprattutto in un contesto di tassi d'interesse molto bassi, gli investitori rimangono estasiati dalla possibilità che emerga un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine; le aziende che promettono questo come parte della loro narrativa speculativa godono di un premio. La portata del monopolio nella rivoluzione informatica è nota: effetti di rete e creazione di piattaforme gateway. E la persistente inflazione dei prezzi degli asset ha favorito la crescita del capitale monopolistico. Gli investitori affamati di rendimenti hanno messo in palio grandi premi sul capitale delle imprese per raggiungere un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine.

Negli ultimi anni, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, i capitalisti monopolisti hanno acquisito nuove possibilità per pianificare un colpo di stato tecnologico. Una rivelazione sulla portata della malevolenza è ora evidente nella disputa legale tra Elon Musk, come co-fondatore e finanziatore chiave originale di Open AI, e il suo amministratore delegato Sam Altman. Musk accusa Altman di aver sostenuto ingannevolmente che Open AI fosse un istituto di ricerca senza scopo di lucro e non un'impresa che successivamente sarebbe stata ceduta a Microsoft.

Non è plausibile che i colpi di stato guidati dai monopoli portino a un ritmo ottimale di progresso tecnologico che invece potrebbe emergere con una moneta sana/onesta e un capitalismo competitivo. Sul mercato ha regnato un ottimismo estremo riguardo ai potenziali profitti di monopolio (in questo esempio tramite Chat GPT) derivanti da tali “complotti tra oligopolisti” – da qui tutto il brusio sui magnifici sette e sulla produttività che ci aspetta.

Il pessimismo però può scoppiare all’improvviso, come abbiamo visto all’inizio di agosto. Il bambino disinformato può gridare che l'imperatore è nudo. Quale sarà il ritorno di quelle decine di miliardi di investimenti effettuati dai monopolisti sull’intelligenza artificiale? Tali dubbi si moltiplicherebbero se l’inflazione monetaria stesse effettivamente perdendo forza, forse perché il ritmo dei prezzi degli asset non è più al ribasso dato che le condizioni di offerta si sono generalmente normalizzate a due o tre anni dalla pandemia. Le autorità monetarie dovranno lavorare di più (in termini di esercizio della restrizione monetaria) per raggiungere il loro obiettivo di inflazione al 2% rispetto a quanto avvenuto nel periodo 2023-2024.

In conclusione: il cambiamento tecnologico legato all’intelligenza artificiale si sta verificando sotto il controllo dei monopolisti che governano le grandi piattaforme gateway e ha le caratteristiche di un colpo di stato piuttosto che di una rivoluzione. Il colpo di stato è stato caratterizzato da un’ondata di enormi spese da parte delle Big Tech. Di recente è emersa la preoccupazione che ciò sia andato ben oltre ciò che può produrre buoni rendimenti in futuro, quindi si prospetta una notevole instabilità finanziaria e un brusco risveglio economico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 3 settembre 2024

Il populismo supera il merkelismo in Sassonia e Turingia

 

 

di Tom Luongo

Quasi altrettanto importanti delle elezioni presidenziali americane di quest'anno sono le elezioni statali in Germania questo mese. Tutti gli stati che sono andati, o andranno, alle urne sono roccaforti del partito outsider anti-globalista Alternativa per la Germania (AfD).

Ma perché le elezioni statali nell'ex-Germania dell'Est sarebbero così importanti?

Non perché il populismo sia popolare, anche se questa è una cosa positiva in assoluto.

C'è molto di più in gioco qui di quanto non sembri a prima vista, a causa dei capricci della costituzione tedesca. Ci arriverò tra un minuto.

Ieri gli elettori della Sassonia e della Turingia hanno quasi scatenato il panico nella coalizione tedesca al potere, rischiando di farla crollare dato che hanno votato in massa per l'AfD.

Il problema è che non è stato abbastanza per causare un terremoto politico. Sembra che la campagna di demonizzazione dell'Afd sia stata abbastanza efficace da preservare lo status quo politico in Germania, almeno per un altro po' di tempo ancora, sebbene ciò significhi coalizioni instabili in Sassonia e Turingia.

Il Brandeburgo è alle porte il 22 e anche lì le cose si mettono male per il governo Scholz a Berlino.

L'establishment politico tedesco, in gran parte affiliato alla cricca di Davos, sapeva che l'AfD avrebbe fatto bene in queste elezioni. I risultati precedenti e le macchinazioni nel 2019 erano necessari per tenerla fuori dal governo in Turingia. L'AfD si aspettava di vincere, e ha vinto, lì, mentre in Sassonia si sarebbe trattato dell'affluenza alle urne per decidere se avrebbe battuto l'Unione Cristiano-Democratica (CDU).

Hanno fallito per un solo punto, nonostante un'affluenza alle urne molto alta, superiore al 73%.

Per tutto il 2024 è stato creato uno scandalo dietro l'altro per depistare gli elettori, aumentando la retorica della cosiddetta “estrema destra” mentre si tirava fuori ogni tipo di bufala sui loro piani di deportare tutti e linciare gli immigrati.

Se pensate che la retorica dei Democratici che circonda Project 2025 e Der Trumpenfuhrer qui negli USA sia esagerata, allora non avete letto la stampa tedesca. È gemella di quella britannica nel suo tenue rapporto con qualsiasi cosa che possa assomigliare alla verità.

Da dieci anni ormai c'è un cordone sanitario attorno all'AfD, con tutti gli altri partiti che si rifiutano di formare coalizioni con esso. Gli obiettivi dell'AfD questa volta erano meno ambiziosi della vittoria delle elezioni ed è un bene per la costruzione del partito stesso e per il futuro, ma purtroppo il futuro dell'Europa è adesso.

Senza una maggioranza assoluta non riuscirebbe mai a prendere il potere e la sua dirigenza non si faceva illusioni che le cose sarebbero cambiate se ci fosse riuscito.


L’eredità della Merkel – La tripletta di veti del globalismo

Per comprendere la situazione attuale bisogna tornare al ciclo elettorale 2017-19, quando l'allora cancelliera Angela Merkel fece di tutto per congelare l'AfD e consegnare una maggioranza effettiva nella camera alta tedesca, il Bundesrat, al Partito Verde.

Il Bundesrat ha attualmente 69 seggi ed è composto da ciascuno degli stati della Germania. I seggi sono ripartiti in base alla popolazione di ogni stato, con i partiti in ogni governo statale che ottengono rappresentanza nel caucus di quello stato.

L'AfD ha ottenuto il 24% dei voti rispetto al 2019, ma se gli altri partiti riescono a mettere insieme una coalizione del 51% dei seggi nel parlamento della Turingia, formano un governo. Di conseguenza i 4 seggi della Turingia nel Bundesrat verrebbero distribuiti a ciascun partito in quella coalizione. In questo caso si tratta dei comunisti di Die Linke, i Verdi (e globalisti) e la CDU di centro-destra ma ugualmente globalista.

Ma ecco il punto cruciale e la chiave per capire perché questa volta il successo dell'AfD non è sufficiente: gli stati membri del Bundesrat votano in blocco. Ripeto: gli stati membri del Bundesrat votano in blocco.

Ciò significa che se i Verdi controllano un seggio nel governo di uno stato, possono porre e porranno il veto su qualsiasi cosa con cui non sono d'accordo. Lo stesso vale per qualsiasi partito con una maggioranza nei caucus statali e, arrivando alle elezioni di ieri, i Verdi controllano 44 dei 69 seggi nel Bundesrat; i socialdemocratici (SPD) del cancelliere Olaf Scholz ne controllano 42 e l'altro partito con potere di veto è la CDU (43 seggi).

Questi tre stati rappresentano 12 seggi e un'eliminazione dei Verdi in queste tre elezioni eliminerebbe altresì il loro potere di veto. Lo stesso accadrebbe per la SPD. Vi ricordo che sono i due partiti principali nel governo nazionale.

Facciamo un po' di calcoli sulla coalizione.

Dopo i risultati di ieri i Verdi sono fuori in Turingia, ottenendo meno del 5%. Sono riusciti a spuntarla (mi chiedo come?!) in Sassonia con il 5,1%. La SPD è stata massacrata, ma ha ancora una possibilità di essere inclusa in entrambi i governi (si vedano i risultati della Sassonia qui sotto).

Non esiste una coalizione praticabile in Turingia senza l'AfD, a meno che il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) e Die Linke (DL) non facciano squadra con la CDU (47 seggi su 88). Una coalizione DL/CDU/SPD non raggiungerebbe la maggioranza per 4 seggi.

Ma se i populisti di sinistra e di destra scoprissero di avere più cose in comune che no e comprendessero il quadro generale, allora AfD/BSW sarebbe la scelta naturale. Ciò sottrarrebbe 4 seggi sia ai Verdi (40 seggi) che alla SPD (38 seggi). Tuttavia dubito che ciò sia possibile. La CDU romperebbe con l'establishment, anche solo per ammettere che il merkelismo è un fallimento.

Ma se l'obiettivo principale è ripristinare le origini della sovranità tedesca, qualunque cosa riescano a mettere insieme in Turingia non ha importanza, perché i Verdi sono fuori.

Non aspettatevi una soluzione a questo problema prima delle elezioni nel Brandeburgo, dato che il vero problema qui è la Sassonia.

Dovreste aspettarvi che la CDU faccia quello che gli viene detto dalla cricca di Davos e formino qualsiasi coalizione debbano fare. Ma con la notizia odierna che la Volkswagen sta chiudendo una fabbrica importante nel Paese, la CDU è in un vero e proprio pasticcio politico. C'è aria di cambiamento?

Il problema è che ha bisogno di 61 seggi. CDU/Verdi/SPD sono 58 seggi e aggiungendo DL arrivano a 64 seggi. È Die Linke, quindi, l'ago della bilancia? Forse.

La coalizione più pulita sarebbe quella formata da CDU/BSW/SPD, con BSW che tiene in ostaggio il veto della SPD.

A causa di alcuni imbrogli post-elettorali, l'AfD non è riuscita ad ottenere i 41 seggi necessari per bloccare le nomine governative che richiedevano una maggioranza dei 2/3.

Con più di un terzo dei seggi l'AfD avrebbe potuto bloccare tutte le decisioni che richiedevano una maggioranza dei due terzi. Ad esempio, i giudici costituzionali vengono eletti dal parlamento con una maggioranza dei due terzi. Il partito aveva annunciato l'intenzione di utilizzare questo mezzo il più spesso possibile per “influenzare il governo”.

Inoltre AfD/BSW non ha una maggioranza (55 seggi) come in Turingia. E a meno che la leadership di DL non sia pronta a saltare sul carrozzone populista, il che è improbabile dato che BSW è letteralmente una costola di DL, allora non c'è una coalizione praticabile per AfD in modo da escludere i partiti maggiori.

Mi aspetto che la pressione esercitata dalla leadership della CDU per costringere la SPD e i Verdi a entrare nel governo sarà epocale, simile a quella messa in atto dalla Merkel nel 2019, perché se questi due partiti escono, la SPD perde il suo diritto di veto (34 voti nel Bundesrat) e i Verdi sono sull'orlo dello stesso esito tra tre settimane nel Brandeburgo (ora scesi a 36).

Se la SPD e la CDU sono intenzionate a porre fine al merkelismo e al caos da lei lasciato, allora possiamo aspettarci che, dopo alcune trattative, si formi una coalizione CDU/SPD/BSW, ma non prima delle elezioni del 22 nel Brandeburgo.

Se questi risultati dei sondaggi saranno confermati, è probabile un altro scontro tra CDU/SPD/BSW, indipendentemente dal fatto che i Verdi riescano a spuntarla con un leggero vantaggio del 5%.

In tutti questi esiti Sahra Wagenknecht continuerà a rappresentare l'ago della bilancia e la sua separazione da Die Linke ha rappresentato un punto di svolta nella politica elettorale tedesca.

A quel punto la SPD sarà indebolita ma con ancora il suo veto intatto; i Verdi non riusciranno a raggiungere la soglia dei 35 voti, scendendo a 32 seggi nel Bundesrat; Olaf Scholz avrà mantenuto il potere e superato una grande tempesta politica; la CDU si rafforzerà e l'AfD potrebbe entrare nella camera alta tedesca con 4 seggi sotto il suo controllo.


TL;DR – Ruota tutto attorno al mercato obbligazionario sovrano

Alla fine il successo dell'AfD ha aperto le porte alla fine dell'eredità di Angela Merkel. Se l'attuale governo di Berlino sopravviverà o meno è un altro discorso per un altro giorno. È anche un tema su cui non credo di essere qualificato per commentare.

Quello che posso dire, però, è che nulla di ciò che accadrà in Germania metterà a repentaglio il mercato dei Bund tedeschi, la chiave per mantenere intatta l'UE stessa nella sua forma attuale. I mercati non hanno reagito ai titoli istrionici della stampa sulla vittoria dei nasisti nella Germania dell'Est, quindi è ovvio che non considerano l'AfD come un problema.

I Verdi hanno ormai esaurito le forze, dopo essere stati duramente rimproverati dall'elettorato per aver condotto il Paese alla deindustrializzazione, ai disordini sociali e alla guerra in Ucraina.

Ora la CDU e la SPD possono tornare a servire i loro veri padroni, i giganti industriali tedeschi, ed è quello che credo stia realmente guidando questi cambiamenti. Sono stati i più grandi perdenti in questo epilogo del merkelismo.

E Christine Lagarde, che ha speso miliardi di dollari per cercare di sopprimere i rendimenti obbligazionari europei, sarà costretta a non dire nulla e a non fare nulla. Sebbene possa sembrare che l'AfD stia ricevendo un colpo basso, e in realtà è così, ha anche aperto la porta a un cambiamento di direzione per la Germania, uno che la allontana dalla bancarotta e dal crollo.

Se stamattina fossi Alice Weidel alla sede centrale dell'AfD, accetterei la vittoria e proverei a costruire ponti.

C'è ancora la forte possibilità che la CDU si turi il naso e lavori con lei in Turingia, ma solo dopo che Sassonia e Brandeburgo saranno risolti. Se ciò accadrà, possiamo supporre che la politica estera e interna tedesca si allontaneranno rapidamente da ciò che la Commissione UE sta chiedendo a gran voce a Bruxelles: più guerra, più integrazione fiscale/politica e più riciclaggio di denaro per tutte le loro cattive scommesse.

E sospetto che adesso ci siano molte persone infelici nella City di Londra, ma questo sarà il tema di un altro articolo.

E se pensate che io stia esagerando nelle mie conclusioni, allora questa notizia sull'UE che importa più gas dalla Russia che dagli USA per la prima volta dall'inizio della guerra in Ucraina dovrebbe permettervi di riflettere meglio. La Germania ha bisogno di energia a basso costo per voltare pagina, e chi pensate che sia veramente responsabile per far sì che ciò accada? E chi pensate che ci fosse dietro il suo suicidio?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 2 settembre 2024

Le persone con vite prive di significato cercano potere sugli altri

 

 

di Barry Brownstein

Uno dei miei scambi più memorabili con uno studente è avvenuto durante una lezione sui principi di economia. Parte del compito di quella settimana riguardava i capitoli di The Rational Optimist di Matt Ridley. Quest'ultimo paragonò gli standard di vita di un lavoratore medio oggi con quelli del Re Sole, Luigi XIV, nel 1700 e alcuni dei miei studenti più antistorici erano increduli davanti alla descrizione della povertà opprimente della persona media.

Il re aveva uno stile di vita opulento rispetto ad altri: aveva ben 498 lavoratori che preparavano ciascuno dei suoi pasti, ciononostante il suo tenore di vita era ancora una frazione di quello che sperimentiamo oggi.

Ridley delineava i miracoli della specializzazione e dello scambio nel nostro tempo: una cornucopia quotidiana al supermercato, comunicazioni e trasporti moderni, abbigliamento per tutti i gusti. Se togliamo i nostri paraocchi e vediamo quante persone ci forniscono servizi abbiamo “molti più dei 498 servitori a nostra completa disposizione”.

Poi avvenne il memorabile scambio: uno studente disse che avrebbe preferito vivere nel 1700 se avesse avuto più soldi e potere sugli altri. La mia prima reazione fu divertita, pensavo che lo studente stesse esercitando le sue abilità di umorismo. Invece no, per lui avere potere era un attributo di una vita con un significato.

Se solo la mentalità del mio studente fosse un'aberrazione...

Durante il regno di Luigi XIV il matematico e filosofo francese Blaise Pascal diagnosticò il motivo di una certa brama di potere. Nei suoi Pensieri Pascal scrisse: “Ho detto spesso che l'unica causa dell'infelicità dell'uomo è che non sa stare tranquillo nella sua stanza”. Spiegò anche che dall’incapacità di stare seduti da soli nasce la tendenza umana a cercare il potere come diversivo.

Pascal ci chiede di immaginare un re con “tutte le benedizioni di cui potreste essere dotati”. Un re se non ha “distrazioni”, “mediterà e rifletterà su ciò che è”. L’ipotetico re sarà infelice perché “è destinato a pensare a tutte le minacce che lo attendono, alle possibili rivolte, infine alla morte e alla malattia”.

“Ciò che la gente vuole non è la vita facile e pacifica che ci permette di pensare alla nostra infelice condizione. Ecco perché la guerra e le alte cariche sono così popolari”.

Pascal sosteneva che gli individui cercano di essere “distratti dal pensare a ciò che sono”. Direi che una scelta migliore di parole è cosa fanno di sé stessi.

Lascerò che sia il lettore a determinare a quanti politici moderni si applicano le idee di Pascal. Grazie alle sue intuizioni possiamo comprendere perché il conflitto è una caratteristica della politica e non un problema.

Pascal non risparmiò i sentimenti di nessuno. Alcuni “cercano distrazioni e occupazioni esterne e questo è il risultato del loro costante senso di miseria”. Per loro “il riposo risulta intollerabile a causa della noia che produce. [Loro] devono allontanarsene e bramare l’eccitazione”.

Una persona in grado di esercitare il potere coercitivo può usare la propria mente “miserabile” e moralmente non sviluppata per creare miseria infinita per gli altri perché l’esercizio del potere la distrae dai suoi fallimenti come essere umano.

Molti dei Padri fondatori dell'America avevano un'istruzione classica e comprendevano i pericoli del potere. John Adams scrisse: “Il pericolo può arrivare da qualsiasi essere umano. L’unica massima di un governo libero dovrebbe essere quella di non fidarsi di nessun essere umano che vive per il potere e che quindi può mettere in pericolo la libertà di tutti”.

Possiamo superare il nostro “senso di miseria” e il bisogno di “eccitazione” non attraverso i mezzi perversi della ricerca del potere, ma dando significato alla nostra vita.

Viktor Frankl, l'autore di Man's Search for Meaning, capì l'importanza di avere una vita con un significato e quanto sia dannoso quando tale spinta viene contrastata. Sottolineò quanto sia facile “disperarsi per l’apparente insensatezza della propria vita”.

Non c’è da stupirsi se coloro che sono insoddisfatti desiderino essere distolti da ciò che hanno fatto della loro vita. Ciò che Frankl scrisse è coerente con Pascal: “A volte la volontà frustrata è indirettamente compensata dalla volontà di potere”.

Frankl aggiunse: “In altri casi, il posto della volontà frustrata viene preso dalla volontà di piacere”. Allo stesso modo Pascal scrisse: “La gioia principale di essere un re è essere circondato da persone che cercano continuamente di distrarlo e di procurargli ogni tipo di piacere [...] e di impedirgli di pensare a sé stesso”. Pascal e Frankl capirebbero perché qualcuno dovrebbe prendere il telefono ogni tot. minuti: il comportamento disadattivo è un tentativo di grattare un prurito esistenziale.

Frankl capì anche perché le persone sarebbero diventate seguaci di leader autoritari. I movimenti di massa attirano seguaci che non riescono a dare un significato alle loro vite e lo prendono in prestito da un dittatore.

Tra i modi in cui Frankl credeva che potessimo dare un significato alle nostre vite c'erano azioni mirate, sforzi creativi e amore per gli altri. L’attività imprenditoriale – la ricerca di nuovi modi per soddisfare i bisogni più urgenti dei consumatori – è un terreno fertile. Sebbene il capitalismo sia un meccanismo per creare un significato, anche il termine stesso è ripugnante per alcuni e quindi non riescono ad avvalersi delle sue opportunità.

Frankl scrisse: “Sempre più persone oggi hanno i mezzi per vivere, ma non hanno alcun significato per cui vivere”.

Per troppo tempo abbiamo sognato un sogno dal quale ora ci stiamo svegliando: se solo miglioressimo la situazione socioeconomica delle persone, tutto andrà bene, le persone saranno felici. La verità è che quando la lotta per la sopravvivenza si è attenuata, è emersa una domanda: sopravvivere per cosa?

Frankl definì l’assenza di significato un “vuoto esistenziale” e ci avvertì che “sta aumentando e diffondendosi al punto che, in verità, può essere chiamata una nevrosi di massa”.

Ciò che Frankl osservò la potremmo chiamare una crisi del nostro tempo. Molte persone credono senza motivo di essere vittime e gli esperti le incoraggiano a pensare in questo modo. Frankl aveva una definizione anche per questo: “fatalismo nevrotico”.

Il fatalismo nevrotico nasconde un fatto fondamentale della vita umana: le persone che danno un significato alla propria vita non cercano la “libertà dalle condizioni”, ma si rendono conto di avere la “libertà di prendere posizione nei confronti delle condizioni”.

Il re autoritario di Pacal, o molti dei politici di oggi, non hanno alcun significato nella loro vita ma ne trovano uno falso esercitando potere sugli altri, scatenando guerre, emanando editti, punendo i nemici, ecc. Allo stesso modo coloro che sono impegnati nell'esecuzione degli ordini vivono vite prive di significato, prendendolo in prestito da coloro che li guidano. Questo ciclo non virtuoso è una minaccia per la libertà. Se invece fosse virtuoso non ci sarebbe richiesta di leader che impongono la propria volontà sugli altri.

Allora dove ci porta tutto questo? Siamo disposti a dare un significato alla nostra vita prendendo posizione nei confronti delle condizioni e delle sfide che affrontiamo?

L'imperativo di Frankl è rispondere alla chiamata di ciò che la vita ci chiede. Le sue esperienze gli insegnarono che “non importa cosa ci aspettiamo dalla vita, ma piuttosto cosa essa si aspetta da noi”.

Le persone cercheranno il potere, ma finiranno per dipendere dai seguaci. Le persone che danno un significato alla propria vita sono immuni al richiamo di questa sirena.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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