venerdì 5 giugno 2015

Nel mondo delle fallacie c'è posto anche per Sraffa

Le supposizioni alla base dell'attuale professione economiche sono semplicemente usate per scimmiottare le scienze naturali. Presupporre come fanno molti economisti mainstream di poter "domare" l'incertezza del mercato attraverso la matematica e la statistica è qualcosa di veramente assurdo. In questo modo, o per meglio dire, in un mondo in cui è possibile predire con un relativo margine di sicurezza l'andamento futuro di grandi aggregati di attori di mercato, la tesi dell'interventismo per "aggiustare" le cose non solo diventa sensata, ma viene anche premiata qualora qualcuno riesca a "dimostrare" di poter effettivamente creare un futuro certo. Nel corso del tempo, varie figure accademiche hanno fatto sfoggio di queste tecniche divinatorie. Uno dei più famosi è stato Joseph Stiglitz, dove ammettendo il fallimento dei mercati (senza fornire spiegazioni adeguate e coerenti) incoraggia l'intervento nell'economia da parte dello stato al fine di "aggiustare le cose". Un altro è Amartya Sen. L'elenco di nomi sarebbe lungo, quindi mi limito a citare solo coloro che hanno ricevuto un premio formale decisamente conosciuto. Supporre una tesi infondata e poi infarcirla di equazioni matematiche, non rappresenta affatto la realtà delle cose. E' per questo motivo che Mises scrisse L'Azione Umana. In tale manoscritto si spiegava il perché i mercati "fallissero", indagando le cause senza saltare subito alle soluzioni. Se non si capiscono le cause di un fenomeno, è possibile confonderne gli effetti. Sen e Stiglitz confondono cause ed effetti. Avrebbero dovuto leggere Discovery and the Capitalist Process di Israel Kirzner e Knowledge and Decisions di Thomas Sowell, quest'ultimo infatti è un testo che si avvicina più di tutti a formulare una teoria generale sulle asimmetrie informative nei mercati. Invece si rintanano in castelli costruiti su distorsioni semantiche e quantità infinitesimali di numeri. Provate a chiedere a tipi come Sen o Stiglitz di partire da supposizioni reali, e in men che non si dica saranno costretti ad usare le parole. Il che significa che perderebbero tutto il loro alone di scientificità e presunta autorevolezza.
___________________________________________________________________________________


di Robert P. Murphy


Se avete letto la storia del pensiero economico del XX secolo, potreste imbattervi nelle opere di Piero Sraffa, in particolare il suo curioso volume, Production of Commodities by Means of Commodities: Prelude to a Critique of Economic Theory (Cambridge: Cambridge University Press, 1960). Anche se questo libro è stato determinante nelle cosiddette polemiche di Cambridge,[1] il suo metodo non ortodosso lo rende incomprensibile anche agli occhi degli economisti professionisti.

Nel presente articolo cercherò di riassumere i temi principali di Sraffa e quindi offrire una critica dal punto di vista Austriaco. Il suo lavoro è stato a lungo citato da leader sindacali e socialisti di tutti i tipi, per mostrare che i sindacati possono aumentare artificialmente i salari reali e che la banca centrale può abbassare il tasso d'interesse senza effetti reali sulla produzione; ridistribuirebbe solo la proprietà della produzione netta in ciascun periodo. Si scopre che Sraffa può raggiungere tali risultati solo con l'eliminazione degli individui e le loro preferenze soggettive dal suo modello.



Approccio Macro vs. Approccio Marginale

Come suggerisce il sottotitolo del libro di Sraffa, secondo lui il suo lavoro serve a costituire la base per un'alternativa alla teoria economica ortodossa così come si è sviluppata dopo la rivoluzione marginale del 1870. Come spiega Sraffa nella sua Prefazione:

Una caratteristica peculiare di una serie di proposizioni ora pubblicate, sebbene non rientrino in nessuna discussione sulla teoria marginale del valore e sulla distribuzione, è quella di fungere da base per una critica a questa teoria. Se tale base è solida, la critica può perdurare nel tempo, usata sia da questo scrittore sia da qualcuno più giovane e meglio attrezzato. (vi)

Come vedremo, il libro di Sraffa ci offre un metodo alternativo per calcolare i prezzi d'equilibrio, i salari e i tassi d'interesse di economie ipotetiche. Piuttosto che indicare il prezzo d'equilibrio di una macchina in base al suo prodotto marginale, Sraffa invece fa un passo indietro e visualizza l'intera economia come un sistema interconnesso di vari processi di produzione. Secondo Sraffa, l'approccio marginale è carente perché incoraggia un punto di vista economico miope, il quale tende a focalizzarsi su un bene in particolare bene; mentre invece un approccio migliore (a giudizio di Sraffa) riconoscerebbe la verità lapalissiana che le merci vengono utilizzate non solo per soddisfare gli scopi dei consumatori, ma anche per produrre altre merci. Per spiegare il metodo di Sraffa, è meglio fare ricorso ad alcuni esempi concreti.



Produzione per la Sussistenza

Nel caso più semplice, Sraffa immagina "una società estremamente semplice che produce quanto basta per sostenersi. Le merci sono prodotte da settori separati e sono scambiate dopo il raccolto" (3). Sraffa continua:

Supponiamo che in un primo momento vengano prodotte solo due tipi di merci, grano e ferro. Entrambi sono utilizzati per il sostentamento di coloro che lavorano e come mezzi di produzione (es. sementi e utensili). Supponiamo che 280 quarti di grano e 12 tonnellate di ferro vengano utilizzati per produrre 400 quarti di grano; mentre 120 quarti di grano e 8 tonnellate di ferro vengano utilizzati per produrre 20 tonnellate di ferro. Le operazioni di un anno possono essere tabulate come segue:

280 qr. grano + 12 t. ferro ---> 400 qr. grano
120 qr. grano + 8 t. ferro ---> 20 t. ferro

Si noti che Sraffa ha scelto i suoi numeri in modo che in ogni periodo la società produca grano e ferro appena sufficiente per rifornire le quantità utilizzate nella produzione. Nello specifico, 280 + 120 = 400 quarti di grano, sono usati nella produzione di grano e ferro; 400 quarti di grano sono esattamente ciò che viene prodotto nel primo settore. Analogamente, 12 + 8 = 20 tonnellate di ferro, sono usati nella produzione di grano e ferro; e ciò è esattamente la quantità prodotta nel secondo settore. Pertanto questa società può continuare all'infinito con questa tecnologia e queste dotazioni di risorse, perché in ogni periodo riproduce esattamente quello che utilizza nella produzione.

In un mondo del genere, fa notare Sraffa: "C'è un unico insieme di valori che se adottato dal mercato, ripristina la distribuzione originale dei prodotti e rende possibile il ripetersi del processo stesso; tali valori scaturiscono direttamente dai metodi di produzione" (3). E' qui che Sraffa si distacca dalla teoria marginale del valore. Anche se ci siamo concentrati esclusivamente su dati aggregati, piuttosto che sull'utilità marginale, o su di un prodotto, Sraffa conclude: "Nell'esempio in particolare [del grano e del ferro], lo scambio-valore richiesto è di 10 qr. di grano per 1 t. di ferro" (3).

Prima di continuare, cerchiamo di essere chiari sul ragionamento di Sraffa. Finora i fatti tecnologici ci hanno dimostrato che, da un punto di vista ingegneristico, è possibile che questa società continui a sfornare 400 quarti di grano e 20 tonnellate di ferro a tempo indeterminato. Affinché tutto ciò sia economicamente possibile in un contesto di mercato, è necessario che l'individuo(i) incaricato della produzione di grano possa guadagnare abbastanza vendendo 400 quarti di grano, in modo da comprare (a) 280 quarti di grano e (b) 12 tonnellate di ferro, dal momento che questo è ciò di cui il produttore avrà bisogno per acquistare gli input necessari per la produzione del periodo successivo. Naturalmente non c'è bisogno che il produttore venda tutta la sua produzione lorda per poi acquistare 280 quarti come input; può semplicemente deviare i 280 quarti della sua produzione lorda e utilizzarli per ricostituire le sue riserve, e poi vendere i restanti 120 quarti di grano sul mercato. Affinché il produttore di grano possa rimanere in attività, è necessario che 120 quarti di grano abbiano un valore di scambio di almeno 12 tonnellate di ferro.

Ma se si guardano le cose dal punto di vista del produttore di ferro, ci rendiamo conto che affinché egli possa rimanere in affari, il suo prodotto netto di 12 tonnellate di ferro deve avere un valore di scambio di almeno 120 quarti di grano (questo è quello che deve accadere affinché egli possa acquistare gli input per il periodo successivo). Unendo le due condizioni possiamo concludere che l'unico modo affinché entrambi i produttori possano rimanere in attività, è che 120 quarti di grano abbiano un valore di scambio esattamente pari a 12 tonnellate di ferro (che riflette il prezzo di 10 qr. di grano per 1 t. di ferro).

Il punto di questo esperimento è dimostrare che le considerazioni marginali non sono (apparentemente) necessare per calcolare i prezzi di compensazione, almeno in un'economia di sussistenza. La situazione diventa più complicata nel caso si verificano eccedenze.



Produzione con Eccedenze

Nel secondo capitolo Sraffa si occupa del caso più generale, dove la quantità di ogni merce prodotta supera i quantitativi totali utilizzati nelle varie linee di produzione. Ad esempio, supponiamo di alterare i fatti tecnologici descritti sopra e ottenere le seguenti relazioni:

280 qt. grano + 12 t. ferro ---> 575 qt. grano
120 qt. grano + 8 t. ferro ---> 20 t. ferro

In questo scenario non possiamo utilizzare la tecnica precedente per determinare i prezzi d'equilibrio. Affinché gli imprenditori di ogni settore possano continuare a produrre, devono guadagnare abbastanza dalla vendita della loro produzione per ricostituire le loro scorte. Ma grazie all'eccedenza — es. perché vengono prodotte 575 quintali di grano, mentre i due settori ne necessitano solo 400 quintali — le due condizioni non sono sufficienti a "determinare" i prezzi di mercato del grano e del ferro.

Se ipotizziamo che Pw sia il prezzo del grano e Pi il prezzo del ferro, tutto ciò che possiamo dire ora è che 280Pw + 12Pi <= 575Pw e 120Pw + 8Pi <= 20Pi. A differenza del caso precedente, queste due disuguaglianze non consentono di avere valori unici per Pw e Pi.

Sraffa corre ai ripari introducendo il "tasso di profitto", che identifica con r. (Questo naturalmente è quello che gli Austriaci chiamerebbero tasso d'interesse netto reale.) A causa della concorrenza tra capitalisti, quando c'è un'eccedenza fisica in uno qualsiasi dei settori, ci deve essere una valutazione uniforme del capitale investito in tutti i settori. Pertanto, per risolvere i prezzi d'equilibrio del grano e del ferro nello scenario precedente, dobbiamo introdurre un'altra variabile, il tasso di profitto, in modo che le seguenti equazioni siano valide:

(280Pw + 12Pi) x (1 + r) = 575Pw
(120Pw + 8PI) x (1 + r) = 20Pi

Risolvendo queste equazioni, possiamo concludere che 15 quintali di grano vengono scambiati per 1 tonnellata di ferro, e il "tasso di profitto" è del 25%. Anche nel caso d'eccedenze di produzione, Sraffa determina i prezzi d'equilibrio e il tasso d'interesse senza fare alcun riferimento ai valori marginali.



L'Elemento Ideologico

Ora che abbiamo compreso l'approccio di Sraffa, siamo in grado di capire alcuni dei suoi risultati e perché siano stati adottati con tanto entusiasmo da accademici di sinistra e sindacalisti italiani. Nelle sezioni successive, Sraffa propone calcoli che raffigurano un compromesso tra il salario reale e il tasso di profitto. In particolare, l'analisi di Sraffa suggerisce che in un'economia sviluppata la percentuale "dell'eccedenza" che va ai lavoratori rispetto a quella che va ai capitalisti è arbitraria, e non è affatto "determinata" da fatti tecnologici o economici. Nei modelli di Sraffa, ad esempio, i sindacati potrebbero aumentare i salari reali e ridurre i tassi d'interesse, e questo non avrebbe effetti reali sulla produzione, ma ridistribuirebbe semplicemente la proprietà della produzione netta in ciascun periodo.



La Falla nell'Approccio di Sraffa

Nonostante il suo approccio intrigante e i risultati intelligenti, Sraffa non riesce a rovesciare la teoria del valore marginale. Invece di sostituire le decisioni soggettive prese al margine, Sraffa le ignora. Ad esempio, nel caso più semplice di un'economia di sussistenza, Sraffa dà per scontato che le persone in questa economia continueranno a produrre 400 quintali di grano e 20 tonnellate di ferro per sempre. Ma perché dovrebbero farlo? Supponiamo che alle persone non piaccia più il ferro o il grano! O, più precisamente, supponiamo che scoprano un uso migliore per le loro scorte di ferro e grano piuttosto che utilizzarle per creare solo più ferro e grano. Come possono le persone emanciparsi dalla loro vita di sussistenza nel mondo di Sraffa?

Naturalmente un sostenitore delle idee di Sraffa risponderebbe che se volessimo modellare un tale scenario, dovremmo usare il caso più generale della produzione con un'eccedenza. Quindi se i membri della nostra ipotetica economia desiderassero di produrre qualcos'altro oltre al grano e al ferro, dovremmo semplicemente inserire la linea industriale relativa alla nostra lista di ricette tecnologiche.

Ma questa soluzione non coglie il punto. Il metodo di determinazione dei prezzi d'equilibrio di Sraffa in un'economia con eccedenze, presume già che il sistema abbia adottato un livello ottimale di produzione in tutte le linee industriali possibili. Le tecniche di Sraffa non lasciano spazio ai singoli membri della società d'influenzare i metodi di produzione (che ci siano o meno eccedenze) perché non ci sono affatto persone nei modelli di Sraffa.

Questa obiezione è rafforzata quando parliamo di uno dei risultati più importanti di Sraffa. Egli ha dimostrato che il tasso di profitto è "una variabile libera" (cioè, indeterminata e soggetta ad influenze esterne, in particolare verso il basso), escludendo dai suoi modelli l'ottimizzazione intertemporale. Sì, se l'unica funzione fornita dai tassi d'interesse è quella di indicare il tasso comune d'apprezzamento del capitale investito, allora ci potrebbero essere una serie di valori che dovranno essere coerenti con l'equilibrio generale.

Tuttavia se affermiamo anche che il tasso d'interesse di mercato riflette il premio soggettivo imputato al consumo presente rispetto a quello futuro — caratteristica mancante nei modelli di Sraffa — allora questo eliminerà la molteplicità dei tassi d'interesse d'equilibrio. Dato che anche questo è un "prezzo" soggetto a domanda e offerta, la determinazione del tasso d'interesse sarebbe tanto arbitraria quanto quella riguardante il prezzo dei televisori.



Conclusione

Vediamo quindi che i metodi di Sraffa soffrono di un problema molto comune, anche tra gli economisti professionisti. Nonostante la maggior parte delle persone comprende che le forze del mercato portano ad un unico (date le circostanze) prezzo "giusto" per le radio o i Big Mac, per qualche strano motivo il tasso d'interesse è considerato malleabile. Sraffa riesce a dimostrare il contrario solo eliminando gli individui (e le loro preferenze soggettive).

Detto questo, esorto gli Austriaci ad esaminare il lavoro di Sraffa. I discepoli neo-ricardiani di Sraffa[2] non avevano completamente torto nei loro attacchi contro il mainstream neoclassico durante le cosiddette polemiche di Cambridge. Avevano perfettamente ragione a criticare la giustificazione ortodossa che considerava i pagamenti degli interessi come un "rendimento del prodotto marginale del capitale". Al di fuori del mondo neoclassico caratterizzato da economie con un solo bene, non esiste qualcosa come uno "stock" di capitale; invece ci sono diverse quantità di beni capitali eterogenei. Si può calcolare solo un aggregato di "capitale" conoscendo prima il tasso d'interesse al quale capitalizzare il valore attuale dei beni eterogenei. Come spiega Sraffa stesso:

[...] in generale l'uso del termine "costo di produzione" è stato evitato, così come è stato evitato il termine "capitale" nella sua connotazione quantitativa. Questo perché suddetti termini sono diventati indissolubilmente legati alla supposizione che essi rappresentano quantità che possono essere misurate indipendentemente dai prezzi dei prodotti. Dato che liberarsi da tali presupposti è stato uno degli obiettivi di questo lavoro, evitarli sembrava l'unico modo per non pregiudicare suddetto intento. (9)

Anche se era sbagliato condannare l'interesse come mezzo di sfruttamento ed istituzione inutile, Sraffa aveva perfettamente ragione a criticare la giustificazione mainstream riguardo il reddito dei capitalisti. Per una difesa corretta del pagamento degli interessi, bisogna rivolgersi ad una teoria dell'interesse (come ad esempio le teorie proposte dagli economisti Austriaci) che non li considera come il prodotto marginale del capitale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


___________________________________________________________________________________

Note

[1] Sulla controversia di Cambridge e la sua rilevanza per la Scuola Austriaca, consultate il mio articolo precedente.

[2] Data la somiglianza tra i suoi metodi e i modelli d'equilibrio generale di David Ricardo, Sraffa e i suoi seguaci vengono spesso definiti neo-Ricardiani. Ciò potrebbe generare confusione, poiché i loro oppositori sarebbero i neoclassici; David Ricardo era un economista calssico, dopo tutto.

___________________________________________________________________________________


19 commenti:

  1. Ammetto di aver dato poco peso all'articolo stamattina, ma - le coincidenze! - ho appena terminato di vedere un intervento di tale G. Barcellona (no, non è gdb :D):
    https://www.youtube.com/watch?v=T8WSDVMrRew
    Godetevi le inquitanti similitudini.

    Riccardo Giuliani

    P.S.: dovreste riuscire ad intuire cosa vi aspetta già dal primo secondo, notando i nomi di altri due relatori seduti di fianco.
    P.P.S.: ambasciator non porta pena.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa Barcellona fa la ricercatrice nella mia vecchia università.
      Oh, madò!

      Elimina
  2. sono in stato di semi-chock.
    ma vuoi mettere una bella sovranità di una volta, come si dice nel video? quelle belle guerre sulla cittadinanza come appartenenza citate la minuetto 22,43? :)
    io pero farei di meglio che tornare alle sovranità statuali. per usare il linguaggio del video, io direi che la cittadinanza statuale sacrifica il senso strutturale della comunità in una semantica narrativa di una comunitarismo liquefatto in favore della retorica di una divisione geopolitica in realta al servizio del capitale, cui appartengono le sovrastrutture normative dello stato borghese come l enucleazione dei confini degli stati.
    insomma, immagino che la dimensione del kolchoz sia quella ideale.
    divertente come per la sinistra intellettuale lo stato è passato dall essere il nemico della classe operaia, a sua risorsa spoliata, ma sempre con belle parole.
    che dire? meno male è stato inventato il fiat money, che almeno più lo stato tassa e si appropria del capitale, più esso viene ricreato e sfugge all avidità dello stato

    RispondiElimina
  3. al minuto 22,4 ci sta anche un accento nostalgico verso le belle "religioni secolari del 900" capaci di immaginare "mondi alternativi".
    :( sono quasi allo stato depressivo

    RispondiElimina
  4. Ciao a tutti.

    Per un momento mi sono preoccupato. :)
    Ancora non ho finito di vederlo tutto il video, ma oltre alla presenza di Fuffaro, mi sono bastati i primi 5 minuti per capire dove vanno a parare questi saltimbanchi accademici: ridistribuzione di ricchezza... scissione del lavoro dal contratto... patto sociale... intervensto statale per "corregere" e "dirigere" il ciclo economico con obiettivo la piena occupazione. Questo è un mix aberrante tra marxismo e keynesismo. Questa è la giustificazione di un tizio che con pistola e distintivo sottrae coercitivamente denaro alla popolazione e isola la superclass dal giudizio dei consumatori. Questa è l'elite intellettuale da cui ci metteva in guardia Rothbard. Comunque, un monito per tutti i cosiddetti "sovranisti" arriva dal bolivar venezuelano: Venezuela's currency isn't worth a penny.

    RispondiElimina
  5. Ciao

    a certi epigoni degli idéologues andrebbero opposte con decisione e derisione le chiare parole del "Discorso della montagna": il tuo dire sia sì sì no no, il di più vien dal demonio.

    Tutti i ragionamenti e le teorie di supporto alle "ideologie della perfezione" considerano il TEMPO come un percorso (progressista) verso un culmine (il Sole dell'avvenire). Queste teorie sono perciò costruttiviste (del percorso) e meccanicistiche ed organicistiche. Non può essere altrimenti. Sono, infatti, materialiste nell'intendere la storia (il tempo trascorso e, di tanto in tanto, indicano addirittura "la fine della storia") e non possono che utilizzare l'epistemologia delle scienze naturali e delle tecniche (potere ai tecnocrati politico-burocratici). E non ci si stupisca se lo Stato è diventato il mezzo per la realizzazione forzata del progetto/percorso di sinistra.

    Hanno un problema con il TEMPO. Che è dimensione inafferrabile per loro, perché percezione individuale, soggettiva. Perché la vita è il tempo a disposizione. E la vita è innanzitutto proprietà individuale e secondariamente, ma non necessariamente, fenomeno sociale.
    Qui sta la differenza, secondo me, con le riflessioni naturalmente fluide ed inevitabilmente disorganizzate sulla libertà di ciascun individuo. Il TEMPO è il limite del socialismo (nel lungo periodo... le cazzate saranno evidenti).

    Le istituzioni dello stato non sono più i limiti liberali al potere anarchico del monarca, ma in mano agli ingegneri sociali/sti sono diventati i paletti elettrificati del campo di concentramento ed annichilimento degli individui.
    La legalità non è più il rispetto codificato della libertà altrui, ma la sottomissione al potere politico di legiferare (diritto im/positivo).
    I diritti non appartengono più alla natura umana, ma sono ridotti a concessioni politico-giuridiche.
    Lo stato socialista millanta la negazione intellettuale del divenire, cioè del tempo, cioè del mercato, cioè dell'evoluzione delle scelte volontarie individuali.
    Eppure, se si dovessero integralmente applicare le scoperte scientifiche al progressismo politicosociale, bisognerebbe tener presente che la teoria della relatività ha chiarito che lo spaziotempo è una sola dimensione elastica tutt'altro che immutabile. Ma questi si sono inventati la colpa del darwinismo sociale.

    La perfezione è irraggiungibile perché anche il diamante può essere annichilito in certe condizioni estreme, ma assolutamente naturali.
    Invece, gli intellettuali progressisti, che si interrogano sulle proprie ricorrenti sconfitte e propongono ad ogni pie' sospinto i loro nuovi interventi coercitivi miracolistici, sembrano quelle ragazze che vedono nel matrimonio il culmine della loro realizzazione e poi si ritrovano quasi sempre frustrate a sognare il principe azzurro che raccolga gli ultimi petali del loro sfiorire. Io temo i frustrati più di ogni altra tipologia psicologica.

    L'imperialismo (economico, finanziario, politico, burocratico, militare, ideologico), che è la massima espressione dello statalismo/autoritarismo, è la negazione del tempo, del divenire, attraverso la conquista degli spazi altrui. I socialisti sono tutti imperialisti ed autoritari quando si intromettono negli spazi della libertà altrui.
    Le tanto famigerate multinazionali, dalla Compagnia delle Indie in poi, sono l'espressione più perversa dell'imperialismo progressista e del capitalismo clientelare del socialismo politico.
    Il fiatmoney top-down, recinto politicofinanziario calato dall'alto, sarà annichilito dal tempo. Inevitabilmente, non gli resisterà. Non finirà in modo inatteso, ma prevedibile. Vedi l'euro e l'eurozona.

    Il TEMPO è la dimensione dell'esistenza. Chi annichilisce il tempo combatte la VITA.


    RispondiElimina
  6. non sono cosi convinto che l eurozona crollerà. come ho detto qualche giorno fa, ci stanno 2 poteri che configgono: lo statalismo (del video) che anche quando ammette la globalizzazione (nel video, al momento finale) cerca la modalità di trovare una nuova sovranità sociale nell ambito di questa, e l impero, sorretto dal fiat money più di quanto lo sia lo stato. quest ultimo controlla il territorio, e può sempre depredarti. il fiat money serva anche a sfuggire agli stati. fiat money e globalizzazione, storicamente e non giustamente e non ineluttabilmente, sono facce della stessa medaglia. le istituzioni sovranazonali controllano il territorio indirettamente, attraverso i delegati politici, tenuti al laccio dal fiat money. quest ultimo, non scherzo, in tale ottica è benvenuto. che io, al contrario della relatrice, non ho nostalgia delle religioni civili e delle grandi guerre. ora, noi sappiamo bene che le istituzioni della globalizzazione sono molto meno individualistiche di quanto la loro vulgata affermi. ne conosciamo l aspetto pianificatorio. un grande giurista, ascarelli, diceva (era poco dopo la metà del secolo scorso, se ricordo bene) che nel futuro il conflitto sarebbe stato non tra pianificazione pubblica e libero mercato, ma tra pianificazione pubblica e pianificazione privata. i poteri e l ideologia dell impero globalizzato sono forti, e non disposti a cedere al ritorno della sovranità statuale. l euro è stata, in tale ottica, una loro conquista; e non sono disposti a cederla facilmente. nonostante noi siamo teoricamente contro l euro, storicamente non penso sia auspicabile la sua dissoluzione. immaginate il ritorno dei sovranisti, con meloni ed alemanno al governo e barnard alla banca d italia. questo impero, per quanto non sia individualista (ma pianificatori anche esso) lo è molto di più dei quanto vorrebbero i supporters di cuba, venezuela e della corea del nord. che sono ancora tanti. ed infatti gli intellettuali inorridiscono. i sindacati, le vittime più discutibili in quanto a tutela di liberi individui in libere associazioni, trovano la loro condanna nell abiura del loro ruolo. hanno abbandonato la negoziazione per il salario con l impresa da tempo, per fare politica ed essere istituzione di potere. sono caduti nella trappola. ed ora, come ogni istituzione intermedia, soffrono del loro ridimensionamento. hanno voluto sedersi ad un tavolo improprio, e lì non contano nulla. per loro colpa. in questo trend, l esito migliore potrà essere colto rivendicando per la base la medesima prerogativa del vertice. la liberta. con una sovranità che passa dall impero direttamente all individuo. saltando i corpi intermedi, che abusano della loro forza, anche del numero, per imporsi sul territorio. evidentemente la neutralità della sovranità imperiale è un artefazione. ma, ripeto, è più neutra dell imposizione bruta della sovranità del legislatore e delle istituzioni del conflitto sociale per il controllo della legge. qui si arriva dritti a tocqueville, chiesa cosa penserebbe lui della degenerazione dei corpi intermedi.

    RispondiElimina
  7. http://biblioteca.fondazionesancarlo.it/fondazione/Viewer?cmd=rd&id=910

    http://www.isspe.it/news/42-numeri-rassegna-siciliana/rassegna-siciliana-di-storia-e-cultura-n-16/131-il-referente-dantico-regime-della-nozione-di-elite-democratica-in-alexis-de-tocqueville-di-massimo-sabbieti.html

    nell ancien regime i corpi intermedi erano un forma di difesa, di libertà da, a tutela dei liberi individui che si fanno forti in associazioni per resistere al tiranno; dall ariv francese, col culmine nella democrazia dello stato sociale, sono divenuti un mezzo per la conquista del potere ed imporre a tutti la volontà del gruppo organizzato. da mezzo di tutela a mezzo di offesa. la corporazione come mezzo di tutela, resta quella dei tassisti, e pochi altri. non che mi facciano simpatia, nella loro grettezza e violenza, ma capisco che tra tra tanti campi esteri iperprotetti, loro intendano resistere al fatto che la concorrenza debba esplicarsi proprio sul loro orticello. ma le istituzioni del potere privato protette, lo sono in quanto si collocano infine in conflitto, e di finto accordo, con lo stato. in una guerra di posizione. le elites tecnocratiche allora non sono banalmente la restaurazione dell ancien regime, ma paradossalmente coloro che tengono a bada la violenza dello stato. certo, poi lo stato che non stampa diventa piu cattivo sul territorio. ma si tratta di fenomeni marginali: italia, grecia. e con un limite dettato dalla cultura dei diritti nella globalizzazione. infine te ne puoi sempre andare. equilibrio difficile. certo, i free riders ci sono sempre. vedi i farinetti. ma sono tutto sommato personaggi minori. comparse nella guerra delle sovranità. si nutrono degli interstizi e delle occasioni lasciate sul campo dalla guerra della sovranità. la nuova vera sovranità non sta in queste figure ma sta nelle istituzioni finanziarie e bancarie, e nelle multinazionali. non arrivo a fare il tifo per loro: ci sono pericoli forti, ed è sempre bene diffidare del potere, a supportare contropoteri. non voglio arrivare a dire che i tecnocrati sono difensori della liberta. non lo sono affatto, semmai sono difensori di un ideologia (della crescita) affatto neutra, anche schiavista, ma meno violenta dello stato. non ce lo vedo monti a dichiarare la guerra mondiale. non che la guerra manchi anche in quel settore, ma almeno è esternalita negativa. estroiettata. o conflitto con sovranità vetuste. almeno per ora, ha fatto di più google per il bene dell umanità che l inps.

    RispondiElimina
  8. l'impero non è più lontano e tollerante. ma sempre più intrusivo e pervasivo. anche la war on cash è nata al centro dell'impero. così come le guerre al confine.

    RispondiElimina
  9. infine, la crisi europea è frutto dello scontro in atto sul terreno del vecchio continente tra questi 2 tipi di sovranità, e dell intreccio in europa tra stato ed istituzioni sovranazionali alla ricerca di un nuovo equilibrio. tsipras è il ritorno all antico, rappresentarne delle idee dei signori del video. d latra parte, lo abbiamo detto, lo stato spezza i sudditi, ma non si piega. in una guerra, anche ideologica, gli individui sono le vittime. il modello statuale di certo offre più sicurezza: svizzera, norvegia, ma quando funziona, altrimenti argentina, venezuela, corea del nord. regimi di tale natura, nell impero delle multinazionali, non sono ancora accadute. la cina è un esempio di paese passato da stato a modo imperiale della sovranità. cosa è meglio per i cinesi? certo, ci sta molta ambivalenza in questo capitalismo. come nella nauta umana, legno storto. mentre molta voglia di purezza nelle pi grandi tragedie della storia.

    RispondiElimina
  10. hai ragione dna. come ho detto nel mio ultimo commento qui sopra, quasi prevenendoti, la guerra è guerra. vuole potere e le sue vittime.
    anche senza cash, un domani, ci sarà sempre un modo. ma alla fine la colpa è dell impero o degli stati insaziabili? che il rischi dell impero è proprio questo, raddrizzare il legno storto degli stati e diventare il nuovo despota al posto di essi. per questo ho scritto che bisogna vigilare. e se del caso favorire tatticamente più che strategicamente chi all occorrenza piu utile alla causa della liberta.

    RispondiElimina
  11. stati ed impero sono 2 appartenenze ideologiche in conflitto strategico ed alleanza tattica.
    in farage, le pen, tsipras ed alba dorata, seppur in diverse nuances politiche, il conflitto emerge.
    altre figure, da napoletano a ciampi, sono emissari dell impero nel paese.
    io ancora oggi trovo che il più grande sia stato andreotti

    RispondiElimina
  12. bisogna proibire a quelli che si ritengono i più importanti del mondo di riunirsi, ma soprattutto di invitare jovanotti

    https://www.youtube.com/watch?v=ygLWjZaS4A8

    RispondiElimina
  13. come il "tenero giacomo" della settimana enigmistica, per chi lo ricorda, vi invio un link e vi rimando al mio commento, ultimo della pagina, all articolo del 4 giugno. se avessi tali capacita divinatorie anche per le azioni, sarei ricco.

    http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2015/06/05/isis-minaccia-balcani-vendicheremo-musulmani_b02892a6-04f6-4ead-984b-b5cfce3a8a18.html

    RispondiElimina
  14. Ci sarebbe tanto da dire ripartendo dal video che ho linkato.

    Un punto mi dà fastidio più di tutti: attualmente in Italia non esiste una rete solida di industrie orientate al privato.
    Dove mi giro mi giro (sto cercando lavoro) tra conoscenze, sempre mi imbatto in realtà che molte volte dipendono dallo stato, per le commesse, a vario grado: e temo che, finite le attuali condizioni benevole dei mercati, invece le commesse dall'estero si restringeranno ulteriormente ovvero si ridurranno ulteriormente gli stipendi pur di non perderle.
    E mi tocca sentire parole espressioni come "capitale liquido".

    Come sempre, da parte degli adepti dello stato, il capitale più del capitalismo viene visto concetto ontologico; ha scritto bene gdb sopra:
    "divertente come per la sinistra intellettuale lo stato è passato dall essere il nemico della classe operaia, a sua risorsa spoliata, ma sempre con belle parole."

    E' il bello della dialettica dei sistemi: non c'è alcun bisogno di corroborarli.
    Un po' come dire che la scienza è tale anche senza il metodo scientifico.

    E intanto questi a fine mese ci arrivano senza affanni: dialettica od ontologia dei bancomat statali?

    Riccardo Giuliani

    RispondiElimina
  15. Ciao a tutti.

    Il miglior modo per iniziare questo commento è "tutto ciò che ha un inizio, ha una fine". Il filone del discorso che fin qui si è sviluppato mi ricorda un film (che consiglio caldamente anche a voi): Snowpiercer. Una breve sinossi: il riscaldamento globale rappresenta una minaccia per l'umanità, quindi il governo ha una soluzione, ovvero, spargere un gas refrigerante in aria. Ovviamente le cose vanno male e gli unici sopravvissuti trovano rifugiio in un treno il cui unico scopo è fare il giro del mondo per mantenere in vita i superstiti. Emerge un sistema di classi all'interno dei vari scompartimenti. Mi fermo qui, lasciandovi il gusto di scoprire il resto da voi, ma sin da subito è possibile intuire come il regista abbia catturato con rara diligenza il significato dello stato, o per meglio dire, la sua illusione: salvezza attraverso lo stato. Invece di morire al freddo, le pesone vengono "salvate" per soffrire una lenta agonia tra le braccia del leviatano.

    C'è un'altra metafora suprema che il regista cattura con diligenza (forse inconsciamente). E' una metafora legata alle azioni dello stato, a come curandosi semplicemente della sua sopravvivenza "a tutti i costi" dimentica dettagli fondamentali. Quali sono questi dettagli? Consumazione del capitale. Nel film viene rappresentato attraverso un'assenza di manutenzione dei binari. Questo fa presupporre che il treno correrà per sempre. Questo significa che l'unica realtà di cui vale la pena preoccuparsi è quella all'interno del treno. Ma una mancata manutenzione dei binari significa una cosa: distruzione progressiva del capitale.

    Il commento 7 di gdb si riallaccia a quanto detto finora. Sì, esiste un conflitto tra bande armate, tra le elite del mondo, per avere l'eslusiva sui corpi dei poveri derelitti che popolano le cosiddette "masse". Ma è un conflitto cieco, perché presuppone il controllo totale di tutte le variabili in gioco. Non è così. Non è mai stato così. Stavolta sta semplicemente durando di più, soprattutto grazie all'entrata in scena della Cina sul mercato mondiale sin dal 1979. Sebbene la "testa del treno" possa controllare (in qualche modo, ma non sempre) ciò che accade nel treno, perché è ciò che si vede, non può controllare ciò che accade "fuori dal treno", perché è ciò che non si vede. Le bande armate non hanno mai trovato soluzione a questo dilemma. Perché? Perché credono di poter portare a termine i loro piani operando uno scambio di qualcosa per niente, ovvero, potere in cambio di sottomissione. Non è così. Non è mai andata così. Ogni azione presuppone una reazione, ma l'econmista aggiunge: "Ad un prezzo specifico". Qual è il prezzo che le bande armate credono scioccamente di poter evitare? Distruzioen sistematica del capitale, del bacino della ricchezza reale. Non andrà così.

    In conclusione, l'Europa crollerà? Gli USA crolleranno? La Cina? Non lo so. L'unica cosa che so è che la distruzione del capitale è un processo che erode progressivamente le basi su cui si fonda la società. E senza una società da predare, lo stato non può più esistere. L'attuale assetto geopolitico non andrà avanti per sempre. Le basi su cui vuole perseguire i suoi scopi sono marce. I binari si sfalderanno. Il treno deraglierà. "Quando qualcosa non può più andare avanti, si fermerà", diceva Herbert Stein. Cosa ci sarà dopo? Il professor Martin van Creveld ha esposto le sue ipotesi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Francesco.
      Corretto.
      Ma le elite non si pongono mai il problema del domani (degli altri e proprio) perché nel lungo periodo... tutti morti. E questi criminali vivono solo il loro presente o, come negli schemi di Ponzi, credono di sapere sempre quando smettere. Purtroppo, non è vero.
      Questa è gente che, anche se non se ne sente più parlare da anni, ha la bomba al neutrino che uccide i viventi senza danneggiare i beni materiali/capitali.

      Elimina
  16. La spiegazione keynesiana o mainstream.

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-06-07/perche-economia-arranca-mondo-anziani-ora-demografia-frena-crescita-165812.shtml?uuid=ABGX0EuD&nmll=2707#comments

    Con questa stolta interpretazione di sicuro non se ne uscirà.

    RispondiElimina