venerdì 16 febbraio 2024

Le forze della megapolitica (tutti contro tutti)

 

 

di Francesco Simoncelli

L’idea della megapolitica – secondo cui le tendenze più importanti si svolgono sotto la superficie – è stata sviluppata da James Davidson e William Rees-Mogg. Ecco come funziona: si dice che ci siano 57 milioni di persone negli Stati Uniti affette da “gravi malattie mentali” e, statisticamente, è probabile che un membro del Congresso su cinque sia compromesso. Allo stesso modo 2 o 3 dei 12 membri del FOMC potrebbero essere affetti dallo stesso morbo. Si è tentati di attribuire la colpa di molte delle linee di politica alla stupidità, ma questo non centra il punto: i politici e le altre élite non fanno cose “stupide” perché sono stupidi, ma perché sono trascinati da una tendenza megapolitica. Nel momento storico in cui viviamo sono stati corrotti, comprati e pagati da un impero in decadenza. Ricevono soldi dall’industria militare/farmaceutica/assistenziale/razzista/di genere; poi ballano al ritmo delle melodie che vengono trasmesse per loro.

Il mio obiettivo oggi non è quello di puntare il dito – né contro gli idioti al Congresso, né contro i falsari nella FED, né contro i clientelisti. Il mio compito è semplicemente capire cosa potrebbero fare dopo. Perché il Congresso vota per maggiori spese militari e armi più letali in Ucraina e Israele? Il portafoglio americano è vuoto. Inoltre la guerra in Ucraina è una causa persa (e non buona) e Israele, il Paese più ricco e potente della regione, può prendersi cura di sé stesso. Solo che ci sono troppi soldi in gioco affinché i politici possano dire “No”. In questo senso i russi e i palestinesi non possono incolpare nessuno se non sé stessi: se avessero messo insieme le loro azioni, avessero assunto il figlio del presidente, corrotto membri del Congresso, fatto enormi donazioni alle università e comprato gran parte dei media, ora staremmo inviando armi alla Russia e tirando fuori i bambini israeliani dalle macerie.

Giusto e sbagliato non c’entrano (quasi) nulla. I politici discutono su cosa “dovremmo” fare, ma sono semplicemente portavoce di forze megapolitiche che non comprendono né controllano. Le tecnologie vanno e vengono; gli imperi sorgono e cadono. Denaro, potere, flusso e riflusso di status... Sì, è questo il punto, cari lettori: le cose non funzionano come pensate che dovrebbero funzionare. In pratica, se non fosse per la stupidità e l'ipocrisia, almeno la metà dei titoli dei giornali scomparirebbero e la maggior parte di ciò che conosciamo come “politica pubblica” scomparirebbe.

La FED, ad esempio, non opera in un mondo rarefatto di pura logica e di processi decisionali innocenti. Funziona nel mondo reale, il mondo della megapolitica. I suoi annunci pubblici potrebbero non essere altro che chiacchiere e sciocchezze, ma la sua vera missione è quella di assicurarsi che i suoi fratelli nel settore bancario non abbiano molte brutte giornate. Il rifiuto di una CBDC, la rottura della central banking coordinated policy e l'indipendenza dall'indicizzazione globale dei debiti hanno rappresentato tutti dei passaggi per emancipare il settore bancario commerciale statunitense dalla soluzione partorita dal WEF al deragliamento delle finanze pubbliche in tutto il mondo e adottata fino all'amministrazione Obama. L'attuale sistema, infatti, è condannato, tutti lo sanno e i pianificatori centrali non sono stupidi, quindi hanno elaborato una soluzione per demolire parte dell'attuale status quo e riciclare il resto in un nuovo sistema. La caratteristica direzionale top-down non sarebbe cambiata. Solo che i pianificatori centrali, piuttosto che aspettare la “morte naturale” del sistema socioeconomico fiat, hanno deciso essi stessi di dettare i tempi. La contrazione energetica a cui assistiamo è deliberatamente perseguita affinché possano essere abbattuti settori della produzione sacrificabili sull'altare della megapolitica europea, inducendo una crisi economica che permetta successivamente agli stessi che l'hanno alimentata di presentarsi con una soluzione.

A quel punto sarà relativamente facile far ingoiare al pubblico qualsiasi soluzione, come l'euro digitale ad esempio. Ma, inutile dirlo, questo tipo di crisi deve essere inflazionistica per permettere agli stati di gestire senza troppi grattacapi i bilanci pubblici. Infatti la “rinascita” dell'attuale sistema passa attraverso il proxy usato negli USA per quanto riguarda i debiti agli studenti: rendere la garanzia collaterale non un oggetto, ma un individuo. In questo modo il default su tali strumenti finanziari diventa alquanto complicato e un eventuale giubileo avrà poca resistenza da parte dei diretti interessati: diversamente da quanto potrebbe accadere oggi in caso di haircut sui bond sovrani, un taglio del debito sui prestiti agli studenti è accolto con favore dalla popolazione. Accadrebbe la stessa cosa nel caso in cui divenissero realtà i cosiddetti perpetual bond con cui l'agenda del WEF immagina il futuro: capitalismo degli stakeholder e cose prese in prestito in ogni dove.

Ma il tabellone di gioco che abbiamo di fronte non è una scacchiera, ma quello del Go e i giocatori sono tanti oltre a cambiare colore velocemente. Gli Stati Uniti, infatti, si sono distaccati da questa visione e il segnale è stata l'elezione di Trump, prima, e l'ufficializzazione del SOFR, dopo. In questo modo la FED ha iniziato un arduo processo di rimpatrio della politica monetaria, andando a restringere il mercato degli eurodollari ormai fuori controllo e chiudendo i rubinetti monetari (tramite riserva frazionaria) che fino a quel punto avevano eroso progressivamente ricchezza reale dagli USA a vantaggio degli altri concorrenti sulla scena mondiale, Europa in primis. Tutti gli eventi geopolitici dal 2022 in poi hanno avuto un unico scopo: ingrandire il deficit di bilancio degli USA, grazie agli infiltrati nell'amministrazione Biden, affinché coloro i quali avevano costruito status e potere grazie alla manna degli eurodollari continuassero a essere finanziati.

Dal caos, però, non può che nascere altro caos e il proliferare di eventi bellici nel mondo rispecchia esattamente questo concetto, dove per quanto i litiganti principali siano USA ed Europa, non mancano le incursioni dei BRICS (e della Cina in particolar modo). Infatti se la guerra in Ucraina è stata fomentata ad hoc dai servizi segreti europei e londinesi, le fiamme del conflitto in Medio Oriente sono un affare direzionato nell'ombra (molto probabilmente) dalla Cina. Anche qui l'obiettivo è chiaro: far impantanare gli USA in nuovo conflitto e tenerli lontano da Taiwan. Per L'Europa significa due piccioni con una fava: il portafoglio dei deficit statunitensi rimarrebbe aperto e sarebbe possibile incolpare altri per la condizione miserevole che continua a svalutare gli standard di vita della popolazione europea. Infatti finora ci sono stati solo vertici su vertici in Europa, senza alcun atto pratico di risoluzione della crisi in Yemen. Stesso dicasi per i BRICS e l'Arabia Saudita.

Ecco perché, in sostanza, dai media generalisti si alza un coro unanime che vorrebbe Trump fuori dalla campagna elettorale. Al di là degli infiltrati nel sistema politico ed economico statunitense, ma chi negli altri Paesi concorrenti non vorrebbe la rielezione di un presidente rimbambito e debole come Biden? Sarebbe una festa soprattutto per la Cina alle prese con la gestione di una bolla immobiliare che deve essere sgonfiata il più ordinatamente possibile. Le forze della megapolitica quindi sono in movimento e muovono le loro pedine sul tabellone da gioco del Go, alleandosi o andando da soli. Come detto in precedenza, però, fomentare il caos genera solo altro caos e per definizione esso non è controllabile, quindi bisognerà stare attenti a che tipo di escalation assisteremo visto che ne abbiamo avuto un assaggio con Nord Stream 2 e, con esso, sono state tirate in ballo anche le infrastrutture adesso. Dio non voglia, infatti, che siano i cavi sottomarini...


LA PRETESA DI CONOSCENZA

La guerra cinetica finora è stata un risultato secondario di una volontà superiore di sopravvivere al pandemonio finanziario scatenato dal rialzo dei tassi della FED. L'azione, quest'ultima, unita all'impossibilità dei player esteri di porre garanzie (es. bond sovrani europei) presso il mercato pronti contro termine statunitense per accedere ai fondi, ha avuto lo scopo di spezzare quella catena che legava indirettamente eurodollari/eurobond agli Stati Uniti. Prestate attenzione a un fatto: diversamente dagli anni '80, quando Volcker rialzò i tassi della FED per “combattere l'inflazione”, egli lo fece raddoppiandoli; Powell ha rialzato i tassi di riferimento statunitensi di 25 volte! Eppure il sistema bancario statunitense, a parte le banche in California, ha retto ottimamente il colpo. Chi è che invece non sta reggendo il colpo? Il sistema bancario europeo: Barclays, Credit Agricole, Intesa San Paolo, ecc. In questo secolo il “vero” denaro è rappresentato dalle garanzie collaterali (collateral), le quali permettono l'accesso alla liquidità; in questo senso i titoli del Tesoro USA sono i migliori, i più liquidi. Nel tempo, però, è emerso un surrogato tanto buono quanto i bond sovrani statunitensi: eurodollari/eurobond. La leva finanziaria apposta a tale sistema è stata talmente grande, e inconoscibile, che gli spillover non possono essere determinati da nessuno. L'arduo compito della FED e di Powell è quello di distaccare gli USA da questo meccanismo finanziariamente mortale che stava prosciugando la nazione della sua salute economica.

Infatti con questo meccanismo non sono si accedeva a liquidità gratis, ma si otteneva anche la possibilità di estendere le proprie sfere d'influenza ben oltre le proprie possibilità. I vari di giri di QE che si sono susseguiti dopo il primo erano praticamente indirizzati a salvare non gli USA, ma la pletora di player che stavano iniziando ad avere problemi con le garanzie collaterali. La crisi sulla scia del crollo della Lehman non era affatto monetaria, bensì una crisi causata da una mancanza di collateral. Cosa tamponata in qualche modo con iniezioni di liquidità, ma quando il denaro in questo secolo è il collateral ciò non basta. Il ciclo economico, infatti, si è evoluto, potremmo dire, e adesso la sua sfera d'innesco è strettamente legata al settore bancario ombra. Una cosa è certa però: chi sta annaspando è il sistema bancario commerciale europeo.

L'UE infatti è un coacervo di burocrazia che è sopravvissuta finora grazie all'energia a basso prezzo proveniente dalla Russia e dalla percezione estera che l'euro, nel futuro prossimo, sarebbe stato in grado di essere una valuta paritaria del dollaro a livello internazionale. In realtà tutto ciò che ha sempre avuto è stato un accesso privilegiato al mercato dell'eurodollaro col quale illudere investitori e istituzioni. Dal 2022 i nodi sono venuti al pettine e l'UE è riuscita a sbarcare il lunario solo perché ha aggirato le sanzioni alla Russia.

A quale costo? Attingendo avidamente alla risorsa di capitale più importante: il tempo della sua popolazione. In questo senso sta cercando di ritardare quanto più possibile la sua scomparsa, rendendola solo più catastrofica. Infatti gli USA non solo possono vantare una banca, come JP Morgan, che praticamente sta mettendo le mani in pasta in vaste aree degli investimenti del mondo (compreso Bitcoin), ma stanno sottraendo potenza industriale all'industria europea stessa e trasferendola in patria. Inutile dire, poi, che i capitali finanziari volano a Ovest senza nemmeno pensarci due volte. In questo senso, quindi, la BCE rimane a corto di garanzie collaterali ed è incapace di fornire liquidità come supporto temporaneo. Voglio dire, anche se dovesse prolungare la vita dei programmi di allentamento quantitativo che dovrebbero terminare a fine anno, ciò non sarebbe sufficiente perché sarebbe liquidità coperta da niente: nessuno considera di ottima qualità le garanzie europee data l'incalzante desertificazione industriale, lo stato di diritto claudicante, l'accesso precluso a energia a basso costo e un mercato delle commodity in cui le banche europee sono subordinate a quelle americane e cinesi.

La realtà dei fatti è che la BCE sta seguendo a ruota la FED perché non ha altra scelta al momento, puntando sul fatto che ancora sono in vigore i suoi vari programmi di acquisto di asset. Un palliativo, in realtà, dato che il tasso d'interesse è dettato dal mercato e le banche centrali non possono far altro che ritardare gli eventi e infine seguire a ruota il mercato del credito. È controintuitivo immaginare che i tassi scendono quando la liquidità cerca i bond, ma è così che funziona la follia del credito che diventa denaro. Le banche centrali possono pungolare le banche commerciali, instradarle eventualmente, ma giammai controllano il flusso/riflusso del credito. Le banche centrali, infatti, fingono di sapere esattamente quale dovrebbe essere il tasso di prestito chiave di una nazione, o che possano essere in grado di dire quali saranno i movimenti futuri dei tassi. Il problema non è chi li dirige, i governatori non sono stupidi: è la ricetta, l’idea che un gruppo di burocrati possa pianificare la vita di milioni di esseri umani.

La cosa notevole è che nessuno sembra mettere in discussione tutto ciò. Perché abbiamo banche centrali? Perché preferiscono tassi che bassi piuttosto che alti? Né a nessuno importa particolarmente che esse gestiscano migliaia di miliardi di denaro che non è il loro e che, soprattutto, questo stesso denaro sia fraudolento. Anche se è impossibile sapere esattamente “perché” tutte queste cose sono così, nella megapolitica ci sono “ragioni” che almeno sembrano plausibili.

Ogni società, fin dai tempi dei Sumeri e dei sacrifici umani, si divide in un’élite – un’aristocrazia, un sacerdozio, una classe dirigente – e tutti gli altri. Col passare del tempo queste élite – quasi per definizione sono capaci, ben informate e intelligenti – trovano modi per migliorare il loro status e aumentare la loro ricchezza. Questo, ad esempio, è il processo che Milei sta cercando d'invertire in Argentina. La “casta politica”, come la chiama lui, ha strangolato l’economia reale per concedersi privilegi e benefici speciali.

Agli elettori non piacciono le tasse; agli investitori non piace concedere prestiti a uno stato in bancarotta. Quindi, in una democrazia moderna, il modo più semplice per un’élite di prendere potere e denaro al “popolo” è truccare i soldi. A questo proposito, il sistema monetario americano post-1971 ha rappresentato un grande passo avanti – per le élite. Da allora in poi i salari del “Popolo” sono rimasti alquanto stabili, ma la ricchezza delle classi superiori – coloro che possedevano i “mezzi di produzione” – è aumentata vertiginosamente. L’indice azionario Wilshire 5000, ad esempio, è aumentato di circa 20 volte (il possesso di azioni negli Stati Uniti è ai massimi storici, tuttavia per la persona media i guadagni nel mercato azionario sono un'utopia rispetto al reddito da lavoro). Per il lavoratore medio quasi tutto è aumentato di prezzo, tranne il valore reale della sua risorsa principale: il suo tempo. Di conseguenza ha dovuto dedicare più tempo per acquisire i beni di base della vita. Prima del cambio di denaro, per esempio, doveva lavorare circa 4 anni per comprare una casa; oggi gli costa più di 8 anni di travaglio. Il “popolo” potrebbe non possedere azioni, ma possiede case e purtroppo anche la maggior parte di questo guadagno – circa ¾ – è finita nelle mani delle élite.

In altre parole, la “ricetta” ha funzionato per alcuni ma non per tutti: la “casta politica” è diventata grassa e felice. Milei sta cercando di metterla a dieta nel suo Paese, ma per l'élite europea è ancora "All you can eat" 24 ore su 24, 7 giorni su 7.


CONCLUSIONE

La forze della megapolitica si stanno regionalizzando; il mondo ora è un tutti contro tutti. Se la globalizzazione aveva in qualche modo allungato e dilatato le supply chain, così come i rapporti diplomatici internazionali, l'inversione di tale tendenza ne sta causando una contrazione. Dal punto di vista teorico è sacrosanto criticare quelle istituzioni che hanno scatenato il caos che oggi ci troviamo ad affrontare, altresì bisogna riconoscere che senza una FED indipendente la situazione sarebbe stata ben peggiore. Ecco perché alcune forze della megapolitica vorrebbero vederla assorbita dal Ministero del Tesoro statunitense: ad esempio, potrebbe essere assecondato un movimento come quello “End the FED” solo per toglierla dall'equazione, così come l'amministrazione Biden ha assecondato le farneticazioni della MMT solo per vandalizzare i bilanci della nazione. Per quanto si possano criticare le banche centrali per la loro capacità di distorsione dell'ambiente economico, bisogna ammettere che se la FED non avesse avuto Powell, a quest'ora saremmo stati ben avviati lungo il Grande Reset della cricca di Davos.

Di certo è un obiettivo nobile e legittimo quello di perorare la causa banche centrali, allo stesso tempo bisogna chiedersi cosa sarebbe successo se la cricca di Davos avesse avuto la strada spianata per i suoi piani. Non è facile da ammettere, soprattutto per il sottoscritto, ma questo periodo storico sta presentando degli strani alleati per la libertà individuale. O almeno una preservazione quanto più possibile della stessa. Poi, se proprio vogliamo dirla tutta, le banche centrali sono un orpello in realtà nel più grande gioco delle percezioni: quelle che contano davvero sono le banche commerciali, quelle grandi ovviamente come JP Morgan. L'impostazione del tasso di riferimento è un comodo escamotage per dare la percezione che esiste un prestatore di ultima istanza in grado di stabilizzare situazioni potenzialmente pericolose. Detto in modo più semplice, che gli imprevisti possono essere anticipati grazie all'esistenza di qualcuno oltre alle banche commerciali e se qualcosa va storto allora c'è qualcuno a cui rivolgersi senza che il panico abbia modo di diffondersi velocemente. Chiamatelo pure “rischio calcolato”.

Adesso che la FED sta facendo pulizia e rimettendo ordine nella politica monetaria, (ri)facendola propria, stanno tutti scappando come scarafaggi per mettere una pezza a quel meccanismo che nel tempo garantiva loro una certa facilità nell'intreccio di alleanze e strutture di potere. Gli USA col re-onshoring delle imprese all'estero, e l'attrazione di quelle straniere come le industrie tedesche, stanno ulteriormente puntellando l'economia dagli scossoni che, inevitabilmente, si riverbereranno dalla Cina e dall'Europa. In questo senso l'accorciamento delle supply chain permettere di parare tali contraccolpi.

Adattarsi alla situazione che si verrà a creare nella propria nazione farà parte di quella strategia di difesa che risulterà un vantaggio, in termini di posizionamento anticipato, rispetto a coloro che invece sono totalmente immersi e manipolati dalle forze della megapolitica. Infatti, se prendiamo come esempio l'Europa, è particolarmente inquietante come i polarizzati (nei confronti di qualsiasi tema, non ultimo quella della guerra) siano diventati dei talebani che “sgozzano” le opinioni contrarie e arrivano persino a negare i fatti storici che hanno dato vita alla serie di eventi scatenanti la guerra. La pericolosità insita nella riscrittura del passato è stata descritta con dovizia e maestria da Orwell in 1984: chi controlla il passato, controlla il futuro... e i processi decisionali delle persone. Infatti la propaganda è un sordido strumento che s'insinua nella mente e, attraverso un'ideologia semplice ed efficace, trasforma gli individui infettati in cani rabbiosi. Non vedono più la ragione, ma solo nemici da azzannare. Color che sono attualmente polarizzati per quanto riguarda le guerre in corso, da ambo le parti, sono pronti a farsi massacrare... e altresì sono pronti a distruggersi sé stessi pur di zittire quelli che cercano di spezzare l'incantesimo. Chissà, forse un duro risveglio servirà allo scopo.

Sta di fatto che questa gente è pericolosa, dato il fanatismo che li alimenta. L'UE, quindi, non è fregata in quanto organizzazione destinata al fallimento per sua natura, ma nella caduta si sta portando dietro la società. Niente che il grande Frank Chodorov non aveva previsto nel suo magnifico libro, L'ascesa e la caduta della società (libro che vi invito caldamente a leggere). Le forze della megapolitica in Europa, pur di rimanere a galla e cercare di riprendersi il loro posto nello schema mondiale dei giochi, stanno sacrificando sull'altare della propria megalomania, presunzioen di conoscenza e psicopatia ricchezza ed energia delle varie popolazioni europee. Chi vuole rimanere in questo posto, quindi, deve prepararsi su più fronti.


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1 commento:

  1. Oltre alla de-globalizzazione, che rappresenta un effetto, il trinceramento delle varie nazioni all'interno dei loro confini è un sintomo di una malattia che risiede quasi esclusivamente nel campo monetario. Sì, il denaro è "rotto". La contrazione del mercato degli eurodollari ha ripercussioni su tutti quei sistemi che nel passato recente hanno fatto leva su di esso per dare una parvenza di prosperità. Con gli eurodollari era più facile sottrarre risorse scarse agli altri. Ora che la festa è finita accedere a suddette risorse riflette i costi reali aggiustati ai poteri d'acquisto delle varie valute fiat, i quali sono colati a picco soprattutto negli ultimi 4 anni.

    Uno dei campi più gettonati è quello tecnologico. Tutto l'attuale impianto produttivo/industriale ruota attorno alla tecnologia, e soprattutto ai chip, i quali vengono prodotti sostanzialmente in Giappone, Taiwan e Olanda. E non è un caso che la portaerei Ford viene spostata nell'indopacifico. La corsa ad avere una fonte affidabile e sicura di approvvigionamenti per sostenere la complessità della società attuale è vitale per permettere all'apparato statale di oggi di continuare a sostenere la sua ipertrofia. In caso contrario, l'unico suo mezzo di sostentamento è il comando/controllo capillare. Come sta accadendo in Europa, la quale non dispone di energia a basso costo, di un sistema monetario internazionalmente affidabile e di una rete industriale resiliente al passo coi tempi. L'Europa non ha né i mezzi né le risorse per poter sopravvivere al caos monetario che sobbolle sotto la superficie. Può solo continuare a parassitare la propria base imponibile per cercare di tenere botta. L'euro digitale va in questa direzione.

    La partita se la giocano Stati Uniti e Cina. E come ripeto spesso ultimamente, Dio non voglia che si passi dalla guerra finanziaria a quella cinetica.

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