martedì 27 febbraio 2018

L'euro potrebbe distruggere l'Europa

La demenza di personaggi come Stiglitz è tale da considerare una realtà l'esistenza di una conoscenza perfetta e di un'informazione corretta. Questo significherebbe un mondo senza rischi, e allora a chi servirebbero più gli imprenditori? Ma se le cose stessero così, chi produrrebbe le cose e come? Infatti secondo i sostenitori della concorrenza perfetta, l'ennesimo arzigogolo econometrico per permettere ad una manica di imbecilli di manipolare l'economia a proprio piacimento, dovrebbe essere lo stato a cancellare eventuali storture dovute all'ingerenza della realtà nei modelli matematici. Soprattutto qualora un produttore tentasse di ricoprire il ruolo di monopolista in un settore specifico dell'economia. Ovviamente queste sono tutte frottole spacciate dai venditori di fumo amanti dei modelli econometrici, poiché incapaci di ragionare secondo logica: gli imprenditori si cimentano in determinate attività per staccare un profitto, e possono farlo solo attraendo in modo persuasivo i clienti. Come? Fornendo prezzi "adeguati". Come? Ponderando costi e prodotti concorrenti. Chiunque non tiene conto di questi parametri finirà con l'accumulare perdite... a meno che non venga salvato da enti centrali terzi, ovviamente. Contrariamente a quanto esposto dal modello della concorrenza perfetta, ciò che fa emergere un ambiente competitivo non è un gran numero di concorrenti, ma un grande varietà di prodotti. Più sarà ampio questo ventaglio di prodotti, più sarà genuina la concorrenza e più resteranno soddisfatti i consumatori. Ciò che non riescono a capire la maggior parte dei commentatori economici e tanti premi Nobel per l'economia, è che ogni produttore ha un monopolio sul proprio prodotto. Pensate, ad esempio, alla Coca Cola, a Burger King, alla Casio, ecc. Ciò che fa emergere un ampio ventaglio di prodotti è la differenza di idee e talenti dei vari imprenditori, ed essa si riflette nel prodotto offerto. L'intera questione di un "monopolio dannoso" non ha rilevanza alcuna in un libero mercato, proprio perché non esisteranno mai due prodotti uguali. È l'intervento dello stato che promuove un'omogeneità dei prodotti. Un "monopolista dannoso" può emergere solo quando lo stato, mediante licenze, limita il numero di fornitori in un particolare settore. Imponendo restrizioni e limitando così la varietà di beni e servizi offerti ai consumatori, è lo stato che riduce le scelte dei consumatori, riducendo in tal modo il loro standard di vita.
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di David Gordon


Secondo Joseph Stiglitz l'euro soffre di un difetto fatale: è la valuta di 19 Paesi europei e in quanto tale blocca gli sforzi delle nazioni che hanno bisogno di svalutare le loro valute. Più in generale, i tentativi di limitare il controllo statale dell'economia risvegliano l'ira di questo implacabile nemico del mercato.

Come spiega: "Quando due Paesi (o 19 di loro) si uniscono in un'unione con una moneta unica, ciascuno cede il proprio tasso d'interesse. Poiché utilizzano la stessa valuta, non vi è alcun tasso di cambio che possa essere aggiustato e quindi rendere più economici e più attraenti i loro beni. Poiché l'adeguamento dei tassi d'interesse e dei tassi di cambio è uno dei modi più importanti con cui le economie si adeguano per mantenere la piena occupazione, la creazione dell'euro ha tolto due degli strumenti più importanti per garantirla".

Questa limitazione alla politica del governo è più di una possibilità teorica. La Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale), influenzata dai banchieri tedeschi, insiste sul ripristino del denaro "sonante", con grande dispiacere della Grecia e di altri Paesi che hanno bisogno di stimoli economici. A peggiorare le cose, la Troika chiede che questi Paesi aumentino le tasse e taglino i servizi pubblici al fine di ridurre i loro enormi debiti. Se queste richieste venissero rifiutate, la Troika minaccerebbe di interrompere ulteriori prestiti ai governi malati.

Se l'euro non piace a Stiglitz, il gold standard è ancora peggio: "La depressione americana alla fine del XIX secolo era legata al gold standard [...] senza grandi scoperte di nuovo oro, la sua scarsità stava portando al calo dei prezzi dei beni ordinari — ciò che oggi chiamiamo deflazione. [...] E questo stava impoverendo i contadini americani, che avevano difficoltà a ripagare i loro debiti. [...] Il gold standard ha giocato un grande ruolo nel peggioramento e nel prolungamento della Grande Depressione."

Stiglitz non sa che molti dei più forti difensori del gold standard, ad esempio Jacques Rueff, hanno condannato fermamente il gold exchange standard prevalso negli anni '20. Ma concentriamoci sul problema più importante: perché Stiglitz pensa che le persone non possano adattarsi al calo dei prezzi? Perché lo stato deve controllare l'offerta di moneta e, più in generale, regolare il libero mercato?

Qui arriviamo alla chiave del pensiero di Stiglitz. È un premio Nobel, secondo molti dei più importanti teorici economici della sua generazione, e afferma di aver dimostrato che un libero mercato non regolamentato finisce inevitabilmente col fallire. "Esiste una teoria astratta (chiamata teoria dell'equilibrio concorrenziale Arrow-Debreu) ​​che spiega quando un sistema di mercati competitivi senza regole potrebbe funzionare e portare all'efficienza complessiva, ovvero, in presenza di mercati e informazioni che siano molto più perfetti di quelli che esistono ovunque sul questa Terra. [...] Le circostanze in cui [Arrow e Debreu] hanno identificato dove i mercati non hanno portato all'efficienza, sono stati definiti fallimenti del mercato. Successivamente Greenwald e Stiglitz hanno dimostrato che ogni volta che le informazioni erano imperfette e i mercati incompleti — essenzialmente sempre — i mercati non erano efficienti".

La critica di Stiglitz al mercato si basa su una falsa ipotesi. La teoria generale dell'equilibrio descrive una situazione artificiale irrilevante per il funzionamento effettivo del mercato. (Le condizioni assomigliano a quelle che gli economisti Austriaci chiamano economia a rotazione uniforme [ERE]). In un libero mercato, il desiderio di guadagnare un profitto induce i produttori a soddisfare le richieste dei consumatori. Comprendiamo come funziona questo processo attraverso il semplice buon senso. Come spiega Mises: "Questo stato di equilibrio è una costruzione puramente immaginaria. In un mondo che cambia, non può mai realizzarsi. Differisce dallo stato di cose odierno e da qualsiasi altro stato di cose realizzabile [...] è stato un grave errore credere che lo stato di equilibrio potesse essere calcolato, mediante operazioni matematiche, sulla base della conoscenza di condizioni in un stato di non equilibrio. Non era meno errato credere che una tale conoscenza delle condizioni in un ipotetico stato di equilibrio potesse essere di qualche utilità per l'uomo che agisce nella sua ricerca della migliore soluzione possibile ai problemi che si trova ad affrontare nelle attività quotidiane".

Stiglitz avrebbe senza dubbio risposto con una risata. Per lui i modelli matematici prevalgono sul senso comune. Come osserva altrove: "I teoremi standard alla base della presunzione che i mercati siano efficienti, non sono più validi una volta che prendiamo in considerazione il fatto che le informazioni sono costose e imperfette. Per alcuni questo ha suggerito un passaggio all'approccio Austriaco, sviluppato con maggiore forza negli anni '40 e successivamente da Friedrich Hayek e dai suoi seguaci. Non hanno tentato di 'difendere' i mercati con l'uso di teoremi. Invece hanno inteso i mercati come istituzioni che si sono evolute per risolvere i problemi dell'informazione. Secondo Hayek, l'economia neoclassica si è messa nei guai presumendo un'informazione perfetta. Un approccio molto migliore, ha scritto Hayek, è quello di analizzare il mondo che abbiamo, quello in cui ognuno ha solo poche informazioni. [...] La nuova economia dell'informazione conferma la tesi di Hayek secondo cui la pianificazione centrale è fallimentare, poiché richiede un accumulo impossibile di informazioni. Hayek ha ragione sul fatto che la virtù dei mercati è che utilizzano le informazioni disperse detenute da diversi attori di mercato. Ma l'economia dell'informazione non concorda con l'affermazione di Hayek secondo cui i mercati agiscono in modo efficiente. Il fatto che i mercati con informazioni imperfette non funzionino perfettamente, fornisce una motivazione per le potenziali azioni dello stato". Stiglitz crede che il libero mercato sia difettoso perché non è all'altezza dello standard artificiale della cosiddetta "efficienza" dell'equilibrio generale. Quando c'è di mezzo il libero mercato, Stiglitz è un giudice parziale.

Stiglitz ricorre ad un'altra tesi per schierarsi contro il libero mercato, una che non si basa sullo standard dell'equilibrio competitivo. Keynes disse che un mercato libero deve essere sostenuto dalla spesa pubblica affinché possa mantenere la piena occupazione. "Un'economia che sta affrontando una crisi economica ha tre meccanismi principali per ripristinare la piena occupazione; abbassare i tassi d'interesse per stimolare consumi e investimenti; tassi di cambio più bassi per stimolare le esportazioni; o usare la politica fiscale — aumentare la spesa o diminuire le tasse. [...] Ho appena descritto la teoria keynesiana standard sulle recessioni economiche." È significativo che qui Stiglitz non richieda un modello matematico che dimostri che le politiche di stimolo keynesiano debbano funzionare. Cosa succede, ad esempio, se le persone non riescono a spendere i soldi che ricevono per stimolare il consumo — nel modo in cui presume la teoria keynesiana?

E se lo stimolo fiscale non dovesse funzionare? Qui Benjamin Anderson e Robert Higgs, tra gli altri, hanno una risposta convincente: l'incertezza su ciò che il governo potrebbe fare porta gli investitori a non avere fiducia. In questo modo lo stimolo keynesiano fallirà. Ciò che invece è necessario, è una politica "business-friendly" da parte dello stato. L'obiezione di Stiglitz a questa linea di ragionamento dovrebbe essere ovvia: nessun modello matematico lo supporta. "Esiste un punto di vista persistente secondo cui la fiducia può essere ripristinata se gli stati riducono i deficit (spesa), e con il ripristino della fiducia gli investimenti e l'economia cresceranno. Nessun modello econometrico standard ha mai confermato queste convinzioni." Stiglitz non sa che esistono prove storiche sostanziali, ad esempio, in un documento di Robert Higgs secondo cui l'incertezza sfornata dalla politica statale inibisce effettivamente gli investimenti.

Per Stiglitz i principali nemici sono i "fondamentalisti di mercato", ma ha opinioni strane su ciò che comporta il supporto per il libero mercato. "La fede nei mercati da parte dei neoliberisti non solo significa che la politica monetaria risulta meno necessaria per mantenere l'economia lungo la strada della piena occupazione; significa anche che i regolamenti finanziari diventano meno necessari per prevenire gli 'eccessi'. Per i conservatori l'ideale era un 'free banking', l'assenza di tutte le regolamentazioni." Ma l'ideale del libero mercato, come descritto da Mises e Rothbard, è molto lontano da un sistema privato di creazione illimitata di denaro fiat. Se gli "eccessi" menzionati da Stiglitz si riferiscono a prestiti speculativi resi possibili dalla riserva frazionaria, le politiche espansionistiche da lui sostenute conducono ad un'instabilità maggiore di quanto il "fondamentalismo di mercato" tolleri. Ci si chiede, inoltre, perché le richieste della Troika, aumentare le tasse per ripagare i grandi debiti, siano considerate espressioni di "fondamentalismo di mercato". Sembrerebbe più naturale considerare queste richieste come un programma statale volto a rimediare ai difetti di uno precedente.

Stiglitz non considera Mises e Rothbard degni di menzione. "Oggi, ad eccezione di una frangia insignificante, la questione non è se ci debba essere un intervento dello stato, ma come e dove dovrebbe agire, tenendo conto delle imperfezioni del mercato." Quasi senza eccezioni propone di interferire con il libero mercato, senza dimostrare poiché esso non funziona. È d'accordo con la regina di Alice nel Paese delle Meraviglie: "Esecuzione prima, verdetto poi."


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. Di Stiglitz si può dire che... un demente è per sempre.
    ;D

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    1. Ma il suo destino nella pattumiera della Storia è inevitabile.
      Grazie al protocollo ed al network distribuito e peer-to-peer Bitcoin. Non solo una criptovaluta, ma una vera e propria rivoluzione decentralizzatrice di tutto. Fino all'individuo, che avrà bisogno di essere responsabile per essere libero davvero.
      Insomma, roba per non italiani.
      Ahimè!

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    2. "Di Stiglitz si può dire che... un demente è per sempre."

      Questa è davvero buona Dna, credo che me la rivenderò :D

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