Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mantra-per-ogni-ciclo-allocare)
Ogni ciclo di Bitcoin ha un tema e un motore centrale, e a volte siamo così vicini a esso che non riusciamo a capire esattamente di cosa si tratta (o di cosa si è trattato) finché non lo abbiamo ormai superato.
Nel 2013 furono i bail-in a Cipro e la consapevolezza che il sistema bancario stava andando in una direzione dove l'espressione “sicuro come il denaro in banca” non sarebbe stata più del tutto vera. Il motore principale fu l'ascesa degli exchange centralizzati, anche se uno di questi, Mt. Gox, implose su sé stesso e le macerie sono ancora fumanti oggi.Il ciclo del 2017 segnò l'esplosione del settore delle criptovalute come classe di asset a sé stante: Ethereum fece il suo ingresso sulla scena con la specifica del token ERC-20, innescando la mania di “tokenizzare tutto”. Il boom delle ICO alimentò lo slancio e l'avvento di stablecoin come Tether fornì il lubrificante per immettere capitali nel settore degli asset digitali.
Per il ciclo del 2020 fu l'arrivo dei primi miliardari anticonformisti (Paul Tudor Jones, Stan Druckenmiller, Elon Musk, Michael Saylor), in un momento in cui il loro ingresso era erroneamente interpretato come il segnale che “le istituzioni stanno entrando” in Bitcoin come classe di asset.
Nemmeno lontanamente. Ma quello che è successo è che molti hedge fund e investitori di alto livello, che erano all'avanguardia e miravano a catturare l'alfa, iniziarono a investire in quello che all'epoca veniva chiamato “l'arbitraggio GBTC” – una lunga storia, spiegata in dettaglio qui, ma che in sostanza significava che i trading desk potevano registrare profitti consistenti prima ancora che venissero effettivamente realizzati, al costo di bloccare il capitale per sei mesi.
Quando infine si disgregò (ovvero il ciclo terminò), il premio di GBTC si trasformò in uno sconto sul NAV e quando le cose andarono davvero male (LUNA, 3AC, Celsius... FTX) la stessa entità madre di GBTC, DCG, andò in bancarotta e GBTC divenne un'isola di capitale intrappolato, del valore di oltre $30 miliardi.
Ora siamo in un nuovo ciclo di Bitcoin...
Abbiamo un nuovo tema e un nuovo catalizzatore. GBTC entra di nuovo in gioco, perché è la ragione per cui il prezzo di Bitcoin è rimasto un po' smorzato dopo l'arrivo del nuovo catalizzatore.
Ricordate quello che diciamo da un anno, forse più: nel prossimo ciclo le istituzioni si faranno avanti e, a causa dell'enorme asimmetria nell'ecosistema di Bitcoin, troveranno la situazione abbastanza interessante da assegnargli una piccola percentuale del loro portafoglio.
Ho previsto un nuovo mantra di investimento per i gestori di fondi istituzionali: “L'allocazione dell'1%”.
Cominciamo con i dati: Fidelity, con $12.600 miliardi di asset in gestione e uno dei fornitori di ETF spot (l'unico ad aver creato un proprio depositario per gestirli), ha aggiunto un'allocazione di “criptovalute” come suo fiore all'occhiello, “All-In-One Conservative ETF”, autoproclamato “una soluzione unica diversificata per regioni, capitalizzazioni di mercato e stili/fattori di investimento, con il vantaggio di una gestione professionale”.
L'allocazione dell'1% risale ad anni fa: la prima volta che l'ho vista era in un documento di lavoro della Banca centrale delle Barbados, redatto da una coppia di economisti del posto che raccomandava alla banca centrale del Paese di detenere l'1% delle sue riserve estere in Bitcoin; era il 2015.
Nel 2022 anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria stava definendo delle linee guida sulle allocazioni “crypto” per le attività di riserva di livello 1:
Limite di esposizione del Gruppo 2: l' esposizione totale di una banca alle criptovalute del Gruppo 2 non deve superare il 2% del capitale di livello 1 della banca e dovrebbe generalmente essere inferiore all'1%.(Quel documento della BRI non faceva distinzione tra Bitcoin e “crypto”, sebbene avesse dovuto farlo...)
E questo articolo di Motley Fool, che parla principalmente dell'aumento della quota di Cathy Woods in ARK Funds al 19%, cita l'allocazione dell'1% come una prassi piuttosto convenzionale:
Fino a quest'anno l'opinione prevalente era che Bitcoin dovesse rappresentare solo una piccola parte del portafoglio complessivo. Come regola generale, l'1% era la norma, e qualsiasi percentuale superiore al 5% era considerata ultra-aggressiva.
La nuova regola dell'1%: comprate Bitcoin
Conosciamo tutti il vecchio adagio “Nessuno è stato licenziato per aver comprato azioni di IBM”, un mantra ai tempi dei “Nifty Fifty” (poi ci sono state le iterazioni successive: sostituite IBM con Microsoft, Google, Apple, ecc.).
Ecco cosa penso che succeda ora: mentre oggi nessuno potrebbe essere licenziato per aver comprato, per esempio, una delle Magnifiche Sette, domani potreste benissimo essere licenziati per non aver investito, come minimo, l'1% su Bitcoin. Sì, davvero.
Che effetto avrà sul valore di Bitcoin un'allocazione dell'1% dell'intero spettro della ricchezza istituzionale? Il mio modello mentale, risalente al The Crypto Capitalist Manifesto, è sempre stato quello di considerare la dimensione totale del mercato obbligazionario, confrontandola con Bitcoin e metalli preziosi.
Basically, this: pic.twitter.com/FhwvjUxYOq
— Mark E. Jeftovic (@MarkJeftovic) February 11, 2024
Da lì, ipotizzo cosa accadrebbe se solo l'1% di quel “rendimento senza rischi” (obbligazioni) si trasferisse su Bitcoin. Considerando che quest'ultimo ha riconquistato solo di recente la capitalizzazione di mercato di $1.000 miliardi, e che ci sono tra i $150.000 e i $300.000 miliardi in obbligazioni globali (a seconda di cosa si include), un solo 1% di uscita dalle obbligazioni raddoppierebbe come minimo la capitalizzazione di mercato di Bitcoin.
Siamo appena entrati in questa nuova era in cui Bitcoin è disponibile come strategia di allocazione istituzionale e ci sono già i primi segnali che indicano che gli allocatori di capitale stanno addirittura scegliendo Bitcoin rispetto all'oro, cosa che, lo ammetto, mi ha sorpreso.
Can someone do a wellness check on @PeterSchiff? pic.twitter.com/mUc2xGwK2j
— Jameson Lopp (@lopp) February 14, 2024
Pensavo che coloro che avevano già investito in oro sarebbero rimasti fermi e avrebbero aggiunto Bitcoin, ma ora sembra che i gestori di fondi istituzionali che avevano investito in oro come copertura abbiano perso la pazienza con i ripetuti crolli dell'oro dai massimi storici.
L'oro ha fatto registrare un nuovo massimo storico a dicembre, ma come ho osservato, dal precedente massimo del 2020, un nuovo massimo storico per l'oro potrebbe significare un calo pluriennale piuttosto che un imminente massimo più alto.
Al contrario, Bitcoin sembra destinato a dar vita a una nuova serie di criptovalute, almeno per i prossimi due anni.
Quindi ora vi presento umilmente “Il Tema” di questo ciclo:
Il tema è: Le istituzioni stanno arrivando.
Il motore principale è: gli ETF spot di Bitcoin.
Il mantra sarà: allocare come minimo l'1% su Bitcoin.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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