lunedì 5 febbraio 2018

Andare alla cieca, Parte 1: Come la finanza delle bolle distrugge l'efficienza e la razionalità economica





di David Stockman


Si potrebbe ringraziare il cielo che qualcuno abbia finalmente smesso di comprare durante i ribassi. Poi salta fuori che praticamente non ce ne sono più!

Questo è il caso anche se la vostra idea di un "ribasso" è un giorno in cui il mercato non sale. Finora non c'è stato neanche un calo durante il 2018. O peggio ancora, se si tiene in considerazione la metrica tradizionale di almeno un calo del 5%, si è già fuori dal business degli "acquisti durante i ribassi".

Proprio così, siamo in un territorio da record. Sono passati ben 395 giorni di trading da quando il mercato ha visto un calo del 5%, e questo non è mai successo prima d'ora.




Tra l'altro, prima del 1995 le banche centrali del mondo non avevano mai nemmeno immaginato di poter creare dal nulla $22,000 miliardi in credito fiat. Ma nei nove anni trascorsi dall'ultima crisi finanziaria hanno generato $14,000 miliadi di nuovi stanziamenti e oltre $20,000 miliardi negli ultimi tre cicli di bolle messi insieme.

Inutile dire che questa emissione da $20,000 miliardi di "qualcosa in cambio di niente" ha deformato e avvelenato l'intero tessuto del sistema finanziario globale. Ovunque i prezzi degli asset finanziari sono stati massicciamente gonfiati e falsificati, causando una distorsione a due fasi dell'economia globale.

Inizialmente la massiccia stampa monetaria da parte della FED ha favorito interventi difensivi sul mercato valutario e la soppressione dei tassi di cambio da parte della PBOC, della BOJ, della BOK e degli altri esportatori di merci e beni industriali. Comprando dollari e sequestrandoli nelle proprie banche centrali, gli esportatori mercantilisti del mondo -- inclusi i petro-stati collegati al dollaro -- importavano l'inflazione del dollaro USA.

Così facendo hanno ampliato le proprie basi monetarie e i sistemi di credito nazionali. Ciò ha portato, a sua volta, ad un boom globale delle spese in conto capitale finanziato non con risparmi in denaro reale, ma direttamente e indirettamente dalle emissioni di credito delle banche centrali. Di conseguenza le spese in conto capitale delle società quotate in borsa in tutto il mondo sono aumentate del 5X nel decennio conclusosi nel 2012.

In definitiva, lo tsunami di capitali a basso costo ha finanziato una monumentale eccedenza di capacità nelle industrie minerarie, energetiche, navali, manifatturiere e della distribuzione, e ha mobilitato centinaia di milioni di lavoratori dalle risaie e dalle economie dei villaggi asiatici nei mercati mondiali. Il conseguente prezzo delle merci cinesi e il prezzo dei servizi indiani basati su Internet hanno determinato un massiccio appiattimento della curva globale del costo del lavoro.

Insieme, l'eccesso di capacità industriale e di lavoro, hanno inaugurato un'era di disinflazione dei prezzi industriali e delle commodity, la quale ha portato ad una reazione assolutamente perversa tra i banchieri centrali keynesiani. Cioè, l'unica lezione che hanno mai imparato dopo che l'ultimo residuo di denaro reale è stato distrutto da Nixon nell'agosto del 1971, è che un'eccessiva espansione monetaria porta ad un IPC in aumento e in definitiva punitivo.

Ma i banchieri centrali non hanno visto molta inflazione nell'attuale era di stampa di denaro -- specialmente dopo che negli anni '80 e '90 le autorità hanno eliminato l'inflazione con trucchi statistici come l'edonica, gli aggiustamenti geometrici delle medie e le imputazioni come i proprietari di case equivalenti al posto dei prezzi immobiliari effettivi e misurabili. Quindi hanno percepito "luce verde" per quanto riguardava stampare denaro fiat.

Solo che si è trattato di un gigantesco errore dovuto al fatto che i loro modelli mentali risalgono al nazionalismo economico e alle opinioni autarchiche del Grande Pensatore stesso, John Maynard Keynes.

Dopo il 1930, e molto prima che la sua opera fosse pubblicata nel 1936, Keynes era diventato un militante protezionista che sosteneva "beni interni" e un mercantilismo tale che avrebbe fatto arrossire anche Donald Trump.

Ahimè, il mercantilismo keynesiano non funziona in un contesto di espansione monetaria globale, di capacità in eccesso ed investimenti improduttivi. Ciò che è emerso dopo la metà degli anni '90 è stato, di fatto, qualcosa di nuovo che ha ridotto i modelli del Grande Pensatore e dei suoi discepoli americani a questioni economiche senza senso.

Ciò che intendiamo qui è che nel mondo pre-1971, con una moneta basata sull'oro e tassi di cambio relativamente fissi, parlare d'inflazione nell'IPC significava essenzialmente parlare di "inflazione in un Paese". Questo perché l'eccessiva espansione monetaria in quel contesto portava ad un eccesso di domanda, aumentando i salari, i prezzi ed i costi domestici, e ad un aumento delle importazioni per colmare il divario.

Ahimè, quello era anche il lato negativo: un deficit delle partite correnti in espansione avrebbe alla fine fatto uscire dai confini nazionali l'oro, in quanto gli investitori esteri avrebbero perso interesse nell'accumulare le passività in valuta nazionale di quei Paesi in cui l'inflazione era cavalcante.

Alla fine, il sistema bancario del Paese in cui l'inflazione era cavalcante veniva prosciugato delle proprie riserve -- causando una contrazione del credito e dell'attività economica interna.

La fine del gold standard per mano di Nixon nel 1971 fu precisamente motivata dal suo desiderio di rompere la disciplina finanziaria; cioè, voleva evitare che la contrazione necessaria del credito interno per arginare la domanda di oro da parte di altre banche centrali sedute su montagne di passività in dollari, avrebbe innescato una recessione nel 1972 che non sarebbe stato in grado di sostenere.

In ogni caso, la stampa di denaro sincronizzata a livello globale -- specialmente dopo che la Cina ha scelto di diventare un esportatore mercantilista nei primi anni '90 -- significava l'opposto di quello che è implicito nell'economia della vasca da bagno professata dai banchieri centrali keynesiani.

A dire il vero, troppa stampa di denaro in un sistema bancario centrale collegato a livello globale porta ad una capacità in eccesso, ad un disinvestimento dilagante e, di conseguenza, alla disinflazione industriale e al consumo, non all'inflazione.

Questa cosa è diventata particolarmente evidente dopo il picco delle spese globali in conto capitale e il picco delle materie prime del 2012. Subito dopo, l'enorme emissione di credito delle banche centrali è semplicemente finita nei canyon di Wall Street e delle sue controparti finanziarie globali.

Cioè, ha portato ad un'inflazione virulenta dei prezzi degli asset finanziari che i banchieri centrali keynesiani non sono stati in grado di riconoscere. Alla vigilia dell'ultimo ciclo, ad esempio, era evidente che il prezzo dei titoli garantiti da mutui ipotecari, in particolare quelli sostenuti da prestiti subprime, aveva raggiunto livelli fasulli, alimentando così una virulenta inflazione dei prezzi delle abitazioni residenziali completamente distaccata dai fondamentali del reddito familiare e della capacità di ripagarli.

Allo stesso modo, oggi il Russell 2000 si trova a 1600, il che rappresenta un aumento assurdo del 135X tra le piccole e medie imprese di Main Street all'interno dell'indice. Eppure i banchieri centrali di fronte a questa pura follia riescono a dire solo una cosa: i prezzi delle azioni sono leggermente "elevati".

No, non lo sono. Sono praticamente finiti sulla Luna e anche oltre. E ora gli indici continuano a salire solo perché il mare di liquidità che è stato generato dalle banche centrali negli ultimi due decenni sta finanziando un livello di speculazione e di scambi basati sul momentum che non ha precedenti in tutta la storia finanziaria.

Ahimè, l'attuale pazzia basata sul momentum è, per fortuna, l'ultimo sussulto dell'era del settore bancario centrale keynesiano. I $22,000 miliardi di credito delle banche centrali ne sono il segno. Un giorno verrà registrato dagli storici che il punto di svolta nella storia economica moderna si è verificato quando le banche centrali sono passate al QT in base all'errata conclusione che avevano raggiunto il nirvana della piena occupazione.

No, non è accaduto. Ci sono 43 milioni di beneficiari di buoni pasto, 102 milioni di adulti senza lavoro (di cui 50 milioni hanno 65 anni), stipendi reali stagnanti, il 30% in meno nel patrimonio netto medio reale (dalla fine degli anni '90) e $67,000 miliardi di debito pubblico e privato.

Inoltre la prerogativa di asset finanziari gonfiati si basa su tassi d'interesse estremamente bassi per sempre e un'incessante espansione del ciclo economico, un mondo senza fine.

Ma questo non accadrà, soprattutto quando le banche centrali attueranno il QT, guidate dal piano della FED di svincolare le obbligazioni dal suo bilancio ad un ritmo di $600 miliardi. E quindi non sorprende se il mercato obbligazionario si stia lentamente risvegliando dal suo sonno.




E questo ci porta al vero male della Finanza delle Bolle, che approfondiremo nella Parte 2. Vale a dire, non solo porta a scoppi di bolle e speculatori che ottengono ciò che meritano; distrugge anche tutti i segnali di prezzo che sono essenziali per la disciplina finanziaria.

Considerate due esempi, che sono solo la punta dell'iceberg. Da un lato, la Città Imperiale è stata resa fiscalmente irresponsabile dai bassi tassi d'interesse e dall'assorbimento del debito pubblico da parte della banca centrale.

Tanto per fare un esempio, di recente è stato approvatto un differimento di due anni per le tasse ObamaCare sui piani Cadillac, le compagnie assicurative ed i dispositivi medici.

Stiamo parlando di una perdita di entrate pari a $31 miliardi, ma in realtà è la terza volta che queste tasse vengono rimandate, il che significa che non saranno mai raccolte. Il vero costo è di oltre $310 miliardi in un decennio. E questo senza contare nuovi deficit tra i $15,000 miliardi ed i $20,000 miliardi a causa di tagli delle tasse e spese inarrestabili.

Allo stesso modo, ora sembra che Netflix genererà un flusso di cassa negativo di $9 miliardi lungo i cinque anni terminanti nel 2018. Tuttavia la sua capitalizzazione di mercato è salita a $110 miliardi.

L'intero mondo dei media e della tecnologia si sta spostando nei servizi di streaming e nella produzione di contenuto originale, il che significa che non esiste un modo per sapere se Netflix genererà un profitto anche lontanamente commisurato alla sua eccessiva valutazione.

Ciò che è chiaro, tuttavia, è che i $10 miliardi che ha preso in prestito a tassi ridicoli per finanziare la sua prodigiosa mancanza di incassi, non è nemmeno lontanamente razionale o sostenibile.




[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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