giovedì 18 aprile 2024

Aggiustare gli incentivi: il denaro fiat alimenta le aziende zombi

 

 

di Jimmy Song

Nell’ultimo saggio ho spiegato come il denaro fiat rovini gli incentivi individuali. La mancanza di strumenti di risparmio e la disponibilità di debito facile creano un potente mix di pessimi incentivi a livello individuale. La mancanza di strumenti di risparmio significa che gli individui devono lavorare incessantemente per mantenere il valore che possiedono e la disponibilità di debito facile significa che si possono anticipare grandi consumi.

Il risultato è che molte persone consumano e poche risparmiano.


PERCHÈ LE AZIENDE?

Un livello più alto rispetto al livello individuale è quello aziendale. Eravamo organizzati in famiglie e tribù, oggi siamo organizzati in aziende. Le aziende sono artificiali e non hanno neanche lontanamente il livello di storia o stretti rapporti che hanno invece le famiglie. Lo si capisce dagli incontri inutili a cui siete costretti a partecipare, eppure le aziende sono molto simili al modo in cui gli individui sono organizzati in un’economia fiat e questo è dovuto agli incentivi del denaro fiat.

Dipendiamo dalle nostre famiglie, dai nostri clan o dalle nostre tribù per la nostra sicurezza, i familiari sono coloro da cui si dipende nei momenti di bisogno. Il denaro fiat ha cambiato tutto fornendo ogni sorta di rete di sicurezza: l’assicurazione sanitaria, l’indennità di disoccupazione, la previdenza sociale, le pensioni e persino l’assicurazione sulla vita proteggono le persone dal disastro in un’economia fiat. Molte di queste reti di sicurezza governative/aziendali esistevano già prima, ma il loro utilizzo è diventato molto più onnipresente con l'arrivo del denaro fiat. Il motivo della loro popolarità sarà esplorato più approfonditamente nel prossimo saggio sugli incentivi nazionali, ma è sufficiente dire che gli stati che operano con il denaro fiat forniscono tutti i tipi di reti di sicurezza per ottenere il sostegno popolare.

Grazie a queste reti di sicurezza, le persone non dipendono più dalle loro famiglie. Invece di dipendere da esse quando viene perso il lavoro, ora esiste un’indennità contro la disoccupazione; invece di fare affidamento sui vostri figli affinché si prendano cura di voi durante la vecchiaia, ora si fa affidamento sulla previdenza sociale o sulle pensioni.

Tutte queste funzioni sono date per scontate e siete liberi di sostituire la vostra famiglia con i programmi statali. Le assicurazioni e il denaro sono sostituti scadenti rispetto alle relazioni umane. La previdenza sociale e le pensioni hanno sostituito i figli. Un'azienda fredda e impersonale che vi licenzierà in un batter d'occhio ha sostituito il tradizionale mestiere di famiglia. C’è da meravigliarsi se le persone siano così depresse?

Queste reti di sicurezza fiat sono intimamente connesse al lavoro che svolgete. Anche la parola “lavoro” indica che avete un unico datore di lavoro e quest'ultimo, l'azienda, fornisce molto di più di un semplice stipendio. In un’economia fiat lavorare per una società comporta notevoli vantaggi non salariali, negli Stati Uniti, ad esempio, l’assistenza sanitaria è molto più conveniente e ha meno restrizioni se si è dipendenti di un’azienda piuttosto che un lavoratore autonomo. Altri Paesi, poi, forniscono questi vantaggi a un livello superiore.

Il quadro W-2 vi dà anche accesso a mutui soddisfacendo meno qualifiche. Anche le pensioni/previdenza sociale sono un'assicurazione automatica per la vecchiaia, a cui si accede solo lavorando nelle aziende; i programmi 401k e i loro equivalenti sono molto più facili da sfruttare in un contesto aziendale. L’indennità contro la disoccupazione è spesso inesistente per un imprenditore autonomo, ma è disponibile automaticamente per chi lavora in azienda. Il vostro punteggio di credito generalmente è molto migliore con una cronologia salariale facilmente verificabile fornita dal vostro quadro W-2, il che significa che carte di credito e altri prestiti sono più facilmente accessibili.

Il sistema è impostato in modo che voi possiate avere maggiore accesso a più reti di sicurezza se lavorate per un'azienda. Non ho nemmeno menzionato altri vantaggi come abbonamenti in palestra, rimborsi per l'assistenza all'infanzia e crediti formativi. La vita in un lavoro aziendale è più semplice e presenta molti meno attriti. Le aziende tecnologiche si spingono ancora oltre e si prendono cura di tutti i tipi di altre esigenze come cambi d’olio, tagli di capelli e pasti gratuiti a tutte le ore del giorno. Naturalmente questo significa che trascorrerete meno tempo con la vostra famiglia e che la vostra azienda, per impostazione predefinita, diventerà il vostro gruppo sociale principale.

Come siamo arrivati a questa situazione? Come hanno fatto le aziende a diventare così potenti? Non sorprende se il motivo è il denaro fiat.


PERCHÈ LE AZIENDE SONO COSÌ GRANDI?

La grandezza delle aziende al giorno d’oggi è del tutto innaturale. Dal punto di vista storico la maggior parte delle organizzazioni raggiungeva il numero massimo di persone intorno alla cifra di Dunbar (circa 150) perché, dopo tale limite, tenere traccia di ciò che fa ciascuna persona diventa molto difficile. Quando un’azienda non si rende conto di ciò che fanno gli individui, sempre più dipendenti vanno in cerca di rendita ovvero vivono dei profitti dell'azienda senza contribuire molto a crearli. Ciò rende le grandi aziende non competitive rispetto ai concorrenti più piccoli che operano con meno sprechi.

C'è anche uno slancio organizzativo e politico che peggiora man mano che le aziende diventano più grandi. Una grande azienda ha molte più difficoltà a innovare o a orientarsi verso nuovi mercati. Sono troppo grandi e troppo dipendenti dalle attività esistenti per essere in grado di fare davvero qualcosa di nuovo. L’incapacità di muoversi più velocemente in un settore rende le grandi aziende non competitive rispetto ai concorrenti più piccoli che possono navigare nei mercato più agilmente.

Infine le grandi aziende hanno maggiori difficoltà a servire le comunità più piccole. Le preferenze differiscono in ogni luogo e la larga scala funziona solo servendo molte comunità diverse con lo stesso bene o servizio. Le piccole imprese, d'altro canto, non devono servire molte comunità diverse e possono servire un'unica comunità con beni e servizi su misura. Possiamo vederlo a livello mondiale dove le multinazionali perdono rispetto ai concorrenti locali, perché il concorrente locale è in grado di adattarsi meglio ai gusti locali.


IL VANTAGGIO DELLE GRANDI AZIENDE

Con tutti questi svantaggi è a dir poco sorprendente che ancora esistano le grandi aziende. Cosa sta succedendo? La risposta è che ci sono vantaggi significativi dati loro dal sistema monetario fiat, in particolare l’Effetto Cantillon.

L’Effetto Cantillon consente ai primi che spendono il denaro appena stampato di ottenere benefici ingiusti a scapito di coloro che lo spendono per ultimi. E infatti le aziende, in particolare quelle di grandi dimensioni, sono tra i maggiori beneficiari: hanno accesso a prestiti a basso costo, il modo in cui nasce il nuovo denaro. E questi prestiti offrono grandi vantaggi alle grandi aziende più che compensare gli svantaggi che hanno rispetto a quelle più piccole.

I meccanismi del denaro fiat sono tali che esso viene pompato nell’economia attraverso i prestiti e questi ultimi finiscono in modo sproporzionato alle grandi aziende perché è semplicemente molto più facile per i banchieri. Pensateci, se siete una banca commerciale, preferireste prestare $1 milione a 100 piccole imprese o $100 milioni a una singola grande impresa? Le spese generali e le pratiche burocratiche coinvolte nella distribuzione di 100 prestiti vi manderebbero ai pazzi; probabilmente fareste anche uno sconto per concedere un prestito unico.

C’è un enorme vantaggio nell’essere grandi a causa di questo accesso al nuovo denaro. Infatti il mercato dei prestiti è un business enorme. Quando la maggior parte delle persone pensa alle banche, pensa al proprio conto corrente presso piccole banche o cooperative di credito. Queste sono quisquilie rispetto al business delle grandi banche commerciali, molte di queste non effettuano attività bancarie al dettaglio, come State Street. Creano enormi quantità di denaro attraverso i prestiti commerciali.


COME LE GRANDI AZIENDE BATTONO LE PICCOLE AZIENDE

L’accesso a grandi quantità di denaro è un vantaggio enorme. Il modo più ovvio in cui questo denaro può essere utilizzato dalle grandi aziende per ottenere un vantaggio ingiusto è bypassare la concorrenza. I prestiti possono essere utilizzati per espandersi e creare migliori economie di scala o, più cinicamente, possono essere utilizzati per vendere in perdita per un po’ fino a quando i concorrenti più piccoli non falliscono o cambiano rotta. Aziende come Walmart e Amazon hanno utilizzato questa strategia con grande efficacia, schiacciando i negozi a conduzione familiare in tutto il mondo.

Un altro modo ovvio in cui è possibile utilizzare questo denaro è fornire tutti i vantaggi menzionati in precedenza: pensioni, indennità di disoccupazione, assicurazioni sulla vita, assicurazioni sanitarie, crediti per l’infanzia, crediti scolastici, buoni pasto e tagli di capelli, ecc. L'onere di doversi occupare di queste cose al di fuori delle aziende è spesso il motivo principale per cui molte persone di talento non provano a lavorare in proprio.

Un altro modo di utilizzare questo denaro è assumere i migliori talenti per la propria organizzazione. Pagando ben oltre quanto possono pagare i concorrenti più piccoli, i migliori talenti vengono inseriti nelle organizzazioni più grandi. Anche se persone talentuose finiscono per essere cercatori di rendite all'interno delle grandi aziende, almeno non sono concorrenti più piccoli e che innovano. Aziende come Facebook e Google hanno utilizzato questa strategia assumendo i migliori talenti e lasciandone pochi all’imprenditorialità individuale.

Un altro modo ancora è utilizzare il denaro per esercitare pressioni sullo stato affinché crei barriere all'ingresso. Le aziende più piccole hanno molte più difficoltà a giustificare i costi di lobbying poiché rappresentano una fetta molto grande dei loro profitti, ma per una grande azienda la difesa normativa rappresenta una parte molto più piccola in relazione alle proprie entrate. I costi per la conformità tendono ad essere fissi, il che significa che sono insostenibili finché le aziende non raggiungono una certa dimensione, creando una considerevole barriera all’ingresso. Quindi a livello di lobbying e a livello di conformità, le aziende più grandi hanno un vantaggio rispetto ai concorrenti più piccoli.

Le grandi aziende possono anche permettersi un ampio portafoglio di brevetti e utilizzare azioni legali per difendere il proprio territorio. Questo non è un fossato normativo, ma ha un risultato simile nel senso che i concorrenti più piccoli hanno una barriera all’ingresso molto più alta rispetto a un mercato libero.

Se i metodi di cui sopra non soffocano i piccoli concorrenti, c'è sempre la possibilità di rilevarli. Se non potete batterli, comprateli! Questa tattica ha l'effetto collaterale di portare internamente l'innovazione della piccola azienda e al tempo stesso uccidere i prodotti della piccola azienda. Molte acquisizioni sono ciniche, poiché vengono effettuate per ridurre la concorrenza e aumentare il potere d'impostazione dei prezzi.


COME LE GRANDI AZIENDE DIVENTANO ZOMBI

L’accesso a grandi prestiti consente inoltre alle grandi aziende di durare ben oltre il punto in cui aggiungono valore all’economia. Man mano che invecchiano e diventano obsolete, e forniscono sempre meno valore, possono sostenersi attraverso i prestiti.

La salute delle aziende pubbliche in un mercato libero si misura attraverso i prezzi delle loro azioni, ma in un’economia fiat anche questo aspetto può essere manipolato. Le grandi aziende possono utilizzare i prestiti per riacquistare azioni proprie; indebitandosi possono dare l’illusione della prosperità nascondendo la riduzione dei profitti. Molti amministratori delegati effettuano riacquisti di azioni proprie perché è molto più semplice che innovare. IBM, ad esempio, ha speso $201 miliardi in riacquisti di azioni proprie nel periodo dal 1995 al 2019 e aveva una capitalizzazione di mercato di quasi $124 miliardi al momento della stesura di questo articolo. È una compagnia zombi che protrae la sua esistenza nutrendosi di denaro fiat.

Molte di queste grandi aziende non hanno nemmeno bisogno di realizzare profitti. Molte compagnie aeree, ad esempio, perdono denaro se si osservano i posti occupati, ma sopravvivono solo attraverso giochi fiat, come la vendita di miglia aeree alle società di carte di credito. Inoltre ricevono fondi di salvataggio, ma dichiarano regolarmente bancarotta per saldare i loro debiti. La crescita e il mantenimento di queste grandi aziende sono alimentati dalla finanza fiat e sono del tutto innaturali. Sono morti viventi.

La zombificazione dell’economia significa che tutte le risorse di cui hanno il controllo non vengono utilizzate per attività produttive. L’imprenditorialità e l’innovazione vengono messe da parte per l’ossificazione di ampie porzioni dell’economia. È un miracolo se una piccola azienda, o un singolo imprenditore, abbia successo.


STARTUP

“Ma ci sono tante startup!” O almeno così dicono i commentatori mainstream. Le startup sono legate alla stessa economia fiat come qualsiasi altra azienda. Il gioco a cui giocano è quello di diventare una grande azienda il più rapidamente possibile, perché in un’economia fiat le piccole aziende hanno troppi svantaggi.

Le piccole imprese non hanno accesso a prestiti a basso costo e non hanno a disposizione nessuna di quelle grandi manovre aziendali senza diventare più grandi e velocemente, pertanto l’unico modo per ritagliarsi una nicchia nell’economia è diventare una grande azienda. Questo è il motivo per cui esiste un intero settore del capitale di rischio che alimenta la loro crescita.

I venture capitalist sono come il dottor Frankenstein: cercano di trasformare le piccole aziende in grandi. Il loro tasso di fallimento è sorprendente perché i venture capitalist (VC) non ritengono le piccole aziende redditizie come un successo e sono interessati solo a quelle di grandi dimensioni. Sono come gli allevatori di suini che cercano di far ingrassare i loro prodotti prima di venderli sul mercato.

I VC sanno che le piccole imprese hanno uno svantaggio permanente e che raggiungere una certa grandezza è fondamentale per acquisire valore in un’economia fiat, quindi ogni startup viene creata affinché cresca a tutti i costi. L’ecosistema delle startup che abbiamo oggi è interamente dovuto ai cattivi incentivi del denaro fiat: se un'azienda non raggiunge una certa dimensione viene acquistata o superata da un'altra azienda. Pertanto la maggior parte delle startup fallisce, cercando di raggiungere la soglia del miliardo di dollari e sprecando più tempo e risorse di Calvin Ayre.


IL VINCITORE PRENDE TUTTO

In altre parole le piccole aziende stanno tutte cercando di diventare grandi e lo spazio ai vertici è limitato. Il risultato del denaro fiat a livello aziendale è che esiste una dinamica in cui il vincitore prende tutto. Se non siete gli unici vincitori nel vostro segmento è probabile che verrete distrutti, perché il vincitore avrà sempre accesso a più prestiti di chiunque altro. I prestiti vanno a chi sta già vincendo ed essi verranno usati come armi. Il debito crea un’ossificazione dell’industria e le aziende in un’economia fiat spendono ingenti quantità di denaro e sforzi per rimanere dove sono.

I prestiti per queste aziende, se non vengono utilizzati per eliminare la concorrenza, vengono allora utilizzati per espandersi. Invece di creare nuovi prodotti e nuovi servizi, il denaro fiat viene usato per gestire meglio le aziende e rendere la produzione più efficiente. Questa non è una sorpresa poiché, come ho detto prima, è molto difficile gestire un'azienda oltre il numero di Dunbar. Ottenere anche solo un po’ più di produttività dalle migliaia di lavoratori è sicuramente un investimento migliore che in ricerca e sviluppo (R&S).

La triste realtà è che la ricerca e sviluppo nella grande azienda risulta essere uno spreco. Anche se si crea qualcosa di utile, non vi è alcuna garanzia che il resto dell'azienda ne tragga fuori un prodotto. Kodak, ad esempio, ha creato la prima fotocamera digitale, ma non l'ha portata avanti perché pensava che avrebbe danneggiato il suo business cinematografico. Xerox PARC ha realizzato la prima interfaccia utente grafica, ma non l'ha portata avanti perché il suo core business erano le fotocopiatrici. D’altro canto molti dipartimenti nel settore ricerca e sviluppo perseguono tecnologie del tutto irrealistiche che non hanno alcuna possibilità di successo. Progetti come la nanotecnologia, l'informatica quantistica e la fusione fredda sono ottimi per chi è alla ricerca di rendite, poiché possono affermare all'infinito che stanno facendo progressi ma non arrivano mai a destinazione.

Pertanto, con pochi progressi e un’efficienza leggermente migliore, la grande azienda utilizza il vantaggio del denaro fiat per mantenere la sua industria di riferimento ferma dove si trova.


MANCANZA DI PROGRESSO

Di conseguenza c'è poca o nessuna innovazione che effettivamente proviene dalle grandi aziende e otteniamo invece solo aggiornamenti incrementali per quanto riguarda la tecnologia.

Perché non abbiamo una migliore tecnologia nucleare? Perché siamo bloccati nel tentativo di far funzionare proposte energetiche in perdita come quella solare ed eolica? Perché non abbiamo ottenuto trasporti a lungo raggio migliori degli aerei, che non hanno migliorato i tempi di transito sin dagli anni ’70? Anche la migliore innovazione degli ultimi 50 anni, Internet, non è altro che una serie di miglioramenti incrementali del telegrafo.

Il denaro fiat ha bloccato il progresso sociale attraverso l’ossificazione delle aziende. Le grandi aziende possono vivere un’esistenza da zombi mentre le piccole che innovano vengono rapidamente ingrassate dal denaro dei VC e zombificate attraverso le banche commerciali. Le risorse finiscono agli zombi che sprecano risorse in modo da sopravvivere invece di fornire valore alla civiltà.


BITCOIN RISOLVE QUESTO PROBLEMA

I grandi vantaggi del denaro fiat concessi alle grandi aziende sono neutralizzati dal denaro sano/onesto. Con Bitcoin i prestiti costano molto di più, quindi tutti gli usi tipici dei grandi prestiti diventano improvvisamente non competitivi. Sottovalutare la concorrenza e perdere denaro per un lungo periodo costerà molto di più di adesso. Assumere le persone migliori rispetto ai vostri concorrenti e pagarli molto di più difficilmente fornirà un valore sufficiente, soprattutto se si siedono in panchina in modo che i vostri concorrenti non possano averli. E l’acquisizione di un’azienda dovrà essere giustificata da molti più profitti in seguito, una prospettiva molto più difficile senza denaro fiat.

Pertanto i vantaggi naturali delle piccole imprese inizieranno a riemergere nell’economia. I beni e i servizi saranno molto più personalizzati, verranno sperimentate molte più nuove idee e ne risulterà molta più innovazione. Poiché non ci sarà bisogno che diventino particolarmente grandi, non verranno alimentate forzatamente per crescere come un maiale. Avremo molte più piccole imprese in cui ogni individuo aggiungerà valore.

Anche le grandi aziende smetteranno di essere il luogo predefinito in cui le persone lavorano o vogliono lavorare. Assicurazioni, pensioni e simili non saranno sostenuti dalla stampante monetaria, quindi questi servizi saranno nuovamente guidati dal mercato. Le risorse verranno liberate dagli zombi che moriranno e verranno reindirizzate a innovatori e imprenditori. Infine vedremo più persone che dipenderanno dalle loro famiglie e comunità.

Le aziende nel nostro sistema attuale sono diventate troppo importanti. Le persone se ne libereranno perché Bitcoin libererà le loro catene. Le risorse sbloccate a seguito della morte di questi zombi saranno sorprendenti, ma, cosa ancora più importante, la vita moderna sembrerà molto meno simile a un branco di zombi e tornerà a essere molto più umana.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 17 aprile 2024

La schiavitù del debito non porta ad alcuna prosperità

 

 

di David Stockman

Di recente il debito federale è aumentato di $1000 miliardi ogni 100 giorni; sono $10 miliardi al giorno, $416 milioni all'ora.

Infatti il debito dello Zio Sam è aumentato di $470 miliardi nei primi due mesi di quest’anno, raggiungendo i $34.500 miliardi e si appresta a superare i $35.000 miliardi in poco più di un mese, i $37.000 miliardi ben prima della fine dell’anno e i $40.000 miliardi nel 2025. Si tratta di circa due anni in anticipo rispetto alle attuali previsioni del CBO (Congressional Budget Office).

Secondo il percorso attuale, inoltre, il debito pubblico raggiungerà i $60.000 miliardi entro la fine del periodo di bilancio decennale. Ma anche questo dipende dall’ultima versione dello scenario roseo del CBO, che non prevede alcuna recessione, un’inflazione al 2% e tassi d'interesse reali di appena l’1%. E questo per non parlare delle migliaia di miliardi in falsi tagli alla spesa e di aumenti fiscali a fine anno che sono incorporati nella linea di base del CBO, ma che il Congresso non permetterà mai che si materializzino.

Quando si arriva alla proiezione che il debito nel 2034 ammonterà a soli $60.000 miliardi, è solamente un pio desiderio. Il fatto che sarà probabilmente molto più elevato significa anche che il percorso di politica fiscale prevalente dell'Unipartito a Washington porterà il debito pubblico a $100.000 miliardi nei primi anni del 2040. Ciò significa, a sua volta, che la spesa annuale per interessi sarà quindi maggiore dell’intero bilancio federale del 2019.

Inutile dire che Biden non ha detto niente riguardo a questa calamità imminente. Sleepy Joe ha avuto anche l'audacia di vantarsi di aver ridotto il deficit federale di oltre la metà.

D’altra parte il punto di partenza di questa ridicola affermazione è il disastro alimentato dai lockdown e dagli stimoli fiscali, quando il deficit aveva raggiunto un sorprendente 16% del PIL. Tale cifra rappresentava un peso maggiore per l’economia statunitense rispetto al picco di deficit della Seconda Guerra Mondiale, quando l’America stava effettivamente combattendo due veri nemici in contrapposizione alla super-influenza pubblicizzata dal dottor Fauci.

Sin dalla decisione di Nixon a Camp David, quando il legame del dollaro americano con l’oro fu cancellato, il debito pubblico e la sua quota del PIL hanno avuto una tendenza costante verso il cielo.  Ora, però, sta letteralmente diventando parabolica.

Nel 1970 la cifra ammontava a $378 miliardi e rappresentava il 34,9% del PIL. Quest’ultima percentuale aveva raggiunto il picco di circa il 120% alla fine della Seconda guerra mondiale, ma nel quarto di secolo successivo aveva continuato a scendere costantemente.

Da quando l’ancoraggio del dollaro all’oro è stato reciso, la corsa al debito è diventata inarrestabile. La massiccia e persistente monetizzazione del debito pubblico da parte della FED ha causato una profonda repressione e falsificazione dei tassi d'interesse, trasformando così le battaglie partigiane sul debito pubblico che avevano contenuto i deficit fiscali prima del 1971 in un compiacente consenso unipartitico secondo cui i numeri del debito pubblico non contano.

Da allora il debito pubblico (linea viola) è aumentato di 90 volte fino al livello attuale di $34.500 miliardi, un aumento di gran lunga superiore alle 25 volte del PIL negli ultimi 53 anni. L’onere sul PIL (linea nera), quindi, è tornato ai livelli massimi visti nella Seconda Guerra Mondiale.

Debito pubblico in % del PIL, dal 1970 al 2023

Ma la vecchia idea che circola a Washington, secondo cui abbiamo vissuto per raccontarlo una volta in modo da poterlo fare di nuovo, è una totale sciocchezza. La grande differenza è che nel 1945 non c’erano praticamente beni di consumo o servizi da acquistare, a causa della totale mobilitazione dell’economia americana per la guerra. Infatti il razionamento in tempo di guerra e la conversione dell’industria alla produzione militare determinarono un’impennata del tasso di risparmio delle famiglie che raggiunse il 25% del reddito disponibile durante gli anni di punta della guerra.

Quello che è successo, quindi, è che il debito dei consumatori è stato ripagato, diminuendo di due terzi nel corso della guerra; anche il debito delle imprese è stato drasticamente ridotto. Di conseguenza l’America si è sostanzialmente salvata grazie all’enorme spesa pubblica e agli aumenti d'indebitamento generati dallo sforzo bellico.

In totale, durante i cinque bilanci di guerra dal 1942 al 1946, il governo federale spese $370 miliardi principalmente in spese belliche, di cui quasi la metà, ovvero $180 miliardi, furono finanziati da un enorme aumento del risparmio forzato (noto anche come tassazione federale). Nel corso della guerra il prelievo fiscale federale sul reddito nazionale venne triplicato, passando dall’8% del PIL al 24%.

Oltre a ciò, altri $110 miliardi vennero finanziati dall’enorme aumento dei risparmi privati ​​illustrato di seguito e che vennero incanalati in vendite di titoli di guerra al pubblico. Di conseguenza solo $80 miliardi, ovvero il 21% degli ingenti budget di guerra, furono effettivamente monetizzati dalla FED.

Risparmio delle famiglie in percentuale del reddito disponibile, dal 1939 al 1945

Come risultato di questi fattori, l’aumento di $180 miliardi del debito di guerra tra il 1939 e il 1946 fu accompagnato da un virtuale miracolo finanziario: il rapporto tra debito pubblico e privato e PIL era pari al 210% nel 1938, ma alla fine della guerra si era ridotto considerevolmente fino a raggiungere appena il 190% del PIL.

Proprio così. La più grande ondata d'indebitamento statale della storia fino ad allora era stata realizzata con una effettiva riduzione del peso del debito sull’economia statunitense!

Ciò che è accaduto, ovviamente, è stato che i controlli economici in tempo di guerra causarono il ripagamento di enormi quantità di debito privato, lasciando un immenso margine per l’assorbimento del debito pubblico da parte dei risparmiatori privati.

Nello specifico il debito delle famiglie si contrasse dal 60% del PIL nel 1938 ad appena il 20% nel 1945, mentre il debito delle imprese scese da circa il 90% del PIL al 40%. Nel complesso, quindi, il debito privato lasciò uno spazio enorme nel bilancio nazionale, scendendo dal 150% del PIL nel 1938 a solo il 60% alla fine della guerra.

E così fu finanziato il debito di guerra, senza una massiccia monetizzazione del debito pubblico. Fu un'impresa unica nel suo genere, del tutto irrilevante nel contesto finanziario odierno.

Crescita del debito federale durante la Seconda guerra mondiale

Rispetto al risparmio nella Seconda Guerra Mondiale, l’attuale economia americana è in realtà costruita sul contrario: un accumulo incessante e crescente di debito in tutti i settori economici. Tra le famiglie, ad esempio, il tasso di risparmio è ora al livello più basso del dopoguerra, pari ad appena il 2,9% del PIL.

A parte l’aberrazione del periodo 2020-2021, quando le famiglie erano inondate di denaro pubblico ma avevano luoghi limitati per spenderlo, l’attuale tasso di risparmio è appena un terzo del livello prevalente prima del 1980.

Tasso di risparmio netto delle famiglie, dal 1970 al 2023

Inutile dire che quando i risparmi privati ​​diminuiscono e i deficit pubblici sono continui e in aumento, non si può sfuggire alla devastazione economica. In altre parole, il tasso di risparmio nazionale netto (risparmio privato meno indebitamento pubblico) è stato negativo negli ultimi tre trimestri e probabilmente peggiorerà molto da qui in poi, poiché i deficit pubblici annuali torneranno ancora una volta verso la soglia dei $3-4.000 miliardi.

In altre parole, a differenza della Seconda Guerra Mondiale, nel bilancio nazionale non vi è alcun margine disponibile per far fronte a ulteriori aumenti cronici e su larga scala del debito pubblico. E a differenza dei primi anni del dopoguerra, quando il tasso di risparmio nazionale netto era del 10-12%, e quindi consentiva robusti aumenti degli investimenti privati ​​e della crescita del PIL reale, non c’è alcuna possibilità di “risolvere” gli attuali deficit e debiti alle stelle.

Invece ciò che abbiamo equivale a un circolo vizioso finanziario caratterizzato da una crescita economica sempre più bassa e da debito pubblico crescente da cui non c’è via di scampo. Ciononostante questa è la politica fiscale implicita dell'Unipartito a Washington.

Tasso di risparmio nazionale netto, dal 1965 al 2023

Naturalmente i politici presuppongono che esista una via di fuga attraverso la ripresa della monetizzazione del debito pubblico da parte della FED. Come mostra il grafico qui sotto, questo è esattamente ciò che ha ritardato il giorno della resa dei conti negli ultimi dieci anni, quando il bilancio della FED è passato dallo storico 5% del PIL a oltre il 25%.

Ahimè, i sostenitori del denaro sano/onesto avevano avvertito già da tempo che un simile esperimento sarebbe sicuramente fallito. Sia l’inflazione dei prezzi degli asset a Wall Street che quella dei beni/servizi a Main Street ce l'hanno ricordato.

In breve, non c’è via d’uscita dall’attuale calamità fiscale a meno che l’Impero non venga riportato a casa e il dominio del capitalismo clientelare non venga definitivamente messo a tacere.

Debito pubblico detenuto dalla Federal Reserve in percentuale del PIL, dal 1955 al 2023

La recente notizia che i prezzi delle case negli Stati Uniti sono aumentati del 6,1% su base annua è solo l'ennesimo promemoria del motivo per cui le politiche pro-inflazione della FED sono risultate insidiose: danno vita ad una battaglia continua tra i prezzi degli asset e i salari, e i primi vincono a mani basse.

Indice del prezzo medio delle case rispetto al salario orario medio, dal 1970 al 2023

Abbiamo indicizzato il prezzo medio di vendita delle case in America e il salario orario medio ai loro valori del primo trimestre del 1970, la vigilia di tutti i conseguenti eccessi e metastasi monetarie da allora in poi.

I dati non lasciano spazio a dubbi: i prezzi delle case oggi ammontano a 18,2 volte il loro valore nel primo trimestre del 1970, mentre i salari orari medi sono solo a 8,7 volte il loro valore di 54 anni fa.

Espresso in termini più pratici, il prezzo medio di vendita di quelle case da $23.900 nel primo trimestre del 1970 rappresentava 7.113 ore di lavoro al salario orario medio. Supponendo un anno lavorativo standard di 2.000 ore, i lavoratori salariati dovevano lavorare 3,6 anni per pagare una casa a prezzo medio.

Con il passare del tempo le politiche pro-inflazione della FED hanno fatto molto per abbassare i prezzi degli asset piuttosto che i salari. Pertanto, al momento dell'arrivo di Greenspan alla FED, dopo il secondo trimestre del 1987, erano necessarie 11.350 ore per acquistare una casa media, cifra salita a 12.138 ore nel primo trimestre del 2012, quando la FED rese ufficiale il suo obiettivo d'inflazione al 2,00%. E dopo ancora un altro decennio di politica monetaria inflazionistica, ora si attesta a poco meno a 15.000 ore.

Il prezzo medio di oggi di una casa, pari a $435.400, richiede 7,5 anni di lavoro standard al salario orario medio, il che significa che i lavoratori ora faticano ben più del doppio rispetto al 1970 per permettersi il sogno di possedere una casa.

Perché mai i nostri stimati banchieri centrali vorrebbero impoverire i lavoratori americani raddoppiando le ore lavorative necessarie per acquistare una casa a prezzo medio? E sì, l’assalto alla classe media è un fenomeno monetario. Non è stato causato dalla monopolizzazione del prezzo delle nuove case da parte dei costruttori, né dalla carenza di terra, legname, vernici o manodopera edilizia durante l'ultimo mezzo secolo.

Al contrario, quando la FED inflaziona il sistema monetario, gli effetti negativi che ne derivano si ripercuotono in modo disomogeneo sui mercati finanziari e sull’economia reale. I prezzi, compresi quelli del lavoro e degli asset, non si muovono di pari passo, perché la concorrenza estera mantiene bassi alcuni prezzi e salari, mentre il calo dei tassi d'interesse reali e i multipli di valutazione più elevati causano di per sé un aumento sproporzionato dei prezzi degli asset finanziari.

Pertanto il tasso di riferimento per tutti i prezzi di quest'ultimi – i titoli del Tesoro statunitense (UST) a 10 anni – è sceso drasticamente in termini reali durante gli ultimi quattro decenni. I tassi reali superiori al 5% durante gli anni ’80 scesero al range del 2-5% durante l’era Greenspan, per poi precipitare ulteriormente, fino allo zero o al di sotto, sulla scia della stampa monetaria dei suoi successori.

Rendimento aggiustato all'inflazione del decennale statunitense, dal 1981 al 2023

Lo scopo dichiarato della tendenza al denaro facile sopra descritta era quello di stimolare maggiori investimenti nel settore immobiliare in particolare, ma ciò non è avvenuto. Il rapporto investimenti immobiliari residenziali/PIL è sceso dalla zona storica del 5-6% prima del 1965 a una media del 4,5% durante il periodo del picco della bolla immobiliare nel 2005. Dopo il crollo durante la Grande Crisi Finanziaria si è attestato ad appena il 3% del PIL prima di rimbalzare irregolarmente al 3,9% nel 2023.

Comunque la si consideri, l’aggressiva espansione monetaria successiva al 1987 non ha stimolato investimenti incrementali nel settore immobiliare su base sostenibile. Invece ha portato a una speculazione alimentata dal debito sul patrimonio immobiliare esistente, facendo salire i prezzi molto più velocemente e più in alto della crescita del reddito e dei salari delle famiglie.

Investimenti in edilizia residenziale in % del PIL, dal 1950 al 2023

Una misura alternativa dell’impatto del denaro facile sugli investimenti immobiliari può essere vista nell’indice del completamento delle abitazioni rispetto alla popolazione statunitense. Dall’inizio degli anni ’70 tale rapporto ha avuto una tendenza costantemente al ribasso e ora si attesta solo al 45% del suo valore di 50 anni fa.

Inutile dire che se il credito ipotecario a basso costo fosse l’elisir che si dice che sia, suddetta tendenza avrebbe dovuto essere verso l'alto. In realtà si tratta di un ripudio dell’essenza stessa della tesi a favore di bassi tassi d'interesse.

Il sistema bancario centrale keynesiano ha sostanzialmente trasformato la classe media americana in schiavi del debito. Per sostenere il proprio tenore di vita a fronte dell’incessante e persistente deprezzamento del potere d’acquisto del proprio denaro e dei propri risparmi, la classe media ha accesso sempre più prestiti in risposta alla falsificazione dei tassi d'interesse da parte della FED.

Indice del completamento delle unità abitative private per la popolazione degli Stati Uniti, dal 1972 al 2023

Nel 1970 il debito ipotecario totale delle famiglie (linea viola) ammontava a $278 miliardi, che rappresentavano solo il 51% del reddito salariale.

Nel corso dei successivi 53 anni il debito ipotecario residenziale ha raggiunto le stelle, a un totale sbalorditivo di $13.000 miliardi nel terzo trimestre del 2023. Sebbene anche i redditi da lavoro salariato siano aumentati considerevolmente durante tale intervallo di tempo, l’aumento del reddito non ha nemmeno lontanamente tenuto il passo con l’aumento del debito.

Sebbene il debito ipotecario sia aumentato di 47 volte durante il periodo sopraccitato – da $550 miliardi nel 1970 agli $11.950 miliardi attuali – i salari sono aumentati solo di 22 volte. Di conseguenza il rapporto tra debito ipotecario delle famiglie e reddito da salario è ora pari al 108%, ben più del doppio del 51% dell’inizio del 1970.

Il problema con i prestiti usati per raggiungere la prosperità è che alla fine diventa una strada senza uscita. In primo luogo entra in scena la Legge dei rendimenti decrescenti derivanti dall’indebitamento e alla fine gli oneri del servizio del debito diventano decisamente debilitanti.

Fattori, i suddetti, sempre più caratterizzanti la storia dei bilanci delle famiglie in America, dove l'esplosione del debito ipotecario sopra descritta è stata aggravata dall'impennata del debito per auto, carte di credito, studenti e altri tipi di consumi. Nel complesso il debito totale delle famiglie ammonta ora a poco meno di $20.000 miliardi.

Debito delle famiglie e reddito da salari e stipendi, dal 1970 al 2022

Inutile dire che ciò rappresenta uno sbalorditivo multiplo di 42 volte rispetto ai $467 miliardi di debito totale delle famiglie (area viola) nel 1970. Allora i salari e gli stipendi delle famiglie (area nera) ammontavano a $560 miliardi, il che significa che il debito di tutti i tipi ammontava a solo l'83% dei guadagni.

Quando Greenspan subentrò alla FED nel 1987, la percentuale era già salita al 120% e da allora non si è più guardata indietro. Attualmente (2022) il debito delle famiglie, pari a $19.400 miliardi, rappresenta  il 171% degli $11.300 miliardi in salari e stipendi registrati.

Il problema con questo aumento nel rapporto di leva delle famiglie (debito rispetto al reddito) è che è stato imposto in modo disonesto. I capi della FED hanno incoraggiato la popolazione a credere che i tassi d'interesse sub-mercato e falsificati degli ultimi decenni fossero sostenibili indefinitamente e che l’inarrestabile aumento del rapporto di leva finanziaria delle famiglie non fosse nulla di cui preoccuparsi.

Ma, ahimè, invece lo è. Adesso l’aumento di 300 punti base (3,00%) dei tassi d'interesse medi già avvenuto da marzo 2022 equivale a $600 miliardi di maggiori spese per interessi delle famiglie, che a loro volta equivalgono a circa il 60% dell’attuale crescita annuale dei salari e degli stipendi. E questo presuppone l’assenza di una recessione. Nel caso di un’inevitabile contrazione il dolore economico sarebbe davvero schiacciante.

Oltre a un calo di $400 miliardi nei salari e negli stipendi in condizioni di recessione, si aggiungerebbero altri $600 miliardi in pagamenti di interessi. Nel complesso le famiglie si stanno dirigendo verso uno shock annuo da $1.000 miliardi o più per il loro tenore di vita.


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martedì 16 aprile 2024

I mercati più disfunzionali di oggi: Cina ed Europa

 

 

di Alasdair Macleod

All’indomani dei lockdown nel 2020, il mondo ha fatto registrare una crescita economica molto forte, principalmente un effetto base. Possiamo vederlo nella domanda di materie prime. La domanda di petrolio, ad esempio, ha raggiunto i livelli del 2019 solo alla fine del 2023. Nel 2020 la domanda di petrolio, come quella di altre materie prime, è crollata a un ritmo senza precedenti a causa dei lockdown. Ci sono voluti tre anni di crescita estremamente forte per tornare ai massimi precedenti. Si è trattato di effetti una tantum e in futuro la crescita sarà più in linea con la normale espansione economica mondiale.

Pertanto, a nostro avviso, il 2024 sarà un anno molto diverso rispetto agli ultimi tre anni. La crescita del PIL mondiale ha già rallentato in modo significativo, attestandosi ad appena il 3% lo scorso anno. Per quest’anno gli economisti della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e delle banche d’investimento prevedono una crescita del PIL simile. Riteniamo che queste previsioni siano troppo ottimistiche. Diverse regioni come l’Europa e la Cina hanno iniziato a rallentare e non ci è chiaro il motivo per cui dovrebbero improvvisamente riaccelerare. Altre regioni, come gli Stati Uniti, hanno ancora un’economia straordinariamente forte. Gli alti tassi d'interesse cominciano a farsi sentire e le due principali regioni che destano preoccupazione restano la Cina e l’Europa.

Per gran parte del XXI secolo, quando il resto dell’economia mondiale era in difficoltà, la Cina è stata il “motore della crescita di ultima istanza”. Lo stato cinese è riuscito a mettere il piede sull'acceleratore e a stimolare la domanda interna quando il suo settore di esportazione soffriva della debole domanda dall’estero. Ciò, a sua volta, ha mitigato la recessione economica in Occidente e l'ha aiutato a riprendersi più rapidamente. Ora, però, l’economia cinese stessa è finita in crisi e gli strumenti utilizzati in passato per stimolare la crescita non funzionano più. Gli economisti sono stati condizionati ad aspettarsi che la Cina venga in soccorso piuttosto che aggravare le difficoltà economiche interne, pertanto le attuali previsioni di un atterraggio morbido e di una riaccelerazione nella seconda metà di quest'anno potrebbero rivelarsi troppo ottimistiche.

Dall’inizio del secolo ogni volta che il resto del mondo si trovava in difficoltà, la Cina è andata avanti. Attraverso misure di stimolo aggressive la Cina ha rafforzato la domanda interna per raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi di crescita. A sua volta ciò ha aiutato le economie occidentali in difficoltà, poiché la domanda cinese per i loro beni non ha rallentato. Infatti spesso ha accelerato. Ciò ha avuto un effetto mitigante sulle contrazioni economiche in Occidente e ha aiutato queste economie a riprendersi più rapidamente.

Per essere chiari, l’economia cinese non è stata certamente immune dagli effetti negativi della crescita esterna. Ad esempio, nei primi giorni della grande crisi finanziaria del 2008, la crescita del PIL cinese ha subito un brusco rallentamento, passando da numeri a due cifre a “appena” il 6%. Ma la Cina ha avuto la capacità di disaccoppiarsi completamente dalla recessione che si è verificata in Occidente e lo ha fatto in modo estremamente rapido. Alla fine del 2009 l’economia europea era ancora in contrazione su base annua e quella statunitense era stagnante, mentre la Cina stava già crescendo di nuovo al 12% (Grafico 1). Ciò ha aiutato le economie occidentali a riprendersi più rapidamente, poiché la Cina ha importato più prodotti.

Grafico 1: In passato l’economia cinese non è stata immune dagli shock esterni, ma è riuscita a dissociarsene rapidamente. Fonte: GoldMoney Research, Banca Mondiale

Il rapido ritorno della Cina a una crescita a due cifre non ha aiutato solo le economie occidentali. Quando i prezzi delle materie prime hanno sofferto durante la grande recessione, la Cina ha riempito le sue scorte di materie prime e ciò ha aiutato le nazioni produttrici. I petrostati hanno sofferto meno e, a loro volta, anche la domanda di beni occidentali provenienti da queste regioni ha retto meglio di quanto sarebbe accaduto altrimenti.

Questo effetto è dimostrato nel grafico qui sotto (Grafico 2): la crescita nelle economie sviluppate rispetto alla sovraperformance della Cina (crescita del PIL cinese – crescita dell’economia sviluppata). In poche parole, quando l’Occidente aveva bisogno di una spinta, la Cina gliel'ha data.

Grafico 2: Dall’inizio del secolo la Cina ha fornito una spinta all’economia mondiale quando le economie occidentali ne avevano più bisogno. Fonte: Goldmoney Research, Banca Mondiale

Questo non è più stato vero durante la crisi sanitaria. La Cina ha optato per una linea di politica più estrema rispetto al resto del mondo e, quindi, ci è voluto più tempo affinché l’economia cinese si riprendesse. Una volta che la Cina ha posto fine a tutte le misure anti-Covid, un anno e mezzo fa, gli economisti si aspettavano che l’economia cinese andasse avanti a pieno ritmo.

Queste aspettative non si sono concretizzate. Sebbene l’economia cinese sia riuscita a crescere con numeri a doppia cifra nel 2021, questo è stato semplicemente un effetto di base dei primi lockdown, come abbiamo visto ovunque. Da allora l’economia cinese ha continuato a languire. Sebbene i dati economici ufficiali cinesi vadano presi con le pinze, essi mostrano che l’economia cinese ha subito un significativo rallentamento. Prima del Covid l’economia cinese cresceva almeno del 6% annuo; dopo che il Paese si è fermato a causa dei lockdown e ha iniziato a svegliarsi solo l’anno scorso non è riuscito a tornare ai ritmi di crescita del passato. Nel 2023 il PIL cinese era in espansione solo del 5,2%. Sebbene sia riuscito ad accelerare al 6,3% nel secondo trimestre, è sceso ad appena il 5,2% nel quarto trimestre del 2023.

La questione più urgente riguarda il settore immobiliare. Lo scorso anno la Cina ha vissuto numerosi fallimenti di alto profilo nel settore dello sviluppo immobiliare. Ma non sono solo i promotori immobiliari a vedersela brutta, l'intero settore è allo sbando. Il China Real Estate Climate Index, un indice del sentiment pubblicato dal China National Bureau of Statistics, mostra quello che può essere descritto solo come un crollo del mercato immobiliare cinese (Grafico 3).

Grafico 3: Il sentiment nel mercato immobiliare cinese è al punto più basso sin dalla nascita dell'indice. Fonte: Ufficio nazionale cinese di statistica

Il settore immobiliare cinese si trova ad affrontare enormi problemi strutturali mentre guardiamo indietro a due decenni di cementificazione. Secondo i dati della Banca Mondiale, nei dieci anni fino al 2021 la Cina ha aggiunto ogni anno 1.250 milioni di metri quadrati di nuove proprietà residenziali. Ciò equivale a 125 milioni di nuovi appartamenti con una dimensione di 100 metri quadrati (secondo Bloomberg la casa media cinese è di circa 90 metri quadrati). Altre fonti come Statista suggeriscono che in questo arco di tempo sono stati aggiunti circa 75 milioni di appartamenti. Allo stesso tempo la popolazione cinese è cresciuta di soli 63 milioni. Ciò che rende tutto ciò ancora più problematico è che la popolazione cinese ha raggiunto il picco nel 2021 e da allora sta diminuendo (Grafico 4).

Grafico 4: la popolazione cinese ha raggiunto il picco nel 2021 ed è ora in netto declino. Fonte: Ufficio nazionale di statistica cinese

Per molto tempo ciò non ha avuto importanza per i prezzi degli immobili, poiché i cinesi acquistavano immobili a fini d'investimento piuttosto che come luogo in cui vivere. Pertanto le esigenze abitative effettive non hanno avuto molta importanza per la domanda di immobili di nuova costruzione e, di conseguenza, per i prezzi. Gran parte delle unità di nuova costruzione non sono mai state occupate.

Sembra, però, che la realtà abbia finalmente raggiunto il mercato immobiliare cinese. Da anni circolano segnalazioni di intere città fantasma, ma fino a poco tempo fa ciò non aveva un grande impatto sul ritmo delle nuove costruzioni; ora invece sembra che la bolla stia finalmente scoppiando. Secondo la Banca Mondiale (Grafico 5) ​​la costruzione di nuove costruzioni è in netto calo.

Grafico 5: I nuovi progetti edilizi in Cina sono nettamente inferiori. Fonte: Banca Mondiale, Goldmoney Research

Ciò crea gravi guai per Pechino. In passato, quando l’economia incontrava un intoppo, la Cina stimolava con successo l’economia tramite il settore edile, ma ora gli acquirenti potrebbero non essere più attirati.

Il malessere economico si riflette anche nei prezzi delle azioni cinesi. Il CSI 300, il principale indice blue-chip cinese, è in netto calo rispetto ai massimi (Grafico 6). Anche se i prezzi azionari non sono necessariamente indicativi dell'economia sottostante, il lento crollo del mercato azionario cinese è in netto contrasto con gli indici dei mercati azionari occidentali, molti dei quali hanno raggiunto nuovi massimi nelle ultime settimane.

Grafico 6: Il mercato azionario cinese è sceso nettamente dai suoi massimi. Fonte: Goldmoney Research

Ciò è particolarmente significativo perché il governo cinese ha adottato diverse misure negli ultimi mesi, non solo per stimolare l’economia, ma soprattutto per sostenere i prezzi degli asset finanziari. Il fatto che finora abbia fallito indica che i problemi economici sottostanti sono decisamente gravi.

Anche se quanto sopra descritto suggerisce che la Cina non verrà in soccorso qualora l’Occidente ne avesse bisogno, finora i problemi economici della Cina non si sono ancora riversati sui Paesi sviluppati. I problemi del mercato immobiliare sono principalmente legati alla crescita, poiché il settore rappresenta gran parte del PIL cinese e dà lavoro a molte persone, ma non abbiamo ancora assistito a importanti correzioni dei prezzi. Nel mese di febbraio i prezzi degli immobili sono scesi per l'ottavo mese consecutivo, ma sono in calo solo dell’1,4% su base annua. Se i prezzi scendessero ulteriormente, prevediamo che anche i consumi cinesi inizieranno a soffrirne.

La ragione risiede nell’importanza del settore immobiliare per la ricchezza delle famiglie cinesi. Secondo i dati economici di Bloomberg, il 70% del patrimonio familiare cinese è vincolato al settore immobiliare. Ogni calo del 5% dei prezzi immobiliari spazzerà via circa $2.700 miliardi di ricchezza delle famiglie. Dato che il settore immobiliare è una parte essenziale della ricchezza delle famiglie cinesi, sarà molto difficile cercare di far ripartire l’economia stimolando i consumi interni in un contesto del genere. Le persone che sentono di diventare più povere non vogliono spendere più soldi in beni non d'investimento, non importa quanto il proprio governo voglia stimolarli a farlo.

Finora non abbiamo visto grandi effetti di ricaduta del crollo immobiliare sulla domanda cinese di beni esteri. Tuttavia in alcuni settori si registrano segnali chiari: l’area più visibile che manca agli acquirenti cinesi è il settore dei beni di lusso. Essi costituiscono una quota significativa nel mercato mondiale degli articoli di lusso: ad esempio, secondo Statista la Cina rappresentava una quota maggiore del segmento totale degli orologi di lusso rispetto ai successivi 3 Paesi messi insieme (Grafico 7).

Grafico 7: La Cina ha la maggiore domanda di orologi di lusso a livello mondiale. Fonte: Statista, Goldmoney Research

Secondo vari indici di prezzo, i prezzi degli orologi di lusso sul mercato secondario sono diminuiti del 25-35% rispetto al picco del 2022. Prove aneddotiche suggeriscono che anche la bolla degli articoli di moda di lusso, come le borse firmate, di cui alcune sono state vendute a un prezzo di vendita superiore a quello ufficiale sul mercato secondario, si sta sgonfiando. Inoltre anche i prezzi per i segmenti più costosi dei vini francesi sono in netto calo rispetto al loro picco (Grafico 8).

Grafico 8: I prezzi dei vini di lusso francesi hanno registrato una tendenza al ribasso. Fonte: Live-ex

Sebbene il mercato mondiale degli articoli di lusso non sia sufficientemente ampio da creare problemi economici nei soli Paesi produttori (e, cosa ancora più importante, la domanda di nuovi articoli supera ancora l’offerta, consentendo a questi marchi di continuare ad aumentare i prezzi e vendere quanto scelgono di produrre), è indicativo che i cinesi non spendano più i loro soldi come facevano in passato. Se e quando ciò si estenderà ad altri settori è ancora da vedere.

Un settore che continuiamo a monitorare è quello automobilistico. Le case automobilistiche cinesi producono quasi 30 milioni di unità all’anno, circa un terzo della produzione automobilistica mondiale. Se gli acquirenti cinesi iniziassero a rifuggire dall’acquisto di nuove auto, i produttori in un primo momento spingerebbero queste auto sul mercato mondiale, intensificando la pressione competitiva per i produttori occidentali, ma alla fine avrebbero bisogno di ridurre la produzione abbassando così la quota delle importazioni di materie prime.

Febbraio ha visto un significativo calo delle vendite rispetto all’anno precedente. Sebbene non sia insolito osservare un calo anno su anno nelle statistiche sulle vendite di automobili cinesi per un mese (Grafico 9), ciò diventerebbe più preoccupante se lo vedessimo ripetersi per diversi mesi.

Grafico 9: A febbraio le vendite di automobili cinesi sono diminuite rispetto all'anno precedente. Fonte: Centro cinese di tecnologia e ricerca automobilistica, Associazione cinese dei produttori automobilistici, Goldmoney Research

A nostro avviso i problemi economici della Cina sono lungi dall’essere risolti. Il settore immobiliare dovrà attraversare una fase di consolidamento pluriennale e temiamo che il calo dei prezzi osservato finora sia solo l’inizio. Si tratta di un punto di svolta per il resto del mondo e riteniamo che la maggior parte degli economisti occidentali non ne abbia compreso appieno le implicazioni. In passato l’impegno della Cina nei confronti della crescita ha fatto sì che, durante i periodi di rallentamento economico o di recessione nel mondo occidentale, la Cina rilanciasse la propria economia interna dando un certo sollievo alle industrie di esportazione nel resto del mondo. Di ciò hanno beneficiato soprattutto i Paesi esportatori di materie prime, ma anche gli esportatori di beni industriali hanno visto una forte crescita dei loro prodotti mentre le esportazioni verso i Paesi vicini sono diminuite.

Se entrassimo ora in una recessione mondiale, questo sostegno cinese con ogni probabilità non esisterebbe. La Cina dovrebbe trovare nuovi modi per sostenere la propria economia, anche se il settore edile non è più trainante. Anche se riuscissero a stimolare nuovamente l’economia interna, ciò non avrebbe lo stesso effetto sul resto del mondo come avvenuto in passato. Nel peggiore dei casi i problemi economici della Cina si intensificheranno, proprio nel momento in cui gli alti tassi d'interesse iniziano a incidere pesantemente sull’Europa. E infatti l'altra regione in grande difficoltà è proprio l'Europa.

Il PIL delle economie europee ha registrato una forte tendenza al ribasso per gran parte dello scorso anno. La Germania è in una leggera recessione ormai da un anno e altri Paesi, come Francia e Italia, hanno resistito meglio, ma ora sono anch’essi vicini alla recessione. L’Eurozona nel suo insieme mostra ancora una crescita del PIL (appena) positiva, ma ora è al livello più basso dall’uscita dai lockdown (Grafico 10).

Grafico 10: Il PIL delle economie europee ha registrato un forte trend al ribasso. Fonte: Goldmoney Research

Anche gli indici PMI hanno fatto registrare una tendenza al ribasso ed essi indicano le tendenze economiche. Sono compilati intervistando i manager nei settori manifatturiero e topografico, e viene chiesto se le cose stanno migliorando o peggiorando. Un numero superiore a 50 significa espansione rispetto al mese precedente, un numero inferiore significa contrazione e 50 significa nessun cambiamento. Gli indici PMI compositi europei (manifatturiero e servizi) indicano una contrazione sin dalla metà dello scorso anno. Sebbene alcuni Paesi abbiano fatto registrare una leggera ripresa rispetto ai minimi degli ultimi mesi, si trovano ancora in territorio di contrazione, anche se a un ritmo più lento (Grafico 11).

Grafico 11: Gli indici PMI compositi europei indicano una contrazione. Fonte: Goldmoney Research

Gli indici PMI manifatturieri mostrano un quadro pessimo. Lo scorso anno hanno fatto registrare una forte contrazione e riteniamo che ciò sia dovuto principalmente allo shock energetico. Da allora i prezzi europei dell’energia sono scesi drasticamente e sono vicini ai livelli storici, ciononostante gli indici PMI manifatturieri europei indicano ancora una contrazione (Grafico 12).

Grafico 12: Gli indici PMI manifatturieri europei mostrano una forte contrazione. Fonte: Goldmoney Research

È interessante notare che questo contesto economico debole non ha ancora comportato un aumento della disoccupazione. Tra le maggiori economie europee solo la disoccupazione tedesca è aumentata, ma è ancora ben al di sotto dei livelli successivi ai lockdown, e molto al di sotto dei livelli post-crisi finanziaria (Grafico 13).

Grafico 13: Il debole contesto economico in Europa non ha ancora portato a un aumento della disoccupazione. Fonte: Eurostat, Goldmoney Research

Questo non è insolito per l’Europa. A differenza degli Stati Uniti l’occupazione è fortemente in ritardo rispetto alla contrazione economica e questo è probabilmente il risultato di leggi sul lavoro molto più rigorose.

È importante sottolineare che l’Europa non sta uscendo da una recessione, mentre invece essa è appena iniziata. I prezzi europei del gas e dell’elettricità sono scesi dell’80-90% rispetto a un anno fa e sono vicini al range storico e a prima vista ciò potrebbe suggerire che la carenza energetica che ha portato agli attuali problemi economici sia ormai alle nostre spalle. Ma il motivo per cui i prezzi dell’energia sono più bassi è perché la domanda si è contratta tanto. Sebbene il settore industriale abbia svolto un lavoro straordinario nell’attuazione di misure di efficienza energetica, gran parte di questa distruzione della domanda energetica industriale è dovuta alla chiusura permanente della capacità produttiva poiché la produzione ad alta intensità energetica si è spostata altrove. Questo significa che la normalizzazione dei prezzi energetici europei non significa che anche l’economia europea tornerà alla normalità. Se così fosse, tornerebbe a far capolino anche la carenza di energia. A nostro avviso è più probabile che in futuro l’effetto della perdita di capacità produttiva avrà effetti di ricaduta sul resto dell’economia. Ci aspettiamo che la disoccupazione aumenti in futuro e ci aspettiamo anche un rallentamento, o addirittura una contrazione, in altri settori oltre a quello manifatturiero.


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lunedì 15 aprile 2024

NATO: è tempo di eliminare il serpente nel giardino degli Stati Uniti

 

 

di Tom Luongo

Il trambusto della scorsa settimana a Bruxelles ha visto i ministri degli Esteri della NATO emergere dalle loro buche sottoterra in cerca di cibo ora che il clima si sta riscaldando per la primavera.

E portavano con sé un messaggio: più per loro e meno per noi. Sono pronti a rubarci il cibo dalle bocche, i figli dalle nostre case, per dare all’Ucraina l’aiuto di cui ha bisogno e sconfiggere la Russia in una guerra che solo loro vogliono.

Per raggiungere questo obiettivo strangolerebbero il processo politico interno; tradirebbero il loro ruolo di diplomatici parlando con lingue biforcute, confondendo le condizioni del dialogo con la Russia e porre fine ai combattimenti.

Il messaggio della politica estera della NATO è semplice: “Prima facciamo la guerra, poi parliamo”. I fatti sul campo non contano; i deficit di bilancio non contano; il crollo del sostegno pubblico all’Ucraina non ha importanza. Tutto ciò che conta è ciò che vogliono queste persone.

E vogliono la guerra, ma allo stesso tempo non ammetteranno mai che questo è esattamente ciò che vogliono.

Stoltenberg ha superato di un anno la sua data di scadenza e a questo punto è ancor di più un’anatra zoppa rispetto al presidente francese Emmanuel Macron. Il problema per coloro che di fatto gestiscono la NATO è che non riescono a mettersi d'accordo sul chi dovrebbe sostituirlo... un neoconservatore britannico, o un neoliberista olandese?

Nella stessa settimana in cui i ministri della Difesa francese e russo hanno avuto una franca conversazione sull’Ucraina, sull’attacco di Mosca contro i civili e su quanto velocemente la Russia vaporizzerà le truppe francesi inviate in battaglia, ci viene offerto il completo abbandono di ogni pretesa diplomatica.

E anche così, se Mark Wauck e Alex Mercouris hanno ragione, suddetta discussione è stata più uno sforzo diplomatico di qualsiasi altra cosa proveniente da Bruxelles.

Mercouris, ovviamente, ha molto altro da dire, ma questo è il punto: i russi sono stati costretti a entrare in questa guerra, ma ora che ci sono dentro, la fanno per vincere. Mercouris riassume la situazione così:

I russi non subiscono alcuna pressione per negoziare. Stanno vincendo la guerra e lo sanno. L’Occidente, se vuole evitare un disastro geopolitico – ciò che rappresenterebbe una sconfitta in Ucraina – deve parlare con i russi. Ma avanzare proposte incomplete, come un ritorno a Istanbul o un conflitto congelato, non porterà da nessuna parte. Ciò non farà altro che infastidire ancora di più i russi. La cosa logica e giusta da fare è chiedere ai russi cosa vogliono esattamente in Ucraina e vedere se è possibile per incontrarsi a metà strada. È diplomazia ovvia e basilare.

È passato talmente tanto tempo qui negli Stati Uniti dal momento in cui abbiamo avuto un Segretario di Stato che non fosse determinato a entrare in guerra contro Russia, Iran, o Cina (o tutti e tre contemporaneamente) che abbiamo dimenticato cosa significhi essere diplomatici.

Pensateci: la triste tecnica di Antony Blinken fa addirittura rimpiangere i giorni di Condoleeza Rice.

La differenza tra allora e oggi è che Putin non aveva detto alla NATO di “andare al diavolo”.

Qualcuno infatti ricorda che nel 2007 Vladimir Putin fu invitato a parlare alla Conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco. Allora era altrettanto disposto a dire all’Occidente quello che avevano bisogno di sentire piuttosto che quello che volevano sentire, ma almeno facevamo finta di ascoltarlo.

Blinken è competente solo nel ruolo di anti-diplomatico e il motivo per cui è peggio della Rice, o addirittura di Hillary Clinton, è che non è nemmeno coerente. Dopo l'attacco terroristico a Mosca ha pronunciato parole sull'adesione dell'Ucraina alla NATO sapendo che questa è la strada verso una guerra degli Stati Uniti contro la Russia.

Ma Mercouris e Wauck credono entrambi che si tratti di una sorta di bluff da parte di Blinken. Mi piacerebbe credere che abbiano ragione. Il consigliere Jake Sullivan che si rompe una costola e cancella il suo viaggio in Arabia Saudita va nella direzione opposta. Voglio dire, c'è un'alta probabilità che ciò accada quando “si cade dalle scale” o qualunque scusa uno voglia mettere.

Così come circolano voci secondo cui gli Stati Uniti avrebbero detto all'Iran che non si arrabbieranno se quest'ultimo colpirà duramente Israele come rappresaglia per l'attacco all'ambasciata iraniana a Damasco. I cittadini israeliani sembrano credere a questa voce, cercando le uscite, facendo scorta di carta igienica, ecc.

Oggi possiamo vedere cosa c'è di fondamentalmente sbagliato nella NATO.

Con tutto il rispetto per Macron, chi altro sta producendo questo livello di propaganda? Chi guida sempre questo autobus verso il bordo del precipizio? Chi eserciterà maggiori pressioni sul presidente Mike Johnson affinché faccia passare alla Camera il disegno di legge sugli aiuti all'Ucraina che invece ha tenuto a bada per quasi 6 mesi?

Esattamente chi vi aspettereste se aveste ancora tre cellule cerebrali funzionanti e una conoscenza fugace di qualcosa noto come “storia”.

L'unica cosa positiva che ho da dire sulla resurrezione politica di David Cameron è che non è Winston Churchill.

Non so voi, ma io sono stanco di scrivere e dire che la NATO non è più adatta allo scopo sin dalla fine della Guerra Fredda. Ma se le cose stanno così, allora perché ha ottenuto un nuovo quartier generale, nuovi membri e tutti i leader occidentali che gridano per avere più soldi?

Sappiamo tutti perché e questo è il problema fondamentale.

La NATO è l’alleanza da cui i Padri Fondatori ci mettevano in guardia già nel XVIII secolo ed è giunto il momento di trovare una via d'uscita dalla trappola che rappresenta l'appartenenza a essa. Come deterrente contro future aggressioni, la NATO può essere vista come una cosa necessaria; come tutte le organizzazioni che si trovano ad affrontare la fine della propria vita, però, ha dovuto trovare nuovi modi per mantenere la propria rilevanza dopo che abbiamo dissanguato l’URSS con un’abile combinazione di spese per la difesa e $8 al barile di petrolio.

Questo è anche il motivo per cui la Guerra Fredda non è mai veramente finita. Ha semplicemente cambiato pelle e con essa la NATO. Il problema con la maggior parte delle analisi sul conflitto attuale è che siamo tutti bloccati (me compreso a volte) all’interno della struttura dello Stato-nazione.

Gli Stati Uniti ne hanno bisogno; il Regno Unito ne ha bisogno; la Russia ha bisogno di qualcos’altro.

Ma questo quadro è inadeguato per descrivere tutto ciò che sta accadendo, a meno che non si mappi l’unità geografica con la fazione globalista dominante all’interno di ciascuna regione dell’Occidente. E ognuna di loro ha programmi e obiettivi molto diversi rispetto a Ucraina e Russia.

Ne ho scritto la scorsa settimana e vale la pena di ripeterlo:

L’Ucraina è diventata fisicamente il campo di battaglia a qualsiasi livello. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, attraverso la loro influenza in Polonia e nei Paesi Baltici, sono stati usati dall'UE per fomentare questa guerra. Portarli in bancarotta (insieme alla Russia) attraverso il conflitto li costringe a tornare ad essere fonti di materie prime a basso prezzo, mentre vengono esportate leggi e regole dell’UE in quei luoghi che hanno il privilegio (dal loro punto di vista) di fare affari con essa.

Dal punto di vista di tutti e tre i giocatori, se l'Ucraina batte la Russia, allora è vittoria per tutti. Alla fine Putin verrà deposto, la Russia sarà umiliata e avrà inizio la tanto desiderata disgregazione del loro impero. L’Europa ottiene il suo Grande Reset; il Regno Unito riesce a mantenere il controllo sull’impero marittimo, rivendicando il controllo della NATO sul Mar Nero e costringendo i produttori di petrolio arabi a rimettersi in riga; gli Stati Uniti riescono a sfruttare la caduta della Russia per indebolire la Cina e fermare l’ulteriore integrazione dei BRICS.

In breve, il mondo tornerebbe agli anni ’90, quando tizi come Bill Browder andavano in giro a comprare tutto e gli oligarchi russi, messi in riga da Putin, spadroneggiavano. Fukuyama avrebbe infine ragione.

Ma, come ho detto, il vero obiettivo di questa guerra non è solo conquistare la Russia, ma anche far sprofondare gli Stati Uniti, facendoli pagare i costi per combattere una guerra che non sono in grado di sostenere.

La NATO non può e non deve sopravvivere a queste tensioni se le sue vittime designate, Russia/Cina/Iran, combattono anche lontanamente con competenza.

Tutti capiscono che questa è una corsa contro un orologio politico ed economico che in Occidente sta rapidamente scendendo fino a zero. Tutto ciò che la Russia deve fare è continuare a ottenere conquiste territoriali in Ucraina, l’Iran non reagire in modo eccessivo alle provocazioni di Israele e la Cina ignorare le lamentele sui dazi e su Taiwan.

E tutto ciò che gli americani, stanchi di tutto questo, devono fare è tenere chiuso il rubinetto monetario alla NATO e all’Ucraina, per quanto politicamente possibile.

Questo è il motivo per cui stiamo assistendo a tutta una serie di pressioni da parte del Regno Unito e dell’UE affinché gli Stati Uniti si concentrino nuovamente sull'Ucraina. È per questo che tutti a Capitol Hill odiano il presidente Mike Johnson e perché i coltelli sono puntati contro di lui da tutte le parti, compreso il suo stesso partito.

Sì, sto guardando proprio te, Marjorie Taylor Greene...

Gli Stati Uniti stanno chiaramente cercando un modo per districarsi da questo pasticcio, anche se tutto ciò che le vipere di K-Street vogliono è che ci si scateni contro la Cina.

L’analisi costi/benefici per gli Stati Uniti, soprattutto in un anno elettorale, non quadra. E non c’è alcun effetto leva reale che l’Europa possa applicare agli Stati Uniti se non attraverso più soldi ai politici venduti a Washington.

Per tutti i motivi di cui parlo da sei anni, i ricordi della Seconda Guerra Mondiale stanno svanendo. Le generazioni di americani impresse nella menzogna della Pax Americana del secondo dopoguerra stanno morendo (boomer) o non se ne preoccupano più, semmai se ne sono preoccupati (Generazione X).

I millennial e gli “zoomer” non sono coinvolti in questa mitologia, sanno che le loro teste sono sul ceppo.

Niente di tutto questo è nel loro interesse. Gli Stati Uniti, in quanto nazione in guerra con sé stessa, proveranno un’ultima volta quest’autunno a votare per uscire dall’Europa prima che la situazione qui diventi brutta. Ascoltate di nuovo attentamente l'arringa di Cameron: c’è una minaccia implicita non solo nel linguaggio ma anche nella sua messa in scena.

Attenzione, gente, queste persone sono nemiche di tutto ciò che è buono e dignitoso nel mondo. Abbiamo un sacco di serpenti qui negli Stati Uniti che eseguono gli ordini che vengono dati loro, vendendoci vecchie bugie e agendo al di fuori dei limiti della legge.

Ma ciò che sta diventando ovvio è che l’era della guerra extra-curriculare statunitense è finita. Molte persone si rifiutano di guardare la copertina del rapporto del TPS per paura di “capire l'antifona”.

Purtroppo la maggior parte di loro lavora alla NATO e non si stanno risparmiando nel loro vandalismo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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