Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-gli-inglesi-hanno-inventato-3ec)
“Ciò che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi è un tipo molto specifico di colpo di stato, chiamato Rivoluzione colorata”.
Lo affermò l'ex-collaboratore di Trump, Darren Beattie, durante un intervento al programma di Tucker Carlson il 15 settembre 2020.
La maggior parte delle persone aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di sospetto nelle elezioni successive, ma era difficile dire cosa.
Beattie diede un nome al problema: lo chiamò “Rivoluzione colorata”.
La definì come “un modello di cambio di governo favorito da molti nel nostro apparato di sicurezza nazionale. Utilizza uno scenario elettorale contestato e progettato” per interrompere e scavalcare le elezioni legittime, spiegò Beattie.
L'America aveva utilizzato questa tecnica per decenni in modo da rovesciare i governi all'estero.
Ora, accusò Beattie, si stava pianificando un'operazione simile contro Trump.
Il suo avvertimento si rivelò profetico.
Gli americani potrebbero non essere d'accordo sul fatto che si sia trattato di un “colpo di stato” o di una “insurrezione” di Trump, ma la maggior parte concorderebbe sul fatto che gli eventi dal 3 novembre 2020 al 6 gennaio 2021 non si potevano considerare delle normali “elezioni”.
Beattie accusò gli “atlantisti”
Quando Beattie mise in guardia contro una “Rivoluzione colorata”, infranse un tabù temibile.
L'ultima persona che cercò di denunciare le rivoluzioni colorate in TV fu Glenn Beck nel 2010. La Fox News cancellò il suo programma poco dopo.
Ora Beattie aveva raccolto la torcia, ma andò oltre.
Mentre Beck incolpava George Soros per aver finanziato le Rivoluzioni colorate, Beattie accusava lo stesso governo degli Stati Uniti, in particolare il nostro “apparato di sicurezza nazionale”.
Beattie sottolineò, in particolare, una cricca di agenti di politica estera noti come “atlantisti”.
Atlantista è un termine diplomatico che indica una persona che antepone gli interessi britannici a quelli americani.
Gruppi del fronte britannico
Nel mio ultimo articolo, “In che modo gli inglesi hanno venduto il globalismo all’America”, ho spiegato come le reti di influenza britanniche esercitino un “soft power” su Washington, operando attraverso gruppi di facciata come il Council on Foreign Relations (CFR).
La missione principale di questi fronti britannici è quella di promuovere l'atlantismo, ovvero l'idea che l'America debba sempre intervenire in soccorso della Gran Bretagna quando questa è coinvolta in una guerra.
Prima di partecipare al programma di Tucker Carlson, Beattie aveva scritto una serie di articoli sul sito Revolver News, di cui è curatore.
La serie di Beattie aveva smascherato una rete di ONG statunitensi fondate e finanziate dal governo degli Stati Uniti, la cui missione è quella di sovvertire le elezioni e rovesciare i governi di tutto il mondo, con il pretesto di “promuovere la democrazia”.
La loro arma preferita è la Rivoluzione colorata.
Beattie si riferiva a questi gruppi come “ONG atlantiste”.
Il mostro di Frankenstein
Secondo Beattie, queste “reti atlantiste” includono gruppi come il Transatlantic Democracy Working Group, il German Marshall Fund, il National Endowment for Democracy (NED) e i suoi due gruppi affiliati, l'International Republican Institute (IRI) e il National Democratic Institute (NDI).
Beattie rivelò che gli stessi “professionisti della Rivoluzione colorata” che gestiscono queste ONG “allineate agli atlantisti” hanno anche svolto ruoli di primo piano nella “resistenza” anti-Trump.
Infatti Beattie sosteneva che l'America aveva creato il suo mostro di Frankenstein.
Le stesse armi che avevamo impiegato per sovvertire le elezioni in altri Paesi ora venivano rivolte contro di noi, per indebolire le nostre elezioni.
Chi c'era dietro tutto questo? Chi aveva il potere di prendere il controllo delle ONG americane per la “promozione della democrazia” e di rivoltarle contro il loro stesso padrone, il governo degli Stati Uniti?
Chi erano questi “atlantisti” accusati da Beattie?
Il Grande gioco
L'Oxford English Dictionary definisce “atlantismo” come “una linea di politica o un principio di stretta cooperazione militare, economica e politica tra Europa e Nord America, o tra un Paese europeo e uno nordamericano; in particolare sostegno o difesa della NATO”.
Questa definizione può essere vera, ma è anche fuorviante. Non coglie il punto: il vero scopo dell'atlantismo è consolidare l'alleanza militare tra Stati Uniti e Regno Unito.
La Carta Atlantica del 1941, che stabilisce i principi guida dell'atlantismo, è un accordo tra due Paesi, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
Tutti gli altri Paesi sono semplicemente pedine nel cosiddetto Grande gioco.
La NATO (talvolta chiamata “Alleanza Atlantica”) è il meccanismo di attuazione dell’ordine atlantista.
Il primo segretario generale della NATO, Lord Hastings Ismay, spiegò che lo scopo della NATO è “tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto”.
Nel 1944, quando Charles de Gaulle si oppose all'ingerenza degli Stati Uniti negli affari francesi, Winston Churchill lo rimproverò con queste parole: “Se la Gran Bretagna deve scegliere tra l'Europa e il mare aperto, dovrà sempre scegliere il mare aperto. Ogni volta che dovrò decidere tra te e Roosevelt, sceglierò sempre Roosevelt”.
Con queste parole, Churchill ricordò a de Gaulle che il posto della Francia nella cosiddetta “Comunità atlantica” era, nella migliore delle ipotesi, di scarsa importanza.
Propaganda britannica
L'espressione “Comunità Atlantica” fu coniata dal giornalista americano Walter Lippmann nel 1917. Come tanti giornalisti americani dell'epoca, Lippmann lavorava all'ombra di intermediari britannici, in particolare di un certo Norman Angell, un fabiano britannico che in qualche modo era diventato un “membro non ufficiale” del comitato editoriale della rivista di Lippmann, The New Republic.
Angell era arrivato nel 1915 grazie a una borsa di studio del Carnegie Endowment for International Peace. Fondato nel 1910 dal magnate dell'acciaio scozzese, Andrew Carnegie, l'Endowment promuoveva un programma anglofilo. Carnegie era un aperto sostenitore dell'“unione anglo-americana”, ovvero la fusione di Stati Uniti e Regno Unito in un unico superstato. Il suo Endowment chiedeva la fine dell'“isolamento” degli Stati Uniti e promuoveva l'intervento americano nella Prima guerra mondiale.
In linea con gli obiettivi del Carnegie Endowment, Angell fece passare The New Republic da una posizione neutrale a una di aperto sostegno alla Gran Bretagna nella guerra.
Un “nucleo di autorità” di lingua inglese
Lippmann è ampiamente riconosciuto come l'inventore dell'atlantismo.
Il 17 febbraio 1917 scrisse un articolo per The New Republic intitolato “In difesa del mondo atlantico”. Era un aperto appello alla guerra.
Lippmann sosteneva che l'America dovesse schierarsi al fianco del “mondo occidentale” contro le orde barbariche dell'Oriente. Scrisse: “La guerra [della Germania] contro Gran Bretagna, Francia e Belgio è una guerra contro la civiltà di cui facciamo parte. [...] Perché sulle due sponde dell'Oceano Atlantico si è sviluppata una profonda rete di interessi che unisce il mondo occidentale. [...] Non possiamo tradire la comunità atlantica [...]”.
Si ritiene che l'articolo di Lippmann abbia dato il via al movimento atlantista.
In realtà Lippmann non faceva altro che ripetere le vecchie e logore frasi della propaganda britannica, che da tempo dipingeva l'Impero britannico come l'ultimo baluardo dell'Occidente contro la barbarie orientale.
Sir Norman Angell chiarì in seguito il vero significato dell'atlantismo quando scrisse che qualsiasi governo mondiale doveva essere guidato da un “nucleo di autorità” — in particolare dall'“Occidente” — che a sua volta doveva essere guidato dal “mondo anglofono”.
L'agenda della Tavola Rotonda
Come spiegato nei miei precedenti articoli, “Come gli inglesi hanno inventato il globalismo” e “In che modo gli inglesi hanno venduto il globalismo all'America”, i leader britannici all'inizio del XX secolo riconobbero che l'Inghilterra non poteva più permettersi di controllare il suo impero globale.
Elaborarono un piano per trasferire il costo dell'impero agli Stati Uniti. Il piano prevedeva che gli americani controllassero il mondo a proprie spese, mentre la Gran Bretagna avrebbe preso le decisioni, mantenendo il controllo della politica imperiale.
Ecco in sintesi cosa significa atlantismo.
Per mettere in atto questo piano, venne formato un gruppo segreto chiamato Tavola Rotonda, in parte grazie ai fondi del Rhodes Trust.
Dal 1909 al 1945 circa, la Tavola Rotonda trascinò gradualmente gli Stati Uniti in una rete di interdipendenza con la Gran Bretagna. Ciò avvenne, in primo luogo, con l'istituzione del Council on Foreign Relations (CFR) nel 1921, per esercitare un controllo segreto sulla politica estera statunitense. In secondo luogo, furono istituite entità transnazionali, come l'ONU, la NATO e l'alleanza d'intelligence Five Eyes, che legarono ulteriormente gli Stati Uniti al destino della Gran Bretagna.
In questo modo gli inglesi si assicuravano il sostegno degli Stati Uniti per qualsiasi futura operazione militare avessero voluto intraprendere.
Dopo aver ottenuto la cooperazione degli Stati Uniti, il passo successivo fu la decolonizzazione, ovvero la concessione dell'autogoverno alle colonie britanniche, in modo che l'Inghilterra non dovesse più sostenere autonomamente l'onere di sorvegliarle e difenderle.
Il passaggio all’“Impero informale”
Uno dei grandi miti del nostro tempo è la presunta “caduta” o disintegrazione dell'Impero britannico. Una cosa del genere non è mai accaduta.
La decolonizzazione era già pianificata ben prima della Prima guerra mondiale.
L'unica cosa che ostacolava il piano era la necessità di neutralizzare la Germania come concorrente imperiale e di garantire il supporto militare permanente degli Stati Uniti al nuovo ordine globale. Questi obiettivi furono raggiunti nel 1945, con la spartizione della Germania e l'ingresso degli Stati Uniti nell'ONU.
Tra il 1946 e il 1980 la Gran Bretagna concesse l'autogoverno alla maggior parte delle sue colonie, ma solo lentamente, una alla volta e a determinate condizioni.
Prima di concedere l'indipendenza a qualsiasi colonia, gli inglesi insediavano governanti locali disposti a onorare i precedenti accordi commerciali. Chi collaborava veniva ricompensato; chi creava problemi veniva rimosso.
La Gran Bretagna passò così dal governo “diretto” a quello “indiretto”, dall’impero “formale” a quello “informale”.
Per dirla in termini marxisti, la Gran Bretagna passò da un impero coloniale a uno “neocoloniale”.
“Resistenza passiva”
Per mantenere il nuovo sistema, la Gran Bretagna aveva bisogno di metodi più discreti per rimuovere i vassalli ribelli. Uno di questi metodi si rivelò essere la rivoluzione colorata.
Gli studi britannici sulla “resistenza passiva” e sulla “non obbedienza” iniziarono già durante la Prima guerra mondiale, quando il filosofo Bertrand Russell propose che gli eserciti invasori potessero essere sconfitti senza sparare un colpo, se i civili si fossero rifiutati di obbedire alle forze di occupazione nemiche.
Le idee di Russell influenzarono i pianificatori militari britannici come Basil Liddell Hart e Stephen King-Hall, i quali incorporarono la resistenza non violenta nel crescente arsenale di armi psicologiche della Gran Bretagna.
Decolonizzare l'Africa
Il 3 febbraio 1960 il Primo Ministro britannico Harold Macmillan parlò davanti al Parlamento sudafricano: “Il vento del cambiamento sta soffiando”, affermò, e la Gran Bretagna deve seguirlo, liberando le sue colonie africane.
Gli inglesi insistevano affinché le altre potenze europee seguissero il loro esempio. La Gran Bretagna non voleva che le sue colonie appena liberate venissero inghiottite dai rivali europei.
Il Portogallo si rifiutò di collaborare. I portoghesi dichiararono che avrebbero combattuto fino alla morte per mantenere l'Angola, il Mozambico e gli altri possedimenti africani.
La Rivoluzione dei garofani
Il dittatore portoghese Antonio Salazar morì nel 1970, ma il suo regime dell'Estado Novo sopravvisse, proseguendo le sue lunghe guerre coloniali contro gli insorti africani.
Il 25 aprile 1974 il primo ministro portoghese Marcelo Caetano fu improvvisamente rovesciato da un colpo di stato militare “soft”. La rivolta divenne nota come “Rivoluzione dei garofani”, perché i manifestanti infilarono garofani nelle canne dei fucili dei soldati.
La Rivoluzione dei garofani è il primo esempio di cui sono a conoscenza di una vera e propria “rivoluzione colorata”.
La Gran Bretagna nega di aver preso parte al colpo di stato, ma i segnali della guerra psicologica britannica sono evidenti.
Prima del colpo di stato, pochi giorni prima della prevista visita di Caetano a Londra, il Times riportò la notizia di un massacro di 400 persone da parte delle forze speciali portoghesi in Mozambico. Il Primo ministro britannico, Harold Wilson, chiese a Caetano di annullare la sua visita, accusandolo di “genocidio” e chiedendo l'espulsione del Portogallo dalla NATO.
In questo modo la Gran Bretagna minò il sostegno a Caetano, in un momento in cui i futuri golpisti stavano già lanciando minacce e avanzando richieste.
Dopo il colpo di stato, la Gran Bretagna riconobbe rapidamente la nuova giunta di sinistra e offrì indicazioni su come smantellare l'impero africano del Portogallo.
Gene Sharp, agente della guerra psicologica
Gli attivisti di oggi venerano Gene Sharp, un pacifista americano, come il padre della “nonviolenza strategica”. Sharp scrisse il “manuale” per la Rivoluzione colorata: The Politics of Nonviolent Action (1973).
Ciò che gli attivisti non sanno è che Sharp era un agente della guerra psicologica, con forti legami sia con i servizi segreti americani che con quelli britannici.
Sharp trascorse 30 anni al Center for International Affairs, soprannominato la “CIA di Harvard”.
Ancora più importante, Sharp trascorse 10 anni in Inghilterra (dal 1955 al 1965), collaborando con il movimento pacifista britannico e conseguendo un dottorato di ricerca a Oxford. L'opera iconica di Sharp, The Politics of Nonviolent Action, era la sua tesi di dottorato a Oxford.
“Proteste degli adolescenti”
Nel 1967 lo psicologo australiano, Fred Emery, allora direttore del Tavistock Institute of Human Relations (TIHR) di Londra, predisse che, entro gli anni novanta, presto le “proteste degli adolescenti” sarebbero state sfruttate come arma politica in grado di rovesciare i governi.
Aveva ragione.
Nel 1989 un'ondata di rivolte non violente travolse il blocco sovietico, rovesciando i regimi comunisti. La rivolta ceca fu soprannominata “Rivoluzione di velluto”, termine che finì per essere usato in modo intercambiabile con “Rivoluzione colorata”.
Le “Rivoluzioni di velluto” del 1989 furono in gran parte orchestrate dai governi occidentali che operavano attraverso gruppi di facciata.
“Promozione della democrazia”
I gruppi del fronte occidentale che hanno contribuito a far crollare l’Impero sovietico sono, in molti casi, le stesse “ONG atlantiste” accusate da Darren Beattie.
Nel mondo delle ONG sono conosciuti come gruppi “pro-democrazia”, “costruzione della democrazia” o “promozione della democrazia”.
Promuovere la “democrazia” è stato uno dei principali obiettivi degli atlantisti fin da quando Woodrow Wilson dichiarò che l’America doveva lottare per “rendere il mondo sicuro per la democrazia”.
Ovviamente ci sono momenti in cui lottare per la “democrazia” è encomiabile.
La caduta dell'Unione Sovietica aiutò senza dubbio le nazioni conquistate dell'Europa orientale.
Eppure, troppo spesso, le grida di “democrazia” e “libertà” sono state utilizzate per coinvolgere giovani ingenui in iniziative poco raccomandabili, come la destabilizzazione della presidenza di Donald Trump.
Il modello Freedom House
La maggior parte degli storici concorda sul fatto che la prima ONG per la “promozione della democrazia” sia stata Freedom House, fondata il 31 ottobre 1941 a Washington DC.
Fin dalla sua fondazione, Freedom House è stata un'agenzia di copertura dell'intelligence britannica.
Il suo scopo originario era quello di combattere l'“isolazionismo” americano e spingere l'entrata degli USA nella Seconda guerra mondiale.
Nell'aprile del 1940 Winston Churchill creò una speciale unità di intelligence chiamata British Security Coordination (BSC), per condurre operazioni segrete contro il movimento pacifista statunitense.
Con la piena collaborazione del presidente Franklin D. Roosevelt e del direttore dell'FBI, J. Edgar Hoover, la BSC aprì degli uffici al Rockefeller Center, sotto il comando dell'agente dei servizi segreti canadesi William Stephenson, nome in codice Intrepid.
Freedom House è nata dalla fusione di due organizzazioni pro-guerra: Fight for Freedom (FFF) e The Committee to Defend America by Aiding the Allies (CDAAA).
Secondo Desperate Deception: British Covert Operations in the United States, 1939-1944 di Thomas E. Mahl, entrambi erano fronti britannici gestiti dalla BSC di Churchill.
Il National Endowment for Democracy
Il 17 novembre 1983 il Congresso degli Stati Uniti autorizzò il finanziamento di una nuova entità denominata National Endowment for Democracy (NED), un ente pubblico-privato che avrebbe ricevuto finanziamenti dal governo degli Stati Uniti.
Lo scopo del NED era quello di fungere da gruppo ombrello per una rete di ONG per la promozione della democrazia, tra cui due gruppi affiliati che sarebbero poi diventati noti come National Democratic Institute (NDI) e International Republican Institute (IRI).
Nello stesso anno Gene Sharp, l'agente segreto addestrato in Gran Bretagna che aveva inventato le Rivoluzioni colorate, fondò un suo gruppo, l'Albert Einstein Institution a Boston.
Tutti i gruppi sopra menzionati avevano due cose in comune: innanzitutto tutti hanno seguito il “manuale” di Gene Sharp per la Rivoluzione colorata; in secondo luogo tutti hanno aiutato il governo degli Stati Uniti a finanziare e organizzare Rivoluzioni colorate in altri Paesi, con l'apparente scopo di promuovere la democrazia.
Secondo Darren Beattie tutti questi gruppi hanno preso parte alla destabilizzazione della prima presidenza Trump.
Cui Bono?
Resta da vedere se le accuse di Beattie resisteranno alla prova del tempo.
Una cosa è certa, però: il governo britannico è stato estremamente soddisfatto dell'estromissione di Trump.
E non vogliono che ritorni.
Il 4 febbraio 2020, mentre era in corso il secondo processo di impeachment di Trump, il Royal Institute of International Affairs, noto anche come Chatham House, dichiarò sul suo sito web che “il processo a Trump non è sufficiente a riparare la democrazia”.
Mettendo in guardia dal fatto che la “disinformazione” elettorale diffusa dai sostenitori di Trump rappresentava una minaccia per la democrazia, Chatham House chiese una commissione in stile “11 settembre” per indagare ulteriormente sull’“insurrezione” del 6 gennaio.
Londra chiama
Chatham House non è un semplice think tank.
Opera in base alla Royal Charter e sotto il patrocinio della corona inglese.
Inoltre è l'organizzazione gemella del Council on Foreign Relations. Insieme i due gruppi formulano e coordinano la politica estera degli Stati Uniti e del Regno Unito.
Dopo tutti questi anni, sta iniziando a diventare chiaro cosa intendesse Norman Angell quando parlava di un “nucleo di autorità” al centro della comunità atlantica.
E quel nucleo è a Londra.
Questo è il mondo creato dagli atlantisti.
Benvenuti nella comunità atlantica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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