martedì 20 ottobre 2015

La deflazione dei prezzi non significa disastro, ma è una benedizione

"Quando qualcosa non può più andare avanti, si ferma." E' questo che soleva ripetere Herbert Stein ed è questo quello che sta accadendo ora nei mercati mondiali. Attuando interventi centrali considerevoli, l'economia reale sta viaggiando su binari diversi rispetto a quei settori che hanno goduto della manna distribuita dalle banche centrali del mondo. Questa situazione, però, non è andata avanti senza conseguenze, poiché tutti quegli asset influenzati da suddetta manna sono stati sconnessi dalle preferenze individuali di milioni di attori di mercato. Il price discovery che permetteva una corretta allocazione delle risorse scarse verso i vari settori dell'economia, è stato soppresso per quei prezzi manipolati artificialmente dalla manna delle banche centrali. Ora questo processo sta raggiungendo il picco, e tutte quelle realtà gonfiate artificialmente tenderanno a sgonfiarsi. Inizierà l'era della Grande Liquidazione. I trucchi monetari implementati dalle banche centrali sono solo espedienti una tantum, ovvero, stimolanti economici finché esistono bilanci puliti da saturare. Ma se negli anni passati i cicli economici venivano lasciati sfogare durante il periodo di bust, dal 2007 le cose sono nettamente cambiate poiché l'ambiente economico è stato congelato in una sorta di quasi-boom perenne. In altre parole, gli interventi monetari centrali sono stati implementati per impedire correzioni sane del mercato e permettere alle entità facenti parte del cartello delle banche centrali di sopravvivere ancora un po'. Ma i bilanci delle famiglie sono ancora saturi di debiti e quelli delle grandi e medie aziende stanno raggiungendo il picco del debito anch'esse. La sopravvalutazione della loro solidità unita ad una vita artificiale garantita dal denaro quasi-gratis della ZIRP, ha permesso di continuare a vivere ad imprese che hanno prodotto cose che in realtà non avevano una domanda reale di mercato. Ora i nodi stanno venendo al pettine e la sovrabbondanza di materie prime, unita al crollo del loro prezzo, rappresenta l'effetto di una drastica deviazione di risorse scarse verso settori in realtà improduttivi. Quest'ultimi settori hanno sottratto risorse ad altri settori che invece avrebbero goduto di una domanda reale genuina in assenza d'interventi perturbativi centrali. Ci sarà una normalizzazione dei mercati? La FED tirerà i remi in barca? Con alle porte il 2016 e le elezioni presidenziali potete scordarvelo. Non c'è più Volcker alla presidenza della FED. La Yellen sarà lasciata col cerino in mano. Sarà lei a presiedere questo disastro.
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di Juses Huerta De Soto & Philipp Bagus


La BCE ha infine lanciato il suo Quantitative Easing (QE) a tempo indeterminato pianificando d'acquistare titoli per un valore di €1,100 miliardi. Questa mossa senza precedenti richiedeva una giustificazione convincente. Una, ad esempio, è il basso tasso d'inflazione dei prezzi nella zona Euro, il quale consente alla BCE di vendere il suo programma come una mossa per impedire all'economia europea di finire in deflazione. Quest'ultima è ampiamente considerata come la peggiore delle ipotesi. L'Economist ha sostenuto che la deflazione è "il più grande problema economico del mondo". Christine Lagarde definisce la deflazione come un "orco".

Ma la fobia per la deflazione è davvero giustificata? La deflazione dei prezzi è un problema per l'economia nel suo complesso?

Per rispondere alla domanda, è importante dare uno sguardo imparziale al fenomeno della diminuzione dei prezzi. Un prezzo è semplicemente un rapporto di cambio storico. In ogni scambio ci sono due parti, un acquirente e un venditore. Naturalmente quando i prezzi scendono, gli acquirenti ne beneficiano. È vero che il calo dei prezzi taglia il fatturato delle imprese. Ciononostante per le aziende non sono importanti le vendite, ma gli utili, vale a dire la differenza tra ricavi e costi. Le aziende possono guadagnare profitti a livelli di prezzo più alti e più bassi, a seconda di ciò che accade sul fronte dei costi.

Infatti la diminuzione dei prezzi delle vendite conduce ad una riduzione dei costi. Le imprese dovranno sostituire i lavoratori con le macchine. Questo significa che saranno prodotte più macchine, il che aumenterà la domanda di lavoro nel settore dei beni capitali. I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro nel settore dei beni di consumo, potranno trovare un nuovo lavoro nel settore dei beni capitali. Lo stock di capitale cresce, senza che tale fenomeno conduca l'ambiente economico alla disoccupazione di massa. I guai sorgono quando lo stato impedisce ai prezzi di scendere, cioè quando impone salari minimi. La disoccupazione risultante non è causata dal calo dei prezzi in quanto tali, ma dagli interventi statali che impediscono il calo necessario degli altri prezzi (in questo caso, il prezzo del lavoro).

Un argomento correlato contro la deflazione sostiene che il problema non è tanto il calo dei prezzi di per sé, ma l'aspettativa ad essi legata. I consumatori potrebbero ritardare il consumo in attesa di prezzi più bassi, cosa che imporrebbe perdite alle aziende, prezzi ancora più bassi, un'ulteriore riduzione dei consumi, e così via.

Di conseguenza, secondo questo ragionamento nessuno si fermerà più a fare benzina, perché ci si aspetterà che tali prezzi calino perennemente – per non parlare dell'affamamento volontario in attesa di un calo dei prezzi alimentari. Scrutando il settore della tecnologia, in cui i consumatori si aspettano un calo dei prezzi praticamente all'infinito, non vediamo alcuna crisi o calo degli investimenti. È vero il contrario. Anche se i consumatori sanno che i nuovi dispositivi saranno offerti a prezzi più convenienti in futuro, le vendite di smartphone aumentano. I consumatori e le aziende non aspettano che i prezzi scendano, perché vogliono usare adesso questi prodotti piuttosto che in seguito.

Un altro argomento contro la deflazione dei prezzi afferma che alcuni costi sono fissi nel breve periodo, con conseguenti perdite per quei modelli di business altrimenti sostenibili. La maggior parte dei debiti è fissa dal punto di vista nominale. Il peso del debito reale aumenta in un ambiente economico permeato da deflazione dei prezzi. Di conseguenza la domanda di beni e servizi da parte dei debitori scende. Ma ciò che viene generalmente trascurato, è che i creditori traggono profitto dalla deflazione dei prezzi. I creditori hanno più potere d'acquisto. I creditori vincono laddove i debitori perdono.

Il peso del debito reale può aumentare a tal punto da far fallire il debitore. Ma anche questo caso estremo non comporta un problema generale per l'economia. La società non peggiora se ci sono delle bancarotte e la proprietà passa di mano. Il vecchio proprietario perde il controllo sulla proprietà a vantaggio dei creditori, i quali hanno anticipato meglio l'andamento dei prezzi. Nel complesso, la capacità produttiva dell'economia resta invariata. Quando il proprietario di una fabbrica va in bancarotta, la sua fabbrica e le sue macchine non scompaiono. Il fallimento implica semplicemente una ridistribuzione e un cambio di proprietà. Quando il modello di business è sostenibile, i nuovi proprietari possono continuare la produzione senza debito. Infatti, l'aumento del fardello del debito reale provocato dalla deflazione dei prezzi, ha un effetto salutare. Riduce l'incentivo a contrarre prestiti e quindi arresta la marcia verso l'espansione artificiale del credito e l'indebitamento.

Purtroppo l'analisi della causa del calo dei prezzi è spesso trascurata nel dibattito sulla deflazione. Il calo dei prezzi potrebbe essere causato da un aumento della produttività. Credere che un'economia in crescita abbia bisogno di un'offerta di moneta in rapida crescita, è solamente uno dei tanti miti economici che ancora persistono nonostante la loro falsità. La produzione di nuovi prodotti provoca semplicemente un calo dei prezzi, il processo più naturale e salutare in un'economia. Nella seconda metà del XIX secolo, negli Stati Uniti il calo dei prezzi e la crescita economica erano la regola. Oggi in paesi come la Spagna i prezzi sono (finalmente) in calo, mentre i nuovi posti di lavoro creati e l'economia sono in crescita. Tale deflazione dei prezzi è una benedizione.

C'è ancora un altro mito che viene spesso utilizzato per giustificare il QE. Il mito creato da Milton Friedman secondo cui la Grande Depressione durò così a lungo perché la Federal Reserve non aumentò sufficientemente l'offerta di moneta. Attualmente i commentatori hanno paura di ripetere gli errori del 1937, quando dopo 4 anni di crescita economica apparente, l'economia statunitense ricadde in recessione. Eppure la radice della Grande Depressione stava nella politica monetaria espansiva degli anni '20, la quale portò ad un boom artificiale. Quando la bolla scoppiò nel 1929, venne seguita da una contrazione del credito. Il processo deflazionistico di correzione degli errori commessi durante il boom, era inevitabile. La deflazione del credito è solo una conseguenza del boom, la quale smaschera gli errori d'investimento. Ciò che rese la Grande Depressione così intensa e lunga, furono gli errori monumentali di politica commessi dal Presidente Hoover e dal presidente Roosevelt, entrambi i quali approvarono salari artificialmente più alti, tasse più alte e spesa pubblica più alta, rendendo l'economia più rigida e incrementando i dazi. Inoltre, come ha affermato Robert Higgs, la crisi del 1937 fu causata da una crescente incertezza sulla presidenza Roosevelt, andando ad erodere la fiducia delle imprese nelle politiche del New Deal. Gli uomini d'affari temevano un cambiamento di politica. Gli investimenti privati crollarono a causa dell'incertezza riguardo il diritto di proprietà.

Ma se tutti questi argomenti contro la deflazione dei prezzi sono fallaci, perché essa riscontra una forte opposizione? Come abbiamo visto, la deflazione dei prezzi implica una ridistribuzione. Le perdite dei debitori in un ambiente economico permeato da deflazione dei prezzi, spiegano da sole la loro resistenza. Il settore finanziario, le aziende fortemente indebitate e in particolare lo stato, il più grande debitore nelle nostre economie, hanno un forte interesse ad evitare la deflazione e l'attuale deflazione dei prezzi. Non è una coincidenza se questi attori sono i primi che traggono profitto dal rimedio prescritto: l'inflazione. Tuttavia le misure inflazionistiche non possono annullare gli errori degli investimenti passati. Purtroppo le misure della BCE possono consentire ai vecchi investimenti improduttivi di durare ancora un po', impedendo la necessaria austerità nel settore pubblico, rallentando gli sforzi di riforma nella zona Euro, favorendo nuove distorsioni e creando nuove bolle. Questo è il vero pericolo che stiamo affrontando, non la deflazione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. "Il settore finanziario, le aziende fortemente indebitate e in particolare lo stato, il più grande debitore nelle nostre economie, hanno un forte interesse ad evitare la deflazione (monetaria) e l'attuale (relativa) deflazione dei prezzi."

    Ecco spiegato il nocciolo della questione in modo molto semplice e chiaro.

    Nell'attuale ambiente economico completamente deformato dal gestore politicofinanziario legale del fiatmoney (banca centrale), la deflazione monetaria e dei prezzi E' il nemico numero uno dell'insolvente sistema di potere ed arricchimento piramidale costituito:
    1) dalla politica del deficit spending e dall'apparato statale ipertrofico, causa dell'inarrestabile debito pubblico,
    2) da un sistema bancario a riserva frazionaria ed ingegnerizzazione finanziaria esasperata, causa dell'azzardo finanziario,
    3) dal capitalismo clientelare imprenditoriale e dall'arricchimento clientelare di varia relazione, causa di privilegi immeritati.

    L'unica domanda da porsi è dunque: chi paga davvero tutti questi debiti?
    Ovviamente, tutti quelli che non li hanno contratti!

    Attraverso il trucco della redistribuzione degli oneri sulla popolazione generale vengono colpiti di più, ed in maniera talvolta definitiva, quei soggetti produttivi che non ricevono benefici, in nessun modo, dal sistema politicofinanziario summenzionato. E poi, via via, tutti gli altri soggetti che dal più lontano al più vicino, dal più indiretto al più diretto, traggono un qualche più o meno cospicuo beneficio dal sistema stesso.
    Così, con la tassazione palese o con la tassazione occulta (inflazione monetaria e poi dei prezzi), si definiscono vincitori e vinti, entrambe senza meriti particolari.

    Ed il risultato evidente agli studiosi della Scuola economica austriaca, ma purtroppo non ancora compreso dai più, è la contemporanea presenza:
    1) di crescente "inflazione monetaria" nelle tasche di una ristretta cerchia di soggetti potenti vicini alla banca centrale (effetto Cantillon), il famoso 1%,
    2) di "inflazione dei prezzi" degli asset finanziari, posseduti e gestiti da quella ristretta cerchia di soggetti,
    3) di crescente "deflazione monetaria" nelle tasche della più ampia parte della popolazione che si trova nella parte bassa della piramide politicofinanziaria, il famoso 99% che non spende perché risparmia quel poco che gli resta dopo aver pagato il debito proprio e quello dell'1%,
    4) di relativa "deflazione dei prezzi" dei beni di consumo.

    Ma, per la Teoria austriaca del ciclo economico, questa situazione paradossale non può durare all'infinito nonostante tutti i tentativi dei banchieri centrali e tutta la coercizione possibile messa in campo, ora ed in futuro, dal potere politico, e troverà conclusione in quell'evento terminale del sistema fiatmoney che si chiama Grande Default.
    Evento già in itinere, quindi processo ineluttabile per quanto rallentato (incidente ferroviario in slow-motion), spiegato nelle sue fasi consecutive da L.vonMises (crack-up boom).

    Come provare a salvarsi? Paradossalmente, nonostante tutte le evidenze (artficiose) contrarie, posizionandosi il più lontano possibile (nota bene: nei modi e nelle forme realisticamente possibili a ciascuno) dal sistema di potere politicofinanziario attuale. Quindi, conoscere bene per deliberare bene è essenziale.

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    1. http://img1.wikia.nocookie.net/__cb20131106213953/starwars/images/d/d6/Yoda_SWSB.png

      ;D

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  2. mi sembra che DNA abbia capito tutto molto bene sulla deflazione...
    quanto a me, ho gia espresso tutto, e chissa se De Soto e Bagus l hanno letto... :)

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