Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
____________________________________________________________________________________
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/psicofarmaci-e-beni-veblen)
Al liceo nel West Texas alla fine degli anni '70, gli psicofarmaci erano considerati beni Veblen, ovvero prodotti desiderati come indicatori di status. Venivano consumati in modo vistoso dai figli dei benestanti, profondamente consapevoli che i loro compagni di scuola non potevano permettersi né il trattamento, né la presunta cura.
Così i ragazzi – ne conoscevo molti e ogni tanto mi tolleravano nelle loro cerchie – si vantavano della loro diagnosi, delle loro prescrizioni, del mix di farmaci e di come li faceva sentire.
Portavano le loro pillole e le ostentavano, snocciolando i nomi di questo o quel farmaco e ridendo maliziosamente di tutto. Non c'era nulla di particolarmente sdolcinato, se non la loro performance. Erano sinceramente orgogliosi, come si potrebbe essere quando si indossa un cappotto o delle scarpe di lusso e costosi. Le pillole erano solo una parte del mix: ostentavano anche le loro presunte malattie come medaglie d'onore.
C'era sempre un'aria di distacco nella cultura di questi ragazzi, un disprezzo noncurante per tutti i sistemi, che fossero la scuola, la famiglia, la chiesa, persino la società in generale. Si sentivano al di sopra di tutto, e i farmaci e la condizione che stavano affrontando ne facevano parte. Era praticamente un segno distintivo. C'era persino un accenno di politica, un'evidenziazione e un'esibizione di alienazione. Erano allo stesso tempo il vertice della gerarchia sociale, ma lo disprezzavano.
La maggior parte di questi ragazzi eccelleva nei voti e puntava in alto nelle domande di ammissione all'università, senza alcun dubbio sul successo. Ci riuscivano nonostante la loro grave condizione mentale, che attribuivano ai genitori, alle strutture sociali, agli insegnanti, ai protocolli e alla macchina sociale in generale. La società li aveva resi malati, ma i farmaci davano loro la libertà di fluttuare al di sopra di tutto.
Da allora non ho più seguito le loro vite. Forse li hanno abbandonati dopo l'università e hanno vissuto normalmente. Forse no. Probabilmente nessuno scriverà un memoir, quindi non lo sapremo mai. In ogni caso nei decenni successivi questo bene Veblen ha seguito la stessa strada di tutti gli acquisti di lusso: è diventato mainstream. Gli psicofarmaci sono ormai comuni tra adulti e bambini. È un'industria enorme: come i cellulari e le TV generazioni fa, hanno attraversato la struttura sociale anno dopo anno.
Ora arriva Unshrunk di Laura Delano, un libro che potrebbe cambiare tutto. Se non fosse un'autobiografia, renderebbe popolare la grande narrativa gotica dell'epoca vittoriana. Anche se eliminasse ogni commento sul merito di tutte queste presunte malattie e cure, sarebbe comunque un dramma fantastico dall'inizio alla fine.
Niente di ciò che dico può prepararvi all'avventura che questo libro porta con sé. È perfettamente strutturato in modo quasi poetico per trasmettere al lettore la sensazione reale di attraversare ogni fase di un decennio e mezzo di cocktail di farmaci, istituti psichiatrici, ospedali e molto altro, fino alla sua auto-motivata emancipazione dall'intera industria.
Temo che l'argomento da solo scoraggi i lettori. Non dovrebbe, però. Leggetelo come fareste con una grande opera di narrativa. Rende ancora più avvincente rendersi conto che si tratta di un'opera autentica – una persona vera – con tutto il dolore che ogni autore dovrebbe provare nel riversare su carta stampata la propria anima in questo modo. È un'esperienza rara, unica nel suo genere ai nostri tempi.
Inoltre anche se estrapolaste tutte le critiche mediche dettagliate su sperimentazioni farmacologiche, effetti collaterali, equivoci di mercato da questi farmaci e le trasformaste in una monografia a sé stante, avrebbe un valore enorme.
Quindi abbiamo davvero tre libri in uno: un brillante dramma con un arco narrativo fantastico, un'autobiografia di una giovane donna in un mondo a parte che la maggior parte di noi non conoscerà mai e un trattato medico tecnico su un intero settore.
Incombe nella narrazione la questione della classe sociale. L'autrice è nata in un mondo sconosciuto ai più, quello di Greenwich, Connecticut, discendente di un presidente in carica per tre mandati, laureata in una scuola preparatoria e destinata ad Harvard, beneficiaria di ogni privilegio finanziario e sociale, a cui è stata offerta la migliore assistenza psichiatrica disponibile al mondo.
Non è stata maltrattata. È stata curata, lo dice lei stessa:
Una volta ero malata di mente e ora non lo sono più, e non è stato perché mi è stata fatta una diagnosi sbagliata. Non sono stata curata in modo improprio o eccessivo. Non sono guarita miracolosamente da presunte malattie cerebrali che alcuni dei migliori psichiatri del Paese mi avevano detto che avrei avuto per il resto della mia vita. In realtà ho ricevuto una diagnosi corretta e sono stata curata secondo gli standard di cura dell'American Psychiatric Association. Il motivo per cui non sono più malata di mente è che ho deciso di mettere in discussione le idee su me stessa che avevo dato per vere e scartare ciò che ho scoperto essere in realtà finzione.
La migliore assistenza, i migliori medici, le migliori istituzioni, le migliori consulenze, i migliori farmaci costantemente perfezionati dagli esperti: un po' più di questo, un po' meno di quello ed eccone una nuova. Quando la diagnosi di Laura passò da bipolare a borderline, fu affidata alle cure del padre stesso della presunta malattia: il dott. John G. Gunderson del McLean Hospital di Harvard (che aveva visitato anche Sylvia Plath, Anne Sexton e Susanna Kaysen).
Aveva tutte le ragioni per fidarsi degli esperti, tranne una: non migliorava mai, peggiorava solamente. Con il tempo, concluse gradualmente che il suo vero problema era iatrogeno, ovvero causato proprio dagli stessi farmaci che si diceva fossero la soluzione.
Asking Psychiatrists Q: How many patients have you cured? pic.twitter.com/S4ix6DXflK
— Camus (@newstart_2024) June 22, 2025
I primi accenni di vera guarigione colpiscono il lettore quando Laura iniziò a frequentare gli Alcolisti Anonimi, dove tutti applaudivano quando i presenti rivelavano da quanto tempo erano sobri. Leggendo mi ha colpito il fatto, sebbene l'autrice non lo dica, che praticamente tutti capiscono che l'alcolismo è un problema enorme e che la via più sicura per tutti è la sobrietà. Nessun medico raccomanda di bere di più, più alcolici, diversi tipi di alcolici, più cocktail, come soluzione a qualsiasi problema.
Ciononostante per i cocktail farmaceutici più potenti si applica uno standard completamente diverso. Vengono somministrati a milioni di pazienti, con l'avvertenza di non saltarli mai; questo è ciò che fanno solo quei pazienti cattivi.
Le persone che tentano imprudentemente di farne a meno vengono ridiagnosticate con la “sindrome da sospensione” – come se l'eliminazione delle tossine creasse una nuova malattia – il che, naturalmente, richiede nuove prescrizioni.
L'intero sistema è costruito per far sì che le persone continuino a prendere farmaci. E quando si cerca di eliminarli, il corpo assuefatto reagisce con sintomi che sembrano rafforzare la diagnosi e la soluzione... speriamo che capiate perché vi abbiamo prescritto questi farmaci!
Perché questo giudizio capovolto contro una tossina (l'alcol) e a favore di tutte le altre? Ecco il nocciolo del vero scandalo: riguarda l'enorme potere dell'industria, il misticismo della scienza, il prestigio del mondo accademico e le associazioni di classe legate alle diagnosi di alto rango e alle presunte soluzioni.
Questa linea di pensiero apre a ulteriori critiche all'intero sistema medico e, più in generale, ai prodotti farmaceutici. Questo libro sgretola la comprensione popolare della malattia mentale e la capacità della classe degli esperti di affrontarla. Le lezioni sono così sconvolgenti che nessun lettore guarderà i prodotti farmaceutici standardizzati allo stesso modo.
Nel periodo del Covid, ricorderete, anche il rispetto dei protocolli era un fattore determinante. Solo le persone di cattivo gusto reclamavano la propria libertà, osavano girare per i negozi senza mascherina, o non rispettavano il distanziamento sociale negli ascensori. I tipi trasandati protestavano contro i lockdown. Camionisti canadesi, certo! Cos'altro c'è da sapere? Le brave persone, i professionisti di successo e ben pagati che usavano il computer portatile, restavano a casa, guardavano film in streaming e si tenevano lontani dagli altri.
Ricordo di essere stato sgridato mentre camminavo all'aperto senza mascherina.
“Le mascherine sono socialmente raccomandate”, urlò un uomo, storpiando alcune parole. C'era furia nella sua voce perché qualcuno di così miserabile come me osava trovarsi nel suo quartiere, senza dubbio diffondendo il Covid. Mi ero snaturato rifiutandomi di coprirmi il viso, come se mi fossi rivelato un vettore di diffusione della malattia.
Il panorama morale è diventato cristallino con la distribuzione dei vaccini. Le persone pulite li facevano, le persone sporche li rifiutavano. Il modello era estremamente primitivo, ma con un pregiudizio di classe che sfociava in una sorta di bigottismo regionale: automaticamente gli stati con un'alta percentuale di persone non vaccinate votava per Trump. Intere città sono diventate segregate, come culmine di una prospettiva di classe che ci ha separato da loro (si veda la mia teoria del pulito contro lo sporco come lente attraverso cui comprendere l'intero periodo).
Non avevo mai avuto molta consapevolezza della classe sociale e del suo significato in politica prima di quel periodo. Improvvisamente era tutto ciò che contava, con le agenzie governative che delineavano chi era essenziale e chi no. Né m'era venuto in mente che protocolli e prodotti medici erano emersi come un bene Veblen, qualcosa da consumare con orgoglio nella propria posizione elevata negli strati sociali, come l'arte moderna e la filosofia postmoderna.
È stato geniale da parte dell'industria della medicina psichiatrica promuoversi – a partire da molto tempo fa – come un bene di lusso, un indicatore di classe, un prodotto destinato al consumo dei privilegiati. C'è qualcosa che non va in ogni vita. Le persone di successo lo risolvono con le pillole. Prendete le vostre medicine: non siete un tossicodipendente, ma un paziente altamente responsabile che può permettersi le migliori cure. Come dice la canzone, il diavolo indossava un camice.
Il libro di Laura Delano intreccia questi elementi in un racconto allarmante di tragedia seguito da un'ultima speranza. Dal primo capitolo in cui iniziano i presunti problemi, passando per gli alti e bassi e le storie di 21 farmaci diversi, non vedevo l'ora di vedere come l'autrice avrebbe gestito il finale.
Gli ultimi capitoli sono perfetti in modi che non rivelerò per paura di fare spoiler. La mia ulteriore speranza è che questa breve recensione ispiri molte altre persone a percorrere lo stesso cammino dell'autrice e a trarne insegnamenti profondi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Nessun commento:
Posta un commento