martedì 17 giugno 2025

Mentre il mondo cerca la pace, l'UE vuole la guerra

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Ulrich Fromy

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/mentre-il-mondo-cerca-la-pace-lue)

Possiamo percepire i venti di guerra che soffiano sull'Europa, mentre il continente agita lo spettro di un conflitto contro la Russia. Di recente la Commissione europea ha presentato una serie di misure per rafforzare la difesa degli stati membri dell'UE, in particolare attraverso il piano ReArm Europe. Il piano, approvato dal Consiglio europeo in seduta straordinaria il 6 marzo 2025, mira a mobilitare €800 miliardi per le capacità di difesa dell'UE. Include un riorientamento dei fondi pubblici, ma non solo: prevede anche l'utilizzo del risparmio pubblico. Come annunciato il 17 marzo 2025, questa strategia mira a ottenere circa €10.000 miliardi di depositi bancari europei e a reindirizzarli verso l'industria bellica e le politiche di difesa pubblica.

Un altro esempio europeo: Valérie Hayer, eurodeputata francese e leader del gruppo Renew Europe al Parlamento europeo, ha di recente dichiarato che il vecchio continente sta vivendo “un momento di gravità” probabilmente mai visto sin dalla Seconda guerra mondiale. Il colpevole? La guerra in Ucraina e la minaccia esistenziale rappresentata dalla Russia per la democrazia e l'ordine europeo. Per far fronte a questa minaccia, lei e altri politici europei vogliono mobilitare i risparmi degli europei per finanziare questo sforzo collettivo nell'industria bellica.


In Francia e Germania

A metà marzo diverse personalità politiche francesi si sono espresse a favore della mobilitazione del risparmio privato per riarmare il Paese di fronte alla minaccia russa. Il 13 marzo il Ministro dell'economia francese, Éric Lombard, si è espresso a favore di questa misura davanti ai senatori francesi. In quel momento non si parlava di creare un conto di risparmio dedicato, ma piuttosto di destinare tutto il capitale risparmiato dalla popolazione.

Tuttavia, di fronte alle diffuse critiche, Éric Lombard ha fatto marcia indietro giovedì 20 marzo e ha annunciato la creazione di un fondo da €450 milioni, gestito da Bpifrance e aperto a investitori individuali che desiderino contribuire allo sforzo di riarmo nazionale diventandone azionisti indiretti. L'importo minimo da investire in questo fondo sarà di €500, con un investimento iniziale massimo che potrebbe essere di “diverse migliaia di euro”. Una volta investiti, questi fondi “sicuri” saranno congelati per almeno cinque anni.

La stessa retorica guerrafondaia si respira anche in Germania. Prima di lasciare l'incarico, Olaf Scholz ha parlato al Bundestag della “Zeitenwende”, la svolta storica che la Germania sta attualmente affrontando. Ha promesso di affrontarla investendo nel riarmo dell'esercito tedesco, la Bundeswehr. Il nuovo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha ottenuto dal parlamento tedesco la possibilità di spendere €1.000 miliardi per il riarmo del Paese. Una spesa senza precedenti in un Paese che ha a lungo delegato la propria difesa nazionale alla NATO e agli Stati Uniti.

Tutti questi investimenti europei vengono presentati come “investimenti sicuri e redditizi” (secondo Valérie Hayer), tuttavia, come la storia ci insegna, questi investimenti sono esattamente l'opposto.


Cosa ci insegna la storia 

«La società è nata dalle opere di pace; l'essenza della società è la costruzione della pace. La pace, non la guerra, è la madre di tutte le cose. Solo l'azione economica ha creato la ricchezza che ci circonda; il lavoro, non la professione delle armi, porta la felicità. La pace edifica, la guerra distrugge.» (Mises, Socialism, p. 59)

Storicamente investire in obbligazioni e fondi di guerra ha sempre significato correre il rischio di scommettere sul cavallo sbagliato. Questa scommessa avrebbe potuto benissimo portare alla rovina dei creditori dello stato sconfitto. Questo accadde in Germania con l'impossibilità di rimborsare le obbligazioni di guerra dopo il 1918. Queste ultime erano diventate prive di valore perché le riparazioni richieste dal Trattato di Versailles e l'iperinflazione della Repubblica di Weimar ne avevano reso impossibile il rimborso.

Al contrario, se lo stato fosse risultato vittorioso, il rimborso di questi prestiti, spesso ingenti, avrebbe potuto richiedere anni, mandando in rovina il creditore a causa dell'inflazione monetaria e della repressione finanziaria attuata dopo il conflitto per cancellare i debiti dello stato. Questo è ciò che accadde negli Stati Uniti dopo il 1945, quando i Victory Bond furono rimborsati. La politica di repressione finanziaria del dopoguerra mantenne bassi i tassi d'interesse e alta l'inflazione del dollaro, causando un graduale deprezzamento della valuta. Con il rimborso dei prestiti, il potere d'acquisto dei creditori diminuì negli anni successivi alla fine della guerra.

Più grave della rovina dei creditori è la rovina della società. Questi investimenti deviano capitali da alternative realmente produttive che migliorano effettivamente le condizioni di vita delle persone; ritardano il progresso dirottando capitali (risorse, lavoro e denaro) verso le industrie della difesa. Non capiscono che la prosperità a breve termine offerta dall'“industria della distruzione” è solo un'illusione e va a scapito della prosperità a lungo termine per la società nel suo complesso.

Qualsiasi società militarizzata, sciovinista e guerrafondaia non farà altro che arretrare ulteriormente lungo la strada del progresso e del miglioramento delle condizioni di vita, reso possibile dalla migliore allocazione possibile del capitale nella struttura produttiva della società. Come scrisse l'economista Frédéric Bastiat, la guerra è un'illusione di ricchezza: crea un'attività economica che si vede (l'industria bellica), ma sempre a scapito di quello che “non si vede” (ovvero opportunità perse e costi differiti). La guerra non è mai una via d'uscita da una crisi, ma la crisi definitiva che una società possa affrontare.

In breve, i guerrafondai di ogni tipo – eccitati dall'idea di trarre profitto finanziario da una possibile guerra – non capiscono nulla di economia o di storia. Peggio ancora, non capiscono nulla di guerra.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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