lunedì 17 gennaio 2011

La tragica crisi dell'Europa

Un libro interessante che ripercorre le varie tappe della crisi come è stata "assaporata" e "deglutita" in Europa (ma non "digerita" come qualcuno sta sventolando, è in corso un'indigestione di quelle pesanti dove si continua a "mangiare" nonostante gli evidenti sintomi di malattia). Attraverso questa breve recensione intravediamo quello che sono, sono state e (purtroppo) saranno le politiche per "riprendersi"; una strada che finisce ad un bivio: inflazione o default.
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di David Howden


Al cuore dell'attuale crisi in Europa ci sono le azioni della Banca Centrale Europea. Come spiega Philipp Bagus nel suo nuovo libro, The Tragedy of the Euro, solo una comprensione dei veri costi che l'euro ha imposto al continente nel passato può gettare luce sulla via della futura ripresa.

Gli Stati membri dell'Europa, la Banca Centrale Europea (BCE) e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno promesso oltre 200€ miliardi in fondi di salvataggio in modo da prevenire la diffusione di tumulti. Questo è un grande drenaggio di fondi da una già aggravata situazione fiscale europea.

Standard & Poor's ha abbassato di grado il debito del governo greco ad uno status di spazzatura il 27 aprile, nel bel mezzo di paure per un default. Gli analisti di mercato hanno dato alla Grecia un 25-90% di possibilità di default per il suo debito, o di una ristrutturazione (un default in altre parole). Con le sue mani legate entro l'area della valuta comune unica, non c'era alcun modo che il governo della Grecia potesse raccogliere indipendentemente i fondi necessari per rinegoziare le sue passività crescenti. La Grecia rappresenta solo il 2,5% dell'economia totale dell'Eurozona, ma un salvataggio combinato da parte dell' Europa, della BCE e del FMI per circa 110€ miliardi è stato considerato necessario per evitare il disastro.

Un contagio dilagante nel continente europeo avrebbe reso i problemi della Grecia un fenomeno esteso all'area europea. Appelli per un salvataggio al fine di prevenire un contagio furono abbondanti, con l'isterismo che dilagava nel continente.

Infatti nulla di tale sorta sta accadendo. Faremmo meglio ad ascoltare sull'argomento alcuna autorià se non Anna Schwartz: "Il contagio, se il termine è usato accuratamente, avviene solo in circostanze in cui altri paesi sono liberi dai problemi del paese che per primo ha sperimentato il problema e ha tuttavia sofferto di un'ingiustificata ostilità degli investitori". (link pdf)

Come Bagus mette in chiaro nel suo libro, la parola "contagio" non sembra applicarsi in alcun modo all'attuale crisi del debito dell'Eurozona. Una politica monetaria direzionata centralmente tramite la BCE a Francoforte ha promosso un programma di instabilità per oltre un decennio. Una politica unica del tasso d'interesse per una più grande unione monetaria ha condotto a tassi d'interesse incontrollatamente divergenti nella realtà. I paesi periferici con alta inflazione — quelli affettuosamente chiamati PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) — hanno assistito ai loro tassi d'interesse scendere in picchiata ai più bassi livelli che la maggior parte dei loro cittadini abbia mai visto.

Oggi nemmeno un paese nell'Eurozona sembra adatto per la definizione convenzionale della parola contagio — tutte le loro crisi sono connesse alla stessa causa centrale.

Una spesa frenetica è scaturita da questi tassi reali bassi. La sensibilità dei tassi d'interesse degli asset — case ed altri progetti di costruzione — è stata gonfiata eccessivamente. L'economia spagnola ha costruito 700,000 nuove case nel 2006, più di Germania, Francia ed Inghilterra (che ha sperimentato il proprio boom immobiliare) messe insieme. Oggi la Spagna siede su un milione di case vuote, più di tutte quelle degli Stati Uniti.

Allo stesso tempo un tasso di cambio artificialmente alto ha causato una drammatica caduta dei prezzi d'importazione nei paesi periferici. Gli italiani, gli spagnoli ed i greci — persone abituate a valute meno di valore rispetto ai loro vicini del nord — hanno visto dilagare una potente convergenza verso lo scambio estero nel continente durante la fine degli anni novanta ed i primi anni del 2000. Il movimento verso una valuta comune sarebbe risultato in un valore comune della valuta. La predominanza dell'economia tedesca, con il suo potente marco, ha significato che questi paesi periferici fossero forzati verso una valuta valutata maggiormente rispetto alle loro valute precedenti.

La conseguenza fu un'importazione alimentata dal boom consumistico. I prezzi reali dei beni importati calarono drammaticamente. Un'ampia ed insostenibile bilancia commerciale si è sviluppata tra i paesi meridionali e l'Irlanda. Casualmente la Germania, il cui valore di cambio estero fu relativamente ridotto dall'adesione all'euro, ha sperimentato l'effetto opposto. Le esportazioni tedesche divennero relativamente poco costose, portando ad un boom basato sull'esportazione.

Questo stato di affari sbilanciato non è arrivato al suo presente pinnacolo per conto suo. Una politica monetaria centralizzata rappresentata dalla BCE ha scatenato effetti dannosi per tutti. Questa è la reale tragedia dell'euro.

Dove tutto ciò lascia gli europei oggi? In mancanza di una uscita dalla valuta comune o una diretta monetizzazione dei loro debiti, Bagus spiega che ci sono cinque vie che un paese altamente indebitato può perseguire per evitare un default:
  1. Ridurre la spesa pubblica.
  2. Aumentare la competitività per stimolare le entrate tributarie.
  3. Aumentare le entrate tramite tasse più alte.
  4. Preseguire una crescita indotta dalla deregolamentazione.
  5. Infine, cercare un'aiuto esterno.

La cosa interessante è che il governo greco ha provato ognuna di queste politiche negli anni passati. Le pensioni ed i salari del settore pubblico sono stati tagliati per ridurre la spesa pubblica. Le leggi sugli straordinari e sulla rescissione del contratto sono state riformate per aumentare la competitività. La tassa sul valore aggiunto è stata aumentata su tutti i beni, con uno speciale 10% d'aumento nelle tasse sul lusso (alcool, sigarette e benzina). Le compagnie detenute dal pubblico sono state svendute, privatizzando i due-terzi del settore pubblico. L'aiuto esterno è stato cercato in modo da mantenere il paese lontano dal default sovrano.

Sfortunatamente il fondo del salvataggio era solo una goccia nel mare. Quando questi debiti scadono, la Grecia dovrà affrontare i suoi problemi di nuovo. Gli aspetti fondamentali insostenibili della situazione non sono stati aggiustati.

Quando è stato il turno dell'Irlanda, le stesse opzioni sono state perseguite. Tutto si è dimostrato essere insufficiente ed il paese ha richiesto anche un salvataggio per evitare il default. Il prossimo paese, che sia il Portogallo, la Spagna, l'Italia o il Belgio — la lista va avanti — soffrirà dello stesso destino.

Senza una comprensione della vera natura della crisi, le politiche falliranno nel sistemare le cause alla sua radice. Bagus dice che l'organizzazione istituzionale dell'unione monetaria non solo permete ma incoraggia anche il tipo di sbilanci che ora stanno diventando sempre più evidenti. Slavataggi continui non risolveranno il vero problema.

Dove ora? Mirare agli effetti di una sistuazione insostenibile, come fanno gli attuali salvataggi, non fa alcunchè per aggiustare la situazione sottostante. Forse un paese europeo può offrire una cartina verso la salvezza per i suoi colleghi assediati.

Due anni fa l'Islanda si trovò nel mezzo del peggiore collasso economico del mondo nel ventunesimo secolo. Mentre diversi salvataggi internazionali furono mediati, l'enorme grandezza e la profondità del problema divennero subito evidenti — l'economia dell'Islanda era troppo grande per essere salvata. Fu scatenata una gigantesca bancarotta del sistema bancario.

L'effetto a breve termine sembrò disastroso — la borsa collassò del 95% e la valuta dell'Islanda (la krona) cadde del 60% contro l'euro. Ne risultarono due effetti positivi. Primo, un tasso di cambio decimato fece ritornare il paese alla sostenibilità — un grande deficit nella bilancia commerciale si trasformò in un supplemento in crescita. Secondo, la bancarotta in vigore costrinse il governo islandese a ridurre le spese drasticamente. Invece di continuare ad alimentare una situazione insostenibile, gli islandesi hanno stretto le loro cinte e trasformato i deficit fiscali in supplementi.

Le economie europee hanno avuto finora poco bisogno di approvare simili tagli. Come spiega Bagus, continuando ad accettare il debito sovrano europeo come garanzia per le sue operazioni di rifinanziamento (ed anche acquisti in toto di questi debiti non appena la situazione greca è peggiorata), i governi europei hanno continuato a dare poco retta ai loro sbilanci fiscali. Il governo irlandese dovrà gestire un deficit di oltre il 30% del PIL quest'anno. Tale situazione non può continuare a lungo.

La crisi Europea non è stata accidentale, né sarà risolta senza alcune ricerche delle sue reali cause. The Tragedy of the Euro di Philipp Bagus è una lettura essenziale per chiunque voglia sapere cosa affligga il continente europeo oggi e quali simili economie (inclusa quella degli Stati Uniti) dovranno affrontare la stessa sorte nel futuro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Ciao Johnny e complimenti ancora per tanto lavoro.

    Non vorrei che ti mettessi le mani nei capelli, per quello che vado a scrivere, ma è solo per capire meglio.

    Allo stato delle cose, non vedo realistica la possibilità di tornare alla valuta aurifera e sono sicuro che di questo pure tu ne sia più che cosciente.

    Detto questo, non capisco come, allo stato attuale delle cose, una moneta locale sia preferibile a quella unica.

    La nostra lira non ci mise al riparo dall'inflazione o dall'innalzamento del debito pubblico, ma anzi fu un formidabile veicolo.

    E' vero che una valuta locale può rappresentare un'arma vincente per le esportazioni, ma è anche vero che distrugge il mercato interno.

    Ora che ho espresso la mia opinione ti sarei grato se potessi farmela a pezzi, in modo da capire cosa mi è sfuggito fin qua.

    A presto

    P.S.: grazie ancora per questa oasi. In giornate come queste, dove tutte le discussioni partono dall'ennesima pagliacciata del Berlusca, ma dove nessuno è disposto a mettere in discussione l'impianto del sistema istituzionale ... beh, questa è un balsamo, dopo tante letture e ascolti assai frustranti.

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  2. Ciao Alberto. Non so perchè ma questo tuo commento era finito automaticamente nella casella spam del sito. Non riesco a capire. Non ci faccio mai caso a quella casella, ma oggi curiosamente ho visto vicino un (1), mi sono incuriosito ed ho visto il tuo commento. Ho provveduto subito ad abilitarlo.

    Per rispondere al tuo quesito, si nemmeno io credo che si tornerà (per il momento) ad un gold standard. Ma per mancanza di comprensione delle questioni economiche (da parte della persona media) e perchè lorsignori che guidano il nostro bene comune lo impediranno con unghie e denti. Ma soprattutto dovrebbero innanzitutto dichiarare la bancarotta dello Stato e ciò farà andare su tutte le furie le persone facendole perdere quella poca fiducia che ancora hanno in simili figuri. Ma come ripeto, io non auspico il gold standard per decreto. Credo solo sia il sistema economico più stabile che l'uomo conosca...al momento.

    Bè la lira è stata comoda finchè la si è potuta svalutare...a piacimento ;)

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  3. Grazie della risposta.

    Quindi, parlando dell'attuale sistema che NON fa riferimento a riserve auree, una moneta nazionale è preferibile a quella unica per puri scopi commerciali, cioè per poterla svalutare?

    Non pensi che una moneta unica, con una BCE che dovrebbe rispondere a una trentina di stati (lo so, risponde solo alla Germania, ma ipotizziamo che tra i componenti non ci sia tutto questo squilibrio), troverebbe più facile rimanere su una posizione di salvaguardia del potere d'acquisto?

    Ciao

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  4. [...] una moneta nazionale è preferibile a quella unica per puri scopi commerciali, cioè per poterla svalutare?

    Ciao Alberto. Avrei dovuto mettere in corsivo "comoda"; si, a chi di dovere avrebbe fatto di sicuro comodo svalutare la propria valuta. Ma è un prosperare fasullo ed illusiorio perchè non si fa altro che uccidere il potere d'acquisto della propria moneta generando una spirale di prezzi sempre più alti fino ad un collasso totale. E' una situazione che andando avanti si fà sempre meno gestibile. Lo stanno facendo un pò tutti da un pò di tempo:

    http://ashokascorner.blogspot.com/2010/10/la-guerra-delle-valute.html

    Inoltre come diceva Bastiat: "Un buon economista deve sempre guardare alle conseguenze non visibili".


    Non pensi che una moneta unica, con una BCE che dovrebbe rispondere a una trentina di stati [...] troverebbe più facile rimanere su una posizione di salvaguardia del potere d'acquisto?

    Secondo me no, perchè banca centrale è sempre sinonimo di interventismo. Alla fine con una scusa o con un'altra troverebbero il modo di interferire con le meccaniche del mercato per i propri scopi.

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